il primo luglio / agosto 2012

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Mensile a tiratura regionale Anno 8 - n. 7 luglio/agosto 2012 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Vorrebbe riaprire un sereno rapporto con la città e ricevere un aiuto dalle istituzioni per puntare alla C unica

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IL PRIMO LUGLIO / AGOSTO 2012

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Mensile a tiratura regionaleAnno 8 - n. 7 luglio/agosto 201220.000 copie - Distribuzione c o n L a G a z z e t t a

Vorrebbe riaprire un sereno rapporto con la città e ricevere un aiuto dalle istituzioni per puntare alla C unica

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sommario

Allegato

DIRETTORE RESPONSABILEFranco Boccia

DIRETTORE EDITORIALEGennaro Ventresca

Registrazione al Tribunale

di Campobasso

n°5/05 del 05/03/2005

BLOB DI A. PICCIRILLOSEDE LEGALEVia Veneto, 113

80054 Gragnano (NA)

Tel. 0874.318092 - Fax 0874.413631

E-mail: [email protected]

E-mail: Amministrazione-Pubblicità[email protected]

www.lagazzettadelmolise.itwww.gazzettadelmolise.com

STAMPA:Castellammare di Stabia

Progetto grafico

Maria Assunta Tullo

In questo numero

RubricheLa voce del padronedi Ignazio Annunziata pag. 4

Piazza salotto di Adalberto Cufari pag. 5

Camera con vistadi Antonio Campa pag. 7

Il Cerinodi Pasquale Licursi pag. 10

Campuascianeriadi Arnaldo Brunale pag. 31

Curve pericolose

11 I consiglieri passano da 30 a 20

12 Ecco perchè vincerà ancora Iorio

22 Le foto di luglio

24 Villa Comunalelasciata sola

27 Serenata pre-matrimoniale

29 Ma le pale no

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L’orgoglio di

Campomarino L’orgoglio di

Campomarino

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Vita d’artista

Riassumo la notizia, per como-dità del lettore. Per il terzoanno consecutivo il Campo-

basso si presenta con le carte in re-gola a disputare il campionato diLega Pro, nella 2^ Divisione. La noti-zia di per sé non è granchè se la sirapporta agli anni di lontana memo-ria della serie B, ma anche quellidella serie C1 non sono stati certa-mente di poco conto. Ma i tempi, si sa,sono cambiati. E nella nostra difficilee scolorita regione diventa arduaqualunque cosa, immaginate lo sportche è appendice della vita comune.

Il calcio che era stato l’evidenza,era diventato l’enigma, là dove laterra finisce, come un ripido bordo di scogliera.

C’è stato un giorno che ho creduto che tutto fosse finito, un’altra volta.Ho guardato gli scaffali della mia libreria, e ho visto la parola fine cor-rere da una copertina all’altra, per tutti i libri che ho messo esposti, conla faccia che dà verso la mia scrivania.

C’è stato un giorno che l’ho creduto: mi sono guardato intorno, ho ri-visto gli scaffali ove conservo il materiale più caro, e tutti i libri di sport,non solo quelli che ho scritto io; i libri su due file: e sulla seconda fila an-cora altri libri, impilati con ordine. E mi è sembrato di vedere la gioia deinostri tifosi che festeggiavano, abbracciandosi, dopo un gol.

C’è una foto stupenda che ha saputo cogliere la felicità di una città,l’ha scattata un fotografo di razza, per consegnarla a Tonino De Cesareche l’ha pubblicata sul suo libro su Campobasso: il suo tempismo è statoeccezionale, nel saper far partire il suo scatto appena la palla è finitanella rete avversaria.

C’è stato un giorno, in questa torrida estate, che ho creduto di aver per-duto per sempre quei meravigliosi momenti. E ho sognato di cucire in-sieme tutte le parole che hanno accompagnato le domeniche della nostrasquadra, per farne una filastrocca: un ghirigoro che sapesse abbracciaretutto il Molise. Come la linea dell’equatore riesce ad abbracciare la terra.

Mi domandavo: che cosa abbiamo fatto di male per meritarci questoCampobasso, questa squadra, questa dirigenza, questo disinteresse co-mune? Ognuno di noi, la sera, prima di prendere sonno, non so se avràsaputo darsi una risposta.

Ma per fortuna oggi si riparte. Il futuro è ancora nelle mani di unuomo che ci ha fatto spesso adirare, per colpa del suo carattere ondivago,poco incline al dialogo, che va cercandosi nemici ogni due per tre. E chenon conosce la parola diplomazia. Dico di Ferruccio Capone che dopoaver dato la sensazione mollare la presa, con un clamoroso colpo di renisi è rimesso in sesto, pagando ancora una volta con il suo blocchettodegli assegni, per partecipare al campionato di calcio.

Ferruccio è una specie di Mister Hayde, capace di trasformarsi. Gen-tile e discorsivo, profondo e votato all’ascolto lontano dal mondo dei calcid’angolo; intrattabile, persino irascibile per le cose che riguardano lanostra squadra del cuore.

Lui si vede poco in città, un po’ come al Rotary, ma quando arriva menail torrone. Toccherà ancora a lui farci dimenticare i tormenti dell’ultimastagione, i litigi con i media, la città, gli amministratori e gli stessi tifosi.Da parte nostra dovremo fare un passo indietro, cercando di assecon-darlo. Perché è impensabile che possa cambiare lui. E siccome, allo statodell’arte, Ferruccio è diventato infungibile, tocca al popolo rossoblù an-dargli incontro. Sperando di vivere una stagione serena.

P.S. Inutilmente abbiamo aspettato l’arrivo di un nuovo proprietariodel club. Per mesi si sono spese solo parole. Lo stesso Ferruccio, visto ilfumo che arrivava dalle imprese molisane, ha provato a coinvolgere unvecchio sceriffo come Pasquale Casillo, ma ha dovuto subito cambiarerotta. Casillo ormai con le gomme sgonfie ha fatto crollare anche il Fog-gia, figuratevi se poteva salvare il club rossoblù.

L’EDITORIALE

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di Gennaro Ventresca

Un uomo soloal comando

L’Oscar del mesea Gino Marotta

Se Campobasso e per caduta il Molise sono finiti,per una volta, nell’Olimpo del collezionismo

artistico, lo dobbiamo a un nostro conterraneo illu-stre: l’artista Gino Marotta ha voluto regalare allasua città di nascita,oltre al prestigio della sua artee della sua fama mondiale di pittore e scultore unastraordinaria testimonianza d’affetto. Si deve a luil’autorizzazione della Zecca di stato che ha decisodi coniare una moneta d’argento di 5 euro che suldiritto reca il Castello Monforte, sul rovescio la lu-netta di epoca medioevale tratta dal portale dellachiesa di San Giorgio.

Ma come fa a non sentirsi attapirato il dinamicosindaco di Civitacampomarano dopo il di-

niego dell’utilizzo del castello angioino (tra i piùbelli della regione) da parte del sovrintendenteFerrara, per la serata Calici di stelle? Paolo Ma-nuele, dipendente di Molise Emergenza e sindacodel piccolo comune, ha cercato inutilmente di con-vincere il sovrintendente, ricordandogli che altroveserate del genere, nei manieri più famosi d’Italia,sono all’ordine del giorno. Ma non c’è stato modo diconvincere Ferrara. Un vero peccato, perché perCivita sarebbe stata un’occasione propizia per ac-cendere i riflettori sulla sua comunità.

Il Tapiro del mesea Paolo Manuele

di Ignazio Annunziata

La voce del padrone

L

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La giustizia è giusto che faccia ilsuo corso, in modo che possa arri-vare a concludere le indagini contutto lo scrupolo che il caso richiede.Non stiamo qui a fare i tagliatori ditesta: chi è senza peccato scagli laprima pietra. Ma qualche cosa biso-gna pur scriverla su ciò che sta acca-dendo in Regione, a proposito deidirigenti, in tutto 68, tutti premiatiper l’esercizio 2011, con un sostan-zioso acconto (60%) sul dovuto. Tuttipurosangue, senza alcuna diffe-renza; neppure a pensare di trovaretra loro un solo ronzino.

Non ci sembra il caso di sparare nelmucchio, ma qualche risposta ci pia-cerebbe averla a proposito di uno deidirigenti di “prima fascia” che se leinformazioni in nostro possesso nonsono sbagliate, avrebbe ricevuto sulproprio conto corrente, una gratificadi circa 13 mila euro, come indennitàdi risultato per l’esercizio dello scorsoanno solare. La restante porzione(40%) dovrebbe essere riscossa inuna seconda soluzione. Solo in extre-mis è arrivato lo stop della parte po-litica regionale, messa alle cordeanche da alcuni servizi su scala na-zionale, partiti dal solito Corrieredella Sera che, evidentemente, deveavere un informatore segreto sui fattidi casa nostra.

In molti si erano chiesti quali me-riti abbia avuto Elvio Carugno, daqualche mese in carcere e quindi in-daffarato con i suoi avvocati a difen-dersi da pesanti accuse da parte degliinquirenti, per l’esercizio 2011. Perquel che se ne sa, da tempo il diri-gente regionale di lungo corso, si sa-rebbe comportato in modo “infedele”all’interno del suo assessorato, oveper anni ha goduto di agi e di gratifi-

che, oltre che di un magnifico stipen-dio che la legge regionale gli assegna.

Carugno si sarebbe macchiato digravi responsabilità amministrative,secondo l’accusa avrebbe utilizzatoper uso improprio capitali destinatialle piccole aziende, usando -sempresecondo quanto emerge dalle notiziedi cronaca- anche una carta di cre-dito della Regione per usi personali.

Senza voler apparire troppo esi-ziali nei suoi confronti ci si chiede, econ noi se lo chiedono i lettori menofrettolosi, quale merito abbia avutoCarugno, col suo dubbio comporta-mento, per essere collocato al paridegli altri colleghi tra quelli merite-voli, oltre alla paga mensile anche unpremio di “produzione”. In pratica cisi domanda cosa abbia prodotto di“eccellente” per meritarsi un premioche complessivamente è di circa 20mila euro l’anno. Lo stop andava datoprima, in modo da spegnere primadel nascere le polemiche che sono di-vampate.

Non se l’abbia a male qualche altrodirigente del lungo elenco che è statorecentemente reso pubblico, nelquale sono stati riportati nomi, co-gnomi e cifre per ognuno, se ci per-mettiamo di addentrarci non sullaloro moralità, sulla quale non ab-biamo il minimo dubbio, ma sulla lorooperosità. Ci sia consentito di direche troviamo molti accostamenti traquesto premio di produttività e il “18politico” che si fece largo nelle uni-versità italiane, durante il Sessan-totto. In cui si dava a tutti lo stessovoto, bastava solo presentare il li-bretto sul tavolo del professore persuperare esami che in altri frangentiavrebbero fatto sudare le famosesette camicie anche a studenti mo-

dello. In definitiva troviamo discuti-bile che tutti, ma proprio tutti, i 68 di-rigenti siano stati posti sullo stessolivello e che quindi abbiamo rag-giunto “il risultato”. Viene da chie-dersi quale sia stato “il risultato”. E,prima di tutto, capire come è statostabilito il raggiungimento del target.Va da se che nella ridda di punti in-terrogativi più di qualcuno si sia inol-tre domandato: ma in che modo sivalutano i dirigenti?

Intanto le gratifiche sono finitedove dovevano finire, per la felicità di67 dirigenti che hanno incassato eringraziato il “sistema” che premia aprescindere. Solo Carugno, ed era ilmino che si potesse fare, si è visto so-spendere il premio, in attesa del giu-dizio della magistratura.

Per non fare un unico fascio è ilcaso di spiegare anche che nel “li-stone” ci sia più di qualche dirigenteche il premio l’ha meritato e come.Ma siamo a “qualche”.

Gratifiche a prescindereQuei premi uguali per tutti i dirigenti regionali

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a crisi economica e la scia di pole-miche che si trascina dietro,stanno alterando in profondità glischemi abituali della politica no-strana fatta di esternazioni, pun-tualizzazioni, rimbecchi più omeno stizziti e qualunquistici trale forze in contrapposizione. Percui chi continua ad attardarsi suquesti stilemi comportamentalisfiora è anacronistico.

La situazione è molto seria. IlPaese non cresce, figurasi le pic-cole realtà che storicamentehanno vissuto essenzialmente dirimesse: dello Stato, dell’Europa,finanche degli emigranti. Realtàin cui l’industria non ha mosso unpasso in assenza di contributi, so-stegni e vantaggi pubblici; in cui losviluppo economico non ha nulladi autonomo, essendo figlio delletransizioni storiche (Cassa per ilMezzogiorno, Patto per il Sud ec-cetera) più o meno favorevoli e,quindi, incerto ed altalenante.

La crisi pretenderebbe che sicambi passo e mentalità e, perquanto risulta, in questo scenarioin cui ciascun settore e ciascunacategoria sociale e ciascun citta-dino sono chiamati a dare il pro-prio contributo, le nuove lineeprogrammatiche espresse nel ra-duno della Piana dei Mulini nonhanno sollecitato né mosso atten-zione rispetto alla situazioni con-tingenti (crisi del tessile, dellafiliera agricola, del degrado am-bientale) e alle responsabilitàche sono emerse.

