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Tributi locali Analisi delle novità e delle criticità in vista dell’acconto 2016 formativa 10-13 giugno 2016 Pasquale Mirto

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Tributi locali Analisi delle novità e delle criticità in vista dell’acconto 2016 formativa 10-13 giugno 2016

Pasquale Mirto

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I rimborsi Imu

Il decreto 24 febbraio 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 aprile 2016, da finalmente attuazione alle disposizioni relative ai rimborsi Imu di competenza statale, e non solo. Si ricorderà che la disciplina Imu nulla aveva inizialmente previsto in tema di rimborsi Imu relativi alla quota di competenza dello Stato. Come spesso accade, il vuoto normativo è stato temporaneamente tamponato dal Dipartimento delle finanze, con risoluzione 13 dicembre 2012, n. 2/DF e successivamente colmato con l’art. 1, commi da 722 a 727, della legge n. 147 del 2013. La disciplina, inizialmente riservata all’Imu è stata estesa, dall’art. 1, comma 4, del Dl n. 16 del 2014, a tutti i tributi locali. Le modalità applicative delle predette disposizioni erano però rimesse all’adozione di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali

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I rimborsi Imu Il decreto 24 febbraio 2016 dà attuazione finalmente alle previsioni normative primarie, anche se non in modo esaustivo, visto che l’art. 1 del decreto stabilisce che le disposizioni riguardano prioritariamente:

- l’Imu; - la maggiorazione standard del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (maggiorazione Tares), di cui all’art. 14, comma 13, del Dl n. 201/2011; - l’imposta municipale immobiliare (IMI), istituita dalla Provincia autonoma di Bolzano con legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3; - l’imposta immobiliare semplice (IMIS), istituita dalla Provincia autonoma di Trento con la legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14. La priorità viene motivata dalla circostanza che per i tributi sopra riportati si è verificata la parte più consistente di erronei versamenti determinati soprattutto dalla contemporanea presenza di due distinte obbligazioni da assolvere sia nei confronti dello Stato sia nei confronti del comune; per cui, allo scopo di evitare criticità nello svolgimento delle procedure di rimborso, è stata data la precedenza alla regolazione di situazioni che si riferiscono ad annualità più risalenti nel tempo. Va, inoltre, ricordato che la legge n. 147/2013 disciplina non solo i rimborsi Imu di competenza statale, ma anche le regolazioni tra Comuni e Comuni e tra Comuni e Stato, per cui il Dm si occupa anche di tale casistica.

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I rimborsi Imu

A regime quindi, e non se ne vede l’utilità, i Comuni dovranno caricare qualsiasi rimborso afferente i propri tributi, compresi, ad esempio, quelli relativi alla Tosap o all’imposta di pubblicità Questo, però, comporterà un aggiornamento della piattaforma informatica messa a disposizione dei Comuni, perché questa ha tra i vari meccanismi di controllo l’esistenza di un versamento effettuato con F24.

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I riversamenti da Comune a Comune

Il comma 722 della legge n. 147/2013 dispone che «A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui il contribuente abbia effettuato un versamento relativo all'imposta municipale propria a un comune diverso da quello destinatario dell'imposta, il comune che viene a conoscenza dell'errato versamento, anche a seguito di comunicazione del contribuente, deve attivare le procedure più idonee per il riversamento al comune competente delle somme indebitamente percepite. Nella comunicazione il contribuente indica gli estremi del versamento, l'importo versato, i dati catastali dell'immobile a cui si riferisce il versamento, il comune destinatario delle somme e quello che ha ricevuto erroneamente il versamento». L’ipotesi è disciplinata dall’art. 2 del decreto ministeriale, che in aggiunta a quanto già disposto dalla normativa primaria prevede che l’ente locale deve procedere al riversamento all’ente locale competente delle somme indebitamente percepite entro 180 giorni dal momento in cui ne è venuto a conoscenza. Interessi?

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I riversamenti da Comune a Comune

La circolare n. 1/DF del 14 aprile aggiunge che la disposizione in questione serve a risolvere le criticità che si sono manifestate negli anni pregressi, durante i quali i Comuni che non avevano ricevuto le somme dei tributi di loro pertinenza procedevano alla notifica di avvisi di accertamento e si rifiutavano di annullare in autotutela gli avvisi stessi nonostante il contribuente avesse dimostrato di aver effettuato il versamento, anche se a un comune incompetente. Tale criticità era dovuta anche alla circostanza che quest’ultimo Comune non riversava le somme al Comune competente, fondando tale comportamento proprio sulla mancanza di una norma specifica che gli imponesse il riversamento. Ad avviso del Ministero, poi, la disposizione può essere considerata di portata generale valida per tutti i tributi locali.

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I riversamenti da Comune a Comune Occorre distinguere a seconda che l’errore sia commesso dal contribuente o dall’intermediario finanziario. Nel primo caso opera la disciplina prevista dal comma 722 e dall’art. 2 del decreto 24 febbraio 2016, ed il comune incompetente riversa al comune competente. Quali sono gli errori “commessi dal contribuente”? Caso in cui il contribuente abbia indicato nel modello F24 un codice catastale errato. Stessa situazione si verifica anche quando il contribuente ha sbagliato a digitare il codice del Comune in sede di pagamento tramite i servizi telematici, come l’home banking. Identico è anche il caso dei pagamenti effettuati presso le tabaccherie. In questo caso il sistema produce una pre-ricevuta sulla quale l’utente può riscontrare i dati stessi e successivamente fornire l’assenso al perfezionamento della transazione. Ne consegue che gli errori sui modelli non sono attribuibili alla banca (né al tabaccaio) ma al cittadino che conferisce i dati alla banca stessa con l'aiuto del tabaccaio.

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I riversamenti da Comune a Comune

Diversa è l’ipotesi, invece, di errata digitazione dell’operatore bancario o postale. Con la risoluzione n.2/DF del 13 dicembre 2012 il Dipartimento delle finanze ha chiarito che in questi casi banche ed uffici postali, su richiesta del contribuente, devono richiedere l'annullamento del modello F24 che contiene l'errore e rinviarlo con i dati corretti. In questo modo, la Struttura di gestione dell'Agenzia delle entrate è in grado di sistemare la base informativa, trasmettere ai Comuni interessati i dati degli annullamenti e delle operazioni corrette, nonché effettuare le relative regolazioni finanziarie.

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Versamento in misura superiore al dovuto al comune competente e/o allo Stato

Il comma 724 stabilisce che «A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui il contribuente abbia effettuato un versamento relativo all'imposta municipale propria di importo superiore a quello dovuto, l'istanza di rimborso va presentata al comune che, all'esito dell'istruttoria, provvede alla restituzione per la quota di propria spettanza, segnalando al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno l'importo totale, la quota rimborsata o da rimborsare a proprio carico nonché l'eventuale quota a carico dell'erario che effettua il rimborso ai sensi dell'articolo 68 delle istruzioni sul servizio di tesoreria dello Stato di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 29 maggio 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 163 del 16 luglio 2007. Ai fini della regolazione dei rapporti finanziari Stato-comune, si applica la procedura di cui al comma 725».

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Versamento in misura superiore al dovuto al comune competente e/o allo Stato

Il decreto ministeriale si occupa di tale ipotesi nell’art. 3, trattando anche il caso in cui il versamento complessivo del contribuente è corretto, ma si è errata la ripartizione dell’imposta dovuta tra Stato e Comune. In quest’ipotesi, il decreto prevede la presentazione di “una semplice comunicazione”. Al riguardo va rammentato che la questione nasce dalle indicazioni fornite con risoluzione n. 2/DF del 2012, con la quale il MEF ha autorizzato i contribuenti ad effettuare una sorta di “autocompensazione”, fermo restando la correttezza dell’importo complessivamente dovuto, tra acconto e saldo e tra i vari codici tributo. In altri termini, se il contribuente ha versato in più allo Stato in sede di acconto, e viceversa, poteva compensare quest’eccedenza con il saldo. Stesso discorso con i codici tributo. Unica raccomandazione ministeriale è quella di invitare il contribuente a presentare una semplice comunicazione al Comune, dove indicare la ripartizione corretta dei codici tributo, comunicazione però che è stata presentata da ben pochi.

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Versamento in misura superiore al dovuto al comune competente e/o allo Stato

L’istanza di rimborso deve essere presentata al Comune anche nella sola ipotesi di spettanza della sola quota statale in quanto, come si rammenta nella circolare n. 1/DF del 2016 “l’ente locale è l’unico soggetto legittimato alla verifica dell’esatto assolvimento dell’obbligo tributario da parte dei soggetti passivi”. Ovviamente le istanze di rimborso devono essere presentate nel rispetto del termine decadenziale previsto dall’art. 1, comma 164, il quale dispone che «Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L'ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza».

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Interessi riconosciuti dallo Stato Per quanto riguarda gli interessi, è previsto che questi sono calcolati applicando il tasso d’interesse legale e decorrono dal giorno successivo a quello di effettivo versamento fino alla data di emissione del mandato di pagamento. Sul punto non si può far a meno di rilevare che la misura degli interessi fissata nel decreto ministeriale appare palesemente illegittima in quanto contraria all’art. 1, comma 165 della legge n. 296/2006 che prevede l’applicazione dello stesso tasso d’interesse sia sugli importi accertati che su quelli rimborsati. Pertanto, se il Comune ha stabilito in sede di accertamento l’applicazione di un tasso d’interesse maggiorato (e si può aumentare fino a tre punti percentuali) lo stesso tasso deve essere applicato quando si accerta e quando si rimborsa una quota statale. Nell’ipotesi in cui le somme erroneamente versate dal contribuente allo Stato siano anticipatamente rimborsate dall’ente locale, è previsto che lo Stato provvederà al riversamento delle somme dovute nei confronti dell’ente locale stesso.

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Versamento allo Stato di una somma spettante al Comune che non dà luogo

a rimborsi a favore del contribuente Il comma 725 dispone che «A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui sia stata versata allo Stato, a titolo di imposta municipale propria, una somma spettante al comune, questo, anche su comunicazione del contribuente, dà notizia dell'esito dell'istruttoria al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno il quale effettua le conseguenti regolazioni a valere sullo stanziamento di apposito capitolo anche di nuova istituzione del proprio stato di previsione. Relativamente agli anni di imposta 2013 e successivi, le predette regolazioni sono effettuate, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, in sede di Fondo di solidarietà comunale…..». Il decreto ministeriale precisa, poi, che ai fini delle regolazioni vengono prese in considerazione le comunicazioni pervenute entro il 31 luglio dell'anno precedente a quello di riferimento del Fondo di solidarietà comunale

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Autocompensazione con versamento allo Stato

Il comma 725 regola il caso in cui il contribuente ha autocompensato tra acconto e saldo quote di spettanza dello Stato o del Comune, versando comunque l’importo complessivamente dovuto. Se l’autocompensazione ha determinato il versamento allo Stato di una quota dell’Imu comunale, allora il comune dovrà comunicare ai ministeri con provvedimento l’importo di propria spettanza, che darà luogo sia al rimborso da parte dello Stato sia all’aggiornamento del FSC. Si è detto che l’esistenza di versamenti di competenza comunale effettuati allo Stato deve essere rilevata da apposite comunicazioni inoltrate dai contribuenti, che tuttavia vi provvedono raramente. Opportunamente quindi è stato previsto che l’individuazione di dette somme può conseguire all’attivazione autonoma di un’istruttoria comunale, sulla base di evidenze emerse nell’ambito delle attività di controllo del tributo. Ciò implica che l’ente locale deve effettuare una doppia attività di liquidazione, ovvero una normale attività di controllo tra il “dovuto e versato”, normalmente svolta per notificare atti di accertamento relativi all’omesso, parziale o tardivo versamento dell’imposta, ed una sorta di “liquidazione interna” volta ad individuare, in presenza di versamenti complessivamente corretti, gli errori di ripartizione del dovuto tra Stato e Comune. Una volta individuato l’errato versamento in questione il Comune deve caricare sull’apposita piattaforma predisposta sul Portale del federalismo fiscale gli importi dovuti. Va infine precisato, che se il contribuente invia l’apposita comunicazione al Comune, questi deve terminare l’istruttoria entro 180 giorni, dandone contestuale comunicazione al contribuente stesso. Ovviamente si tratta di termini ordinatori.

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Versamento al Comune di una somma spettante allo Stato che non dà luogo a rimborsi a favore del contribuente

Il comma 727 stabilisce che «A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui sia stata versata al comune, a titolo di imposta municipale propria, una somma spettante allo Stato, il contribuente presenta al comune stesso una comunicazione nell'ipotesi in cui non vi siano somme da restituire. L'ente locale impositore, all'esito dell'istruttoria, determina l'ammontare del tributo spettante allo Stato e ne dispone il riversamento all'erario. Limitatamente alle somme concernenti gli anni di imposta 2013 e successivi, il comune dà notizia dell'esito dell'istruttoria al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno al fine delle successive regolazioni, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, in sede di Fondo di solidarietà comunale di cui all'articolo ….».

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Versamento al Comune di una somma spettante allo Stato che non dà luogo a rimborsi a favore del contribuente

Il comma regola il caso, analogo a quello del comma 726, in cui il contribuente ha effettuato un’autocompensazione tra importi dovuti allo Stato ed al comune, determinando però un versamento al comune di una quota dell’imposta di spettanza statale. In tale ipotesi, il comune dovrà riversare allo Stato le quote indebitamente riscosse. Infine, il comma 726 prevede che «A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui il contribuente abbia versato allo Stato una somma, a titolo di imposta municipale propria, di spettanza del comune, e abbia anche regolarizzato la sua posizione nei confronti dello stesso comune con successivo versamento, ai fini del rimborso della maggiore imposta pagata si applica quanto previsto dal comma 724». Il caso è quello del contribuente che prima effettua un’autocompensazione per errato riparto e poi versa al Comune la quota erroneamente versata allo Stato. In tale ipotesi il contribuente chiede il rimborso al Comune il quale provvederà ad inviare il provvedimento allo Stato. Anche in questo caso la verifica può essere innescata da una comunicazione del contribuente - ed in questo caso il Comune deve terminare l’istruttoria nei canonici 180 giorni, dandone comunicazione al contribuente – oppure dagli esiti della normale attività di controllo operata dal Comune. Se vi sono somme di competenza statale queste dovranno essere rimborsate allo Stato dal Comune.

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La piattaforma informatica Il 28 aprile è stata messa a disposizione dei Comuni la piattaforma informatica. Peraltro, il meccanismo di primo accesso è risultato laborioso, perché l’amministratore del sistema ha dovuto prima di tutto autorizzare se stesso sulla piattaforma “Okeanos”. Inoltre, per i rimborsi delle quote a carico dello Stato è prevista anche “una certificazioni di rimborso” firmata digitalmente àcomunicato Mef del 31/5/2016 a partire dal 31 maggio 2016 i Comuni possono inserire a sistema i dati relativi alla certificazione dei rimborsi sulla maggiorazione TARES (codice tributo 3955);

• a decorrere dal 27 maggio 2016, la funzionalità di acquisizione a sistema della “determina” che certifica il diritto del contribuente al rimborso da effettuarsi a cura dello Stato, sottopone preventivamente il file ai controlli di validità: - della firma elettronica, apposta dal soggetto responsabile a emettere tali tipologie di provvedimenti; - del formato PDF/A. Per la corretta acquisizione dei file PDF/A in discorso, occorre: 1. creare la “determina” con Office-Word o OpenOffice; 2. se il documento è Office-Word: salvare il documento come PDF/A conforme alle specifiche ISO19005-1(PDF/A), senza ricorrere a PDF Creator; 3. se il documento è OpenOffice: esportare il documento come PDF/A – 1a; 4. apporre, anche attraverso Adobe Reader, la firma elettronica formato PAdES, nota anche come “Firma PDF” (l’estensione del file firmato è “.pdf”). Attualmente non è accettato dal sistema un file PDF/A con firma elettronica di tipo CAdES, cioè con estensione “.p7m”.

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La piattaforma informatica

Nel dettaglio la procedura prevede diverse sezioni: caricamento degli esiti delle procedure di riversamento a seguito di un versamento indebitamente percepito (riversamenti da Comuni a Comuni); caricamento degli esiti delle procedure di rimborso che l’ente ha fatto direttamente al contribuente; in questa sezione si devono inserire tutti i provvedimenti di rimborso notificati ai contribuenti, anche se riguardanti il solo tributo comunale; caricamento delle comunicazioni sugli esiti dell’istruttoria per le richieste di rimborso a carico dello Stato; il caricamento della comunicazione al Ministero dei dati relativi alle singole quote da rimborsare al Comune da parte dell’Erario; il caricamento della comunicazione al Ministero dei dati relativi alle singole quote da rimborsare all’Erario da parte del Comune.

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La piattaforma informatica Operativamente la procedura è inutilmente macchinosa, in quanto prevede autonomi inserimenti completi (nome, cognome, data di nascita, luogo di nascita, indirizzo, domicilio fiscale, codice fiscale, codice IBAN, data del versamento, codice tributo, anno d’imposta, importo versato, eccetera) per singolo codice tributo e per singola rata di versamento. Quindi un provvedimento di rimborso può dar luogo anche fino a 12 autonomi caricamenti manuali. Se ad esempio il Comune ha notificato un provvedimento di rimborso relativo al 2012 per altri fabbricati, terreni agricoli ed aree fabbricabili, sia per la quota Stato che per la quota comunale, occorre inserire nella sezione relativa ai rimborsi a carico dello Stato 6 volte lo stesso provvedimento di rimborso, cambiando di volta in volta il codice tributo e la rata di versamento. Siccome poi, con lo stesso provvedimento si è disposto anche il rimborso di competenza comunale occorre inserire la medesima pratica, con i codici tributo comunali, nell’altra sezione relativa ai rimborsi che il Comune fa direttamente al contribuente. Dire che questa imposizione è inaccettabile è dire veramente poco. Nell’attesa che la procedura venga modificata per permettere caricamenti massivi, altrimenti comuni come Milano e Roma impiegheranno anni ed anni per l’inserimento dei rimborsi, sarà forse opportuno per i Comuni darsi delle priorità, ovvero iniziare a caricare subito i rimborsi relativi alle quote che lo Stato deve riversare ai contribuenti, e solo dopo gli altri dati, come correttamente suggeriti da IFEL nella “Nota di commento all’applicazione informatica per l’inserimento dei dati relativi ai rimborsi dei tributi locali, disponibile sul sito del Mef” del 12 maggio 2016.

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Le nuove norme sull’esenzione dei terreni agricoli

Con i commi 10 e 13 LS 2016 viene completamente ridisciplinata la tassazione dei terreni agricoli ai fini IMU. In particolare dal 2016 sono esonerati i terreni agricoli:

posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola (CD e IAP), indipendentemente dalla loro ubicazione;

ubicati nelle isole minori, già contemplati nell’art. 1, comma 1, lett. a-bis), del D. L. n. 4 del 2015; al riguardo occorre considerare l’integrazione prevista dal comma 238 della legge di stabilità (Isola del lago d’Iseo);

a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, già esenti in virtù dell’art. 1/4 DL 4/2015.

Le modifiche apportate all’art. 13 del D.L. 201/2011 devono essere lette in combinato disposto con l’esenzione dall’IMU per i terreni agricoli e con il ripristino del criterio contenuto nella circolare n. 9/1993. Inoltre vengono eliminate le disposizioni che riservano ai CD e agli IAP un particolare trattamento di favore nella determinazione dell’IMU, vale a dire il moltiplicatore ridotto e la cosiddetta franchigia (riduzioni a scaglioni).

Ricordiamo che i terreni agricoli sono fuori dal campo di imposizione della TASI.

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Terreni agricoli anno 2012/13

2012–Mol0plicatori110e1352013-regimediesonerononomogeneotraaccontoesaldo.Inaccontotu?«esclusi»dalpagamento(SeneèfaHocaricoloStato)Asaldo,«esclusi»soloquellipossedu0econdo?daicol0vatoridire?edagliIAP,iscri?allaprevidenzaagricola

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I terreni nel 2014 RIDUZIONEMOLTIPLICATORE:siallarga la forbice tra i terreniagricolidei col0vatori dire?e degli IAP (il cuimol0plicatore scende a 75 dal2014)etu?glialtriterreni,ilcuimol0plicatorerestaa135IMUterreniagricolimontani:èprevistal’adozionediunnuovoDMcheindividuiicomuniricaden0inareemontaneodicollina,aiqualiapplicarel’esonerogiàapar0redal2014(art.22/2°D.L.66/2014,conv.L.89/2014);maggiorege?toannuononinferiorea350milioniIMUterreniagricoligravaEdausicivici:introdoHal’esenzionedall'IMUperiterreniaimmutabiledes0nazioneagro-silvo-pastoraleaproprietàcolle?vaindivisibileeinusucapibileche,inbasealpredeHodecreto,nonricadonoinzonemontaneodicollina(L.89/2014art.22/2°);sitraHadicirca2.000proprietàcolle?ve,consuperficiadusoagricoloindivisedicirca600.000eHari,deiqualicirca502.000eHariinterritoridimontagna;unDmInternostabiliràlemodalitàperlacompensazionedelminorge?toinfavoredeiComunineiqualiricadonoiterreniaproprietàcolle?va(nonsitua0nellezonemontaneedicollina)esenta0.IComunihannocaricatol’elencodeiterrenisuunapiaHaformainforma0camessaadisposizionesulPortaledelFederalismoFiscale

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I terreni nel 2014 DM 28/11/2014 (pubblicato in GU il 6/12/2014)

Introduce il criterio dell’altitudine della sede municipale (non del terreno): esenzione sopra i 601 mt. e nella fascia 281-600 mt. solo se posseduti e condotti da CD e IAP

Criterio irrazionale à impugnazione del DM al TAR Lazio (10 ricorsi)

Tar del Lazio, con decreto presidenziale n. 6651/2014 sospende l’efficacia del D.M. 28.11.2014 eccependo l’irragionevolezza dell’imposizione in quanto non legata all’effettiva natura e posizione del bene, ravvisando diverse violazioni procedurali a danno degli enti locali e dei contribuenti

il D.L. 4/2015 rivede le regole applicabili e rinvia il pagamento al 10/2/2015, prevedendo una clausola di salvaguardia che permette al contribuente di non corrispondere l’Imu 2014 anche se il proprio terreno è soggetto ad imposizione in base ai nuovi criteri in vigore dal 2015.

