opi weekly report n°14/2016

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www.bloglobal.net N°14, 22-28 MAGGIO 2016 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale a cura dell'Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) // 22-28 maggio 2016

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N°14, 22-28 MAGGIO 2016

ISSN: 2284-1024

I

Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 29 maggio 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Matteo Anastasi Davide Borsani Agnese Carlini Marta Cioci Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Violetta Orban Fabio Rondini Maria Serra Alessandro Tinti

Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net

Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:

Weekly Report N°14/2016 (22-28 maggio 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net

Photo Credits: Ansa; AFP; In Terris; The Telegraph.

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FOCUS

AFGHANISTAN ↴

Il 25 maggio a Quetta, in Pakistan, durante una riunione straordinaria della Rabbahi

Shura, il massimo organo di indirizzo politico dei talebani, il gruppo insurrezionalista

ha nominato Mawlawi Haibatullah Akhundzada nuovo leader dell’organizza-

zione.

La nomina di Akhundzada rappresenta dunque la conferma della morte del prede-

cessore Mohammad Akhtar Mansour, ucciso il 21 maggio da un drone statuni-

tense mentre si trovava su un’auto in viaggio nella provincia pachistana del Beluci-

stan. Secondo fonti ufficiali del governo statunitense, lo strike che ha ucciso Mansour

è avvenuto alle 6.00 di mattina, a sud ovest della città di Ahmad Wal. La morte di

Mansour «rappresenta un passo importante nel nostro sforzo di portare la pace e la

prosperità in Afghanistan» ha dichiarato Barack Obama, impegnato nelle stesse ore

in un’importante visita in Vietnam. Il Presidente statunitense ha inoltre sottolineato

come la morte di un alto grado talebano non cambierà l’approccio politico e

militare di Washington nell’area, confermando la continuità di operazioni attra-

verso droni da combattimento e la rinuncia ad azioni terrestri. Un’altra fonte dell’eser-

cito USA ha specificato che l’attacco contro Mansour si era reso necessario in quanto

il mullah stava pianificando nuovi attacchi nel Paese ai danni delle truppe statunitensi

e della coalizione internazionale.

Mansour aveva assunto il comando dei talebani poco meno di un anno fa, a seguito

dell’annuncio della morte per malattia dello storico leader del gruppo, il Mullah Omar.

La sua nomina era stata molto contestata dalle diverse anime che compongono il

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gruppo, in particolare perché in molti gli avrebbero preferito nella carica di Mullah,

Mohammad Yakoob, figlio di Omar. Dopo aver preso il comando del gruppo, Mansour

aveva incrementato gli attacchi contro le forze governative afghane e la coa-

lizione, arrivando a conquistare, seppur per pochi gironi, la città di Kunduz; i successi

ottenuti non gli avevano garantito il sostegno ufficiale da parte delle varie fazioni

talebane, nonostante avesse assegnato importanti incarichi di comando alle frange

dissidenti, in particolari quelle pachistane.

AREA IN CUI È AVVENUTO LO STRIKE USA – FONTE: ESRI, US OFFICIAL, AP

Dal punto di vista tecnico lo strike statunitense ha rappresentato un’importante no-

vità, come sottolineato da diversi analisti militari. Mansour è stato ucciso mentre era

in viaggio in un’area remota della provincia pachistana del Belucistan, dove gran

parte della dirigenza talebana ha stabilito le proprie basi dal 2001. Sino ad ora, no-

nostante la presenza dei talebani fosse ben conosciuta, le forze USA non avevano

mai operato attacchi in quest’area. L’azione, inoltre, è stata condotta non

dalla CIA, che gestisce le operazioni dei droni in Pakistan, bensì dal Pentagono: lo

strike potrebbe dunque configurarsi tecnicamente come un attacco militare ad un

Paese con il quale gli Stati Uniti non sono in guerra e di cui sono invece alleati. Rap-

presentanti del governo pachistano hanno confermato che il Primo Ministro era stato

avvertito dello strike, ma solo dopo il suo compimento, e hanno ribadito che consi-

derano tale attacco come una violazione della loro sovranità, riaprendo così un dibat-

tito antico e ormai ricorrente nelle relazioni internazionali contemporanee.