Andando ad analizzare settoreper settore lo stato di fatto, le pos-sibili evoluzioni positive, le consi-stenti difficoltà che si oppongono,la necessità che si faccia frontecomune, pur nella diversa sparti-zione dei ruoli, delle rappresen-tanze e delle responsabilità tra

chi governa e chi è all’opposi-zione, un discorso serio, meditato,sicuramente sofferto non può checoncludersi con la necessità chesi depongano le armi e si cerchinopunti di contatto tra le parti incausa. Dinanzi ad una rappre-sentazione onesta, responsabile,oggettivamente incontestabiledelle condizioni in cui la crisieconomica ha piegato il Molise,la risposta della maggioranza edell’opposizione regionali pur-troppo è rimasta impantanatanello stagno limaccioso delle ri-vendicazioni “ad personam” (Niro,Tamburro, Vtitagliano, Ciocca evia dicendo) e dall’essere contro,a prescindere, nonostante in cimaalle urgenze da affrontare sianostate collocate, una ad una, le si-tuazioni di maggiore tensione: unnuovo statuto regionale che ra-zionalizzi l’organizzazione ammi-nistrativa e riformi l’architetturaistituzionale regionale e riduca si-gnificativamente i costi della poli-tica, il sottobosco dei cadreghini elo sfoltimento dei clientes; il bi-sturi da affondare nel bubbonedella sanità (pubblica e privata)per eliminare gli sprechi e rilan-ciare la qualità del servizio; ilcompletamento della rete infra-strutturale a supporto delle voca-zioni territoriali (d’accordo sul

punto anche il leader dell’opposi-zione Frattura: “… bisogna inter-venire attingendo da fonti diversee agevolando la partecipazione dicapitali privati, usando la leva fi-scale”); un nuovo meccanismoproduttivo alleggerito della parte-cipazione del capitale pubblico ingrado, quindi, di alimentarsi e dicompetere sul mercato creandooccupazione; un’agricoltura cheesca finalmente da una condi-zione di sussistenza e punti deci-samente sui prodotti di nicchia edi accertata qualità capaci di staresul mercato su posizioni competi-tive; un processo di sviluppo turi-stico che riassuma il grandepatrimonio storico, architettonico,archeologico e di cultura e riportil’impronta sannita ai livelli sto-rico-scientifici che merita: sono ipunti cardine su cui misurare ilfuturo dei molisani.

Purtroppo, le idee camminanosulle gambe degli uomini. E i con-siglieri regionali non hanno ilpasso spedito. Per i cittadini, il ti-more di dover affrontare il pre-sente e il futuro prossimo venturocon questa compagnia, li invitaseriamente ad aspettarsi il peggio.Gli amministratori regionali, in-tanto, si predispongono ad assi-curarsi il pane per oggi e perdomani.

di Adalberto Cufari

La crisi economica vissuta a Palazzo Moffa

Piazza salotto

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Il Paese non cresce, figurarsi le piccolerealtà che storicamente hanno vissuto essenzialmente di rimesse: dello Stato,dell’Europa, finanche degli emigranti

L’appello per una risposta coerente ai tanti problemi che attanagliano la vita dei molisani è caduto nel vuoto

Una nuova strategia politica

per l’autonomia del Molisen Molise che dovrebbe andare in mille pezzi secondoqualcuno; altri che lo vorrebbero riattaccato al-l'Abruzzo; chi invece propende per la Daunia; altriper Benevento e Avellino. E noi assistiamo immobilia questo transitare di pseudo pensieri che vorreb-bero cancellarci, di fatto.

Attenzione, noi non intendiamo porre una que-stione di campanile ma il senso di un territorio chevuole continuare a camminare con le proprie gambe,a potere pensare autonomamente rispetto ad altruiscelte, a manifestare la propria identità senza dovereessere abbinati ad altri e ricordati, per l'appunto,come terzi. E' pur vero, di contro, che occorre unanuova e rinnovata strategia politica e di programmacapace di superare il brutto momento in cui viviamo.Per farlo, però, non bisogna fasciarsi il capo primaancora di essere colpiti, non bisogna pensare chepossano essere altri a farlo per noi.

Il Molise ha le capacità e la forza per potere conti-nuare a mantenere la sua autonomia ma occorre unaclasse politica, nel suo complesso, degna di questonome. Voltandosi, per un attimo indietro, è facile im-battersi nelle opere realizzate senza distinzioni di co-lore politico.

L'industrializzazione, i nuovi mercati per l'agricol-tura, la viabilità sono alcuni dei punti che hannoqualificato l'azione politica nel recente passato. Poi?Il gioco dell'orticello da coltivare ha finito con l'an-nullare quanto di buono, pure, fatto.

Spazzati via ideologie e partiti hanno finito con ilprevalere le logiche dei singoli. Di chi, a tutti costi, do-veva essere eletto consigliere regionale e pronto soloa tenere in pugno quei quattro voti conquistati o di-sponibili. Si è giocato in trenta fazzoletti di terra maè venuto meno il senso della spazialità del territoriomolisano tutto. Di quello che, tradizionalmente, vienedefinito il bene comune. Di pari, venendo meno lospirito di coesione interna è caduto anche il senso diappartenenza a Roma dove la Regione non ha piùtrovato interlocutori pronti a difenderla al di la di po-sizioni politiche dei singoli. Tutti a 'sparare' contro.

Oggi paghiamo quella sciagurata politica e sesiamo messi in discussione e se costantemente ve-niamo tirati in ballo è perchè sanno tutti che siamoindifesi. Ecco, allora, la necessità di una nuova e rin-novata strategia politica capace di farci tornare aguardare avanti, al domani, a una nuova fase di svi-luppo. Senza questa base non si va da nessuna parte.

U

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di Giuseppe Saluppo

L’

di Antonio Campa

7

avviso ai naviganti del Governa-tore ha prodotto molte interpreta-zioni di parte ma ha avuto anche ilmerito di riportare le attenzionisui veri problemi del Molise. Ledispute buone per il teatrino dellapolitica, superata la fase della cu-riosità, finiscono per annoiare. Adifferenza delle riflessioni sugliinterventi che possano evitare lafine dell’epopea regionale primadei cinquant’anni di autonomia,un rischio reale che Iorio ha indi-viduato con acume.

Non c’è dubbio che esistanospinte élitarie pronte a far bottino,grazie all’accorpamento ammini-strativo di aree limitrofe; le dia-tribe politiche inoltre tracimanospesso i limiti dell’inevitabile po-lemica tra le parti influendo sul-l’operatività, mentre scandalismistrumentali per colpire il governolocale finiscono per denigrare emortificare l’intero Molise. Tuttociò rappresenta tuttavia una vi-sione parziale sul rischio soprav-vivenza della regione.

E’ vero che c’è chi punta al tantopeggio tanto meglio ma non sipuò ignorare che il rischio prima-rio per l’estinzione della nostrarealtà geopolitica sia legato nontanto a fenomeni internazionaliquali la crisi economica, la disoc-cupazione e la precarietà, quantoad un inquietante bilancio nega-tivo delle nascite che già oracausa danni straordinari. Repetitajuvant, più volte ci siamo occupati

della questione, anche in manierailare, invitando chi può a fare piùfigli. Il fenomeno è complesso,anch’esso di levatura extra regio-nale. Se tuttavia il rischio perRoma è di avere classi scolastichecomposte in maggioranza da emi-grati, per il Molise una forte poli-tica demografica è decisiva perl’avvenire della regione, altri-menti destinata a trasformarsi inun mega ricovero per vecchi, conun’economia basata solo sull’as-sistenza. Non è la previsione diun visionario, per convincersenebasta guardare le nascite regi-strate nel 2010 nella provincia diIsernia, appena seicento. Un datoche avrebbe dovuto far scattareun allarme sociale rosso fuoco, ta-citare ogni polemica sulla chiu-sura di scuole, ospedali e uffici,provocare una reazione virtuosadella società, campagne di stampaad hoc, invece di essere relegato amera curiosità statistica. Il mododi attuare una politica demogra-fica efficiente spetta ai politici, ilcui sguardo oltre l’orizzonte deltempo elettorale è spesso limitato.

Altra priorità è la comunica-zione. Il nostro è un territoriocomplesso, l’abate Longano de-scriveva già nel ‘700 il contadocome un susseguirsi d’imperviesalite e pericolosi dirupi.

Questa peculiarità non va igno-rata, guai a cadere nel fuorvianteequivoco dimensionale del Mo-lise grande quanto un “Quartieredi Roma”, dove due ambulanzebastano per attuare un serviziod’emergenza. L’autostrada Bre-scia Cremona sembra tracciatacon una riga sulla cartina, tanto èdritta e in piano. Se invece unalingua di strada come la fondo-valle del Rivolo non è ancorapronta dopo diciotto anni, se laviabilità sul raccordo di Ingotte èrimasta per decenni appesa a unbypass tortuoso, non è solo pernegligenza ma perché le monta-gne intorno sono un imponentecumulo di lota pregna d’acqua.Ciò determina soluzioni com-plesse e molto costose.

Questa presa di coscienza perònon deve trasformarsi in giustifi-cazione pretestuosa o in rasse-gnazione ma stimolare la ricercadi una nuova organizzazione ter-ritoriale.

Ben venga l’autostrada, infra-struttura fondamentale per losviluppo, ma senza trascurare icollegamenti interni che favori-scano l’ormai inevitabile ge-stione consortile dei villaggimolisani, altrimenti destinati alruolo di splendidi sepolcri im-biancati.

Le priorità per il MoliseCamera con vista

Il sasso lanciato da Iorionel pantano della politica,riporta la riflessione suiproblemi reali. Per non scomparire, ilMolise ha bisogno di unaforte politica demograficae di strade adeguate a unterritorio complesso, dasempre onere ostativo allosviluppo economico locale

Tre curve pericolose

C

9

di Daniela Martelli

Non ti pago

Gratta e vinci anche alle Poste

Sul principio la maggioranza non aveva ca-pito il senso. I “compro oro” stavano na-

scendo nell’indifferenza generale. “Sbagliate”solo in apparenza le loro location: fuori mano,con vetrate ricoperte da fogli plastificati. Tuttostudiato. Gli esercenti avevano annusato il mo-mento e allora si sono dati da fare. “Comprooro” hanno scritto sull’insegna, con l’aggiunta“pago in contanti”. E un po’ alla volta s’è fatta lafila. Mamme che hanno venduto i preziosi perfare la spesa; padri che hanno fatto lo stessoper concedersi una serata al night, in compa-gnia di avvenenti fanciulle; figli bruciati dalvizio che hanno bisogno continuamente disoldi per comprare la “roba”.

Questa è la società che ci siamo costruiti. Coni “compro oro” che aprono in ogni angolo. E, perquel che si sa, fanno affari d’oro, in tutti i sensi.

Si sospetta che molti furti d’appartamentosiano frutto della simulazione. Padri, madri efigli hanno preso il bottino aureo di famiglia ehanno dato la colpa ai ladri. Le forze di polizianel raccogliere le denunce hanno annusato pa-recchi casi “sospetti”. L’esca va bene per i pesci,non per le persone più fragili, finite in bocca adautentici squali.

Incapaci di smettere. Preda di una ludopatia che lacrisi aggrava sempre di più: la svolta affidata a un

tasto delicato, che una volta toccato dà dipendenza.Trasformando sempre più spesso in un giocatorecompulsivo quel lavoratore, quel padre o madre difamiglia che raddoppia le perdite: al gioco e all’auto-

stima. Invece di pagare le bollette delle utenzevanno al tabacchino e comprano il gratta e vinci, epoi si spostano alle macchinette mangiasoldi. So-gnano la vincita buona che possa cambiare la scena.Senza rendersene conto, ogni giorno finiscono conmettere in crisi il già critico bilancio familiare. Poveripianisti illusi che non azzeccano mai le note giuste,sia che si tratti di allineare “ciliegie”,che di far en-trare un “colore” che risponde sempre picche.

Uno Stato sanguisuga, non contento di spennarciogni momento con infiniti balzelli, ci sta dissan-guando anche attraverso il gioco che una volta eravietato. Ora anche alle Poste, dico alla cassa, c’èesposta una strisciata di “gratta e vinci”. Vai per pa-gare una bolletta e ti ritrovi quei biglietti verdi, chenon sono i dollari, che ti invitano a fare una “tirata”.Tira oggi e tira domani i soldi diminuiscono, le vin-cite sono aleatorie e la crisi si aggrava.

ome un jingle ossessivo, ripetuto all’infinito,anche imprenditori “insospettabili” continuano aripetere: “Bambola, non c’è un euro”. E non è unmodo di dire. Non si tratta di una semplice vocenarrante di una situazione esagerata. E’ la verità,la triste verità.

I lavori pubblici si sono assottigliati, così le for-niture, ma quel che è peggio che i lavori in corsoe le forniture già effettuate non si vede la via diliquidarle. Così le aziende hanno iniziato a soffriree alcune si stanno spegnendo, un po’ al giorno,come tante candele.

