opi weekly report n°10/2016

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www.bloglobal.net N°10, 20 MARZO 2 APRILE 2016 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale a cura dell'Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) // 20 marzo - 2 aprile 2016

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Page 1: OPI Weekly Report N°10/2016

www.bloglobal.net

N°10, 20 MARZO – 2 APRILE 2016

ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 3 aprile 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Georgiy Bogdanov Oleksiy Bondarenko Davide Borsani Luttine Ilenia Buioni Agnese Carlini Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Violetta Orban Maria Serra Alessandro Tinti

Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net

Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:

Weekly Report N°10/2016 (20 marzo – 2 aprile 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net

Photo Credits: Asia Times; AFP; AFP/Getty Images; Abbas Atilay/AP; AP; Stephanie Lecocq/European Pressphoto Agency; Alfredas Pliadis/Zuma Press.

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FOCUS

BELGIO-TERRORISMO ↴

A una settimana di distanza dagli arresti di Salah Abdeslam e dei suoi complici facenti

parte di una cellula belga appartenente al sedicente Stato Islamico, il gruppo terro-

ristico guidato da Abu Bakr al-Baghdadi ha rivendicato la paternità politica e morale

degli attentati del 22 marzo a Bruxelles presso lo scalo aeroportuale di Zaventem

e la fermata della metro tra Arts-Lois e Maelbeek, sempre nella capitale, a poche

centinaia di metri dal cosiddetto “quartiere europeo”, sede delle Istituzioni dell’Unione

Europea. Il bilancio ancora parziale recita di 35 morti, mentre i feriti rimangono un

centinaio, molti dei quali (almeno una sessantina) in condizioni gravissime.

Gli attentati sono stati compiuti da due gruppi ristretti di attentatori che ave-

vano il compito di colpire quasi in simultanea i target stabiliti. L’attacco all’aeroporto

è stato condotto da tre uomini, di cui due soli identificati (i fratelli al-Bakraoui, morti

suicidi), mentre un terzo avrebbe supervisionato il lavoro degli attentatori e sarebbe

ancora latitante; quello alla fermata metro invece è stato compiuto da due uomini

morti anch’essi suicidi. Sebbene non siano stati del tutto chiariti i dettagli e le dina-

miche delle azioni, le ricostruzioni e gli accertamenti finora eseguiti dalle forze di

sicurezza belghe dimostrerebbero che gli attentatori avrebbero operato nella più to-

tale libertà nonostante il recente rafforzamento della presenza delle forze di sicurezza

nel centro della capitale e nei comuni limitrofi come dimostrato dai numerosi blitz

anti-terrorismo susseguitisi negli ultimi mesi. Altri ordigni inesplosi sarebbero stati

inoltre ritrovati dalla polizia sia all’aeroporto sia in altre fermate metro.

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MAPPA DEGLI ATTACCHI DI BRUXELLES – FONTE: BBC

Secondo le ricostruzioni della polizia e della magistratura belga, gli attacchi avrebbero

dovuto aver luogo il 29 marzo, ma dopo l’arresto di Abdeslam questi avrebbero subito

una netta accelerazione. Tuttavia gli stessi inquirenti hanno spiegato che i due at-

tentati non sarebbero una risposta alla cattura del superlatitante europeo

accusato di far parte della rete terroristica che ha organizzato gli attentati di Parigi

dello scorso 13 novembre.

La serie impressionante di imprecisioni, errori e pecche nell’apparato di sicurezza

belga hanno portato le stesse autorità ad essere duramente criticate dall’opinione

pubblica nazionale soprattutto per la loro inadeguata gestione nelle fasi precedenti e

successive agli attacchi.

Tra gli errori emersi quelli reputati più gravi sono:

La polizia turca aveva trasmesso alcune informazioni riguardo ad Ibrahim al-

Bakraoui: l’attentatore era stato già fermato nel giugno 2015 in Turchia ed

estradato nei Paesi Bassi, per poi essere scarcerato ed estradato in Belgio,

Paese di nazionalità del soggetto. L’altro fratello, Khaled al-Bakraoui, era stato

segnalato dall’Interpol ed era nella black list dei ricercati per terrorismo negli

USA.

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Khaled al-Bakraoui avrebbe affittato un appartamento a Charleroi rubando

l’identità di Ibrahim Maaroufi, un ex calciatore dell’Inter. Questi gioca ora in

Belgio, proprio con la maglia dello Schaerbeek, la squadra del quartiere in cui

vivevano i fratelli al-Bakraoui.

Uno dei terroristi, chiamato “l’uomo con il cappello” non è stato ancora iden-

tificato. Inizialmente indicato come Majim Laachroui, il cosiddetto artificiere

della cellula parigina, è stato successivamente scoperto che sarebbe morto

durante l’attacco all’aeroporto. In un secondo momento è stato diffuso il nome

di Faysal Cheffou, un giornalista freelance di origine algerina arrestato con le

accuse di terrorismo e rilasciato pochi giorni dopo per uno scambio di identità.

Il civico di residenza a Molenbeek di Salah Abdeslam era stato già segnalato

alla polizia della municipalità di Malines, ma tali documenti, una volta inviati

alle autorità di sicurezza brussellesi, non sarebbero stati esaminati dagli in-

quirenti della capitale.

Abaaoud Abdelhamid, considerato la mente degli attacchi di Parigi, è stato

ucciso durante il blitz di Saint Denis. Sembra che la sua chiavetta USB, ritro-

vata nel suo appartamento ad Atene nel 2015, non sia stata visionata dalle

autorità di sicurezza belghe.

Durante le fasi più drammatiche degli attacchi, il sistema interno di comuni-

cazione delle autorità Belghe (ASRID) è andato in crash per una falla informa-

tica. Ciò ha costretto le istituzioni a coordinarsi tramite la messaggistica di

WhatsApp.

Secondo quanto dichiarato dal trasporto pubblico di Bruxelles, non è stato

dato l’ordine di interrompere la circolazione dei mezzi urbani dopo gli attacchi

all’aeroporto.

Dopo gli attacchi, le autorità e le forze di polizia hanno lanciato con una certa len-

tezza l’avvio dei protocolli di sicurezza, mentre Francia e Paesi Bassi chiudevano

per precauzione i propri confini con il Belgio, rafforzando allo stesso tempo i controlli

frontalieri. Conseguentemente anche l’allerta terrorismo è stata innalzata in tutto il

Paese al livello più elevato (il quarto) e parallelamente sono state lanciate nuove

perquisizioni e raid nei sobborghi di Bruxelles, a Charleroi, Liegi e lungo i confini,

soprattutto quelli vicini al valico con la Germania, dove è stata particolarmente attiva

la cellula di Verviers. Questo gruppo, già dagli attentati alla redazione di Charlie

Hebdo e al supermarket kosher di Parigi del gennaio 2015, era stato sospettato di

essere il regista occulto degli attacchi in Francia e di altre azioni terroristiche sventate

in Germania, Belgio e Paesi Bassi.