Nel frattempo il termine del 16/12/2014 per il pagamento dell’IMU 2014 è stato rinviato al 26/1/2015 (DL 185/2014, LS 2015)

Non applicabili sanzioni ed interessi nel caso di versamento effettuato entro il 31/3/2015 ( DL 4/2015)

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I terreni nel 2014 DL 4/2015 (L. 34/2015): esenti à

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati come totalmente montani, indicati

nell’elenco dei Comuni italiani predisposto dall’ISTAT (forma di esenzione oggettiva);

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti da CD e IAP, iscritti nella previdenza agricola,

ubicati nei Comuni classificati come parzialmente montani, indicati nell’elenco predisposto dall’ISTAT;

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori (forma di esenzione oggettiva).

i terreni ad “immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile ed inusucapibile”, a

prescindere dalla loro ubicazione.

Per i terreni concessi in comodato o in affitto a CD e IAP, l’esonero dall’IMU scatta solo se il soggetto che concede i

terreni in affitto o in comodato a CD o IAP, iscritti alla previdenza agricola, è anch’esso un CD o IAP, iscritto alla

previdenza agricola (MEF ris. n. 2/DF del 3/2/2015)

Detrazione di 200 euro per terreni agricoli ubicati nei Comuni di cui all’Allegato 0A, posseduti e condotti da CD e IAP

(terreni di “collina svantaggiata” - Comuni in precedenza esenti, in quanto inclusi nella C.M. n. 9/E/1993 e che, nella

classificazione ISTAT risultano totalmente assoggettati all’IMU in quanto né montani, né parzialmente montani)

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I terreni nel 2015

Dubbi applicativi sulla detrazione di 200 euro IFEL nota del 20.5.2015: detrazione “fissa” di 200 euro, prescindendo sia dal numero dei terreni posseduti sia dalle quote di possesso (in tal senso si esprime anche ANCI Emilia Romagna con nota del 10/6/2015) MEF Faq 28/5/2015: la detrazione di 200 euro si suddivide sulla base dei principi della circolare 3/DF del 2012, tenendo conto del valore dei terreni posseduti nei vari comuni, del periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte e delle quote di possesso La tesi ministeriale risolve solo casi semplici ma non chiarisce quale detrazione applicare se lo stesso soggetto è proprietario di alcuni terreni e comproprietario di altri con quote di possesso differenti.

IMU terreni agricoli prima rata 2015: per i terreni non esenti si applicano le regole ordinarie (base imponibile a scaglioni) e il versamento va effettuato entro il 30 ottobre 2015 (art. 8 c. 13-bis DL 78/15 - L. 125/15) TAR Lazio con due sentenze non definitive del 3/8/2015 chiede all’Istat e ad altri uffici centrali di chiarire con quali modalità è stata redatta la classificazione dei comuni al quale rinvia il DL 4/2015 (elenco suscettibile di essere modificato periodicamente, avente natura provvedimentale) TAR Lazio udienza di merito fissata al 4/11/2015 à rimessione alla Corte Costituzionale (ord. 14156 del 16/12/2015)

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I terreni agricoli nel 2016 abroga0icommida1a9-bisdell’art.1delD.L.4/2015(àalvagliodellaConsulta);aifinidell’esonerosiapplicanoicriteriindividua0dallacircolaren.9/1993(sitornaalleorigini!);sonoaltresìesen0:1)iterrenipossedu0econdo?daCDeIAP,indipendentementedallaloroubicazione;2)iterreniubica0nelleisoleminori;3)iterreniaimmutabiledes0nazioneagro-silvo-pastoraleaproprietàcolle?vaindivisibileeinusucapibile

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I terreni agricoli nel 2016 Iap e Cd (coefficiente 75): tutti i terreni posseduti sono esenti, indipendentemente dalla loro ubicazione

Altri soggetti (coefficiente 135): continuano a pagare l’Imu ad eccezione dei terreni montani (indicati nella circolare 9/93) o ubicati nelle isole minori ovvero a proprietà collettiva Problema per le società, che non sono iscritte alla previdenza agricola (giurisprudenza di merito ritiene che le agevolazioni siano limitate alle persone fisiche: CTP Modena n. 165/2016, n. 271/2016)

Risposte MEF Telefisco 2016: sono valide per il 2016 le istruzioni emanate con la circolare n. 3/DF/2012 à società di persone Per quanto concerne, poi, la conferma della validità dei criteri contenuti nella circolare 3/DF del 2012 in materia di agevolazioni per i terreni agricoli, ai fini dell’individuazione dei terreni esenti da imposta, facendo riferimento esclusivamente all’esempio riportato nel quesito che riguarda i terreni posseduti da un coltivatore diretto e affittati a una società semplice di cui il proprietario è socio, si conferma che tale interpretazione rimane valida per il 2016 ai suddetti fini. Non è però escluso che sulla base della nuova normativa possano essere aggiunte ulteriori istruzioni. MEF nota n. 20535 del 23/5/2016: familiari coadiuvanti del coltivatore diretto + società agricole + persone fisiche Cd/Iap soci di società (terreno affittato o in comodato) ß tutte fattispecie esenti

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti Agricoli

Ad avviso del Dipartimento delle finanze il coadiuvante dell’impresa agricola esercita direttamente attività agricola ed è iscritto negli elenchi previdenziali come coltivatore diretto. Da ciò se ne ricava la sussistenza del requisito soggettivo dell’essere “coltivatore diretto”.

Inoltre, siccome il coadiuvante risulta normalmente anche proprietario/comproprietario dei terreni coltivati dall’impresa agricola, di cui è titolare un altro componente del nucleo famigliare, risulta rispettato anche il requisito oggettivo del “possesso e conduzione” di terreni agricoli.

Ad avviso di Anci E.R. invece non sussistono entrambe le condizioni

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti Agricoli

La normativa Imu, norma eccezionale e di stretta interpretazione, prevede agevolazioni non per tutti coloro che a vario titolo esercitano attività agricola, ma solo per una determinata sottocategoria di essi, ovvero per quei soggetti che “possiedono e conducono direttamente” un terreno agricolo e che siano “coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali” di cui all’art. 1 del D.lgs. n. 99 del 2004, a condizione che siano iscritti alla previdenza agricola. È evidente che il coadiuvante agricolo non accede alle agevolazioni Imu perché molto banalmente non è un coltivatore diretto. Né l’iscrizione negli appositi elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 autorizza un’applicazione analogica delle agevolazioni previste dalla disciplina Imu in favore dei coltivatori diretti. Detta disciplina, prevedendo delle agevolazioni, e dal 2016 delle esenzioni, detta una deroga al principio della capacità contributiva ed è pertanto norma eccezionale insuscettibile di interpretazione analogica, per il divieto contenuto nell’art. 14 delle cosiddette Preleggi.

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti Agricoli Il coadiuvante agricolo non è un imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.,

sicché non ha rilievo alcuno che lo stesso svolga attività agricola. la normativa Ici (ma anche quella Imu) non può essere interpretata estensivamente fino a ricomprendere fattispecie di attività agricola che non siano imprenditoriali. L’errore in cui sembra incorso il Ministero è quello di aver ritenuto che basti la semplice iscrizione negli appositi elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 a garantire il possesso della qualifica di “coltivatore diretto” previsto dalla normativa Ici/Imu. Così ragionando però si dovrebbe pervenire alla conclusione che qualsiasi soggetto iscritto a tali elenchi possa potenzialmente accedere alle agevolazioni fiscali. Il ché ovviamente non è. L’art. 11 della legge n. 9 del 1963 prevede che «A cura degli Uffici provinciali del Servizio per i contributi agricoli unificati sono compilati ... gli elenchi comunali relativi all'anno precedente dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, nonché degli appartenenti ai rispettivi nuclei familiari che siano soggetti all'obbligo dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia a norma della presente legge e della L. 26 ottobre 1957, n. 1047, e all'obbligo dell'assicurazione di malattia a mente della L. 22 novembre 1954, n. 1136». Gli elenchi, pertanto, comprendono oltre ai coltivatori diretti anche soggetti che tali non sono, e che ben possono vantare l’iscrizione all’elenco previdenziale, ma non accedere ai benefici fiscali previsti dalla normativa Ici/Imu. In conclusione, quindi, il coadiuvante agricolo difetta del requisito soggettivo, perché anche se iscritto negli elenchi previdenziali, e come tale paga gli stessi contributi dovuti dai coltivatori diretti (al pari dei coloni e mezzadri), non può qualificarsi come coltivatore diretto e quindi come titolare di un’impresa agricola

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti Agricoli

Anche il requisito oggettivo è del tutto assente. Sul punto il Ministero ammette una sorta di conduzione “mediata” dall’appartenere al nucleo famigliare del soggetto titolare dell’impresa agricola. Anche in questo caso, si opera un’inammissibile interpretazione estensiva della norma. La normativa Ici/Imu riserva le agevolazioni per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del D.lgs. n. 99/2001, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti. Possesso e conduzione diretta sono due differenti requisiti che devono entrambi essere soddisfatti e nel caso del coadiuvante manca la conduzione diretta, visto che i terreni sono dati in comodato/affitto al titolare dell’impresa agricola e ciò è sufficiente ad escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa. Conclusivamente, ad avviso di Anci E.R. i terreni agricoli posseduti dal coadiuvante agricolo non accedono mai alle agevolazioni previste dalla normativa Ici/Imu, difettando sia del requisito soggettivo che di quello oggettivo.

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole Il Dipartimento delle finanze ha confermato quanto già ritenuto nella circolare n. 3 del 2012, con riferimento alle società agricole. Anche in questo caso si effettua un’interpretazione estensiva, non aderente alla lettera della norma.

Anci opera preliminarmente una ricognizione normativa.

È vero che nella disciplina Ici, l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997 prevede espressamente che le agevolazioni previste dall’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 siano riservate ai coltivatori diretti ed imprenditori agricoli persone fisiche iscritti alla previdenza agricola, ma tale precisazione si è resa necessaria perché l’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 faceva riferimento ai “terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti”, senza null’altro specificare. Dall’incrocio dei due articoli, ne è risultato pacifico, anche per la giurisprudenza di legittimità (), che solo le persone fisiche potevano accedere alle agevolazioni previste per i coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali.

La normativa Imu nel riscrivere le agevolazioni, a ben vedere, lo ha fatto “sistematizzando” quanto già previsto nella disciplina Ici da due norme di legge (l’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 e l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997), perché il risultato finale è sempre lo stesso non essendo le società soggetti “iscritti alla previdenza agricola”.

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole

In tema di Imu, l’art. 13 del Dl n. 201 del 2011 prevede, fino al 31 dicembre 2015:

al comma 5, l’utilizzo del moltiplicatore pari a 75 anziché di quello ordinario di 135 per i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali “iscritti nella previdenza agricola”; al comma 8-bis, una serie di riduzioni d’imposta sempre riservate ai coltivatori ed imprenditori “iscritti nella previdenza agricola”. Dal 2016, l’art. 1, comma 13 della legge n. 208 del 2015 prevede l’esenzione per i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali “iscritti nella previdenza agricola”. È poi di palmare evidenza che il requisito dell’iscrizione nella previdenza agricola deve essere in capo al soggetto passivo Imu. Nel caso di società tale condizione non si verifica mai, né il requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola può essere surrogato dal fatto che uno o più soci della società siano tenuti ad essere iscritti alla previdenza agricola. In altri termini, le condizioni richieste per accedere alle agevolazioni sono le medesime previste per l’Ici, perché anche nell’Imu le agevolazioni sono riservate alle sole persone fisiche, le sole che, appunto, possono soddisfare il requisito “dell’essere iscritto alla previdenza agricola”.

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Il Dipartimento delle finanze considera anche il caso di coltivatori diretti, singolarmente iscritti alla previdenza agricola, che costituiscono una società di persone alla quale concedono in

affitto o comodato il terreno, che però continuano a lavorare direttamente, in qualità di soci. Secondo il Ministero, in tale ipotesi continuano ad applicarsi le agevolazioni previste per i coltivatori diretti e ciò in virtù di quanto previsto dall’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001, il quale dispone che «ai soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche». Anche in questo caso Anci ritiene che le agevolazioni non spettino perché la società agricola non è iscritta alla previdenza agricola, qualsiasi sia la sua forma societaria. Peraltro, nel caso ipotizzato dal Ministero, non è soddisfatto neanche il requisito del “posseduto

e condotto” in capo al soggetto passivo d’imposta, in quanto i terreni sono sì posseduti da un coltivatore diretto, ma sono condotti da un terzo soggetto, la società di persone. Ai fini Ici/Imu i due soggetti (soci e società) devono essere mantenuti distinti, come lo sono anche a livello di fisco erariale, visto che nella dichiarazione dei redditi il reddito agrario è dichiarato dalla società, mentre i soci dichiarano un “reddito da partecipazione” alla società di persone.

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Né a diversa conclusione si perviene leggendo quanto previsto nell’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001. Intanto, anche volendo ritenere applicabile tale norma, mancherebbe comunque una delle condizioni ritenute necessarie dalla normativa Ici/Imu, ovvero la diretta conduzione da parte di una persona fisica, e questo sia nel caso in cui i terreni siano rimasti in proprietà dei soci sia nel caso in cui siano conferiti alla società. Nel primo caso, infatti, non si concretizzerebbe la condizione del “posseduto e condotto” dal soggetto passivo Ici/Imu coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale, visto che il terreno è posseduto dal socio (soggetto passivo) e condotto da un terzo soggetto (società). Nel secondo caso, di conferimento dei terreni, il soggetto passivo sarebbe la società, che in quanto tale sarebbe comunque esclusa dalle agevolazioni, in quanto non iscritta alla previdenza agricola. Peraltro, volendo accedere ad un’interpretazione estensiva, si permetterebbe una facile elusione Ici/Imu. Le agevolazioni in questioni sono soggettive e non oggettive, e vanno riconosciute in ragione della quota di possesso, diversamente si agevolerebbe soggetti per l’attività svolta da altri. Diversamente ragionando, sarebbe sufficiente che più soggetti costituiscano una società, pur presentando i requisiti solo un socio. L’intento elusivo potrebbe essere poi ancor più evidente nel caso in cui il socio imprenditore agricolo partecipasse al capitale sociale in misura irrisoria, visto che il D.lgs. n. 99 del 2004 non pone vincoli in tal senso. Se poi la «società» possiede un’area fabbricabile, allora i benefici ottenibili sono veramente tanti.

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone Inoltre, secondo Anci, la normativa Imu si pone come norma speciale rispetto al D.lgs. n. 228 del 2001 e quindi non può essere derogata da questo. Peraltro, l’art. 9 fa riferimento alle agevolazioni stabilite dalla “normativa vigente”, e nel 2001 l’Imu non era stata ancora istituita. Né si potrebbe ritenere che l’art. 9 sia una sorta di cambiale in bianco, utilizzabile in eterno per qualsiasi tributo. Al contrario, si deve ritenere che quanto previsto dall’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001 non comporti nessuna deroga al regime Imu, non solo perché la prima è norma di carattere generale e la seconda è norma di carattere speciale, ma anche perché ben si può ritenere che la normativa Imu, essendo di pari grado, abbia tacitamente abrogato la disposizione recata dal D.lgs. n. 228 del 2001 (1). (1) Peraltro, esiste già un precedente per certi versi identico. Il Ministero delle finanze con risoluzione 13 giugno 2007 n. 2 aveva ritenuto che gli immobili posseduti dall’Accademia Nazionale dei Lincei fossero esenti da Ici in virtù di quanto previsto dal D.lgs. Lgt. n. 359 del 1944, norma questa che disponeva l’esenzione da ogni imposta o tassa generale o locale presente o futura. Ad avviso del Ministero, non essendoci alcuna disposizione Ici derogatrice esplicitamente di quanto previsto nell'art. 3 del D.lgs. Lgt. n. 359 del 1944, gli immobili posseduti dall’Accademia dovevano in ogni caso ritenersi esenti. Di diverso avviso però la Corte di Cassazione che nella sentenza n. 4888/2013 ha ritenuto quanto segue: «Il D.Lgs. n. 504 del 1992, con riguardo alla disciplina del tributo in esame ed in seno ad essa al sistema delle esenzioni, in quanto dotato della stessa forza di legge del provvedimento con il quale era stata anteriormente riconosciuta l'esenzione personale in discorso, e pertanto senza che la discrezionalità legislativa, esercitata nei limiti della ragionevolezza, subisca vincoli, è dunque in grado di abrogare tacitamente la legge anteriore, per incompatibilità, in relazione all'imposta comunale sugli immobili».

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà Terreni posseduti da diversi soggetti, uno solo dei quali con la qualifica di

coltivatore diretto o imprenditore agricolo. La problematica, oltre ad aver dato luogo ad un significativo contenzioso, generato da alcune, poco condivisibili, pronunce della Corte di Cassazione, ha un significativo impatto economico, non solo nel caso di comproprietà di un’area fabbricabile, ma anche, a decorrere dal 2016, per il riconoscimento dell’esenzione prevista per i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori professionali.

Il Dipartimento delle finanze ha ritenuto, nella circolare n. 3 del 2012, che le agevolazioni previste per gli esercenti l’attività agricola si applicano a tutti i comproprietari dei terreni, inclusi quindi quelli che non svolgono alcuna attività agricola. Il Ministero trova conforto alla propria tesi con quanto argomentato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15566/2010, che con riferimento ad un area fabbricabile ha ritenuto che «ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti»

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Le argomentazioni utilizzate dalla Corte di Cassazione non appaiono convincenti, in quanto non sembrano tener conto di una lettura sistematica della disciplina di riferimento, oltre ad essere ancorate a motivazioni fragili, visto che la Corte sembra ritenere che se su un’area è esercitata attività agricola allora questa non può essere considerata fabbricabile. Inoltre, sembra ipotizzarsi l’esistenza di una sorta di obbligazione unitaria per il medesimo oggetto imponibile, come se nell’Ici/Imu non fosse “normale” che lo stesso oggetto imponibile sia soggetto a modalità d’imposizione diverse, che dipendono dall’uso che ogni singolo comproprietario fa della propria quota.

Al contrario, tanto nell’Ici come nell’Imu, sono frequenti le ipotesi in cui i comproprietari del medesimo oggetto imponibile siano chiamati a corrispondere l’imposta in modo diverso. Si pensi all’ipotesi di un fabbricato posseduto da due soggetti ed utilizzato come abitazione principale solo da uno. Per il medesimo oggetto imponibile il comproprietario che lo utilizza come propria abitazione principale sarà esentato da Imu e da Tasi, mentre l’altro comproprietario sarà assoggettato ordinariamente. Si pensi, a decorrere dal 2016, al caso di marito e moglie comproprietari di un’abitazione data in comodato al padre del marito. Per il marito si renderà applicabile, sussistendo tutte le altre condizioni previste dalla legge, la riduzione del 50 per cento della base imponibile, mentre per la moglie no, eppure si tratta dello stesso oggetto imponibile.

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Non si comprende quale sia la differenza tra questi casi e quello dell’area fabbricabile posseduta da più soggetti ma condotta da un solo comproprietario coltivatore, anche perché, come si è visto supra, le agevolazioni Ici/Imu sono rivolte esclusivamente ad una ristretta categoria di soggetti esercenti l’attività agricola. In realtà, le agevolazioni in questione sono tutte soggettive e non oggettive. Diversamente, si concederebbe un’agevolazione, peraltro di notevole impatto economico in caso di aree fabbricabili, a soggetti (i non coltivatori) per un’attività posta in essere da un altro soggetto (il coltivatore). Al contrario, si ritiene che la ratio della norma sia quella di agevolare solo una determinata categoria di soggetti, ovvero i coltivatori professionali che possiedono (nei limiti della loro quota di possesso) e conducono i terreni agricoli. Diversamente, occorrerebbe riconoscere le agevolazioni anche per i terreni dati in affitto ai coltivatori professionali, perché anche in questo caso vi sarebbe una destinazione ad attività agricola che (per usare le parole della Corte) determina “una situazione incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell'area, avente carattere oggettivo”. Inoltre, facendo assurgere a principio generale quanto sostenuto dalla Cassazione si autorizzerebbero facili elusioni della normativa. Sarebbe sufficiente che qualsiasi titolare di un’area fabbricabile, in attesa di concretizzare la capacità edificatoria, conceda in usufrutto anche per pochi anni, lo 0,01% dell’area ad un coltivatore diretto. Anche in questo caso vi sarebbe una situazione di comproprietà con un coltivatore diretto e l’area fabbricabile sarebbe da assoggettare per intero, seguendo la tesi dei giudici di legittimità, come terreno agricolo. Il ché è all’evidenza irragionevole ed ingiustificabile

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L’esenzione dell’abitazione principale

• La novità più rilevante è sicuramente il ritorno all’esenzione per le abitazioni principali. Il comma 14 dell’unico articolo della legge n. 208 del 2015 riscrive il comma 669 della legge n. 147 del 2013, prevedendo che il presupposto impositivo della Tasi è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, escluse quelle di lusso classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

• Dal 2016, quindi, l’abitazione principale non sarà soggetta né a Tasi né ad Imu, salvo quelle di lusso, che continuano ad essere soggette ad Imu e per le quali spetta la detrazione di 200 euro. Le abitazioni di lusso continueranno ad essere assoggettate anche a Tasi, se già prevista nel 2015.

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L’esenzione dell’abitazione principale • L’esenzione opera non solo per il possessore ma anche per il detentore. Con una modifica al comma 639 della legge n. 147 del 2013 è ora previsto che la Tasi è «a carico sia del

possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall'utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9».

• L’esenzione per l’abitazione principale del detentore opera in tutti i casi di detenzione, quindi non solo nel caso di immobili locati ma anche per quelli utilizzati in base ad un contratto di comodato, o qualsiasi altro titolo.

• Se la Tasi dovuta dal detentore di abitazione principale è stata esentata altrettanto non può dirsi per la quota a carico del possessore. Con una modifica al comma 681 della legge n. 147 del 2013 è stato previsto che nel caso in cui l'unità immobiliare è detenuta da un soggetto che la destina ad abitazione principale, escluse quelle di lusso, il possessore versa la Tasi nella percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo all'anno 2015. Se il Comune non ha determinato la quota a carico del possessore, è previsto che si applichi la quota “standard” del 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo dovuto.

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Precisazione dei casi di assimilazione all’abitazione principale • Il nuovo comma 669 della legge n. 147 del 2013 precisa che per abitazioni principali si intendono quelle di cui all’art. 13, comma 2 del Dl n. 201 del 2011.