I magri ricavi nella migliore delle ipotesi se lisono inghiottiti le banche; alle imprese rimangonosolo i debiti, sempre più difficili da coprire.

Lo Stato, la Regione, le Province e in Comuniavendo sempre meno soldi in cassa se la pren-dono con comodo con i pagamenti. Le ammini-strazioni, in verità, storicamente se l’eranosempre presa con comodo, ma i momenti eranodiversi, si viaggiava con un altro passo, e le im-prese, almeno quelle più salde, potevano tirareavanti. Ora no, non ce la fanno più neppure loro.

Anche i fitti vengono accantonati, i proprietaridegli immobili locati agli uffici debbono pagare leimposte senza incassare il canone di locazione. Inquesto modo l’economia si è veramente bloccata.E il futuro sembra sempre più complicato. Neiprimi mesi del 2012 le imprese che hanno chiusosono state solo minimante rimpiazzate da quelleche hanno aperto. Il trend, purtroppo, non siferma. Si va verso la tangente.

D

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alla collina di questo mioMolise stanco si vede me-glio la vita. Si vede più tra-sparente e chiara che inaltri posti. È come quandomangi dopo un giorno di di-giuno. È un appetito piùumano e vero. Percepisci lafame come cosa vera e pulsante den-tro di te. Così come quando non vivisul mare. Lo desideri e lo ami più dichi ogni mattina si sveglia con difronte l’acqua azzurra o grigia d’in-verno. Dopo un po’ non lo vede più, ilmare. E penso che ci sarebbe tanto dafare ancora.

Nelle scuole ad esempio. In questenostre scuole dove si parla un ita-liano che non esiste. A scuola nonesiste quasi più niente. Dicono che ibambini imparano l’italiano ma poiascolti Paolo Villaggio e capisci chel’italiano dei bambini è quello chehanno imparato i genitori dalla tele-visione e ti cadono le braccia.

I genitori che fino a pochi decennifa parlavano un dialetto bellissimo epieno di colori. Farfalle. È un po’ comecondire pane e pomodoro con oliocinese. E ho detto tutto. Ma esseremoderni e contemporanei significaproprio questo. Invece di aggiungerehanno tolto quello che di bello c’erae il gioco è fatto. Io non ci capiscopiù nulla. Ma non voglio capire. Cirinuncio.

Tu hai un Eduardo de Filippo, unTotò, un Troisi, Mario Scaccia, VittorioGasmann, Pasolini e tutto il resto e intelevisione Gianni Rivera che fa ilpagliaccio. Ti cade un mito e ti fa malelo stomaco. Io pensavo che Rivera eraleggenda, inesistente, un sogno. Equando qualcuno tornava e raccon-tava sul corso di essere stato a SanSiro io ascoltavo come se mia nonnami raccontava una favole delle Millee una notte.

Io non ci resisto più qui. Ma nonscappo. Resto come se dovessi go-dermi per un po’ questo strano spet-tacolo della vita che ha puntateinfinite. Sono così felici che ti fannorabbia. Il viola quest’anno non va piùe abbiamo deciso di cambiare il guar-daroba dei ragazzi. Ma come? Tucambi il guardaroba dei ragazzi in-

vece di comprare loro 4 libri al mesee riempirgli l’anima?

Lascia stare Rivera dalla Carlucci efatti un giro fuori dal paese, c’è uncielo pieno di stelle. È quella la ric-chezza. Gestisci la vita come si fa consquadra di calcio. Altrimenti è tuttoinutile. E il gel col telefonino che sivede da lontano. Quella non è vita. Isoldi servono a ben poco se li usimale. Meglio non averli.

Anche qui la depressione e la ma-linconia sono entrate. Come uraganoviolento che rompe alberi e porte.Spacca tetti e fa paura. È entrata per-ché c’abbiamo capito poco.

Distruggere patrimoni di secoli,questo siamo stati capaci di fare. Poi acadenze regolari rievochiamo festepopolari che non ci sono più. Sopra laGibaud mettiamo pastrani pesanti ecappelli di lana. E beviamo vinorosso. Ma solo per un giorno. E diven-tiamo davvero ridicoli. Troppo ridi-coli. Da non credere. Io parlo al miocane che forse capisce. Ma lui nonpuò capire davvero. Mi guarda stranoe pensa, credo. Ma lui ha regole daquando è nato il mondo.

Noi le avevamo ma siamo stati tra-volti dall’onda e ora la seguiamocome ebeti colpiti da ictus. Chiudes-sero le scuole e oscurassero la televi-sione, forse, avremo modo di tornaretra ruscelli e pioggia fresca. Ma cosìnon sarà mai. E sento piangere lon-tano. O forse è soloanimale di campa-gna che soffre peril freddo.

E intanto ascoltoLouis - What awonderful word - ecapisco sempremeno. Ma forse ca-pisco tutto. E sto insilenzio, come sedovessi contaretutte le stelle del

creato. Ma non si può e mi addor-mento. In questi nostri minuscolipaesi la televisione e altro hanno di-strutto quello che c’era di bello, le dif-ferenza, il dialetto, il saluto sullescale.

Ci si abbronza al mare solo per direai colleghi che anche quest’annosiamo stati in vacanza col pacchettodell’agenzia. E sotto l’ombrellone siparla della pensione e degli scattid’anzianità. Ti si ferma il cuore sepensi che solo pochissimi anni fal’estate era bellissima e bastava unachitarra per sorridere ed essere felici.E rileggendo Pasolini ti si ferma ilsangue nelle vene. Ti si ferma perchélui le aveva viste – viste – queste cosee ci aveva avvisati. Ma non abbiamocapito o non abbiamo voluto capire.Ci piace questa vita che sa di coper-tone che brucia, di solitudini che uc-cidono, di figli tutti uguali, di biscottiscaduti e di bimbi dal pediatra. E divite parallele, nascoste, quasi a volersostituire giornate noiose e sempreuguali. Un po’ Madame Bovary, un po’Bel Ami. Viviamo in scheletri di esi-stenze senza aprire gli occhi. Contutto l’orgoglio e la vigliaccheria.

I Maya dicono che nel 2012 finirà ilmondo. Avevano telescopi potentis-simi e hanno visto bene. Quello cherimane è solo scatolone con dentro lamiseria di una vita senza occhi chesorridono. Marmellata andata a male.

di Pasquale Licursi

Il cerino

La cadutadegli dei

Crolla il mito di Gianni Rivera imprestato al ballo

n Molise, con la riduzione del 30per cento si passerebbe infattida 30 a 20 consiglieri, più il pre-sidente. Di questi 17 complessi-vamente verrebbero eletti sulproporzionale e 3 nel maggiori-tario. In caso di vittoria, unoschieramento avrebbe diritto a13 consiglieri su 20 di cui 9 elettinelle due circoscrizioni propor-zionali, 3 nel listino maggiorita-rio più il presidente. Gli altri 8spetterebbero alla minoranza.

Attualmente per le elezioni sivota, per la scelta dei consigliericandidati nel proporzionale, indue circoscrizioni provinciali,quella di Campobasso (che elegge17 consiglieri regionali) e quella diIsernia (a cui ne spettano 7).

Gli altri sei compreso il presi-dente vengono di norma elettinel maggioritario e rappresen-tano il premio di maggioranza.La Consulta ha dichiarato legit-tima anche la previsione della ri-duzione degli assessori che nonpossono essere più di un quintodei consiglieri, cioè 4.

Ed è da verificare, a questopunto, se possano essere esternio, come ipotizzato dallo stessogoverno, tutti eletti eliminando oescludendo l'incompatibilità trai due incarichi.

Sta di fatto che la decisione as-sunta dalla Consulta determi-nerà un cambio nelle strategiepolitiche delle coalizioni allaluce dei consiglieri da eleggere.

Si tratta di dieci componentil'assise in meno e, questo pas-saggio, non risulterà di certo in-dolore. Sta di fatto, però, chefinalmente si potrà puntare sullaqualità di quanti da mettere inlista e tale passaggio potrebbedeterminare lavori consiliari piùsnelli e, soprattutto, più equili-brati. Al di là dei costi contenuti,che pure è fatto positivo, va sot-tolineato l'aspetto di una crescitaqualitativa complessiva dellamacchina politica che, final-mente, potrebbe giovare a queldisegno strategico di una nuovafisionomia da dare alla Regioneper vincere la sfida del manteni-mento dell'autonomia e dellapropria identità. (pi.sa.)

Verso i tagli a Palazzo Moffa

I

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Regione, i consiglieri scendono da 30 a 20

l popolo lo ama ancora, mentre il partito ormaiè una zavorra; senza le vecchie facce, inse-guendo la protesta con liste non politiche, sipuò ancora vincere. In verità il destino di Mi-chele Iorio dipende da cosa succederà a sini-stra, più che nel centro destra. Il governatorepuò esprimere un voto di tenuta, o affondarecon liste cani e gatti.

Qualche politologo nostrano assegna all’illu-stre isernino qualcosa come 60 mila voti chepotrebbero essere sufficienti per vincere, sem-prechè nella sponda opposta non si faccia unaimprobabile ammucchiata. Se per caso i grillini(come sembra) dovessero correre autonoma-mente, così come Romano, difficilmente il Pdsostenuto dall’Idv raggiungerebbe un numerodi voti superiori a quelli di Iorio. Il quale Ioriodovrebbe correre da solo, lasciando per stradai vecchi sodali, leggi Di Giacomo, Vitagliano ecompagnia. I quali hanno più fiato che con-sensi. E quindi, stando così le cose, sono desti-nati alla sconfitta certa.

Spiegando meglio le cose: Iorio verrebbeappoggiato da un congruo numero di liste ci-viche; il Pdl allo stato dell’arte punta sul ret-tore Giovanni Cannata che non dispone dimolti voti, essendo comunque lontano dallagente e anche piantata nel “sistema”; nel cen-trosinistra Pd e Idv punteranno ancora suPaolo Frattura, mentre Romano si gioca tuttocon l’ex Pm di Larino, Magrone; il grillinoavranno un loro candidato, destinato a portarea casa un bel po’ di voti, ma non certamentetanti da poter aspirare alla vittoria.

I

di Alberto Tagliaferri

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Ecco perché vincerà ancora IorioQualche politologo nostrano assegna

all’illustre isernino qualcosa come 60 mila voti

Un’mmagine emblematica: Iorio parla ai suoi sostenitori sul prato della Piana dei Mulini

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La nota

Il teatrino è sempre lo stesso

L’estate ci ha riproposto pedis-sequamente il vecchio teatrino

della politica, con gli stessi perso-naggi che si sono smarcati qua e làcercando maggiore visibilità e forzadi penetrazione, annusando aria diripetizione delle elezioni. Replayche certamente ci sarà a Isernia, incui ci siamo fatti riconoscere per ilpasticcio dell’anatra zoppa che nonha consentito di far governare al-l’onesto Ugo De Vivo che, andandooltre le attese, era riuscito, al ballot-taggio, a battere la signora RosaIorio, donna dai modi garbati edalla spessa cultura che ha pagatola sentenza del Tar, arrivata pochigiorni prima del ballottaggio e cheha azzoppato suo fratello Michele ele sue legioni.

Senza volerlo, la distinta signoraIorio si è trovata a rivivere Eris, lapoco nota dea della zizzania. Dalgiorno del voto il mondo della poli-tica ha generato una girandola diaccadimenti che hanno accesoaguzze polemiche che hanno rag-giunto il top con le dimissioni di 18consiglieri appena eletti a Isernia eche hanno determinato l’azzera-mento del consiglio comunale, consusseguente nomina del commissa-rio, da far inorridire sia Kafka chePirandello.

Col caldo e con i problemi di cassala gente comune ha scarsa voglia dioccuparsi di politica, roba che stori-camente ha sempre sovvertito i va-lori, il favore fa aggio sul merito. Igusti sono cambiati, e anche i di-sgusti. E cambiate sono le aspira-zioni. I giovani hanno capito chenon c’è più trippa per gatti, nelsenso che sono finiti i tempi in cuitrionfavano i galoppini, a cui ba-stava fare da bordura al politico diturno per ritrovarsi con un posto dilavoro a tempo indeterminato, conuna squillante promozione.

Il mondo di oggi non è più quellodi ieri, e non solo entro i confinidella nostra regione: ovunque. Igiovani lo hanno capito forse perquesto si sono infilati nell’alveo delfiume navigato da Grillo, il qualeGrillo sta cavalcando il dissenso,raggiungendo risultati esagerati.Dimenticando di confidarci dalpalco, dove continua a fare ottimoteatro, quali sono i suoi programmi.

(ge.ve.)

Se l’informazione cambia di colore

Accade anche ai grandi giornali di scegliersi la linea politica. I due prin-cipali quotidiani italiani, Il Corriere e Repubblica, sono indicati dai più

come giornali-partito. E questo la dice lunga sulla loro imparzialità. Perquesto a nessuno venga in mente di andare a moralizzare l’informazionemolisana che ha scelto di stare da una parte anziché dall’altra.

