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Esperienze internazionali Turchia di Marina Emiliani Supervisione: Marco Caminiti 17 Coordinamento editoriale Alessandro Vaccari Spinn – Servizi per l’impiego network nazionale – è il progetto che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 – 2006, per conto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale « » I edizione giugno 2006

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Prezentarea dinamicii pietei muncii, cu date statistice privind rata ocuparii si somajului, descriere a SPO, a politicilor active si pasive implementate si organizarea sistemului de formare. Se examineaza si raspunsul tarii fata de strategia europeana de ocupare

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Esperienzeinternazionali

Turchia di

Marina Emiliani

Supervisione:

Marco Caminiti

17Coordinamento editoriale

Alessandro Vaccari

Spinn – Servizi per l’impiego network nazionale – è il progetto che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 – 2006, per conto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale« »

I edizione giugno 2006

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Indice

Prefazione di Lea Battistoni pag. 9

Carta d’identità della Turchia 13

Capitolo 1Profilo storico, politico e istituzionale 15

1. Cenni storici 151.1. Le origini: il dominio di Roma 151.2. L’Impero Ottomano 211.3. La questione armena 301.4. La Turchia contemporanea. Le riforme di Kemal Atatürk 321.5. La seconda guerra mondiale e la nascita del pluripartitismo 341.6. La Turchia e la questione curda 381.7. La ripresa del nazionalismo: sviluppi recenti 42

2. Assetto politico attuale e istituzioni 442.1. Situazione politica 442.2. Organizzazione istituzionale dello Stato 46

3. Relazioni politiche internazionali 513.1. Rapporti con Organismi Internazionali 513.2. Rapporti con l’Unione europea 533.3. Sulla via dell’adesione 55

Capitolo 2L’economia 63

1. Tendenze economiche dell’ultimo secolo 632. Quadro macroeconomico 653. Settori produttivi 694. Commercio con l’estero 755. Investimenti esteri 78

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Capitolo 3Popolazione e occupazione 82

1. Popolazione, sistema formativo e occupazione 821.1. Andamento demografico 821.2. Sistema scolastico 841.3. Occupazione e disoccupazione 90

2. Distribuzione della popolazione sul territorio 943. Flussi migratori 96

Capitolo 4Mercato del lavoro e politiche per l’occupazione 99

1. Funzionamento del mercato del lavoro 991.1. La legge sul lavoro 991.2. I diritti sindacali 1011.3. Il Servizio Pubblico per l’Impiego 1021.4. L’assistenza sociale 104

2. Politiche del lavoro 1062.1. Politiche attive per l’occupazione 1072.2. Politiche passive per l’occupazione 109

Appendice 113

Bibliografia e pagine web consultate 123

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Prefazione

Il progetto Spinn prosegue quest’anno con la realizzazione dinuovi volumi della riuscita ed apprezzata collana di “Esperienze internazio-nali” che ha voluto delineare – attraverso l’analisi dei vari Paesi membridell’Unione europea, di quelli semplicemente candidati all’adesione e di al-tri Paesi del bacino del Mediterraneo – lo stato dell’arte in materia dimercato del lavoro e dei Servizi per l’impiego in queste aree geografiche.

In questo contesto cresce il bisogno per l’Italia di doversi ade-guare al fenomeno della mobilità transnazionale dei lavoratori, così come èsempre più attuale il tema della delocalizzazione delle imprese causato an-che dall’inarrestabile processo di globalizzazione delle economie deisingoli Paesi. Conseguentemente emerge in maniera sempre più pressantela necessità che il sistema produttivo del Paese – la legislazione ed il mer-cato del lavoro – si dotino di tutti gli strumenti utili e necessari per nonfarsi trovare impreparati di fronte a queste importanti sfide.

In un periodo storico nel quale tra gli obiettivi più importanti ab-biamo il calo della disoccupazione, e la capacità di assicurare occasionilavorative al maggior numero di persone possibile, il nostro Paese devecontinuare nel cammino già intrapreso dell’abbandono dei sostegni al red-dito – tipico strumento di politica passiva – per incentivare invecel’ingresso stabile nel mercato del lavoro. Un percorso diretto sempre più

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verso le politiche per l’occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitaleumano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto all’orienta-mento e alla formazione e sul sostegno alla ricerca per aumentare laqualità dei processi, dei prodotti e dei lavori.

L’Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei siacon il resto del mondo, come d’altra parte si evince chiaramente dalle diret-tive europee. Ma per posizione geografica e storia, essa è al centro di unpiù vasto processo di integrazione tra i popoli, che investe sia il VecchioContinente sia i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

La Turchia è uno di questi ed è inoltre candidata all’adesione al-l’Unione europea insieme a Romania e Bulgaria, ma mentre è quasi certoche queste ultime entreranno nell’Unione nel 2007, il caso della Turchia èdiverso. E’ un Paese che non ha mai avuto regimi comunisti, è anzi noto peril suo leale filo–americanismo (al punto da aver stipulato un’alleanza conIsraele) e guarda con interesse all’Unione europea fin dagli anni ’50, quan-do questa si chiamava ancora Comunità europea. Eppure, parlared’ingresso della Turchia nell’Ue sembra ancora azzardato. Nel ParlamentoEuropeo ci sono tre schieramenti: quello di coloro che non vogliono la Tur-chia, quello di coloro che si rassegnerebbero ad un matrimonio d'interesse,e quello di chi crede nell'adesione, considerandola un autentico progettopolitico di un'Europa pluralista che si apre alle diversità. Così la socialistabelga Véronique de Keyser ha riassunto le diverse posizioni, associandosiall'ultima. È una "scommessa assurda", ha ammesso, aggiungendo chel'Europa non deve transigere su alcuna delle proprie condizioni, ma, ha ag-giunto, "vogliamo unirci per amore e chi ama molto, castiga bene". Nellostesso gruppo, il socialdemocratico austriaco Johannes Swoboda ha ritenu-to che è negoziando che l'Unione potrà mostrare alla Turchia cosa significhi"pensare europeo", farle capire che tutte le minoranze devono parteciparesulla stessa base alla vita civica, incoraggiarla a migliorare le proprie rela-zioni con i Paesi vicini (in particolare, l'Armenia), riconoscendo la propriastoria, convincerla di normalizzare le proprie relazioni con Cipro. Michel Ro-card ha deplorato che "forze ostili si adoperano a far fallire" i negoziati.Purtroppo, "gravi difficoltà a breve termine (...) mascherano gli effetti posi-tivi che saranno visibili tra dieci o quindici anni", ha ritenuto l'ex primoministro francese, per il quale è necessario un grande "lavoro di spiegazio-ne", ma anche riconoscere alcuni segni positivi (come la conferenzauniversitaria sul genocidio degli armeni).

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Comunque una cosa sembra certa, e cioè che entro il 2015 – chela Turchia diventi o meno membro Ue nei prossimi dieci anni – i confini del-l'Unione europea ricopriranno quasi completamente tutto il territoriostoricamente considerato “europeo”. L’Unione sarà composta da 32–37stati membri, poiché anche la Svizzera, la Norvegia e l'Islanda potrebberoinfine decidere di aderirvi. Insomma, diventa fondamentale la conoscenzadelle dimensioni economiche e sociali non solo dei Paesi che in questo an-no conclusivo del progetto SPINN, vengono presentati nell’ambito dellacollana, ma anche di quelli che, per motivi di vicinanza geografica, di op-portunità economiche e/o politiche o di qualsivoglia altra ragione,influenzano, o influenzeranno nel prossimo futuro le scelte del nostro Pae-se in materia di mercato del lavoro.

Occorre quindi che il governo centrale, il Ministero del Lavoro edella Previdenza Sociale, i diversi attori del territorio quali Regioni e Provin-ce, osservino attentamente tali dinamiche allo scopo di avvicinare e fardialogare i Servizi per l’impiego pubblici e privati, i sistemi di inserimentolavorativo e i servizi alla persona e alle imprese, facilitando così la mobilitàdei lavoratori nell’Unione o all’interno di altre economie europee o extraeuropee. Ci auguriamo che la collana di “Esperienze internazionali” possaessere stata, per questi soggetti, un valido strumento di conoscenza di taliargomenti.

Lea Battistoni

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Carta d’identità della Turchia

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Forma di governoRepubblica Parlamentare

Stemma

Bandiera

Superficie780.580 kmq

Popolazione 72.085.000 abitanti

Suddivisione amministrativa81 province

Capitale Ankara (4 milioni di abitanti)

MonetaYTL – Yeni Türk Lirasi (nuova liraturca) suddivisa in 100 Kurus

Linguaturco (in alfabeto latino), altre lin-gue diffuse: armeno, greco, curdo,arabo.

Composizione etnica80% turchi, 20% curdi

ReligioneMussulmana (principalmente sunni-ta, piccola percentuale di ortodossi,cattolici, ebrei e altri

Città principali Istanbul (10 milioni di abitanti), Iz-mir (3,4 milioni), Konya (2,2 milio-ni), Bursa (2,1 milioni), Adana (1,8milioni)

Membro diAsian Development Bank, AustraliaGroup, BIS, BSEC, CE, CERN (osser-vatore), EAPC, EBRD, ECO, EU(candidato), FAO, IAEA, IBRD, ICAO,ICC, ICFTU, ICRM, IDA, IDB, IEA, IFAD,IFC, IFRCS, IHO, ILO, IMF, IMO, Inter-pol, IOC, IOM, ISO, ITU, MIGA, NATO,NEA, NSG, OAS (osservatore), OECD,OIC, OPCW, OSCE, PCA, UN, UNCTAD,UNESCO, UNHCR, UNIDO, UNMIS,UNOMIG, UNRWA, UPU, WCO, WEU(associato), WFTU, WHO, WIPO,WMO, WTO, ZC

Instanbul Samsun

Ankara

Konya

Sanli Urfa(Edessa)

Diyarbakir

Antiochia

Edirne(Adrianopoli)

Bursa

Izmir(Smirne)

Erzurum

Van

Nicosia

MersinAntalyaEphesus

Bodrum

Trabzon

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1. Profilo storico, politico e istituzionale

1. Cenni storici

1.1 Le origini: il dominio di Roma

Ogni civiltà è l’evoluzione della civiltà precedente. Di conse-guenza molto spesso si rilevano tracce delle culture precedenti in quelleche seguono. La Turchia è stata chiamata la “culla della civiltà” proprioperchè nel passato della penisola anatolica si sono succedute culture eciviltà numerose e diverse. La Turchia attuale è la sintesi di un vasto im-pero tardo–medievale che si estendeva dall’Oceano Indiano fino quasiall’Atlantico: un complesso alternarsi di regni e poteri locali ciascuno conuna propria identità, i cui uomini ed eventi hanno dato la definizionedell’odierna Repubblica Turca.

Al centro della regione nota come Anatolia o Asia Minore, ilcuore della Turchia attuale, diversi ritrovamenti hanno rivelato l’esistenzadi insediamenti stanziali fin dall’VIII millennio a.C., cioè appartenenti al-l’era del paleolitico. Scoperte ancora più consistenti risalgono al neoliti-co, la più famosa delle quali è la città di Çatal Höyük, attiva tra il 6250 eil 5400 a.C., considerata una delle città più antiche al mondo. Con l’eneolitico l’Anatolia avverte l’influenza delle culture orientali, infattivengono ritrovati nei siti abitativi di questo periodo gli stessi utensili in me-tallo ritrovati anche in Mesopotamia e nella Siria settentrionale. Durante l’Età del Bronzo, nel III millennio a.C., si registra la nascita delleprime dinastie con la conseguente organizzazione della popolazione incomunità dislocate all’interno di centri fortificati. Alcuni ricercati corredi,in metallo, rinvenuti nel cimitero reale di Alacahöyük, sembrano indicareche proprio la metallurgia fosse una delle principali ragioni dell’ascesadei primi re anatolici. In questo stesso periodo la città di Troia, sulla co-sta meridionale dell’Anatolia, diventava una importante città commercia-le. Attraverso le rotte del Mar Egeo, Troia commerciava con le

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L’impero ittita si frantumò in numerosi principati, e si formò unnuovo equilibrio regionale. A Nord–Est, nella regione che successivamen-te prenderà il nome di Armenia, sorse il regno di Urartu, che diede vitaad una prosperosa civiltà fondata sull’artigianato dei metalli. Piccole cit-tà Stato furono fondate nelle regioni di sud–Est dagli ittiti sopravissutialla rovina. Sugli altipiani dell’Anatolia centrale si affermò invece il regnodi Frigia che, col famoso re Mida, conobbe la fondazione di città comeGordio, la capitale, e Ankyra (Ankara).

Una nuova instabilità afflisse la regione quando Ciro il Grande,imperatore di Persia dal 550 al 530 a.C., invase l’Anatolia da Est, unendoin poco tempo l’Asia Minore alla Mesopotamia e alle regioni dell’Indo. Nei cinquant’anni successivi la Persia sottomise le città greche della co-sta anatolica ed estese il proprio controllo alla regione interna, ponendofine agli ultimi casi di autonomia della popolazioni della penisola. I sa-trapi, condiscendenti signori locali, furono posti al governo delle diversecittà, tenute tutte a versare un tributo al re dei Persiani. Il nuovo imperopersiano, nato in Oriente, arrivò, attraverso le terre conquistate dell’Ana-tolia, fino all’Europa.