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Secondo gli investigatori belgi, i fatti di Bruxelles e i radicati contatti tra i due lati del

confine comune, apparentemente tra soggetti slegati tra loro, rafforzerebbero invece

l’ipotesi dell’esistenza di una forte connessione terroristica lungo l’asse

franco-belga.

RETE DI CONNESSIONI TERRORISTICHE FRANCO-BELGA – FONTE: THE WASHINGTON POST

Infatti le operazioni anti-terrorismo eseguite dalle forze di sicurezza francesi e belghe

hanno evidenziato l’esistenza di una rete di connivenze e connessioni tra cellule più

o meno dormienti radicate tra i due Paesi e pronte ad attivarsi in tempi molto rapidi.

Una riprova di ciò sono gli episodi di attentati falliti in Francia in tutto il 2015,

che vedevano però nel Belgio l’anello di congiunzione tra i diversi attentatori:

nell’aprile uno studente algerino, Sid Ahmed Ghlam, è stato arrestato perché sospet-

tato di voler compiere un attentato in una chiesa di Villejuif; in giugno un cittadino

francese, Yassin Salhi, ha dapprima ucciso il proprio datore di lavoro e poi ha tentato

un attacco suicida in un impianto di gas a Saint Quentin Fallavier, nei pressi di Lione;

il 25 agosto Ayoub al-Khazzani, ha cercato di lanciare un attacco a bordo di un treno

tra Amsterdam e Parigi; infine, il 29 ottobre, un marocchino aveva tentato un attacco

contro la base navale francese di Tolone. Tuttavia la connection franco-belga deve

essere inquadrata all’interno di un network jihadista europeo di proporzioni molto

ampie e ancora non ben definite che coinvolge – con specifiche mansioni (dalla logi-

stica al reclutamento) – diversi Stati dell’Europa meridionale e centro-settentrionale.

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SIRIA-IRAQ ↴

Dopo dieci mesi di occupazione dei miliziani dello Stato Islamico (IS), il 27 marzo la

città di Palmira è stata liberata dalle forze governative. Il congelamento delle

ostilità con le opposizioni aveva incoraggiato la diversione delle truppe fedeli al Pre-

sidente Bashar al-Assad dai fronti di Aleppo e Qalamoun verso la provincia di Homs.

In appoggio all’esercito siriano, anche i combattenti di Hezbollah, delle milizie sciite

irachene e della brigata afghana Liwa al-Fatimiyoun, come pure i Pasdaran iraniani

della Guardia Rivoluzionaria, hanno preso parte all’offensiva lanciata il 7 marzo. Fat-

tore decisivo nella riconquista della “sposa del deserto” sono stati gli ingenti bombar-

damenti dei caccia Sukhoi russi che hanno aperto alle brigate di Damasco e alle forze

alleate la strada verso l’antica città siriana, al cui controllo è legato quello dei vicini

giacimenti di petrolio e gas naturale da cui in buona parte dipendono gli approvvigio-

namenti energetici della Siria occidentale in mano al regime alawita. Consapevoli

dell’importanza strategica e simbolica del successo militare, le autorità di Mo-

sca hanno rivendicato di aver colpito 146 obiettivi jihadisti tra il 20 e il 23 marzo. Il

ritiro da Palmira restringe l’influenza del Califfato, che resta tuttavia incontrastata in

larghi tratti della Valle dell’Eufrate e in particolare tra la “capitale” Raqqa e Deir ez-

Zor. Oltre a documentare i danni inflitti al patrimonio archeologico, l’agenzia gover-

nativa SANA ha riferito il ritrovamento di una fossa comune a nord-est della città,

con le salme di almeno quaranta persone trucidate dai guerriglieri islamisti.

Bashar al-Assad ha commentato che i successi acquisiti sul campo di battaglia

tendono ad accelerare e a non ostruire il processo politico di transizione.

Intervistato dalla testata giornalistica Sputnik, vicina al Cremlino, il Presidente siriano

ha aperto alla possibilità di un governo di unità nazionale composto anche da (non

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precisati) esponenti delle opposizioni e incaricato di redigere una nuova carta costi-

tuzionale. Il leader alawita ha poi condannato Turchia, Arabia Saudita, Francia e Re-

gno Unito in quanto sostenitori diretti del terrorismo. Infine, al-Assad ha precisato

che nella ricostruzione del Paese martoriato da una guerra civile ormai quinquennale

saranno principalmente coinvolte le aziende delle potenze alleate, ossia Russia, Iran

e Cina. Proprio il governo cinese ha nominato il diplomatico Xie Xiaoyan quale inviato

speciale nei negoziati di pace in corso a Ginevra.

TERRITORI CONTROLLATI DALLO STATO ISLAMICO AL 31.03.2016 – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

Gli sforzi diplomatici per la risoluzione della crisi siriana si avvolgono attorno all’asse

Mosca-Washington. Dopo un lungo confronto, il 25 marzo il Ministro degli Esteri

Sergej Lavrov e il Segretario di Stato John Kerry hanno concordato che i due obiettivi

ricordati dallo stesso al-Assad, ossia la formazione di un nuovo esecutivo e la stesura

della Costituzione, debbano essere ultimati entro agosto. La sinergia tra le due po-

tenze è confortata dalla continuità della tregua raggiunta alla fine di febbraio. Tutta-

via, l’Osservatorio siriano per i diritti umani riferisce che 326 civili (di cui 73 mino-

renni) hanno perso la vita nei combattimenti riaffiorati nelle aree coperte dal cessate

il fuoco e nelle aree escluse per la presenza dei guerriglieri dell’IS e di Jabhat al-

Nusra. Lo Stato Maggiore russo ha avvisato di essere ponto a ricorrere unilateral-

mente alla forza contro le violazioni della tregua. Tuttavia, sono principalmente i

bombardamenti ordinati dal regime di Damasco protetto da Mosca a com-

promettere la tregua. Tra il 31 marzo e il 1° aprile l’aviazione siriana ha colpito le

postazioni ribelli nella capitale, Aleppo, Homs, Hama, Idlib e Latakia riaccendendo

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improvvisamente il conflitto con le opposizioni. Francia e Stati Uniti hanno condan-

nato gli attacchi sul quartiere di Deir al-Asafir a Damasco. La dirigenza siriana ha

però rigettato le accuse facendo leva sulla legittimità del contrasto dei gruppi qaedisti

e delle sigle alleate a DAESH, ma la prassi estensiva dei raid e l’alto numero dei morti

civili disattendono la tesi di azioni mirate.

Vacilla fortemente la posizione del Primo Ministro iracheno Haider al-Abadi.