Per quanto riguarda il nuovo leader dei talebani, Akhundzada, le notizie sul suo conto

sono poche e frammentate: sembra che abbia 47 anni e sia nativo dell’area di Sper-

wan, distretto di Pajwayi, nella provincia afghana di Kandahar, una delle roccaforti

del movimento talebano. Akhundzada pare inoltre essere uno specialista nell’esegesi

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degli hadith (detti) del profeta Maometto ed in tale veste era costantemente consul-

tato dal Mullah Omar. Con la sua nomina i talebani hanno puntato, probabilmente, a

scegliere una figura esperta, di compromesso che possa riuscire ad unire nuo-

vamente le varie anime del movimento, al fine di affrontare la minaccia rappre-

sentata dallo Stato Islamico. Proprio in questa direzione va inquadrata la scelta di

nominare Mullah Yakoob quale vice di Akhundzada. Al fianco di Akhundzada ci

sarà anche Sirajuddin Haqqani, figlio del fondatore dell’omonima rete di islamisti,

la Haqqani Network, tra i più pericolosi gruppi armati che operano in Afghanistan e

Pakistan, con importanti legami economici con i Paesi del Golfo.

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SIRIA-IRAQ ↴

Il 24 maggio i miliziani curdi siriani dell’YPG e le brigate arabe confluite nelle Forze

Democratiche Siriane (SDF) hanno iniziato ad avanzare a sud di Ayn Issa verso

Raqqa, centro di gravità dello Stato Islamico (IS) in Siria. L’operazione è coperta dal

fuoco della coalizione internazionale diretta dagli Stati Uniti, i cui reparti speciali (circa

duecento unità) seguono direttamente sul terreno l’offensiva delle SDF. I militari ame-

ricani sono stati ritratti con indosso le mostrine dell’YPG – circostanza che, malgrado

l’aperta collaborazione tra Washington e la milizia curda, è stata stigmatizzata come

“inaccettabile” dal Ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu a fronte della vici-

nanza tra YPG e PKK. Il 21 maggio il Generale del Comando Centrale (CentCom)

Joseph Votel si era recato a Kobane e Hasakah per concordare con i vertici militari

delle SDF e del YPG l’assistenza prestata dai commando americani; nei giorni prece-

denti il diplomatico Brett McGurk, appuntato da Obama Ambasciatore della coalizione

anti-IS, avrebbe incontrato Salih Muslim, leader del Partito curdo di Unione Demo-

cratica (PYD). I colloqui di alto livello testimoniano l’importanza dell’avvici-

namento alla “capitale” del sedicente Califfato islamico, tanto che il Ministro

degli Esteri russo Sergej Lavrov ha offerto il coordinamento delle missioni aeree su

Raqqa.

Mentre si stringono le difese attorno alla roccaforte jihadista, i guerriglieri dell’IS

hanno rilanciato gli attacchi a nord di Aleppo lungo il corridoio di Azaz, il

lembo di terra conteso che dalla frontiera curda demarca il cantone curdo di Afrin e

l’area presidiata dalle forze ribelli da quelle governative, mettendo nel mirino la cit-

tadina di Marea. Il 23 maggio sette kamikaze jihadisti si sono fatti esplodere a Tartus,

nei pressi della base navale russa, e Jableh. Il grave bilancio della raffica di atten-

tati, che hanno colpito in profondità l’area a maggioranza alawita è di centoquaran-

totto persone. Il Presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato l’alleanza con il governo

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di Damasco, mentre il Ministro degli Esteri siriano Walid al-Mualled in una lettera

inviata alle Nazioni Unite ha attribuito la responsabilità politica dell’escalation terro-

ristica ai «regimi estremisti di Riyadh, Ankara e Doha».

AREE DI COMBATTIMENTO LUNGO IL CONFINE TURCO

La contrapposizione continua peraltro a frenare il passo incerto dei negoziati di

pace. Adel al-Jubeir, Ministro degli Esteri saudita, ha appurato da Mosca che le di-

stanze sul futuro di Assad restano marcate. Il sottosegretario ONU per gli Affari Uma-

nitari, Stephen O’Brien, ha informato il Consiglio di Sicurezza del mancato accesso

dei convogli umanitari alle zone sotto assedio. Su trentacinque richieste inoltrate a

Damasco, il governo siriano ha garantito l’apertura di corridoi in soli quattordici casi.