Negli anni successivi, sotto il regno di Cambise e di Dario I, ipersiani conquistarono l’Egitto, oltrepassarono lo stretto dei Dardanelli earrivarono ad espandersi a Nord fino alla Crimea. Fu allora che iniziò il grande contrasto tra Europa e Asia, Oriente e Occi-dente. Furono proprio le diversità culturali e i contrapposti modelli di vi-ta che indussero le città Stato della Grecia asiatica a insorgere contro ilre Dario. Iniziò, nel 499 a.C. quel lungo conflitto greco–persiano che sitrascinò per oltre duecento anni, e che contribuì a sedimentare nellepopolazioni in guerra la distinzione tra una coscienza europea (e occi-dentale) e una coscienza asiatica (e orientale).Nella primavera del 334 a.C. in Macedonia nacque una nuova potenza,che influenzò profondamente tutta l’Asia Minore: il regno di Alessandro,chiamato in seguito Alessando Magno. Il giovane sovrano macedonesconfisse rapidamente i Persiani e iniziò a percorrere la costa occidentaletoccandone le città più importanti e conquistando in breve l’intero MedioOriente, dalla Grecia all’India. Dopo la morte di Alessandro, l’impero perse ogni stabilità e fu teatro diguerre intestine tra i generali di Alessandro per la spartizione dei territo-ri. Fu in conseguenza di questi eventi che verso il 240 a.C. nella parte

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popolazioni greche, e con altre città della costa dell’Anatolia sud–orien-tale. Durante l’Età del Bronzo, intorno al II millennio a.C., si apre un pe-riodo di lotte, distruzioni, agitazioni, al termine del quale emerge lapopolazione degli Hatti, la cui cultura fu poco più tardi assorbita dagliIttiti.

Gli Ittiti sono stati la prima grande civiltà sorta in Anatolia; lafondazione del loro regno, avvenuta tra il 1700 e il 1600 a.C., viene co-munemente attribuita al re Labarnas (1680–1650 a.C.). Quando a lui suc-cesse il figlio Labarnas II, venne fondata la capitale di Hattusas cherimase un centro di notevole importanza fino al 1200 circa. Dopo un interludio di guerre e confusione, l’Impero ittita si consolidò intor-no al 1450 a.C., e raggiunse il massimo del suo splendore con il sovranoTudhaliyas II, arrivando ad espandersi verso la Siria, le regioni dell’Egeo edel Mar Nero e conquistando in seguito anche Damasco e il Libano.

Nel corso del XIII sec. gli Ittiti conobbero un lungo periodo dipace durante il quale l’arte e l’architettura fiorirono; è di quegli annil’invenzione dell’arco a chiave di volta e il perfezionamento della ruotacon l’introduzione dei raggi, che portò alla creazione dei primi carri. Ven-ne perfezionato l’impianto giuridico dello Stato, tanto che si giunse a sti-pulare un’intesa internazionale, il trattato di Kadesh, con l’Egitto diRamses II, dopo la sconfitta da questo subita per mano degli Ittiti. Hattusas, la capitale, aveva imponenti mura ciclopiche, simili a quelle diMicene, e tutte le porte di accesso protette da torri, il che dimostra ilgrado di capacità raggiunto dall’ingegneria edile e il forte senso della di-fesa, dovuto probabilmente alle continue guerre con le popolazioni limi-trofe. È importante ricordare inoltre che ad Hattusas è stata individuatala più antica biblioteca del mondo (circa 1500 a.C.).

Incomprensibili restano le ragioni del crollo dell’impero ittita edella distruzione della loro capitale, fatti avvenuti attorno al 1200–1190a.C.; nessun documento a noi pervenuto lascia intendere il vero motivodi questo disastro. Alcuni storici ritengono che durante gli anni in cui gliachei attaccarono Troia (1250 a.C.) l’impero ittita sia rimasto vittima del-l’invasione dei “popoli del mare”, mercanti della prima età del ferro ori-ginari della Grecia, ai quali andrebbe attribuita prima la devastazione delregno degli achei, poi di quello dei cretesi e infine dell’impero ittita. Così come è venuto, questo popolo è scomparso lasciando pochissimetracce.

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sovrani capaci e frontiere più difendibili, anche se la sua popolazione sitrovò presto coinvolta in innumerevoli crisi di religione ed esposta allecontinue minacce dei popoli barbarici che premevano ai confini dell’im-pero. Fu sotto Giustiniano, tra il 527 e il 565, che l’impero d’Oriente tor-nò al suo massimo splendore, espandendosi anche nel Mediterraneooccidentale, riconquistando così una parte dell’Italia, i Balcani, l’Anatoliae il Nordafrica. L’Asia Minore visse un periodo di prosperità, la produzione della seta di-venne una delle più floride industrie, mentre a Costantinopoli furono re-staurate e abbellite le mura e fu costruita la basilica di Santa Sofia; altrisplendidi monumenti vennero edificati in tutto l’impero, come la chiesadi San Vitale a Ravenna. Giustiniano raccolse e ricondusse all’unità dei codici il corpo legislativodel diritto romano, ponendo le fondamenta per quelli che divennero poii sistemi legali (medioevali e, tramite questi, moderni e attuali) di Fran-cia, Germania e Italia. Dopo la sua morte, purtroppo, l’impero s’indebolì e nei due secoli suc-cessivi mutò radicalmente. Tutte le conquiste più remote andarono per-dute: i territori dell’Occidente a favore di Longobardi e Goti, le provincesud–orientali a opera di Persiani e razziatori arabi. La stessa Costantino-poli venne più volte assediata dagli arabi che avevano ormai iniziato, nelnome dell’ Islam, la loro espansione. Nel 1054, la contesa per il primato universale della Chiesa latina e grecagiunse al suo apice, quando in seguito alla rottura tra Papa Leone IX e ilpatriarca di Costantinopoli Michele Cerulario si arrivò allo Scismad’Oriente–Occidente, che spezzò l’ultimo legame tra Costantinopoli el’Occidente, fra ortodossia e cattolicesimo.

Nei primi del XI secolo una nuova popolazione, proveniente daEst, iniziò a compiere incursioni e razzie nel territorio bizantino. Si tratta-va dei Turchi, un popolo nomade originario della Mongolia che, spintodalla siccità alla ricerca di nuovi pascoli, iniziò una lenta migrazione ver-so Ovest. Vennero a contatto con gli arabi che, colpiti dalle loro virtùguerriere, li reclutarono in misura sempre più crescente nei propri eserci-ti; parallelamente avviarono verso di loro un processo di conversione al-l’Islam, che fu portato in breve a compimento. Parte della popolazioneturca, quella guidata dal capotribù Selçuk, adottò uno stile di vita se-dentario e mise radici a Baghdad abbracciando l’Islam sunnita. La mag-gioranza però, coloro che venivano chiamati turcomanni, rimase nomadee di fede eterodossa.

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occidentale dell’Asia Minore, intorno alla città di Pergamo, nacque unnuovo Stato ellenico. Sentendosi minacciato dai suoi potenti vicini, ilnuovo regno stabilì forti legami con Roma. Grazie a questi legami Perga-mo divenne il più importante centro ellenistico dell’Asia Minore e conob-be il suo periodo di massimo splendore.

Nel 133 a.C. morì senza eredi il re di Pergamo, Attalo III; egli la-sciò l’intero regno in eredità a Roma permettendole così di iniziare lasua massiccia penetrazione in Asia. Una nuova forza egemone e di ag-gregazione, quella romana, si sostituì allora a quella ellenistica e garantìalla regione prosperità e una relativa pace per almeno tre secoli, creandole condizioni ideali per la diffusione del Cristianesimo.A partire dal 250 d.C., l’Impero Romano cominciò a declinare, le popolazio-ni barbare premevano ai confini dell’Asia Minore; si avviarono diversi ten-tativi di riforma, il più rilevante dei quali fu quello, promosso daDiocleziano, imperniato sulla suddivisione di fatto in quattro parti dell’im-pero. All’inizio del IV secolo però il sistema promosso da Diocleziano conobbeuno stato di grave crisi, che degenerò in una guerra civile e portò al col-lasso dell’impero. Nel 324 d.C. Costantino ristabilì la coesione dello Stato, gli ridiede vigo-re, trasferì la capitale nell’antica città greca di Bisanzio, nella parte orien-tale della Tessalonica, riedificandola secondo il modello di Roma, echiamandola Costantinopoli. In seguito Costantino rese pubblico il suoavvicinamento al Cristianesimo, che alla fine del secolo sarebbe divenutounica religione di Stato, proprio in quello stesso impero che per decenniaveva perseguitato i cristiani.

Alla scomparsa di Costantino, l’unità dell’impero in poco tempocrollò. Teodosio il Grande (379–95 d.C.) fu l’ultimo sovrano a governaresu tutto l’impero, alla sua morte questo fu diviso in due: l’Impero d’Oc-cidente, latino e romano, e l’Impero d’Oriente, greco e bizantino.

L’economia delle province d’occidente, da sempre dipendentedalla parte orientale dell’impero, non poteva sopravvivere a lungo allaperdita della sua principale fonte di reddito; così come l’inefficienza delgoverno latino poteva trovare forme di valida resistenza alle invasionidelle tribù di barbari del Nord. Più florido e densamente più popolato, l’impero bizantino d’Oriente ebbe

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1.2 L’Impero Ottomano

Fu proprio da una di queste dinastie che nel 1301 Osman I fon-dò l’Impero Ottomano che avrebbe conquistato via via la Siria, L’Egitto, iBalcani, l’Iraq, l’Ungheria e il Mar Mediterraneo, per diventare uno degliimperi più vasti di tutti i tempi estendendosi dalla Russia all’Algeria. L’Impero Ottomano iniziò la sua espansione con il figlio e successore diOsman I, Orkhàn, che intorno al 1330 acquisì il controllo di importanticentri bizantini come Bursa e Iznik.

Fu Orkhàn che concepì l’idea di una forza di terra destinata a di-ventare famosa con il nome di Giannizzeri. La loro introduzione fra le altrecomponenti dell’ esercito dell’impero sostituì a quello tradizionale (cavalle-ria appoggiata da masse di fanti) un nuovo sistema di azione militare, ba-sato sull’impiego di veri e propri reggimenti di fanteria, ordinati secondocriteri innovativi. Reclutati prevalentemente tra cristiani convertiti, i Gian-nizzeri erano considerati servi del sultano ma ricevevano la miglior educa-zione possibile, per farne non solo dei guerrieri ma anche dei capaciamministratori per l’impero ottomano. L’armamento ottomano passò dallefionde, gli archi e le frecce iniziali a balestre, moschetti e pistole. Lo spiritodi corpo era incoraggiato da bandiere ed emblemi particolari per ogni re-parto, oltre che dalla pensione per i vecchi e gli invalidi. Il prestigio e i pri-vilegi dei giannizzeri erano tali che, dalla fine del XVI secolo, molti chenon ne avevano i requisiti cominciarono a intrigare per farsi arruolareegualmente; ne derivò un lento declino che alla fine avrebbe portato aistituire un esercito organizzato secondo criteri europei.

Nel 1451 salì al trono Maometto II, il cui sogno era liberare Co-stantinopoli e farne la capitale dell’Impero Ottomano. Nella primavera del 1453, gli ottomani si sentirono abbastanza forti daattaccare Costantinopoli, e il 29 maggio, dopo un assedio che durò settesettimane, l’esercito del sultano riuscì ad entrare in città, mentre l’ultimoimperatore bizantino Costantino II moriva nell’attacco.La caduta di Costantinopoli segnò la fine del millenario Impero romanod’Oriente, da quel momento il sultano Maometto II fu soprannominatoMaometto il Conquistatore e nessuno dubitò che il successore di romanie bizantini fosse l’Impero ottomano.

Gli Ottomani si stabilirono principalmente nelle città costruitesulle rive di fiumi o nelle vallate strategicamente rilevanti.

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I Turchi selgiuchidi, cioè eredi di Selçuk, seppero avvantaggiarsimeglio dell’innata abilità militare e rivolsero la loro veemenza sui territo-ri dell’Impero bizantino. Si assicurarono presto il controllo di Anatolia,Bitinia, Isauria e della “Terra Santa”. Nel 1176 Costantinopoli subì ad opera dei Turchi selgiuchidi una cocentesconfitta presso Miriocefalo. Nel 1198, appena eletto Papa, Innocenzo III indisse una crociata per libe-rare Gerusalemme dal dominio islamico. La IV crociata era originariamen-te diretta contro l’Egitto, centro della potenza islamica, ma fu dirottatadal doge veneziano Enrico Dandolo, che puntava a spezzare la concor-renza genovese sul Bosforo e nel mar Nero, a Zara e poi a Costantinopo-li. I capi crociati, a corto di denaro per pagare il trasporto via mare,accettarono la “deviazione” proposta dai veneziani, nonostante la sco-munica papale, e conquistarono l’impero d’oriente, che fu ribattezzatoimpero latino. Così nacque una serie di stati crociati di tipo feudale: l’im-pero latino sulle due sponde dell’Egeo e del mare di Marmara, nonché inAsia Minore, l’impero di Tresibonda (Armenia e Georgia) e l’impero di Ni-cea nell’Anatolia occidentale.