Costretto ad annunciare un rimpasto di governo di fronte alle veementi manifesta-

zioni di dissenso contro la corruzione delle istituzioni centrali esplose a Baghdad e

nelle province meridionali, il Premier ha mancato il termine del 26 marzo che Moqtada

al-Sadr, leader sciita del Movimento Sadrista e fomentatore delle proteste, aveva

posto per la presentazione delle nomine al Parlamento. Come atto dimostrativo al-

Sadr ha intrapreso un sit-in all’interno della Green Zone, il complesso fortificato che

nella capitale ospita gli edifici governativi, tuttavia richiamando i propri sostenitori a

restare ai margini dell’area. La competizione tra le varie fazioni politiche per aumen-

tare l’influenza sul governo flette l’autonomia di al-Abadi nelle designazioni ministe-

riali, come appurato dalla creazione di una commissione interna alla coalizione par-

lamentare dei partiti sciiti per coadiuvare il Primo Ministro nel processo di selezione

– circostanza che ha portato i gruppi curdi e sunniti a contestare l’iter e a rifiutare la

proposta di propri nominativi. Intanto, al-Abadi ha dovuto prendere atto dello scan-

dalo Unaoil portato alla luce dall’agenzia Fairfax e dall’Huffington Post chiedendo

l’avvio di un’inchiesta contro i dirigenti iracheni coinvolti nel presunto giro di tangenti.

Tra gli indagati figura Hussein al-Shahristani, attualmente Ministro dell’Alta Educa-

zione e già Ministro dell’Energia tra il 2006 e il 2010.

Non si arrestano gli attentati terroristici dell’IS. Il 25 marzo un kamikaze islamista

si è fatto esplodere in uno stadio a al-Iskanderiya, a nord di Baghdad, al ter-

mine di un incontro di calcio. Nell’attacco sono morte almeno trenta persone, mentre

i feriti sono novantacinque. Attentati dinamitardi hanno colpito anche i Peshmerga

curdi schierati nel Sinjar, al confine siro-iracheno. Le forze di sicurezza irachene hanno

invece annunciato l’avvio delle operazioni nella provincia di Mosul e ripreso l’of-

fensiva su Hit, a ovest di Ramadi.

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BREVI

ARMENIA-AZERBAIJAN, 31 MARZO ↴

Gravi violazioni della tregua sono state registrate lungo

il confine tra Armenia ed Azerbaijan, lungo la linea di

contatto – in corrispondenza della regione di Martuni –

che separa dal resto dell’Azerbaijan la Repubblica del

Nagorno-Karabakh, a maggioranza etnica armena e de

facto indipendente dal 1991. Secondo le dichiarazioni

rilasciate dal Ministero della Difesa di Baku, le truppe armene avrebbero lanciato

un’offensiva con un massiccio dispiegamento di artiglieria pesante, lanciagranate e

mitragliatrici, che avrebbe causato l’abbattimento di un elicottero e 12 vittime tra i

militari azerbaijani. Viceversa, secondo fonti congiunte di Yerevan e di Stepanakert

– capitale della regione contesa del Nagorno Karabakh –, l’attacco sarebbe stato

sferrato dall’esercito nemico che, impiegando mezzi di aeronautica militare, artiglieria

e blindati avrebbe ucciso alcuni civili del Karabakh, 18 soldati armeni e ne avrebbe

ferito 35. Gli scontri si inscrivono in un contesto di crescenti tensioni: già dal 27

marzo, infatti, l’Azerbaijan aveva lamentato lo sconfinamento di truppe armene nel

distretto nord-occidentale del Kazakh e gli incidenti seguiti al presunto tentativo di

infiltrazione avrebbero provocato la morte di due soldati azerbaijani. Secondo le

autorità di Baku, inoltre, già nei giorni precedenti l’esercito armeno avrebbe ripe-

tutamente aperto il fuoco contro diversi villaggi azerbaijani nello stesso distretto del

Kazakh, che dista alcune centinaia di Km dal Nagorno Karabakh, suggerendo pertanto

come gli scontri non siano esclusivamente legati all’annoso contenzioso territoriale,

ma presumibilmente volti a sondare la capacità di reazione avversaria e ad estendere

le posizioni di controllo. In ogni caso, per ciò che riguarda strettamente il Nagorno-

Karabakh, da Washington il Presidente armeno Serzh Sargsyan ha ammesso che le

ostilità in corso sono le più violente da quando, nel 1994, le parti belligeranti

sottoscrivevano a Biškek l’accordo provvisorio di cessate-il-fuoco, in vista di un’intesa

finale. In conseguenza di un conflitto che per sei anni (1988-94) ha assunto le

proporzioni di una guerra civile, l’esercito armeno ha occupato quasi tutta la regione

autonoma del Nagorno-Karabakh ed altri sette distretti adiacenti, pari al 20% della

superficie dell’Azerbaijan. L’ostruzionismo bilaterale al processo di pace e la mancata

implementazione delle quattro risoluzioni del 1993, con le quali l’ONU raccomandava

il ritiro della potenza occupante, hanno finora ostacolato i negoziati condotti dal

Gruppo di Minsk, organismo di mediazione creato ad hoc dall’OSCE nel 1992, che in

questa occasione ha espresso grave preoccupazione per l’utilizzo della forza e la

perdita di vite umane. Sebbene nella giornata del 3 aprile il Ministro della Difesa

azerbaijano, Yavar Jamalov, abbia annunciato una tregua unilaterale, il portavoce del

Presidente del Nagorno-Karabakh, David Babayan, ha dichiarato che le ostilità non

sono ancora cessate.

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BALANCE OF POWER IN NAGORNO KARABAKH – FONTE: RADIO FREE EUROPE/RADIO LIBERTY

(INFOGRAFICA COMPLETA AL SEGUENTE LINK)

BOSNIA ERZEGOVINA-SERBIA, 24-31 MARZO ↴

Il Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia

(ICTY) ha condannato Radovan Karadžić a 40 anni di

reclusione per genocidio, crimini di guerra e crimini

contro l’umanità nell’ambito del processo per le atrocità

commesse durante il conflitto in Bosnia tra il 1992 e il

1995. Giudicato responsabile di dieci su undici capi

d’imputazione, Karadžić – ex Presidente della Repubblica Serba di Bosnia e

Erzegovina e comandante supremo delle forze serbo-bosniache – si sarebbe reso

colpevole dell’assedio di Sarajevo, del sequestro di 284 caschi blu dell’ONU utilizzati

come scudi umani e, in particolare, di aver dato ordine dell’esecuzione di massa di

migliaia di musulmani – almeno 8.000 – a margine delle operazioni di riconquista di

