il primo - agosto 2011a

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Mensile a tiratura regionale Anno 6 - n. 6 agosto 2011 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press Hanno scritto: Gennaro Ventresca - Adalberto Cufari - Antonio Campa - Sergio Genovese Gegè Cerulli - Domenico Fratianni - Walter Cherubini Hanno fotografato: Gino Calabrese - Mimmo Di Iorio - Paolo Parente e Gianluca Macchiarola Politica: tutto come negli anni 80 Mercato coperto: tutto da rifare La stagione dei ladri

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La stagione dei ladri Mercato coperto: tutto da rifare Hanno scritto: Gennaro Ventresca - Adalberto Cufari - Antonio Campa - Sergio Genovese Gegè Cerulli - Domenico Fratianni - Walter Cherubini Hanno fotografato: Gino Calabrese - Mimmo Di Iorio - Paolo Parente e Gianluca Macchiarola Mensile a tiratura regionale Anno 6 - n. 6 agosto 2011 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press in edi col a e in lib rer NO VIT A’ Centro Stampa Molise ia

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Page 1: IL PRIMO - AGOSTO 2011a

Mensile a tiratura regionaleAnno 6 - n. 6 agosto 201120.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press

Hanno scritto: Gennaro Ventresca - Adalberto Cufari - Antonio Campa - Sergio GenoveseGegè Cerulli - Domenico Fratianni - Walter Cherubini

Hanno fotografato: Gino Calabrese - Mimmo Di Iorio - Paolo Parente e Gianluca Macchiarola

Politica: tutto comenegli anni 80

Mercato coperto:tutto da rifare

La stagionedei ladri

Page 2: IL PRIMO - AGOSTO 2011a

in edico

la e in li

breria

NOVITA’

Dieci annidi buonGoverno

Centro Stampa Molise

Page 3: IL PRIMO - AGOSTO 2011a

7 Vita e pensiero

31 Sanità

59 Terremoto

103 Infrastrutture

125 Università

143 Imprese e lavoro

163 Politica internazionale

192 pagine a colori

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Page 4: IL PRIMO - AGOSTO 2011a

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L’intervista

sommario

Allegato

DIRETTORE RESPONSABILEAngelo Santagostino

DIRETTORE EDITORIALEGennaro Ventresca

Registrazione al Tribunale

di Campobasso

n°3/08 del 21/03/2008

A.I. COMMUNICATIONSEDE LEGALEvia Gorizia, 42

86100 CampobassoTel. 0874.481034 - Fax 0874.494752

E-mail: [email protected]

E-mail: Amministrazione-Pubblicità[email protected]

www.lagazzettadelmolise.itwww.gazzettadelmolise.com

STAMPA:A.I. CommunicationSessano del Molise (IS)

Hanno collaborato

Adalberto CufariAntonio Campa

Sergio GenoveseGegè Cerulli

Daniela MartelliDomenico Fratianni

Bernardo DonatiWalter CherubiniEugenio Percossi

Progetto grafico

Maria Assunta Tullo

In questo numero

22Il Terminalche non termina

EditorialiPiazza salotto di Adalberto Cufari pag. 9

Camera con vistadi Antonio Campa pag. 11

Controcantodi Sergio Genovese pag. 13

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Di Risiolo scalatore

14Festain campagnaper Di Pietro

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Termoli è depressa

Sono sempre più le donne chehanno fatto una bella carriera,ma per il resto le donne moli-

sane sono rimaste ai tempi di miamadre, donna lavoratrice degli anni60. Il day by day è rimasto quelloche sappiamo. Il panorama femmi-nile globalmente è ancora scorante,ma per carità procediamo con pru-denza prima di mandare le donnein politica “per decreto”. Ben ven-gano le signore e anche le signo-rine a chiederci i loro voti, ma nonpensino di andarsi a sedere neiposti di comando solo perché por-tano la gonna. Se passasse la proposta di aprire la strada dei pa-lazzi del potere al gentil sesso sarebbe una sonora sconfittasoprattutto per loro, le donne.

In politica si va avanti non solo per qualche spintarella, ma soprat-tutto procacciandosi il consenso. E il consenso si conquista, non siimprovvisa, né ci si arriva con qualche artificio.

Prendete Adriana Izzi, donna straordinariamente colta e capace.Gode della stima incondizionata di destra e sinistra, ma non ha maitrovato sponda nella gente che le ha vietato di arrivare là dove lesue alte qualità intellettuali e di manager avrebbero fatto pensare.Ecco, la Izzi è donna con i pantaloni più che con la gonna. Ha il pigliodel comando e si porta in borsetta un bagaglio culturale tra i più pe-santi in circolazione. Eppure, la preside, nonostante la spinta delcorpo insegnante e delle famiglie dei suoi studenti non è riuscita adandare oltre un’elezione comunale, peraltro giunta come candidatosindaco, nella sessione vinta in modo largo da Di Bartolomeo.

Senza darla a vedere, muovendosi con il suo passo “tardo”, Angio-lina Fusco che è stata mia collega di scuola a Riccia, è riuscita a met-tere insieme migliaia di voti. Puntando soprattutto sulla suadisponibilità di donna che si è spesa nel sociale e che si è posta alfianco della gente che, al momento opportuno, ha saputo ripagarlaaccordandole la fiducia.

In un Molise in cui vige ancor oggi il detto chiagne e fotte fareb-bero bene le signore che aspirano a fare carriera in politica a non ri-cordarsi all’ultimo minuto per scendere in campo. Improvvisando lacandidatura.

Ho sentito in tv un’oscena proposta fatta dalla leggiadra ministraLara Carfagna che si è spinta sino a ipotizzare che bisognerebbe an-dare a votare con due schede, una per scegliere gli uomini e l’altraper le donne. Sono rimasto senza parole, da una persona intelligentecome la ministra di pari opportunità mi sarei aspettato ben altre so-luzioni. Altro che questa burletta che fa ridere i polli.

Le donne se vogliono arrivare dove comandano gli uomini si desseroda fare e chiedessero il sostegno degli elettori, senza distinzione di sesso.

C’è un’altra considerazione da fare: negli anni tanto in Italia che nelnostro piccolo Molise le donne non hanno brillato in politica. Forseperché meno tagliate degli uomini, ma specialmente perché non sisono spese come avrebbero potuto. E alcune, come Rosy Bindi, LiviaTurco e Rosa Russo Iervolino hanno ricevuto più attenzione dai cari-caturisti (per le non straordinarie avvenenze) che dagli italiani.

Nel Molise le donne, in genere, sono rimaste sempre nascoste, pe-sando ad altro. Delegando gli uomini. Tuttavia di recente si è registratauna piccola riscossa: è spuntato il volto levigato e radioso di ErminiaGatti e quello di Micaela Fanelli. Ma nonostante la grinta, la parlatasvelta e le dichiarate ambizioni le due signore hanno raccolto poco.

Per spuntarla serve più che altro senso pratico e sacrificio. Qualitàche non sempre sono affiorate nel gentil sesso. Lo ricordi chi ha inmente di concorrere all’elezione del prossimo autunno.

L’EDITORIALE

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di Gennaro Ventresca

Non serve il partitodelle donne

27

Sanità:e se tornassel’assistenzaindiretta?

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Lo zenzeromegliodel viagra

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Riprendere in fretta il cammino,darsi da fare, recuperare ener-gie, risorse e volontà per dare

slancio e concretezza al Centro fieri-stico polifunzionale di Selvapianadopo il passaggio di mano da Mari-lina Di Domenico a Raffaella Fran-zese. Erano questi i punti cardine suiquali il nuovo consiglio d’ammini-strazione poteva dare di sé una im-magine di efficienza, di capacitàoperativa, di lungimiranza.

Con il sindaco di Campobasso, DiBartolomeo, si erano detti d’accordo ilpresidente della Regione, MicheleIorio, il presidente dell’Unione delleCamere di Commercio e del Patto ter-ritoriale del Matese Paolo di LauraFrattura e, crediamo, si dirà d’accordoil presidente della Provincia, RosarioDe Matteis (il predecessore, NicolaD’Ascanio, aveva sollevato più di unaperplessità a far parte della compa-gnia essendo, peraltro, di tutt’altraespressione politica rispetto a Iorio, aDi Bartolomeo e di Laura Fratturaprima che questi varcasse il Rubicone,passando da destra a sinistra).

Tutto sarebbe dovuto pertanto svol-gersi e realizzarsi a tambur battente,anche se i problemi da affrontare e ri-solvere erano (e sono) numerosi ecomplessi, dovendosi fare chiarezzasulle scelte fatte dalla precedente ge-stione e sulle scelte da fare. Ovvero: laverifica dell’accordo quadro sul si-stema fieristico regionale e il comple-tamento della struttura del PoloFieristico a Selvapiana; la confermadella creazione di un Polo d’eccel-lenza all’interno della Cittadella del-l’economia incentrato sulle attività diricerca e formazione nei vari settoridella produzione economica; l’impe-gno di valorizzare il patrimonio im-mobiliare esistente (il padiglione delleesposizioni) e il trasferimento dell’exfrigo-macello e dell’ex centrale del latte

nel patrimonio societario. Soprattutto ilprimo punto era essenziale per averela misura della convergenza del sin-daco Di Bartolomeo sul rilancio delCentro Fieristico dopo aver preteso,come abbiamo fatto cenno, che fosseamministrato da una persona di suafiducia qual è, appunto, la dottoressaFranzese. I tasselli erano parsi tutticollocati a dovere per dare continuitàall’azione politica e amministrativadella società e all’impegno del nuovoconsiglio d’amministrazione. Gli entiche hanno dato vita al Centro e alnuovo consiglio d’amministrazione, ov-vero la Regione, il Patto territoriale delMatese, la Camera di Commercio, laProvincia e il Comune di Campobasso,si diceva, avrebbero assecondato senzariserve l’opera di rilancio dopo le incer-tezze della fase d’avvio della società.Nessuno pertanto avrebbe immaginatoche il Centro Fieristico di Selvapiana sipotesse invece arenare, potesse per-dere vitalità ed entusiasmo, non tro-vando la possibilità di muoversi con lanecessaria determinazione e, soprat-tutto, con la necessaria “assistenza” deisoci. Invece è accaduto.

Le buone e belle intenzioni chehanno fatto da collante all’inizio sisono via via avvizzite ed oggi appaionouno sbiadito ricordo. Sorprende chetutto ciò stia accadendo tra l’indiffe-renza generale e, nessuno dei soci av-verta la necessità di verificare perché.Innanzitutto la Regione Molise, chesul Centro fieristico polifunzionale diSelvapiana ha puntato parecchio per

dare sostanza alla politica di sviluppodell’economia molisana che, a suavolta, sulla possibilità di promuovere esviluppare i prodotti locali confida pa-recchio. Quindi, a seguire, il Comune diCampobasso nella sua destinazione diente direzionale attraverso le struttureche questo ruolo lo possono garantire;la Camera di Commercio che, al di làdelle vicende politiche del presidente,ha il dovere istituzionale e statutario distare dalla parte del Centro contro ogniazione che ne possa minare la destina-zione; non di meno il Patto territorialeche nel Centro ha la migliore occa-sione per convogliare e valorizzare iprodotti del territorio; la Provincia diCampobasso che per essere ente diprogrammazione territoriale ha tuttol’interresse di avvalersi di una strut-tura in grado di assecondarne lo svi-luppo. Che dire. Stando cos’ le cose,non si dovrebbe indugiare oltre nellostabilire la preminenza del Centro fie-ristico polifunzionale di Selvapiana ri-spetto a tutte le scelte e le iniziativeche mirano alla crescita e alla diffu-sione della produzione molisana nènel dare al consiglio di amministra-zione le risorse finanziarie per gliobiettivi da realizzare. Ricapitolando,il Centro fieristico polifunzionale diSelvapiana ha esordito con notevoliauspici nell’ottobre 2008; ha retto de-centemente nella fase d’avvio pun-tando, oltre che sui settori di maggiorepertinenza (agricoltura, artigianato,terziario avanzato e ricerca), anchesulla valorizzazione di settori qualil’ambiente, l’arredo, l’enogastronomia;pertanto non può finire miseramente.Il fallimento sarebbe la certificazionedel fallimento degli enti che l’hannopensato e voluto.

di Adalberto Cufari

Piazza salotto

Tocca a Regione, a Patto territoriale delMatese, a Comune, Provincia e Camera di Commercio di Campobasso il rilancio

Salvare il Centro fieristico di Selvapiana

Il nuovo consiglio d’amministrazionenon sta dando segni di vita

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Danilo Leva da tempoindossa la magliabianca che nel cicli-

smo spetta al miglior gio-vane, ma rischia poi ditrasformarlo in eterna pro-messa. Leva non è scara-mantico e non dà peso alladata delle Primarie, l’11settembre, diventata poi 4settembre, dove appoggia ilcandidato dello scandaloestivo, Paolo Di Laura Frat-tura, l’architetto che haideato le (mini) torri ge-melle del capoluogo, sortenei pressi dell’Università.