• La precisazione è quanto meno opportuna, perché in realtà l’art. 13, comma 2 non prevede espressamente ipotesi di assimilazione, ma solo ipotesi di “non applicazione” dell’Imu.

• Che le ipotesi ivi contemplate fossero ipotesi di assimilazione all’abitazione principale lo si desumeva dal comma 677, che per la Tasi prevedeva la possibilità per i Comuni di utilizzare una maggiorazione dell’aliquota pari allo 0,8 per mille a condizione che fossero finanziate detrazioni o riduzioni d’imposta relativamente “alle abitazioni principali e alle unità immobiliari ad esse equiparate” di cui all’art. 13, comma 2, del Dl n. 201 del 2011.

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Assimilazioni ex lege • Si ricorda che sono assimilati per legge alle abitazioni principali: • a) le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari; • b) i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008; • c) la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; • d) l’unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica; • e) a partire dall'anno 2015, una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. • A tali ipotesi di assimilazione il comma 15 della legge di stabilità 2016 aggiunge le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica.

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Fabbricati cooperative edilizie e IACP

L' art. 13 , co. 10, prevede che la detrazione di 200 euro per l'abitazione si applica alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituiti autonomi delle case popolari. Dal tenore letterale della norma si evince che a queste unità immobiliari spetti la sola detrazione e non anche l'aliquota ridotta per l'abitazione principale. È una vecchia questione che si era riproposta anche nell'ICI, risolta prima dall'assimilazione ad abitazione principale disposta dalla generalità dei regolamenti comunali e poi dall'art. 1, co. 3, D.L. n. 93/1998, che li aveva esentati dall'ICI, equiparandoli all'abitazione principale. La normativa è stata modificata con il D.L. n. 16/2012 che ha espressamene previsto che per tali fattispecie non si applica la riserva della quota d'imposta a favore dello Stato. I comuni, di fatto, ora possono assimilare questi fabbricati all'abitazione principale, riconoscendo la medesima aliquota. Il Ministero delle Finanze ha chiarito che dalla lettura sistematica delle norme emerge con chiarezza che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello Stato alla propria quota di IMU, ha inteso destinare al comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato della quota statale, e non ridurre dallo 0,76% allo 0,38% l'aliquota di base applicabile agli immobili in questione (Ministero delle Finanze nota prot. 12507 del 15 giugno 2012 ). La questione è stata già risolta in tal senso anche dalla giurisprudenza amministrativa (Tar Pescara, sentenze n. 434/2013 e 443/2013; Tar Liguria, sentenza n. 992/2013).

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Le strade si separano

con le modifiche introdotte dal D.L. n. 102/2013 per le cooperative edilizie a proprietà indivisa è stata prevista un'assimilazione piena all'abitazione principale, mentre per gli alloggi degli IACP continua a spettare la sola detrazione per abitazione principale. L'art. 1, co. 707 , della Legge n. 147/2013 ha riscritto il co. 10 dell'art. 13 del D.L. n. 201/2013, riproponendo peraltro esattamente il testo di cui al D.L. n. 102/2013 , confermando che dal 1° gennaio 2014 gli alloggi IACP sono soggetti ad aliquota ordinaria, pur godendo della detrazione per abitazione principale. Tuttavia il Dipartimento delle finanze, con le FAQ del 20 gennaio 2014, relative al pagamento della mini-IMU e della maggiorazione TARES per servizi indivisibili in scadenza il 24 gennaio, ha precisato che per gli immobili posseduti dagli IACP aventi anche le caratteristiche di alloggio sociale di cui al D.M. 22 aprile 2008 , a partire dal 1° gennaio 2014, si applica lo stesso regime dell'abitazione principale. Nel caso in cui gli alloggi invece non abbiano i requisiti prescritti per gli alloggi sociali continuerà ad applicarsi la sola detrazione prevista per l'abitazione principale.

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Alloggi sociali

L' art. 2 , co. 4 del D.L. n. 102/2013 , dispone che: "a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono equiparati all'abitazione principale i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008 (infrastrutture), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008". L' art. 1 , DM 22 aprile 2008 definisce alloggio sociale "l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. L'alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall'insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie".

L'art. 13, co. 2, così come risultante dalle modifiche apportate dalla Legge n. 147/2013 , riconferma la non debenza dell'IMU a decorrere dal 1° gennaio 2014.

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Coniuge separato

L' art. 4 co. 12-quinquies del D.L. 16/2012 ha previsto che ai soli fini dell'applicazione dell'IMU, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione. Il coniuge non assegnatario, proprietario per intero o per quota, non sarà tenuto al versamento dell'IMU.

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Dubbi

la dottrina non appare uniforme in quanto secondo taluni la soggettività passiva farebbe capo al coniuge assegnatario anche nel caso in cui l'abitazione non fosse di proprietà dei coniugi, come nel caso di abitazione di proprietà dei suoceri e occupata a titolo di comodato. Benché la norma si presti a diverse interpretazioni, per cui sarebbe necessario un chiarimento per via normativa, si ritiene di interpretarla nel senso di considerare l'assegnatario dell'abitazione soggetto passivo IMU solo nella misura in cui l'altro coniuge era soggetto passivo. In altre parole, si ritiene che la normativa regoli i rapporti IMU solo con riferimento alle quote di possesso dei coniugi, e non attribuisca, invece, un diritto reale di abitazione anche nel caso in cui l'abitazione fosse di terzi soggetti e fosse occupata, ad esempio, in base ad un comodato dei suoceri o in base ad un contratto di locazione, rispetto al quale il giudice della separazione dispone il subentro nei confronti del solo coniuge assegnatario

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Dubbi…2 Di diverso avviso il Ministero delle Finanze che con ris. min. 5/DF del 28 marzo 2013 , ha ritenuto che la locuzione "in ogni caso" dovrebbe prevalere in tutte le ipotesi di assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta dal giudice della separazione, salvo che il legislatore non abbia disposto diversamente, come nel caso di abitazione occupata a titolo di locazione, per il quale l' art. 6 della Legge n. 392/1978 prevede che «nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo». In questa ipotesi, secondo il Ministero, il legislatore ha previsto direttamente la successione nel contratto di locazione da parte del coniuge assegnatario, il quale utilizza l'immobile sulla base di un titolo giuridico diverso da quello del diritto reale di abitazione previsto per l'IMU. Tale condizione, invece, non si verificherebbe in caso di comodato. Questa conclusione non appare condivisibile perché anche in caso di abitazione utilizzata in comodato, il giudice della separazione dispone, ai sensi dell' art. 155-quater Cod. civ. , una successione ex lege del coniuge assegnatario nell'originario rapporto di comodato (Cass., SS.UU., n. 13603/2004).

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Coniugi separati…dal 1/1/2014

Dal 1° gennaio 2014, l'art. 13, co. 2, del D.L. n. 201/2013, prevede la non applicazione dell'IMU "alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio". Rispetto alla previgente formulazione si rileva che l'abitazione assegnata al coniuge sembrerebbe sempre esclusa, anche allorquando questa non sia utilizzata come abitazione principale da parte del coniuge assegnatario. Va specificato che anche con la nuova formulazione l'esclusione dell'IMU deve necessariamente operare con riferimento alle sole quote di possesso degli ex coniugi, mentre l'IMU rimarrà dovuta nel caso in cui l'abitazione sia totalmente o in parte di proprietà di terze persone.

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Esteri Il comune con proprio regolamento poteva assimilare all’abitazione principale anche quella degli iscritti Airen posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata.

Tale possibilità, prevista dall' art. 13, co. 2 del D.L. n. 201/2011 è rimasta in vigore fino al 2013. L' art. 9-bis del D.L. n. 47/2014, ora prevede, ma a decorrere dal 2015, un nuovo regime, disponendo che è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una e una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. La nuova assimilazione, sebbene più restrittiva, opera ex lege, senza la necessità che venga recepita nel regolamento comunale. Per quanto riguarda le assimilazioni operate in passato dai Comuni, queste devono ritenersi inefficaci a seguito della modifica normativa sopraggiunta che ha abrogato la precedente disposizione fin da subito, senza prevedere un regime ponte per il 2014. Ciò implica che nel 2014 le abitazioni dei residenti estero erano da ritenersi tutte assoggettate ad IMU, peraltro con aliquota ordinaria.

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Esteri 2014

Per quanto riguarda le assimilazioni operate in passato dai Comuni, queste devono ritenersi inefficaci a seguito della modifica normativa sopraggiunta che ha abrogato la precedente disposizione fin da subito, senza prevedere un regime ponte per il 2014. Ciò implica che nel 2014 le abitazioni dei residenti estero erano tutte assoggettate ad Imu, peraltro con aliquota ordinaria, salvo l’applicazione di aliquote agevolate deliberate dal Comune.

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Chiarimenti ministeriali Il Ministero delle finanze, con risoluzione n 6/DF del 26 giugno 2015, ha precisato che l’assimilazione opera anche nei confronti delle pertinenze dell’abitazione, sempre a condizioni che l’abitazione non sia classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali comunque non opera l’assimilazione. Nella medesima risoluzione il Ministero ha chiarito il requisito del “già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza”. Ad avviso del Ministero la condizione non è rispettata per i titolari di pensione italiana che sono residenti all’estero e per le pensioni estere erogate da un paese diverso da quello di residenza. Per quanto attiene alla tipologia di pensione, la norma si riferisce genericamente al trattamento pensionistico e ciò comporta che si possa ricomprendere in tale trattamento qualunque tipo di pensione e, quindi, ad esempio, anche quello di invalidità. Nel caso in cui il contribuente abbia più immobili in Italia, la scelta di quale di questi è assimilato all’abitazione principale spetta al contribuente (Risoluzione n. 10/DF del 5 novembre 2015) e conseguentemente non è necessario che l’immobile sia ubicato nello stesso Comune di iscrizione all’AIRE. Nella risoluzione n 10/DF si precisa che per quanto riguarda le modalità con cui deve essere effettuata la scelta da parte del pensionato all’estero dell’immobile da considerare direttamente adibito ad abitazione principale, questa deve essere effettuata attraverso la presentazione della dichiarazione di cui al D. M. 30 ottobre 2012 in cui il proprietario dell’alloggio deve anche barrare il campo 15 relativo alla “Esenzione” e riportare nello spazio dedicato alle “Annotazioni” la seguente frase: “l’immobile possiede le caratteristiche e i requisiti richiesti dal comma 2 dell’art. 13 del D. L. n. 201/2011”.

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Anziani e disabili in istituto di ricovero I comuni possono prevedere che ai fini IMU si considera direttamente adibita ad abitazione principale, con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta e della detrazione, l'unità immobiliare posseduta, a titolo di proprietà o di usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che l'abitazione non risulti locata.

Problema diritto reale di abitazione

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Abitazioni in comodato a parenti ante 2016 L' art. 2-bis del D.L. n. 102/2013 , attribuisce ai comuni, limitatamente alla seconda rata 2013, la possibilità di equiparare all'abitazione principale le unità immobiliari e relative pertinenze, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/ 8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo dell'imposta a parenti in linea retta entro il primo grado (padre e figlio) che le utilizzano come abitazione principale. In caso di più unità immobiliari concesse in comodato dal medesimo soggetto passivo dell'imposta, l'agevolazione di cui al primo periodo può essere applicata ad una sola unità immobiliare. Ciascun comune definisce i criteri e le modalità per l'applicazione dell'agevolazione, compreso il limite dell'indicatore della situazione economica equivalenteISEE) al quale subordinare la fruizione del beneficio. La Legge di stabilità per il 2014 ha riformulato la possibilità di assimilare all'abitazione principale quelle date in comodato, prevedendo che l'assimilazione possa operare «o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500 oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui». Si ritiene che le condizioni poste dalla normativa non siano derogabili con regolamento. Il Comune, può, tuttavia deliberare un’aliquota agevolata fino ad un minimo di 4,6 per mille, stabilendo le condizioni per accedere al beneficio.

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Comodati 2016

• Dopo un’imbarazzante percorso parlamentare il legislatore interviene sulla disciplina dei comodati, abrogando, da un lato, la possibilità per i Comuni di disporre con proprio regolamento l’assimilazione all’abitazione, e, dall’altro lato, aggiungendo la lettera “0a” (e perché non la lettera c)?) all’art. 13 comma 3 del Dl n. 201 del 2011, la quale dispone la riduzione del 50% della base imponibile per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l'immobile concesso in comodato.

• La riduzione della base imponibile opera anche nel caso in cui il comodante oltre all'immobile concesso in comodato possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, a condizione che non sia di lusso.

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I comodati • La riduzione di base imponibile opererà ovviamente anche per la Tasi; il comodatario non pagherà nulla in quanto trattasi di abitazione principale, mentre il comodante pagherà la quota a carico del possessore, considerando la base imponibile ridotta a metà. • La norma crea non pochi problemi applicativi, soprattutto a causa del generico riferimento agli “immobili”, categoria questa che in Imu include i fabbricati, i terreni agricoli e le aree. • Il termine immobile in Imu ha un significato ben preciso. L’art. 13, comma 2 del Dl n. 201 del 2011 prevede che il presupposto d’imposta si realizzi con il possesso di immobili, per la cui definizione si rinvia alla disciplina Ici, dove per immobili si intendono i fabbricati, i terreni agricoli e le aree fabbricabili. • Si potrebbe sostenere che il riferimento agli immobili sia atecnico, e che esso vado riferito alle sole unità immobiliari ad uso abitativo, ma si tratterebbe di interpretazione estensiva di buon senso, poco adatta però alle norme di agevolazione che sono soggette ad interpretazione restrittiva e non estensiva. • Interpretando alla lettera, occorrerebbe escludere dall’agevolazione tutti i casi in cui il comodante possieda un altro immobile diverso da un abitazione, come un negozio, un ufficio, un area fabbricabile, un terreno agricolo. • Se così è però si possono verificare situazioni a limite della ragionevolezza.

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I comodati In base ai chiarimenti forniti dal Dipartimento delle finanze a Telefisco 2016, l’agevolazione spetta se il contribuente possiede (a titolo di proprietà, usufrutto, superficie, uso o abitazione) al massimo due abitazioni non di lusso, una utilizzata come propria abitazione principale ed una data in comodato al figlio/padre. A nulla rileva, pertanto, il possesso di altri fabbricati non abitativi, come un negozio, di terreni agricoli e di aree fabbricabili. Occorre però precisare che la normativa, nel prevedere il limite di due abitazioni, non pone limitazioni alla percentuale di possesso. Pertanto se si possiedono due abitazioni al 50% ed una terza abitazione allo 0,1%, l’agevolazione non spetta.

La normativa richiede poi che il comodante ed il comodatario abbiano residenza anagrafica e dimora abituale nello stesso Comune. Pertanto se un contribuente possiede due abitazioni, una a Milano ed una a Roma, l’agevolazione non spetta.

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Comodati- pertinenze

Per quanto riguarda le pertinenze, occorre considerare che il codice civile prevede che queste seguono lo stesso regime giuridico del bene principale, se non diversamente disposto. Per le abitazioni principali, come noto, è diversamente disposto, prevedendo la norma un vincolo al numero e tipo di pertinenza (un solo C/6, C/2 e C/7). Nel caso dei comodati, non operando più l’assimilazione all’abitazione principale e non essendo previsto alcun vincolo, si ritiene che possano accedere alla riduzione della base imponibile tutte le pertinenze effettivamente concesse in comodato, anche due C/6, ovviamente a condizione che queste siano indicate nel contratto di comodato. Il Mef, tuttavia ha fornito con risoluzione del 16/2/2016 una diversa lettura, ritenendo che permangano i limiti comunque fissati dall’art. 13, comma 2, del Dl n. 201/2011, ovvero nei limiti di una pertinenza per ciascuna categoria catastale C/2, C/6 e C/7. Tale conclusione si fonda, ad avviso del Mef, sulla circostanza che il comodatario, per espressa previsione di legge, deve adibire a propria abitazione principale l’immobile concesso in comodato. L’interpretazione ministeriale tuttavia non convince, perché comunque non si tratta di ipotesi di assimilazione all’abitazione principale, come ricordato a proposito del divieto per i Comuni di continuare a disporre l’assimilazione con regolamento, e non essendo stato previsto espressamente per legge un numero massimo di pertinenze che possano accedere alla riduzione del 50% della base imponibile, si deve applicare la norma di carattere generale stabilita dal codice civile, che prevede lo stesso trattamento giuridico previsto per il bene principale.

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Comodati immobili storici

Per le abitazioni d’interesse storico è già prevista una riduzione del 50% della base imponibile e tale riduzione si cumula con quella nuova per i comodati. Pertanto nel caso di abitazione storica concessa in comodato l’imposta sarà pagata sul 25% della base imponibile. Risposta Mef Telefisco 2016: Nell’ipotesi di immobile storico o artistico concesso in comodato le finalità sottese alla concessione dei due benefici non appaiono incompatibili tra loro e, pertanto, il contribuente versa sul 25% della base imponibile. Si deve però sottolineare che il cumulo delle due agevolazioni non può realizzarsi se l’immobile storico o artistico sia accatastato nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici), poiché la lettera 0A) del comma 3 dell’art. 13 del D. L. n. 201 del 2011 esclude espressamente la riduzione al 50% della base imponibile per gli immobili classificati nelle anzidette categorie catastali. E’ bene anche evidenziare che è ovvio che il cumulo non può operare nel caso di immobile inagibile o inabitabile dal momento che l’immobile concesso in comodato non può essere adibito a abitazione presentando le predette caratteristiche. Vale la pena precisare che le conclusioni appena riportate non si pongono in contrasto con quanto affermato in un’altra risposta fornita in occasione di Telefisco 2012 in cui si chiedeva se potesse essere applicato il cumulo della riduzione del 50% in caso di abitazione storica dichiarata inagibile o inabitabile. Nella risposta a tale quesito è stato escluso il cumulo poiché non appare coerente con la logica della norma prevedere un’ulteriore agevolazione già insita in quella specificatamente disposta per questi immobili.

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Comodati- fabbricato rurale

Risoluzione 16/2/2016 – Il Mef tratta il caso delle abitazioni rurali ad uso strumentale, di cui all’art. 9, comma 3-bis el Dl. n. 557/1993, ovvero quelle destinate ad abitazioni dei dipendenti esercenti attività agricola assunti a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero di giornate lavorative superiori a 100. Secondo il Mef, il possesso di detto immobile sebbene abitativo non preclude l’accesso all’agevolazione, poiché è stato lo stesso Legislatore che, al verificarsi delle suddette condizioni, lo ha considerato strumentale all’esercizio dell’agricoltura e non abitativo. Anche questa conclusione non convince pienamente, perché non si comprende quale sia la differenza tra il fabbricato abitativo rurale disciplinato dall’art. 9, comma 3, come quello dato in comodato al soggetto che conduce il terreno, e quello dato in comodato o affitto ai dipendenti agricoli.

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Comodati – Aliquote da utilizzare

• L’aliquota Imu da utilizzare è quella ordinaria, che può arrivare al 10,6 per mille.

• Il Comune, comunque, potrebbe decidere di agevolare con proprie risorse i comodati, portando l’aliquota al minimo del 4,6 per mille ed azzerando la Tasi, visto che è fatto divieto nel 2016 di aumentare le aliquote ma non di ridurle.

• Condizione necessaria per accedere all’agevolazione è che il contratto di comodato sia registrato.

• Ultimo adempimento a carico del comodante è l’obbligo di presentare la dichiarazione Imu 2016, entro il 30 giugno 2017, a nulla rilevando le precedenti dichiarazioni o comunicazioni inviate ai Comuni, visto che le condizioni per l’accesso sono cambiate e la normativa ora prevede espressamente che ai fini dell’applicazione dell’agevolazione il soggetto passivo deve attestare nella dichiarazione Imu la sussistenza di tutti i requisiti.

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Comodati - Registrazioni

Il riconoscimento dell’agevolazione è subordinato alla condizione che il contratto di comodato sia registrato. Occorre distinguere se si è concessa l’abitazione in comodato con contratto scritto o solo verbale. Nella primo caso, l’obbligo di registrazione scatta entro 20 giorni, e quindi per poter beneficiare dell’agevolazione per tutto gennaio, il comodato poteva partire dal 16 gennaio ed essere registrato entro il 5 febbraio, questo perché in Imu si considera come mese intero quello in cui il possesso si è protratto per almeno 15 giorni.

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Comodato verbale

Con la risposta fornita a Cna si è affrontato il problema del termine entro il quale registrare il contratto di comodato verbale.

Per i contratti di comodato verbali non c’è in generale alcun obbligo di registrazione, ma se si vuole accedere all’agevolazione Imu occorre registrarlo. Per il Mef, essendo un adempimento nuovo, la registrazione può essere fatta entro il 1° marzo, nel rispetto dello Statuto del Contribuente che impone di non fissare obblighi tributari prima del sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della norma che li prevede.

Quindi si possono registrare anche contratti stipulati 3 anni prima e la decorrenza è sempre dal 1° di gennaio 2016.

Poi il Mef cambia ancora ideaà

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Caos registrazione verbale (risposta Mef 8/4/2016 Confedilizia)

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Comodati -registrazione

Per avere il beneficio fin dal 1/1/2016 si poteva registrare il comodato entro il 4/2/2016, ovvero entro 20 giorni dal 15/1/2016 (anzi si potrebbe passare al 16).

Posso registrare tardivamente il comodato?

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Terminediregolarizzazione S a n z i o n e r i d o I e c o nravvedimento

importosanzioneridoIa

Ritardofinoa30giorni Sanzione pari ad 1/10 di 200euro 20,00

Ritardoda31a90giorni Sanzionedel12%(1/10di120%) 24,00

Ritardoda91giorniadunanno Sanzionedel15%(1/8di120%) 30,00

Ritardooltrel’annomaentro2anni Sanzione del 17,14% (1/7 del120%) 34,29

Ritardooltre2anni Sanzionedel20%(1/6del120% 40,00

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FAQ IFEL Possiedo la mia abitazione principale ed un’abitazione che ho dato in comodato a mia figlia che la utilizza come propria abitazione principale ed entrambe sono ubicate nello stesso Comune. Risulto poi “nudo proprietario” di una terza abitazione, che è utilizzata da mia madre che è usufruttuaria. Posso usufruire dell’agevolazione prevista per i comodati? L’agevolazione spetta, in quanto lei è soggetto passivo IMU/TASI solo con riferimento a due abitazioni, non rilevando quella di cui ha la nuda proprietà. Per quest’ultima il soggetto passivo è l’usufruttuario. Marito e moglie sono comproprietari della propria abitazione principale e di una seconda abitazione concessa in comodato alla madre del marito. Possono i due coniugi beneficiare della riduzione del 50% della base imponibile prevista per i comodati? La riduzione spetta solo con riferimento alla quota di possesso del marito, in quanto solo per questi si verifica la condizione della concessione in comodato a parenti in linea retta di primo grado. La suocera è invece qualificata come un affine di primo grado. Se un contribuente possiede un'abitazione in comproprietà ma non è la sua casa di abitazione e l'altra è data in uso al figlio, la condizione opera? No, perché si possono possedere due abitazioni, ma una deve essere data in comodato e l’altra utilizzata come propria abitazione.