Srebrenica. L’Assemblea dei giudici, presieduta da O-Gon Kwon, ha accertato

l’intenzionalità del genocidio, dichiarando che Karadžić sarebbe stato l’unico che

avrebbe potuto impedire l’eccidio. L’assoluzione per insufficienza di prove è giunta

invece rispetto all’accusa di genocidio relativa ai massacri compiuti in sette comuni

bosniaci (Bratunac, Prijedor, Foca, Ključ, Sanski Most, Vlasenica, Zvornik), teatro di

violenze che vedono Karadžić comunque colpevole di crimini contro l’umanità. In

termini differenti l’ICTY ha esaminato la vicenda processuale di Vojislav Šešelj,

fondatore del Partito Radicale Serbo, sostenitore del mito ultranazionalista della

“Grande Serbia” e già vice Primo Ministro della Serbia. Il 31 marzo i giudici hanno

assolto l’imputato dai nove capi d’accusa per crimini di guerra e contro l’umanità

perpetrati contro la popolazione non serba per motivi politici, religiosi e razziali, in

quanto non è stato accertato che l’imputato fosse a conoscenza, o addirittura

approvasse, i fatti contestati. Šešelj torna così in libertà per merito di un verdetto

che non ha mancato di sollevare opinioni discordanti tra gli stessi giudici e dure

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reazioni tra gli esponenti politici di Bosnia e Croazia. Il Tribunale Penale

Internazionale deve esprimersi ancora nei confronti del Generale serbo-bosniaco

Ratko Mladić e per i due principali responsabili dei servizi segreti serbi, Jovica Stanišić

e Franko Simatović, per i quali la Procura dello stesso tribunale ha richiesto la

riapertura del procedimento dopo una prima assoluzione.

COREA DEL NORD, 1° APRILE ↴

L’apparente reazione violenta di Pyongyang alle

manovre militari congiunte tra Stati Uniti e la

Repubblica di Corea nei primi giorni di marzo sembra

essere diventata nuovamente la principale strategia

negoziale della Corea del Nord. Infatti, da metà marzo

Pyongyang ha effettuato numerosi lanci di diverse

tipologie di missili verso il Mar del Giappone annunciando nuovi successi del proprio

programma missilistico, come il test di un motore a propellente solido. Non si è fatta

attendere l’inevitabile condanna della comunità internazionale, riassunta in seno al

Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre Barack Obama ha firmato il nuovo

pacchetto di sanzioni economiche nei confronti della Corea del Nord. La strategia

della brinkmanship di Pyongyang non rappresenta una novità a livello regionale ed è

basata sulla presunzione che un sufficiente grado d’innalzamento delle tensioni

potrebbe costringere gli Stati Uniti ed i suoi alleati a tornare a discutere il piano

negoziale e di aiuti economici al regime di Kim Jong-un.

GITTATA MASSIMA DEI MISSILI NORDCOREANI – FONTE: ANSA-CENTIMETRI

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La debolezza di questo approccio appare però evidente. Dati gli alti costi materiali

dell’implementazione di questa strategia, la capacità di Pyongyang di seguirla per un

arco di tempo prolungato è assai poco credibile. Inoltre le provocazioni militari

appaiono come l’unico strumento a disposizione delle autorità nordcoreane nei

negoziati con Washington e Seoul e non sono seguite da una strategia diplomatica

coerente. L’azione di Pyongyang, inoltre, ha importanti ripercussioni sull’interazione

tra i numerosi attori regionali e un forte ascendente sulla sicurezza globale. I progetti

di schierare sistemi anti-missilistici THAAD nella Repubblica di Corea promossi da

Washington, ad esempio, hanno riscontato una forte opposizione da parte di Mosca

e Pechino, minando la loro disponibilità a collaborare in questo ambito. Mosca ha

utilizzato la scusa dei THAAD per non partecipare al summit sulla sicurezza nucleare

a Washington, mentre da Pechino giungono le notizie sulla decisione di modernizzare

l’arsenale nucleare cinese per ridurre i suoi tempi di reazione nel caso di un conflitto

regionale. La crescente militarizzazione della regione, fulcro di interessi di Stati Uniti,

Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud, rappresenta di conseguenza una seria

minaccia non solo alla sicurezza del quadrante asiatico, ma anche di quello globale.

NATO, 30 MARZO ↴

Secondo alcune fonti citate dal Wall Street Journal, il

Pentagono avrebbe elaborato un piano di

riposizionamento di truppe americane lungo i confini

orientali della NATO allo scopo di dissuadere la Russia

da possibili aggressioni sul fronte in questione e di

rassicurare i partner NATO dell’impegno della stessa

Alleanza Atlantica a preservare l’integrità territoriale dei Paesi dell’Europa Orientale.

Il rafforzamento del fianco orientale – di per sé già annunciato nel corso degli ultimi

vertici ministeriali della NATO, non ultimo quello del 10-11 febbraio e in continuità

con il summit di Newport – dovrebbe prevedere il dispiegamento di 250 carri armati,

veicoli da combattimento Bradley per la fanteria, obici semoventi Paladin, 1700

veicoli cingolati e camion, oltre a 4.200 soldati in Lituania, Estonia, Lettonia, Polonia,

Romania e Bulgaria. Questo contingente, parte di una presenza statunitense

permanente in Europa che arriverebbe fino a 62mila uomini, dovrebbe inoltre avere

la possibilità di spostarsi in base alle esigenze espresse dagli altri Paesi NATO per

esercitazioni e altre operazioni di training. Mentre il comandante delle forze USA in

Europa, il Generale Frederick Benjamin Hodges ha dichiarato che il programma è atto

a valutare le capacità di reazione e deterrenza, il vice Segretario alla difesa USA,

Robert Work, ha dichiarato che ciò, combinato con le attrezzature già esistenti in

Europa, dovrebbe garantire una copertura rapida e moderna in caso di aggressioni.

La Casa Bianca avrebbe dunque già approvato il piano che, operativo dal 2017 e

nell’ambito del budget stimato per la European Reassurance Initiative, dovrebbe

aggirarsi intorno ai 3,4 miliardi di dollari. La richiesta dovrà in ogni caso essere

Page 14: OPI Weekly Report N°10/2016

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firmata anche dal Congresso: sebbene l’incremento della spesa militare sembri

incontrare un sostegno bipartisan, tale impegno quadruplicherebbe l’aiuto finanziario

ai progetti di difesa europei.

PAKISTAN, 28 MARZO ↴

Un kamikaze si è fatto esplodere con 28 chili di tritolo

nel grande parco pubblico Gulshan-e-Iqbal a Lahore,

provocando la morte di almeno 73 persone. L’attacco

è stato repentinamente rivendicato dal gruppo sunnita

Jamaat-ul-Ahrar, in passato legato a Tehrik-i-Taliban

Pakistan (TTP), la fazione pachistana dei talebani.