Nel frattempo il Patriarcato bizantino spodestato da Costanti-nopoli si insediò proprio a Nicea, riuscendo così ad affermare la conti-nuità dell’Impero Bizantino e il perpetuarsi della divisione tra Cattolici eOrtodossi. I Selgiuchidi riuscirono a mantenere buone relazioni con il governo bi-zantino, e fu in questi decenni di pace che il sultanato di Rum assunsedignità di centro di una cultura altamente progredita, collocato nel cuoredell’Anatolia. Capitale del sultanato di Rum era la città di Konya (anticaIconium). In questo Stato ben gestito, ben difeso, attivo e ricco, i Selgiu-chidi riuscirono ad aggregare fra loro – come militari, funzionari, mercan-ti e artigiani – greci, armeni ed ebrei. Nelle altre regioni dell’Asia Minore si andava intanto radicando il poteredei turcomanni; ma nel giro di pochi anni comparve un nuovo flagelloproveniente da Est: i Mongoli, che nel 1243 umiliarono nella battaglia diKose Dag le armate selgiuchide e stabilirono il protettorato del signoredi Persia sul sultanato di Rum.

Cominciò un periodo, che sarebbe durato due secoli, in cui nonci sarebbe stata un’autorità politica in grado di unificare sotto il suo con-trollo l’intera penisola anatolica. In conseguenza del collasso del domi-nio selgiuchide, infatti, l’Anatolia si frantumò in una molteplicità diemirati, per la maggior parte turcomanni e di rilevanza quasi nulla.

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Difficile indicare con precisione le cause del declino dell’Imperoottomano; sicuramente ebbe inizio con la morte di Solimano (1566) el’arrivo al potere dell’inconcludente Selim. Si succedettero a Selim altrisedici sultani, tutti di scarsa levatura e impreparati ad affrontare la realtàpolitica. Furono anni in cui il nepotismo e la corruzione prosperarono nelregno. L’originaria logica meritocratica venne sostituita da un sistema diaristocrazia ereditaria.

Ma in buona parte il declino va attribuito anche a circostanze emotivi esterni all’impero. L’afflusso nel Mediterraneo dell’oro e dell’ar-gento dal Nuovo Mondo avviò una spirale inflazionistica e svilì il valoredella moneta. L’utilizzo di nuove rotte per la circumnavigazione del conti-nente africano alla volta delle Indie, ridusse l’importanza delle vie terre-stri all’interno della Turchia. Inoltre, in Europa fioriva il Rinascimento eapparivano i primissimi segni della rivoluzione industriale, mentre la cul-tura e l’economia ottomana pativano l’immobilismo conservatore degliulema, il corpo degli studiosi e delle autorità islamiche.

La battaglia di Lepanto, il 7 ottobre 1571, vide scontrarsi laflotta della Lega degli Stati cristiani con la flotta turca che deteneva ilpredominio del mare. Essa segnò la prima importante vittoria delle forzecristiane su quelle turche, e rappresentò la prova eloquente che qualco-sa s’era inceppato nella formidabile macchina militare turca: da quel mo-mento la Turchia non fu più una grande potenza marinara.

Nel secondo assedio di Vienna (1683) un intero corpo d’armataturco venne spazzato via dagli assediati. Buona parte dell’Ungheria e al-tri territori dell’Est europeo erano ormai persi, e con i trattati di Carlo-witz (accordo di pace firmato il 26 gennaio 1699 tra l’Impero Ottomano eRussia, Austria, Polonia e Venezia) e Passarowitz (accordo tra Venezia eAustria da un lato e Turchia dall’altro, stipulato il 21 luglio 1718) si stabi-lizzarono i confini della frontiera balcanica per oltre due secoli.

Per tutto il XVIII secolo, l’erosione dei possedimenti turchi fuopera sopratutto dell’impero russo, a cominciare dal regno dello Zar Pie-tro il Grande. Questa inimicizia rimase una costante della storia europeafino alla metà del XX secolo. Sotto Caterina la Grande, la Russia umiliòin maniera irreparabile l’orgoglio turco: essa costrinse gli Ottomani a ce-derle ampi territori e ad assicurarle l’accesso al Mar Nero e agli strettiche guardano Istanbul.

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La loro società si affiancò e si sovrappose ai sistemi socialipreesistenti, senza eliminarli e turbando il meno possibile le istituzionidi base e il diritto privato esistente.

Maometto II si dedicò subito alla ricostruzione di Costantinopoli,ribattezzata Istanbul, per farne una degna capitale del suo impero: la ri-popolò di musulmani e cristiani, fatti giungere dalle aree rurali, creòmercati e istituzioni per il benessere pubblico, e si fece costruire il raffi-nato palazzo di Topkapi. Le comunità non Musulmane furono organizzatein millet, o “nazioni”, con a capo un patriarca, o un rabbino, responsabi-le della buona condotta del suo gregge e amministratore della giustiziasecondo la legge di ciascuna confessione, si trattasse di ortodossi grecio slavi, di armeni o di ebrei. Questo sistema puntava a minimizzare il ri-schio di disordini religiosi e arrivò a garantire più libertà di culto diquanta ce ne fosse allora in Europa.

L’impero conobbe il suo apogeo all’epoca di Solimano il Ma-gnifico, ossia tra 1520 e il 1566. Costantinopoli fu ampliata e Gerusalem-me ricostruita: il territorio si estese ad Ovest, conquistando Belgrado,Budapest e gran parte dell’Ungheria fino a cingere per due volte d’asse-dio Vienna, e ad Est sino alle coste dell’Africa. L’impero ottenne un pre-stigio considerevole non solo agli occhi dei Musulmani ma anche degliEuropei.

Solimano il Magnifico fu ricordato tanto per i grandi successimilitari quanto per la straordinaria fioritura delle arti e dei commerci, co-me pure per l’emanazione di molte e valide leggi che gli valse il nome di“legislatore”.

Purtroppo tutto il suo impero ebbe a subire le conseguenze delle sceltesbagliate ch’egli fece nella vita privata. Solimano infatti, innamoratosifollemente di Roxelana, preferita dell’harem, decise di sposarla, rompen-do la tradizione che imponeva al sultano di non prendere moglie. Dopoil matrimonio Roxelana esercitò un’influenza estremamente negativa sulsultano, arrivando a convincerlo ad allontanare dal trono e ad uccidere ilsuo primo figlio e poi anche il figlio avuto da lei stessa. Scopo di Roxe-lana era quello di far salire al trono, alla morte di Solimano, un suo pre-cedente figliolo, Selim. Scomparsi così tragicamente i due eredi, nullapoté ostacolare la salita al trono di Selim, chiamato in seguito, per lasua inettitudine di regnante, Selim il Beone.

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esercito, vennero create un’accademia militare e una scuola medica, furo-no istituiti il Ministero degli Esteri e quello degli Interni; fu resa obbliga-toria una maggiore aderenza dell’abbigliamento ai modelli occidentali, ecosì il turbante fu sostituito dal fez considerato più progressista.

Il figlio di Mahmut, il sultano Abdülmeçit (1839–1861), continuòl’opera di modernizzazione del padre, proclamando nel 1839 le “Tanzi-mat”, una serie di atti legislativi di riforma che avevano lo scopo, fra l’al-tro, di porre termine alle irregolarità fiscali e far si che musulmani e nonmusulmani fossero trattati allo stesso modo di fronte alla legge.

Anche se il proposito di concedere la piena uguaglianza agli in-fedeli provocò indignazione e risentimento nella maggior parte della po-polazione, fu proprio questo che, nei decenni seguenti, permise lanascita di giornali liberi e di scuole laiche e private. Mancò invece una ri-forma della politica finanziaria e le crisi che si succedettero finirono conl’affidare a stranieri le finanze statali: una compagnia franco–inglese rice-vette, in cambio di capitali, il monopolio del sale, tabacchi e alcool, fran-cobolli, seta, concessioni minerarie, portuarie e ferroviarie, finendo con ilprovocare reazioni in tutto l’impero ottomano. La penetrazione economi-ca da parte di potenze straniere in territorio ottomano conobbe un re-pentino incremento, le importazioni di prodotti europei si feceromassicce; di conseguenza subirono un tracollo sia i prodotti locali sia ibazaar tradizionali.

Il regno di Abdülmeçit fu contrassegnato da intelligenza di go-verno, ma anche da debolezze e insuccessi; terminò nel 1861, quando glisuccedette il fratello Abdülaziz che ai difetti del predecessore aggiunseuna spiccata propensione al dispotismo. E proprio come reazione alletendenze autoritarie del sultano, dai primi diplomati delle scuole laichenacque, intorno al 1867, il movimento liberale dei Giovani Turchi, con loscopo primario di battersi per l’evoluzione della monarchia ottomana insenso costituzionale, sul modello britannico.Il 30 maggio 1876, a seguito della palese incapacità di governare diAbdülaziz, i Giovani Turchi ottennero il sostegno dell’élites burocratica,con cui riuscirono a far deporre il sultano e far salire al trono Abdülha-mid, figura fino a quel momento di secondo piano, al quale imposero diassumere come consiglieri diversi esponenti dello stesso movimento deiGiovani Turchi.

Fu così che nel 1876 il Paese ebbe la sua prima Costituzione re-datta dai Giovani Turchi, e un Parlamento bicamerale.

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Nel 1789 salì al trono Selim III: erano gli anni delle rivoluzionifrancese e americana ed egli si rese conto che per salvare l’impero otto-mano era ormai inevitabile introdurre una profonda trasformazione inter-na. Selim III diede il via ad alcune riforme, imponendo prima di tuttocambiamenti radicali nell’esercito, con il fine di stroncare lo strapotereconservatore dei giannizzeri. Affidò ad alcuni esperti stranieri il compitodi riorganizzare, addestrare, armare e vestire un nuovo corpo militare se-condo i canoni occidentali. Ovviamente questa scelta fomentò l’ostilitàdei giannizzeri e dei conservatori ulema, al punto che nel 1808 Selimvenne deposto e assassinato.

Il suo successore, Mahmut II, si dimostrò più prudente, e sep-pe muoversi in maniera più graduale verso le innovazioni. Nel 1821 peròegli fu costretto a destinare tutte le sue energie alla più grave crisi oc-corsa nella storia del dominio ottomano: la ribellione della Grecia. Il sentimento nazionale greco si sviluppò come reazione alla decadenzaturca e alla volontà egemonica della Russia di prendere sotto la sua pro-tezione tutti gli ortodossi. Risultò impossibile placare la rivolta: i turchireagirono con crudeli massacri, la Gran Bretagna, la Francia e la Russiaintervennero e sconfissero la flotta ottomana a Navarino; di seguito, nel1828, la Russia entrò in guerra contro gli ottomani e ottenne l’autonomiadella Grecia (trattato di Adrianopoli); infine nel 1830 il trattato di Londrastabilì la creazione di uno Stato greco indipendente sotto la protezionedella Gran Bretagna, della Francia e della Russia. Fu la prima sostanzialeperdita territoriale dei turchi nei balcani meridionali.Intanto i francesi invadevano l’Algeria, e l’esercito dell’Egitto tentavaun’offensiva in Anatolia; nel 1833 i russi, con il trattato di Hunkàr Iskele-si, ottenevano il controllo del Bosforo.Lo stato di arretratezza dell’impero si aggravò, parallelamente alla cre-scente insofferenza dei popoli sottomessi; questi cominciarono a insor-gere contro le prepotenze dei signori locali, minando sempre più lastabilità dello Stato e dando corpo a quella che venne definita la “que-stione orientale”. Dopo la Grecia, lottarono per l’indipendenza anche ser-bi, bulgari, romeni, albanesi, armeni e arabi.

Nonostante l’andamento disastroso della sua politica estera emilitare, Mahmut II riuscì a conseguire significativi successi in patria. Nel1826 il sultano riuscì ad aver ragione dei giannizzeri: da quel momentoconsulenti militari prussiani e austriaci provvidero ad addestrare il nuovo

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la Macedonia, che riuscì ad imporre al sultano il ritorno alla Costituzionee che alla fine portò alla sua deposizione (1909).Al suo posto salì al trono il fratello minore, Maometto V, che promettevadi rispettare la “volontà della nazione”: l’impero si illuminò di speranzae di pace, ma l’euforia ebbe breve durata. Il governo rivoluzionario anna-spava alla ricerca di una politica coerente alle premesse. Accolti con fa-vore dagli arabi e ovviamente dagli armeni, i Giovani Turchi, furonopresto travolti da lotte di potere che portarono alla formazione di tre di-stinte correnti al suo interno; si dimostrarono così incapaci di garantirel’ordine e la libertà che avevano promesso.