Prendete le televisioni: Telemolise si è schierato platealmente con Iorio,aprendo un duello rusticano con Frattura, il quale, con poco stile per la ve-rità, si lasciò scappare che in caso di vittoria avrebbe usato la scopa perspazzare via certe testate che a suo dire avrebbero ricevuto sostegni eco-nomici dal Palazzo. Tele Regione, invece, si è mantenuto un po’ più in alto,dando qualche scudisciata al governatore, ma senza fargli sempre le unghiee tenendo aperta la porta allo sfidante.

Tlt ha viaggiato a mezz’aria, senza prendere posizioni specifiche; Tvi chefa capo ai Patriciello ha sostenuto (quando lo ha sostenuto) il governatore.

Prendete i giornali: Il Quotidiano non ha fatto mistero di stare dalla partedi Iorio, ma senza sbavare; Primo Piano (stesso gruppo di Tele Regione)ha strizzato l’occhio a sinistra, ma senza chiudere la porta al centrodestra;Il Tempo è stato a metà via, senza infamia e senza lode; La Gazzetta delMolise è ioriana sino al midollo, come il periodico Extra, edito a Isernia.

Di recente però qualcosa sta cambiando. Iorio ha perduto, almeno in ap-parenza, l’appoggio di Telemolise che con i suoi vertici gli ha riservato al-cuni editoriali particolarmente severi. Le altre tiv sono rimaste in praticasulle vecchie posizioni, così pure i giornali che però stanno aprendo qual-che finestra anche ai non amici di Iorio. La sola Gazzetta è rimasta accantoal governatore e ogni giorno si batte con tutte le sue forze per offrire un’in-formazione che serva soprattutto a rintuzzare le accuse che vengono rivolteda tutte le latitudini all’isernino. Anche dai suoi stessi sodali che per diecianni gli sono stati vicini, incassando incarichi e relativi stipendi, e che orasi smarcano qua e là, in cerca di un nuovo “padrone”.

è un lido a Campomarino in grado di fare bella figura anche sullacosta romagnola. Si tratta della Cochiglia Azzurra di AntoniettaBalante che offre alla sua vasta clientale servizi di prim’ordine,oltre al piacere di una invitante piscina e un luogo di ristoro dove sipossono gustare portate gustose e menù a base di frutta di stagione.Ci sono un paio di cosette da ricordare: alla Conchiglia Azzurra

sono di casa moltissimi politici regionali, i quali (questo si) con laloro presenza spezzano una lancia a favore delle strutture com-merciali della loro terra. Tra i frequentatori più assidui brilla Mi-chele Iorio che nel rispetto della molisanità sono anni che hacomprato una casa a Campomarino e assieme alla sua famiglia fre-quenta la Conchiglia Azzurra, stabilimento che sa cogliere le esi-genze di una clientela matura ed esigente e quella giovanile.La sera c’è un rincorrenrsi di clienti che si lascia attirare dalle pro-

poste della direzione, tra le quali brillano (il venerdi) le Cover diReanato Zero, Michel Jackson, Claudio Baglioni che hanno riscossoun lusinghiero successo.

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Il successo dellaConchiglia Azzurra

Antonietta Balantetitolare

del Lido

L'orgoglio di Campomarino

C’

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Zona relax e ristorazione all’aperto

Luigia Rossetti: autrice del servizio fotografico

Ragazzi al bagno in piscina

Tavola imbandita per gli ospiti del Lido “Conchiglia Azzurra”

Tra gli ospiti Salvatore Colagiovanni

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Tra gli altri si evidenziano il presidente De Matteis, Gianfranco Vitagliano e Rita Colaci

Il presidente della Provincia De Matteis posa sorridente sul parterre del lido

Tra gli altri: Tramontano, De Matteis, Corallo, Colaci, Colalillo, Colagiovanni, Di Biase e Perrella

Serata godereccia sotto il palmeto del Lido

“Conchiglia Azzurra”di Campomarinocon ospiti illustri

della politica regionale,eleganti signore

e fresche bellezze molisane

Sui lettini del lido una copia della Gazzetta del Molise

Il titolare del lido Balante tra De Matteis e Iorio

La direttrice Antonietta Balante tra Iorio e De Matteis

acanza è una parola troppo impe-gnativa di questi tempi. Intendo va-canza al mare. Perché Castellino,Duronia, Vastogirardi, Monacilioni ePietracatella assieme agli altri centoe più paesini del nostro lembo diterra restano le mete preferite per unritorno a Itaca.

La vacanza è un’altra cosa. Almenonell’immaginario collettivo. Viaggio,albergo, piscina, la belloccia con ildue pezzi che ti toglie il fiato, l’aperi-tivo cenato sul divano bianco, la mu-sica che picchia forte, l’acquagin, la

musica da discoteca, il cocomero dimezzanotte.

Basta guardare il traffico della do-menica sulla Bifernina e sulla Tri-gnina per capire cosa significhi per ilmolisano una giornata al mare. Leauto sono incolonnate e a momenti sitoccano. Tutto avviene in poche ore.

La macchina strapiena, l’ombrel-lone e le sdraio legate al portabaga-gli, l’anguria da mettere in fresco, ilcostume di ricambio, il frigobargrosso come un comodino.

Il lido, o stabilimento balneare è

stato trasformato in un centro com-merciale, puoi trovare tutto, trannequello che stai cercando: giornali,libri, ricariche per telefoni.

Spunta una borsa frigo che con-tiene un ben di Dio, teglie di lasagne,melanzane alla parmigiana. Vorrestipensare alla dieta, saltano anche leindicazioni di Dukan.

Una volta il bar era juke box, flip-per e calcio balilla. Oggi è un lunapark infinito, un divertimento senzafine, pure lo scivolo gonfiabile, per-sino la giostra sulla sabbia.

V

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Quando la spiaggiadiventa un alveare

di Gegè Cerulli

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Ritratto della vacanzadomenicale dei molisani

Tralascio il pellegrinaggio di ambu-lanti, la vetrina comprende borse, oc-chiali, collane e bracciali, orologi,costumi e parei. Anche il venditore dicocco si è modernizzato con il suobanchetto mobile, spostato da un trat-torino.

Intanto il sole picchia, mai era statocosì feroce, negli ultimi 50 anni.Ormai tutto è estremo, l’inverno sibe-riano e l’estate africana: vi sembragiusto tutto questo?

E le mezze stagioni, dove sono an-date a finire le mezze stagioni? Fa un

metro di neve, ma non basta ad evi-tare la desertificazione di un’estaterovente. La temperatura al suolodella sabbia è infernale, le infradito sisquagliano. Finalmente arriva l’oradel bagno e poi quella della doccia,vietato usare il sapone e anche loshampoo. L’alveare si fa aia, proponereduci stremati dal sole e dalle me-lanzane alla parmigiana, il cinese hapiazzato l’orologio simil Daytona. Laspiaggia al calar del sole ritrova il suonaturale ordine, la sabbia è fresca altatto, il vicino di ombrellone è scom-

parso con tutti gli annessi, il cestinodei rifiuti è in esaurimento nervoso, ilbagnino e i suoi collaboratori precarispazzano il lido, giù la saracinescadell’emporio, sfoltiti i frigoriferi.

Sarebbe stato bello trascorrere quila sera, con il profumo del mare alposto della parmigiana, fare il bagnodi mezzanotte, che sono poi le undici,ma fa lo stesso, ascoltare il maestrale,spiaggiarsi come una balena, soli, so-litari. A domenica prossima, stessaspiaggia, stesso mare. Della vacanza?Parliamone.

Fulmini su Campobasso

Un magistrale scatto di Roberto De Rensis che ha colto,

a San Giovani dei Gelsi, uno dei rari temporali notturni

in questa torrida estate molisana

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Una inedita visione del lago di Guardialfiera (ph Saverio Zarrelli)

Suore al vento (ph Zarrelli)

Antonello Luciani è riuscitoa cogliere una straordinariaimmagine di un personaggiocampobassano che sta fa-cendo pulizia al “salotto”

Il ballo del bikini

Le foto di Luglio

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Antonello Luciani è riuscito a procurarsi due foto storichedella Campobasso che non c’è più: il Bar Adua (oggi OVS)

con clienti ai tavoli e una Vespa che passa per il corso

di Alberto Tagliaferri

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insegna è sempre rimasta al suo posto, almeno quella al-l’inizio dello scalone d’onore. Ha fatto piacere all’ammi-nistrazione comunale lasciarla così, come l’ha lasciata lafamiglia De Capoa alla città. La Storia è fatta di cancella-zioni e di stratificazioni, una concatenazione che si ri-scontra al meglio nelle arti della botanica e dellecoltivazioni arboree.

Possiamo partire da questo dato estetico per visitare laVilla Comunale, uno dei punti più belli del capoluogo.Che, a quanto pare, sembra essere stata un po’ dimenti-cata dai campobassani che in questi giorni di straordina-ria calura preferiscono starsene rintanati in casa ocontinuare a passeggiare per il Corso, anziché adden-trarsi tra i vialetti della villa, per godersi una meravi-gliosa frescura, respirando aria salubre.

Non si contano le essenze arbustive e arboree, com-

prese quelle di alto fusto, che vivono all’interno dellavilla, che viene classificata dagli esperti come “giardinoall’italiana”. I viali, recentemente ricaricati con la ghia-ietta, emettono delicati suoni sotto il calpestio dei visita-tori che, paradossalmente diminuiscono a vista d’occhio.

In Villa ci sono giochini per bambini, campi di bocce, eil circolo tennis più aristocratico della regione, ove daun’idea del compianto Nicolino Scarano nacque il “dop-pio giallo”, un torneo un po’ bizzarro che diede efferve-scenza al luogo, ma che morì, in pratica, con l’improvvisadipartita del professionista, stroncato da un infarto, men-tre era sul posto di lavoro a svolgere una ispezione.

Va ricordato che Città viva, quest’inverno, rendendosiconto dello stato dell’arte della villa, trascurata dai cam-pobassani, ha trovato il modo di realizzare una spetta-colare quanto originale edizione del presepe vivente.

L’

Nonostante la gran calura la gente ha preferito mantenersi lontana dalla Villa Comunale, lascito della famiglia De Capoa

S’è spezzato il feeling tra i campobassani e uno dei luoghi storici della città

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Ma, a quanto pare, non è bastato a far riavvicinare gliabitanti del capoluogo a quel luogo che, storicamente,ha rappresentato un punto d’incontro obbligato dellegiovani coppie.

I fidanzati non hanno bisogno più di andarsi a nascon-dere in Villa per scambiarsi il primo bacio, sfacciatamentese lo danno in pieno corso, andando anche oltre il bacio.Una volta, se la ragazza ci stava, bisognava per forza por-tarla in villa, nella speranza di farla franca al burberoguardiano che indossava una divisa austera e un cappellod’ordinanza. Tra i viali si susseguivano i passeggi, le cop-pie con sveltezza cercavano gli angoli più propizi, per ri-tagliarsi uno spazio privato. Nel primo pomeriggio,durante i mesi più caldi, le mamme dopo il riposino por-tavano i loro bambini a giocare. La fontanella, il grottinocon lo zampillo, la rotonda, la vasca con i pesciolini, il

chioschetto di Trevisani, le scomode panchine di ferrosulle quali risultava arduo scalfire il nome della ragazzaamata. L’ingresso più accreditato era quello accanto alportone del vecchio Cardarelli, la porta principale che af-faccia in piazza Savoia è stata meno utilizzata; via vai diaspiranti tennisti attraverso il vialetto che porta al circolo.

Se la memoria non ci inganna le istituzioni hanno fattopoco per riavviare i campobassani alla Villa Comunale,l’ultimo spettacolo di un certo spessore è stato organiz-zato da Pino Saluppo, una decina d’anni fa, per conto del-l’Ente per il Turismo, di cui era presidente. Fu unclamoroso successo artistico e di pubblico, ma da alloranessuno ha pensato di ripetere, almeno un paio di volteall’anno, qualcosa del genere. In quella occasione sali-rono sul palco Gianfranco D’Angelo e Sandra Milo, inuna esilarante commedia.

In pochi ricordano che l’architettura fa della villa uno splendido “giardino all’italiana”, uno dei vanti botanici del Paese

Storicamente in villa sono nati infiniti amori, non c’è campobassano che non abbia portato la morosa tra quei vialetti per scoccarle il primo bacio

onorevole Roberto Ruta è un talentodella politica molisana, lo dimostra larisolutezza con la quale, dopo la scop-pola del 2008, ha perseguito il rientroalla grande nel ruolo di leader di ri-ferimento per il centro sinistra, cen-trando l’obiettivo grazie alla scelta diFrattura in qualità di candidato delcentro sinistra.

Un capo oltre che ambizioso deveessere anche spietato, se occorre.Quando per la prima volta riuscì aconquistare il partito popolare, occu-pando il ruolo di segretario, grazie alconsenso guadagnato con la nuovalinea e supportato da giovani entusia-sti diventati poi i “Ruta boy’s”, l’exPresidente del Consiglio regionaleagì con risolutezza e cinismo, met-tendo all’angolo il grande D’Aimmo einsieme con lui il più pericoloso eabile tra gli avversari interni al par-tito, Peppe Astore. Il quale preferì la-sciare i popolari, in seguito confluitinella Margherita, per abbracciare To-nino Di Pietro ma conservando sem-pre un rancore profondo verso quellarepentina defenestrazione.