Secondo le ultime stime ONU poco meno di 600.000 civili sono intrappolati tra le

maglie del conflitto. Il persistere degli assedi, ha ricordato O’Brien, ha reso la fame e

l’esaurimento delle scorte medicinali strumenti di guerra.

Intanto, i gruppi islamisti Jaysh al-Islam e Faylaq a-Rahman si sono infine accordati

per un cessate il fuoco nel Goutha orientale, laddove le rivalità conflagrate in

aperte ostilità avevano contribuito a rafforzare la presa delle truppe governative. Si-

gnificativamente, l’intesa è stata mediata a Doha dall’Alto Comitato per le Negozia-

zioni, ossia dalla delegazione filo-saudita che i colloqui di pace a Ginevra hanno sinora

riconosciuto come espressione principale delle opposizioni ad Assad.

Nonostante la crisi politica che erode il consenso del Premier al-Abadi, negli ultimi

due mesi le forze di sicurezza irachene hanno riconquistato buona parte

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della sponda meridionale dell’Eufrate. I successi militari riflettono un più rare-

fatto controllo territoriale dell’IS, che tuttavia continua a sferrare attentati dinami-

tardi lungo la cosiddetta “cintura” di Baghdad e nella stessa capitale.

ATTACCHI JIHADISTI NELLA CINTURA DI BAGHDAD – FONTE: THE NEW YORK TIMES

Anche per questa ragione, il governo iracheno ha avviato una campagna per

liberare Falluja, prima città nel gennaio 2014 a cadere in mano ai seguaci di Abu

Bakr al-Baghdadi, dalle infiltrazioni terroriste e così sradicare le cellule responsabili

degli attacchi al cuore del Paese. La crescente vulnerabilità politica ha infatti

convinto al-Abadi a modificare l’ordine della priorità militari, anteponendo la

riconquista di Falluja all’avanzata verso Mosul – come invece auspicato dal Penta-

gono, che il 14 maggio attraverso il Colonnello Steve Warren aveva dichiarato che

non ci fossero ragioni militari per divergere l’attenzione su Falluja. Il 23 maggio l’eser-

cito iracheno e le milizie sciite del Fronte di Mobilitazione Popolare hanno dato il via

all’accerchiamento della città, occupando i sobborghi di Garma e Naimiyah e assicu-

rando un tratto dell’autostrada che congiunge Amiriyat al-Falluja alla base militare di

Habaniya. Le milizie sciite filo-iraniane – tra cui Kata’ib Hezbollah, la brigata Badr e

Harakat al-Nujaba – sono anch’esse coinvolte nell’operazione, come pure il coman-

dante della Guardia Rivoluzionaria iraniana, Qassem Suleimani.

Benché alcuni gruppi paramilitari sciiti siano bollati quali organizzazioni terroristiche

dagli Stati Uniti, Washington non ha posto veti alla copertura aerea. Tuttavia, le mi-

lizie sciite hanno acconsentito a non entrare nel centro cittadino, presidiandone sol-

tanto gli ingressi, a fronte del timore di violenze e rappresaglie settarie contro la

popolazione in maggioranza sunnita.

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Nell’imminenza dell’assalto a Falluja le Nazioni Unite e il Comitato Internazionale della

Croce Rossa hanno espresso preoccupazione per i centomila civili residenti nella città,

già isolati dagli approvvigionamenti di generi di prima necessità e a forte rischio di

diventare scudi umani in una sanguinosa guerriglia urbana.