Nel 1911 l’Italia invase la Tripolitania (odierna Libia) e l’annosuccessivo si impossessò delle isole del Dodecaneso. Alla fine del 1912la prima guerra balcanica vide Bulgaria, Serbia, Montenegro e Grecia uni-te (lega balcanica) e pronte a cacciare definitivamente la Turchia al difuori di quasi tutta la penisola balcanica (pace di Londra).Fu a quel punto che – insoddisfatti delle tattiche militari seguite e con-trariati dall’onerosità del trattato di pace – i principali esponenti del mo-vimento dei Giovani Turchi, con un colpo di Stato che costò la vita alMinistro della Guerra, crearono una giunta militare e imposero la prose-cuzione del conflitto.

Ma anche l’alleanza dei paesi della lega balcanica crollò; laBulgaria, convinta di aver sostenuto il maggior peso della guerra e in-soddisfatta per la spartizione dei territori, sopravvalutando le proprieforze attaccò la Serbia, provocando la seconda guerra balcanica (giugno1913): l’intervento di Romania, Grecia, Montenegro e Turchia a fianco del-la Serbia portò alla sconfitta della Bulgaria. Questo permise agli ottoma-ni di riguadagnare terreno nella Tracia orientale e con ciò rese i GiovaniTurchi degli eroi nazionali, anche se la loro politica diventò via via sem-pre più autoritaria, tecnocratica e nazionalista, oltre che antidemocraticae filotedesca.

Abbandonati i proclami inneggianti all’armonia tra le varie com-ponenti etniche e religiose dell’Impero, essi abrogarono tutti i diritti civilida poco concessi ad armeni, ebrei e arabi. Il 26 gennaio 1913, prese il po-tere un triumvirato formato da Enver Pascià, ufficiale di umili origini, au-dace e allo stesso tempo egocentrico e ambizionso, Talat Pascià un civileoriginario della Tracia, di carattere e modi bruschi, che sarà in seguito il

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Agli occhi delle grandi potenze le riforme liberali della Turchiavennero interpretate come un segnale di debolezza, tanto che nel 1877la Russia approfittò della situazione e attaccò il Paese sul Caucaso e neiBalcani. In effetti la guerra volse subito al peggio per gli ottomani, e siarrivò in breve al durissimo trattato Santo Stefano, in cui Romania, Mon-tenegro, Serbia, Bulgaria ottennero l’indipendenza, venne data la Tessa-glia alla Grecia, e la Bosnia–Erzegovina all’Austria.

La diretta conseguenza di tali sconfitte fu una svolta autoritariadel sultano. Abdülhamid sospese la Costituzione, sciolse la camera deideputati e impose un regime dispotico e centralista, ponendo fine al-l’epoca delle “Tanzimat”. Avviò una politica estera all’insegna della xeno-fobia e tutta rivolta allo scenario asiatico, convinto che l’Islamrappresentasse la forza unificatrice capace di assicurare coesione ai suoidomini.

La svolta ideologica del sultano non bastò a evitare la perditadi Tunisia ed Egitto, e portò ad un costante peggioramento dell’atteggia-mento turco nei confronti degli Armeni dell’Anatolia, che iniziarono amanifestare i medesimi sentimenti nazionalistici già da tempo esplicitinei cristiani dei balcani. Tra il 1894 e il 1896, il sultano Abdülhamid avviòun primo vero e proprio programma di emarginazione nei confronti degliArmeni scaricando su questa comunità la responsabilità dei fallimentieconomici del suo governo assolutamente incapace di affrontare le sfidedell’epoca moderna e di resistere alla pressione esercitata sull’Impero daparte delle nuove realtà nazionali balcaniche e delle grandi Potenze occi-dentali. Gli abusi ebbero il loro culmine nei progrom sistematici del 1895e 1896, nei quali furono sterminati quasi 150.000 Armeni.

Nel 1897 scoppiò un conflitto con la Grecia e una sollevazionepopolare a Creta: la vittoria sul campo fu dell’esercito ottomano, mal’impero fu costretto a garantire l’autonomia all’isola.Nel frattempo il sogno costituzionale e modernista non svanì, ma conti-nuò clandestinamente a diffondersi tra funzionari, intellettuali e ufficiali,che costituivano una borghesia nazionale, diversa dalla borghesia com-merciale spesso di origine straniera. I Giovani Turchi, esasperati dall’as-solutismo del sultano, costituirono una società segreta, “Unione eProgresso”, che promosse ribellioni nelle basi militari ottomane in Euro-pa, mise profonde radici in Macedonia, fino al momento in cui la gravecrisi internazionale dovuta all’occupazione della Bosnia da parte degliAsburgo non offrì il pretesto ad una vera e propria rivoluzione, nata dal-

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Due settimane dopo gli Alleati fecero il loro ingresso a Istan-bul; l’amministrazione civile turca mantenne le sue funzioni a condizioneche non si verificassero disordini e azioni di disturbo.Gli Ottomani persero la maggior parte dell’Anatolia a favore dei paesivincitori. La città di Istanbul andò agli Inglesi. La regione della Mesopo-tamia (Siria e Libano) ai Francesi, Irak e Palestina agli Inglesi, la regio-ne del Mediterraneo agli Italiani, la regione dell’Egeo ai Greci e l’AnatoliaOrientale ai Russi per ampliare il territorio armeno.

Nel frattempo, in Tracia e Anatolia si costituirono diversi comi-tati per la difesa dei diritti turchi che, sotto la guida del generale ottoma-no Mustafa Kemal Pafla, iniziarono la lotta per l’indipendenza. Alla finedel 1919, Kemal Pafla e i suoi “nazionalisti”, come vennero chiamati dal-la popolazione, riuscirono ad ottenere le dimissioni del gran visir, ancoraa capo del governo fantoccio di Istanbul, e a far si che si andasse alleelezioni per nominare un nuovo parlamento. Le elezioni (1920) si risolse-ro con uno schiacciante successo dei nazionalisti, che ottennero unagrande maggioranza parlamentare e proclamarono il Patto nazionale. Su istigazione della corte ottomana, ma anche allarmate dalla forza deinazionalisti, il 16 marzo 1920 le forze britanniche posero Istambul sottooccupazione, facendo irruzione in parlamento e deportando parte dei de-putati a Malta. Kemal Pafla ed altri riuscirono a riparare ad Ankara, doveil 23 aprile 1920 aprirono la prima Grande Assemblea Nazionale, in ri-sposta alle violazioni della sovranità turca perpetrate dagli Alleati.

Gli Alleati intanto tentavano di legittimare le loro mire sui terri-tori turchi attraverso il trattato di pace di Sèvres. Durante la conferenzadi Versailles, che vide riunite le 27 nazioni vincitrici della guerra tra ilgennaio del 1919 e l’agosto del 1920, furono concluse le paci separatecon le potenze sconfitte: il trattato di Versailles con la Germania, il trat-tato di Saint–Germain–en–Laye con l’Austria, il trattato diNeuilly–sur–Seine con la Bulgaria, il trattato del Trianon con l’Ungheria eappunto il trattato di Sèvres, il 10 agosto 1920, con la Turchia.Il trattato di Sèvres disgregò ciò che ancora restava dell’antica potenzaturca: l’impero perse tutte le province arabe già poste sotto amministra-zione inglese e francese, Smirne e la Tracia orientale furono cedute allaGrecia, fu accettata l’occupazione italiana, francese e inglese su buonaparte del territorio, fu riconosciuta l’indipendenza armena e fu decretatala nascita di uno Stato curdo indipendente.

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maggior responsabile del genocidio armeno, e Cemal Pascià, soldatoprofessionista spietato, nato da un’antica famiglia turca. Il triunvirato,nel timore di un dissolvimento dell’Impero, proclamò la "turchizzazione"dell’Impero e la “ghettizzazione” di tutte le minoranze, prima fra tuttequella cristiana armena.

Speranza dell’opinione pubblica, come di molti esponenti delmovimento dei Giovani Turchi, era quella di mantenersi lontani dal con-flitto che si profilava all’orizzonte dell’Europa. Ma così non fu: la Turchia, che aveva siglato accordi segreti con il Kaisergià dal 2 agosto 1914, commise l’errore di entrare nella Prima GuerraMondiale a fianco di Germania e Austria. Entrò in guerra il 29 ottobre 1914, cooperando da subito con la Germa-nia con il bombardamento navale delle coste russe del Mar Nero e l’inva-sione del Caucaso in dicembre; in risposta, forze navali inglesibombardarono le fortificazioni turche sullo stretto dei Dardanelli nel feb-braio del 1915, mentre tra aprile e agosto furono costituite due teste diponte nella penisola di Gallipoli.

Nel giugno del 1916 scoppiò nel Vicino Oriente (Siria, Palestina,Transgiordania) l’insurrezione araba contro il dominio ottomano, insurre-zione che fu in gran parte sollecitata dagli Inglesi. E fu proprio sfruttan-do la rivolta araba che le forze britanniche dislocate in Egittocominciarono ad avanzare fino alla penisola del Sinai e in Palestina, con-quistando varie postazioni all’inizio del gennaio 1917.In Palestina, sotto il comando del generale Edmund Allenby, gli inglesispezzarono le linee turche a Beersheba, obbligandole, a novembre, adevacuare Gaza, per poi, a dicembre, prendere Gerusalemme. Le truppearabe, guidate dall’abile colonnello Lawrence (noto come Lawrenced’Arabia) animatore della rivolta araba contro la Turchia, presero in luglioil porto di Aqaba, ed effettuarono diversi attacchi contro le linee ferrovia-rie nella regione dell’Higiaz.

Anche la campagna in Palestina si concluse vittoriosamente pergli Alleati. In settembre gli inglesi misero in fuga l’esercito turco e il cor-po di spedizione tedesco che lo assisteva; nel frattempo le forze francesiconquistavano il Libano e la Siria. Il governo ottomano chiese allora l’ar-mistizio, ed il 30 ottobre 1918, sull’isola greca di Limnos, i rappresentan-ti turchi e britannici lo firmarono.

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zone di guerra era solo un pretesto per l’uccisione. Seguirono dieci mesidi deportazioni, durante i quali, molti uomini scomparvero per sempre.

Donne e bambini erano invece costretti a marciare per centina-ia di chilometri senza cibo, acqua e scorta, fino ai campi di concentra-mento collocati nel deserto della Mesopotamia. Lungo il cammino inrealtà ne morirono a migliaia, a causa degli abusi subiti sia dai nomadiCurdi, sia dalla cosiddetta “Teskilate maksuse” (Organizzazione Speciale)il cui compito era lo sterminio degli armeni, sia dalle inumane condizionia cui furono sottoposti che spesso si accompagnavano a terribili epide-mie di tifo e vaiolo.

Calcolare con precisione il numero totale delle vittime è quantomai difficile e non c’è accordo tra gli storici su questi dati, ma i censi-menti ottomani ed esteri indicavano in un milione e mezzo il numero de-gli armeni d’Anatolia ad inizio secolo; considerato che circa mezzomilione di persone riuscirono a scappare all’estero entro il 1923, si credeche il restante milione di individui sia morto in seguito alle persecuzioni.

Perì in tal modo la quasi totalità degli armeni di Turchia. Fu-rono risparmiati solo gli armeni residenti a Istanbul e Smirne, perchétroppo vicini a sedi diplomatiche straniere. Si salvarono pure gli abi-tanti di alcune province in prossimità del confine russo, che si miseroal riparo fuggendo oltre frontiera o furono salvate dall’avanzata del-l’esercito russo.

Terminata la guerra, i responsabili turchi delle stragi sparirononell’ombra. Quando nell’ottobre 1918 la Turchia si arrese alle forze del-l’Intesa, i principali dirigenti del partito dei Giovani Turchi vennero arre-stati dagli inglesi e internati per un breve periodo a Malta. In seguito untribunale militare turco condannò a morte i dirigenti più in vista, fra iquali i componenti del triunvirato: ma, ormai espatriati, nessuno deicondannati finì nelle mani della giustizia. Tuttavia, il 15 marzo 1921, aBerlino, Talat Pascià venne assassinato da uno studente armeno; sorteanaloga toccò il 21 luglio 1922 a Cemal, ucciso a Tbilisi, in Georgia, daun altro giovane armeno. Enver Pascià, il più capace e “idealista” deitriumviri, rifugiatosi tra le tribù turche della remota regione asiatica diBukhara, si mise a capo di una rivolta turco–musulmana contro il poteresovietico ma il 4 luglio 1922 venne sconfitto e ucciso dai bolscevichi.

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1.3 La questione armena

Durante gli anni della guerra, e probabilmente usando la guerracome espediente, si svolse uno dei più cruenti fatti della storia della Tur-chia, ossia la persecuzione scatenata dai turchi nei confronti del popoloarmeno residente in Anatolia e nel resto dell’Impero Ottomano. Una cam-pagna di marginalizzazione che non scaturì soltanto dal regime autorita-rio e nazionalista del partito “progressista” dei Giovani Turchi, ma chetrasse le sue origini più profonde dalle antiche e mai sopite contrappo-sizioni religiose tra i musulmani ottomani e Curdi e la minoranza cristia-na armena. Temendo che gli armeni potessero diventare un pericolosonemico interno, alleato delle potenze dell’Intesa, già nel primo anno del-la guerra l’esercito regolare turco, insieme a bande armate curde, presea sterminarli in maniera sistematica.