Astore si dedicò all’organizzazionedell’IDV sul territorio, ottenendo ri-sultati importanti, Di Pietro nel 2006lo premiò con un candidatura in un

collegio sicuro, in Emilia Romagna,regalando all’ex assessore alla Sanitàuno scranno a Palazzo Madama. Nellostesso anno, Di Pietro invocò poi peril suo partito la candidatura alla Pre-sidenza della regione, indicandoAstore come candidato. L’ex ministrostrappò l’approvazione agli organicentrali dell’Ulivo ma di nuovo Rutasi mise di traverso. Avendo costituitoun forte asse con Augusto Massa, idue leader del centrosinistra, fiu-tando il pericolo di ridimensiona-mento, si prodigarono per evitarel’eventuale elezione di un presidentedipietrista. Seppur a malincuore (hasempre preferito fare il deputato)Ruta rivendicò per sé la candidatura,come leader del partito di maggio-ranza nel centro sinistra, uscendo poibattuto sonoramente da Iorio.

Astore si prese la rivincita pocodopo, alle politiche del 2008, infatti,l’IDV corse in solitario e sia Ruta cheMassa furono clamorosamente trom-bati.

L’addio di Chieffo al partito popo-lare anche in questo caso fu determi-nato dalla volontà della segreteria diridimensionare il personaggio, fortedi due legislature vissute da ottimoPresidente della Provincia, che gli

avevano portato molti consensi anchesul fronte avverso. L’attuale assessoreai lavori pubblici confidava in unsalto di qualità, con passaggio in re-gione e incarico adeguato. I piani diRuta, che aveva indicato con moltoacume Massa come successore diChieffo alla Provincia, erano però di-versi. Nel periodo di composizionedelle liste per le regionali, un giornodue dei “Ruta boys” si recarono amezzanotte a casa di Chieffo propo-nendogli la candidatura a Sindaco diTermoli per il centro sinistra, in unasfida quasi impossibile contro il “Gat-tone” Remo Di Giandomenico.Chieffo rifiutò sdegnato e poco dopocedette alle lusinghe di Iorio che loportò nel centro destra inserendolonel listino del maggioritario.

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di Walter Cherubini

L’

Così Ruta tentò di ridimensionare Astore e Chieffo

Roberto Ruta

Antonio ChieffoPeppe Astore

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Immagini da una sere-nata in Vico Bigliardo aCampobasso: i quattroorchestrali: SalvatoreDi Cesare, AntonioMandato, Nicola Ma-stropaolo e Adriano Pa-rente; lo sposo LorenzoBuongusto che conse-gna le rose alla sposaValentina Salvatorelli; ei due giovani promessisposi che brindano allafinestra.

Il ritorno della Serenata

E’

Per l’addio al celibato e al nubilato le giovani coppiehanno ripristinato una vecchia tradizione

una storia estiva che potrebbe essere raccontata anche inaltre stagioni. Viene da lontana, ma è diventata nuovamentealla moda, abbracciando anche i ceti più evoluti. Stiamo scri-vendo della “serenata”. A nessuno venga in mente di pensarea Schubert, per carità questa è robetta semplice, del paesenostro. Roba fatta con il bufù e la trombetta. Eppure piace,scivola giù come un boccale di birra in una notte afosa.

Stiamo parlando della serenata che un gruppo di orche-strali del centro storico ha deciso di rilanciare alla grande.Per accompagnare l’addio al celibato e al nubilato delle gio-vani coppie.

Per capire di cosa stiamo scrivendo bisognerebbe averlavissuta almeno una volta la “serenata”. Unendosi allo sposo,ai parenti, agli amici e ai curiosi. Riproponendosi con ilcuore bambino, senza sofismi e puzza sotto al naso. Ricor-dando le radici campobassane, attribuendo l’antico signifi-cato al centro storico, con la curiosità di chi ha il cuoreeternamente giovane.

Noi l’abbiamo appena vissuta l’atmosfera di una “serenata”.Tra bella gente, in pieno centro storico. Stando con il naso al-l’insù, ad aspettare che lei, Valentina Salvatorelli, delicata bel-lezza, si affacciasse alla finestra della casa dei genitori,Antonio e Giuliana, per raccogliere il segnale d’amore lan-ciato dal suo fidanzato, il fustacchione LorenzoBuongusto che si era munito di una scala di ferro, diun mazzo di rose rosse e di una bottiglia di champa-gne per dare un tono alla circostanza. Lo hanno ac-compagnato oltre ai familiari, papà Peppe, mammaMaria Antonietta, il fratello Michele con la fidanzataMaria Pina, i parenti della sposa e un nutrito stuolodi congiunti e amici. Ma soprattutto c’erano i quattrocantori famosissimi che rispondono ai nomi diAdriano Parente (Chitarra e voce), Antonio Mandato(trombetta e voce), Salvatore Di Cesare (bufù) e Ni-cola Mastropaolo (fisarmonica e voce).

Potete stare certi che lo spettacolo è assicurato. Icanterini che spaziano nel loro vasto repertorio, leiche si affaccia dopo il quarto brano, lui che si arram-pica sino a scavalcare il davanzale, il bacio appassio-nato, la consegna dei fiori, il tappo che vola dal collodella bottiglia, il brindisi, gli applausi e poi… tutti incasa. A fare baldoria e a mettere qualcosa sotto i denti.Prima che il concertino riparta, per concludere la suadivertente esibizione con le esilaranti maitunate chestanno riprendendo piede, grazie alla vena di NicolaMastropaolo che è diventato il vero numero uno.

Va precisato che la “serenata” nasce dal borgo antico,ma estende le sue propaggini sino alla periferia dellacittà, lanciandosi in frazioni e contrade e arriva sino aicomuni del circondario. Campobasso sempre un po’snob ha riscoperto piacevolmente una delle sue più semplicitradizioni. E le giovani coppie stanno già progettando di non di-sperderla una seconda volta questa magica tradizione popolare.L’agenda dei quattro canterini si è ormai infittita. Le coppie siprenotano e loro accettano con entusiasmo, come vecchi dividella canzone. E vai con una nuova “serenata”. (ge.ve.)

Quattro orchestrali del centro storico richiesti come i Beatlesper le serate speciali pre-matrimoniali

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C

Tutta la verità sulle paleeoliche di Altilia

erto, le pale eoliche sono brutte. E, fanno anche ru-more. Danno l’impressione di trovarsi in quegli orri-bili panorami di un’America che non ci è mai piaciuta.Se poi qualcuno pensa di piazzarle accanto a uno deiluoghi più aristocratici della nostra regione, allora cipiacciono ancor meno. Ma da qui a lanciare fangosulla nostra terra ce ne corre e come. Sarebbe ora chequalcuno si decidesse a difenderlo il Molise, anzichésputtanarlo su tutte le latitudini.

Prendete il Corriere (dico Corriere della sera, nondei piccoli): ha armato due tra i suoi più noti (e ricchi)giornalisti, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, perpubblicare un’aguzza articolessa che ci fa apparireancora una volta come il paese di Bengodi.

Questa volta i due giornalisti-scrittori del quoti-diano di via Solferino hanno puntato i loro fucili sulsito archeologico di Altilia, per denunciare lo scempioambientale che si starebbe perpetrando, con l’istalla-zione di un parco eolico, posto in linea d’aria ad “ap-pena” 8 chilometri, da situare sul crinale dellaCastagna. Tutto vero, per carità. Come è vero l’iter cheè stato seguito: la Sovrintendenza che ha concesso ilproprio si, il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato daparte della società appaltatrice, avverso al no dellagiunta regionale e dello stesso consiglio. Alla fine havinto il ricorrente, ma è passato un messaggio che im-motivatamente colpisce la parte politica della nostraregione. E, guarda caso, va dritto sul bersaglio prefe-rito.

Così capita di leggere sulla pagina del Corrierone“dell’indecente appoggio al progetto”, da parte diIorio. In realtà i fatti sono andati in maniera opposta,altro che appoggio. Ma ormai questo è ciò che ci ri-serva la stampa accreditata. Non si contano poi gli as-salti, spesso dissennati, da parte di truppe d’assaltotelevisive che giungono da Roma o da Milano, per fare

le unghie a una piccola regione che ha commesso tantierrori, ma che neppure lontanamente può essere av-vicinata ad altre consorelle che hanno determinato,quelle si, il dissesto finanziario del nostro paese.

Il Molise raccoglie tempeste per colpe proprie, maanche e forse soprattutto, per colpa di chi ha seminatovento. Ormai non è più un mistero: consiglieri regio-nali, sindacalisti, referenti di partito e, udite udite,anche occupanti dei piani alti del Palazzo, da annihanno fatto a gara a buttare fango sul Molise. Con lascusa di agire in nome della lotta partitica non si sonoresi conto di aver agito e di agire tutt’oggi a solo dannodella nostra terra.

Comportandosi in questo modo i guastatori hannoottenuto una sola cosa: averle rovinato la reputazione.Che, ribadiamo, avrà certamente le sue colpe, ma peruno spirito di comunione avrebbe meritato, fuori dainostri recinti, di essere difesa in modo corale. Per ilbene di tutti. Al contrario, invece, negli uffici e persinodurante alcune conviviali, alcuni irresponsabili nonhanno fatto altro che parlare male del modo di ammi-nistrare, dello scialo della spesa pubblica, della sanitàtroppo spendacciona, insomma di tutto quello che erapossibile criticare.

Da cosa nasce cosa: si è arrivati a criticare sotto tuttigli aspetti il nostro Molise. Il quale ora tenta di recu-perare il terreno perduto. Cosa che diventa ognigiorno più difficile, perché nei ministeri si è ormai in-staurato il convincimento che il Molise sia una terra dinessuno, dove si abusa di tutto (sanità, ricostruzione,ambiente). Mentre altri difendono con i denti i loroterritori, da noi si fa a gara a chi le spara più grosse,cercando di fornire materiale bruciante alle troupe te-levisive e servire sui tavoli di penne d’assalto argo-menti per colpire il Molise con servizi clamorosi, chespesso riportano una verità distorta. (ge.ve.)

Ormai è diventatoun tiro al bersaglio

mediatico il nostro Molise

Ma le pale noC’

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di Pasquale Licursi

è una scienza che ha un nomebellissimo. “Pedagogia del deside-rio” e cerca in tutti i modi di porrecome punto essenziale la capacitàdi adolescenti nel capire cosa sivuole dalla propria vita. Terzo Mondo, Brasile, zone po-vere del mondo e si incontranobambini davvero poveri di tutto.Apparentemente. Poi si scopreche questi bambini hanno talentovero e viene fuori che alcuni di-ventano artisti, altri cantanti ealtri ancora musicisti.

Personale qualificato che aiutaquesti bambini a far nascere coseche già hanno dentro. Cose giàvive prima di ogni cosa. C’è un’as-sociazione di volontariato cheopera soprattutto in Brasile, coiragazzi di strada, e li toglie nondalla strada ma da una violenzadisumana, da un marciume ingiu-sto e senza motivo. Alcuni di lorolasciano il Brasile e diventanoveri e propri artisti. Altri restanoma puliti come lenzuola di lavan-deria. “Pedagogia del desiderio”occorrerebbe anche qui da noi, unpo’. Un educare alla bellezza chein questi ultimi anni è andatosempre più sparendo e non certoper colpa degli adolescenti ma dichi li ha generati.

Anche nel nostro atavico Molisescopriamo l’esistenza di una nonbellezza soprattutto nel quoti-diano di ognuno di noi, nel nostroessere indifferenti alla bellezzavera, alla natura, alla vita che sipresenta davanti ai nostri occhi.Gli ultimi eventi, tra fotovoltaicoed eolico, dimostrano chiara-mente che si tiene sempre menoconto della bellezza per far postoall’utilità, ma una utilità del tuttoinsignificante se paragonata albello vero, al creato. Abbiamoposti di una bellezza straordinariae semplicissima e per quello nonla vediamo più. Ci è del tutto in-differente. Decadente quanto sivuole ma stupefacente.

Basterebbe valorizzare l’esi-stente per sopravvivere dignitosa-mente. Al contrario, ci roviniamola vita e rendiamo brutto quelloche è nato bello. Noi qui tutto que-sto l’abbiamo superato da tempo.Pensiamo che il bello sia essen-

zialmente un apparire scialbo, in-sipido, senza sale. Pensiamo cheun orologio o una macchina pos-sano sostituire valori secolaricome la bellezza di un paesaggio,il parlare piano, l’educazionesemplice. Pensiamo che andare inChiesa vestiti bene rappresentiun traguardo, una scalata sociale.Ma così non è. Trovo assurdo ediabolico sapere che un bambinoche vive qui non debba conoscereangoli di paradiso a pochi metridal centro. I ruderi della campa-gna, gli uliveti, le fontane anche.