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FAQ IFEL Se il genitore conduce in locazione un immobile nello stesso comune e la casa di proprietà la

concede in comodato al figlio, si applica la riduzione?

Si, l’agevolazione spetta perché la norma richiede che il comodante ed il comodatario debbano avere

la residenza e la dimora abituale nello stesso Comune. Al contrario, se il comodante risiede in un altro

Comune, in un’abitazione in locazione, e possiede in un altro Comune un’abitazione data in comodato

al padre/figlio, l’agevolazione non spetterà, perché manca appunto la coincidenza della residenza.

È possibile il comodato quando il comodante oltre all'abitazione principale ha due fabbricati

uno dei quali è inabitabile?

La risposta dovrebbe essere negativa, perché la norma fa riferimento al “possesso” di immobili e non

al fatto che si corrisponda un’imposta per questi

Se il soggetto comodante è proprietario di due abitazioni e titolare del diritto di abitazione come

ex-coniuge di una terza abitazione vale l'agevolazione?

No, perché si è soggetto passivo con riferimento a tre abitazioni.

Il possesso di un terzo immobile con la sola nuda proprietà incide sui requisiti del comodato?

Il possesso di una terza abitazione a titolo di nuda proprietà non rileva, perché per questa non si è

soggetto passivo

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FAQ IFEL È possibile un comodato tra comproprietari?

In situazione di comproprietà fra più soggetti di un immobile il conferimento del godimento dell'intero bene ad uno solo non dovrebbe essere qualificabile come comodato, in quanto uno dei due utilizza il bene in quanto comproprietario e non comodatario. In altri termini non si realizza appieno lo schema legale del contratto di comodato, come ad esempio l’obbligo di restituzione del bene. Tuttavia successivamente Ifel precisa che non vi sono impedimenti normativi a poter considerare valido il comodato tra comproprietari.

Come ci dobbiamo comportare con gli immobili concessi in comodato a genitori o figli prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità del 2016?

Se il comune aveva disposto con propria norma regolamentare l’assimilazione questa si deve ritenere abrogata ex lege e l’abitazione concessa in comodato sarà soggetta all’aliquota ordinaria vigente nel Comune, ed ovviamente ciò non rappresenta un violazione dell’obbligo di non disporre per il 2016 aumenti delle aliquote tributarie, perché la sospensione prevista dall’art. 1, comma 26 della legge n. 208 del 2015 riguarda le delibere comunali, mentre nel caso in questione l’aumento è determinato da una modifica operata con legge. Se, invece, il Comune non aveva disposto l’assimilazione all’abitazione principale ma aveva previsto un’aliquota agevolata, questa continuerà ad applicarsi con le regole comunali e si potrà cumulare con quella statale, se si rispettano le condizioni previste dalla legge n. 208 del 2015. Infine si fa presente che il Dipartimento delle finanze ha precisato, nella risoluzione n. 1 del 2016, che a decorrere dal 2016 è preclusa la possibilità per i Comuni di continuare a disporre l’assimilazione con proprio regolamento, diversamente verrebbero violati i limiti imposti dall’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997.

Se il mio comune aveva chiesto la registrazione del comodato anche prima del 2016, posso considerare validi tali atti purché rispettino i limiti del 2016?

La risposta è affermativa. Occorre comunque ricordare che se il contratto di comodato è stato sottoposto a termine, in caso di rinnovo occorre nuovamente registrarlo. Al contrario se il contratto di comodato era privo di termine, è sufficiente registrarlo una sola volta.

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FAQ IFEL Nel caso in cui una persona è residente nell'abitazione del padre con comodato registrato e la moglie è proprietaria nello stesso comune di un'abitazione dove risiede. Il padre possiede tutti gli altri requisiti per beneficiare della riduzione. Poiché i componenti del nucleo familiare hanno residenza e dimora in immobili diversi, il padre può beneficiare della riduzione del 50%?

L’agevolazione spetta, in quanto la circostanza che i componenti dello stesso nucleo familiare abbiano la residenza anagrafica (e la dimora abituale) in due immobili diversi nello stesso Comune non implica la perdita del diritto all’agevolazione, in quanto per i comodati non opera l’assimilazione all’abitazione principale.

Il padre concede in comodato al figlio l'immobile di proprietà e ne possiede un altro non locato. Il padre risiede in un immobile di proprietà della moglie. Può essere concessa l’agevolazione del comodato al figlio?

L’agevolazione spetta a condizione che il comodante possieda al massimo due abitazioni, di cui una utilizzata come propria abitazione principale ed una data in comodato. Tale condizione non si verifica nel caso prospettato.

Residente all'estero iscritto AIRE possiede due abitazioni in Italia ubicate nello stesso comune. Una vuota ed una concessa in comodato al figlio. E' corretto esentare dal pagamento la casa vuota e usufruire della riduzione della base imponibile del 50% per l'immobile dato al figlio?

Si ritiene che l’agevolazione non spetti. L’abitazione vuota, se il contribuente è pensionato nel paese di residenza, è assimilata all’abitazione principale. La seconda abitazione non può usufruire della riduzione del 50% della base imponibile perché non è rispettata la previsione che comodante e comodatario siano residenti e dimoranti nello stesso Comune e per i residenti esteri non è prevista alcuna deroga.

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FAQ IFEL

La piena proprietà di una quota del 4,105% di un villaggio turistico composto da D1 e D8, ma nel quale c'è anche un A3 (alloggio del custode) permette di usufruire del comodato in favore del figlio ?

La normativa nello stabilire il limite del possesso di due abitazioni nello stesso Comune non pone limiti alla percentuale di possesso. Pertanto nel caso prospettato l’agevolazione non spetterà.

Il nostro comune aveva previsto per il 2015 un'aliquota IMU ridotta per i comodati (fino a €.500,00 di rendita), per il 2016 dobbiamo ridurre la base imponibile del 50% e applicare un'aliquota ridotta fino a €. 500,00 di rendita?

Si faccia l’esempio di un’abitazione con rendita pari a 700 euro. Il contribuente pagherà l’imposta dovuta per i primi 500 euro di rendita con la riduzione al 50% della base imponibile e l’aliquota agevolata deliberata dal Comune. Gli altri 200 euro di rendita, saranno soggetti sempre all’abbattimento del 50% della base imponibile, ma per questi occorre utilizzare l’aliquota ordinaria stabilita dal Comune. Se non si rispettano i parametri previsti dalla legge, invece, non opererà la riduzione della base imponibile e si utilizzeranno le due aliquote previste dal Comune, esattamente come per il 2015.

Nei comuni che hanno deliberato un’ aliquota TASI solo per l'abitazione principale, l'aliquota per il comodato è quella ordinaria del 10,60.

Nell’esempio fatto, nulla sarà dovuto per la TASI, mentre per l’IMU occorrerà applicare l’aliquota ordinaria deliberata dal Comune, ovvero quella applicabile nei casi residuali che non hanno un’aliquota specifica.

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FAQ IFEL In caso di aliquote agevolate nel 2015 per immobili in comodato nel 2015 (parenti entro il secondo grado) si deve mantenere l'agevolazione per non aumentare l'imposta rispetto al 2015?

In generale, si ritiene che il Comune non possa “revocare” agevolazioni già concesse perché in tal modo si disporrebbe un aumento delle aliquote, anche se non con riferimento alla generalità dei contribuenti. Nel caso prospettato, peraltro, vi saranno casi di cumulo tra l’agevolazione comunale e quella statale e casi in cui si renderà applicabile la sola aliquota comunale, come per le abitazioni concesse in comodato a parenti di secondo grado.

Per i comodati per aliquota ordinaria si intende il 7,6 o l'aliquota di base stabilita dal comune?

Se il Comune non aveva deliberato un’aliquota specifica per le abitazioni concesse in comodato si dovrà applicare l’aliquota ordinaria, che può arrivare al 10,6 per mille. Ovviamente si applicherà l’aliquota ordinaria deliberata dal Comune, che non è quella base del 7,6 ma è quella applicabile in tutti i casi residuali, ovvero per le fattispecie che non hanno una misura d’imposta specifica.

Per i comodati per i quali si rende applicabile la sola aliquota prevista dal Comune nel 2015, senza accedere alla riduzione del 50% dell'imponibile prevista con la normativa statale si chiede se i contratti di comodato devono essere comunque registrati?

L’aliquota agevolata stabilita dal Comune si applicherà alle condizioni stabilite dal Comune. Pertanto, se non è stato richiesto un contratto di comodato scritto registrato, non occorrerà richiederlo. Allo stesso tempo, però, se il Comune ha subordinato l’utilizzo dell’aliquota agevolata, ad esempio, alla presentazione di una comunicazione a pena di decadenza, questa continuerà ad essere presentata.

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Le agevolazioni per gli affitti concordati • Doppia agevolazione per gli affitti concordati. Ai fini Imu, il comma 53 della legge n. 208 del 2015 aggiunge all’art. 13 del Dl n. 201 del 2011 il comma 6-bis, a mente del quale “per gli

immobili locati a canone concordato di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 per cento”.

• Ai fini Tasi, il comma 54 modifica il comma 678 della legge n. 147 del 2013, prevedendo analoga riduzione.

• La norma fa riferimento all’aliquota applicata dai Comuni, quindi se è stata deliberata nel 2015 un’aliquota agevolata, la riduzione opererà sull’imposta determinata con la suddetta aliquota.

• Molti enti hanno deliberato riduzioni di aliquote solo con riferimento a determinate ipotesi, come

quella relativa ad immobili locati a canone concordato a soggetti che la utilizzano come abitazione principale, e ciò in continuità con il passato. In tale ipotesi, i concordati che soddisfano le condizioni per l’applicazione dell’aliquota agevolata corrisponderanno il 75% dell’imposta calcolata con tale aliquota, mentre gli alti concordati corrisponderanno il 75% dell’imposta calcolata con l’aliquota ordinaria.

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Problemi di stima • Per quanto riguarda la compensazione della minore entrata per i Comuni, va evidenziato che nella relazione governativa si è stimata una perdita di gettito pari a 81,14 milioni di euro. La stima è stata operata considerando gli immobili indicati in dichiarazione dei redditi con codice utilizzo “8” . Ciò porta a ritenere che il Governo abbia enormemente sottostimato la perdita di gettito comunale, in quanto il codice utilizzo “8” deve essere inserito per l’immobile locato con contratto concordato che insiste in uno dei Comuni ad alta intensità abitativa, mentre occorre utilizzare il codice utilizzo “3” per l’immobile locato in regime di libero mercato o “patti in deroga”, oppure concesso in locazione a canone “concordato” in mancanza dei requisiti relativi al codice ‘8’. • Le agevolazioni per i Comuni ad alta intensità abitativa si applicano: •  nei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché nei comuni confinanti con gli stessi; •  negli altri comuni capoluoghi di provincia; •  nei comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera CIPE 30 maggio 1985, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 19 giugno 1985, non compresi nei punti precedenti; •  nei comuni di cui alla delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 152, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 22 aprile 1987, non compresi nei punti precedenti; • nei comuni di cui alla delibera CIPE 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, non compresi nei punti precedenti; • nei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dagli eventi tellurici dei primi anni ottanta. • Il CIPE provvede ogni 24 mesi all’aggiornamento dell’elenco dei comuni ad alta densità abitativa.

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FAQ IFEL

E' previsto l'obbligo dichiarativo relativamente ai contratti a canone concordato?

Il Dipartimento delle finanze, in una risposta a Telefisco 2016, ha ritenuto che sussiste l’obbligo di

presentazione della dichiarazione IMU (entro il 30 giugno 2017 per il 2016), in quanto i Comuni

attualmente non posseggono, anche accedendo al portale Punto fisco, l’informazione circa la locazione a

contratto concordato.

Nel mio Comune non sono stati siglati gli accordi territoriali. Opera la riduzione del 25% dell’IMU

e della TASI?

In realtà in tutti i Comuni possono essere sottoscritti contratti di locazione a canone concordato e ciò in

base a quanto disposto dal decreto ministeriale 14 luglio 2004, che prevede per i Comuni per i quali non

siano mai stati definiti accordi territoriali la possibilità di far riferimento all'accordo vigente nel comune

demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale anche situato in altra regione.

Aliquota agevolata IMU 2015 per immobili locati a residenti, non richiesto contratto "3+2". Nel

2016 a chi non possiede i requisiti della nuova norma quale aliquota è applicabile?

Nel 2016 per gli immobili locati a residenti a canone concordato la riduzione del 25% opererà sull’imposta

calcolata utilizzando l’aliquota agevolata deliberata dal Comune. Se non si rispettano le condizioni

stabilite dal Comune si determinerà l’imposta utilizzando l’aliquota ordinaria deliberata dal Comune,

ovvero quella residuale prevista per le fattispecie che non hanno un’aliquota specifica.

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Gli imbullonati

• Il comma 21 della legge n. 208 del 2015 detta i nuovi criteri per la valorizzazione degli impianti nella rendita catastale.

• A decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta i macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo.

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Gli imbullonati

• Per gli immobili già accatastati il comma 22 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili possono presentare atti di aggiornamento mediante Docfa per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti.

• Il successivo comma 23 chiarisce che se il Docfa è presentato entro il 15 giugno 2016 la nuova rendita proposta può essere utilizzata per pagare l’intera Imu 2016. La norma infatti chiarisce che in questo caso le nuove rendite hanno effetto dal 1° gennaio 2016, “in deroga” all’art. 13, comma 4 del Dl n. 201 del 2011, ovvero in deroga alla norma che stabilisce che per determinare la base imponibile Imu occorre far riferimento alle rendite catastali vigenti al 1° gennaio. Si tratta, quindi, di revisione della rendita e non di rettifica della stessa, con la conseguenza che per tutti i Docfa presentati dal 16 giugno 2016 in poi la nuova rendita avrà efficacia dal 1° gennaio successivo a quello di iscrizione in catasto.

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Gli imbullonati

• Nella relazione illustrativa alla legge di stabilità si richiamano le stime operate dall’Agenzia delle entrate, in base alle quali il valore degli impianti valorizzati nelle rendite catastali ha un’incidenza media del 18% dell’ammontare complessivo delle rendite dei fabbricati di categoria D/1 e D/7. La riduzione di rendita per tali fabbricati è stimata in circa 766 milioni di euro, ai quali sono aggiunti ulteriori 95 milioni di euro di riduzioni per le altre categorie D. Il mancato gettito per i Comuni viene stimato in 155 milioni annuali.

• Per il 2016 il contributo annuale di 155 milioni sarà ripartito sulla base delle variazioni di rendita presentate entro il 15 giugno 2016. A tal fine, l’Agenzia delle entrate comunicherà al Ministero dell’economia, per ciascun immobile, la nuova rendita e quella originaria, ed il Ministero dell’economia, di concerto con l’Interno, emanerà entro il 31 ottobre 2016, in base ad una metodologia concordata in Conferenza Stato-città, il decreto ministeriale con il riparto per Comune.

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Gli imbullonati

“A decorrere dall’anno 2017” il contributo annuo di 155 milioni di euro è invece ripartito con decreto da emanarsi entro il 30 giugno 2017 sulla base delle variazioni complessivamente proposte nel corso del 2016, che saranno comunicate dall’Agenzia delle entrate al Ministero dell’economia entro il 31 marzo 2017.

Quindi, sembra potersi affermare che il contributo annuo sarà ripartito tra i Comuni esclusivamente sulla base delle modifiche di rendita richieste nel corso del 2016, restando ininfluenti quelle presentate dal 2017 in poi.

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La circolare AE

L’Agenzia delle entrate con la circolare n. 2 del 1° febbraio 2016 ha chiarito la sua visione della norma.

Dalla lettura di tale disposizione, si evince che le componenti costituenti l’unità immobiliare urbana possono essere sostanzialmente distinte, in funzione della rilevanza nella stima catastale, nelle seguenti quattro categorie:

1) il suolo;

2) le costruzioni;

3) gli elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che ne accrescono la qualità e l’utilità;

4) le componenti impiantistiche, di varia natura, funzionali ad uno specifico processo produttivo.

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La circolare AE Quanto al “suolo” (punto 1) – componente da includere nella stima catastale – non emergono particolari problematiche per la sua individuazione, trattandosi essenzialmente della porzione di terreno su cui ricade l’unità immobiliare, così come rappresentata negli elaborati grafici catastali, redatti nel rispetto delle disposizioni regolanti la materia. Esso è rappresentato, di norma, da aree coperte, sedime delle costruzioni costituenti l’unità immobiliare, e da aree scoperte, accessorie e pertinenziali. Alla categoria “costruzioni” (punto 2) – anch’esse da includere nella stima catastale – afferisce qualsiasi opera edile avente i caratteri della solidità, della stabilità, della consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo, realizzata mediante qualunque mezzo di unione, e ciò indipendentemente dal materiale con cui tali opere sono realizzate. A titolo esemplificativo, rientrano in tale categoria i fabbricati, le tettoie, i pontili, le gallerie, le opere di fondazione e di supporto in genere, così come quelle di sbarramento, approvvigionamento, contenimento e restituzione di materiali solidi, liquidi e gassosi, quali le dighe e le opere di presa e di scarico delle acque, i canali, i serbatoi, le cisterne e le vasche, le torri, le ciminiere e i pozzi, che siano posti a monte e a valle dei processi produttivi svolti all’interno delle unità immobiliari in argomento.

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La circolare AE Il disposto normativo in esame prevede, altresì, l’inclusione nella stima catastale anche di quegli “elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che ne accrescono la qualità e l’utilità” (punto 3). Trattasi di quelle componenti che, fissate al suolo o alle costruzioni con qualsiasi mezzo di unione, anche attraverso le sole strutture di sostegno - in particolare quando le stesse integrano parti mobili - risultano caratterizzate da una utilità trasversale ed indipendente dal processo produttivo svolto all’interno dell’unità immobiliare. Le componenti così caratterizzate conferiscono all’immobile una maggiore fruibilità, apprezzabile da una generalità di utilizzatori e, come tali, ordinariamente influenti rispetto alla quantificazione del reddito potenzialmente ritraibile dalla locazione dell’immobile, ossia della relativa rendita catastale. Tra tali elementi strutturalmente connessi sono da ricomprendere, ad esempio, gli impianti elettrici, idrico-sanitari, di areazione, di climatizzazione e condizionamento, di antincendio, di irrigazione e quelli che, sebbene integranti elementi mobili, configurino nel loro complesso parti strutturalmente connesse al suolo o alle costruzioni, quali gli ascensori, i montacarichi, le scale, le rampe e i tappeti mobili, analogamente ai criteri seguiti nell’ambito degli immobili censiti nelle categorie dei gruppi ordinari. Del pari, rientrano in tale categoria i pannelli solari integrati sui tetti e nelle pareti, che non possono essere smontati senza rendere inutilizzabile la copertura o la parete cui sono connessi.

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La circolare AE Il secondo periodo della disposizione in esame dispone, espressamente, l’esclusione dalla stima catastale di “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo” (punto 4). Si tratta di quelle componenti, di natura essenzialmente impiantistica, che assolvono a specifiche funzioni nell’ambito di un determinato processo produttivo e che non conferiscono all’immobile una utilità comunque apprezzabile, anche in caso di modifica del ciclo produttivo svolto al suo interno. Tali componenti sono, pertanto, da escludere dalla stima, indipendentemente dalla loro rilevanza dimensionale.

Centrali di produzione di energia e stazioni elettriche. Non sono più oggetto di stima le caldaie, le camere di combustione, le turbine, le pompe, i generatori di vapore a recupero, gli alternatori, i condensatori, i compressori, le valvole, i silenziatori e i sistemi di regolazione dei fluidi in genere, i trasformatori e gli impianti di sezionamento, i catalizzatori e i captatori di polveri, gli aerogeneratori (rotori e navicelle), gli inverter e i pannelli fotovoltaici, ad eccezione, come detto, di quelli integrati nella struttura e costituenti copertura o pareti di costruzioni

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La circolare AE Industrie manifatturiere. Sono esclusi dalla stima tutti i macchinari, le attrezzature e gli impianti costituenti le linee produttive, indipendentemente dalla tipologia considerata. Tra questi, ad esempio, i sistemi di automazione e propulsione, le pompe, i motori elettrici, i carriponte e le gru, le apparecchiature mobili e i sistemi robotizzati, le macchine continue, nonché i macchinari per la miscelazione, la macinazione, la pressatura, la formatura, il taglio, la tornitura, la laminazione, la tessitura, la cottura e l’essicazione dei prodotti. Nell’industria siderurgica sono, così, da escludere dalla stima diretta anche gli impianti costituenti altoforni. Parimenti, nei siti destinati alla raffinazione dei prodotti petroliferi sono esclusi dalla stima, ad esempio, i forni di preriscaldamento, le torri di raffinazione atmosferica o sotto vuoto, gli impianti destinati ai processi di conversione (cracking) o di miglioramento della qualità dei prodotti della raffinazione (reforming, desolforazione, isomerizzazione, alchilazione, ecc.), nonché gli impianti per il trattamento dei fumi e delle acque. Impianti di risalita. Oltre a non considerare le funi, i carrelli, le sospensioni e le cabine – che fanno specificatamente parte della componente mobile del trasporto – sono, altresì, esclusi dalla stima i motori che azionano i sistemi di trazione, anche se posti in sede fissa. Rimangono, conseguentemente, comprese nella stima solamente il suolo e le costruzioni costituenti le stazioni di valle e di monte, unitamente agli impianti di tipo civile ad esse strutturalmente connessi. Parchi divertimento. Sono escluse dalla stima catastale le attrazioni costituite da strutture che integrano parti mobili. Non così, invece, per le piscine, i cinema, le arene, che si configurano, per quanto precedentemente detto, come vere e proprie costruzioni e, quindi, come tali, da includere nella stima catastale.