Il movente fondamentale è da ricercare all’interno dell’ideologiapan–turchista che ispirava l’azione del governo dei Giovani Turchi, deter-minati a riformare lo Stato su di una base nazionalista e quindi sull’omo-geneità etnica e religiosa. La popolazione armena – di religione cristianae pervasa dagli ideali dello Stato di diritto di stampo occidentale – conle sue richieste di autonomia avrebbe potuto costituire un ostacolo alprogetto governativo.

La motivazione principale della persecuzione è stata quindi ditipo politico: l’obiettivo degli ottomani era la cancellazione della comuni-tà armena come soggetto storico, culturale e soprattutto politico.

All’alba di sabato 24 aprile 1915 le autorità del comitato Unionee Progresso ordinarono il disarmo di tutti gli armeni in servizio pressol’esercito turco che, dopo esser stati separati dai loro reparti ed inquadratiper costituire i cosiddetti “Battaglioni operai”, in realtà vennero uccisi,mentre a Costantinopoli iniziò una massiccia deportazione dei maggiori in-tellettuali sacerdoti e dirigenti politici armeni. Nelle città e nei villaggi abi-tati da armeni rimasero quindi solo civili, donne, vecchi e bambini. Ancheper loro venne decretata la deportazione. Adducendo come pretesto laprossimità della zona di guerra, vennero costretti ad abbandonare le loroabitazioni per trasferirsi, così fu detto, in zone più sicure. Ma furono deportate anche le comunità armene residenti a centinaia dichilometri dal teatro bellico, segno evidente che l’allontanamento dalle

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europea. Kemal si impegnò, fra l’altro, in una campagna ricca di signifi-cati contro i copricapo tradizionali, come il velo femminile, il fez, il tur-bante. Basilari furono le iniziative prese a favore dell’emancipazionedella donna, tanto che nel 1934 le venne riconosciuto il diritto di voto,permettendole un ruolo di primaria importanza nella società. Matrimonioe divorzio divennero atti di ordine civile e non più religioso, la poligamiavenne abolita. Sempre nel ’34 entrò in vigore la disposizione che imponeva ad ogni cit-tadino l’adozione di un cognome, scelta fino a quel punto lasciata alla li-bera volontà di ciascuno. Kemal scelse per se il cognome Atatürk, padredei turchi, abbandonando il suo primo nome Mustafa.

Atatürk volse la sua attenzione anche alla sfera economica delPaese, campo in cui la debolezza turca era stata ulteriomente accentuatadalla crisi del ’29. Nonostante il malcontento per le privazioni, profonda-mente diffuso nella popolazione, Atatürk sostenne sempre ed imposel’ideologia dell’autosufficienza industriale nazionale: attraverso ingentiinvestimenti statali nell’industria, il suo governo cercò costantemente digiungere alla completa sostituzione del prodotto importato con quello diproduzione interna. In verità questo programma economico, improntato al paternalismo e al-l’intervento statale, si rivelò in gran parte inadatto allo scopo, inoltre po-té svilupparsi solo a spese del settore agricolo, che rimase per questomotivo in condizioni disastrose fino agli anni ’50. Tutta la parte orientale del Paese, prevalentemente agricola, fu costrettaa vivere in condizioni di pura sussistenza, aggravando tra l’altro il risen-timento dei Curdi, popolo in prevalenza dedito alla pastorizia e all’agri-coltura.

In politica estera, la Turchia cercò in quegli anni di dar vita arelazioni pacifiche con tutti i vicini: nel 1930 firmò un patto di amiciziacon la Grecia, lo stesso fece con l’URSS e con l’Iraq, nel ’34 firmò un’in-tesa con Iugoslavia, Grecia e Romania al fine di consolidare i confini e lapace nella regione, venne a far parte della Società delle Nazioni

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e si op-pose alla politica condotta dai regimi fascisti in Europa.

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1.4 La Turchia contemporanea. Le riforme di Kemal Atatürk

Dopo il trattato di Sèvres la guerra continuò assumendo i ca-ratteri di lotta per l’indipendenza. Quando la Grecia, ottenuta Smirne, iniziò l’avanzata verso i territori otto-mani dell’Est, i turchi parteciparono molto attivamente alla difesa del lo-ro territorio e Mustafa Kamal si dimostrò un ottimo condottiero; levittorie riportate dagli ottomani costrinsero infine i greci ad abbandonareSmirne e la Tracia, mentre i francesi restituirono la Cilicia. Una settimanapiù tardi il Primo Ministro inglese Lloyd George, di fronte al fallimentodella sua politica filogreca, rassegnò le dimissioni.

L’unico ostacolo tra i nazionalisti e il pieno controllo della Tur-chia rimaneva il sultano Maometto VI, ancora signore seppur di un domi-nio ridotto ai minimi termini. La spinta la diedero gli stessi Alleatiquando inviarono un doppio invito alla conferenza finale di pace di Lo-sanna, uno al sultano e l’altro all’Assemblea Nazionale. Fu un vero e pro-prio oltraggio, e fu facile a questo punto a Kamal far capire a tutti ideputati l’inutilità del sultanato e quindi la necessità di abolirlo.

Il trattato di pace di Losanna, il 24 luglio 1923, riconobbe allaTurchia i confini territoriali stabiliti dalla guerra di indipendenza, lascian-do smilitarizzati gli stretti dei Dardanelli, e favorì uno scambio di popola-zioni tra Grecia e Turchia, al fine di eliminare alla radice possibili focolaidi scontro. La conferenza di Losanna lasciò però aperta la questione delKurdistan, territorio abitato da un popolo di lingua e cultura diverse, acui fu negato il diritto all’indipendenza ottenuto invece dal precedentetrattato di Sèvres. Nell’ottobre del 1923 l’Assemblea Nazionale trasferì la capitale ad Ankara eproclamò la repubblica; Mustafa Kemal fu designato capo dello Stato.Nel marzo 1924 il califfato, vale a dire la somma monarchia dell’islam, ven-ne abolito; tutti i membri del casato Osman furono esiliati, le corti religio-se vennero chiuse, venne stabilita la separazione tra Stato e Chiesa.Negli anni seguenti la politica di rinnovamento promossa da Mustafa Ke-mal si rivelò di fondamentale importanza per la modernizzazione e ilprogresso del giovane Stato. Tra i provvedimenti che caratterizzano lapolitica innovatrice di Kemal meritano di essere ricordati l’adozione del-l’alfabeto latino e più in generale i molteplici impulsi all’europeizzazionedella cultura. L’istruzione statale fu resa laica e competitiva con quella

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1 Società delle Nazioni(1919–1946). Organizzazione sovrannazionale costituita nel 1919 per il mantenimento della pace e della sicu-rezza, la soluzione delle controversie internazionali, la cooperazione tra gli stati membri. Fu il primo organi-smo internazionale a perseguire tali scopi nel clima pacifista seguito alla guerra mondiale. Ebbe sede a Ginevrae ricevette l'adesione di cinquantotto stati (1934).

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inoltre il malcontento per la tradizionale imposizione di un partito unicoiniziava a crescere. La conseguenza fu che nel 1946 quattro politici di ri-lievo, tra cui Adnan Mendérèrs e Celal Bayar, vennero espulsi dal PartitoRepubblicano e diedero vita al Partito Democratico.

La Turchia assistette così per la prima volta all’introduzione delpluripartitismo.Alle libere elezioni politiche del 1950 la vittoria del Partito Democraticofu schiacciante, Celal Bayar divenne Presidente della Repubblica al postodi Inönü, e Adnan Mendérèrs divenne capo dell’esecutivo.Fu avviata una politica di liberalismo economico attraverso appelli a ca-pitali stranieri, privatizzazione di industrie statali e sostegno all’agricoltu-ra, mentre per quanto riguarda la politica interna venne abbandonata lapolitica di laicizzazione e incoraggiata la partecipazione delle organizza-zioni islamiche nel settore educativo. Intorno al 1954 apparvero i primi segni di una crisi profonda. Il debitonazionale e il deficit commerciale avevano raggiunto valori allarmanti, lasituazione economica generale versava in stato di evidente sofferenza ed’altra parte, sul piano politico, si veniva inasprendo l’attitudine repres-siva del governo e del Partito Democratico, assolutamente non dispostia tollerare alcuna forma di critica. Tutto questo non poteva non provoca-re il diffondersi e il radicarsi di un forte malcontento.

Agli inizi del 1954 fu approvata la prima di una serie di leggiper la repressione della stampa, rendendo ancora più avvelenata l’atmo-sfera nel Paese; nel ’55 l’economia continuò a peggiorare e iniziò a ma-nifestarsi il fenomeno di un’inflazione evidente; nel ’57 il PartitoDemocratico vinse ancora le elezioni, ma la Turchia rimaneva per moltiversi in una situazione di estrema precarietà: un abisso divideva la po-polazione delle campagne, fedele al Partito Democratico, dall’élite com-merciale ed intellettuale delle città, mentre l’esercito si presentavasempre più come una forza antagonista.

Nel 1960 un colpo di Stato militare rovesciò il governo; Mendé-rèrs fu arrestato e successivamente giustiziato, fu proclamata la SecondaRepubblica e il ritorno ai principi Atatürk; l’anno seguente fu varata unanuova Costituzione intesa a impedire svolte autoritarie.Iniziò un ventennio caratterizzato da ripetuti interventi delle forze militarinella vita politica ogni volta che la classe dirigente non appariva in grado

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1.5 La Seconda Guerra Mondiale e la nascita del pluripartitismo

Il 10 novembre del 1938 morì Atatürk, quando aveva sostanzial-mente realizzato il suo programma di riforme. Atatürk venne ricordatoper sempre come un grande statista e ancora oggi la sua azione riforma-trice, per quei tempi rivoluzionaria, viene commemorata ogni anno il 19maggio, mentre la sua immagine è sempre esposta nei negozi, nei localipubblici e sui muri della città.

Nel 1939 la Francia, bisognosa dell’appoggio turco per il conflit-to che si andava delineando come imminente in Europa, lasciò alla Tur-chia il territorio dell’Hatay in Siria, abitato in gran parte da popolazioneturca, in cambio di un trattato di alleanza che legava Ankara, Parigi eLondra. La Francia fu in realtà rapidamente sconfitta dalla Germania nazi-sta, e nel 1941 la propaganda tedesca convinse la Turchia a siglare untrattato di amicizia con la Germania con il quale garantiva la sua nonbelligeranza. La Turchia scelse quindi di rimanere neutrale in questa guerra, vendendotra l’altro del minerale di cromo, materia di notevole importanza strategi-ca, sia alla Germania che al Regno Unito.Pur mantenendosi fuori dal conflitto, il Paese visse gli anni della guerrain stato di mobilitazione permanente, con carenza di beni primari, mer-cato nero, e un deficit governativo che cresceva vorticosamente.

La Turchia nel 1944 sospese le forniture di cromo alla Germaniae agli inizi del 1945 le dichiarò guerra, al fine di poter entrare nel noverodei paesi dell’ONU. L’Unione Sovietica a quel punto tentò di includere la Turchia nella pro-pria sfera d’influenza, ma ottenne soltanto di provocare l’avvicinamentodella Turchia agli Stati Uniti, in cerca di protezione. Il risultato fu la par-tecipazione della Turchia alla guerra di Corea, a cui seguì l’ammissionealla NATO nel 1952 e la firma del patto di Baghdad

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nel 1955. Ma nonsolo: grazie al massiccio aiuto dell’Europa e degli Stati Uniti, in gran par-te attraverso il piano Marshall, la Turchia registrò una rapida crescitaeconomica. Sul piano della politica interna Ismet Inönü, successore diAtatürk, dovette però fare i conti con le crescenti tensioni che venivanodalle campagne e da un mondo islamico che non aveva perso vigore;

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2 Patto di Baghdad Alleanza fra Turchia e Iraq siglata il 24 febbraio 1955 a Baghdad al fine di stringere unpatto difensivo in funzione anticomunista

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Il Parlamento Europeo sospese le relazioni con la Turchia, e ilConsiglio d’Europa ne condannò il regime. Nel 1982 la Turchia compì un primo passo verso la normalizzazione conl’introduzione di una nuova Costituzione e la nomina di Evren alla presi-denza della repubblica.

Dopo la legalizzazione di alcuni partiti politici, le elezioni parla-mentari del novembre del 1983 sancirono la vittoria del Partito della Ma-drepatria (ANAP), una formazione di centrodestra di tendenzeconservatrici, e del suo leader Turgut Özal che diventò Primo Ministro. Özal rimase Primo Ministro dal 1983 al 1989, anno in cui venne nomina-to Presidente della Repubblica, dopo la definitiva uscita di scena diEvren e dei militari. Özal tentò di rilanciare l’economia turca attuandouna politica liberista, con una serie di riforme economiche che fecero im-pennare le esportazioni e il tasso di crescita del Paese, non riuscendoperò a frenare l’inflazione né a contenere il debito estero. I due mandatidi Özal alla guida dell’esecutivo furono caratterizzati anche da un note-vole incremento dell’attività islamica; in materia religiosa, d’altro canto,la politica governativa di quegli anni può essere interpretata come untentativo di incanalare l’influenza del fondamentalismo iraniano, anchecon l’intento di contrastare il ritorno dell’ideologia comunista.