Chi scrive, delle primarieall’italiana ha la stessa opi-nione di Fantozzi sul film“La corazzata Potemkyn”.

Le primarie al sugo misto,oltre che a finanziare lacampagna elettorale e sce-gliere lo sfidante di Iorio,mirano a stabilire nuovirapporti di forza nel cen-trosinistra. Roberto Rutavuol riprendersi la leader-ship e lancia l’uomo giuntodall’altra sponda, sperandodi sfondare nella terra dimezzo, dove la difesa delproprio status sociale vienespacciata per moderazione,a volte con compiacente be-nedizione ecclesiastica. Ilprogetto Frattura dà perscontato il “Non capisco mami adeguo” dei compagni. Lasinistra è però troppo divisae arrabbiata per puntare sul“Diversi nel dogma” ma unitiper battere le destre.

In attesa che il comitatodelle donne democratiche siattivi con un’adeguata pro-testa (se non ora, quando?)contro candidature che nonhanno rispettato le quoterosa, va segnalata anche lamancanza di un aspirantegovernatore che sia punto diriferimento per Isernia e ciò,alla parte sinistra della Pro-vincia Pentra, non piacerà.

Allo stato, Frattura è in-viso alla parte sinistra delPd e alla sinistra del centro

sinistra, non solo perchéviene dal centro destra eda una lunga quanto profi-cua tradizione democri-stiana. Nei suoi confronti ilveto è essenzialmente con-cettuale, rappresentandol’alta borghesia locale, colportafogli a destra e il cuorea sinistra, ma conscia che lepassioni vanno e vengono.

L’IDV di Di Pietro e Nagniha da molto tempo scomu-nicato D’Ascanio, mentrePetraroia è il candidato dellasinistra e non del centro.D’Ambrosio è aperto, con-creto, raccoglie simpatie li-beral e cerca l’unità dellacoalizione; massimalista, dinome e di fatto, il giovaneRomano, poco incline alcompromesso; di lui diffidala sinistra ma anche buonaparte dell’IDV.

Il clima da “tutti controtutti”, mentre la gente ap-pare nervosa e distratta travacanze e routine, spostal’attenzione sui personaggi,perché la politica è la grandeassente delle primarie.

La cinquina che si con-tenderà il titolo di sfidante,è in vero buona e bene as-sortita per un talk show disuccesso. Il cast dei tronistidella politica, annovera fi-nora due “belli” di diversagenerazione ed estrazione,Nicola D’Ascanio e Paolo diLaura Frattura, e un Dandyaffabile, colto e ricco dicharme come Antonio

D’Ambrosio; ognuno deitre, ha fama di tombeurde femme, mentre l’aba-tino Petraroia è un cardi-nale in pectore, ma pocoincline a conquistare lemasse di votanti con imetodi di un Vitaglianoqualsiasi (nel senso diCostantino, il tronistaper eccellenza della DeFilippi). Massimo Ro-mano, anche lui datroppo tempo in corsaper la maglia bianca,tutto l’anno contende aFerruccio Capone il pri-mato delle citazioni suimedia del gruppo Ricci(Teleregione e PrimoPiano). Rampollo di unafamiglia stimata e adusaagli scranni di Palazzo, l’in-gegnere è il Pierino dei pre-scelti e tira dritto per la suastrada, lastricata di fatti emisfatti da denunciare.

Il 4 settembre sarà questala cinquina da cui sortirà lanomination.

Resteranno placidi alla fi-nestra, nel frattempo, i dueconvitati di pietra. A luglio,Iorio e Di Pietro sono ap-parsi insieme alla festadella trebbiatura di Palata.Il cappello da mietitori haproiettato anche loro nellostar-sistem. Iorio, sosiadell’attore Paul Sorvino,con quel copricapo sem-brava piuttosto Larry Hag-man, lo J.R. (“Jeiàr”, dettoall’italiana) della fiction

Dallas. Di Pietro, col for-cone in mano, era perfettonella parte del rancorosoCliff, sempre impegnatonel cercare di far le scarpeal potente rivale.

Di Pietro ha i guai suoi,visto il flop delle provinciali,ma attenzione, è l’unico chepuò far saltare intenzioni estrategie, qualunque sia iltronista che il popolo delleprimarie sceglierà per sfi-dare J.R. Iorio.

P.S.: Consiglio disinteres-sato a Leva. Non organizziun confronto in tv con tuttii tronisti candidati. Sarebbeun problema selezionare laDe Filippi del Molise. Perscegliere la conduttrice,servirebbero altre primarie.

di Antonio Campa

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Camera con vista

I Tronisti della politica

Poca politica intorno alle primarie del centrosinistra,che fanno registrare una duplice gaffe. In barba alle quote rosa, non ci saranno donnecandidate. Nemmeno la provincia di Isernia avrà un rappresentante tra gli sfidanti.

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di Sergio Genovese

Controcanto

Se volessi in manieravelata favorire unadifesa di ufficio per

coloro che rappresentanoil mondo delle scienze mo-torie, rischierei di caderenel banale.

Sono già tanti gli iscrittialle “bande” dei corporati-vismi, non ho alcuna in-tenzione di aumentarne ivolumi. Tuttavia noto cheserpeggia in molti la con-vinzione che la scienza el’arte del movimento, rap-presentino un girone peri-ferico rispetto al gotha dellelauree che sanno di intel-lettualismo. Rinforzo que-sto convincimento quandomi torna, come un refrain,l’eco dello stupore che as-salì il mondo della scuola,qualche anno fa, all’indo-mani dell’esito del concorsoper dirigenti scolastici chevide tra i pochi vincitori benquattro insegnanti di Edu-cazione Fisica. Soprattutto ibocciati (tanti) o quelli chenon vollero scendere incampo per paura di perdere,per giustificare i propri in-successi, sostennero la tesidella irregolarità di quel con-corso proprio per il risultatoche vide quattro iscritti del“girone periferico” trionfaresui dotti rappresentantidelle lauree di lusso, pove-retti, maltrattati e vilipesi.E’ certo che taluni convin-cimenti sono stati incorag-giati da alcuni esponentidel mondo delle scienze mo-torie, il lettore però, mi trovi,nelle rapide del suo pensieroo del suo vivere, una catego-ria di lavoratori a cui la stimae la considerazione si asse-gnino a prescindere. Pensoche il vero respiro culturaledi ognuno risieda nelle storiedi vita che essi hanno scrittoe non raccontato.

Solo pochi giorni fa holetto che l’allenatore di cal-cio del Trivento (cioè laquinta serie nazionale) de-

scritto da giornalisti localicon stucchevole fantasia,come il Mourinho dei nostricampi sportivi, dopo un col-loquio avuto con il prepara-tore atletico Prof. PasqualeMolinaro, ha deciso di boc-ciare il professionista poichéritenuto non all’altezza. Mami chiedo: ”Sulla scorta diquale competenza?” Ma vo-gliamo scherzare? Ma dovesi potrebbe verificare che uninfermiere con la licenzamedia, giudichi un medico.Eppure di questi episodi sipotrebbe fare una lunganarrazione. Di chi è la colpa?

I dirigenti con le stelletterappresentanti del nostromondo sportivo, poco hannofatto e poco fanno per creareuna cultura diversa impe-gnati come sono ad imbar-care sulla propria barcamezze calzette figuria-moci se insiste la preoccu-pazione di dare spessore acerte prese di posizione.Ma nel Molise moltoavrebbe potuto fare e nonha fatto, l’Università.

Da tutti gli addetti ai lavoriera stata accolta con unaovazione (accezione metafo-rica) la decisione di avviarea Campobasso un corso dilauree in scienze motorie.

I vecchi studenti degliISEF, vere e proprie accade-mie dello sport forse troppoin fretta ritenute superate,hanno atteso, invano, un ri-lancio dell’intellettualismoriferito alle scienze del mo-vimento. In primo luogo c’èstata una presuntuosa presadi distanza verso le profes-sionalità (tante) del territo-rio. I punti di riferimento sisono concentrati su pochepersone, tutte piene di un in-sano portaborsismo, che sisono preoccupate di assicu-

rarsi contratti di insegna-mento, disinteressandosi ditutto il resto. Per mio contosono state sbagliate le sceltestrategiche che riguarda-vano gli indirizzi didattici e ilpercorso accademico. Si èdata preferenza ad un tagliomedico scientifico come sequegli studenti dovesseropuntare alle corsie ospeda-liere anziché a quelle di uncampo di atletica leggera(esempio iconografico). Hoespletato, gratuitamente, peranni, attività di tirocinio aglistudenti della Facoltà diScienze del benessere delMolise. Quando li portavo inpalestra apparivano spaesatie impacciati come se le com-petenze acquisite gli aves-sero insegnato altro.

Faccio notare che l’ISEF diNapoli che ho frequentatoagli inizi degli anni settanta,aveva una quindicina di pa-lestre due o tre piscine, l’im-pianto del San Paolo perl’atletica leggera. Tutto nellastessa area. Oggi, l’Univer-sità del Molise, conta una

sola palestra e forse tanti la-boratori di biologia. Ritengosia giusto che i camici bian-chi lascino il posto alla tutasportiva poiché sapere inse-gnare un ”terzo tempo”, co-noscere il biochimismo chedetermina quei movimenti,la magia dei sincronismi dicerte catene cinetiche, è giàscienza di alto livello. Bastacrederci. Il tempo per inver-tire la rotta però sta per sca-dere. Il nostro mondo habisogno di persone che vi-vano un pathos professio-nale più denso.

C’è l’esigenza di indivi-duare testimoni che si bat-tano orgogliosamente perdimostrare che i gironi dellacultura sono tutti uguali ehanno pari dignità.

L’Università del Molisedeve superare l’impattoassai tiepido che ha avutocon il territorio. Diversa-mente si affermeranno leteorie dei mediocri e allanostra facoltà di scienzemotorie si iscriveranno iragazzi solo per ripiego.

La cultura minore delle Scienze motorie

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Tonino Di Pietro rinnova a Montenero la tradizione agreste pat

Migliaia di concittadini e di ospiti provenienti da tutto il Molise hanno

IdV: E’ qui la festa di cTop di folla e di entusiasmo a

Montenero, nella masseria diTonino Di Pietro. L’onorevole

ha rinnovato una tradizione di fa-miglia, incominciata dal padre. Solo

che lui l’ha traformata anche permotivi politici in un meeting perconsolidare il rapporto con la basee per lanciare un messaggio diforza non solo agli avversari, ma

anche ai presunti amici di cordataper espugnare il fortino di MicheleIorio. Certo che tanta gente intornoall’ex PM induce a pensare ingrande.

N°1: Di Pietro circondato da amici e collaboratori; N°2: L’onorevole autografa un libro a due ragazze,sorvegliato dalla moglie; N°3 Pierpaolo Nagni e altri invitati tra cui Giovanni Minicozzi; N°4: Nagni si divertea fumare il sigarò; N°5: ; N°6: La folla mentre pasteggia; N°7: La signora Susanna Di Pietro con la figlia Anna

appena laureata; N°8: Suonatori di tamburello; N°9: La neo dottoressa Anna con amici.

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paterna

no animato l’appuntamento agostano

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Prendiamo due consiglierie vinciamo le elezioni

Dottor Luca Iorio,che fa, ci prova?

“In che senso?”

A fare lo Iorio 2.“Per il momento ne-

anche un po’”.

Ma intanto tutti par-lano di lei e del suomovimento.

“Il movimento è unacosa è la politica un’al-tra”.

Anche Forza Italiainiziò come movi-mento, poi ha vistodov’è arrivata?

“Come fusione Pro-getto Molise-Forza Sudci sono anche da partemia concrete aspetta-tive”.

Proprio come suopadre: nasce medico evuol diventare am-ministratore.

“Neanche peridea. Mi piacepiù la salao p e r a t o r i ache la poli-tica”.

Eppure leianche aRoma hafatto parte dim o v i m e n t ipolitici.

“Roba goliar-dica. Certo: unoche si chiama Ioriomica può rimanerealgido di fronte alla po-litica”.

Allora intende dareuna mano a suo padresolo per le regionali?

“Certo questo èl’obiettivo primario, manon vorrei che si pen-sasse a me come a unopportunista”.