Trovo peccato grande che un ge-nitore allontani i figli dai cieli az-zurri delle nostre primavere, dalcalpestare erba profumata, bereacqua di sorgente. Correre dietrolucertole impazzite. Ognuno do-vrebbe vivere in base all’ambienteche lo ospita e la fortuna di ognunodipende elusivamente dalla cono-scenza del proprio territorio.

Oggi, paradossalmente, cono-sciamo la geografia ma non cono-sciamo quello che ci circonda.“Pedagogia del Desiderio” significatrasmettere passione e sensibilitàe poi lasciare che tutto accada inognuno di noi. Seminare non laconoscenza ma il desiderio di essa.E poi ognuno segue il proprio de-stino. Conosco persone che quipassavano il tempo appoggiati aimuri dei bar e fumavano conti-nuamente. È bastato allontanarsiper qualche centinaio di chilome-tri e sono diventati artisti, buoniartigiani, e tante altre belle cose.

Non basta conoscere la storia,ma viverla in prima persona. E perviverla bisogna rischiare. E per ri-schiare sapere cosa si vuole. Altri-menti è tutto davvero inutile. Nonha senso l’esistere. Oggi si stasopra poltrone a guardare il Na-tional Geographic e ci si stupisce.Con le persiane chiuse e polveresui mobili. Basterebbe alzarsi euscire e incontrare stradine interra e vedere la vita.

Ci si sentirebbe meglio e senzaandare in farmacia. Vivi, ecco. Po-tremmo essere più vivi di sempre.E invece ci condanniamo al buio ealla speranza che venga prestosera. E diventiamo brutti. Comenon lo siamo mai stati.

(Se vai a Sepino fallo dallastrada antica, quella che nonusiamo più perché troppo lenta epiena di curve. Non accelerare eguardati intorno. E’ quella la ric-chezza, non un conto in bancacorposo e pieno. Guardati intorno,vedi le rovine romane di Altilia e tisi stringe il cuore. Poi arriva un So-vrintentendente e firma per l’eo-lico mostruoso, enorme. Io locapisco. Lui non vede più anche sedovrebbe farlo meglio di altri. Luivede pietre inutili. E vede anche ilprogresso, lo sviluppo, il futuro, lemagnifiche sorti e progressive. Luile vede sinceramente queste cose.Ma non ce l’hai un altro postodove piantare pali eolici? Non esi-ste un luogo privo di acqua, vege-tazione, spento, dove mettere tuttii pali che vuoi? Lo so, è questo ilprogresso, abbiamo bisogno dienergia per alimentare stupiditàquotidiane e va bene. Ma come tiviene in mente di prendere Altiliae assassinarla così? Dopo sette-mila anni! Cosa ti passa per latesta, devi dirmelo! C’è una leggenon scritta che è quella del piacerepuro. Quella cioè di fermarti difronte a un panorama, un mare,una collina o una montagna e pro-vare un piacere senza fine, indefi-nito e inspiegabile. Esiste, giuro. Enon è scritto da nessuna parte. C’è.Lo possiedono in pochi ma esi-stono. Sono minoranza, ma esiste.La vita non è solo casa al mare emacchine lussuose. Per me al-meno. Io vedo una pietra antica emi commuovo. Vuoi togliermi que-sto? Dopo avermi tolto tutto?)

estate, storicamente, è una stagione che Campobassovive pensando alle “cordate”. Ne ho sentito parlare alungo di cordate, senza veder comparire in tutti questianni una sola corda. Mi riferisco ai calci d’angolo dellasquadra del nostro cuore. Il pallone a fine campionato,fatta qualche debita eccezione, si è ammosciato. E a pre-scindere dalle tre radiazioni, ci sono stati altri momentifebbrili che hanno fatto temere il peggio.

Qualche volta c’è scappato anche il bignè. Andò viaNucciarone e comparve Gigino Falcione; lasciò il rigidopresidente di “lavoro pulito e ordinato” e gli subentrò ilpirotecnico Tonino Molinari; l’Adelmo partì dalle ceneri,inventandosi l’oggi prima del domani. Ferruccio sarebbeentrato in scena in pieno inverno. Quindi, in qualchemodo fa eccezione. Comprò il titolo da Paolo Rizzi, im-prenditore del ramo della carpenteria e promise mari emonti. Il suo fu un vero e proprio blitz. Nessuno lo cono-sceva e ancora oggi non si sa bene come da Montella siaarrivato a Campobasso.

Tutti a chiedersi il perché di quell’ingresso. Il popolocampobassano iniziò a fare le sue congetture. “Viene perprendere i lavori pubblici”, “Anzi no, viene per una lottiz-zazione”, “Io credo che ci sia sotto anche qualche altracosa”: la fantasia si scatenò. Gli facemmo subito le pulcia Ferruccio che già allora viaggiava nella lussuosa autocon i quattro cerchi, vestiva abiti griffati “guastati” da or-ribili cravatte con nodi impossibili, grossi come il sellinodi una moto.

Da quel momento è successo di tutto e il contrario ditutto. Capone è diventato di casa, al campo, sui giornali ein tv lo hanno conosciuto in fretta in tutto il Molise. Nonc’è stata partita che non l’abbia visto scendere in campoassieme ai giocatori, per accomodarsi in panchina, ac-canto al mister che ha avuto il suo da fare per tenerlo abada. Ne ha avuto per tutti: arbitri, giocatori suoi e av-versari.

L’

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Il pallone di Ferruccio

Ferruccio Caponeda sei anni presidentedel Campobasso Calcio

di Gennaro Ventresca

Svanite sul nascere le fantomatiche cordate,

sono spariti prima di arrivare anche gli “arabi”

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Senza il montelliano il Campobasso sarebbe stato nuovamente cancellato

dal calcio professionisticoA questo punto sarebbe meraviglioso

se la città potesse recuperare il rapportocon il padrone del lupo, sul quale c’è poco

da illudersi: lui non cambierà mai, per questo meglio che cambiamo noi

Non sto a dirvi quanti rilievi abbiafatto al suo allenatore e quante sostitu-zioni abbia dettato. I mister, presi perstanchezza, tante volte lo hanno accon-tentato.

Poi è salito in tribuna e via con il con-certino contro l’arbitro. Quando le cosenon andavano al meglio, senza il mi-nimo ritegno, ha chiesto a gran voce alsuo mister di cambiare il “sette”, e il“quattro”. E quando le sue urla nonhanno fatto centro ha usato il telefoninoper dettare al Molino di turno i suoi sug-gerimenti di Napoleone del pallone.

Prendere o lasciare: Ferruccio è così.Da buon italiano che da ragazzo ha gio-cato su un campo scassato crede di sa-perne più di Luciano Moggi e Capellomessi insieme. Difficile contraddirlo, neva di mezzo il posto. E se per caso i ri-sultati sono favorevoli al mister che nonè ubbidiente, state pur certi che se losegna al dito, per fargliela pagare allaprima disavventura.

Forse questo e anche altro lo hannotrasformato nel bersaglio della critica. Itifosi poi lo hanno spesso fatto segnocon cori scorretti e irriverenti. Provo-cando una crepa diventata irreparabile.

Questa estate sembrava giunta la fine.Ferruccio aveva fatto sapere al sindaco eper slittamento al popolo rossoblù di

non voler più iscrivere la squadra alcampionato. Il popolo rossoblù è andatodietro alle “cordate”. Così, con il caldobollente, ho letto e sentito parlare diarabi che avrebbero dovuto prendere ilsuo posto. E ho saputo che più di qual-che curioso si è spinto sino a Montella,per andare a intavolare una trattativache non è mai nata.

Al tirar delle somme Ferruccio hanuovamente assicurato l’iscrizione alcampionato. Usando lo stile che gli èproprio e sul quale si potrà continuarea discutere all’infinito. Ma senza di lui aSelva Piana potrebbero tornare a pasco-lare le greggi.

Se si riuscisse a costruire un club conquel minimo di organizzazione, Campo-basso potrebbe aspirare a raggiungere,sulla base della ristrutturazione deicampionati, a puntare alla C unica

Per il momento è appena il caso di rin-graziare Ferruccio, senza spingersi. Pen-sare che possa completare il suocapolavoro facendo un passo indietro,recuperando il rapporto con la città, misembra eccessivo. Per questo sembraauspicabile che sia il popolo dei calcid’angolo ad andargli incontro. Una cor-tesia: smettiamola di chiamare la nostrasquadra Nuovo Campobasso. E che siasolo e sempre Campobasso.

Minadeo, Multineddu, Di Bartolomeo, Capone e Imbimbo

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Intervista al padrone del LupoSto accarezzando un sogno

cusi Ferruccio, come siamo messi con i debiti?In linea con il mondo del calcio, né più né meno.Come ha fatto a salvare il Campobasso dal baratro?Con un colpo di reni. Mio figlio, nei giorni antecedenti

alla scadenza del ricorso, ha girato l’Italia per trovareamici disposti ad aiutarci.

E a Campobasso non c’erano amici?Abbiamo bussato a tutte le porte, solo il sindaco ci ha

aperto, ma aveva la cassa vuota.Che le ha detto Di Bartolomeo?Ferruccio, ti prego, fai l’impossibile per non far morire

il Campobasso.E lei ha compiuto il “miracolo”.Parlare di miracoli è troppo, ma stia pur certo che non

è stato semplice, di questi tempi, mettere insieme i soldiper fronteggiare gli impegni.

Come mai nel corso dell’incontro con media e tifosi si èmostrato così ottimista?

Perché nel frattempo si è configurata una situazioneche se dovesse materializzarsi potrebbe cambiare com-pletamente lo scenario.

Ce la spieghi.Ci sono alcuni nuovi amici che hanno mostrato un pa-

lese interesse per la nostra squadra e, ovviamente, per lacittà che essa rappresenta. Hanno intenzione di fare lecose in grande, attraverso la realizzazione di una citta-della dello sport, seguendo la via maestra, senza forza-ture né storture.

Lei ha speso anche il nome di Giampaolo Montali, unguru della pallavolo, imprestato al calcio.

Il dottor Montali è diventato un nostro amico e propriolui potrà essere la nostra carta vincente.

Il suo Campobasso riparte da Tonino Minadeo: la mossaè populista o tecnica?

Minadeo ha mostrato sempre amore per la maglia ros-soblù; l’anno scorso è andato a Trivento, ma non ha mailanciato anatemi contro la nostra squadra. Anzi, spesso,ho letto apprezzamenti sul nostro conto.

Dopo aver lanciato Imbimbo oggi si affida per la dire-zione tecnica a Multineddu, un’altra scommessa.

A parte il fatto che Multineddu si porta dietro un cur-riculum così, non si può prescindere ormai dai giovani.Per questo mi sono orientato su un signore che ha avutosempre confidenza con i vivai.

E che in pochi giorni ha costruito una squadra di baby.Questa è la nuova linea della società. Sono finiti i tempi

degli stipendi galattici. Ormai si viaggia con i minimi fe-derali, più vitto e alloggio.

Che ci vorrebbe per puntare alla C unica?Innanzitutto non retrocedere. Una volta mantenuta la

categoria e con i conti a posto, grazie alla riforma deicampionati, si potrebbe accedere nella categoria unicadella Lega Pro.

Ma i costi iniziali sarebbero il doppio di quelli attuali.Ecco perché, strada facendo, dovremo organizzarci, in

modo da dare una svolta al nostro club e metterlo in con-dizione di fare la sua parte in una categoria prestigiosa.

In estate lei ha avuto sempre atteggiamenti distensivi,ma già in autunno il suo umore è cambiato. Dovremoaspettarci un Ferruccio pronto a sfasciare quello che hacostruito con il solleone?

Negli anni scorsi sono accaduti fatti che mi hanno ob-bligato a correggere la traiettoria in corso.

Ma lei a momenti batte Zamparini: si è divorato allena-tori su allenatori.

A volte mi sono lasciato trasportare dagli eventi. ConImbimbo c’è un bel rapporto.

E’ vero che crede di capire di tattica più di Mourinho?Ma non scherziamo. Tuttavia la mia sfrenata passione

mi ha aiutato a capire di calcio, compreso la parte tat-tica.

Che vuole dire ai tifosiDi seguire la squadra del loro cuore, come una volta.

Stare alla finestra a criticare a prescindere non fa benené a loro né al Campobasso.

E’ disposto a fare un passo indietro?Già l’ho fatto. Inizia una nuova stagione e si riparte

con nuove idee e con la voglia di non deludere. (ge.ve.)

S

Ferruccio Capone

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di Arnaldo Brunale

Campuascianeria

A proposito di “cam-puāscianarie” miviene da fare al-cune considera-zioni sulla “moda”,piuttosto recente,di chiamare i luoghi più cari a noicampobassani “doc” con una nuovanomenclatura, cancellando dalla to-ponomastica cittadina, con un solocolpo, i vecchi toponimi con cui sonostati conosciuti da sempre. Quelloche più mi stupisce della nuova ten-denza, invalsa già da alcuni decenni,è l’indifferenza, per non parlare di in-dolenza, delle Autorità cittadine, chesi sono succedute al governo dellanostra bistrattata città negli ultimidecenni, che nulla hanno fatto per ri-portare la verità al posto che merita.