Il separtismo curdo, un problema aperto fin dal 1925, tornò allaribalta nei modi più violenti, e Özal riprese e confermò l’attitudine re-pressiva contro le opposizioni e la minoranza curda. A partire dagli anni Ottanta la Turchia divenne oggetto di interesse inter-nazionale con la questione della violazione dei diritti umani: Amnesty In-ternational denunciò l’esistenza in Turchia, fra il 1980 e il 1988, di250.000 prigionieri politici, 150 dei quali deceduti per condizioni di de-tenzione inumane, maltrattamenti e torture. Nonostante grandi passi sia-no stati compiuti, ancora negli anni Novanta Amnesty International hasegnalato a più riprese l’uso sistematico della tortura, che non è stataancora completamente abolita. Anche per queste ragioni la politica este-ra di Ankara ha conosciuto diverse battute d’arresto.Nel 1989 Özal fu eletto alla presidenza del Paese e venne sostituito allaguida del governo da Yildirim Akbulut. Le elezioni del 1991 videro preva-lere il Partito della Giusta Via (DYP) di Demirel. Eletto alla Presidenzadella repubblica alla morte di Özal, nel 1993 Demirel affidò la guida delpartito e del governo a Tansu Çiller, Primo Ministro donna, che rafforzò la

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di governare convenientemente il Paese. La politica nazionale si polarizzòintorno ai due partiti maggiori: il Partito Democratico del Popolo guidatoprima da Ismet Inönü, in seguito da Bülent Ecevit e il Partito della Giusti-zia, reincarnazione del Partito Democratico, guidato da Süleyman Demi-rel, più tradizionalista. Ai due estremi del quadro parlamentare,formazioni socialiste e comuniste si opponevano ai nazionalisti turchi eislamici.

Durante gli anni Sessanta, però, Demirel condusse una politicanazionalista e liberalista portata all’eccesso, che le fragili strutture economi-che del Paese mal sopportarono. L’economia si aggravò, fece la sua primacomparsa il terrorismo, ci furono ondate di scioperi, di guerriglia urbana edi manifestazioni cruente, cui i militari risposero col cosiddetto golpe bian-co, cioè la dichiarazione dello stato d’assedio in funzione preventiva; il Pri-mo Ministro Demirel fu costretto dai militari a dimettersi (1971).

Nella confusa frammentazione politica che dominò questo perio-do, l’influenza occidentale rimase salda e indiscussa sino al 1974, quandola Turchia occupò Cipro per tutelare la minoranza turco–cipriota minacciatadal colpo di Stato sostenuto dalla dittatura militare greca. Nonostante ilblocco degli aiuti economici e militari statunitensi, a cui il governo di An-kara replicò con la chiusura delle basi americane sul proprio territorio, letruppe turche rimasero nel Nord di Cipro a sostegno del governo separati-sta turco–cipriota promuovendo una secessione e proclamando sui territoricontrollati dal proprio esercito uno Stato indipendente: Repubblica Turcadi Cipro del Nord (RTCN). Ancora oggi, a quasi tre decenni di distanza lasituazione rimane sostanzialmente invariata.

Nel 1980 le lotte politiche e il diffuso malcontento paralizzaro-no la vita civile del Paese. Gruppi estremisti di destra e di sinistra, ap-poggiati da fanatici islamici e dai sovietici, si resero responsabili distragi e devastazioni. I maggiori partiti di centro erano incapaci di reagi-re e non riuscivano a eleggere il presidente. I militari intervennero nuo-vamente e il 12 settembre 1980 avvenne un nuovo golpe militare.Fu sospesa la Costituzione, il governo militare impose la legge marziale,il potere fu assunto dal Consiglio di Sicurezza Nazionale, una giunta for-mata interamente da alti ufficiali con a capo il generale Kenan Evren,mentre i principali esponenti politici venivano imprigionati, i partiti messial bando, le organizzazioni sindacali dichiarate fuori legge, gli intellettua-li di sinistra perseguitati.

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Gli arabi, nel VII sec. d.C., si resero presto conto della difficoltàche comportava il predominio su quelle terre, abitate da genti fiere dellaloro autonomia e capaci di difenderla con estremo coraggio: la difficile elenta islamizzazione dei Curdi non fu infatti priva di episodi efferati, co-me i numerosi eccidi di massa di cui furono vittime diversi villaggi che sierano opposti con tenacia al predominio islamico.

Nel XVI sec. i curdi, stretti nella morsa persiano–ottomana, do-vettero prendere posizione e scelsero di allearsi con l’impero ottomano,lusingati dalle promesse d’autonomia del sultano. In effetti l’Impero otto-mano, costituendosi come entità politica essenzialmente multietnica,aveva garantito per diverso tempo ampi margini d’autonomia, consen-tendo la formazione di numerosi principati, nei quali i curdi poteronosviluppare la propria cultura.

Ma nel XIX sec. gli Ottomani furono costretti da motivi di politi-ca interna ed estera ad esercitare un maggiore controllo sui molti popolia loro sottomessi, tra i quali i Curdi, limitandone gravemente l’autono-mia di cui avevano goduto in precedenza. Questo nuovo regime provocòinevitabilmente numerose insurrezioni, che, se in un primo momento eb-bero una matrice conservatrice, in quanto le élites curde intendevano tu-telare i propri privilegi, in seguito assunsero un carattere diverso,improntato al nascente movimento nazionale. Ormai i curdi stavanoprendendo coscienza di sé, in loro si stava diffondendo un forte senti-mento nazionale e cresceva la consapevolezza di dover affermare unapropria autonoma identità.Dal rinnovato fervore intellettuale, favorito dall’apparente clima di tolle-ranza che si respirava nell’impero ottomano agli inizi del ’900, sorsero leorganizzazioni culturali curde. Queste promossero una valorizzazione del-la cultura curda, con particolare riferimento alla lingua, quale fattore ag-gregante e base su cui si reggeva la rinascita politica del Kurdistan.

Nel primo quarto del XX sec. le neonate aspirazioni nazionalicurde, alimentate dalle potenze vincitrici del primo conflitto mondiale,furono mortificate. Nel 1920 le potenze alleate e l’Impero Ottomano ormai allo stremo firma-rono il trattato di Sèvres che, tra le altre cose, decretava la nascita diuno Stato curdo indipendente. Il trattato di Sèvres, però, venne annulla-to nel 1923 da quello di Losanna: quest’ultimo spartiva l’Impero definen-

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politica di austerità dei precedenti governi e lanciò un’estesa offensivamilitare contro le roccaforti della guerriglia separatista curda. Travolta dauna serie di scandali finanziari, Çiller venne costretta alle dimissioni nel-l’estate del 1995.

Nel dicembre dello stesso anno le elezioni anticipate segnaro-no una brusca battuta d’arresto per la classe politica che fino ad alloraper lungo tempo aveva governato il Paese. Il Refah, il Partito del Benes-sere di orientamento islamico, guidato da Necmettin Erbakan, divenne laprima forza in Turchia. La vittoria del Refah, dovuta soprattutto al cre-scente malcontento per le politiche di austerità e per la diffusa corruzio-ne del ceto politico, evidenziava la ripresa del fenomeno religiosoislamico nella società laica turca.

Il successo del Refah sollevò i timori dei militari, garanti dellalaicità dello Stato nato dalla rivoluzione di Atatürk, ma anche supervisori,attraverso il Consiglio di Sicurezza Nazionale istituito con la Costituzionedel 1982, delle scelte politiche del Paese. Dopo diversi mesi di difficili trat-tative, Erbakan formò un governo con il Partito della Giusta Via (DYP) diTansu Çiller, il quale, dopo breve tempo, a causa delle forti pressioni eser-citate dal Consiglio di Sicurezza Nazionale, abbandonò tuttavia la coalizio-ne. Sotto la minaccia dei militari, nel giugno 1997 Erbakan fu costretto alasciare il governo. Al suo posto si insediò un nuovo governo di coalizionecapeggiato da Mesut Yilmaz del Partito della Madrepatria. L’offensiva con-tro il Refah continuò nel 1998, quando il partito, accusato di cospirarecontro il regime laico, venne sciolto dalla Corte costituzionale e al suo lea-der Erbakan venne interdetta ogni attività politica per cinque anni. Il go-verno di Yilmaz, a sua volta, finì ben presto coinvolto in uno scandalofinanziario. Nuove elezioni furono fissate per la primavera del 1999, mentreil presidente Demirel dava l’incarico al leader della sinistra democratica,Ecevit, di formare un governo di fine legislatura.

1.6 La Turchia e la questione curda

La questione curda affonda le radici nella storia di quel popolo.Attestatosi in una regione aspra ed impervia come il Kurdistan, per custo-dire la propria cultura e la propria lingua il popolo curdo è stato costrettosempre a difendersi dai reiterati tentativi egemonici arabi, persiani, turchi.

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lismo curdo venne recepito e alimentato da nuove generazioni, influen-zate dai movimenti di contestazione politica e sociale improntati all’idea-le del socialismo. Fu così che il nazionalismo curdo incominciò adavanzare rivendicazioni sociali. Per di più, in quel periodo il movimentocurdo prese a svilupparsi in due direzioni: un’ala che come primo obietti-vo aveva l’autonomia e un’altra più estremista che rivendicava l’indipen-denza. Con il passare degli anni quest’ultima, di stampoleninista–marxista, si affermò sempre di più e nel 1978 si trasformò inPKK, il Partito dei Lavoratori curdi il cui fondatore e leader è AbdullahÖcalan, detto Apo.

Durante tutti e tre i colpi di Stato in Turchia (1960, 1971 e 1980)i regimi militari nazionalisti attuarono repressioni arrestando e torturan-do esponenti dei partiti curdi, turchizzando i nomi dei bambini e dei vil-laggi, mettendo fuori legge le organizzazioni curde e, per ultimo,negando l’esistenza della lingua e dell’etnia. In risposta a questa politi-ca, il PKK iniziò nel 1984 una lotta armata per l’indipendenza, scatenan-do nel Sud–Est della Turchia una vera e propria guerra civile e ricorrendoal terrorismo per colpire gli alti esponenti del governo turco.

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta ci fu-rono diversi tentativi di sondare la possibilità di reciproche aperture trail governo turco e i partiti curdi. Il PKK dichiarò più volte la tregua, ilpremier turco Türgüt Özal a sua volta ammise l’esistenza in Turchia di 12milioni di curdi con propria lingua e cultura e propose per quella regioneil modello basco: la creazione di una regione autonoma con un proprioparlamento e governo, una propria polizia e il curdo come lingua ufficia-le. Le aperture da parte del governo turco erano anche funzionali al pro-getto di entrare nella Comunità Europea, da sempre ostacolato dagliStati europei a causa delle continue violazioni dei diritti umani attuatecontro i curdi. La morte di Özal e il ruolo dei curdi durante la guerra delGolfo del 1991 fecero tramontare ogni speranza di risoluzione politicadella questione.

Il 14 dicembre 1995, a pochi giorni dalle elezioni, il leader cur-do Abdullah Öcalan, in esilio a Damasco, proclamò una tregua unilaterale:“Ora i curdi non vogliono più uno Stato – disse – ma la trasformazionedella repubblica secolare turca, creata da Mustafà Kemal Atatürk nel1923, in uno Stato federale di cui il Kurdistan turco diventi una regione".

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do un assetto geopolitico dell’Europa favorevole ai paesi vincitori dellaPrima guerra mondiale, e lasciava aperta la questione del Kurdistan, ne-gandogli il diritto all’indipendenza. In tal modo le potenze occidentali at-tuarono una vera e propria spartizione del Medio Oriente mirante atutelare i propri interessi, senza tenere conto delle conseguenze delete-rie per la stabilità della regione. Divisi fra quattro stati, i Curdi divenneroall’interno di questi – fatta eccezione per l’Irak -"minoranze non ricono-sciute"sulle quali si eserciterà una continua ed oppressiva politica d’as-similazione.

A più di 70 anni dal trattato di Losanna il Kurdistan si presentaancor oggi suddiviso tra i quattro stati. E poiché rappresenta la “cernie-ra” a ridosso dei mondi arabo, iraniano, turco e slavo, si trova costante-mente al centro delle dispute regionali che interessano Irak, Iran, Siria eTurchia. Queste contese hanno influenzato il movimento curdo, frammen-tandolo in numerosi partiti e compromettendo inevitabilmente la suacompattezza. Non a caso, Turchia, Iraq, Iran e Siria hanno sostenuto l’at-tività dei partiti curdi negli stati limitrofi, con l’intento di acquisire unaposizione di predominio nell’altrui regione.

Per comprendere appieno la questione curda, e il peso di que-sta nella storia della Turchia, conviene ricordare che nell’ambito dell’Im-pero Ottomano i Curdi hanno sempre rappresentato una delle tantepopolazioni di confine, utilizzate all’occorrenza dai nemici esterni in fun-zione anti–turca; in questa logica la partecipazione curda alla caduta del-l’Impero doveva essere la chiave di volta per l’indipendenza delKurdistan.