Jamaat-ul-Ahrar aderisce a una corrente estremista del movimento islamico

Deobandi, rigidamente conservatore, che negli ultimi anni ha compiuto gravi

incursioni in Pakistan, tra cui numerosi attacchi contro funzionari del governo o

minoranze religiose, e che mira ad epurare il Paese da quest’ultime e ad applicare la

legge islamica. Il portavoce di Jamaat-ul-Ahrar, Ehsanullah Ehsan, ha sottolineato

che l’obiettivo principale era appunto la minoranza cristiana, che costituisce l’1,6%

della popolazione pachistana. Tuttavia, Lahore è anche la più grande città della

provincia del Punjab – nel nord-est del Pakistan al confine con l’India – e il luogo

d’origine del Primo Ministro Nawaz Sharif, dove questi gode di grande appoggio

politico. Pertanto si pensa che l’obiettivo reale fosse un altro: “la visione liberale e

inclusiva della democrazia pachistana” sostenuta dallo stesso Sharif, il quale sta

promuovendo iniziative per un miglioramento della condizione delle donne e delle

minoranze religiose (come gli hindu, i cristiani e i musulmani sciiti). Al momento,

oltre 600 persone sono state arrestate dalle forze di sicurezza pachistane nel corso

di operazioni anti-terrorismo condotte a Gujranwala, Faisalabad, Sadiqabad, Khanpur

e Liaquatpur. Una fonte militare ha affermato che nelle operazioni di controllo in tutta

la provincia del Punjab sono stati coinvolti sia l’esercito sia i Rangers, ai quali sono

stati conferiti poteri straordinari in merito a perquisizioni ed interrogazioni. Inoltre,

negli stessi istanti in cui a Lahore si soccorrevano i feriti, nella capitale Islamabad la

polizia locale era impegnata a sedare una manifestazione di opposizione al fine di

richiedere al Primo Ministro l’applicazione della sharia organizzata dai sostenitori di

Mumtaz Qadri – condannato all’impiccagione per aver assassinato nel 2011 l’ex

governatore musulmano del Punjab, Salman Taseer, per la sua opposizione alla legge

sulla blasfemia. La zona che comprende le aree tribali al confine con l’Afghanistan e

le regione del Punjab è da tempo oggetto di attacchi terroristici. Dal 2001 in Pakistan

più di 60.000 persone sono morte per atti di terrorismo, compiuti principalmente dai

combattenti talebani che hanno la loro base nelle aree montagnose vicino

all’Afghanistan e che hanno l’obiettivo di rovesciare il regime democratico e

implementare la sharia. Secondo il Global Terrorism Index 2015, il Pakistan è la

quarta nazione al mondo maggiormente esposta alla minaccia, preceduta da Iraq,

Afghanistan e Nigeria e seguita dalla Siria.

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STATI UNITI-POLITICA INTERNA, 22-26 MARZO ↴

Nell’ultimo round delle primarie statunitensi del 26

marzo, che ha interessato soltanto gli elettori

democratici, il senatore del Vermont Bernie Sanders

ha ottenuto la vittoria in tutti e tre gli Stati dove si è

votato, ovvero Alaska, Washington e Hawaii. Si tratta

di Stati che non spostano molto gli equilibri della

contesa poiché distribuiscono in maniera proporzionale un numero limitato di

delegati, ma i successi di Sanders servono per rimanere in corsa e mettere un po’ di

pressione alla macchina elettorale che sostiene la candidatura di Hillary Clinton. L’ex

Segretario di Stato USA, dopo aver conquistato la popolosa Florida, aveva ottenuto

nel Western Tuesday del 22 marzo una vittoria importante anche nell’Arkansas, uno

degli Stati con più delegati (75), mentre Sanders aveva prevalso nettamente nello

Utah e in Idaho. Nell’ultimo periodo Sanders ha recuperato terreno nei confronti della

Clinton, sfruttando il format dei caucus nei quali si dimostra più a suo agio e

conquistando la base liberale del partito, mentre la Clinton beneficia del sostegno

degli elettori meno giovani e delle minoranze etniche. Il conto aggiornato della

contesa democratica assegna alla Clinton la vittoria in 18 Stati mentre Sanders è

fermo 14, ma i delegati conquistati dall’ex Segretario di Stato sono 1.712 dei 2.383

necessari ad assicurarsi la nomination, mentre il senatore del Vermont ha superato

di poco quota 1.000: inoltre, quasi tutti i superdelegati, ovvero coloro che alla

convention di Philadelphia di luglio dovranno scegliere quale candidato appoggiare,

hanno dato il loro appoggio all’ex First Lady. Sul fronte repubblicano continua la

contestata ma inesorabile avanzata politica di Donald Trump. Il ricco imprenditore

newyorkese ha ottenuto, nel Western Tuesday, un’importante affermazione in

Arizona, aggiudicandosi tutti e 58 delegati disponibili, dopo aver vinto, come la

Clinton, anche in Florida. Il Senatore del Texas Ted Cruz, ormai unico sfidante rimasto

dato che John Kasich è pressoché tagliato fuori dalla lotta per la nomination diretta,

ha vinto nello Utah, dove ha conquistato i 45 delegati locali. Nonostante le numerose

vittorie accumulate, Trump possiede “soltanto” 736 delegati dei 1.237 necessari per

la nomination diretta, mentre Ted

Cruz è fermo a quota 463. Se il

voto popolare repubblicano

appare favorevole al tycoon

newyorkese, l’establishment del

partito non perde occasione per

mostrare la propria diffidenza nei

suoi confronti: dopo il sostegno

ricevuto dall’ex sfidante Jeb

Bush, Cruz sta beneficiando

anche dell’impegno in suo favore

di Mitt Romney, ex candidato alla

Casa Bianca, molto popolare

Page 16: OPI Weekly Report N°10/2016

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nella comunità mormone. Le prossime tornate elettorali potrebbero essere decisive

perché si voterà in Stati importanti e “pesanti”, in termini di voti e delegati, tra i quali

New York (19 aprile), Maryland e Pennsylvania (entrambi il 26 aprile): i numerosi

delegati in palio nel mese di aprile potrebbero già definire chi saranno i due sfidanti

per la presidenza.