Perché?“L’idea del superpar-

tito mi piace e per que-sto mi attizza”.

A cosa puntate perottobre?

“A eleggere un candi-dato a Campobasso euno a Iserina”.

Per questo avete ini-ziato a fare campagna

acquisti con chi in-tende smarcarsi dalPdl per paura di nonfarcela?

“Ciò che hanno scrittoi giornali non rispondedel tutto a realtà”.

Ma Muccilli correràcon voi?

“Probabilmente si. Manon viene dal partito dimio padre. Per lui, semai, si tratterebbe diun ritorno alla casamadre, dove c’è giàstato”.

E Gianfranco Vita-gliano?

“Non se n’èmai parlato.Anche per-ché nel

nostro movimento sonostate sancite certe re-gole che non preve-dono l’accoglienza digente che proviene daaltre realtà”.

Chi ospiterete?“Coloro che intendono

abbracciare le nostreidee e avranno da spen-dersi per i nostri obiet-tivi che sono quelli chesostengono l’eletto-rato”.

Papà Iorio ce la farà?“Ma certo. Ci manche-

rebbe altro. Nonvedo in giro

Luca Iorio prevede un successoneper Progetto Molise-Forza del Sud e pronostica

di Gennaro Ventresca

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L’IN

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Giovinezza e glamourQuesta è una storia ritor-

nata. La seconda puntatadi una casa nobile: Luca

che corre per sostenere papàMichele. Una storia all’incontra-rio. In una società in cui sono ipadri a dare manforte ai proprifigli, ecco che arriva una storiainedita. Luca Iorio di profes-sione fa il medico, chirurgo va-scolare, è sposato ed è padre diuna bimba. Quando c’è di mezzoquel cognome non mancano maile polemiche. Gli accidiosi si ac-caniscono contro il “monarca” eallora lo attaccano anche sugliaffetti più cari, quello dei figli,Luca e Raffaele, due ottimi pro-fessionisti della medicina chehanno la colpa di portarsi uncognome che a volte più che unavasellina sembra essere attacca-tutto.

Luca ama la sala operatoria,ma è affetto da una sorta di ma-lattia allegra che conquista i ra-gazzi di buona società e contagiaanche i ragazzi di provincia chenon è solo quella raccontata daifigli di papà, ma anche quellanon conforme rispetto alle ideo-logie e ai cappelli dell’egemoniaculturale della sinistra.

Luca ha deciso di darsi alla po-litica un po’ per gioco e moltoper far eleggere, in ottobre, duecandidati del suo movimento,

Progetto Molise-Forza del Sud,in modo da dare una energicamano a papà che aspira a vin-cere la terza elezione regionaledi fila. Più che una Giovinezza alpotere Luca aspira a portareuna ventata di aria nuova algioco dei partiti che si allarganoe si stringono a seconda dellaconvenienza. Pare che in tantivogliano confluire nel suo movi-mento perché speranzosi di far-cela. Un posto alla Regioneequivale a mettersi a posto pertutta la vita. Sia ben chiaro Lucanon scenderà in campo in primapersona.

Sarà il regista di un film chespera possa piacere all’eletto-rato molisano. Con quella facciagiovane, gentile e rassicurante, ilsecondo figlio del governatoreispira fiducia. La gente finirà colcredergli.

Dovrà credergli, nel nome diun movimento che sembra benstrutturato coi segni grafici delrazionalismo.

Giovinezza e bellezza. Per unmovimento che è cresciuto infretta e che possiede già il giustoglamour. La Forza del Sud la ga-rantisce Gianfranco Miccichè,un pezzo grosso non solo nellasua Sicilia, ma anche in chiavedi governo.

(ge.ve.)

chi possa batterlo: è luiil migliore”.

Se un suo eletto do-vesse far parte dellaprossima giunta,quale dovrà essere ilsuo comportamento?

“Prima di tutto di di-mettersi da consi-gliere”.

Così libera un altroposto.

“Non solo per questo.Ma per il rispetto delleregole. Ci piace seguireciò che abbiamo scrittonello statuto”.

Non crede che Micci-chè abbia esageratonel prospettare untraguardo del 10 percento alle prossimepolitiche del 2013?

“Assolutamente. Ilmovimento è sano eporta con sé freschezzae voglia di affermarsi”.

Quindi?“Può raggiungere un

risultato lusinghiero.

Anche con LucaIorio in prima linea?

“Non si sa. Per il mo-mento sono un medicoimpegnato. Il resto sivedrà”.

Nella pagina accanto Luca Iorio e accanto al logo Gianfranco Miccichè

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Oggi che ha appena superaro i 60 anni, Massimo DiRisio ha lasciato da parte le corse, anche se la ve-locità lo affascina sempre. In famiglia hanno

amato sempre il rombo dei motori, tanto che il ragazzo ècresciuto con l’orecchio sensibile e il piede pesante. Comesuccede ai predestinati del volante.

Correva in granturismo e a casa ha portato coppe e me-daglie. Bruciando sogni e motori. Sino a quando ha messoda parte il casco e la tuta e si è messo a vendere auto, inuno dei parchi auto più grossi d’Italia.

Nel 2005 ecco l’idea che gli avrebbe cambiato la vita. Simette ad assemblare componenti dal mercato giappo-nese. A scatenare l’interesse fu la Chery: sulla base deitelai di quest’azienda, sfruttando l’elettronica Bosch e idiesel Multijet Fiat, nacque la DR5. Nel tempo l’aziendamolisana ha compiuto passi da gigante. E il fatturato loscorso anno è cresciuto del 15 per cento e da quando èstato istituito in nuovo brand sono state immatricolate10mila vetture.

I primi Suv dell’era DR godettero di particolare atten-zione anche per la strategia di commercializzazione at-tuata da Di Risio. Il cane di vendita fu quello di 25ipermercati del gruppo Finiper. In modo da farsi cono-scere dal grande pubblico che con curiosità iniziò a fami-liarizzare con quelle vetture innovative, semplici e snelle,con quei fascioni colorati che fanno tendenza.

Esaurita la prima fase (degli ipermercati) Di Risio hamesso in piedi una rete di concessionarie di vendita e as-sistenza. E iniziò a lanciare la DRI (Motor show), esor-diente nel segmento delle city car, prima di mettere invendita la Citywagon 20 e Stationwagon 21.

I dati snocciolati così, con semplicità, non rendono ciòche ha fatto Di Risio in questi anni, in un momento distraordinaria difficoltà del mercato dell’auto, in cui lasua azienda ha chiuso il bilancio del 2010 con un incre-mento delle vendite del 112 per cento, mentre il fatturatodi 50 milioni è cresciuto del 15 per cento. Da quando è

stato istituito il nuovo brand sono state immatricolate 10mila auto, mentre la capacità produttiva aziendale è statafissata in 115 auto giornaliere.

Se la selezione dei materiali da assemblare si basasulla collaborazione con Chery e porta su nun ottimorapporto qualità-prezzo, la realizzazione finale dei pro-dotti già semilavorati avviene nello stabilimento di Mac-chia d’Isernia.

Ora Massimo Di Risio, presidente della DR Motor,punta a sbarcare in Sicilia. Per acquisire lo stabilimentoFiat di Termini Imprese. Il progetto già c’è, ed è stato pre-sentato alla Regione Sicilia, il cui governatore Lombardolo ha acquisito, dicendosi disposto a lavorarci per labuona riuscita dell’operazione. Tuttavia bisognerà fare iconti con il governo. Infatti il ministro per lo sviluppoPaolo Romani, ha tenuto in pausa l’offerta molisana, per-ché arrivata fuori tempo massimo. Certo, il particolarenon è trascurabile. Ma si sa che nella grande finanza siriescono sempre a trovare soluzioni vincenti se si mostragrinta e determinazione. E Di Risio, numeri alla mano, dienergie ne ha vendere.

Massimo Di Risio ex pilota di Gran Turismo è partito nel 2005 assemblando componenti cinesi

L’azienda di Macchia d’Isernia ha compiuto passi da gigante,

aumentando le vendite del 112 per cento

Massimo Di Risio in udienza da Benedetto XVI

di Gegè Cerulli

Di Risio lo scalatore

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Ora punta all’acquisizione dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imprese

Massimo Di Risio, isernino di 61 anni, patron e anima di DR, industria automobilistica di Macchia d’Isernia

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di Daniela Martelli Block notes

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Rispunta l’arrotinoE’ tornato l’arrotino. Neanche a dirlo

arriva da Frosolone, tradizionalecentro ove abbondano artigiani specia-lizzati in coltelli e forbici. Gira portandola sua mola su una bicicletta sospesa aun trespolo. Quando spinge sui pedalianziché le ruote gira la mola. Al resto cipensa l’abilità di Donato Mainella, 80anni suonati e portati benissimo, per far

tornare taglienti gli utensili da cucina.E’ solo il caso di ricordare che l’arro-

tino che periodicamente raggiunge ilcapoluogo in gioventù ha fatto il giardi-niere, lavorando anche in Vaticano, conGiovanni XXIII. Ne va fiero, come èfiero del lavoro che svolge oggi, un po’per hobby e un po’ per arrotondare lamagra pensione.

Per quanto strano possa apparire non c’è giorno, ora emomento in cui i cittadini non debbano sobbarcarsi

lunghissime file per svolgere una operazione presso gliuffici postali della città. Alle Poste centrali di via Pie-trunto, poi, la coda è interminabile. Diventa tra l’altro pa-tetica l’attesa di sospiranti anziani che nei giorni stabilitiattendono il loro turno per ritirare la pensione.

Ci sono poi tante altre operazioni che gli uffici svolgono,ponendosi in concorrenza con le banche, pur senzaaverne l’agilità e l’organizzazione. Viene da chiedersi: maperché mai i campobassani continuano a frequentare contanta assiduità gli affollatissimi uffici postali quando cisono sportelli di banca con gli impiegati che spesso siconcedono qualche pausa di lavoro?

Burocrazia ottusa

Se c’è in pieno centro un qualcosa che dà ilsegno di quanto sia ottusa la burocrazia è il

palazzo dell’ex Distretto militare. Occupa una su-perficie di quasi 8.000 mq e dà ospitalità oltre aipochi militari che ci sono rimasti, all’assessoratoregionale ai Lavori Pubblici e all’ex Ufficio Tec-nico Erariale. In tanti anni non c’è stato verso difar cambiare destinazione d’uso all’edificio. Ep-pure la regione ha requisito appartamenti privatinei punti più strampalati della città per trasfor-marli in uffici. Sarebbe stato utile impiegare quelsito per il prestigioso palazzo della Giunta regio-nale che è stato invece confinato nell’ex Enel divia Genova.

Block notes

Donato Mainella da giardiniere del Papa ad arrotino

Che caos alle Poste

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Se nella foto vieni a bocca apertavuol dire che stai in posa. Oppure

sei molto felice. Come capita spesso inestate, stagione in cui ci si rilassa. Alpunto da mettersi a ridere. Anche noi,come le persone famose, senza fare glisparapose, veniamo con la boccaaperta. Tutto ciò che non ci piace della

bella stagione viene sempre tagliatodall’inquadratura. L’estate è una spe-cie di sabato del villaggio. Fatto di unalunga attesa. Perché per tutti c’è il mo-mento di andare in ferie e di potersilasciare alle spalle i problemi: la disoc-cupazione dei figli, gli studi dei ragazziche non sfilano, il lavoro che rendemeno di prima, l’ultima lite con la mo-glie, la compagna che ha deciso di tor-nare a vivere a casa sua, le zanzare, ivicini d’ombrellone che fanno un grancasino, il ristorante con il conto sem-pre più caro, l’aumento del carburante,il caos autostradale.

L’estate è comunque una lavagnapulita su cui scrivere tante cose belle:

il mare, i monti, il raduno con gliamici di gioventù, la rimpatriata inpaese, il sonno prolungato, l’ozio, unabella lettura.

Al ritorno dalle vacanze faremo ve-dere le nostre foto agli amici e ai pa-renti e qualcuna la metteremo anchein rete, per far capire che ci siamo di-vertiti. Come certificato di garanzia cisarà un prodigioso sorriso, a boccaaperta. Cancelleremo le foto che nonsono venute bene. Con le vacanze sipuò, peccato che per il resto dell’annodovremo accettare anche le foto chenon ci piaceranno. Succede semprecosì quando il calendario segna chesiamo giunti in settembre. (da.ma.)