Nasce probabilmente da qui la latente ostilità della Turchia ver-so il popolo curdo. Basti pensare che anche durante il periodo delle ri-forme di Atatürk, in conseguenza del dogma imperante dell’unitànazionale di uno Stato turco laico, venne vietata la lingua dei curdi, ven-nero decimati gli intellettuali e si mise all’indice il popolo definito cam-pione di un separatismo ostile al progresso. Da allora fino al 1991 i curdi"scomparvero" dalla Turchia: chi li nominava veniva internato in ospeda-le psichiatrico. Se l’Impero Ottomano era un crogiolo di popoli cementatidal concetto di comunità islamica fondata sulla religione, al contrario laRepubblica turca era fondata sull’idea di un unico popolo turco. Nel secondo dopoguerra l’influenza dell’ideologia socialista e comunistamodificò le forme, ma non la sostanza, della questione curda. Il naziona-

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messa a punto da Cipro e Grecia, minacciò anche di intervenire militar-mente contro Cipro qualora i missili fossero stati installati sull’isola.

Nel 1999, però, la vita del Paese fu segnata dal catastrofico ter-remoto che colpì l’Anatolia occidentale il 17 Agosto. Il sisma distrusse in-teri villaggi, andando a ferire la regione più industrializzata e popolatadella Turchia, causò circa 20.000 morti e inflisse un duro colpo all’econo-mia nazionale.

La tragicità dell’evento, se non altro, portò ad un riavvicinamento tra laTurchia e la Grecia. Il soccorso fornito dalla Grecia fu, infatti, tempestivoe generoso, suscitando una forte impressione presso l’opinione pubblicaturca. In settembre il Ministro degli Esteri greco annunciò la disponibilitàdel governo di Atene a riconsiderare la sua posizione in merito all’ingres-so della Turchia nell’Unione europea, al quale la Grecia si era sempre op-posta. Alla fine dell’anno, la candidatura all’Unione europea fu accoltadal Consiglio europeo di Helsinki.

Nel maggio 2000 venne eletto alla Presidenza della repubblicaAhmet Necdet Sezer. L’elezione di Sezer, già Presidente della Corte Su-prema, fu accolta positivamente dalle forze democratiche del Paese perla sua posizione a favore di una revisione delle norme costituzionali eper una limitazione del controllo del Consiglio di Sicurezza sull’esecuti-vo. Ad agosto Sezer si scontrò per la prima volta con il governo e con ilvertice delle forze armate, respingendo un decreto che stabiliva il licen-ziamento di circa 400 impiegati statali sospettati di simpatie per i movi-menti fondamentalisti islamici e i nazionalisti curdi.

La situazione del Paese si aggravò tra il 2000 e il 2001, a cau-sa di una grave crisi finanziaria che raggiunse il culmine con il fallimentodi diverse banche private. La crisi peggiorò ulteriormente nel febbraio2001, la lira turca conobbe una fase acutissima di svalutazione, perden-do il 30% del suo valore.

Per affrontare la grave emergenza, in marzo Eçevit chiamò allaguida del Ministero del Tesoro Kemal Dervis, un alto funzionario dellaBanca Mondiale, affidandogli poteri speciali. In maggio il Fondo Moneta-rio Internazionale concesse alla Turchia un prestito di 19 milioni di dolla-ri, condizionandolo a radicali tagli al bilancio dello Stato.

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Nonostante la rinuncia alla secessione, le repressioni da parte del gover-no turco continuano in aperta violazione degli accordi internazionali suidiritti umani: secondo l’IDH (Insan Haklari Dernegi – associazione per idiritti umani turca), i morti sotto tortura sono in media 25 all’anno.

Nel 1999 il capo del PKK, che aveva cercato di ottenere asilopolitico in Italia, veniva consegnato al governo turco dal Kenya, doveaveva trovato rifugio presso l’ambasciata greca. Abdullah Öcalan vennecondannato a morte dal tribunale turco, ma ad oggi la sentenza non èstata ancora eseguita e Öcalan è trattato alla stregua di una merce discambio in un complesso intreccio di alleanze ed accordi all’interno dellapiù ampia questione curda.

1.7 La ripresa del nazionalismo: sviluppi recenti

La questione curda, attraverso la vicenda di Öcalan, conquistòper settimane le prime pagine dei giornali internazionali, sollevando in Tur-chia un’ondata nazionalista e una forte animosità nei confronti dei paesieuropei, e dell’Italia in particolare, che influirono sulle successive elezionilegislative dell’aprile 1999. Vinse le elezioni il Partito della Sinistra Demo-cratica di Eçevit. Altro partito che prese grandi consensi fu il Partito diAzione Nazionale (MHP), espressione del movimento di estrema destra, giàprotagonista della repressione contro i curdi e contro i militanti dei partitidi sinistra ai tempi della dittatura militare. Eçevit formò un governo con ilPartito della Madrepatria e con il Partito di Azione Nazionale, suscitandouna negativa reazione dei paesi dell’Unione europea.

Allo scopo di favorire una distensione dei rapporti con i paesieuropei, il nuovo Parlamento approvò una riforma costituzionale che re-se del tutto civile il Consiglio di sicurezza dello Stato e sospese l’esecu-zione di Öcalan (la cui condanna fu tuttavia confermata dalla Corte dicassazione) in attesa che venisse esaminato il ricorso presentato da que-sti presso la Corte europea per i diritti umani.

Le relazioni internazionali della Turchia, in quegli anni, risenti-rono anche del radicato conflitto con la Grecia, che subì un ulteriore de-terioramento in seguito all’acquisto, da parte di Cipro, di missiliterra–aria dalla Russia. La Turchia, ostile alla strategia comune di difesa

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stato 59 Province su 82, conseguendo il 42% dei suffragi (con un au-mento di otto punti percentuali rispetto alle elezioni politiche del no-vembre 2002). L’opinione pubblica e gli ambienti economici hannoriconfermato il proprio sostegno all’AKP, a seguito dello storico avvio delnegoziato di adesione (3 ottobre 2005).

Capo dello Stato: Ahmet Necdet Sezer, dal 16 maggio 2000

Governo:Primo Ministro: Recep Tayyip Erdo anMinistro Affari Esteri e Primo Ministro aggiunto: Abdullah GülMinistro di Stato e Primo Ministro aggiunto: Abdullatif fienerMinistro di Stato e Primo Ministro aggiunto: Mehmet Ali fiahin Ministro di Stato: Mehmet Aydin Ministro di Stato: Beflir Atalay Ministro di Stato: Ali Babacan Ministro di Stato: Nimet Çubukçu Ministro di Stato: Kürflat Tüzmen Ministro della Giustizia: Cemil ÇiçekMinistro della Difesa Nazionale: Vecdi GönülMinistro degli Interni: Abdulkadir Aksu Ministro delle Finanze: Kemal Unakitan Ministro dell’Istruzione Nazionale: Hüseyin Çelik Ministro dei Lavori Pubblici: Faruk Özak Ministro della Salute: Recep Akda Ministro dei Trasporti: Binali Yildirim Ministro dell’Agricoltura e Affari Rurali: Mehmet Mehdi Eker Ministro del Lavoro e Sicurezza Socialer: Murat Baflesgio¤lu Ministro del Commercio e dell’Industria: Ali Coflkun Ministro dell’Energia e Risorse Naturali: Hilmi Güler Ministro della Cultura e del Turismo: Atilla Koç Ministro dell’Ambiente e delle Foreste: Osman Pepe

Grande Assemblea Nazionale della Turchia:550 membri eletti dal voto popolare tramite elezioni politiche ognicinque anni, le ultime elezioni si sono tenute il 3 novembre 2002. Risultati delle elezioni: percentuale di voto per partito:AK Party (Partito della Giustizia e Sviluppo) 34,3%

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Ad ottobre 2001 il Parlamento approvò la partecipazione ditruppe turche alla campagna Enduring Freedom, lanciata dagli Stati Uniticontro il regime afghano dei talebani in seguito alla grave offensiva ter-roristica dell’11 settembre. Sul piano diplomatico questi eventi hannoportato ad un rafforzamento dei legami tra Ankara e Washington, e piùin generale ad un rinnovato peso internazionale della Turchia.

2. Assetto politico attuale e istituzioni

2.1 Situazione politica

Il 2002 ha segnato un nuovo cambiamento alla guida del Pae-se: le elezioni del 3 novembre 2002 infatti, hanno visto prevalere conuna nettissima maggioranza parlamentare Giustizia e Sviluppo, (AKP) ilpartito d’orientamento islamico moderato guidato dall’ex sindaco diIstambul Recep Tayyip Erdogan.Giustizia e Sviluppo ha ottenuto quasi due terzi dei seggi, mentre all’op-posizione si trova il Partito Repubblicano (CHP) di Baykal e Dervis. Inol-tre, per effetto della soglia del 10%, tutti gli altri partiti sono scomparsidal Parlamento. In data 9 marzo 2003 si sono tenute delle elezioni suppletive nella Pro-vincia di Siirt, a seguito dell’annullamento, per un vizio di forma, diquelle tenutesi il 3 novembre 2002. Il partito di maggioranza AKP si éaggiudicato i 3 seggi a disposizione. Le elezioni suppletive hanno per-messo l’ingresso in Parlamento in veste di deputato dell’attuale PrimoMinistro Recep Tayyip Erdogan che a causa di un divieto quinquennale,non aveva potuto partecipare alle elezioni regolari.

Grazie alla propria indiscussa maggioranza parlamentare (357deputati su 500) il governo del Partito AKP ha impresso dal novembre2002 una fortissima accelerazione al processo di riforme in Turchia. È innegabile che la prospettiva di apertura dei negoziati con l’Unione eu-ropea abbia favorito progressi di grande portata nel processi di adegua-mento all’acquis comunitario, quantunque l’AKP abbia fin dall’iniziochiarito di ritenere in ogni caso le riforme indispensabili per un migliora-mento delle condizioni di vita del popolo turco. L’elettorato ha dimostrato nelle ultime elezioni amministrative del 28marzo 2004 di condividere pienamente l’operato dell’AKP, che ha conqui-

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e in particolare alla Francia, da cui importò anche il termine “laicismo”(laiklik) fino ad allora sconosciuto in Turchia. In realtà con Atatürk la reli-gione non venne messa da parte o ridimensionata, bensì istituzionalizza-ta; si creò infatti un Ministero degli Affari Religiosi, chiamato a gestireclero e moschee e mediante il quale è stata realizzata una effettiva divi-sione di poteri fra Stato e religione.

Fu Kemal Atatürk che il 29 ottobre 1923 proclamò la nascitadella Repubblica Turca. Essa si basa su un sistema democratico plurali-stico e parlamentare, nel quale la sovranità del popolo si esprime attra-verso la Grande Assemblea Nazionale Turca (Türkiye Büyük Millet Meclisi,acronimo TBMM) eletta a suffragio universale. Il potere esecutivo è eser-citato dal Presidente della Repubblica e dal Consiglio dei Ministri. I prin-cipi di giustizia sociale e i diritti umani sono riconosciuti e tutelati comeparte essenziale dell’ordinamento dello Stato.

La Costituzione attuale è quella adottata il 7 novembre 1982,modificata una prima volta nel 1987, e l’ultima il 7 maggio 2004 quandoil Parlamento turco ha adottato un pacchetto di emendamenti di dieci ar-ticoli della Costituzione, che hanno portato alla completa eliminazionedella pena di morte dal testo costituzionale, l’introduzione nella leggeprimaria del principio di parità uomo–donna, l’ampliamento della libertàdi stampa, il prevalere del diritto internazionale pattizio su quello inter-no, la ulteriore limitazione del ruolo sociale delle Forze Armate, conl’espulsione del rappresentante dello Stato Maggiore dal Consiglio perl’Istruzione Superiore (art. 131) e l’ampliamento delle possibilità di con-trollo della Corte dei Conti sulle spese militari con la rimozione del se-greto sulle relative inchieste (art. 160), l’abolizione delle Corti per laSicurezza dello Stato (art. 143).