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Immobili merce

Con l' art. 2 del D.L. n. 102/2013 , si dispone l'esclusione della seconda rata per gli immobili merce e si consolida l'agevolazione attraverso la sostituzione del co. 9-bis dell' art. 13 del D.L.

n. 201/2011 , che ne dispone l'esenzione a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Per quanto riguarda l'ambito applicativo si evidenzia che dal punto di vista soggettivo i destinatari sono le imprese costruttrici, ovvero quelle titolari del permesso di costruire. Rimangono quindi escluse le imprese immobiliari che gestiscono o compravendono gli immobili. Gli immobili oggetto di agevolazione sono fabbricati costruiti e destinati alla vendita. Si deve trattare di fabbricati alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa; tali fabbricati, in qualità di merci, sono contabilizzati in bilancio a costi, ricavi e rimanenze, a differenza di quelli strumentali che sono iscritti tra le immobilizzazioni. L'agevolazione riguarda solo i fabbricati costruiti e non quindi l'area fabbricabile, che sarà soggetta all'aliquota ordinaria. L'agevolazione si renderà applicabile dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione e comunque, se antecedente, dalla data di accatastamento. La norma presuppone che il fabbricato non debba essere locato, pertanto in caso di fabbricato dato in comodato il diritto all'agevolazione rimane. Anche nel caso di fabbricato che dopo essere stato locato torna ad essere libero, si ritiene che l'agevolazione spetti, trattandosi di fabbricato ancora destinato alla vendita.

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Immobili merce

• Per gli immobili merce il comma 14, lett. c) della legge n. 208 del 2015 modifica il comma 678 della legge n. 147 del 2013 prevedendo che ai fini Tasi per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, l'aliquota è ridotta allo 0,1 per cento, con possibilità per i Comuni di modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all'azzeramento.

• Ciò implica che nell’ipotesi in cui il Comune abbia deliberato per il 2015 un’aliquota superiore a 2,5 per mille, questa deve intendersi automaticamente ridotta alla misura massima consentita dalla legge, indipendentemente dal fatto che il Comune provveda a modificare al ribasso, nel 2016, l’aliquota deliberata per l’anno prima.

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Fabbricati rurali

La normativa IMU ha attratto ad imposizione i fabbricati rurali strumentali per il solo anno 2012.

Poiché il presupposto dell'IMU è il possesso di immobili di cui all' art. 2 della normativa ICI, il legislatore ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l' art. 23 , co. 1-bis, D.L. n. 207/2008 , il quale disponeva, con norma di interpretazione autentica, che "non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati" per le quali ricorrono i requisiti di ruralità ( art. 9 , D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 ).

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Fabbricati rurali ed Imu

In generale la normativa IMU prevede un regime agevolativo, sotto forma di aliquota massima pari al 2 per mille, riducibile dal comune fino all'1 per mille, solo con riferimento ai fabbricati rurali strumentali, così come definiti dall' art. 9 , co. 3-bis, D.L. n. 557/1993 . Per le abitazioni rurali, definite dall' art. 9 , co. 3, D.L. n. 557/1993 , non sono previste agevolazioni, per cui, se il fabbricato rurale è anche abitazione principale del possessore sconterà l'aliquota ridotta prevista per l'abitazione principale, diversamente, come nel caso di abitazione data in affitto unitamente al terreno, sconterà l'aliquota ordinaria. L' art. 2 , co. 5-ter, D.L. n. 102/2013 dispone, con norma di interpretazione autentica, che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell' art. 7 , co. 2-bis, D.L. n. 70/2011 , con l'inserimento dell'annotazione circa la sussistenza dei requisiti di ruralità negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità di cui all' art. 9 del D.L. n. 557/1993 a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda. L' art. 1 del D.L. n. 102/2013 ha disposto per i fabbricati rurali la soppressione della prima rata IMU dovuta per il 2013. L' art. 1 del D.L. n. 133/2013 ha disposto limitatamente ai fabbricati rurali strumentali, esclusi quindi quelli abitativi, la soppressione del saldo. Dal 1° gennaio 2014 i fabbricati rurali strumentali sono esclusi dall'imposizione, mentre rimangono assoggettati, in base all'aliquota ordinaria, i fabbricati rurali abitativi, salvo che non siano abitazione principale del possessore.

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Acconto 2013 Arti 1 del Dl n. 102/2013- Per l'anno 2013 non è dovuta la prima rata dell‘Imu relativa agli immobili di cui all’art. 1, co. 1 del Dl n. 54/2013, norma questa che prevedeva tra l’altro la sospensione del versamento per terreni agricoli e fabbricati rurali di cui all’art. 13, commi 4, 5 e 8 del Dl n. 201/2013 Il co. 4, si riferisce alla determinazione del valore di tutti i fabbricati (indica i moltiplicatori) Il co. 5, si riferisce alla determinazione del valore dei terreni Il co. 8, si riferisce all’aliquota per i fabbricati strumentali

Tuttavia la RT quantifica gli effetti finanziari negativi derivanti dall'abolizione della prima rata IMU per le categorie di immobili indicate, utilizzando i dati di gettito riferiti all'esercizio 2012. Si tratterebbe di un importo complessivo pari a 2.396,2 mln, suddivisi come illustra la tabella che segue.

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Blocco aumenti dei tributi

• Il comma 26 prevede, “al fine di contenere il livello complessivo della pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica”, la sospensione per

l'anno 2016 dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015.

• Rispetto alla prima versione del disegno di legge di stabilità, nel quale era previsto il divieto di disporre aumenti, la nuova formulazione evita qualsiasi incertezza anche con riferimento a delibere già adottate nel 2015 ma contenenti misure d’imposta per il 2016.

• È prevista, tuttavia, una deroga per la Tari, la cui entrata ovviamente deve garantire la copertura integrale dei costi di gestione dei rifiuti.

• Alla sospensione non soggiacciono, inoltre, i Comuni che deliberano il predissesto (art.

243-bis del D.lgs. n. 267 del 2000) o il dissesto (artt. 246 e seguenti del D.lgs. n. 267 del 2000).

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Blocco aumenti dei tributi

La restrizione non opera per il Cosap, visto che tale entrata ha natura patrimoniale, a differenza del canone di pubblicità. Si ritiene, poi, possibile per i Comuni deliberare il passaggio da Tosap a Cosap. Inoltre, non è preclusa ai Comuni la possibilità di deliberare valori venali delle aree fabbricabili superiori a quelle del 2015, visto che questi riguardano la quantificazione della base imponibile e non l’aliquota.

Parimenti, si ritiene che incorra nel divieto anche la possibilità per i Comuni di “revocare” aliquote agevolate, perché in tale modo per queste fattispecie viene automaticamente disposto un aumento di aliquota (in tal senso il Mef nella risoluzione

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Conferma maggiorazione Tasi dello 0,8 • L’abrogazione della Tasi per le abitazioni principali avrebbe dovuto far venire meno la possibilità per i Comuni di applicare la maggiorazione del 0,8 per mille finalizzata a finanziare detrazioni o riduzioni per le abitazioni principali e per quelle a queste assimilate. Tuttavia, anche in considerazione del fatto che i Comuni hanno utilizzato tale maggiorazione per finanziare solo in parte le agevolazioni per l’abitazione principale, non essendo espressamente previsto un vincolo di destinazione totale del maggior gettito, il comma 28 della legge di stabilità prevede, limitatamente all’anno 2016, la possibilità di continuare ad applicare la maggiorazione anche per gli altri immobili diversi dall’abitazione principale, a condizione però che venga adottata un’espressa deliberazione del consiglio comunale, confermativa della misura applicata per il 2015.

• La delibera doveva quindi essere approvata entro il 30 aprile

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Ricordiamoci….. La regola contenuta nella legge n. 296/2006 prevede che nel caso di mancata approvazione nei termini, le aliquote e le tariffe si intendono prorogate di anno in anno.

Questa regola generale ha però subito una deroga espressa con riferimento alla maggiorazione Tasi.

Capire se il Comune abbia o meno utilizzato la maggiorazione in questione, e quindi se obbligato ad una conferma espressa non è però operazione semplice.

Occorre considerare che la Tasi ha un’aliquota massima del 2,5 per mille e che comunque la sommatoria tra aliquota Tasi ed aliquota Imu non può essere superiore all’aliquota massima Imu prevista per le singole fattispecie. La maggiorazione dello 0,8 poteva essere utilizzata per sforare uno dei due limiti, e quindi arrivare ad una sommatoria delle aliquote Imu-Tasi pari ad 11,4 oppure per deliberare un’aliquota Tasi del 3,3 per mille, o in alternativa si poteva “spalmare” la maggiorazione sui due limiti.

Quindi, se il Comune ha un’aliquota ordinaria per gli altri immobili del 10,6 ed un’aliquota Tasi del 0,8, vuol dire che ha utilizzato la maggiorazione ed era obbligato a confermarla espressamente entro il 30 aprile.

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Pubblicazione delibere

Anche su questo punto c’è il solito caos normativo. L’art. 13, comma 15 del Dl n. 201/2011 prevede l’invio entro trenta giorni dalla data in cui le delibere sono esecutive, e comunque entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto per l’approvazione del bilancio (quindi il 30 maggio 2016), prevedendo, in caso di inadempienza il blocco dei trasferimenti, ma tutto questo è rimesso all’emanazione di un decreto del Mef mai emanato. Pertanto, il termine (perentorio) da rispettare per l’Imu e per la Tasi rimane quello del 14 ottobre 2016 (La legge di stabilità 2016 ha anticipato di una settimana. Il termine è ora perentorio, mentre prima i Comuni potevano chiedere la pubblicazione anche un giorno prima del 28 ottobre. Si ricorda che iIn caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

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Le aree pertinenziali

Sulle aree pertinenziali si registrano ultimamente diverse pronunce. Vi sono alcune sentenze che sembrano discostarsi dai principi di diritto enunciati in passato (Cass 1391/2016) ed altre che sembrano confermarle.

Di recente la Corte (Cass. n. 6139/2016) sembra aver fatto il punto, confermando l’orientamento in base al quale l’area fabbricabile pertinenziale è soggetta autonomamente ad imposta se risulta accatastata in modo autonomo al Catasto terreni, indipendentemente dal fatto che sia utilizzata a giardino, e ciò perché solo l’accatastamento unitario all’abitazione assicura che il valore dell’area sia incluso nella rendita del fabbricato. Inoltre, la Cassazione ha ripetutamente detto che l’area pertinenziale deve essere oggetto di esplicita dichiarazione da parte del contribuente (peraltro, non emendabile in sede contenziosa).

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ENTI NON COMMERCIALI

Art. 91-bis DL 1/2012: integra la lett. i) dell’art. 7 d.lgs. 504/92 prevedendo lo svolgimento delle attività “con modalità non commerciali“; abrogato il comma 2-bis dell’art. 7 del DL 203/2005 che disponeva l’applicabilità dell’esenzione “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale dell’attività” e “che non abbiano esclusivamente natura commerciale” (art. 39 L. 248/06) Viene introdotto il caso di utilizzo promiscuo dell’immobile con l’individuazione della quota commerciale (la sola sottoposta ad imposizione): 1) iscrizione in catasto della parte commerciale (qualora la stessa presenti autonomia funzionale e reddituale); si applicano le disposizioni del d.l. 262/06: c.d. spezzatino catastale; 2) nei casi in cui non è possibile applicare il d.l. 262/06, l’esenzione dall’IMU si applica, sempre a partire dal 1° gennaio 2013, in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile (tre parametri: superficie, numero frequentatori, tempo), come da dichiarazione del contribuente (à rinvio a decreto del MEF) 96

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Dm 200/2012

Il D.M. n. 200/2013 definisce i criteri generali e di settore per poter accedere all'esenzione di cui alla lett. i) dell' art. 7 del D.Lgs. n. 504/1992 . A distanza di vent'anni dall'entrata in vigore della normativa ICI vengono fornite le definizioni dei soggetti e delle attività meritevoli di esenzione: - enti non commerciali: gli enti pubblici e privati diversi dalle società di cui all' art. 73 , co. 1, lett. c), del TUIR , che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale; - oggetto esclusivo o principale: per oggetto esclusivo si intende quello determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata; per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto; in mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente stesso è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato - attività assistenziali: attività riconducibili a quelle di cui all' art. 128 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 , relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia; - attività previdenziali: attività strettamente funzionali e inerenti all'erogazione di prestazioni previdenziali e assistenziali obbligatorie;

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Dm 200 - attività sanitarie: attività dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza definiti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 ; - attività didattiche: attività dirette all'istruzione e alla formazione ai sensi della Legge 28 marzo 2003, n. 53 ; - attività ricettive: attività che prevedono l'accessibilità limitata ai destinatari propri delle attività istituzionali e la discontinuità nell'apertura nonché, relativamente alla ricettività sociale, quelle dirette a garantire l'esigenza di sistemazioni abitative anche temporanee per bisogni speciali, ovvero svolte nei confronti di persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari, escluse in ogni caso le attività svolte in strutture alberghiere e paralberghiere di cui all' art. 9 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 ; - attività culturali: attività rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte; - attività ricreative: attività dirette all'animazione del tempo libero; - attività sportive: attività rientranti nelle discipline riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) svolte dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi dell' art. 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 ; - attività di cui all' art. 16 , lett. a), della Legge 20 maggio 1985, n. 222 : attività dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana

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Requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali

1. Le attivita' istituzionali sono svolte con modalita' non commerciali quando l'atto costitutivo o lo statuto dell'ente non commerciale prevedono:

a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonche' fondi, riserve o capitale durante la vita dell'ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attivita' ovvero altre attivita' istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;

b) l'obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attivita' funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarieta' sociale;

c) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un'analoga attivita' istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

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Requisiti specifici

- lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con modalità non commerciali quando le stesse: a) sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le regioni e gli enti locali e sono svolte, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, e prestano a favore dell'utenza, alle condizioni previste dal diritto dell'Unione Europea e nazionale, servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall'ordinamento per la copertura del servizio universale; b) se non accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le regioni e gli enti locali, sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio;

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Requisiti specifici

- lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se: a) l'attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio; c) l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso;

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Requisiti specifici

- lo svolgimento di attività ricettive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio;

- lo svolgimento di attività culturali e attività ricreative si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

- lo svolgimento di attività sportive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

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Utilizzo misto Il rapporto proporzionale tra superficie esente e superficie soggetta ad IMU, da dichiarare con apposita dichiarazione ancora non approvata, è determinato con riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non commerciali e al tempo impiegato, secondo i seguenti criteri: - per le unità immobiliari destinate ad un'utilizzazione mista, la proporzione tra superficie esente e superficie assoggettata è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall' art. 7 , co. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992 , e delle attività di cui alla citata lett. i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale dell'immobile - per le unità immobiliari che sono indistintamente oggetto di un'utilizzazione mista, la proporzione è determinata in base al numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta l'attività - nel caso in cui l'utilizzazione mista è effettuata limitatamente a specifici periodi dell'anno, la proporzione è determinata in base ai giorni durante i quali l'immobile è utilizzato per lo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall' art. 7 , c. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992 , ovvero delle attività di cui alla citata lett. i) svolte con modalità commerciali. Le percentuali determinate in base ai rapporti che risultano dall'applicazione dei criteri sopra descritti, indicate per ciascun immobile nella dichiarazione da presentare, si applicano alla rendita catastale dell'immobile in modo da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della determinazione dell'IMU dovuta. Con D.M. 26 giugno 2014 è stato approvato il modello di dichiarazione dell'IMU e della TASI per gli enti non commerciali, con le relative istruzioni.

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ENTI NON COMMERCIALI - DICHIARAZIONE

§ DICHIARAZIONE: decreto approvato il 26/6/2014 (in G.U. il 4/7/2014) § Unica dichiarazione per IMU e TASI § Termine di presentazione “a regime”: 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini dell’imposta § La dichiarazione relativa agli anni 2012 e 2013 deve essere presentata entro il 30 settembre 2014 § Istruzioni alla compilazione della dichiarazione: è una mega circolare, che conferma precedente posizioni del MEF (come la 4/2013 sugli immobili in comodato e la 3/2013 sulla natura ordinatoria del termine per adeguare l’atto costituito ai nuovi requisiti del Dm 200/2012) non condivisibili § Sono previsti criteri allo stesso tempo più blandi e più rigidi rispetto alle indicazioni della Commissione Europea e al Dm 200/2012, come per le attività didattiche (“costo medio per studente”) e per le attività ricettive (costrette a pagare l’IMU anche se praticano tariffe bassissime) § Appare evidente l’obiettivo di rafforzarne il valore normativo, trattandosi di indicazioni contenute in un decreto, ma così si corre il rischio di violare le prescrizioni fornite dalla UE. § Difficoltà di controllo da parte dei comuni, per via di parametri piuttosto aleatori e per il rinvio dei termini di adeguamento degli statuti ai requisiti generali previsti dal Dm 200/2012

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IMU: ENTI NON COMMERCIALI § ERRORI DI CALCOLO nella determinazione della percentuale di imponibilità per la parte utilizzata con modalità non commerciali § Se una sala di un centro di aggregazione viene utilizzata per attività commerciali per il 40% dello spazio, per il 40% del tempo e dal 40% dei frequentatori, la percentuale di imponibilità è del 120% (il quadro B del modello di dichiarazione prevede la somma dei tre valori anziché il prodotto cioè il 6,4%) § Nelle istruzioni non si considera l’ipotesi in cui il fabbricato venga utilizzato contemporaneamente per più attività, per esempio con un ostello (attività ricettiva) e un bar (attività ricreativa)

§ DM 4/8/2014: modalità di trasmissione telematica (contiene le specifiche tecniche necessarie per l’invio); composto da 3 soli articoli, conferma il criterio della somma (e non del prodotto) dei tre parametri, con possibile percentuale di imponibilità “superiore al 100%” (!): in tal caso l’immobile va dichiarato nel quadro A (totalmente imponibile)

§ DM 23/9/2014: proroga il termine di presentazione della dichiarazione al 1° dicembre 2014, per via delle difficoltà di utilizzo del canale Entratel

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IMU-TASI - SCUOLE PARITARIE

Scuole paritarie: Cass. 14225-14226 del 8/7/2015 – pagano l’Ici le scuole gestite da istituti ecclesiastici; ne è seguita una polemica (Cei, sottosegr. Mef, pres. Cass., ministro Econ.) à chiarimento definitivo entro settembre 2015 (che non c’è più stato); le sentenze riguardano l’Ici ma possono riflettersi sull’applicazione dell’Imu Sentenza che in linea con la giurisprudenza di legittimità consolidata, ritengono che il la richiesta di pagamento di una retta equivalga allo svolgimento di un’attività commerciale.

Il criterio del costo medio per alunno del Miur, è un’invenzione ministeriale che esula dallo svolgimento a

titolo gratuito previsto dal Dm 200 e apertamente contrario alle indicazioni fornite dalla Commissione E.

(l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso)- Agganciare le tariffe al costo medio creare «una relazione» che da sola viola la norma.

Comunque per le scuole ecclesiastiche esiste il problema della previsione che un regolamento deve prevedere la devoluzione del patrimonio ad altri enti aventi la stessa finalità. Si tratta di un requisito generale di settore senza il quale l’attività comunque non può essere considerata commerciale.

Sembra che nessuna parrocchia abbia adottato tale regolamento, per problemi con il diritto canonico

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Comodati tra ENC – un po’ di storia Cassazione n. 25508/2015 ha ritenuto che a “certe condizioni” può essere riconosciuta l’esenzione ICI/IMU per gli immobili posseduti da un ente non commerciale e dati in comodato ad altro ente non commerciale, aderendo così (parzialmente) ad una circolare del MEF Problema nasce proprio da un’ordinanza della Cassazione con la quale è stata sottoposta la questione alla Corte Costituzionale, la quale ha risposto agli interrogativi del giudice di legittimità con le ordinanze n. 429 del 2006 e n. 19 del 2007 In sintesi, secondo la Corte costituzionale l'art. 7 richiede, come già ripetutamente sostenuto dalla Corte di cassazione, l'identità soggettiva tra il possessore (ovvero il soggetto passivo Ici) e l'utilizzatore; l'art. 59 non modifica tale condizione ma dà solo la possibilità ai comuni di restringere l'esenzione, con apposita norma regolamentare, ai soli fabbricati, escludendo i terreni agricoli e le aree fabbricabili. La questione andrà inevitabilmente rimessa alle Sezioni Unite.

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Comodati tra ENC – un po’ di storia

ICI – art. 59, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 446/1997 a mente del quale i Comuni con proprio regolamento potevano «stabilire che l’esenzione di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore».

La piana lettura di questa norma ha portato tutti a ritenere che in assenza di esercizio della potestà regolamentare l’esenzione fosse applicabile agli immobili posseduti da soggetti passivi, anche diversi dagli enti non commerciali, ed utilizzati da un ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività ritenute meritevoli di tutela, e ciò indipendentemente dal titolo, gratuito od oneroso, in base al quale avveniva l’utilizzo.

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Comodati tra ENC – un po’ di storia

Cassazione - ordinanza n.11428/2005

Secondo la Corte l’art. 59 è incostituzionale per violazione degli artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione. In particolare, si ritiene che la sopravvenuta disposizione di cui all’art. 59 impone una irragionevole rilettura dell’art. 7 costringendo ad esonerare taluni soggetti prescindendo dalla capacità contributiva ed avendo riguardo a requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti da terzi, ed assegnando, inoltre, in violazione dell’art. 23 della Costituzione, agli enti locali il potere di stabilire con norme regolamentari presupposti impositivi e casi di esenzione. È in contrasto, ancora secondo la Corte, con il principio di ragionevolezza e coerenza, una disposizione che «ammettendo la possibilità di estendere l’esonero dall’Ici a chi, pur realizzando un reddito da locazione del bene, pur non essendo incluso tra i soggetti espressamente indicati dall’art. 87 del TUIR citato e pur non espletando direttamente una delle attività ritenute meritorie, possa egualmente fruire dell’esonero mediante l’escamotage della concessione del relativo uso ad altri soggetti che siano in possesso sia, del requisito soggettivo (ente pubblico e privato non commerciale) sia, pure, di quello oggettivo (espletamento di una delle attività indicate nell’art. 7)».