Campobasso in cartolinaFacevano pignate in piazza San Anto-

nio Abate. Erano in tanti e lavora-vano leggeri. Nei piccoli laboratori chedavano direttamente all’esterno impa-stavano la creta e la modellavano. Poi de-ponevano con cura gli oggetti fuoridall’uscio, poggiandoli al muro. Per farliasciugare ai caldi raggi del sole.I giovani non sanno neppure di cosastiamo scrivendo. Eppure l’arte della pi-gnata appartiene alla storia di Campo-basso. C’era un’intera famiglia che inquell’angolino del centro storico da ge-nerazioni ha sempre lavorato l’argilla.Muovendo con il pedale l’asse centraledel piccolo banco, aiutandosi con le mania formare l’oggetto. Arte povera, si scri-verebbe oggi, ma di arte si parla. Le mani svelte e sensibili massaggiavanola creta che si lasciava domare senzafare i capricci. I pignatari campobassanisapevano come farla girare e quando eragiunto il momento di metterla ad asciu-gare. Dei vecchi mestieri sono rimastesolo qualche foto, immagini scolorite e lamemoria storica di qualche cronista cheha ancora a cuore la storia della sua città.

(da.ma.)

A bocca aperta

Oggi sta bene chi già sta in altoche può sfruttare le rendite di

posizione. Sta male chi è semprestato male. E deve fare i contiogni momento per affrontare lavita, zeppa di insidie, tra le qualibisogna metterci oltre alla “spesa”anche le bollette delle utenze. Gliesibizionisti non passano dimoda, ma a ben guardarli i soldice li hanno e come. Per questo ri-dono. Annullando il detto: anche i

ricchi piangono. I ricchi, fatecicaso, non piangono mai. Per lorola vita è sempre in discesa. Men-tre deve scalare irte montagne chiappartiene alle nuove generazioniper le quali ci sono “lacrime esangue”.

Che volete che importi a chiporta a casa 10 mila euro al mesese il carburante arriva alle stelle?Deve invece rinunciare al viaggiol’impiegatuccio. (da.ma.)

I ricchi ridono

sempre

Una foto storica dei pignatari di Sant’Antonio Abate

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ATTUALITA’

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Racconto sul Terminal

di Gegè Cerulli

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Si può ragionare di sta-zione d’autobus, senzapensare necessaria-

mente al memoriale film conMarylin. Si può discuteresenza scadere nelle estremecritiche alle amministra-zioni civiche che hanno gui-dato, con incerta fortuna, ilcomune di Campobasso.

Si può, anzi si deve, rias-sumere in poche righe lastoria. Pochi, ad esempio, ri-cordano di quando i (pochi)pullman del servizio ex-traurbano sostavano davantialle poste. Non a caso ve-nivano chiamati “postali”,proprio perché oltre ai pas-seggeri portavano la postanei nostri piccoli paesi.

Con l’aumentare del traf-fico cittadino si pensò dispostare la stazione deipullman da via Pietrunto inpiazza della Repubblica; innome dello spazio si andòperò a strozzare il trafficoveicolare, specie per i mezziprovenienti in direzione Ter-moli. Con il trasferimentodel campo da calcio dal Ro-magnoli a Selva Piana si èpensato di utilizzare l’anelloesterno come terminal. Sidisse e si scrisse “momenta-neamente”. L’avverbio vo-leva significare che di lì apoco sarebbe andato infunzione il vero e unicoterminal delle corriere,progettato e costruito in viaVico, in modo da dare aCampobasso un servizio

prioritario. Come spessoaccade quando ci sono dimezzo i lavori pubblici nonsono mancati gli incagli.Per l’occasione ancora piùingarbugliati del solito,con l’ingresso in campodella magistratura che ciha voluto veder chiaro,emettendo anche alcuneordinanze di custodia caute-lare, per progettisti e im-prenditori. Intanto il tempoè passato senza che il termi-nal iniziasse a funzionare.

“In via sperimentale” loinaugurò Massa il terminal,in settembre di uno deiprimi anni del suo sinda-cato. Il precario sarebbe di-ventato definitivo, così si èandati avanti utilizzandoun semplice spiazzo, contutte le disfunzioni che sisono accertate. I disagi perchi viaggia c’erano e cisono. A incominciare daquelli più clamorosi, dicasimancanza assoluta di luo-ghi igienici pubblici. Chi habisogno del bagno deve ap-poggiarsi al bar di MicheleD’Elisiis, la cui struttura èrimasta abborracciata, pro-prio perché costruita nelsegno della provvisorietà.

Non sono mancate pole-miche e discussioni, speciein chiave di sicurezza deipasseggeri. I quali unavolta a terra, per raggiun-gere il centro della cittàsono stati costretti a cam-minare in mezzo al traffico

della tangenziale. In alcunitratti la via è addiritturasprovvista di marciapiedi.E dove ci sono non bastanoa tenere in fila gli studenti,all’ora di punta.

Si parlò di un tappeto mo-bile per scavalcare il nodostradale e portare così icittadini in centro, comeaccade nei grandi centri,specie in metropolitana.Ma a forza di discuterenon si è fatto un bel nulla.

Poi è spuntato un caval-cavia pedonale che è statotenuto celato a Sgarbi nellesue visite campobassane,

con una struttura architet-tonica molto discutibile esul cui utilizzo bisogneràattendere la risposta deipasseggeri.

Certo, il problema c’era erimane. Ad esempio non sisa bene perché non siastato ancora aperta l’ultimaparte del terminal, quellaper i servizi di bar, risto-rante, diurno e negozi. Econ quale faccia si continuaa tenere agiile una strut-tura nella quale si muo-vono migliaia di personeogni giorno senza disporreneppure di bagni e docce.

ATTUALITA’

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Da via Pietrunto, attraverso piazza dellaRepubblica, passando per il Romagnoli

prima di approdare in via Vico dove non ci sono neppure i bagni

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Erano meno di cento i furti inappartamento in città nel2008. Oggi si è perduto il

conto. La gente ha paura, ma pensa:“Io speriamo che me la cavo”. Anchese sono sempre meno quelli che sela cavano, ormai. In città o in perife-ria, in condominio, in ville o neisemplici casolari di campagna, dovein verità è un po’ più complicato av-vicinarsi per la presenza dei cani,delle famiglie numerose, delle casearchitettonicamente un po’ strambe,quindi difficili da tenere sotto con-trollo. E poi in campagna gli agricol-tori hanno l’abitudine di avere sottomano il fucile, il forcone è semprefuori dall’uscio.

Si sono arrampicati sino ai piani piùalti, con l’abilità e la destrezza di veriacrobati. Portano via tutto il possibile,senza lasciare tracce. Mostrando ca-pacità professionali apprezzabili.

A poco servono porte blindate efinestre ben serrate, loro, i ladri,sanno come entrare. Specie se lacasa è vuota. Scelgono i piani piùalti, in modo da non essere distur-bati, ma sarà bene che non abbassila guardia chi sta più in basso.

Una volta pensare ai ladri d’ap-partamento in Molise era piuttostofantasioso, oggi, invece, fa partedella vita quotidiana. E a quantopare poco servono i servizi di sorve-glianza rinforzati da parte delle

forze dell’ordine. A cui non rimaneche dare qualche utile consiglio aicittadini. Il più semplice è di la-sciare la luce accesa, magari ancheil televisore e di non tenere a vista itelefonini che si consiglia di portarsisempre dietro, per poter chiedereaiuto al minimo sospetto.

Un altro suggerimento utile è ditogliere le chiavi dalle auto che sonoparcheggiate in cortili e giardini efar sparire i telecomandi dei can-celli. E di non ostentare neppurecon amici e conoscenti segni diagiatezza, sotto forma di argenteria,arazzi e quadri d’autore. Per evitareche la il benessere arrivi anche agliorecchi dei malfattori.

(da.ma.)

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Pur avendo etichette formidabili ci piaceconsumare il prodotto extraregionale

Beviamo molisano

di Eugenio Percossi

Si, d’accordo: i nostri vini non hanno una grantradizione. Però, in bottiglia sono buoni. Al-cuni addirittura perfetti. Scendono che è una

meraviglia. La letteratura molisana è tutta messain bottiglia. Alcune aziende producono vini su-perbi che stentato a trovare una adeguata colloca-zione sui mercati. Nazionali ed esteri. Ma noimolisani siamo proprio sicuri di essere un po’campanilisti in fatto di alcool?

Il contenuto zuccherino dei nostri vini è perfetto,né troppo alto né basso, giusto. Malgrado ciò

quando andiamo in enoteca o al supermer-cato che ormai è diventato il maggior

punto di smercio del vino imbotti-gliato, invece di soffermarci a sce-gliere tra le etichette molisane cilanciamo in acquisti esterofili. In-

tendendo per esterofili quelle dellealtre regioni. Che, per carità, meri-

tano tutte le attenzioni. Perché in Italia,malgrado la forte concorrenza francese,riusciamo ancora a produrre i migliorivini del mondo. Ben al di sopra di quelliche arrivano ormai dal Cile, dalla Califor-

nia e persino dall’Australia.Prendete la Tintilia, è un portento. Una

tavola con un bicchiere di questo vino che siottiene da un vitigno autoctono viene imme-diatamente rallegrata. Negli ampi calici il pre-

zioso nettare di gusto fermo, offre un timbro diqualità. Ma non c’è solo la Tintilia a dominare lascena. Sono tante varietà e le etichette che i nostriviticoltori-enologi sono riusciti a mettere in com-mercio con la convinzione di poter reggere il para-gone anche con i vini celebri del Belpaese.

Scuri, lucidi e inquietanti, densi: i rossi sono i piùsaporiti; note di fiori e di mela verde si trovano in-vece in alcuni bianchi che sono una delizia, specieda aperitivo vintage. Ma perché i nostri vini pos-sano affermarmi è indispensabile che siamo primadi tutto noi molisani a consumarli e far loro unapubblicità positiva, attraverso l’acquisto delle bot-tiglie in negozio e la richiesta del nostro prodottoal ristorante.

Un’ultima annotazione: i nostri vini, purtroppo,spesso neppure compaiono nei supermercati re-gionali e nei principali ristoranti e alberghi ove sicostumano banchetti si preferisce servire vinoproveniente da altre regioni. Dimenticandosi didare una spinta all’economia molisana.

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Un quartiere di RomaIpiccoli numeri del Molise hanno alimentato negli

anni un deleterio luogo comune, che equipara ilMolise ad un quartiere di Roma. Una sciocchezza

che ha procurato danni enormi alla nostra regione. Un quartiere di Roma, che al massimo si sviluppa

sul dolce declivio di un colle, non ha le problematicheorografiche del Molise, quel sali scendi continuo, travalli e montagne, con paesi, villaggi e città difficili daraggiungere; il che decuplica i costi delle strade, per lamanutenzione e lo snellimento dei percorsi, moltiplicale difficoltà di installare metanodotti e diffondere le

condotte del gas, rende difficili i collegamenti deimass media. Tv, telefoni, internet, per fun-

zionare in tutto il Molise hanno bi-sogno di una vasta rete di

ripetitori, mentre nella vi-cina Puglia ne bastanopochi per coprire lagran parte di un terri-torio cinque volte piùgrande e popoloso; lestrutture risultanomolto gravose, sia per iprivati che voglionoinvestire, sia per lecasse regionali, perfornire quei servizi dicui necessita la popo-lazione sparsa sul ter-ritorio. Un quartieredi 300 mila abitanti,necessiterebbe di unsolo Ospedale, di duepunti di guardia me-dica, di una posta-zione di 118. Gliuffici pubblici sa-rebbero per lo più asede unica, dimi-nuirebbe il numerodei politici, le circo-scrizioni sarebberoun decimo dei co-muni della nostraregione, le scuolepoche e l’Univer-sità a sede unica.

L’analisi impone di evidenziare anche i lati negatividel Molise-quartiere. Certamente l’occupazione sa-rebbe inferiore, più articolata e complessa, gli investi-menti scarsi, considerando la mancanza di unastruttura di riferimento come l’Ente Regione e dell’im-pronta impiegatizia della forza lavoro in Molise.

La peculiarità del territorio molisano, impone diconseguenza scelte difficili, specie in tempi di magra,per cercare prospettive di sviluppo concrete e dare unfuturo alle nuovo generazioni.

E’ sensato, ad esempio, porre la questione sanità adAgnone, presa come città di riferimento dell’alto Mo-lise. Si può rinunciare senza grossi contraccolpi al-l’Ospedale, optando per strutture ambulatoriali menocostose e impegnative da gestire; a patto però di averela certezza che i tempi di trasporto dall’area alto mo-lisana al nosocomio più vicino, quello di Isernia, sianotali da assicurare un’assistenza rapida, senza l’handi-cap del ritardo dovuto ai collegamenti precari. Sichiuda pure l’Ospedale, in cambio però si riducano itempi di percorrenza stradale e si migliori la viabilità.