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BREVI

GRECIA, 24 MAGGIO ↴

Al termine di una lunga maratona negoziale, i Ministri

delle Finanze dell’eurozona hanno raggiunto un

accordo sull’erogazione di 10,3 miliardi di euro – di cui

una prima tranche da 7,5 miliardi entro la metà di

giugno, necessaria per rimborsare alcune obbligazioni

in scadenza a luglio – nei confronti della Grecia

nell’ambito del programma di 86 miliardi concordato nell’estate del 2015. Il nuovo

impegno è giunto all’indomani dell’approvazione da parte di Atene (23 maggio) della

nuova manovra economica, essenzialmente basata sull’aumento delle tasse indirette,

sull’accelerazione dei processi di privatizzazione e su alcune variazioni di bilancio che

si sommano ai 3,6 miliardi di tagli alla spesa, per un’operazione di ristrutturazione

dal valore complessivo di 5,4 miliardi di euro. L’Eurogruppo ha inoltre raggiunto

un’intesa con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sull’alleggerimento del debito:

una condizione posta come imprescindibile dall’organizzazione di Washington

(fortemente voluto nel piano dalla Germania) per continuare a partecipare al

programma di salvataggio greco e che dunque Berlino, che ha sempre opposto la

propria resistenza alla revisione delle condizioni prima della conclusione dello stesso,

ha dovuto accettare.

QUOTE DEL DEBITO GRECO – FONTE: THE WASHINGTON POST

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Come spiegato dal Direttore Europa del FMI, Poul Thomsen, si garantirà dal 2018,

anno di conclusione del terzo programma di aggiustamento, che i bisogni finanziari

lordi di Atene non superino il 15% e il 20% del PIL rispettivamente nel medio termine

e nel lungo termine. La data del 2018, d’altra parte, consentirà alla Germania di

superare l’appuntamento elettorale del 2017 e di non offrire quindi argomentazioni

in merito alla destra nazionalista. Mentre il nuovo accordo sulla Grecia è stato dunque

salutato con favore sia delle istituzioni creditizie sia dalle stesse autorità elleniche, il

governo Tsipras prosegue la propria politica di ricerca di ulteriori interlocutori

economici: nell’incontro ad Atene con il Presidente russo Vladimir Putin (27-28

maggio), si è discusso di commercio ed investimenti, in particolare nel settore delle

infrastrutture. Oltre a ribadire il proprio interesse nel processo di privatizzazione della

rete ferroviaria greca e del porto di Salonicco, il Cremlino punta ad aprire un progetto

concorrenziale al Trans-Adriatic Pipeline (TAP): nonostante le difficoltà di

realizzazione derivanti dallo stato attuale delle relazioni russo-turche, l’IGI Poseidon

potrebbe rappresentare anche nell’ottica di Atene un’opportunità per rafforzare il

proprio ruolo di hub energetico e dunque commerciale nel Mediterraneo in un’ottica

di maggiore assertività nei confronti di Bruxelles e delle istituzioni europee.

LIBIA, 23 MAGGIO ↴

Il Consiglio europeo in formazione Esteri ha prorogato

di un anno e allargato il mandato della missione

EUNAVFOR MED, Operazione Sophia. In particolare

l’allargamento del mandato è stato deciso in seguito

alla richiesta avanzata dal Premier libico in pectore,

Fayez al-Serraj, presso l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’UE, Federica

Mogherini, di avviare rapidamente un programma di sostegno da parte dell’Unione

nell’addestramento della Marina e della Guarda Costiera libiche così come dei servizi

di sicurezza. In particolare la conseguente decisione del Consiglio parla di «capacity

building, training e condivisione delle informazioni» con la Guardia Costiera e la

Marina libiche. Per quanto la richiesta di al-Serraj fosse necessaria per poter

modificare il mandato in questo senso, l’azione di addestramento avverrà comunque

in acque internazionali non essendovi ancora un mandato ONU: senza questo non è

infatti possibile realizzare la terza e ultima fase della missione EUNAVFOR MED, che

prevede l’entrata nelle acque territoriali libiche. Al mandato originario della missione

europea è stata inoltre aggiunta una specifica azione della missione, in alto mare, al

largo delle coste libiche, in riferimento al controllo del rispetto dell’embargo stabilito

dalle Nazioni Unite sulle armi. Intanto, con la chiusura della rotta balcanica, l’accordo

siglato tra l’UE e la Turchia e ovviamente l’arrivo di condizioni climatiche

maggiormente favorevoli comincia a registrarsi un nuovo aumento degli sbarchi. La

Libia è uno dei principali Paesi di partenza di questi “Boat People”. Ahmed Maiteeq,

vice Presidente del Consiglio presidenziale di Tripoli, durante un convegno sulla Libia

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tenutosi a Roma, avrebbe sostenuto la necessità, per gestire gli attuali flussi

migratori, di ripartire da un’intesa simile al patto sui respingimenti concluso nel 2009

dal regime di Gheddafi con l’allora governo Berlusconi.