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Comodati tra ENC – un po’ di storia La Corte costituzionale - ordinanze n. 429 del 2006 e n. 19 del 2007. Il giudice delle leggi fornisce un'interpretazione del tutto innovativa dell'art. 59 del D.Lgs n. 446/1997, completamente difforme da quella fino ad allora seguita dalla generalità dei comuni impositori e parzialmente difforme da quella fornita dalla stessa Corte di Cassazione; si è praticamente riscritta la norma. La Corte costituzionale ha precisato che l'art. 59, comma 1, lettera c), è norma che « non è finalizzata né a risolvere un obiettivo dubbio ermeneutico né ad introdurre retroattivamente una nuova disciplina dell'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 504 del 1992; che il citato art. 59, comma 1, lettera c), ha il solo scopo di attribuire ai comuni, in deroga a quanto previsto all'art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs n. 504/1992, la facoltà di escludere gli enti non commerciali che possiedono terreni agricoli e aree fabbricabili dal novero dei soggetti esenti - e, perciò, di applicare l'Ici anche nei loro confronti -, ferma restando l'esenzione per i fabbricati posseduti dai medesimi enti non commerciali e da essi direttamente utilizzati per lo svolgimento delle attività di cui all'art. 7; che, pertanto, l'art. 59, comma 1, lettera c), del D.Lgs n. 446/1997, prevedendo che l'esenzione dall'Ici spetta per i fabbricati a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore, attribuisce all'art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs n. 504/1992 lo stesso significato riconosciutogli dalle pronunce della Corte di cassazione richiamate nell'ordinanza di rimessione e quindi, sotto questo aspetto, non innova la disciplina dei requisiti soggettivi dell'esenzione». In altre parole, secondo la Corte costituzionale l'art. 7 richiede, come già ripetutamente sostenuto dalla Corte di cassazione, l'identità soggettiva tra il possessore (ovvero il soggetto passivo Ici) e l'utilizzatore; l'art. 59 non modifica tale condizione ma dà solo la possibilità ai comuni di restringere l'esenzione, con apposita norma regolamentare, ai soli fabbricati, escludendo i terreni agricoli e le aree fabbricabili.

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Comodati tra ENC – un po’ di storia

Con l’entrata in vigore dell’Imu, e la conseguente non applicabilità dell’art. 59, è venuta meno la possibilità per i Comuni di limitare l’esenzione ai soli fabbricati. Nell’Imu, quindi, l’esenzione opera sia per i fabbricati che per i terreni agricoli e le aree fabbricabili, a condizione che vi sia identità soggettiva tra possessore ed utilizzatore, ed ovviamente a condizione che l’utilizzo effettivo rientri nell’ambito delle attività individuate dal legislatore.

Tanto basterebbe a ritenere chiusa la questione interpretativa, ma Cassazione e Dipartimento delle finanze hanno rimesso in discussione la lettura costituzionale ritenendo che l’esenzione possa operare anche nell’ipotesi di mancata coincidenza tra soggetto possessore e soggetto utilizzatore, se entrambi sono enti non commerciali e se l’utilizzo avviene in base ad un contratto di comodato.

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TASI – Fallimento (risposta con effetti anche su leasing)

In periodo fallimentare la Tasi va versata (risposta MEF Telefisco 2016)

D.- La disciplina Imu richiama espressamente la normativa Ici che dispone la sospensione del

pagamento del tributo per tutta la durata del fallimento (articolo 10, comma 6, del Dlgs 504/1992),

ponendo in carico al curatore l’obbligo di versamento di quanto dovuto - dalla data di

dichiarazione del fallimento fino al decreto di trasferimento - entro tre mesi dalla data del decreto

di trasferimento degli immobili. Si chiede se tale regime sia applicabile “per analogia” anche alla

Tasi o se, al contrario, non essendoci un richiamo espresso all’articolo 10, comma 6, del Dlgs

504/1992, questa vada considerata come spesa in prededuzione, in quanto spesa della

procedura, con obbligo del curatore di versarla alle ordinarie scadenze.

R. - Si deve precisare che la disposizione contenuta nel comma 6, dell’articolo 10 del Dlgs n. 504 del

1992 si applica all’Imu sulla base dell’espresso richiamo effettuato dall’articolo 9, comma 7, del Dlgs n.

23 del 2011. Non è dato rinvenire un analogo rimando per quanto riguarda, invece, la disciplina della

Tasi, benché il legislatore nel regolare quest’ultimo tributo abbia più volte utilizzato la tecnica del rinvio

alla disciplina dell’Imu, come è avvenuto ad esempio nei commi 669 e 675 dell’articolo 1 della legge n.

147 del 2013. Pertanto, non si ritiene che nel caso specifico, trattandosi poi di norma di carattere

eccezionale, in mancanza di un’espressa previsione normativa possa essere applicato il principio

dell’analogia. Il pagamento della Tasi sarà quindi soggetto alle regole ordinare stabilite dalla procedura

fallimentare.

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Leasing – contenzioso milionario

Per l’Imu, l’art. 9, co. 1 del D.lgs. n. 23/2011 prevede che per “gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”. La norma è identica a quella dell’Ici, per la quale non si sono mai avuti dubbi sul fatto che la soggettività passiva era direttamente collegata all’esistenza di un valido contratto di locazione finanziaria. Nell’Imu il contenzioso è stato innescato dalla circolare di Assilea (Associazione italiana leasing) del 2 novembre 2012, nella quale si sostiene che in caso di risoluzione anticipata o di mancato esercizio del diritto di opzione finale (riscatto) del contratto di locazione finanziaria, la società di leasing dovrà presentare la dichiarazione Imu entro 90 giorni dalla data di riconsegna del bene, comprovata dal verbale di consegna, così come riportato nel paragrafo 1.4 delle istruzioni ministeriali alla compilazione della dichiarazione Imu. Ad avviso di Assilea la precisazione riportata nelle istruzioni ministeriali “riveste particolare importanza in quanto chiarisce inequivocabilmente che il locatario è soggetto passivo Imu anche nelle particolari situazioni in cui, nonostante sia intervenuta la risoluzione del contratto oppure il bene non sia stato riscattato a fine locazione, il bene non sia stato ancora riconsegnato alla società di leasing”. Di diverso avviso invece l’Ifel, che con la nota del 4 novembre 2013 rileva che la mancata riconsegna del bene è del tutto ininfluente ai fini della individuazione del soggetto passivo, non solo in base al chiaro disposto delle norme primarie ma anche in base ai documenti di prassi dello stesso Ministero dell’economia, come la circolare 3/DF del 2012. Secondo Ifel appare del tutto incongruo ritenere che il Ministero abbia voluto, in contrasto con la lettera della norma, sostenere attraverso un passaggio delle istruzioni alla dichiarazione Imu che la soggettività passiva sia condizionata non dalla risoluzione contrattuale, ma dalla eventuale riconsegna tardiva. Sul tema controverso è intervenuto anche il Garante del contribuente della regione Emilia Romagna che con risoluzione 16 gennaio 2014, n. 1972 ha sostanzialmente aderito alla tesi di Ifel.

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Leasing – contenzioso milionario Con l’introduzione della Tasi, la problematica si è aggrovigliata ancora di più, visto che l’art. 1, co. 672, della legge n. 147/2013, prevede che in «caso di locazione finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna».

Attraverso un’interpretazione analogica di tale norma alcune commissioni tributarie hanno ritenuto che anche per l’Imu la soggettività passiva si trasferisce solo con la riconsegna del fabbricato. Al riguardo, va tuttavia rilevato che il Mef in una risposta a Telefisco 2016, riguardante l’applicazione della Tasi con riferimento alle procedure fallimentari, ha ritenuto che trattandosi di norme di carattere eccezionale non si ritiene che “in mancanza di un’espressa previsione normativa possa essere applicato il principio dell’analogia”.

Sul lato contenzioso, mentre inizialmente le Ctp hanno prodotto sentenze contrastati, le Ctr sembrano, da quello che consta, uniformemente indirizzate ad accogliere la tesi comunale (Ctr dell’Aquila, sentenza n. 1463/2015 del 22/12/2015; Ctr di Milano, sentenze n. 1343/2016 del 9/3/2016 e n. 1599/2016 del 17/3/2016).

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Leasing – contenzioso milionario

In particolare, nelle sentenze di Milano si rileva che gli elementi costitutivi di ogni tributo sono stabiliti direttamente nella legge istitutiva, sicché non è possibile applicare per analogia quanto previsto per la Tasi anche all’Imu. Inoltre, il fatto costitutivo del prelievo tributario delle due imposte è diverso, rilevando nella Tasi anche la mera detenzione. Infine, si rileva che sarebbe incongruo far dipendere la soggettività passiva di un tributo dalla condotta contrattuale e processuale del locatore e del locatario, che costituiscono comunque situazioni temporanee ed a conoscenza esclusiva delle parti private, non idonee a fondare la soggettività passiva di un tributo.

La parola passa ora alla Corte di Cassazione.

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TARI

LS 2016: DEROGHE AL METODO NORMALIZZATO PER IL BIENNIO 2016-17

Il comma 27 proroga per gli anni 2016 e 2017 la modalità di commisurazione della TARI da parte

dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario (ovvero in base alle quantità e qualità medie

ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte)

e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti (c.d. metodo normalizzato, nel rispetto del principio “chi

inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE).

Sarà quindi possibile utilizzare per un altro biennio (2016-2017) i coefficienti del D.P.R. 158/1999

con una flessibilità del +/- 50% (scendere al di sotto dei minimi o superare i massimi), potendo

peraltro non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b (parte fissa utenze domestiche). Di

fatto si potrebbe arrivare ad una Tari ibrida, con tariffe utenze domestiche senza il numero dei

componenti (modello Tarsu) e tariffa utenza non domestica con criteri simili alla Tarsu, visto che

non è più necessario individuare coefficienti alternativi al D.P.R. 158/1999, potendo utilizzare quelli

del metodo normalizzato rimaneggiandoli notevolmente in aumento o in ribasso del 50%.

RINVIO DEI FABBISOGNI STANDARD AL 2018

E’ inoltre differito al 2018 (in luogo del 2016) il termine a decorrere dal quale il comune deve

avvalersi, nella determinazione dei costi del servizio, anche delle risultanze dei fabbisogni

standard. A tal fine sono modificati i commi 652 e 653 della legge di stabilità per il 2014 (articolo 1

della legge n. 147 del 2013).

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TARI

LE NOVITÀ DEL COLLEGATO AMBIENTALE (L. 221/2015)

Agevolazioni per attività di prevenzione nella produzione di rifiuti

Il collegato ambientale amplia la platea delle disposizioni agevolative previste dalla disciplina TARI,

aggiungendo altre fattispecie. La prima, invero piuttosto generica, è prevista dall’art. 36 della legge n.

221/2015.

e-bis) attività di prevenzione nella produzione di rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di

rifiuti non prodotti (c. 659 LS 2014) (ESEMPIO- «Brutti ma buoni»

Riduzioni in caso di compostaggio dei rifiuti

Un’altra fattispecie agevolativa prevista dal collegato ambientale riguarda la riduzione tariffaria in caso di

compostaggio dei rifiuti, contenuta negli artt. 37 e 38.

TARI corrispettiva: DM attuativo

Il nuovo comma 667 prevede due novità: 1) la definizione dei criteri per l’attuazione della TARI corrispettiva è

ora demandato a un decreto invece che a un regolamento: non è una differenza di poco conto, considerato

che non sarà più necessario acquisire il parere del Consiglio di Stato (procedura senz’altro più veloce ma al

tempo stesso sfornita del “filtro” di legittimità); 2) il termine per l’adozione del DM viene differito dal giugno

2014 ad una data certamente successiva (“entro un anno”).

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TARI PUNTUALE

SOGGETTO LEGITTIMATO ALL’APPROVAZIONE DELLE TARIFFE

ANCI EMILIA ROMAGNA nota 29/4/2016

Spetta al Comune approvare sia il regolamento di istituzione della tariffa puntuale sia le tariffe di riferimento

Non è invece possibile approvare tariffe d’ambito o di bacino sovracomunali

Anche il piano finanziario deve essere approvato dal singolo ente, anche per dimostrare che le entrate ricavabili dalle tariffe garantiscono la copertura integrale dei costi di riferimento

Peraltro, anche in presenza di un medesimo modello organizzativo per un bacino di più Comuni, come la raccolta porta a porta e la misurazione puntuale, difficilmente si potrà arrivare all’approvazione autonoma di identiche tariffe, in quanto le configurazioni territoriali, quali la distanza delle frazioni o l’ampiezza del centro storico, portano inevitabilmente alla formazione di costi differenziati per singolo Comune

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TARI LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI SPECIALI: IL NUOVO

CRITERIO DELLA “PREVALENZA” 649. Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene

conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. (omissis)

In ordine alle superfici produttive di rifiuti speciali, non assimilati agli urbani, il comma 649 chiarisce che non sono assoggettabili alla Tari le aree dove tali rifiuti si formano “in via continuativa e prevalente”.

In particolare il requisito della prevalenza, diversamente dal “di regola” presente nella Tares-Tarsu, sembrerebbe aprire le porte all’esonero anche in caso di aree con produzione mista di rifiuti speciali e urbani

Tuttavia, si ritiene che l’esonero riguardi solo quelle superfici per le quali il contribuente è in grado di dimostrare l’esclusiva o prevalente produzione di rifiuti speciali non assimilati agli urbani

Per le superfici a produzione promiscua, il c. 649 va infatti raccordato con il c. 682, che rimette al regolamento comunale l’individuazione di percentuali di abbattimento forfetario delle superfici; tali percentuali di riduzione non potranno essere superiori al 50%, poiché in tal caso ci sarebbe una prevalenza di produzione di rifiuti speciali cui dovrebbe conseguire la completa detassazione

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TARI

LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI SPECIALI: L’ONERE DI DIMOSTRARE L’AVVENUTO TRATTAMENTO

649. Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si

tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. (omissis)

Il comma 649 subordina l’esonero dalla TARI all’onere posto in capo

al contribuente di dimostrare l’avvenuto trattamento dei rifiuti speciali in conformità alla legislazione vigente

Obbligo di dichiarazione dei rifiuti speciali, con modalità e

tempistica da specificare con regolamento comunale Bozza regolamento: “A tal fine, a pena di decadenza, il soggetto

passivo dovrà presentare al Comune copia dei formulari di identificazione dei rifiuti entro il 20 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento. In difetto, l’intera superficie sarà assoggettata alla tassa per l’intero anno solare”.

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TARI

LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL RICICLO: RIPRISTINO DELLA RIDUZIONE

649. (omissis) Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 1, del decreto legislativo 2 aprile 2006, n. 152.

La norma costituisce il punto di arrivo di un percorso legislativo tortuoso: LS 2014 comma 649 (riduzione facoltativa) e 661 (detassazione): emerge un

contrasto tra le due disposizioni Ministero Ambiente circ. n 1 del 13/2/2014: prevale il comma 649 D.L. 16/2014: applicabile solo il comma 661 (viene abrogata la parte del c.649) L. 68/2014 (conv. D.L. 16/2014): elimina il comma 661 e modifica il comma 649

reintroducendo la riduzione, non più facoltativa ma obbligatoria, peraltro riferita ai rifiuti avviati al riciclo (non più al recupero)

Sanzioni (gestione non autorizzata): ammenda da 2.500 a 26.000 euro; arresto da tre mesi a due anni, ecc.

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TARI

SUPERFICI CON RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL RICICLO à RIDUZIONE

Prima questione (riduzione per i rifiuti speciali assimilati avviati al “riciclo”)

Si restringe il campo di azione del beneficio, posto che il riciclo è un tipo di recupero finalizzato a realizzare prodotti finiti materiali, quindi viene escluso il recupero per generare energia o combustibili

Attenzione: qualora il contribuente si limiti ad effettuare un contratto di smaltimento con altra ditta diversa dal Comune, ciò non vuol dire che il rifiuto sia stato avviato al recupero

Come tradurre il precetto legislativo in disposizione regolamentare? 1) riduzione fissa del 35% della quota variabile, purché il quantitativo dei rifiuti avviati al riciclo sia almeno il 50% della produzione annua presunta calcolata come prodotto tra il coefficiente KD della categoria tariffaria di appartenenza e la superficie assoggettata al tributo (Anci Emilia Romagna nota del 27/6/2014) 2) riduzione a scaglioni; 20% se riciclo del 30-40%; 30% se riciclo del 41-60%; 40% se riciclo maggiore del 60% 3) riduzione proporzionale ai rifiuti avviati al riciclo su quelli potenzialmente producibili: % riduzione = rifiuti avviati al riciclo / (Kd x mq.) ß

Riduzione da applicare a consuntivo, di regola mediante compensazione alla prima scadenza utile: è possibile subordinare la riduzione ad una comunicazione annuale, da presentare entro un termine stabilito

La mancata regolamentazione comunale non preclude il diritto del contribuente al riconoscimento della riduzione, la quale potrà anche essere determinata dal giudice tributario (Cass. 13/3/2015 n. 5047)

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TARI

LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL RICICLO: I MAGAZZINI DI MATERIE PRIME E DI MERCI

Seconda questione à magazzini da esonerare Deve trattarsi di “magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed

esclusivamente collegati all'esercizio di attività produttive” Primo orientamento il termine “merci” va riferito al materiale necessario (cioè utilizzato o destinato) al

ciclo produttivo e non ai prodotti finiti; ad esempio, in un impresa di ceramica non saranno oggetto di tassazione le aree dei magazzini in cui sono stoccati sia le materie prime (argilla) sia le merci (vernici) necessarie alla produzione del prodotto finito dell’azienda;

sono invece tassabili i magazzini di prodotti finiti e di semilavorati, perché il loro impiego non determina la produzione di rifiuti speciali non assimilabili;

Si veda lo schema di regolamento TARI proposto da Anci Emilia Romagna (circolare del 27/6/2014)

Secondo orientamento Merci utilizzate e/o derivanti dal processo produttivo (quindi sono esonerati anche i

depositi di prodotti finiti) §  Restano esclusi dalla detassazione quelli destinati anche solo parzialmente

al deposito di prodotti o merci non derivanti dal processo produttivo svolto nelle aree di produzione a cui gli stessi sono collegati o destinati alla commercializzazione o alla successiva trasformazione in altro processo produttivo che non comporti la produzione esclusiva di rifiuti non assimilati da parte della medesima attività (bozza regolamento ANUTEL).

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Il rifiuto non più rifiuto

•  Un rifiuto cessa di essere tale, ai sensi dell’art. 184-ter, del d.lgs. n. 152 del 2006, quando è stato sottoposto ad un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

•  a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; •  b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

•  c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

•  d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

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Criteri di assimilazione

•  Nel regolamento per l’applicazione della Tari il comune deve disciplinare i criteri di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. In merito all’assimilazione questa dovrà essere disposta per qualità e quantità, così come costantemente richiesto dalla giurisprudenza di legittimità.

•  Le sostanze assimilabili sono quelle elencate al punto 1.1.1 della Delibera del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984, che tuttora disciplina la materia delle assimilazioni. Al riguardo occorre precisare che l’assimilazione può operare solo attraverso una delibera comunale, così come espressamente previsto dall’art. 198 del d.lgs. n. 152 del 2006, che al comma 2, lett. g), attribuisce alla competenza comunale «l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d)».

•  La mancata emanazione del decreto del Ministero dell’ambiente, che avrebbe dovuto individuare i criteri qualitativi e quali-quantitativi, previsto dall’art. 195, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, fa si che l’unica disciplina a cui oggi è possibile far riferimento sia appunto la deliberazione interministeriale del 27 luglio 1984, emessa in attuazione dell’art. 5 del d.p.r. n. 915 del 1982.

•  Problema assimilazioni disposte in regime Tia dall’Ato provinciale

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I rifiuti ospedalieri •  Un discorso a parte deve essere fatto per i rifiuti delle strutture sanitarie pubbliche per le quali opera un’assimilazione ex lege, ai sensi dell’art. 2, lett. g), del d.p.r. n. 254 del 2003. La disposizione assimila ai rifiuti urbani i seguenti rifiuti prodotti da strutture sanitarie pubbliche e private: •  i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie; •  i rifiuti derivanti dall'attività di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui; •  vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari circuiti di raccolta differenziata, nonché altri rifiuti non pericolosi che per qualità e per quantità siano assimilati agli urbani; •  la spazzatura; •  indumenti e lenzuola monouso e quelli di cui il detentore intende disfarsi; •  i rifiuti provenienti da attività di giardinaggio effettuata nell'àmbito delle strutture sanitarie; •  i gessi ortopedici e le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti infettivi, i pannolini pediatrici e i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine

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Definizione imballaggi •  Art. 218 del D.lgs. N. 152/2006 •  a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a

contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;

•  b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;

•  c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;

•  d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;

•  ;

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Assimilazione imballaggi Art. 221 del 152/2006

4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e) (ovvero nei limiti dell’assimilazione disposta dal comune)

Dalla disposizione riportata se ne potrebbe ricavare la conclusione che anche gli imballaggi terziari possano essere assimilati, tuttavia à

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Criteri di assimilazione •  ART. 226 (Divieti)

•  1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.

•  2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.

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Criteri di assimilazione

Quindi:

A)  imballaggi secondari assimilabili solo se attiva la raccolta differenziata; B)  Imballaggi terziari non assimilabili.

Tali conclusioni trovano conferma, seppur con riferimento all’analoga disciplina contenuta nel decreto Ronchi, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenze n. 5377/2012 e 11500/2012)

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Gli imballaggi terziari

Se non è conferibile al servizio pubblico l'imballaggio terziario nel suo insieme (mentre lo sarebbero certamente i singoli materiali di cui è composto), allora è necessario che il contribuente dimostri compiutamente di averlo avviato al recupero (parimenti) nel suo insieme (cioè nella sua totalità) e senza averne alterato la composizione.

La norma di divieto di conferimento di imballaggi in discarica (art. 226, comma 1, TUA) presenta la distinzione tra imballaggio vero e proprio (non conferibile) e scarto di imballaggio (conferibile): “È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio”.