E’ solo un esempio della complessità delle decisionie delle scelte politiche che il governo regionale è chia-mato a prendere. E’ evidente tuttavia, che non si puòcontinuare a perseverare nell’assistenzialismo spac-ciato per progetto di sviluppo. Se basta starnazzaresotto le finestre del Consiglio regionale, magari agi-tando una bandiera rossa che fa sempre scena e portaconsiglio, per ottenere sanatorie alle magagne gestio-nali o alle errate scelte industriali, allora è inutilegioire per la pioggia di milioni che Italia ed Europa ciconcedono.

Un’azienda in crisi, per ottenere sostegno deve pro-porre un piano industriale che preveda anche un cam-bio al vertice, perché chi ha sbagliato deve assumersile responsabilità del caso.

La Regione, dal canto suo, deve operare controlli ri-gorosi sull’utilizzo dei fondi concessi. Utopia pura,commenterà sghignazzando il lettore.

Può darsi, ma bisogna pur avere il coraggio di cam-biare lo status quo. E’ comprensibile che ciò non possaaccadere d’amblée, tra l’altro con la campagna eletto-rale che incombe. Sarebbe opportuno tuttavia qualchesegnale simbolico di cambiamento. Ad esempio creareuna zona franca intorno a Palazzo Moffa. Ad esempio,porre fine allo stucchevole spettacolo dei lobbysti delmartedi, durante le sedute dell’assise regionale.

di Bernardo Donati

Un deleterio luogo comune perseguita la nostraregione, a causa dei parametri modesti. La complessità del territorio decuplica i costidi gestione della cosa pubblica nel Molisee scoraggi agli investimenti. Per cambiarerotta non basta chiudere un Ospedale, bisognarinunciare al vizio antico dell’assistenzialismo.

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Proposta indecente per la Sanità molisana

E se tornasse l’assistenza indiretta?

di Walter Cherubini

Un cittadino adusoda decenni a far diconto per mestiere,

come lo scrivente, fatica acapire il motivo per cuinegli Ospedali si tenda a ri-durre al minimo le degenze.Si sente dire che la degenzaospedaliera di un pazientecosti più di 300 euro ilgiorno, ma nessuno precisase tale onere si abbattequando un letto non è oc-cupato. La struttura ospe-daliera si basa sul lavorodipendente. Il che significache se per assurdo un no-socomio restasse vuoto, icosti sarebbero comunqueelevati, per via delle spesefisse. Non a caso, le diret-tive nazionali per il rientrodel debito sanitario vannonella direzione di chiuderegli ospedali minori.

Il problema della spesasanitaria e farmaceuticaresta tuttavia di enorme im-patto economico. Il mecca-nismo su cui si basa ilsistema, è semplice; si pa-gano le tasse, una fetta è de-stinata al settore sanitario,poi lo stato (col federalismocambieranno i soggetti)attraverso fondi e finan-ziamenti restituisce ai cit-tadini una quota fiscalesotto forma di servizi gra-tuiti o a partecipazione mi-nima. L’uovo di Colombo.Peccato però che, col tempo,al “grande ammiraglio delmare Oceano” sia suben-trato il suo cialtronesco fe-ticcio, che Neri Marcorébene interpreta negli spotdella telefonia mobile. Fuordi metafora, cullandosi sul“tanto paga Pantalone”, lasanità è diventata negli anniterra di conquista e di scialoassoluto a qualsiasi latitu-

dine e livello, dalla medi-cina sul territorio a quellaospedaliera. Ora che Panta-lone oltre alla maschera haperso pure le braghe, ilbanco è saltato.

Un destino inevitabilequando prevale la derivademagogica. Barak Obamaha voluto garantire la mutuaa tutti i cittadini americani,tra lo sconforto di metà degli

Stati Uniti e il plauso acriticoe complice degli ossequiosieuropei, campioni nel dissi-pare il denaro pubblico. Inpochi mesi la nazione piùpotente del mondo s’è ritro-vata a rischio default, sul-l’orlo del baratro.

Che fare allora, per cal-mierare la spesa? Un si-stema ci sarebbe, anche seal solo nominarlo scattal’anatema generale. E’ statoin vigore più o meno finquando sono nate le re-gioni (guarda un po’ lacombinazione!), si tratta

dell’assistenza indiretta. Il cittadino con reddito

superiore a una certa so-glia, anticipa i soldi dei far-maci, poi fa richiesta dirimborso e la spesa gliviene compensata. Elemen-tare Watson. Dice: ma è uncircolo inutile, una sorta dipartita di giro che penaliz-zerebbe il cittadino medioin regola col fisco, gli procu-

rerebbe danno, lasciandoloin balia dei tempi lunghidella burocrazia. Può darsi,ma a questo si potrebberimediare con corretti stru-menti. Certamente si assi-sterebbe a una diminuzionerilevante e rapida di tutte lepatologie minori e al calonetto nel consumo di far-maci dello SSN non indi-spensabili o specifici dipatologie gravi o croniche.

Rappresenterebbe uncalmiere, un deterrentecontro lo scialo.

I politici locali si stanno

strappando le vesti per evi-tare ticket su visite specia-listiche e codici bianchi.L’unica giustificazione èl’esigenza di non perdereconsensi, in virtù degli altribalzelli che sia le regioni,sia le amministrazioni lo-cali hanno già approntato eattuato. Il costo delle pre-stazioni specialistiche, inrealtà, pur con ticket au-mentati in modo corposo,resta comunque molto in-feriore al costo della stessaprestazione fatta da privatio dagli stessi operatori sa-nitari ospedalieri nell’am-bito dell’attività intra oextra moenia, cioè di liberaprofessione.

Quanto al problema deicodici bianchi, bisogne-rebbe in assoluto vietare inPronto Soccorso le presta-zioni rientranti in quellacategoria, data la carenzadi personale e il flusso no-tevole di pazienti /utenti.

Esiste la medicina delterritorio, ben articolatacon medici di AssistenzaPrimaria (o di famiglia) re-peribili dalle 8 alle 19, poic’è la Continuità Assisten-ziale (Guardia medica),per cui il servizio è garan-tito 24 ore su 24 in ogniluogo sperduto del Molise.Che senso ha ingolfare ilPronto Soccorso, con tempidi attesa notevoli, per affe-zioni di poco conto chepossono essere risolte (co-munque valutate e filtratedal medico) in qualsiasiambulatorio? Chi vuolecomunque usufruire delservizio di pronto soccorsoper patologie banali facciapure, ma paghi il giustoper la sua pretesa, sia purlegittima.

In una regione sempre piùvecchia e con poche risorse,la sanità è diventata il settoreprimario, l’area che assorbegran parte del bilancio e incui il business é maggiore.Con serietà e cautela, si puòtentare di sperimentare unavecchia formula che possafrenare la spesa sanitaria.

E se tornasse l’assistenza indiretta?

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ATTUALITA’

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C’era una volta ilmercato copertoC’era una volta ilmercato coperto

Quasi tutti i venditori se ne sono andati lasciando il posto a pochi produttori locali

Il parterre del mercato di Via Monforte con soli produttori locali

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Resta la malinconia di un sito in pieno centroche aspetta tempi migliori

ATTUALITA’

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Sopra il ballatoio del mercato co-perto di via Monforte non c’èbisogno della Spider Cam per

fendere l’aria pesante, per scivolarelungo i fili della ragnatela. Basta lavista, neppure tanto buona, per capirel’immensa desolazione. I banchi sonovuoti, i negozietti quasi tutti chiusi, ar-riva dalla parte bassa dell’immensoparterre appena il brusio di qualchecontadino che, approfittando dellaproduzione della campagna campo-bassana, aspetta con innata speranzal’arrivo di qualche acquirente. Prugne,pere, pomodoro, meloncini, ortaggi eun po’ di legumi essiccati popolano ibanchi fatti di ferro battuto.

Gli occhi che erano pieni di lucioggi sono spenti. C’è tristezza nelmercato che fu la nostra Vucciria. Sivendeva di tutto in via Monforte,carne, pollo, pesce, salumi, pane,pizze, oltre ai prodotti orto-frutticoli.In agosto, poi, c’era il festival dell’an-guria.

Quelle facce ci hanno accompa-gnato per anni. La famiglia Aniello èstata un’istituzione. Morto Tommaso,la moglie e i figli hanno tenuto apertoil banco per qualche tempo, prima diriconsegnare la licenza.

Il mercato ittico era la gioia del mer-cato. Di mercoledì e venerdi era un ri-bollir umano. Venditori e compratoriuniti, in un caldo vociare, a volte anchestorpio e sguaiato. Nella nostra ultima

visita c’erano solo Rocco e Lorenzo Ia-cobucci, padre e figlio, uno di fronteall’altro, ultimi baluardi dei “pescia-iuoli” di Termoli. Gli altri se ne sonoandati, forse tenuti momentanea-mente lontani dal fermo biologico odalla villeggiatura dei campobassani.

Da almeno vent’anni si sente ripe-tere che il mercato va rilanciato. E noici abbiamo creduto. Tra i creduloni cidobbiamo inserire i venditori a postofisso che però, vedendo che gli affariandavano sempre peggio hanno ab-bassato le saracinesche. Tra i pochiche ancora non mollano è VittorioMatropaolo, sul ballatoio in alto a si-nistra. Ha venduto salumi e baccalàper quasi 40 anni. Quando il commer-cio era fiorente teneva addirittura unaddetto ad affettare il prosciutto conun lungo coltello affilatissimo. “Ta-gliato a mano il prosciutto ha un altrosapore” ricorda, mentre serve uno deipochi clienti che gli sono rimasti.

Siamo andati dietro, negli anni,anche a un ambizioso progetto pre-sentato da Mario Di Biase che in cam-bio della concessione promise dianticipare 18 milioni per rilanciare ilmercato coperto. Trasformandolo inun nucleo commerciale di primopiano. Con parcheggi sotterranei, unmultisala cinematografico, una batte-ria di negozi, per la realizzazione diuna struttura coi fiocchi. Degna diuna città. Dal Palazzo non è mai par-

tito il via per iniziare i lavori, nel frat-tempo i tempi sono cambiati e glieredi di Di Biase hanno declinato l’of-ferta. Buttati i soldi per il progetto esvaniti i sogni dell’impresa, dei com-mercianti e della città che avrebbeavuto bisogno, in quel sito, di ritro-varsi in una struttura moderna, lindae funzionale.

Siamo nuovamente ai numeri primi.Prima o poi si tornerà a parlare di ri-lancio del mercato, ma intanto il pa-vimento in porfido è saltato quasitutto, i canali di gronda mandanoacqua da tutte le parti, domina ilbrutto e lo sporco. Ma quel che è peg-gio che aleggia sull’intero mercatoche rappresenta una fetta di storiacittadina lo spettro della malinconia.Appena spariranno anche i pochicontadini con le loro povere produ-zioni sarà veramente la fine.

(ge.ve.)

La ditta Di Biaseha declinato

l’offerta di rilanciocon un anticipo

di 18 milioni

Il giovane venditore di pesce Lorenzo Iacobucci assieme al decano Benito Palopoli

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C’era una volta unacittà tranquilla e pu-lita, ordinata e linda.

Tranquillità e pulizia erano isuoi fiori all’occhiello e i fore-stieri l’apprezzavano soprat-tutto per quelle qualità.

La Campobasso dei nostrigiorni è una città sciatta,

contraddistinta da cumuli diimmondizia a tutte le canto-nate per colpa di cartoni evolantini che svolazzano, of-fesa da reiterati guasti ur-bani da fare accapponare lapelle. Una città che ha persola sua immagine originariae, per giunta, sembra nutrirsi

di un conformismo arrogantee becero. Una città “misera” alcentro, tre volte tanto in peri-feria, dov’è pura illusionetrovare un po’ di verde desti-nato ai più piccini o una pan-china che possa far comodo aun anziano.

Una città, insomma, nellaquale le persone “datate”stentano a riconoscersi e,con loro, quanti vi sono natie le portano affetto.

La colpa, si sente dire, èdei tempi che corrono. Sarà,ma questo sembra un modosemplicistico e irresponsa-bile di gettarsi i problemialle spalle e lasciare che glistessi si centuplichino emarciscano. La verità è chenegli ultimi anni Campo-basso ha subito dai suoi

amministratori, da tutti isuoi amministratori, tortida non dirsi: maggioranzeche hanno anteposto gli in-teressi dei singoli a quellidella collettività, minoranzeche troppo spesso hannolasciato correre non certoper connivenza ma, a volte,per pura ignoranza dei pro-blemi. Chi, oggi, vorrebberaddrizzare la barca con unperentorio e brusco cambiodi rotta, si trova sempre difronte a difficoltà disar-manti. E ce ne vuole di co-raggio per non arrendersi,per non cedere alla tenta-zione di pensare che non èpoi la fine del mondo setutto continua a filare comeprima, cioè per il versostorto. (ge.ve.)