STATI UNITI-ESTREMO ORIENTE, 24-27 MAGGIO ↴

Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha

compiuto un importante viaggio in Asia Orientale. Il

Vietnam e il Giappone, dove si è tenuto il Vertice del

G7 a Ise-Shima, sono state le due tappe. Il Capo della

Casa Bianca ha incontrato il Presidente vietnamita

Tran Dai Quang annunciandogli che gli Stati Uniti,

dopo oltre quarant’anni, avrebbero cancellato l’embargo sulla vendita di armi al

Vietnam in un’ottica, evidentemente, di contenimento dell’espansionismo della Cina

nel continente, che preoccupa sia Washington sia Hanoi. Una mossa, quella degli

americani, che tra l’altro segue di pochi giorni l’allentamento di un altro embargo

economico, quello al Myanmar, in una logica non molto diversa. Obama ha affermato,

infatti, che «le gradi nazioni non devono comportarsi da bulli con le piccole»,

riscuotendo applausi dai vietnamiti. La delegazione statunitense ha sollevato poi con

il governo vietnamita anche il delicato punto dei diritti umani. Riconoscendo la difficile

situazione locale, Obama ha sottolineato come «nonostante ci siano stati alcuni

modesti progressi, speriamo ne arrivino altri grazie alle riforme in preparazione o

approvate». A Ise-Shima, in Giappone, si è tenuto il 26 maggio il 42° Vertice del G7,

a quarant’anni dal primo summit informale del genere tenutosi presso il Castello di

Rambouillet, in Francia. Crescita economica, terrorismo, ruolo economico della Cina

e migrazioni sono stati i quattro temi principali al centro dei negoziati. Sono emerse

differenti posizioni, soprattutto tra europei e giapponesi, sull’ascesa cinese e sul suo

fattore stabilizzante o meno per l’economia mondiale e, all’interno degli stessi Capi

di governo dell’Europa, sulle misure di austerity, sostenute da tedeschi e britannici,

o di stimolo, preferite da italiani e francesi, al cui fianco si sono schierati anche gli

americani. Così come per migrazioni e terrorismo, comunque, anche sul terreno

dell’economia non sono state prodotte iniziative comuni. L’ultima tappa di Obama è

stata quella al Peace Memorial Park di Hiroshima, la città che nel 1945 fu colpita dalle

armi atomiche statunitensi. Accolto dal Primo Ministro Shinzo Abe, in una visita

dall’alto valore simbolico il Presidente americano ha affermato che «dobbiamo

cambiare la nostra mentalità nei confronti della guerra» e «riconoscere la nostra

comune natura umana»: «dobbiamo avere il coraggio di sfuggire alla logica della

paura e perseguire un mondo senza armi atomiche».

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STATI UNITI, 26 MAGGIO ↴

Donald Trump ha superato il quorum di 1.237 delegati

richiesti per la candidatura automatica per il Grand Old

Party (GOP). La convention repubblicana di Cleveland

dovrà quindi solo formalizzare l’incoronazione del

tycoon per la corsa alla Casa Bianca. Rimasto l’unico

candidato in corsa per le primarie del GOP, grazie alla

vittoria nello Stato di Washington (76% dei voti) e al decisivo sostegno conferitogli

da 30 delegati unpledged (il cui voto non è vincolato agli esiti delle primarie), Trump

è riuscito a ottenere complessivamente 1.238 delegati, un numero destinato ad

aumentare con le votazioni del 7 giugno, penultimo round di primarie in cinque Stati,

tra cui California e New Jersey. A poche ore dalla conferma di aver raggiunto il

cosiddetto “magic number”, Trump ha tenuto una conferenza stampa a Bismarck

(Nord Dakota), nella quale ha annunciato di voler scegliere un vice Presidente donna

o proveniente da “minoranze”, di voler dare nuovo vigore all’industria energetica

attraverso un piano nazionale basato su fonti tradizionali con ruolo maggiore

ricoperto dal fracking e, infine, di dare la sua disponibilità per un confronto televisivo

con Sanders e Clinton entro il 7 giugno. Il dibattito sarebbe un’occasione per il