STATI UNITI-POLITICA ESTERA, 20-21 MARZO – 31 MARZO-1 APRILE ↴

Per la prima volta dal 1928, un Presidente degli Stati

Uniti è tornato in visita ufficiale a Cuba. Il 20 e 21

marzo, Barack Obama si è recato a L’Avana per

incontrare Raul Castro dopo lo storico riavvicinamento

diplomatico dello scorso anno. Obama ha affermato

che «este es un nuevo dia» (è un nuovo giorno) non

solo per i rapporti bilaterali tra due ex nemici della

Guerra Fredda ma anche per quelli inter-americani. Al centro dell’agenda ci sono

state due questioni: la rimozione dell’embargo a Cuba e la tutela dei diritti umani da

parte del regime dei Castro. La vera normalizzazione dei rapporti, ha detto Obama,

non può che passare dagli affari economici: «continuo a lanciare appelli al Congresso

affinché elimini l’embargo» ma è necessario anche che L’Avana decida di «allentare

le restrizioni interne sul business». Sui diritti umani, Obama ha riconosciuto che

persistono grosse “divergenze”, tuttavia «gli USA riconoscono i progressi fatti da

Cuba e soprattutto affermo che il destino di Cuba non viene deciso dall’esterno: Cuba

è un Paese sovrano e orgoglioso, il futuro di Cuba sarà deciso dai cubani». Dal canto

suo, Raul Castro ha risposto che, per migliorare i rapporti, «si potrà fare ancora molto

se l’embargo verrà eliminato del tutto. Noi riconosciamo l’impegno di Obama contro

l’embargo e i suoi appelli al Congresso affinché lo rimuova». E sui diritti umani ha

invitato gli Stati Uniti a guardare in casa loro poiché, ha affermato, «trovo

inconcepibile che un governo non assicuri il diritto alla salute, all’istruzione, al cibo,

allo sviluppo, ai diritti dei bambini». Washington è stata poi al centro di un altro

importante avvenimento internazionale: il Nuclear Security Summit, che si è tenuto

il 31 marzo e 1 aprile e a cui hanno partecipato oltre 50 Paesi. In questa sede, Obama

si è soffermato in particolare sulla pericolosità che lo Stato Islamico si doti di armi

nucleari: «non c’è dubbio che se mai i folli dovessero mettere le loro mani su

materiale nucleare, quasi sicuramente lo utilizzerebbero per uccidere il maggior

numero possibile di persone innocenti. L’unica difesa efficace contro il terrorismo

nucleare è di mettere in sicurezza tale materiale per garantire che non arrivi nelle

mani sbagliate».

Page 17: OPI Weekly Report N°10/2016

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ALTRE DAL MONDO

BRASILE, 28 MARZO ↴

Il Partito del Movimento Democratico Brasiliano (PMDB), formazione di centro-sini-

stra e principale alleato di governo del Partito dei Lavoratori (PT), ha deciso, dopo

una riunione lampo del direttivo nazionale riunito a Brasilia, di abbandonare l’esecu-

tivo guidato dalla Presidente Dilma Rousseff, chiedendo, per mezzo del suo leader e

vice Presidente brasiliano, Michel Temer, dimissioni immediate di tutti i suoi Ministri.

Espressione del PMDB sono non solo i sette Ministri al governo, ma anche i 69 parla-

mentari eletti alla Camera bassa e i 14 membri al Senato. L’uscita di scena del PMDB

dall’esecutivo è legata all’opportunità di distanziarsi dagli scandali corruttivi dell’af-

faire Petrobras, che hanno colpito il PT e Lula in particolar modo. La scelta politica

del PMDB rappresenta un duro colpo per la tenuta del governo, che rischia ora di

cadere nelle prossime settimane qualora passasse la procedura di impeachment pro-

posta dalle opposizioni nei confronti di Dilma Rousseff, portando così il Paese ad ele-

zioni anticipate.

CINA, 31 MARZO ↴

A margine del 4° Nuclear Security Summit di Washington si è svolto un bilaterale tra

Barack Obama e Xi Jinping. Nell’incontro i due leader hanno affrontato diversi temi

(tra cui il cambiamento climatico e il commercio internazionale), soffermando la loro

attenzione soprattutto in materia di nucleare e sicurezza globale e di tensioni nel Mar

Cinese Meridionale. Obama e Xi hanno concordato sulla necessità di rafforzare la

cooperazione multilaterale in materia di sicurezza nucleare globale con l’obiettivo di

promuovere il mantenimento della pace e contrastare la crescente minaccia del ter-

rorismo internazionale. Sempre in materia di nucleare, Obama e Xi hanno discusso

delle minacce che si celano dietro il dossier nordcoreano impegnandosi ufficialmente

in un processo di denuclearizzazione della Penisola coreana. Una minore intesa o

volontà di cooperazione è invece emersa per quel che riguarda le rivendicazioni ter-

ritoriali e marittime nel Pacifico meridionale. Sebbene le posizioni in merito riman-

gano distanti, USA e Cina si sono dichiarate disponibili a lavorare più duramente nello

stemperare le frizioni esistenti. Ciononostante, Xi Jinping ha ribadito che Pechino non

accetterà interferenze internazionali che violino la sovranità del Paese o che possano

ledere gli interessi cinesi nella regione marittima sud-orientale.

EGITTO, 24 MARZO ↴

Dopo settimane di annunci, il Premier Sharif Ismail ha dato avvio ad un profondo

rimpasto di governo che ha interessato ben 10 Dicasteri, tra cui quelli della Giustizia

e del Turismo. Il reshuffle non ha invece interessato il Ministro dell’Interno, Magdi

Abdel Ghaffar, sotto pressione internamente e sul piano internazionale per le accuse

Page 18: OPI Weekly Report N°10/2016

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a suo carico e nei confronti della polizia di torture e barbarie, nonché per le respon-

sabilità del suo Ministero nella ricerca dei responsabili dell’uccisione del ricercatore

italiano Giulio Regeni. Il rimpasto di governo sarebbe dettato dall’insoddisfazione po-

polare e istituzionale nei confronti dell’esecutivo, reo di non aver saputo affrontare

adeguatamente le sfide lanciate in questi anni dalla crisi economica nazionale: ri-

forme, disoccupazione, lotta alla corruzione e attrazione di investimenti esteri diretti.

GIAPPONE, 28 MARZO ↴

È entrata in vigore la legge fortemente voluta dal Primo Ministro, Shinzo Abe, che

riforma l’uso dello strumento militare nazionale. Il provvedimento era stato appro-

vato nello scorso settembre tra polemiche dell’opposizione e manifestazioni in piazza

dell’opinione pubblica. Con la nuova legge, le cosiddette Forze di autodifesa potranno

intervenire anche all’estero proattivamente nel caso in cui la sicurezza del Paese si

ritenga minacciata. Si tratta, inoltre, di un monito indiretto alle aspirazioni regionali

della Cina e alle minacce nucleari della Corea del Nord.