E, così, adesso le nuove genera-zioni parlano di “Foce” e non di“Fóta”, indicando la zona boschivaposta a Sud-Ovest della città, neipressi delle Coste di Oratino, presup-ponendo sul posto lo sbocco di uncorso di un ruscello, di un fiume, ecc.Per la verità, alcuni studiosi localihanno provato a dare un senso altermine “foce”, facendo derivarel’etimo del toponimo di questo sitoincantevole dall’ablativo Lat.“fo(n)te”, da “fons-tis”, con contra-zione del morfema “n”, per la pre-senza in questo luogo di una sorgiva(fonte?) da cui veniva captata l’ac-qua con cui si riempivano le vascheche alimentavano i mulini presentinella zona per la molitura del grano.L’origine del nome, invece, potrebbeessere molto più semplice, ed èquella che si annette alle fonti oralidi alcuni vecchi campobassani che laaccostano all’aggettivo dialettalefute, folto, proprio perché il posto,anticamente, si caratterizzava peruna vegetazione molto rigogliosa checontribuiva a renderlo ombroso edimpenetrabile ai raggi del sole.

Un altro “refuso storico”, se cosìvogliamo chiamarlo, è quello legatoal toponimo, alquanto “vaporoso”,con cui viene chiamato, di volta in

volta, il colle alla cui sommità vi sonoposizionati il castello Monforte ed ilsantuario della Madonna dell’As-sunta. Alcuni lo chiamano impropria-mente “Colle S. Antonio”, riportandol’origine del nome a fantasiose ge-nesi feudali, pur non esistendo fontiscritte che avvalorano questa tesi.Altre accostano l’origine dell’etimoalla sottostante via S. AntonioAbate, che lambisce le sue pendici.Altre, ancora, riconoscono questopiccolo rilievo con il vezzoso “colli-netta Monforte”. Ma è evidente chein tutti questi casi ci si trova di frontea coniazioni arbitrarie che hannomolto dell’immaginazione e poco delriferimento storico. Le fonti orali deivecchi campobassani, invece, sopra-vanzano tutte queste teorie “fanta-siose” quando chiamano la collinapiù semplicemente “le Munte”, con-fermando, ancora una volta se ce nefosse bisogno, l’inesattezza della co-niazione di toponomi privi di qualsiasifondatezza avvalorata da fontiscritte.

Sentendo parlare del pittorescoispanismo “Santa Maria de Foras”, lapiccola chiesa romanica del XII sec.posta fuori dal centro abitato, neipressi della Fóta e del Munachiélle,mi verrebbe da accostare l’origine delsuo toponimo alla dominazione deiGonzaga a Campobasso, quando nel1530, Isabella De Capoa sposò Fer-rante da Gonzaga. Anche in questocaso ho difficoltà nell’accettare que-sta tesi per carenza di fonti scritteche la avvalorano. Allora, mi è piùsemplice affidarmi, come sempre,alle fonti orali dei vecchi campobas-sani che parlano di Santa Maria ‘éFóre, proprio perché questa bellis-sima chiesetta si trova fuori “fóre”dalla nostra città.

Molto più vicino all’esattezza è il

nome con cui sono conosciute viaFerrari e via Orefici, anche se esseandrebbero chiamate più corretta-mente via dei Ferrari e via degli Ore-fici. Il loro toponimo esatto risale al1530 circa, quando Campobasso erasotto la signoria di Ferrante da Gon-zaga, che favorì il sorgere ed il rag-gruppamento di botteghe artigianaliin determinati punti strategici dellacittà. Anticamente via dei Ferrari sicaratterizzava per la presenza lungoil suo asse di numerose botteghe difabbri che vi lavoravano il ferro, men-tre via degli Orefici proliferava di pic-coli esercizi artigianali in cui simodellava l’oro.

Un’ultima precisazione, sotto formadi domanda, la faccio a me stessoquando, sentendo parlare dei coloridella squadra di calcio che rappre-senta la nostra città, si fa riferimentoal “rosso-blu”. Mi chiedo, ma perché“rosso-blu”, quando i colori del gon-falone cittadino sono amaranto, ten-dente al bordeaux, ed azzurro?Qualcuno potrà obiettare che il“rosso-blu” si riferisce ai colori socialidella squadra di calcio e non a quellidel nostro bellissimo vessillo citta-dino. Allora, per non scontentaretutta la città sportiva, chiedo venia edico “Nulla questio”. A Campobasso,con una battuta molto colorita, si di-rebbe Attacca u ciucce addó rice upadrone!

Alla luce di queste precisazioni che,sicuramente, provocheranno discus-sioni e critiche da parte di chi avràaltre certezze, mi auguro supportateda fonti scritte, vorrei sperare che, inmancanza di sicuri riferimenti storici,non ci sia l’ultimo arrivato che, a sup-porto delle proprie convinzioni e ditesi diverse, non abbia a rifugiarsinella classica affermazione locale:Chi la vó cotta e chi la vó crūra.

Chi la vò cotta e chi la vò crūra

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Sanità, si punta al pareggio di bilancio già quest’anno

Percopo e Iorio ottimisti dopo la ristrutturazione del settore

Ha gli occhi chiari come il suonome, la ragazza che passa ete-

rea sulla piazza più evanescentedella città.

Ha mal di stomaco, colpa della so-lita serata tra amici trascorsa a diver-tirsi e a buttar giù cocktails. Ci ridesopra, orgogliosa di aver trovato lastrada per entrare finalmente nelmondo dei grandi. Non si scomponeneanche di fronte alla domanda sullaquantità di cocktails bevuti. “Tre oquattro. Vabbè, probabilmente qual-cuno in più, chi li ha contati! Chemale c’è? Tanto io non guido!”

Siamo al punto, all’equivoco che

tende inesorabilmente a diffon-dersi tra le giovani generazioni.Non importa quanto alcol s’in-gurgita, l’importante è non gui-dare dopo lo sballo, trovandouno nel gruppo che si sacrificaper gli altri, restando sobrio.L’importante è stare in regola seper caso ti fermano gli sbirri,questo è ciò che conta davvero,più della propria salute. La ciuccapasserà in fretta, anche papà emamma hanno fatto quest’espe-rienza, inutile negarlo ergendosi amoralisti.

Il moralismo in realtà non c’entra

nulla. Un conto è la sbornia spora-dica destinata proprio per questo arestare memorabile e a non ripetersi,un conto è l’abuso reiterato e trasfor-mato in routine.

(An.Ca.)

L a Sanità molisana ha affrontato un percorso duro per ilpersonale e per l’azienda, un percorso obbligato dalpiano di rientro che sta funzionando.

Entro la fine del 2012, infatti, si conta di arrivare al pa-reggio di bilancio. Ad affermarlo il Direttore Generaledell’Asrem Angelo Percopo, che insieme al GovernatoreIorio ha incontrato i sindaci del basso molise per fare ilpunto della situazione.

Sul territorio, sono stati attuati tagli alle indennità dei me-dici (30% in meno in due anni) , mentre a livello ospedalieroil ridimensionamento ha riguardato tutti i nosocomi, conriorganizzazione dei presidi minori. La ristrutturazioneprevede che tra gli ospedalipubblici continueranno a pienoregime Cardarelli, Veneziale eSan Timoteo, pur con le limi-tazioni già attuate (si pensialla cosidetta rottamazione deiprimari”, sostituiti da direttoridi reparto e alla riduzione deiposti letto).

Il presidente Iorio ha impo-stato il suo intervento sulledifficoltà del periodo che im-pongono sacrifici e decisionicondivise con grande senso diresponsabilità.

S.B.

Ospedali pubblici, si salvano Campobasso, Isernia e Termoli. Diversificazione per Larino e Venafro

Angelo Percopo

Vorrei essere la prima donna Presidente del Molise

Micaela Fanelli, neo mamma di due gemelli, a ruota libera su Facebook

Si gode i suoi gemelli,Elisa e Vincenzo, il

sindaco di Riccia Mi-caela Fanelli, che trauna poppata e un cam-bio di pannolini trova iltempo (grazie all’aiutodi mammà) di chattaresu face book.

Schietta e spiritosa, la Fanelli non le manda adire. Tra Vitagliano e Iorio preferisce l’asses-sore, non sopporta Rosario De Matteis e Di Pie-tro, auspica un riavvicinamento tra Frattura eRomano. Il suo sogno politico? Essere la primadonna Presidente del Molise. Chissà se davverotifa per la pace tra Massimo e Paoletto.

S.B.

Micaela Fanelli

“Meglio Vitagliano di Iorio;Frattura e Romano

facciano pace”

Piazza Dante - La piazza che non c’è

Tanto non guido

C

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arissimo,la domanda è naturalmente estivae, quindi banale: cosa ne pensidelle sagre molisane?

La prima cosa che verrebbe darispondere è: chi se ne frega.Visto che quegli appuntamentineppure ci sfiorano. Tuttavia unapiccola riflessione a riguardo lafarei. Le sagre sono un po’ il salee il peperoncino dell’estate chegià intravede lo striscione del-l’ultimo chilometro.

In punta di verità non si fa altroche sparlare delle sagre, ritenen-dole perlomeno superate, se nonaddirittura superflue. Eppure inesse c’è del buono, non intesosolo sul piano puramente gastro-nomico. Penso al messaggio so-ciale che esse racchiudono, alsenso di aggregazione, al voglia-moci tanto bene.

Lo so che è indifendibile “lasagra del baccalà”, anche se sottosotto piacerebbe anche ai piùscettici afferrare una di quelleciotoline di plastica nelle quali siservono gli alimenti cotti e met-tersi a sedere ai tavoli stesi percentinaia di metri nella piazza diun paese, in una contrada o inun’area rurale. Perché -diciamocila verità- certi profumi solleci-tano facilmente il gusto.

I comitati festa non difettano difantasia: così s’inventano appun-tamenti originali. Come la sagradello spezzatino con patate, dellatrippa, del torcinello, della salsic-

cia arrosto e, pensa un po’ a Fro-solone, in località Colle dell’Orso,quindi in montagna, c’è statoanche una serata a tema mari-naro. Con Bobo che ha stupitocon le sue pietanze, servite a mi-gliaia di persone.

Facci caso: in agosto Campo-basso è praticamente clorofor-mizzata. Anche quest’anno gliappuntamenti serotini sono mi-nimi, per colpa della congiunturae anche della scarsa lungimi-ranza. La gente se ne va al maree quella che resta ne approfittaper fare una puntata in provin-cia, dove appunto si tengono lesagre e, spesso c’è il cantanted’antan che, con il capello di-pinto e cotonato, ci ripropone lecanzoni degli Anni Sessanta, al-cuni cantanti di quel tempo sonoandati avanti puntando su unsolo successo che gli è bastatoper costruirsi un vitalizio. Mal-grado ciò migliaia di cittadini siradunano sotto il palco, certifi-cando che la gente, in estate,cerca l’evasione. Ha bisogno diun richiamo, le basta poco permettersi in macchina e raggiun-gere il ritrovo. Si accontenta dellabaldoria, del fumo di arrosto chesi spande nell’aria, di un bic-chiere di birra e di guardare labelloccia di turno, con l’ombelicoda fuori.

Ritengo che bisognerebbe es-sere un po’ più indulgenti neiconfronti delle sagre e delle feste

paesane. La gente le ama. Ti fareivedere quanta eccitazione questefeste producono nei giovani chele aspettano con fervore. Perchéla folla mette allegria e, comesuccede nel commercio, radunaaltra gente.

Dovendo scegliere se passarel’estate nel capoluogo o in unpaesino molisano non esiterei apropendere per il secondo, ma-gari a Montagano, dove da bam-bino ho trascorso dai nonni estatiindimenticabili, in strada sinoallo sfinimento, senza il controlloserrato di mia madre.

La gente nei paesi è ancoraaperta, gentile, ti tratta come unodi famiglia. E se t’invita a cena lofa col cuore. Tiene piacere diaverti al suo desco, per mangiare,bere, discorrere, ripercorrere ilpassato, “sforbiciare”.

I nostri paesi sono ancora“puri”. Sino a poco tempo fa isuoi abitanti tenevano ancora lachiave nella toppa di casa pertutto il giorno, l’ultimo “nascon-deva” la chiave nella buca ri-torta che serviva per ilpassaggio del gatto. Ora che itempi sono diventati difficilianche nelle piccole borgate ci siè un po’ abbottonati, ma la genteresta sana e vive con semplicità,come in grosso villaggio. Volen-tieri si ritrova durante le festepaesane che rappresentano laparte più genuina delle nostretradizioni.

ATTUALITA’

Lettera a me stesso di Gennaro Ventresca

Le sagre, tradizioneda non disperdere

Le sagre, tradizioneda non disperdere

Il Mix di D’Artagnan

Block notes

FINCHÈ LA BARCA VAUna piccola barca, per una pancia troppogrande. L’estate si può viverla anche così,con scarsi mezzi, una ‘mbustarella, e un gu-scio di plastica che funge da barca.