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C’era una volta

Tutto da rifare

Separati dalla nascita

Franco Levratti e

Donald Sutherland

La somiglianza eraperfetta. Anche se lefoto in nostro pos-

sesso non le rendono giu-stizia. Come due gocced’acqua: fisico alto, capelloprecocemente bianco av-viato alla stessa maniera,dentatura e, persino, ilghigno.

Franco Levratti, scom-parso da pochi giorni nellasua casa di Ferrazzano, allaNuova Comunità, a 66 anni,

e Donald Sutherland attorecanadese, specializzato neiruoli del cattivo, pur cosìdistanti e diversi si somi-gliavano molto.

Franco Levratti arrivòda Milano alla fine deglianni 70, per dirigere la Di-biten, industria produttricedi materiale impermeabileper le costruzioni.

Improvvisamente lasciòl’azienda e aprì Gamma-radio, divertendosi con gli

amici di Tiro rete a faregiornalismo brillante e in-novativo.

Chiusa la parentesi radio-fonica Franco si è dato al-l’informatica, fiancheggiatodai suoi figli. Smesso di se-guire il Campobasso si èdedicato al calcio “minore”,diventando dirigente del-l’Oratoriana Limosano eseguace dei Lupi Molinaro.

In oltre 30 anni di perma-nenza nel Molise Franco

Levratti è diventato piùcampobassano di quantivi sono nati. Amando pro-fondamente la nostra cittàche lo ricorda con affetto.

Rideva sempre FrancoLevratti, esibendo i suoidentoni.

Ecco perchè preferiamoricordarlo così, somigliantecome un gemello a DonaldSutherland, il duro del ci-nema.

(ge.ce.)

Franco Levratti Donald Sutherland

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di Gennaro Ventresca

I personaggi

Cufari e Mancini: ma che belle mentiIl meglio lo danno in

pubblico, con la parlatafacile e forbita. Nean-

che il tempo di lanciareloro l’argomento e lo af-frontano spedito e com-piuto. Grazie a uno spessovalore culturale che nes-suno con un minimo dicervello può disconoscere.Sono amici miei. E quandosi ha a che fare con gli amicisi corre il rischio di esseremeno disposti a concedere,per non fare la parte di chisi è messo in ginocchio.Come accade a quei giorna-listi che scrivono libri-inter-viste e si tengono lontanidalle domande scomode.Stando bene attenti a nonricordare gli scivoloni del-l’intervistato.

Bè, di Adalberto Cufari eFranco Mancini, proverò adire innanzitutto qualcosadi male. Così nessuno mipotrà rimproverare di “es-sere di area”.

Inizio da Cufari che sba-gliò clamorosamente afarsi coinvolgere all’ultimoistante dal centro-destraper sfidare (allora) l’im-battibile Augusto, comesindaco di Campobasso.Non so se il suo fu un attod’amore o di superbia.Fatto sta che le prese sulgroppone, senza riserve. E,per giunta, non ebbe risar-cimento alcuno, sottoforma di nomina in qual-che ente sub regionale.

Passo ora a Franco Man-

cini che ha lasciato la pre-sidenza della Banca Popo-lare del Molise nelmomento meno opportuno,quando cioè le nostre im-prese avrebbero avuto bi-sogno di una banca localedi sostegno. E ha ripetutol’errore più tardi, lasciandoIorio per abbracciare Ruta,col quale in pratica non hamai filato.

Mi sono tolto un peso. Emi sento più leggero.

Ora, però, consentitemi diricordare che AdalbertoCufari è la più bella pennadel reame. Nessuno nelMolise lo vale, per compe-tenza e poliedricità. Dopoaver lavorato prima al Mes-saggero e poi al Tempo hascelto di starsene in pro-prio, dirigendo Molise Oggi(settimanale) dell’editore

Uliano. La rivista benchépreziosa e completa non haperò sfondato sul pianodelle vendite e così Adal-berto si è dovuto dedicare aExtra ove scrive una ca-terva di pezzi, occupandosidi tutto. Come accade aigiornalisti di provincia acui non è consentito la spe-cificità del filone. A titolopuramente affettuoso eamicale si occupa di unarubrica, tra le più apprez-zate di questa rivista.

Franco Mancini ha lapenna scorrevole e rifinitacon la quale compie auten-tici ricami, una specie ditombolo della scrittura. Maper mestiere fa l’avvocatotributarista, concedendosi algiornalismo solo per hobby.

Ha tutte le carte per farel’opinionista in tv, ma nes-

suno ha saputo cogliere ilsuo largo sapere, limitan-dosi a farlo intervenire perfacezie sportive, con il pal-lone in primo piano.

Cufari, lo dico per i piùgiovani, è stato un agileamministratore comunale epoi provinciale. Nel suopalmares bisogna infilarcisoprattutto la mostra di Re-nato Guttuso fatta, pur-troppo, in una palestra.Perché allora come oggiCampobasso non ha maiavuto una sala espositiva,oltre a una pinacoteca.

Mancini ha i calci d’an-golo nelle vene, per questoogni volta che qualcuno lochiama non riesce a rima-nere algido. Prima con Fal-cione e poi con Capone,Franco ha offerto un valen-tissimo contributo profes-sionale e umano. Si deve alui la trovata dei pullmanche raccoglievano tifosi inregione per gonfiare ilpubblico del Romagnoli.

Cufari è un po’ più avantinegli anni. Ma possiede im-mensa energia da vendere.

Mancini sta per festeg-giare i 60 e può ancora daremolto alla città sul pianogiornalistico e sociale.

Vedrei bene il primonell’ufficio stampa di Iorio;per Franco, invece, un ri-torno in grande stile dalleparti di Selva Piana, da cuiè andato via con la mortenel cuore, lasciando unvuoto tra i tifosi.

L’avvocato si è imprestato tante volte al calcio rossoblùIl giornalista è stato il più longevo amministratore comunale

Franco Mancini Adalberto Cufari

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Non c’è una strada con più di due corsie. Altro che au-tostrada. Il Molise ha quello che ha. Con tutti gli an-

nessi e connessi. E’ piagato il suo reticolo stradale, confenditure al centro, sagome deformate, frane che portanoa valle bitume e inerti. Certo, milioni di euro si sono vola-tilizzati per rimettere in sicurezza la rete stradale, ma pocoè stato fatto per fornire una maggiore scorrevolezza deltraffico su gomma. Ci si chiede: ma invece di sognare l’au-tostrada, non sarebbe stato meglio concentrare gli sforziper migliorare il collegamento tra Campobasso e Termolie il capoluogo con Venafro? L’uomo della strada direbbesicuramente si, ma la politica l’ha pensata in un altromodo, gingillandosi intorno a un progetto di massima che

è rimasto ancora tale, nonostante le ripetute promesse.Certo, a fine legislatura, Iorio dovrà dare conto ai molisani,anche delle strade, naturalmente. E anziché usare i verbial futuro dovrebbe utilizzare il passato o, al limite, il pre-sente.

Certo è che la burocrazia è la peggiore piovra che regninel nostro Belpaese, Molise compreso. Dove il partito del“no” è sempre pronto a osteggiare ogni cosa. Ma non sem-pre la colpa è di quel partito a cui piace mettere lo sgam-betto, comunque. Specie se lo scherzetto bisogna farlo aun governo di centro-destra. Ci sono anche precise re-sponsabilità di chi ha tenuto la bacchetta del comando trale mani e che avrebbe dovuto far meglio, agendo con mag-gior sveltezza.

Per conoscere come sarà la viabilità molisana non ba-sterebbero le sibille cumane al completo che vanno an-cora famose per come sanno oracolare. L’Anas giura espergiura che il Molise non sarà tralasciato, ma intanto lesue strade sono quelle che sono.

Coast to coast

Colpa di chi?Del fato o dell’imprudenza?

O, magari, anche delle strade che nonsono affatto sicure e che hanno la loroincidenza sui troppi incidenti, alcuni le-tali, che si registrano sulle nostre strade.

Prendete Ingotte. Si è perduto ilconto da quando il cavalcavia che per-metteva ai campobassani di giungere aValle è stato prima transennato e poiparzialmente abbattuto. Per ragioni disicurezza.

In Giappone, durante l’ultimo deva-stante terremoto, tra l’altro è caduto unlungo cavalcavia che a distanza diqualche mese è già stato ricostruito. Danoi, invece, passano i lustri e le coseprocedono a rilento. Per fortuna che i

lavori a Ingotte stanno svolgendosispeditamente e, per quel che se ne sa,dovrebbero completarsi anche secondoprogramma, entro la prossima estate.

Ma le morti sulla strada perché sonosempre crescenti? I giovani come maiamano premere il pedale sull’accelera-tore? Perché non frenano i loro bollorie prima di mettersi al volante non sifanno un esame di coscienza, tenendoa mente se hanno fatto uso di alcool edroga?

Piacciono, eppure tutti neparlano male. Le sagre

sono diventate il pomo delladiscordia. Eppure senza diloro l’estate molisana sarebbeun vero e proprio mortorio.Certo, non è un gran bel diredi “cavatelli e salsicce” e “coti-che e fagioli”. Ma che ci voletefare: questo è il Molise. Equindi è meglio non fare glisnob. Né vanno meglio le cosesul mare, con la sagra delpesce fritto, non certo menoprofumato di certi intingoliche si cucinano in collina.

Le sagre restano un’occa-

sione per ritrovarsi. Per ripo-polare, sia pur in modo occa-sionale, posti che durante ilresto dell’anno restano pres-soché abbandonati.

Si ritrovano vecchi amici,arrivano i cittadini dei comunivicini, insomma si genera unapiacevole confusione chetrova i suoi momenti piùesaltanti quando le gambevengono posizionate sotto itavolini. Per una saporitamangiata e bevuta. Certo, nonc’è niente di glamour, ma vabene così, nel ricordo dellavecchia civiltà contadina.

La strada dei sogni

Vite spezzate

di Anna Di Iorio

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di Domenico Fratianni

aro Giose,l’ultima volta che cisiamo ritrovati è

stato in occasione, come ri-corderai, della mia mostrasulla “Vita Nuova” di Dante,al Mario Pagano di Campo-basso. Ci legò, in quella oc-casione particolare, proprioil Sommo Poeta: tu decide-sti di essermi accanto duevolte: la prima, con quel tuostraordinario saggio sullamia interpretazione figura-tiva, pittorica e incisoria (sitrattava, per me, di un su-premo tentativo di rinnovarevitalità e vita, come ad inse-guire una traiettoria esi-stente già in origine, senzasaperlo; una storia, se vuoi,anche personale intorno adun viaggio interiore per laconoscenza della propriaanima a volte soffocata dauno spazio temporale asfit-tico), e anche sul mio esserepittore contemporaneo, chesi legava a Dante per esserestato il primo grande poetache aveva cantato l’amorecome punto di partenza perun viaggio verso la luce. E laseconda, venendo personal-mente con un volo transa-tlantico da Pompano Beach,dove vivi da anni, alter-nando questa sede estivacon l’altra a Lowell, MA.

Venisti accompagnato daltuo angelo custode che tuhai chiamato poeticamenteCiliegia, il tuo frutto ma-turo. Ma, ancora prima(come non ricordarlo?), iltuo interesse per il mio es-sere pittore molisano e delmondo, facendomi tornarein mente la tua improvvisaapparizione presso la Gal-leria “Cervantes“ di Roma,sede dell’Istituto Spagnolodi Cultura, in occasionedella mia rassegna acqua-fortistica sul “Don Chi-sciotte”. Duettasti conPeppe Jovine, il nostrofratello mai scomparso.

E così mi capita di vedertianche in sogno, per par-larmi dei tuoi anni giova-nili, della tua passione perla scrittura, dei tuoi amorie delle tue nostalgie; e iltuo chiamarmi “fratello“ micommuove, perché credonon ci sia espressione mi-gliore e più bella per testi-moniarmi il tuo affetto.Certo, Giose, fratelli in arte,come tu dici, ma anche disentimento, che non hanulla a che fare con il senti-mentalismo, ma che si legaad una profondissima presadi coscienza sul nostro es-sere partecipi e testimonidel nostro tempo,con le bar-barie quotidiane dei poveridi cuore ma, anche, con laforza di ritrovare sempre ildialogo con la poesia, fattaspesso di cose che gli altrinon vedono: il dialogo con lestelle, la luna e il sole, con ilvento e la pioggia e, soprat-tutto, con l’essere umano,con le sue passioni e le suedebolezze.