KOSOVO, 31 MARZO ↴

L’accordo di demarcazione dei confini tra Kosovo e Montenegro, siglato lo scorso

agosto, è stato giudicato valido dal punto di vista legale e tecnico dalla Commissione

di esperti creata ad hoc e a cui era ricorsa il Presidente uscente kosovaro, Atifete

Jahjaga, per tentare di ristabilire il dialogo politico tra governo e opposizioni: queste

ultime, già fortemente critiche nei confronti dell’esecutivo guidato da Isa Mustafa per

l’accordo sull’istituzione dell’Associazione delle Municipalità serbe del Kosovo del nord

e che per questa stessa ragione – non senza episodi di tensione – hanno interrotto

dall’autunno l’attività parlamentare, lamentano infatti che l’intesa con il Montenegro

priverebbe il Kosovo di decine di ettari di territorio. L’accordo di demarcazione, ne-

cessario per la stabilizzazione dei confini (simili trattai sono stati già siglati con Alba-

nia e Macedonia), era un requisito per la prosecuzione del processo di avvicinamento

alle strutture europee. Da questo punto di vista il 1° aprile è entrato in vigore l’Ac-

cordo di Stabilizzazione e Associazione sottoscritto a Bruxelles lo scorso 27 ottobre.

LIBIA, 30 MARZO-1 APRILE ↴

É sbarcato via mare a Tripoli il governo di unità nazionale libico costituitosi a dicembre

sotto l’egida della comunità internazionale e guidato dal Premier Fayez al-Serraj. Se-

condo alcuni media locali molti esponenti del governo filo-islamista in carica a Tripoli

dal 2014, fra cui lo stesso Premier, Khalifa Ghwell, avrebbero ormai abbandonato la

capitale. Molte incertezze tuttavia permangono su tale notizia così come sulla pre-

sunta fuga del Presidente del Parlamento di Tripoli, Abu Shamin. Intanto almeno 10

città costiere (tra le quali Zawiya e Sabratha), prendendo le distanze dal Congresso

di Tripoli, hanno deciso di sostenere il governo di unità nazionale; a ciò si sono ac-

Page 19: OPI Weekly Report N°10/2016

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compagnate manifestazioni pubbliche a favore del cambiamento e del nuovo go-

verno. Nonostante ciò, la conquista di Tripoli da parte di al-Serraj non può ancora

dirsi conclusa poiché ancora molte sono le voci contrarie all’esecutivo di transizione.

MALI, 22 MARZO ↴

A quattro mesi dall’attacco all’hotel Radisson Blu di Bamako, rivendicato dai jihadisti

di al-Mourabiṭoun, gruppo islamista affiliato ad al-Qaeda, alcuni uomini armati non

ancora identificati hanno assaltato l’hotel Azalai Nord-Sud, sede della missione di

addestramento dell’Unione Europea (EUTM), sempre nella capitale maliana. Nell’at-

tacco, velocemente respinto dalle forze di sicurezza, uno degli attentatori è rimasto

ucciso mentre non si sono registrate vittime o feriti tra le file del contingente europeo.

La stessa struttura alberghiera non ha subito danni. Al momento l’attentato non è

stato ancora rivendicato. Tuttavia, non si esclude che possa essere stato organizzato

da alcuni gruppi terroristici operanti nella regione del Sahel. In Mali infatti agiscono

diverse formazioni jihadiste attive, alcune delle quali affiliate ad al-Qaeda. Tra queste

figurano Ansar Eddine, attivo nel nord del Mali e composto da Tuareg islamisti e

guerriglieri stranieri, al-Mourabitoun, appunto, operante nella regione del Sahel, e il

Fronte di Liberazione Macina, composto in maggioranza da Fulani, la minoranza et-

nica musulmana predominante e attivo nel sud del Paese.

MAROCCO, 24 MARZO ↴

Le autorità marocchine hanno annunciato di aver smantellato una cellula terroristica

presumibilmente legata alle attività dello Stato Islamico (IS) in Libia, affermando che

i nove militanti arrestati stessero pianificando alcuni attacchi nel Regno nordafricano.

Secondo una nota del Ministero degli Interni, il gruppo era attivo a Marrakech, nella

città costiera di Sidi Bennour e a Smara, nel vicino territorio del Sahara Occidentale.

Il Marocco ha dichiarato già in passato di aver sventato le attività di gruppi islamici

radicali sul proprio territorio. Il Central Bureau of Judicial Investigation (BCIJ) ha

monitorato le attività dei presunti militanti a partire dalla conquista di ampie porzioni

di Siria e Iraq da parte dell’IS nel 2014-2015 e ha stimato che circa 1.500 cittadini

marocchini abbiano preso parte ai combattimenti negli ultimi anni.

MYANMAR, 30 MARZO ↴

Nel corso della cerimonia di insediamento di Htin Kyaw quale primo Presidente civile

della Repubblica birmana, la leader della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD)

Aung San Suu Kyi è stata nominata Ministro degli Esteri. La leader e Premio Nobel

per la Pace sarà inoltre a capo dell’ufficio presidenziale, del Ministero dell’Istruzione

e di quello dell’Energia e dell’Elettricità. Nelle prossime settimane dovrebbero essere

introdotte delle modifiche legislative che permetteranno ad Aung San Suu Kyi di as-

surgere al ruolo di consigliere di Stato, una figura con poteri pari a quelli del Premier.

Page 20: OPI Weekly Report N°10/2016

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RUSSIA-GIAPPONE, 25 MARZO ↴

La notizia del dispiegamento dei sistemi missilistici antinave “Bal” e “Bastione” sulle

Isole Curili da parte di Mosca ha suscitato numerose preoccupazioni a Tokyo. Il Giap-

pone vede nei recenti sviluppi lungo i confini orientali della Federazione Russa un

chiaro passo indietro nel processo di normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi,

che non hanno ancora firmato il trattato di pace in seguito alla Seconda Guerra Mon-

diale. Il potenziamento militare russo in Estremo Oriente, già preannunciato nel 2015,

rappresenta la risposta di Mosca all’aumento dell’instabilità nella regione. Nel frat-

tempo, il Ministro della Difesa russo Sergej Shoigu ha annunciato l’inizio di una serie

di manovre della Marina Militare che hanno come scopo quello di valutare anche il

possibile dispiegamento degli assetti navali sulle Curili.

RUSSIA-CECENIA, 25 MARZO ↴

Vladimir Putin ha prorogato il decreto di nomina di Ramzan Kadyrov come Presidente

della Repubblica cecena. La carica di Kadyrov, infatti, sarebbe terminata il 5 aprile,

lasciando un vuoto istituzionale in una regione particolarmente importante per Mosca.

La presente decisione non è stata una sorpresa per i politologi, considerando l’immi-

nente appuntamento elettorale del prossimo settembre, quando verranno eletti di-

rettamente i leader di sei soggetti della Federazione Russa, inclusa la Cecenia. La

controversa figura di Kadyrov svolge un ruolo cruciale all’interno del palcoscenico

politico nazionale sia nell’ottica del mantenimento del controllo di Mosca sulla Repub-

blica Cecena sia nel delicato equilibrio tra le diverse fazioni politiche legate al Crem-

lino. In particolare il leader ceceno è visto da molti come un alleato chiave di Vladimir

Putin nella complessa gestione dell’apparato di sicurezza (i cosiddetti siloviki), molto

influente dentro e fuori dal Cremlino e nella Repubblica caucasica. Kadyrov può con-

tare inoltre sulla fedeltà di circa 40.000 combattenti ceceni che costituiscono un’im-

portante fattore di influenza sulla politica di Mosca nei confronti della Cecenia.