Senatore del Vermont per proporsi come l’unico candidato in grado di battere il

tycoon e rappresenterebbe una sconfitta per Hillary, che ha rifiutato di confrontarsi

in dibattiti televisivi con Sanders. Anche sul fronte democratico si è votato nello Stato

di Washington, dove ha vinto Hillary Clinton, ma il voto si è rilevato ininfluente, poiché

la maggioranza dei delegati messi a disposizione in quello Stato è stata conquistata

da Bernie Sanders il 26 marzo. La vittoria dell’ex First Lady si dimostra importante

psicologicamente per vari motivi, in primis perché Sanders aveva trionfato nelle

ultime primarie democratiche in West Virginia, Indiana e Rhode Island, in secondo

luogo perché gli ultimi sondaggi nazionali di ABC News/Washington Post, Rasmussen

Reports, Fox News vedono Trump vincitore contro la Clinton rispettivamente con un

vantaggio di 2, 5 e 3 punti percentuali, infine perché lo scandalo “e-mailgate” e

l’inchiesta aperta dall’ispettore generale del Dipartimento di Stato sul trasferimento

di e-mail contenenti documenti segreti nel server privato della Clinton creano

imbarazzo e possono compromettere la corsa di Hillary.

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ALTRE DAL MONDO

AUSTRIA, 22-23 MAGGIO ↴

I voti degli austriaci all’estero hanno consegnato ad Alexander Van der Bellen una

risicata vittoria nel ballottaggio per l’elezione del nuovo Presidente austriaco. Il can-

didato indipendente, ma appoggiato da una lista dei Verdi, ha ottenuto il 50,3% dei

voti espressi, convogliando sulla sua persona le preferenze dell’elettorato moderato

e tradizionalista (conservatore e socialista) e riuscendo a battere di misura il candi-

dato dell’estrema destra Norbert Hofer, che ha ottenuto il 49,7% dei favori popolari.

Lo scarto tra i due candidati è stato determinato soltanto da 31.000 voti, ossia i voti

per corrispondenza che hanno ribaltato la situazione iniziale che vedeva Hofer in van-

taggio di quattro punti percentuali sullo sfidante. Sfide centrali del mandato del nuovo

Capo di Stato saranno dunque quelle legate all’immigrazione e al rilancio delle riforme

e dell’economia.

CINA-KIRGHIZISTAN, 24 MAGGIO ↴

Il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha incontrato in Kirghizistan la sua contro-

parte, Erlan Abdyldaev, per discutere delle relazioni tra i due Paesi e di altre questioni

rilevanti di comune interesse. Durante l’incontro Wang ha ribadito l’importanza per il

suo Paese di mantenere relazioni di buon vicinato ed amicizia con il Kirghizistan, oltre

che a manifestare interesse per un rafforzamento della cooperazione bilaterale, reci-

procamente vantaggiosa sotto il profilo strategico nel lungo termine. A tal proposito,

Wang ha sottolineato la rilevanza kirghiza all’interno dell’iniziativa cinese di New Silk

Road Economic Belt, auspicando che Bishkek diventi un importante partner nella de-

finizione del progetto. Da parte sua, il Kirghizistan si è impegnato a riconoscere la

politica di “una sola Cina” e a combattere congiuntamente le “tre forze del male”:

terrorismo, separatismo ed estremismo.

IRAN-INDIA, 24 MAGGIO ↴

Il Presidente iraniano Hassan Rohuani e il Primo Ministro indiano Narendra Modi

hanno siglato a Teheran una serie di accordi bilaterali, alcuni dei quali dalla notevole

rilevanza strategica. Molteplici i settori coinvolti: dalle infrastrutture al commercio,

dalla cultura all’intelligence. L’intesa più significativa è certamente quella che porterà

all’investimento di cinquecento milioni di dollari indiani per lo sviluppo del porto di

Chabahar, nel Golfo dell’Oman. Il progetto prevede la costruzione di due terminal e

cinque posti di ancoraggio multicargo che saranno sviluppati da India Ports Global

Private Ltd e dall’organizzazione portuale e marittima iraniana. L’investimento ha per

l’India una triplice valenza. Anzitutto, contrastare, in Asia Centrale e Meridionale, la

potenza cinese, che ha recentemente sostenuto l’ammodernamento del porto di Gwa-

dar, in Pakistan. Ulteriore obiettivo è ridurre i costi di trasporto del petrolio iraniano,

di cui l’India è fra i principali acquirenti con circa quattrocentomila barili al giorno.