FESTA DEL GRANONonostante le ristrettezze economiche Jelsinon conosce crisi. Per Sant’Anna, la patronadel paese, la festa del grano è stata più bellache mai. Va ricordato che nel piccolo comunec’è una vera scuola di artigiani che si dilettaa preparare i carri, trasformando i covoni inautentiche opere dorate, ammirate da migliaiadi visitatori. La fortuna di Jelsi è che con labo-riosità si mettono al lavoro per mesi ancheragazzi e ragazze. In questo modo la tradi-zione continua, a dispetto della tecnologia.

LO ZAMPILLO Il caldo, l’afa, la mancanzadi una pozza d’acqua. Cosìquesto cane ha cercato diarrampicarsi oltre le suepossibilità per bere. A faticace l’ha fatta, accontentandosidegli schizzi, prima che qual-cuno si decidesse a prendereuna bacinella per riempirladi acqua, per dissetarlo.

PER STOP IL PALO Quando si dice che la buro-crazia è cieca. Come hannofatto gli addetti alla segnale-tica a non accorgersi delpalo, dove hanno posto il se-gnale stop? Mistero. Tanto labrutta figura la fa il comune.

Una strada per CarileAvrebbe 80 anni il professor Leandro Ca-

rile, morto in settembre di 21 anni fa,nel pieno della sua feconda attività di me-dico specialista di malattie interne e cardio-patiche. Il tempo ne ha cancellato lamemoria che potrebbe essere lucidata se,come si spera, la commissione toponoma-stica del comune di Campobasso, porterà al-l'esame la proposta che giunge dall'Ordinedei Medici di dedicargli una strada impor-tante o una piazza. E' inutile stare qui a ri-cordare i riconosciuti meriti del professorCarile, senza tacere di quelli umani.

La procedura vorrebbe che l'iniziativa

fosse partita dai familiari del compiantomedico, ma la sorella Dora, il marito MarioSerafino e il figlio Luigi non se la sentono diessere loro i promotori. Per questo a spin-gere la pratica, oltre all'Ordine dei Medici,si sta attivando un riconosciuto estimatoredel professionista, Umberto Vallillo, un exferroviere, maestro del lavoro, il quale ancoroggi non ha potuto dimenticare le qualitàprofessionali di Carile. Spetta ora alla com-misione toponomastica e subito al consigliocomunale accelerare la pratica, in modo cheuna delle figure più illustri della città vengain qualche modo gratificata.

Prof. Leandro Carileph: Walter Mussini

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di Domenico Fratianni

I l desiderio di Flavio Caroli, ordi-nario di Storia dell’Arte Modernapresso il Politecnico di Milano eautore di numerosi studi sul Cin-quecento lombardo, su Leonardo,Caravaggio, Lorenzo Lotto, Ti-ziano, Sofonisba Anguissola, oltrea studi sulla pittura contempora-nea dal Romanticismo alla PopArt (ma l’elenco sarebbe moltolungo), è quello di risalire alle ori-gini del dialogo tra Oriente ed Oc-cidente, il tutto sollecitato dalmondo globalizzato. Insomma èun volume sulla storia dell’arte digran parte del mondo con espres-sioni artistiche appartenenti aculture, civiltà e lingue moltocomplesse e lontane tre loro neltempo e nello spazio. Non solo learti dell’Occidente, ma anche leespressioni artistiche dell’Orientesono state approfondite e inda-gate come mai prima d’ora.

Il volume edito da Electa risultaessere di grande bellezza proprioper quelle ricerche di interrelazionitra fenomeni artistici solo apparen-temente estranei tra loro, tanto dafar dire al Caroli che: “Proprio men-tre Masaccio (1420) dipinge i suoicapolavori, formando con essi l’artemoderna occidentale, nasce in Cina(soprattutto dopo il trasferimentodella capitale a Pechino) la storiadell’arte cinese”. Insomma, oggi, idestini delle civiltà, con le loro ve-locità e le loro progressioni verti-ginose, si stanno incrociando,intersecando, definendo quel nododi eventi antropologici che defi-niamo con il termine “globalizza-zione”. Un dialogo, osserva Caroli,che dura da secoli, da millenni, daquando le letture delle pagine delMilione di Marco Polo verso la finedel Duecento, descrissero la convi-venza, la differenza di abitudini allacorte del “Gran Cano”, di Buddhisticinesi, di Islamici e di Cristiani chetanto assomigliano alla cronaca diun quotidiano dei nostri giorni. Undialogo, con scontri di civiltà, che haradici antichissime; è come se ve-nissimo stimolati a comprendere il“pensiero in figura” delle più grandie gloriose civiltà del pianeta percomprendere come queste stesse

civiltà si fossero costruite in ma-niera autonoma e, solo dopo, ab-biano intrapreso quel grandeprocesso di intersecazioni che portaad una lingua sempre più ricca e“incrociata”. Sembra, infatti, che lamutazione antropologica che defi-niamo “globalizzazione” porti con seun preoccupante obliterazione delsenso della storia; insomma unasorta di colpa dell’informatica, dellascuola o di qualche altro meccani-smo psicologico - culturale ancorpiù profondo. E, ancora, che l’uomodesideri, in fondo, conoscere i cro-mosomi della propria cultura e delproprio essere, tanto più quanto piùcapisce che essi sono destinati afondersi con quelli di altre civiltà. E,ancora di più, che la conoscenzadelle più alte realizzazioni del pen-siero, costituisca, certamente, il ter-reno più fertile e favorevole per lareciproca comprensione e per il re-ciproco arricchimento fra le diverse

culture. Se così non fosse, si po-trebbe pensare ad ogni possibilitàdi dialogo con la perdita di quellestesse radici. Per evitare che questoaccada, Caroli traccia una mappache, partendo dall’impero romanod’Occidente e d’Oriente, incontral’Islam, la cultura ebraica, il bud-dhismo delle origini e la sua diffu-sione in India, Cina e Giappone;soffermandosi sul Settecento checon le mode orientaliste in Occi-dente e l’arrivo di Giuseppe Casti-glione in Cina, vede il primo veroscambio culturale fra i due mondi,e studiando l’Ottocento; con la dif-fusione delle immagini giapponesiin Occidente e la contemporaneaapertura dell’Oriente verso Ovest,dove gli incontri danno vita ad untessuto che si infittisce sempre piùsoprattutto dopo la straripante pre-senza di Van Gogh, fino ai nostrigiorni e alle infinite occasioni discambio planetario.

L’arte figurativatra Oriente ed Occidente

Vincent Van GoghPère Tanguy, 1887Collezione privata

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on ricordo bene l’anno, ma credo fosse il 1984. MaurizioSantilli era poco più di un ragazzo. Aveva appena compiuto20 anni. Me lo segnalò Antonio Campa che l’aveva visto la-vorare non so dove. Mi disse che avrebbe fatto la sua degnafigura sul palco del Savoia, come attrazione allegra alloSportivo dell’anno, la fantastica premiazione che organizzaiprima a Radio Luna e poi portai in televisione, prima a Te-lemolise e quindi a TRC, diventata in corsa Tele Regione.

Questo lo ricorso bene: la scena la preparò Mario Campa,indimenticabile padre di Antonio Campa, dirigente di can-celleria a Volturara. Maurizio arrivò da Venafro, a costozero. Non gli assicurammo neppure il modesto rimborsospese. Né fummo attenti neppure ad offrirgli una cena. Seci ripenso me ne vergogno ancora. In compenso, dopo lasua esilarante esibizione, un cabaret scanzonato che strap-pava sorrisi e applausi senza mai ricorrere al cattivo gustodelle espressioni forti, lo premiammo sul palco, col pub-blico che approvò quel meritato gesto.

Quando io e Antonio gli chiedemmo, sulle tavole del Sa-voia, cosa avrebbe voluto fare da grande, Maurizio Santilli,dimenticando di essere molisano di frontiera, rispose conspontaneità: “L’attore, naturalmente”.

Poi, ci siamo persi di vista. Solo di striscio ho avuto mododi apprendere i suoi passaggi televisivi, le particine in

qualche film commerciale, qualche serata vissuta qua e là.Il ragazzo era bravo già a 20 anni, ma con il peso della mo-lisanità sulle spalle non ha avuto la fortuna che avrebbemeritato. Gli è mancato sempre uno sponsor di peso.Avesse avuto una sedia sul palco del Parioli, da MaurizioCostanzo, avrebbe potuto staccare un biglietto di primaclasse verso il successo pieno.

Va spiegato che Maurizio ha amato sempre l’arte, senzadimenticare di piegarsi sui libri: a 24 anni si è laureato, incorso, a Scienze Politiche a Napoli. Con quel titolo, nei fa-volosi anni Ottanta avrebbe potuto cercare con maggioreconvinzione fortuna nel campo della professione che loaveva addottorato. Invece fu rapito dal fascino della tele-visione, dall’applauso del pubblico in teatro, dal contattodiretto con la gente, durante le sue spassose esibizioni,quasi tutti monologhi, in piazza o al chiuso.

Mentre tutti ce lo aspettavamo professore ce lo siamo ri-trovati “bidello”. Infatti Maurizio Santilli ha interpretatocon felice naturalezza la parte di un eclettico bidello perl’intero ciclo di Canale 5 “Sei forte maestro”, con Solfrizzi.A quel punto sembrava essersi aperta la porta del suc-cesso, che invece ha nuovamente stentato a cingergli lafronte, testimoniandogli solo spiccioli di notorietà e com-pensi non sempre all’altezza della sua bravura.

A piazzetta Palombo, nel segno della molisanità, Mauri-zio si è recentemente esibito in una riuscita performance“Sarò bre…”. Le nostre istituzioni, a dirla franca, con lui econ tanti altri personaggi dello spettacolo di valore non sisono mai spinte oltre uno stentato aiutino. Insomma nongli hanno mai preparato un cartellone, attraverso un cir-cuito con radici molisane. Facendo disperdere il talento diautentiche promesse che non sempre sono riuscite aesprimersi al meglio, per carenza di sostegno. (ge.ve.)

N

L’attore venafrano pur avendo raggiunto

una discreta popolarità non è stato ripagato

adeguatamente

L’artista si fece conoscereal grosso pubblico molisano nel 1984

nel corso dello Sportivo dell’annoI suoi picchi artistici a Canale 5, con Solfrizzi, nei panni di Tito il bidello in “Sei forte maestro”

Il talento di Maurizio Santilli

Maurizio Santilli

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In molti avete preso un abbagliogrande così. Perché avete guardato

questa foto e vi siete fatti l’idea che sitrattasse di un angolo del nostro Mo-lise. Un angolo di quelli che ingentili-scono un luogo e lo rendono dolce e

sublime. Un angolo che ti riconciliacon il mondo e che fa apparire pota-bile anche un modesto centro storicodove né proprietari né istituzioni sisono prodigati per il suo recupero.

E’ invece una scena che viene dalontano, dove alcuni privati hannofatto a gara a superarsi, passando dalvivaio, per acquistare fiori e piante,per ingentilire l’uscio e le pareti delleloro case scortecciate, perché datate.

Mutato quel non tanto che c’è da mu-tare, varietà più varietà meno, vaso fio-rito in più o in meno, poteva essere unascena di casa nostra. Invece noi nonc’entriamo un bel nulla. Neppure ce lisogniamo certe sciccherie. Questione digusto e sensibilità che, evidentemente,non abbiamo. Ed è un peccato doverloammettere. Basterebbe, a volte, solo co-piare. E mettere in bilancio una cifrarisibile. A riprova della nostra indiffe-

renza verso il bello ci sono balconisenza fiori, vasi con piante rachiticheche non trovano neppure il ristoro diun’adacquata. Così accade di doverconvivere con ciò che c’è in giro, senzaun piccolo tocco di eleganza. Avendosolo da recriminare per quanto potevaessere e non è stato.

Zibaldone di Eugenio Percossidi Eugenio Percossi

Fenomenologia del belloFenomenologia del bello

Quanti bei ricordiQuanti di voi ricordano le 500

mila lire? Noi le avevamo dimen-ticate. E un po’ alla volta ci eranopassate dalla mente anche lealtre banconote. Che incomincia-vano dalle 500 lire, poi sostituitedalla moneta argentea, attra-verso le varie pezzature, mille,duemila, cinquemila, diecimila,ventimila, cinquantamila, cento-mila e, come si ricordava, cinque-centomila.

Chi aveva in tasca una bellacentomila lire si sentiva “forte”.Ne aveva di cose da poter com-prare. Ora, con la somma equi-pollente in euro, vale a direcinquanta euro, si riporta a casaben poco. Da qui la crisi degli ita-

liani che si erano abituati a vi-vere alla grande e che un po’ allavolta si vedono costretti a rinun-ciare a qualcosa.

Questa foto che riassume leprincipali banconote di un pas-sato che è lontano appena diecianni, rappresenta per tutti unmassaggio cardiaco. Va ricordatoche in giro, nascosti un po’ qua eun po’ là ci sono in lire, qualcosacome l’equivalente di un mi-liardo e trecento milioni di euro.Sino a qualche mese fa è statopossibile ancora convertire la lirain euro. Chi non l’ha fatto nonpotrà più farlo. Accontentandosidi dare alle belle lirette solo unsimbolico valore affettivo.