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Gli imballaggi terziari Tale distinzione è tra l'altro stata recentemente sancita proprio dalla Suprema Corte che con la sentenza Cass. pen. Sez. III, Sent., 5 dicembre 2013, n. 48737 ha chiaramente distinto tra “imballaggio terziario” e “rifiuto di imballaggio”: “La definizione di "imballaggio" è fornita dall'art. 218, comma 1, lett. a). Si intende dunque per imballaggio: "il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dai produttore ai consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonchè gli articoli a perdere usati allo stesso scopo". La successiva lett. f) della medesima disposizione definisce come "rifiuto da imballaggio"; "ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'art. 183, comma 1, lett. a), esclusi i residui della produzione", mentre la lett. g) qualifica "gestione dei rifiuti da imballaggio": "le attività di gestione di cui all'art. 183, comma 1, lett. d)". Vi è pertanto una sostanziale differenza tra gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, avendo i primi una specifica finalità, venuta meno la quale e sussistendo le condizioni di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. a), quando, cioè, il detentore se ne disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsene, rientrano a tutti gli effetti nel novero dei rifiuti oggetto delle attività di gestione descritte nel medesimo art. 183

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TARI

LA BASE IMPONIBILE Si continua a considerare la superficie calpestabile

Ag. Entrate comunicato del 9/11/2015: rende noto la disponibilità delle superfici catastali sulle visure degli immobili a destinazione ordinaria

La metratura che appare nella visura è lorda, cioè comprende anche i muri (vani accessori al 50% + balconi al 30% + area scoperta pertinenziale al 10%, ecc.)

Superficie catastale oggi ininfluente ai fini della quantificazione

della TARI: c. 645 L. 147/13 «superficie calpestabile» L’avviso dell’Agenzia del Entrate non comporta il cambio di criterio dalla

superficie calpestabile a quella catastale Restano ferme le superfici già dichiarate o accertate: nelle banche dati

comunali vi sono quindi contribuenti che pagano in base o alla superficie calpestabile o a quella catastale

Rischio confusione con le due superfici: nelle visure catastali

compaiono la superficie totale e quella «escluse aree scoperte» (terrazze, balconi, ecc. ex provv. 29/3/2013): non si capisce a cosa serve quest’ultima indicazione che è irrilevante ai fini del criterio catastale (basato sul DPR 138/98) e crea confusione

La base imponibile Tari è sempre la superficie calpestabile 133

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TARI

LA RIFORMA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

BOZZA 23/11/2015 Elimina, a partire dal 1° gennaio 2017, il diritto di privativa

comunale del servizio Il produttore che dimostra di aver avviato i rifiuti alla gestione,

mediante attestazione del gestore del servizio, deve pagare la Tari limitatamente alle componenti accessorie effettivamente prestate e contabilmente separate

Pertanto ognuno potrebbe portare i rifiuti ad altri soggetti (magari continuando a gettare buona parte nel cassonetto del gestore pubblico)

VERSIONE DEFINITIVA (bollinata): marcia indietro Scompare l’eliminazione della privativa comunale dal 2017 Viene demandata all’ARERA (Autorità di regolazione per energia,

reti e ambiente) la predisposizione del nuovo metodo tariffario, il parere per l’adozione del DM sui criteri di assimilazione dei rifiuti, ecc.

Rischio di un’ulteriore confusione sulle competenze: Comuni, ATO, Regioni, Stato e ora anche Autorità (ARERA)

Sembra che la riforma sui servizi pubblici locali decreti il fallimento delle ATO regionali

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Abolizione dell’imposta municipale secondaria

Il comma 25 della legge n. 208 del 2015 abroga l’art. 11 del D.lgs. n. 23 del 2011, norma questa, che dopo numerose proroghe prevedeva nel 2016 l’istituzione dell’imposta municipale secondaria, destinata a sostituire la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari.

Con l’abrogazione anche di questo articolo il D.lgs. n. 23 del 2011, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, può considerarsi un completo fallimento, visto che ormai del testo originario è rimasto ben poco.

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Questioni varie

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TARIFFE ICP

Il comma 739 reca una norma di interpretazione autentica relativamente all’abrogazione della facoltà dei comuni di aumentare le tariffe dell’imposta comunale sulla pubblicità (operata dall’articolo 23, comma 7, del d.l. 83/2012). La norma chiarisce che tale abrogazione non ha effetto per i comuni che si fossero già avvalsi di tale facoltà prima dell’entrata in vigore della medesima norma abrogativa. L’intervento si è reso necessario per via del cospicuo contenzioso sorto tra comuni e imprese di pubblicità: queste sostengono che dopo il d.l. 83/2012, cioè con il blocco degli aumenti, gli enti locali dovrebbero ripristinare le tariffe originarie. Orientamento favorevole alle imprese = Cons. Stato sentenza n. 6201 del 22/12/2014 ß precedente pericoloso per i Comuni Orientamento favorevole ai Comuni = CGARS parere n. 368 del 17/4/2015; TAR Veneto sentenza n. 1001 del 7/10/2015 Questione definitivamente risolta con la norma interpretativa (efficacia retroattiva)

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Il CONTRIBUTO DI SBARCO

Art. 33 L. 221/2015 (collegato ambientale)

La nuova disciplina prevede che l’imposta di sbarco, rinominata “contributo di sbarco”, abbia un ammontare massimo di euro 2,50 (dunque 1 euro in più rispetto alla vigente imposta) e possa essere elevata dai comuni fino a 5 euro per determinati periodi dell’anno nonché per l’accesso a zone vulcaniche (subito ribattezzata “la tassa sui vulcani”)

La riscossione del prelievo, attualmente limitata alle sole compagnie di navigazione di linea, viene ora estesa ai vettori privati eliminando così l’irrazionalità che ha indotto il Consiglio di Stato (con ordinanze n. 4335 e 4336 del 16/9/2015) a sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma originaria. Per quanto riguarda l’accesso alle zone vulcaniche, la riscossione del contributo viene invece demandata alle guide vulcanologiche e ad altri soggetti individuati dal Comune.

Problema LS 2016 (blocco dei tributi): un eventuale aumento del contributo, deliberato nel

2016 sulla base della nuova disciplina, risulterebbe “sospeso” per l’intera annualità in virtù del comma 26 della legge di stabilità

Non è tra l’altro possibile aggirare il blocco degli aumenti ritenendo che il nuovo “contributo” di sbarco sia un’entrata di natura extratributaria.

Pertanto, in assenza di provvedimenti correttivi, la nuova disciplina risulta di fatto

inapplicabile per il 2016, quantomeno dal punto di vista degli aumenti 138

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IMPOSTA DI SOGGIORNO

Art. 4 d.lgs. 23/2011 Può essere istituita dai comuni capoluogo di provincia, dalle unioni di comuni nonché dai comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche E’ alternativa all’imposta di sbarco (ora contributo di sbarco) Soggetti passivi: coloro che alloggiano nelle strutture ricettive Tributo da applicare sino a 5 euro a notte Prevista l’adozione di un regolamento statale attuativo: in assenza i comuni possono comunque provvedere con proprio regolamento Ad agosto 2015, sono 735 i comuni italiani che hanno introdotto l'imposta di soggiorno o l’imposta di sbarco Questioni problematiche: il gestore della struttura ricettiva funge da sostituto d’imposta (senza alcuna previsione normativa), non è prevista una vacatio tra l’adozione del regolamento e l’entrata in vigore dello stesso (possibilità di applicazione immediata del tributo), non sono previste sanzioni ß questioni non risolte neppure dalla legge 44/12 (che ha invece introdotto l’imposta di sbarco per le isole minori); Si è formato un cospicuo contenzioso, dall’esito prevalentemente favorevole ai comuni: 1) i gestori non sono sostituti d’imposta ma si limitano semplicemente a riversare al comune quanto riscosso dai clienti (si tratta di obblighi strumentali); 2) il gestore dell’albergo è estraneo al rapporto tributario, che si instaura tra cliente e comune (che può sanzionare ex art. 7-bis Tuel, da 25 a 500 euro); 3) «sui criteri di gradualità in proporzione al prezzo» (previsti dalla norma) è stata affermata la legittimità degli importi scaglionati in base alla categoria della struttura (stelle)

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IMPOSTA DI SOGGIORNO

RECENTI ORIENTAMENTI

Spese di promozione soggette a vincoli: le spese di promozione del territorio, ancorché finanziate dagli introiti dell’imposta di soggiorno, ove rientrino nella categoria delle spese per convegni, ecc., non possono essere escluse dai vincoli di cui alla L. 122/2010 (Corte Conti Emilia Romagna n. 228 del 17/12/2014)

Enti in dissesto con aliquote massime anche per l’imposta di soggiorno: la regola vale per tutti i tributi, anche per l’imposta di soggiorno (Corte Conti Toscana, n. 28 del 31/3/2015)

Imposta di soggiorno e vincolo di destinazione: è possibile finanziare la promozione della ricettività locale o di sportelli per il turismo, mentre la pubblicità e i convegni sono soggetti ai limiti di spesa ex L. 122/2010 (Corte Conti Puglia n. 210 del 15/10/2015)

Non è possibile finanziare convegni e pubbliche relazioni: il vincolo di destinazione dell’entrata è limitato agli interventi in materia di turismo ed agli interventi di manutenzione (Corte Conti Piemonte n. 171 del 2/12/2015)

Non è possibile istituire l’imposta di soggiorno nel 2016: il blocco 2016 si applica a tutte le forme di variazione in aumento, sia incremento di aliquote che istituzione; è irrilevante il fatto che il soggetto passivo non sia residente nel Comune (Corte Conti Abruzzo n. 35 del 9/2/2016)

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BARATTO AMMINISTRATIVO

Art. 24 D.L. 133/2014 (conv. L. 164/2014): i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi a fronte di interventi per la riqualificazione del territorio, da parte di cittadini o associazioni strumento che consente ai cittadini che non riescono a far fronte al pagamento dei tributi comunali di ottenere sconti prestando ore di lavoro in favore della comunità. IFEL nota 16/10/2015 sottolinea che non è possibile prevedere riduzioni o esenzioni anche con riferimento ad eventuali debiti tributari del contribuente, se si considera il principio di indisponibilità e di irrinunciabilità al credito tributario cui soggiacciono tutte le entrate tributarie comunali. IFEL nota 22/10/2015 rivede la posizione del 16/10 consentendo la regolazione di debiti tributari pregressi (si è diffusa la prassi di individuare nelle morosità pregresse, specie se incolpevoli, l’oggetto principale del baratto amministrativo). Corte dei Conti Emilia Romagna n. 27 del 23/3/2016: non è possibile introdurre il baratto amministrativo con una semplice delibera di Giunta; non è possibile utilizzare l’istituto per i debiti pregressi dei contribuenti; la CC Emilia Romagna delinea quindi un modello di baratto amministrativo disatteso da molti Comuni Art. 190 D.Lgs. 50/2016: estende la disciplina a tutti gli “enti territoriali” (prima limitata ai soli “comuni”) e l’area di intervento alle iniziative culturali di vario genere finalizzate a valorizzare le aree pubbliche; resta ferma invece l’adozione dell’istituto con apposita “delibera” e quindi anche l’interpretazione della CConti Emilia circa la necessità di utilizzare il canale regolamentare; non viene tuttavia abrogato l’art. 24, quindi restano in piedi due discipline

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LA NOTIFICA

RACCOMANDATA A.R. EFFETTUATA DA AGENZIE PRIVATE L’orientamento che emerge dalle recenti pronunce dei giudici tributari di merito è riferito ad un quadro normativo non più attuale, in quanto oggetto di modifiche di rilievo ad opera del d.lgs. n. 58/2011, che ha modificato il d.lgs. 261/99 il quale individuava Poste italiane nel “fornitore del servizio universale”. La nuova versione dell’art. 4 del d.lgs. 261/99 (in vigore dal 30/4/2011) attribuisce alla raccomandata recapitata dal licenziatario (soggetto privato in possesso di regolare licenza rilasciata dal Ministero dello sviluppo Economico) lo stesso valore legale di quella recapitata da Poste Italiane. Il licenziatario non può invece effettuare la raccomandata “per atti giudiziari” (colore verde) poiché sottoposta al particolare regime fissato dalla legge n. 890/1982. Sul punto va evidenziato che attualmente sono affidati al servizio di Poste italiane gli invii raccomandati che siano attinenti alle notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. n. 890/1982. Pertanto solo la notifica ai sensi della L. n. 890/1982 è riservata in via esclusiva al fornitore del servizio universale (Poste italiane).

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LA NOTIFICA

RACCOMANDATA A.R. EFFETTUATA DA AGENZIE PRIVATE FAQ pubblicate sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico: VALORE LEGALE DELLA RACCOMANDATA - La raccomandata recapitata da un licenziatario ha lo stesso valore legale di quella consegnata da Poste Italiane. E’ da sottolineare infine che, nell’ottica di un progressivo restringimento della riserva dei servizi postali al fornitore universale, l’art. 25 del DDL concorrenza (“Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, AC 2013, AS 2085, approvato dalla Camera il 7/10/2015 ed ora all’esame del Senato) prevede addirittura l’abrogazione dell’art. 4 del D.Lgs. n. 261/1991 a far data dal 10 giugno 2017, con definitiva e piena equiparazione dei servizi resi da tutti i fornitori dei servizi postali. Da tale data le agenzie private potranno notificare anche gli atti giudiziari e le violazioni al codice della strada. CTP Benevento n. 146/2015: il dlgs 58/2011 ha completato il processo di liberalizzazione del mercato postale con l’abolizione della riserva affidata Poste Italiane; per cui le poste private sono autorizzate alla notifica di atti amministrativi (ivi compresa la notifica di un accertamento Ici: cfr. CTR Campania n. 4417/2015)

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LA NOTIFICA

TRAMITE POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA (PEC)

E’ prevista dall’art. 149-bis c.p.c.: “Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.“

Agente notificatore trasmette copia informatica dell'atto sottoscritta con firma digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle PA

Relata predisposta dal messo e firmata con firma digitale

CTP Milano n. 6087/2014: inesistente la notifica dell’avviso di accertamento a mezzo PEC (non condivisibile)

CTP Matera n. 447/2015: SI all’avviso ICI notificato a mezzo PEC

Equitalia spedisce l’atto direttamente a mezzo PEC (art. 26 DPR 602/73)

Equitalia dal 1° giugno 2016 sarà obbligata a notificare le cartelle di pagamento a mezzo PEC ad imprese e a professionisti

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La riforma del sistema

sanzionatorio (D. Lgs. 24 settembre 2015 n. 158 - Revisione sistema

sanzionatorio)

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Le nuove sanzioni (decorrono dal 1/1/2016 - c. 133 legge n.

208/2015) • Sanzioni applicabili in sede di accertamento

• Sanzioni per omesso versamento (art. 13, D.lgs. n. 471/1997) • 30% per omessi, parziali versamenti

• 30% per tardivi versamenti oltre i 90 giorni scadenza

• 15% per tardivi versamenti entro i 90 giorni dalla scadenza

• 1% per ogni giorno di ritardo per versamenti effettuati entro 15 giorni dalla scadenza

• Sanzioni per infedele dichiarazione: min. 50% max 100%, minimo 50 euro

• Sanzioni per omessa dichiarazione: min. 100% max 100%, minimo 50 euro • New - Sanzione per tardiva dichiarazione non oltre i 30 giorni: sanzione ridotta a metà- min 50% max 100%

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Il nuovo ravvedimento (decorrono dal 1/1/2016 - c. 133 legge n.

208/2015)

Fattispecie dell’omesso versamento, con dichiarazione regolare

omesso o parziale versamento dell’imposta, sanato con il versamento entro 15 giorni dalla scadenza naturale dell’imposta dovuta, con la sanzione del 0,1% (1/10) (prima era 0,2%) per ogni giorno di ritardo e con l’applicazione degli interessi legali previsti per legge; «Sprint» (lett. a)

omesso o parziale versamento dell’imposta dovuta, sanato con il versamento dal 16° al 30° giorno dalla scadenza naturale dell’imposta dovuta, con la sanzione del 1,5% (1/10) e con l’applicazione degli interessi legali previsti per legge; (prima era del 3%) «Breve» (lett. a)

omesso o parziale versamento dell’imposta dovuta, sanato con il versamento dal 31° al 90° giorno dalla scadenza naturale dell’imposta dovuta, con la sanzione del 1,67% (1/9) e con l’applicazione degli interessi legali previsti per legge; (prima era del 3,33%) «Intermedio» (lett. a-bis)

omesso parziale versamento dell’imposta dovuta, in presenza di dichiarazione corretta, sanato con il versamento oltre il 90° giorno, ma entro un anno dalla scadenza naturale dell’imposta dovuta, con la sanzione del 3,75% (1/8) e con l’applicazione degli interessi legali previsti per legge; «Lungo» (lett. b)

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Il nuovo ravvedimento (decorrono dal 1/1/2016 - c. 133 legge n. 208/2015)

Fattispecie dell’omessa dichiarazione, con o senza omessi versamenti

omessa dichiarazione e omesso versamento sanati entro 90 giorni dal termine previsto per

la presentazione della dichiarazione relativa all’anno di omissione del versamento, con il versamento dell’imposta dovuta, delle sanzioni al 10% (1/10) e degli interessi legali; (lett. c)

omessa dichiarazione e omesso versamento sanati entro 30 giorni dal termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno di omissione del versamento, con il versamento dell’imposta dovuta, delle sanzioni al 5% (1/10 della sanzione ridotta al 50% ex nuovo art. 7, c. 4bis del D.lgs. n. 472/97) e degli interessi legali; (lett. c)

omessa dichiarazione, in presenza di versamenti regolarmente effettuati, sanata entro 90

giorni dal termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno di riferimento della dichiarazione, con il versamento del 10% da calcolarsi sull’importo minino della sanzione, ovvero 5 euro. (lett. c)

omessa dichiarazione, in presenza di versamenti regolarmente effettuati, sanata entro 30 giorni dal termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno di riferimento della dichiarazione, con il versamento del 10% da calcolarsi sull’importo ridotto della sanzione (50 euro ridotto a metà e diviso 10 = 2,5 euro. (lett. c)

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Il nuovo ravvedimento (decorrono dal 1/1/2016 - c. 133 legge n. 208/2015)

Fattispecie dell’infedele dichiarazione

Infedele dichiarazione sanata entro 90 giorni dal termine previsto per la presentazione della dichiarazione cui si riferisce l’errore, con il versamento della sanzione del 5,6% (1/9) e degli interessi legali; (lett. a-bis)

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Obbligo di aumento per recidiva Art 16 D Lgs 158/2015: Modifiche al D Lgs 472/1997

Art. 7. Criteri di determinazione della sanzione • 1. Nella determinazione della sanzione si ha riguardo alla gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell'agente, all'opera da lui svolta per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze, nonché alla sua personalità e alle condizioni economiche e sociali. • 2. La personalità del trasgressore è desunta anche dai suoi precedenti fiscali. • 3. Salvo quanto previsto al comma 4, la sanzione è aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole non definita ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 o in dipendenza di adesione all'accertamento di mediazione e di conciliazione. Sono considerate della stessa indole le violazioni delle stesse disposizioni e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le modalità dell'azione, presentano profili di sostanziale identità . • 4. Qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l'entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo. • 4-bis. Salvo quanto diversamente disposto da singole leggi di riferimento, in caso di presentazione di una dichiarazione o di una denuncia entro trenta giorni dalla scadenza del relativo termine, la sanzione è ridotta della metà modifiche • 1) nel comma 3, le parole: “La sanzione può essere” sono sostituite dalle seguenti: “Salvo quanto previsto al comma 4, la sanzione è” e dopo le parole: “all'accertamento” sono inserite le seguenti: “di mediazione e di conciliazione”; • 2) nel comma 4, la parola: “eccezionali” è soppressa; • 3) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: “4-bis. Salvo quanto diversamente disposto da singole leggi di riferimento, in caso di presentazione di una dichiarazione o di una denuncia entro trenta giorni dalla scadenza del relativo termine, la sanzione è ridotta della metà.”;

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Relazione illustrativa

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Compensazione obbligatoria opera tra rimborsi dovuti ai contribuenti per tributi (qualsiasi) e accertamenti a carico dei contribuenti (qualsiasi)--- attenzione agli obbligati in solido Tari

• Art. 23. Sospensione dei rimborsi e compensazione • 1. Nei casi in cui l'autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantano un credito nei confronti dell'amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all'atto o alla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo. • 2. In presenza di provvedimento definitivo, l'ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito. 3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, che devono essere notificati all'autore della violazione e ai soggetti obbligati in solido, sono impugnabili avanti alla commissione tributaria, che può disporne la sospensione ai sensi dell‘art. 47 del d.lgs. 546/1992. • 4. Se non sussiste giurisdizione delle commissioni tributarie, è ammessa azione avanti al tribunale, cui è rimesso il potere di sospensione • Modifiche: all‘art. 23, comma 1, le parole: “, ancorché non definitivo” sono sostituite dalle seguenti: “o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi”; inoltre le parole: “della somma risultante dall'atto o dalla” sono sostituite dalle seguenti: “di tutti gli importi dovuti in base all'atto o alla”

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Il d.lgs. 159/2015, in vigore dal 22/10/2015

• Art. 11. Autotutela • All'articolo 2-quater del Dl n. 564/1994 … sono apportate le seguenti modificazioni: • a) dopo il comma 1-quinquies sono aggiunti i seguenti: • “1-sexies. Nei casi di annullamento o revoca parziali dell'atto il contribuente può avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l'atto oggetto di annullamento o revoca alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell'atto purché rinunci al ricorso. In tale ultimo caso le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute (nota: evita estinzione giudizio). • 1-septies. Le disposizioni del comma 1-sexies non si applicano alla definizione agevolata prevista dall'articolo 17. co 2, del Dlgs. n. 472/1997. • 1-octies. L'annullamento o la revoca parziali non sono impugnabili autonomamente.”. (nota: risolve annosa questione)

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…D. Lgs. 24 sett. 2015 n. 159- Riscossione – accertamento con adesione…

Art.2 c. 2: accertamento con adesione: sostituzione art. 8 D Lgs 218/97 > in vigore 22 ott '15 – non si applica atti di adesione, acquiescenza, conciliazioni giudiziali e mediazioni tributarie già perfezionati a quella data< → versamento somme oggetto di acc. con adesione entro 20 gg da redazione 'accordo' → ammessa rateizzazione: 8 rate trimestrali pari importo/16 rate oltre 50.000 €; pagamento 1^ rata entro 20 gg.