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Ancora, grazie a questo progetto, l’India avrà facile accesso agli Stati del Caucaso e

dell’Asia Centrale, con conseguente aumento degli scambi commerciali, non solo con

Teheran, ma anche con Russia e Afghanistan. In tal senso, l’accordo sul porto di

Chabahar è stato sugellato da un ulteriore intesa tripartita fra Afghanistan, India e

Iran.

RUSSIA-GCC, 26 MAGGIO ↴

Si è tenuto a Mosca il summit strategico bilaterale Russia-Consiglio di Cooperazione

del Golfo, il quarto negli ultimi cinque anni, il primo a tenersi nella capitale russa. Il

Vertice informale, costituito in questa veste con i Ministri degli Esteri dei Paesi ade-

renti al forum, era da tempo atteso per chiarire strategie e obiettivi dell’agenda in-

ternazionale russa e araba nei principali dossier regionali e internazionali e per raf-

forzare la cooperazione bilaterale in numerosi settori di rilevanza strategica, come

l’energia, l’industria, l’agricoltura e i servizi. Nella nota conclusiva del summit, i par-

tecipanti hanno ribadito la necessità di trovare una soluzione politica alle crisi

dell’area (Siria, Libia, Iraq e Yemen) attraverso l’implementazione dei canali ufficiali

delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, i leader hanno acconsentito alla necessità di

dover rafforzare la cooperazione economica, gli scambi commerciali e gli investimenti

infrastrutturali al fine di creare le condizioni ideali anche dal punto di vista sociale per

un clima distensivo utile alle de-escalation presenti e future.

TUNISIA, 20-22 MAGGIO ↴

In occasione del decimo Congresso del partito tunisino Ennahda, tenutosi a Rades, 9

Km a sud-est di Tunisi, il leader Rachid Ghannouchi ha annunciato la storica decisione

di separare l’attività politica da quella religiosa, provvedimento in favore del quale ha

votato oltre l’80% dei congressisti. Alla base della decisione del partito vi è la volontà,

come ha sottolineato Ghannouchi, di concentrarsi sui problemi quotidiani degli indi-

vidui più che sulla predicazione religiosa e sulla tendenza all’islamizzazione della so-

cietà tunisina. Simili esternazioni segnano una rottura programmatica con i Fratelli

Musulmani (da cui, pur non direttamente, deriva la formazione politica di Ghannou-

chi) e pongono il partito in difesa della transizione laica e liberal-democratica, avvia-

tasi in Tunisia dopo la rivoluzione del 2011 e sugellata dalla nuova Costituzione e

dalle elezioni del 2014. Ennahda è attualmente la seconda forza politica del Paese,

ma la prima in Parlamento a seguito della scissione di cui è stato vittima il partito

secolare Nidaa Tounés, trionfatore alle ultime elezioni dell’ottobre 2014.

UNGHERIA-RUSSIA, 25 MAGGIO ↴

I Ministri degli Esteri russo Sergej Lavrov e ungherese Peter Szijjarto si sono incon-

trati mercoledì 25 maggio a Budapest. L’incontro, che segue la visita di Putin dello

scorso mese di febbraio nella capitale ungherese, ha rappresentato l’occasione non

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solo per ribadire quanto le relazioni energetiche tra i due Stati rimangano estrema-

mente profonde (Mosca fornisce due terzi del gas e tre quarti del petrolio consumati

dall’Ungheria, oltre ad essere impegnata nel progetto di riammodernamento della

centrale nucleare di Paks attraverso la corporazione statale russa Rosatom), ma an-

che per imbastire le trattative per una più stretta cooperazione regionale alla luce

della significativa flessione registrata tra il 2015 e il primo semestre del 2016 nel

flusso dei commerci (il 47%). Oltre al tradizionale settore energetico, la sinergia do-

vrebbe pertanto riguardare anche quello alimentare, farmaceutico, delle infrastrut-

ture, oltre che quello militare con una possibile modernizzazione di aeromobili sovie-

tici in servizio nell’esercito ungherese.