Ecco perché dialogo conte anche da lontano; è comeuna continua confessioneper ritrovare vitalità e vitae confermare a me stessoche sono vivo. E allora tiparlo di quel tuo paese cheti ha dato i natali e che tiporti nel cuore e che rievo-chi sempre per darti forza:quel tuo paese nel nostroMolise che si chiama Casa-calenda che, spesso tu acco-muni, per effetto d’amorenei miei confronti, al miopaese, Montagano, perchésai bene quanto io sia le-gato a quella straordinari aparlata dialettale che, asentirla bene, sembra unamusica a volte dolce, altrevolte struggente come unlamento. Così ti scrivo perdirti che mi capita spesso(oggi per esempio, 28 luglio

2011) di ritrovarmi a rileg-gere i tuoi libri, a cominciareda quel tuo straordinarioregalo che per me è stato“Fratianni e la follia” (Cer-vantes, De Foe, Campana)che narrava/narra delloscatenamento fantasticonon solo dei personaggi inquestione, ma anche dellamia e della tua. Ma la mollache ha fatto scattare questomio impulso a scriverti, èstato (sarebbe troppo facilericordare i tuoi grandi suc-cessi come -li cito così comemi vengono in mente- : Tiroal piccione, Il mestiere delfurbo, Graffiti, De Troit Blues,Molise Molise, Moliseide andother poems, Benedetta inGuysterland, Jazz Mood, Lastanza grande, Gioco d’amoreAmore del gioco, Familia,Alien Cantica an Americanjourney, I Rascenije, Dirigime Domine,Deus Meus, Iltempo nasco scosto tra lerighe, Sexy Saffo, e ancora-ma certo ne avrò dimen-ticato altri- il libro titolato“Il viaggio” che ho riletto inquesti giorni e che mi spingea scriverti per dirti non solo

che ti ho riletto, ma ti ho ri-visto e risentito anche (ilsuono della tua voce, dico).Mi sei sembrato un fiume inpiena, uno scatenamentodello spirito e della fantasia;un rimescolamento delle vi-scere e del sangue, uno scor-ticarsi vivo per poi rimetterenuova pelle (ti ricordi Giose,del nostro parlarci dellenostre madri? Tu mi chia-masti per raccontarmi chela tua stava morendo, pro-prio mentre io stavo dipin-gendo la mia morta datempo, per riportarla in vitasulla tela?). Credo di aver-telo già scritto, ma voglio ri-peterlo: la tua è come unasorta di ossessione purifica-trice, un vivere-morire etornare a vivere ancora, conil cuore sempre caldo.

E potrei andare avanti, ag-giungere altro. Meglio ab-bracciarti, per il momento. Ilresto ce lo racconteremo tranon molto, magari quandoverrai in Italia -meglio inMolise- per rinfrescarti lamente e il cuore. Me lo haipromesso. Ti aspetto.

Tuo Dom

C

Lettera a Giose Rimanelli

AR

TE

&C

ULT

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A

Giose Rimanelli, lo scrittore molisano che vive in America

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34

Lo zenzero è una pianta offici-nale. Poco conosciuta al grossopubblico. Ma che sta per diven-

tare famosissima. Come testimonianoi suoi poteri che farebbero accrescere

la potenza sessuale degli uomini. InKenia, ad esempio, si sono impennatele vendite di Mukombero, pianta fa-mosa per le sue virtù “energizzanti”.Gli uomini con problemi di virilità di-

chiarano di sentirsi rinascere, mentrele donne ne testimoniano l’efficacia.

Il Viagra africano, il Mukumbero èuna varietà di zenzero bianco che, semasticato sino in fondo, assicura unalto potere energizzante. E’ vendutoa circa 30 centesimi di euro, quindialla portata di tutte le tasche, a diffe-renza della “pillola blu” che costauna bella cifra e viene venduta solodietro la presentazione della ricettadel medico.

I cinesi, incuriositi dal successo divendita e dalle alte prestazioni cheprocura la pianta, hanno deciso dicoltivare la pianta di zenzero a scopiindustriali. Per lanciarla alla grandesul mercato.

Il boom in tazzina del ginseng erastato associato erroneamente ai suoielevati poteri energizzanti. Che peròhanno poco a che fare con quelli ses-suali. E da qui la rassegnazione degliuomini che pensavano che standocomodamente seduti al bar, per ap-pena un euro, erano convinti di tro-vare un ristoro e di prepararsi atempo stesso per una eccitante pre-stazione d’amore.

Il Mix di D’Artagnan

C’è già aria di campagna elettorale.Un posto alla Regione è come una

vincita al superenalotto. E quindi giu-stifica tutte le mosse che i concorrentiintendono fare. A iniziare da quellabasilare: dimostrarsi disponibili conl’elettorato. Così si moltiplicano i sorrisi

e le strette di mano. E già c’è scappataqualche promessa di interessamentoper quel concorso che si andrà a faredopo le elezioni. Perché, fateci caso, iconcorsi vengono fatti sempre dopo ilvoto, in modo che in tanti possano so-gnare un posto fisso di lavoro e il poli-tico lavorarci intorno, facendo ricorso atutta la sua abilità. Si fanno già i primi

nomi, di quelli che non si possono de-finire roboanti, per questo li omettiamo.Anche se per accomodarsi in Consiglioc’è bisogno d’altro, magari anche di unpo’ di fortuna che arride spesso qual-che piccolo partito di sinistra che con800 voti riesce a eleggere un suo candi-dato, alla faccia di chi con oltre 2000preferenze è rimasto a secco con il Pdl.

Il pepe di FratturaBisogna dire grazie a Paolo Frattura per aver ac-

ceso la politica d’estate, stagione solitamentemoscia anche per il Palazzo. La scelta, non certoestemporanea, del presidente della Camera di Com-mercio di Campobasso di partecipare alle “prima-rie” del PD, ha scatenato un putiferio. La sinistra siè sentita offesa dalla presenza nella sua elitaria scu-deria di un ex sodale di Iorio e figlio di un vecchiodemocristiano; il Pdl ha rivendicato i presunti “fa-vori” accordati al giovane architetto, progettistadella Città nella Città. Insomma è scoppiato un pu-tiferio: è stato chiamato in causa anche Dante DiDario che, secondo chi ne sa, avrebbe benedetto ladiscesa in campo dello stesso Frattura, confer-mando la sua recente avversione a Iorio che a suotempo non solo gli è stato amico, ma gli ha ricono-sciuto diverse gratifiche, aiutandolo all’inverosimilea gestire la Solagrital di Bojano.

Se l’è presa con comodo primadi arrivare, poi ha acceso i

suoi dardi e quindi, improvvi-samente, si è afflosciata: com’èstrana l’estate. Dal caldo tor-rido alle giornate tiepide.Senza una via di mezzo. Facendo ripetere la solita

frase: sono finite le stagioni diuna volta. Come del resto le mezze sta-

gioni. Che, a dirla tutta, a Campobasso nonsono mai esistite. Specie la primavera che sifa inutilmente attendere tutti gli anni, rin-viando di giorno in giorno il suo ingresso.

Abbiamo visto l’imbarazzo dei meteorologiin tv che non volevano neppure annunciarcil’arrivo di un’altra giornata di aria fresca ecielo nuvoloso. Come se la colpa fosse la loro.

Pazza estate

Si dispensano sorrisi

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ATTUALITA’

Tutto come negli anni 80

Lettera a me stesso

Tutto come negli anni 80

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di Gennaro Ventresca

arissimo,ho riletto in questi giorni al-cuni dei miei primi articoli.

Rivedo le righe uguali della mia “let-tera 32”, con l’inchiostro un po’ sba-vato, e la scrittura acerba. Mio madresoggiacque a una paralisi cardiaca oa qualche cosa di simile. Neanche imedici ci capirono gran che. So soloche se n’è andato che aveva 60 anni epoche volte ha avuto il piacere di an-dare a ritirarsi personalmente la pen-sione di ufficiale postale, con il gradodi capufficio.Il mondo è gremito di infelici; cia-scuno parla solo la lingua del propriodolore, che per gli altri non ha senso;mio padre è stato un uomo infelice,per ragioni di salute. E a soffrirne nonè stato solo lui, ma tutti i famigliariche gli siamo stati accanto, fiancheg-giandolo sino al 15 dicembre del 1980,in cui il suo cuore si spezzò. Lascian-doci molto tristi.Ciò che ho appena ritrovato scritto ri-sale a quel tempo, il 1980. Avevo 30anni di meno e pensavo di possederela forza necessaria per piegare ilmondo, anche con la grinta della miascrittura e con la convinzione che ci hosempre messo quando sono andato inonda in tv, prima sugli schermi di Te-lemolise e poi su quelli di TRC, diven-tata più avanti Tele Regione.Un torrente di emozioni accompa-gnava la mia vita giornalistica. Pun-tavo forte sul Molise e sui suoi uominiche mi sembravano all’altezza, perlanciarlo in alto. Erano gli anni diD’Aimmo e La Penna, di Giustino

D’Uva e Remo Sammartino, ottimevendemmie che non si sono ripetute.Allora come oggi attraverso i mieipezzi invocavo un rilancio della via-bilità regionale e un forte interesseper il turismo. Dopo 30 anni le cosesono rimaste imbalsamate: le nostrestrade sono ridicole e le presenze tu-ristiche risibili.Il cammino della nostra politica edella nostra economia è stato fian-cheggiato da rocce aguzze che sem-brano denti di cremagliera. Ci hannopropinato più parole che fatti. Delu-dendo le nostre attese e quelle dei no-stri giovani che hanno il loro da fareper costruirsi il presente, altro che av-venire. I tempi sono magri e più chealla pensione i ragazzi debbono prov-vedere a mettere insieme 1000 euro almese per poter sbarcare il lunario.

I tempi, se vogliamo, sono cambiati ecome. La vita non ha più l’aroma sin-cero di forno e padella, quell’odoreche non si ferma alle narici, che vivecon noi e che è sempre nell’aria, vagoo intenso, quando diciamo casa, fami-glia, paese. Li rimpiango quei tempiin cui eravamo gente semplice e allamano, convinta di poter otteneregrandi soddisfazioni dalla vita che tistrizzava l’occhio, favorita dall’econo-mia che correva, dalla DemocraziaCristiana che pensava per sé senzadimenticare gli elettori, il posto fisso,la spintarella, l’aiutino al concorso, labustarella per l’amministratore e ildirettore dei lavori, l’abitudine diagire in base “io ti do una cosa a te etu mi dai una cosa a me”.Si, hai ragione:la meritocrazia andavaa farsi friggere. E oggi, siamo propriosicuri che ad andare avanti siano i piùmeritevoli? Non sempre è così. Anchese i giovani che si affacciano almondo del lavoro sono più qualificati,colti e scafati rispetto a quanto fos-simo noi alla loro età.Non è ancora maturato il tempo di af-fidarsi a se stessi. Facendo in modoche ognuno diventi il proprio patri-gno. Per questo anche i ragazzi piùintraprendenti cercano sponda nelpolitico di turno, portano acqua alleelezioni, candidandosi contro ogni lo-gica, per racimolare un pugno di votida consegnare al patron. Accadeva lostesso anche negli anni 80. Infatti sevai a vedere le carriere di certi candi-dati di quegli anni non potrai non no-tare che hanno avuto lo stesso passodel proprio sponsor.

C

Florindo D’Aimmo Girolamo La Penna

Bruno VecchiarelliRemo Sammartino

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La storia di Michele IorioQuesta, dopo tutto, è la storia di

un uomo della mia regione,sorridente con qualche ri-

guardo. Di un uomo semplice, “unamico”, aduso a passare le rare va-canze al mare di Campomarino, dovepossiede una piccola casa per l’estate.Un uomo che a vederlo così pacioso emai fuori dai margini non dà neppurelontanamente il segno della sua po-tenza. Perché qui stiamo parlando delGovernatore, in sella alla Regione dadieci anni, mica uno.

Nessuno prima di lui ha governatocosì a lungo il Molise, cosa tutt’altroche trascurabile in un contesto che in-dica la crisi su tutti i fronti che invecedi intercettare i consensi somma i maldi pancia, i disagi, la recessione, il ma-lumore della “meglio gioventù” all’af-fannosa ricerca di un posto di lavoro.