YEMEN, 20 MARZO ↴

A distanza di un anno dall’inizio della guerra in Yemen, la coalizione a guida saudita

e le milizie sciite Houthi hanno raggiunto un’intesa per un cessate il fuoco, necessaria

premessa per la ripresa dei colloqui di pace per una soluzione politica al conflitto. In

una conferenza stampa tenutasi a New York, il mediatore delle Nazioni Unite in Ye-

men, Ismail Ould Sheikh Ahmed, che è stato in contatto diretto con il Presidente Hadi

e con rappresentanti degli Houthi, ha annunciato l’avvio del cessate il fuoco in tutto

il Paese a partire dal 10 aprile e la ripresa dei negoziati di pace il 18 aprile in Kuwait.

Page 21: OPI Weekly Report N°10/2016

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ANALISI E COMMENTI

DOPO BRUXELLES: L’EUROPA E IL JIHADISMO AUTOCTONO

STEFANO M. TORELLI ↴

Dopo gli attentati del 13 novembre scorso a Parigi, il terrore torna in Europa, in quello

che è il suo simbolo istituzionale e politico: Bruxelles. Gli attentati contro l’aeroporto

di Zaventem e la stazione della metropolitana di Maelbeek (non lontano dai luoghi

fisici delle istituzioni europee) avvengono soltanto quattro giorni dopo l’arresto –

sempre a Bruxelles – di Salah Abdeslam, il ricercato numero uno d’Europa per via del

suo ruolo proprio negli attacchi di Parigi. Da un lato, come era del resto stato sotto-

lineato da diverse voci, era impensabile illudersi che dopo quell’arresto la scia jihadi-

sta in Europa si sarebbe fermata. Dall’altro lato, gli attentati di Bruxelles, alla pari di

quelli avvenuti a Parigi, ci impongono delle serie riflessioni sia sulla natura degli attori

che stanno attaccando l’Europa, sia sui loro scopi. Ma, soprattutto, ci impongono una

riflessione sul tipo di risposta che i governi europei devono dare di fronte alla minaccia

jihadista. Già molte voci – analisti, commentatori, politici – si sono levate per invocare

la “guerra” che l’Europa starebbe vivendo (…) SEGUE >>>

IL RITIRO DELLA RUSSIA DALLA SIRIA: LE SCELTE STRATEGICHE

GABRIELE NATALIZIA ↴

Il ritiro di una parte consistente dei 5.000 militari russi schierati in Siria, annunciato

da Vladimir Putin a poco più di due settimane dall’inizio della nuova tregua (27 feb-

braio), è stata oggetto di numerose interpretazioni e induce a riflettere su quelli che

– al di là degli obiettivi proclamati ufficialmente – erano le reali intenzioni della mis-

sione iniziata lo scorso settembre. Nessun fattore preso singolarmente sembra spie-

gare questo repentino mutamento di rotta. Più probabilmente, infatti, una serie di

ragioni diverse hanno indotto il Presidente della Federazione Russa a optare per una

soluzione che, come spesso accade quando c’è di mezzo il “nuovo zar”, ha spiazzato

la maggior parte degli osservatori. Proviamo a riportare schematicamente quelli che

ci sembrano i fattori più rilevanti, integrandoli con altri elementi di spiegazione su cui

non è stata puntata a sufficienza l’attenzione. Anzitutto la Russia si tira fuori dal

pantano siriano nel corso di un cessate il fuoco frutto di una ritrovata collaborazione

con gli Stati Uniti. Il Paese così ottiene un piccolo successo internazionale, dimo-

strando di saper ricorrere alla forza e sedere al tavolo dei negoziati (…) SEGUE >>>

COLOMBIA-FARC: PASSO FALSO VERSO LA PACE?

FRANCESCO TRUPIA ↴

Non sembrano essere stati sufficienti gli oltre due anni di stabili negoziati tra il go-

verno di Bogotá e gli alti rappresentanti delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de

Colombia (FARC) per sancire la conclusione di una delle pagine storico-politiche più

sanguinose dell’intera America Latina. Lo scorso 23 marzo, infatti, il Presidente co-

Page 22: OPI Weekly Report N°10/2016

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lombiano Manuel Santos e il leader guerrigliero Rodrigo Londoño Echeverri, nono-

stante gli auspici e la supervisione di Venezuela e Cile in qualità di Paesi osservatori,

insieme a Norvegia e Cuba, quest’ultima sede delle trattative, non hanno siglato alcun

accordo. L’ennesimo rinvio appare un mezzo passo falso sia per l’incapacità delle parti

di chiudere un accordo di alta rilevanza politica e sociale, che avrebbe consentito la

conclusione di un conflitto che ha assegnato alla Colombia l’etichetta geopolitica di

“Balcani delle Ande”, sia perché le Nazioni Unite erano già pronte a garantirne l’ap-

plicazione (…) SEGUE >>>

LA CENTRALITÀ DEL CORNO D’AFRICA NEL CONTESTO INTERNAZIONALE

TRA TERRORISMO E GEO-STRATEGIA MARITTIMA

SIMONE VETTORE ↴

Il 7 agosto 1998 una potente esplosione sventrava l’Ambasciata statunitense di Nai-

robi, in Kenya, provocando la morte di 212 persone; ad organizzare l’attacco fu al-

Qaeda, gruppo islamista radicale che all’epoca non era ancora assurto al ruolo di

guida del jihad globale e che anzi solo a seguito di tali attentati venne inserito

nell’elenco delle organizzazioni terroristiche su scala mondiale. La risposta di Wa-

shington non si fece attendere: il 20 agosto seguente veniva bombardata una fab-

brica farmaceutica in Sudan, all’interno della quale secondo l’intelligence statunitense

si costruivano armi chimiche e tra i cui “soci occulti”, dando credito ad alcuni report,

andava annoverato lo stesso Osama Bin Laden; lo stesso giorno altri strike colpivano

obiettivi in Afghanistan. Per il Kenya, purtroppo, quello del 1998 sarebbe stato solo

il primo di una lunga e tragica serie di attentati che arriva, seppur con brevi pause,

fino ai giorni nostri. Solo per citare i più importanti, ricordiamo quello duplice del 28

novembre 2002, giorno in cui dapprima un veicolo imbottito di esplosivo esplodeva

contro il Paradise Hotel di Mombasa, frequentato principalmente da turisti israeliani

(…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

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