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…D. Lgs. 24 sett. 2015 n. 159- Riscossione – accertamento con adesione…

...art. 8 D Lgs 218/97: → rate successive entro ultimo giorno di ciascun trimestre, con interessi dal termine versamento prima rata → quietanza versamento intero importo o prima rata entro 10 gg all'ufficio che consegna atto di acc con adesione → versamento con F24 salve altre modalità ammesse

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...D. Lgs. 24 sett. 2015 n. 159- Riscossione - accertamento con adesione…

Art.3 c. 2 Acc con adesione – mancato pagamento rate diverse dalla prima entro termine pagamento rata successiva ( rif. Art. 8 D lgs 218/97): → decadenza beneficio rateizzazione → iscrizione a ruolo importi residui da pagare → sanzione (ulteriore) 30% -aumentata della metà- relativa all'imposta residua da pagare Art.3 c. 3* Esclusa la decadenza per lieve inadempimento dovuto a: → insuff versamento per frazione non sup 3% e, in ogni caso, non sup 10.000€ → tardivo versamento 1^ rata non sup. 7 gg

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...D. Lgs. 24 sett. 2015 n. 159- Riscossione-accertamento con adesione

Art.3 c.5* : Iscrizione a ruolo con sanzione mitigata ('solo' il 30% senza maggiorazione) nelle ipotesi di inadempimento lieve Art.3 c. 6*: Ammesso ravvedimento: → con pagamento singola rata entro termine rata successiva → oppure, in caso di ultima rata o versamento unico, entro 90 gg dalla scadenza (*)norme applicabili ai pagamenti oggetto di controllo Ag Entrate, ma anche all'accertamento con adesione e dunque di interesse anche per i ns tributi, in relazione alla disciplina specifica prevista per l'istituto

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LA RIFORMA DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO

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La legge delega L’art. 10 della legge 11 marzo 2014, n. 23 (“Delega al Governo recante

disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”) ha delegato il Governo ad introdurre con decreti legislativi norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, assicurando la terzietà dell'organo giudicante.

La legge delega una serie di principi e criteri direttivi, solo in parte attuati. Molti interventi sono di mero restyling, necessari anche per recepire dichiarazioni di incostituzionalità (come quella sulla cosap) e principi di diritto ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità (es. 295 cpc).

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Entrata in vigore

Le nuove disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2016, ad eccezione di alcune disposizioni la cui entrata in vigore è regolata dall’art. 12 del decreto legislativo. In particolare:

•  le disposizione contenute nell’art. 9, comma 1, lettere ee), gg) e hh), relative all’esecuzione delle sentenze, entrano in vigore il 1° giugno 2016; • le disposizioni relative all’elenco dei soggetti abilitati alla difesa tecnica non iscritti in albi professionali, di cui al novellato art. 12 del D.lgs. n. 546 del 1992 e quelle relative al contenuto, durata e termine di escussione della garanzia prevista nel caso di esecuzione delle sentenze di condanna a favore del contribuente, entrano in vigore alla data di approvazione dei decreti ministeriali ivi previsti, con l’ulteriore precisazione che nelle more della loro approvazione restano applicabili le disposizioni previgenti; • le disposizioni recate dal nuovo art. 16-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, si applicano con decorrenza e modalità stabilite nei decreti di attuazione del processo telematico; • l’art. 12, comma 5 del D.lgs. n. 156 del 2015 prevede, infine, che a decorrere dall’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (ovvero, il 7 ottobre 2015), i procedimenti pendenti al 1° gennaio 2015 dinanzi la cessata Commissione tributaria centrale proseguono innanzi la Commissione regionale del Lazio.

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Reclamo/mediazione

L’art. 17-bis del D.lgs. n. 546 del 1992 è completamente riscritto, ampliando gli atti soggetti a reclamo. La relazione illustrativa chiarisce che la ratio risiede nel principio di economicità dell’azione amministrativa diretta a produrre effetti deflattivi del contenzioso tributario, considerando che il 90% degli atti emessi dagli enti locali è d’importo inferiore ai 20 mila euro e tendendo conto che l’esperienza passata dell’Agenzia delle entrate evidenzia un’alta percentuale di definizione.

Qualche dubbio!

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Reclamo/mediazione

• Il comma 1 prevede, per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, che “il ricorso produce gli effetti di un reclamo” e può contenere anche una proposta di mediazione con rideterminazione della pretesa impositiva.

•  La norma non pone più, come in passato, limitazioni con riferimento al soggetto che ha emesso l’atto, pertanto sono reclamabili tutti gli atti emessi dagli enti impositori, compresi quelle degli enti locali, dell’agente della riscossione e dei concessionari iscritti all’albo di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997.

• Altra importante novità riguarda la possibilità di proporre reclamo anche avverso gli atti catastali, che essendo di valore indeterminabile erano in precedenza esclusi dalla mediazione.

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Reclamo/mediazione

Per quanto riguarda il valore della controversia, questa si calcola secondo i criteri dettati dall’art. 12 del D.lgs. n. 546 del 1992, ovvero considerando la sola imposta, al netto di sanzioni ed interessi. Negli atti di irrogazione della sole sanzioni, il valore e dato dall’ammontare di queste.

Nel caso di reclamo cumulativo avvero più atti di accertamento, il valore va calcolato con riferimento ad ogni singolo atto e non alla sommatoria delle imposte di tutti gli atti.

Stesso discorso nel caso del ricorso collettivo avverso più atti notificati a soggetti diversi.

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Reclamo/mediazione

Per i Comuni si tratta di un’importante novità, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2016, ma di cui se ne dovrà tener conto già con gli atti notificati a novembre, posto che la norma fa riferimento ai ricorsi presentati a decorrere dal 1° gennaio 2016, ma considerando i giorni festivi, la prima data utile risulta essere il 4 gennaio, data ultima per la presentazione dei ricorsi relativi agli atti di accertamento notificati (ricevuti) dal contribuente il 5 novembre 2015.

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Reclamo/mediazione

• Pertanto, si reputa opportuno modificare fin sa subito le informazioni relative alla proposizione del ricorso contenute negli atti di accertamento comunali, con l’ulteriore precisazione che il mancato aggiornamento degli atti di accertamento, da un lato non influisce sulla possibilità di proporre reclamo, e dall’altro lato non concretizza alcun vizio di nullità dell’atto.

• Peraltro, l’unico effetto che deriva dall’inosservanza delle nuove disposizioni, sia da parte del Comune che da parte del contribuente, è, come si vedrà, l’improcedibilità del ricorso. Stesso discorso per gli altri atti emessi dal Comune che sono oggetti d’impugnazione innanzi le commissioni tributarie, come i provvedimenti espressi di diniego al rimborso.

• In generale, quindi, va rimarcato che oggetto di mediazione è qualsiasi atto emesso o non emesso (come il diniego tacito alla richiesta di rimborso) che sia autonomamente impugnabile. Così, ad esempio, a nulla rileva che per un atto di accertamento comunale sia stata già presentata un’istanza di accertamento con adesione, non andata a buon fine.

• Va anche precisato che il nuovo istituto non necessita di essere recepito in un regolamento comunale, operando ex lege.

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Reclamo/mediazione • Il reclamo non è atto diverso dal ricorso, ma è il ricorso stesso che assume valore di reclamo e ciò lo si desume espressamente dal comma 1, ma anche dal successivo comma 3 il quale prevede che scaduti i termini concessi per addivenire ad un accordo nella fase pre-processuale, il ricorrente deve costituirsi in giudizio entro 30 giorni, depositando il ricorso/reclamo presso la segreteria della commissione adita. •  Ciò implica, che il deposito di un ricorso diverso da quello presentato nella fase pre-processuale della mediazione è da ritenersi inammissibile, stante il divieto generale di integrazione dei motivi del ricorso, possibile solo alle condizioni e con le formalità previste dall’art. 24 del D.lgs. n. 546 del 1992, che ne ammette l’integrazione solo se questi sono conseguenti al deposito di documenti non conosciuti ad opera delle parti o per ordine della commissione, con l’ulteriore precisazione che l’integrazione avviene con le stesse formalità della presentazione del ricorso, e quindi con notifica all’ente impositore.

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Reclamo/mediazione Ulteriore effetto della coincidenza del ricorso con l’atto di reclamo è che questo soggiace a tutte i requisiti previsti per la presentazione del ricorso e quindi, ad esempio, per le controversie di importo superiore a 3 mila euro deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione dell’incarico ricevuto, ai sensi dell’art. 18 del D.lgs. n. 546 del 1992. Ulteriore conseguenza è che al ricorso/reclamo presentato al Comune devono essere allegati tutti gli atti che successivamente, in caso di mancato accordo, devono essere depositati in commissione tributarie, ai sensi dell’art. 22 del D.lgs. n. 546 del 1992, ovvero copia dell’atto impugnato e dei documenti che si intende produrre in giudizio. Ovviamente, al Comune possono essere non depositati tanto l’atto impugnato quanto gli altri atti già in possesso del Comune stesso. Infine, il ricorso/reclamo deve essere notificato nei modi previsti dall’art. 20 del D.lgs. n. 546 del 1992.

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Reclamo/mediazione

• Il ricorso/reclamo “può” contenere una proposta di mediazione formulata dal contribuente con la quale si propone una rideterminazione della pretesa impositiva.

• Si tratta, quindi, di una facoltà e non di un obbligo. • La normativa non pone limiti specifici, e quindi è potenzialmente soggetto a mediazione qualsiasi atto emesso dal Comune, compreso l’atto di irrogazione delle sole sanzioni, il diniego al rimborso, ma anche un atto di contestazione di un omesso o parziale versamento. In altri termini, la norma non richiede, come nel caso dell’accertamento con adesione, l’esistenza di una materia concordabile, stante la finalità deflattiva dell’istituto.

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Reclamo/mediazione

• Il comma 2 del nuovo art. 17-bis del D.lgs. n. 546 del 1992 prevede che il ricorso è “improcedibile” fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica del ricorso/reclamo. La norma quindi individua un arco temporale entro il quale deve concludersi la fase pre-processuale. Tale termine non è comprimibile né da un rigetto espresso del Comune né, ovviamente, dal deposito del ricorso presso la commissione tributaria. La norma precisa, inoltre, che a tale termine, anche se non processuale, si applica il periodo di sospensione feriale, previsto per il periodo 1-31 agosto.

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Reclamo/mediazione

Il comma 3 conferma l’identità tra ricorso e reclamo, prevedendo che il termine di 30 giorni previsto, a pena di inammissibilità, dall’art. 22 del D.lgs. n. 546 del 1992 per il deposito nella segreteria della commissione tributaria adita del ricorso decorre dalla data di scadenza del periodo di 90 giorni. Se il deposito avviene prima del decorso di tale termine, il ricorso è improcedibile e la commissione deve rinviare la trattazione della causa per consentire l’esame, sempre nel periodo di 90 giorni, del reclamo.

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Reclamo/mediazione • Il comma 4 prevede che le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli provvedono all’esame del reclamo e della proposta di mediazione mediante apposite strutture autonome da quelle che hanno curato l’istruttoria degli anti reclamabili. • La norma, opportunamente, prevede che per gli altri enti impositori la previsione si applica “compatibilmente con la propria struttura organizzativa”. • Nella relazione illustrativa si precisa che la scelta di rimettere all’organizzazione interna di ciascun ente l’individuazione della struttura deputata all’esame della trattazione dei reclami è coerente con l’autonomia gestionale ed organizzativa tipica degli enti locali, evitando di imporre vincoli per molti enti impossibili da rispettare, anche a causa delle ridotte dimensioni della maggior parte dei Comuni. • Circolare A.E. N.38 del 29/12/2015 <<L’opzione di istituire un soggetto “terzo” deputato all’istruttoria, come previsto per la mediazione civile, è stata esclusa dal legislatore atteso che – come si legge nella relazione illustrativa – in campo tributario l’istituto del reclamo/mediazione si configura maggiormente come espressione dell’esercizio di un potere di autotutela nonché più adeguata determinazione dell’ente impositore, che va stimolato ed incoraggiato, allo scopo di indurre ogni Amministrazione a rivedere i propri errori prima dell’intervento del giudice><

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Reclamo/mediazione

Peraltro, va anche evidenziato, per coerenza sistematica delle norme applicabili, che la decisione finale, indipendentemente dall’individuazione di apposita struttura deputata all’esame del reclamo, non può che comunque essere attribuita alla funzionario responsabile d’imposta, visto che a tale soggetto la normativa impone, quantomeno in tema di IUC, la rappresentanza in giudizio dell’ente.

Conseguentemente, nel caso in cui l’ente non individui un’apposita struttura, si ritiene che non sia necessaria l’adozione di atti che attribuiscano la competenza in capo al funzionario responsabile.

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Reclamo/mediazione

• Il comma 5 precisa che l’organo destinatario se non intende accogliere il reclamo o la proposta di mediazione, può formula una propria proposta, avendo riguardo:

• all’eventuale incertezza delle questioni controverse;

• al grado di sostenibilità della pretesa;

• al principio di economicità dell’azione amministrativa. • Questi tre criteri devono orientare la scelta dell’ente, ed in qualche modo rappresentano il contenuto minimo della motivazione con riferimento all’accoglimento della proposta del contribuente, al suo rigetto oppure alla formulazione di una controproposta.

• Sulla portata dei tre criteri possono essere richiamati gli indirizzi forniti dall’Agenzia delle entrate nella circolare 19 marzo 2012, n. 9/E.

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Reclamo/mediazione

• La valutazione dell’incertezza delle questioni controverse va effettuata tendo conto di un’eventuale consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, anche

considerando che l’art. 360-bis del c.p.c. sanziona con l’inammissibilità il ricorso avverso sentenze che hanno deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ed il ricorso non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa. Ovviamente, in presenza di giurisprudenza di legittimità contrastante, l’incertezza delle questioni controverse non si concretizza appieno ed occorrerà fare riferimento agli altri due criteri individuati dalla legge.

• In subordine, in assenza di giurisprudenza di legittimità si potrà fare riferimento alla giurisprudenza delle commissioni tributarie, anche se è raro trovare orientamenti consolidati.

• A differenza degli reclami proposti avverso atti dell’Agenzia delle entrate, si ritiene, nell’ambito dei tributi comunali, del tutto ininfluente la presenza di documenti di prassi amministrativa che abbiamo fornito indicazioni opposte a quelle assunte dall’ente nell’emissione degli atti, stante la loro non vincolatività per gli enti locali

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Reclamo/mediazione

La valutazione del grado di sostenibilità della pretesa va ricondotta alla capacità dell’ente di provare e documentare la propria pretesa, anche considerando l’orientamento giurisprudenziale formatosi sul tema controverso.

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Reclamo/mediazione

• La valutazione del principio di economicità dell’azione amministrativa va effettuata tenendo conto che in generale l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 dispone che «L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario». • L’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 9/E del 2012, precisa che il principio di economicità va inteso non solo come necessità di ottimizzare l’uso delle risorse economiche ma anche come ottimizzazione dei procedimenti e quindi come impegno a non gravare il procedimento amministrativo di oneri inutili e dispendiosi, cercando di realizzare una rapida ed efficiente conclusione della propria attività amministrativa, nel rispetto degli agli principi di legalità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza. • Occorre precisare però che tale criterio non intacca minimamente il principio della indisponibilità della pretesa tributaria, giacché un suo utilizzo finalizzato solo ad evitare il contenzioso violerebbe apertamente gli altri principi cui si deve uniformare l’attività amministrativa, primi tra tutti quello della legalità e della imparzialità. • Il principio dell’economicità non può rappresentare quindi l’unico elemento su cui si basa la decisione dell’ente locale, salvo casi del tutto eccezionali.

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Reclamo/mediazione

• La normativa non impone all’ente locale di formalizzare il proprio diniego al reclamo o alla mediazione, pertanto, nel silenzio dell’ente locale, trascorsi i 90 giorni di legge, il contribuente è tenuto ad depositare, nei 30 giorni successivi, il ricorso presso la commissione tributaria.

• Tuttavia, considerando che l’art. 15, comma 2-septies del D.lgs. n. 546 del 1992, prevede, con finalità deflattiva, che nelle controversie reclamabili le spese di giudizio di cui siano maggiorate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento, si reputa opportuno formulare un diniego sempre espresso ed adeguatamente motivato, oltre che, se necessario, invitare il contribuente al contradditorio, all’esito del quale può redarsi apposito verbale sottoscritto anche dal contribuente o dal proprio difensore

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Reclamo/mediazione

• Va anche precisato, sotto il profilo dell’eventuale danno erariale che può derivare dall’accoglimento del reclamo o della proposta di mediazione, che l’art. 39, comma 10 del Dl n. 98 del 2011, dispone che ai rappresentati dell’ente che concludo la mediazione o accolgono il reclamo si applicano le disposizioni di cui all’art. 29, comma 7 del Dl n. 78 del 2010, il quale dispone che con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate ai fini della definizione del contesto mediante gli istituti previsti, per quel che qui interessa, dal D.lgs. n. 218 del 1997, dell’art. 48 del D.lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 16 e 17 del D.lgs. n. 472 del 1997, la responsabilità di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994 (1) è limitata alle ipotesi di dolo. In altri termini, in base alla normativa richiamata la responsabilità del funzionario responsabile in sede di giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica, con esclusivo riferimento alle valutazioni di diritto e di fatto operate in sede di reclamo e mediazione, è limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo. • (1) La norma dispone che «La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi».

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Reclamo/mediazione

Il comma 6 disciplina l’esecuzione dell’accordo tra Comune e contribuente. La mediazione si perfeziona con il versamento, entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione, delle somme dovute, o in caso di rateizzazione, della prima rata. La norma richiama espressamente l’art. 8 del D.lgs. n. 218 del 1997, disciplinante le modalità di pagamento dell’accertamento con adesione. Pertanto, in caso di rateizzazione, sono previste un massimo di 8 rate trimestrali di pari importo o un massimo di 16 rate trimestrali se le somme dovute superano i 50 mila euro (ovviamente la rateizzazione in 16 rate non si può verificare) . Nel caso di mancato pagamento delle rate successiva alla prima, il Comune deve procedere alla riscossione coattiva degli importi ancora dovuti, fermo restando che il titolo non è più rappresentato dall’atto di accertamento, che ha perso efficacia col pagamento della prima rata, ma è l’accordo stesso di mediazione.

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Reclamo/mediazione

• Nelle controversie avverso una domanda di rimborso, l’accordo si perfeziona invece con la sottoscrizione dell’accordo, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo stesso costituire titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente. Nel caso in cui il Comune non provveda successivamente al rimborso delle somme concordate non è attivabile il giudizio di ottemperanza, che riguarda solo gli obblighi derivanti da una sentenza della commissione tributaria, sicché il contribuente dovrà agire innanzi al giudice ordinario per ottenere un decreto ingiuntivo.

• Il comma 7 accorda in caso di mediazione una riduzione delle sanzioni, applicabili nella misura del 35% del minimo previso dalla legge, e non di quelle irrogate.

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Reclamo/mediazione

• Il comma 8 prescrive la sospensione della riscossione dell’atto reclamabile per tutto il periodo di 90 giorni, precisando che in caso di mancata mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta.

• Il comma 9 dispone che le disposizioni recate dall’art. 17-bis s applicano, in quanto compatibili, anche agli agenti della riscossione ed ai concessionari iscritti di cui al D.lgs. n. 446 del 1997. La precisazione, “in quanto compatibili”, deriva dalla considerazione che tali soggetti non sempre hanno la disponibilità del tributo preteso con l’atto reclamato, come nel caso, ad esempio, dell’impugnazione di un fermo amministrativo conseguente alla riscossione coattivo di un atto di accertamento notificato dal Comune.

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Spese di giudizio

• L’art. 15 viene quasi interamente riscritto per dare attuazione alla legge delega che impone l'individuazione di criteri di maggior rigore nell'applicazione del principio della soccombenza ai fini del carico delle spese del giudizio, con conseguente limitazione del potere discrezionale del giudice di disporre la compensazione delle spese in casi diversi dalla soccombenza reciproca.

• Il nuovo comma 2 precisa che le spese di giudizio possono essere compensate solo nel caso di soccombenza reciproca o se sussistono gravi ed eccezionali ragioni che però deve essere espressamente motivate dal giudice.

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Spese di giudizio

• Il comma 2-bis rende espressamente applicabile al processo tributario le disposizioni di cui all’art. 96 c.p.c. in tema di lite temeraria, anche se invero l’applicabilità di tale disposizione era stata ammessa per via giurisprudenziale da Cassazione, sez. un. n. 13899 del 2013.

• Dell’art. 96 c.p.c. è richiamato il comma 1 (“Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave [c.p.c. 220], il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza”) ed il comma 3, che prevede la possibilità per il giudice di condannare la parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata.

• Il comma 2-ter precisa che le spese di giudizio devono includere anche il rimborso del contributo unificato.

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Spese di giudizio

Il comma 2-quater reca una disposizione innovativa che l’evidente finalità di evitare un abuso delle richieste di tutela cautelare. Con l’ordinanza che decide sulla sospensiva la commissione tributaria deve provvedere a liquidare le spese di lite relative a tale fase. La pronuncia sulle spese è efficace anche dopo la sentenza di merito, salvo diversa statuizione espressa in sentenza.

Il comma 2-quinquies conferma che i compensi agli incaricati dell’assistenza tecnica sono liquidati in base alle tariffe professionali.

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Spese di giudizio

• Il comma 2-sexies conferma che nella liquidazione delle spese a favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei concessionari di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo previsto. I parametri per la liquidazione dei compensi degli avvocati sono disciplinati attualmente dal Dm n. 55 del 2014. •  Il comma 2-sexies precisa, poi, con norma di favore per la parte soccombente, che la riscossione delle spese di lite avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. •  Al riguardo sarebbe stato forse più opportuno prevedere non “l’iscrizione a ruolo” ma “la riscossione coattiva”, in modo da fugare ogni dubbio che le spese possano essere pretese mediante ingiunzione di pagamento di cui a regio decreto n. 639 del 1910.

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Spese di giudizio

• Il comma 2-speties riporta una previsione già prevista dal sostituito art. 17-bis, comma 10. La norma prevede che nelle controversie soggette al reclamo le spese di giudizio sono maggiorate del 50 per cento. Nella relazione illustrativa al D.lgs. n. 156 del 2015 si precisa che la maggiorazione è prevista a titolo di rimborso delle spese sostenute per la fase del procedimento amministrativo ed ha la finalità di incentivare la mediazione e di riconoscere alla parte vittoriosa i maggiori oneri sostenuti nella fase procedimentale obbligatoria ante causam. • Il comma 2-octies, prevede, con finalità deflattiva, che nel caso in cui sia stata formulata una proposta conciliativa non accettata dall’altra parte, senza giustificato motivo, le spese sono a carico di quest’ultima parte, se il riconoscimento delle sue pretese risultino inferiori alla proposta conciliativa ricevuta. Il medesimo comma prevede che nel caso d’intervenuta conciliazione le spese si intendono compensate, salvo diverso accordo delle parti.

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Grazie per l’attenzione

Pasquale Mirto [email protected]

I materiali saranno disponibili su: www.fondazioneifel.it/formazione

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