I suoi gesti sono sempre cautelosi etuttavia autoritari, la sua parlata ècalma e compita, da farne un uomoche piace, soprattutto perché non fapesare il distacco dalla base e che sispinge ogni giorno tra la gente. A tuttele ore. Di Michele Iorio si è detto tuttoil bene e tutto il male. Come succede

quando c’è da scrivere e da resocon-tare su chi regge la barra del comando.Da ogni angolo è sbucato un censoreche ha cercato di coagulare il dissenso,ora scrivendo un articolo, ora un libro,per rendere pubblica la denuncia. C’èstato chi si è spinto sino in fondo, indi-cando Iorio come il “monarca” dellanostra regione.

Questa volta il libro su Iorio è unlibro che scivola placido, come l’acquadi un fiume che corre in un territoriopianeggiante. Enzo Di Gaetano chel’ha curato si è caricato del peso diraccogliere materiale fotografico e dirielaborare i suoi appunti, messi da

parte ogni giorno, a corredo del suo la-voro di cronista politico. Di Gaetano,attraverso il microfono di Telemoliseha avuto modo di ascoltare più volte ilGovernatore, anche quando Iorio eraalle prime esperienze amministrativeche lo hanno affascinato almenoquanto, da giovane, gli studi in medi-cina. Molti molisani ignorano che Mi-chele Iorio prima di essere quello cheè, resta un valido chirurgo. Ha lavoratonella sala operatoria dell’ospedale diIsernia, facendosi apprezzare pertempismo e professionalità.

In questo libro, presentato a Termoli,sotto le mura del Castello Svevo, da cuisi gode il magnifico mare molisano, ètratteggiata la figura di Iorio uomoancor prima del politico. Del primo, DiGaetano ci ha fatto conoscere alcuniaspetti inediti, mettendoci sotto gliocchi delle belle e tenere foto di fami-glia; in quanto al resto ha dovuto solofare una scrematura per scegliere letappe più significative che hanno con-traddistinto il percorso politico delcapo del centro destra che grazie a unforte carisma è riuscito a vincere dueelezioni consecutive, la prima delle

Presentato a Termoli il libro di Di Gaetano sul Governatore

Il volume nasce dalla caparbietà

di Ignazio Annunziata che l’ha realizzato

senza sponsor

1

2 3

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quali, nel 2001, rappresentò la riscossa delpartito di Berlusconi per riprendersi laguida del Paese.

E’ un bel libro quello su Michele Iorio, lacui relazione è stata effettuata con le capa-cità interpretative che gli sono firma, daAdalberto Cufari che, costruendo un ri-tratto elogiativo, ma non celebrativo, hareso le sue parole più credibili.

Il libro, circa 200 pagine a colori, è ilfrutto della superba caparbietà di IgnazioAnnunziata, che non smette di stupire. Eche a un paio di mesi dalle elezioni, ri-schiando in proprio, ha editato il volume,mettendolo in vendita (19 euro), senza pro-cacciarsi neppure uno sponsor. Credendoevidentemente nel fatto che Iorio abbia piùestimatori che denigratori. E quindi poten-ziali acquirenti del volume che parla di luie che si avvale di una elegante veste gra-fica, e di una copertina cartonata di pregio.

P.S. Il libro, contrariamente a quanto sipensi, non è stato patrocinato da Iorio.Anzi, senza l’insistenza di Annunziata, ilGovernatore non avrebbe dato neppure ilconsenso alla pubblicazione. (ge.ce.)

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N°1: Il tavolo dei lavori; N°2: Il governatore affiancato dalla moglie e da Angela Crolla; N°3: RaffaeleIorio con Muccilli e Testa; N°4: Il pubblico ai piedi del castello Svevo; N°5: Cufari e Di Gaetano; N°6:Il presidente Picciano; N°7: Iorio con il nipotino; N°8: L’editore Ignazio Annunziata e Santagostino

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10 gennaio 2020Contribuenti virtuosi

Il Ministro delle FinanzeTremonti sarà presente aTermoli alla manifesta-zione “Fisco d’oro” che halo scopo di individuare epremiare il contribuentetermolese più virtuoso.

Ad aggiudicarsi il primopremio, una medaglia d’orodi due grammi, nel con-corso promosso dal Co-mune in collaborazionecon la sezione locale delRotary, è stato il titolare delristorante “Da Giulio” chenell’intero 2019 ha emessoben 94 ricevute fiscali e 84fatture per pasti a carico diaziende commerciali.

7 maggio 2020Iniziativa culturale

a Larino

Il nuovo sindaco di La-rino, Sabrina De Camillis,in una conferenza stampaha illustrato il progetto perla ristrutturazione dell’an-fiteatro, che oltre al finan-ziamento del ministero peri beni culturali avrà comesponsor privato la BancaSan Paolo di Torino.

29 luglio 2020Contratto a termine

Tonino Bussone, perso-naggio mitico dell’atleticamolisana, ha firmato ieriun contratto di due annicon il Trivento, società perla quale svolgerà il compitodi preparatore atleticodella squadra primavera.

22 Ottobre 2020Conflitto d’ interesse

Il nuovo presidente delConi regionale, Piero diCristinzi, ha sollevatopresso l’alta corte di giusti-zia sportiva, il caso delcommissariamento dellaFederazione gioco calciodel Molise, a seguito dellesue dimissioni. Come ènoto, l’assemblea molisanadelle società calcisticheaveva indicato Anna Favicome successore di Di Cri-stinzi, ma il ricorso delPresidente del San Leucioaveva determinato l’annul-lamento dell’atto e la con-seguente nomina di uncommissario. Motivo, ilpresunto conflitto d’inte-resse della Favi, per via diun contratto di collabora-zione con il Campobasso.Nel procedimento che sisvolgerà a Roma, sarà l’av-vocato Franco Mancini asostenere la tesi dell’eleg-gibilità della Favi.

29 dicembre 2020Girotondo di direttori

nei media

Clamorosa indiscrezionesu un giro di cambi nelgiornalismo molisano. Ma-nuela Petescia, che i ru-mors della politicaindicano come prossimacandidata del centro de-stra alla carica di Governa-tore nelle elezioni delprossimo anno, con le suedimissioni aprirà un girovorticoso di poltrone nelledirezioni dei media moli-sani. Per Telemolise, siprofila una téte a téte tra

Daniela Ricci e Enzo diGaetano.

L’altro scenario, più le-gato ad accordi politici,prevede il ritorno di Pa-squale Damiani. In questocaso, Enzo Di Gaetano di-venterebbe il direttore edi-toriale di Teleregione ePrimo Piano, mentre Pino

Saluppo andrebbe aNuovo Molise, forte di unaccordo di massima conl’editore.

Dovrà tuttavia guardarsile spalle da Pina Petta laquale, dopo il pensiona-mento dalla Rai, attendeuna proposta dirigenzialenel settore.R

UBRICHETTA

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Molise 2020, cronache dal futuro

di Walter Cherubini

Mario Perrinoil Collina del Canada

Vive in Canada, a Winniberg, nello stato di Ma-nitoba, il nostro concittadino Mario Perrino, par-tito da Campobasso giovanissimo 44 anni fa.Appassionato di calcio e del mondo arbitrale,Perrino una volta impiantatosi in Nord America,ha continuato la sua attività arbitrale, raggiun-gendo i massimi livelli nazionali. Una volta la-sciato il fischietto Perrino è passato a fare ildirigente, costruendo una rete di arbitri in tuttoil Canada. Ora fa parte della commissione perpromuovere i migliori arbitri canadesi come in-ternazionali.

Il dirigente arbitrale del Canada Mario PerrinoIl dirigente arbitrale del Canada Mario Perrino

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Zibaldone di Eugenio Percossi

Addio glamour, Termoli è depressa

Iprezzi delle case crollano. C’è lacrisi economica ed ecologica. La

costa molisana si è trasformata in unparadiso perduto.

Destinazione Termoli. E Campoma-rino. Per un totale di 32 chilometri dicosta. Il paradiso perduto è quello moli-sano. Dopo i sogni di grandezza il para-diso è perduto perché ci sono la crisieconomica, ecologica, scolastica. I prezzidelle case crollano, i pensionati lascianoper i prezzi alti e fuggono con le lororughe, l’industria alimentare langue.

Il sogno si sta dissolvendo perchéla gente pensa che non convenga in-vestire sul mare, dove la costa ètroppo affollata, sfruttata, cara, pazzae troppo piena di immigrati.

Si dirà: troppo pessimismo, non siamopoi messi così male. Si, però: spostateviappena venti chilometri più a nord e

troverete le cose completamente cam-biate. In meglio, naturalmente.

Vasto gode di buona stampa e di ot-tima reputazione. “Me ne vado a Vasto”,dichiara l’impiegato regionale, dandosiun tono. E così con i soldi della liquida-zione compra il “quartierino” appenadopo aver superato San Salvo, purchèsi tratti del comune di Vasto.

“Vasto ha un magnifico centro sto-rico”, scandiscono in ufficio nelle variesedi della Regione. Sicuro. Ma per arri-varci, specie partendo dalla periferiasud, ci vuole anche un’ora. E poi: dovelo mettiamo il problema del parcheg-gio? Arrivati davanti a Palazzo D’Avalossembra di stare nel cuore di Napoli,all’ora di punta. Eppure alla gente quelgran casino piace, la eccita, facendolasentire importante.

I condomini di Vasto, è vero, sono lus-

suosi. Architetti e imprenditori hannosaputo coniugare il nuovo modo di co-struire. Ma, per carità, non esageriamo.Perché il centro storico di Termoli èanche più bello di quello di Vasto e poianche nella nostra principale città dimare non stiamo poi così indietro conle costruzioni. Le quali, ci par di capire,si vendono poco. Per le ragioni che ab-biamo appena ricordato. Eppure ci vor-rebbe poco per far volgere le cose afavore del Molise, iniziando da una po-litica commerciale meglio organizzata.Senza dimenticare di dare mano alla ri-strutturazione del centro di Termoli oveil vecchio cinema Sant’Antonio è an-cora fasciato da un’impalcatura che locinge da oltre un anno, alcuni palazzisono scortecciati e cadenti da far vergo-gna e nel terzo corso le cose stanno an-cora peggio.

Tavolini all’aperto. Casse di birre che si svuotano, accom-pagnate da rumori e stuzzichini. La notte è piccola per

i predatori dell’alba in via Ferrari. E i residenti, che cosa di-cono i residenti? Smoccolano, esausti. Hanno raccolto 500firme e le hanno inviate il Prefetture. Per porre freno al caosdelle ore piccole.

Durante l’anno il venerdi e il sabato, assicurano i residenti,non c’è modo di dormire. Ma poi il sonno riesce a vincereanche il chiasso smodato dei giovani della Campobasso chenon ha voglia di andare a dormire. In estate è storia di tuttele sere, anzi di tutte le notti. Il timbro delle voci è semprepiù alto, non si placano neppure i decibel dei locali. L’acu-stica è assicurata dalla forma della strada, chiusa tra duepalizzate di case e, là dove la via slarga, si apre uno magni-fico spazio, pure esso racchiuso dalle mura, che racchiudesuoni e voci.

Arrivano le auto della polizia per cercare di tenere bassi itoni, ma di fronte alla gioia della meglio gioventù campo-bassana non c’è “gazzella” che tenga. L’estate poi, si sa, è lastagione delle tirate sino a tardi, magari sino all’alba. E chec’è di meglio di vedere l’alba? Sarebbe bene però che qual-cuno facesse capire ai ragazzi che l’alba si può godere anchealzandosi alla cinque, non andandosi a dormire.

La movida di via Ferrari

AGuglionesi, in alto, da dove si scorge il mare c’è unlocalino che è tutto un piacere. E’ quello di Bobo e

Rita, meglio conosciuto come Ribò, che non ha nulla ache spartire con il nome di un famoso purosangue fran-cese. E’ un voyage culturel molto contemporaneo. Ipiatti sono raffinati e sempre diversi, in qualsiasi sta-gione dell’anno. Il menù degustazione è una delizia,tutto a base di mare, con la fantasia di Bobo che si sbiz-zarrisce come un rapper di ricette. Le sue portate sonoil frutto di un gioco di fornelli e di colori. Per gustare ildesco del noto ristoratore bisogna prenotare e possibil-mente assecondare lo chef che sprigiona pietanze e sa-pori, secondo il suo antico mestiere di re dei fornelli.Rita, la sua signora, lo asseconda ai tavoli. Un consiglio:meglio non far scivolare il discorso sulla politica: Boboè di estrema sinistra e lo testimonia anche con la sua di-visa; Rita, dal canto suo, rimpiange i tempi di Mussolini.Bella la vita, no. Buon appetito a tutti.

Conosco un posticino

Bobo

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