YEMEN, 23 MAGGIO ↴

Due attentatori suicidi hanno compiuto un attacco nel distretto di Khormaksar ad

Aden, sede della capitale provvisoria del governo Hadi, ai danni di giovani reclute che

erano in fila davanti a un centro militare di reclutamento dell’esercito. Fonti della

sicurezza menzionate dall’emittente panaraba al-Arabiya hanno affermato che il

primo kamikaze ha fatto esplodere l’autobomba di cui era alla guida, mentre il se-

condo, a piedi, ha azionato il proprio giubbetto esplosivo fuori dalla casa di un uffi-

ciale. Gli attentati, che hanno causato almeno 45 vittime e 60 feriti, sono stati riven-

dicati dalla cellula locale dello Stato Islamico, il Wilayat Yaman.

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ANALISI E COMMENTI

LA COREA DEL NORD E L’AMBIZIOSO PROGRAMMA MISSILISTICO

AGNESE CARLINI ↴

Gli Stati Uniti e i suoi alleati ritengono da sempre che lo sviluppo e la produzione di

missili balistici da parte della Corea del Nord rappresentino una seria minaccia alla

sicurezza e alla stabilità della regione. Con l’ascesa al potere del leader Kim Jong-un,

il Paese ha mostrato un interesse sempre maggiore al potenziamento di queste ca-

pacità: dalla primavera del 2012 all’aprile 2016 sono stati almeno cinque i test mis-

silistici condotti da Pyongyang. Reperire informazioni in merito al programma missi-

listico nordcoreano, come ad esempio il suo sviluppo nel corso degli anni o la dottrina

strategica, è particolarmente difficile se non inefficace. Quello che si sa, finora, è che

il Paese ha a disposizione circa 700 missili balistici di corta gittata (SRBMs), capaci di

colpire la Corea del Sud, un centinaio di Musudan, missili balistici a raggio intermedio

(IRBMs) e 200 Nodong, missili balistici a medio raggio che minacciano la sicurezza

del Giappone. Inoltre Pyongyang ha sviluppato due missili balistici intercontinentali

(ICBMs), Teapodong-2, che hanno provocato una forte reazione da parte dell’intera

comunità internazionale. Ad oggi, la preoccupazione più grande per l’Occidente è po-

ter scoprire il vero potenziale tecnico della Corea del Nord di miniaturizzare una te-

stata nucleare per adattarla ai propri missili e, inoltre, poter scoprire la capacità di

spiegare missili balistici intercontinentali che potrebbero colpire gli Stati Uniti o qual-

siasi altro Paese “nemico” di Pyongyang. Dal canto suo, la Comunità internazionale

ha risposto duramente al programma missilistico imponendo dure sanzioni e portando

a termine estenuanti negoziazioni, oltre a proibire l’esportazione dei suoi missili. Se-

condo la maggior parte delle fonti a disposizione dell’Occidente, la Corea del Nord

ricevette il suo primo sistema missilistico balistico dall’Egitto tra la fine degli anni

Settanta e gli inizi degli anni Ottanta. Alla fine del decennio, dopo aver prodotto gli

Hwasong-5, Pyongyang iniziò la produzione dei missili a lungo raggio Hwasong-6 per

poi testare negli anni Novanta i Nodong, missili balistici a medio raggio. Si crede che

questi ultimi siano alla base della produzione dei missili Ghauri del Pakistan e degli

Shaahab-3 iraniani, utilizzati durante la guerra Iraq-Iran. Ciononostante, questa ca-

pacità della Corea del Nord di esportare la propria tecnologia missilistica, soprattutto

ai Paesi del Medio Oriente, durò ben poco sia a causa di un calo della domanda estera,

sia per la pressione esercitata dalla Comunità internazionale nei confronti dei Paesi

beneficiari (…) SEGUE >>>

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