La Costituzione del 1982 ha assegnato l’esercizio esclusivo delpotere legislativo – ossia del potere di fare le leggi e, all’occorrenza, dimodificarle e abrogarle – alla Grande Assemblea Nazionale, composta da550 deputati che vengono eletti ogni 5 anni con sistema proporzionale. Oltre al potere legislativo, spetta all’Assemblea Nazionale la determina-zione dell’indirizzo politico, con il conseguente esercizio delle funzioni dicontrollo sull’operato del Consiglio dei Ministri e dei singoli Ministri. Es-sa può delegare al Consiglio dei Ministri l’autorità di emanare “decreticon forza di legge” su specifiche materie; approva il budget di previsio-

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CHP (Partito del Popolo Repubblicano) 19,4%DYP (Partito del Sentiero della Verità) 9,6% MHP (Partito di Azione Nazionalista) 8,3%GP (Partito dei Giovani) 7,25%DEHAP (Partito del Popolo Democratico) 6,14%ANAP (Partito della Madrepatria) 5,1%SP (Partito della Felicità) 2,4DSP (Partito della Sinistra Democratica) 1,1% e altri con quote minori del 1%

2.2 Organizzazione istituzionale dello Stato

La Turchia è uno Stato laico. Per quanto la stragrande maggio-ranza della sua popolazione, il 99%, sia di fede musulmana sunnita, ilsuo ordinamento statale e le fonti del suo diritto non hanno nulla a chefare con il Corano. È un caso unico: l’eccezione turca è frutto dell’operadi Kemal Atatürk (1881–1938) che, con le riforme da lui concepite e forte-mente volute, conferì allo Stato una forma repubblicana e laica. Fonda-mentale è stata la legge del 20 maggio 1928, che sancì la divisione trapotere religioso e potere politico e decretò l’abrogazione dell’articolodella Costituzione del 1924 che aveva dichiarato l’Islam religione ufficialedello Stato: con ciò la laicità divenne il criterio fondamentale e il trattocaratteristico dell’ordinamento dello Stato. Atatürk si ispirava all’Europa

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NUMERO DI SEGGI DEI PARTITI NELLA GRANDE ASSEMBLEA NAZIONALE TURCA – DIC. 2005

DENOMINAZIONE NUMERO DI SEGGI

AK PARTI (PARTITO DELLA GIUSTIZIA E SVILUPPO) 357

CHP (PARTITO DEL POPOLO REPUBBLICANO) 154

ANAP (PARTITO DELLE MADREPATRIA) 22

INDIPENDENTI 4

DYP (PARTITO DEL SENTIERO DELLA VERITÀ) 4

HYP (PARTITO DEL PROGRESSO DEL POPOLO) 1

SEGGI VACANTI 4

TOTALE 547

FONTE: ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA, 2005.

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curezza dello Stato. Ai militari, infatti, la Costituzione assegna il ruolo digaranti della Repubblica turca e attribuisce grande autonomia, svincolan-doli dalla dipendenza gerarchica del Ministero della Difesa. In realtà lostesso governo, pur essendo prevalentemente civile, opera sotto la tute-la dei militari, che lo condizionano e ne influenzano l’indirizzo politico. IlPresidente decide sull’uso delle Forze Armate, nomina il Capo di StatoMaggiore, convoca il Consiglio Nazionale di Sicurezza, proclama la leggemarziale e lo stato di emergenza.

I poteri e doveri del Presidente in relazione all’ordine giudizia-rio consistono nell’autorità e nell’obbligo di nominare i membri dellaCorte Costituzionale, un quarto dei membri della Corte Suprema di Ap-pello, i membri del Supremo Tribunale Militare d’Appello, i membri delConsiglio Supremo dei Giudici e dei Pubblici Ministeri.

Il Presidente può essere incriminato soltanto per alto tradimento.

Il Primo Ministro (Basbakan) è nominato dal Presidente dellaRepubblica tra i membri della Grande Assemblea Nazionale Turca. Dirigela politica di governo, risponde dell’operato del Consiglio dei Ministri,coordina l’azione dei diversi ministeri. Secondo la Costituzione ogni Mi-nistro è responsabile di fronte a lui, ma egli si deve assicurare che ogniMinistro operi in concordanza con la Costituzione e le leggi dello Stato. Il Primo Ministro partecipa anche al Consiglio Nazionale della Sicurezzainsieme al Capo di Stato Maggiore, al Ministro della Difesa, al Ministrodell’Interno, al Ministro degli Esteri, ai Comandanti delle diverse Armi edella Gendarmeria.

Il Consiglio dei Ministri è composto dal Primo Ministro e daiMinistri. I Ministri sono scelti dal Primo Ministro e nominati dal Presi-dente della Repubblica, possono essere revocati dall’incarico dal Presi-dente su proposta del Primo Ministro. Mentre il Primo Ministro devesempre essere un membro del Parlamento, i Ministri possono non es-serlo. Una volta composto, il Consiglio espone il programma di governoalla Grande Assemblea Nazionale; questa è chiamata ad esprimersi, cioèa concedere o negare col proprio voto la fiducia al governo. L’Assem-blea può altresì revocare la fiducia già accordata al governo, causando-ne la caduta (voto di sfiducia), in questo caso il Presidente ha il poteredi indire nuove elezioni.

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ne e il bilancio finale dello Stato; dichiara lo stato di guerra e disponel’applicazione della legge marziale; ratifica e rende esecutivi i trattati in-ternazionali; decide amnistie e indulti. Secondo la Costituzione, la Grande Assemblea Nazionale decide con ilvoto della maggioranza dei presenti, purché questi rappresentino alme-no un quarto dei propri membri più uno. Tutti i dibattiti dell’Assemblea sono aperti al pubblico, a meno che siadeciso di tenere la seduta a porte chiuse.

Il potere esecutivo è prerogativa del Presidente della Repubbli-ca e del Consiglio dei Ministri.

Il Presidente della Repubblica (Cumburbaçkan), è il capo delloStato e rappresenta la Repubblica turca e l’unità della nazione. Egli è il su-premo garante della Costituzione e dell’ordine costituzionale e vigila affin-ché gli organi dello Stato funzionino in maniera ordinata e armoniosa. È eletto per sette anni e non è rieleggibile. Viene scelto tra i membri del-la Grande Assemblea Nazionale Turca o tra i cittadini turchi con età supe-riore a quaranta anni che abbiano i requisiti per essere eletti nellaGrande Assemblea. Il Presidente della Repubblica è partecipe delle funzioni legislative, ese-cutive e giudiziarie. Relativamente alle prime, convoca la Grande Assem-blea Nazionale; promulga e pubblica le leggi; se lo ritiene opportunopuò rinviare le leggi all’Assemblea per una nuova discussione; può indirereferendum in caso di emendamenti alla Costituzione. Può in determina-te circostanze indire le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale.

Il Presidente partecipa all’esercizio del potere esecutivo inquanto nomina il Primo Ministro e ne accetta o respinge le eventuali di-missioni; su proposta del Primo Ministro nomina o revoca i Ministri, con-voca e presiede il Consiglio dei Ministri, nomina i rappresentanti dellaTurchia all’estero, ratifica i trattati internazionali, emana decreti con forzadi legge. Egli nomina i membri e il presidente del Consiglio dei Revisori dei Contidi Stato e della Formazione Universitaria.Il Presidente è anche il comandante delle Forze Armate e presiede il Con-siglio di Sicurezza Nazionale, un importante organo costituzionale pressocui siedono i massimi vertici delle Forze Armate e del Governo. A tale or-gano spettano le decisioni riguardanti l’integrità, l’indipendenza e la si-

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degli atti aventi forza di legge. La Corte Costituzionale controlla in primoluogo la costituzionalità degli emendamenti alla Costituzione. Il sistemaprevede inoltre una Alta Corte di Appello con membri eletti dal ConsiglioSupremo dei Giudici e Procuratori, un Consiglio di Stato, una Corte deiConti, una Alta Corte d’Appello Militare e una Alta Corte AmministrativaMilitare.

Il potere giudiziario è esercitato da tribunali e corti indipenden-ti che giudicano in nome della nazione turca. I giudici, soggetti soltantoalla legge, sono tenuti ad interpretare e applicare il diritto in base alledisposizioni e ai principi della costituzione, e secondo la giurisprudenza(l’insieme delle decisioni degli organi giurisdizionali più autorevoli) oltreche alle loro convinzioni personali. Nessuno – organo, ufficio, autorità opersona – può tentare di intimidire, influenzare, dare ordini o raccoman-dazioni ai giudici riguardo al concreto esercizio dei loro poteri. Gli organi legislativi ed esecutivi, nonché l’amministrazione pubblica, de-vono adeguarsi alle decisioni dei tribunali e delle corti e non possonocambiare o far ritardare l’applicazione di queste decisioni. Il Consiglio Supremo dei Giudici e dei Procuratori esercita funzioni relativealle assunzioni dei magistrati, alla loro carriera, all’assegnazione ai diversiuffici e compiti, ai trasferimenti e alle promozioni, alle decisioni riguardantisia i veri e propri illeciti disciplinari sia la situazione di quanti risultanoinadatti a continuare la professione e quindi vanno rimossi dall’incarico. La Costituzione stabilisce come regole generali che le udienze dei tribunalie delle corti siano pubbliche, che tutte le decisioni siano motivate (accom-pagnate cioè dalla esposizione delle ragioni che le hanno determinate e legiustificano), che le prove contro i minori siano raccolte e i relativi giudizisi svolgano nelle maniere previste dalle speciali norme di legge.

3. Relazioni politiche internazionali

3.1 Rapporti con Organismi Internazionali

La Repubblica turca è membro dei maggiori Organismi Interna-zionali mondiali e di molti di questi è stata tra i paesi promotori e fon-datori. Ricordiamo che, nel 1948, è stata tra i fondatoridell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE),organismo nato nel periodo immediatamente successivo alla Seconda

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Il governo turco è articolato nei seguenti Ministeri: • Ministero dell’Energia e delle Risorse Naturali • Ministero della Difesa Nazionale • Ministero degli Affari Interni • Ministero degli Affari Esteri • Ministero delle Finanze • Ministero dell’Istruzione Nazionale • Ministero dei Lavori Pubblici • Ministero della Salute • Ministero dei Trasporti • Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali • Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale • Ministero dell’Industria e del Commercio • Ministero del Turismo • Ministero delle Foreste • Ministero dell’Ambiente.

Oltre che al Parlamento, l’esecutivo deve rispondere della suaattività al Consiglio di Sicurezza Nazionale, presieduto dal Presidentedella Repubblica e composto da tre membri nominati dalle Forze Armatecon funzioni consultive e di supervisione.

La Repubblica Turca è divisa in 80 province (iller) organizzateancora, quanto alla loro struttura interna e ai rapporti con l’amministra-zione centrale dello Stato, secondo il sistema francese preso a modellodella riforma introdotta nel 1930.

Le province sono dunque enti pubblici territoriali autonomi,con funzioni che riguardano principalmente la riscossione dei tributi lo-cali, l’erogazione di servizi pubblici (acqua, gas, elettricità) e il sistemadei trasporti sul territorio di pertinenza. Le province fanno capo al Mini-stero degli Affari Interni. Dalle riforme amministrative in atto o allo stu-dio emerge la tendenza ad attribuire alle Province ulteriori funzioni, inparticolare nei settori dei trasporti nazionali, dell’educazione e della sa-nità.

L’ordinamento giudiziario prevede come supremo organo delloStato la Corte Costituzionale, i cui membri sono nominati dal Presidentedella Repubblica. La Corte verifica la costituzionalità (ossia la risponden-za alle norme e ai principi della Costituzione) delle leggi, dei decreti e

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La partecipazione attiva della nazione turca a tanti organismi Internazionalisottintende una forte volontà politica di “non isolamento”. Tale volontàsi è espressa, e tuttora si afferma con particolare determinazione, nel ri-cercare l’ingresso nell’Unione europea, e nell’impegno a rispondere posi-tivamente alle richieste e alle condizioni poste da questa attraverso isuoi vari organismi (Parlamento, Consiglio, Commissione), con particola-re riguardo ai ben noti criteri di Copenhagen.

3.2 Rapporti con l’Unione europea

Bisogna tenere presente che le relazioni tra la Turchia e l’Unio-ne europea hanno una lunga storia. Subito dopo la nascita della Comu-nità Economica Europea (CEE), nel 1958, la Turchia chiese di aderirvi. Aquel tempo la CEE propose alla Turchia l’istituzione di una forma di as-sociazione da mantenersi fino al raggiungimento da parte del Paese del-le condizioni necessarie all’ingresso come vero e proprio Stato membrodella Comunità. Fu così che il 12 settembre 1963 ad Ankara si giunse allafirma dell’Accordo di Associazione, basato sulla prospettiva dell’adesionefutura. L’Accordo prevedeva la libera circolazione di merci, persone e ca-pitali e, nell’ambito dell’intesa e della collaborazione sul piano economi-co, conteneva l’impegno della CEE di fornire aiuti finanziari alla Turchia;escludeva però quest’ultima dai processi decisionali europei e dalla pos-sibilità di far ricorso alla Corte Europea di Giustizia per la soluzione dellecontroversie. Il 14 aprile 1987 la Turchia presentò ufficialmente la domanda per la“full membership”.Il 1° gennaio 1996 entrò a far parte dell’Unione Doganale Europea e, adeccezione di alcuni prodotti agricoli e agro–industriali, ne adottò le tarif-fe doganali nei confronti degli stati terzi.

A dicembre 1997 la Turchia è stata dichiarata eleggibile allo sta-tus di membro dell’Unione europea. Nel 1999 è stata ufficialmente rico-nosciuta come Paese candidato.A marzo del 2001 il Consiglio dei Ministri dell’Unione europea (o Consi-glio europeo) ha adottato il primo partenariato per l’adesione della Tur-chia. Il partenariato costituisce la base per una serie di strumenti politiciche verranno utilizzati per aiutare il Paese candidato a prepararsi all’ade-sione. Nello stesso marzo del 2001, il governo turco ha presentato il suo

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guerra mondiale per la cooperazione economica tra le nazioni europee;un anno dopo, il 9 agosto 1949, è divenuta membro del Consiglio d’Eu-ropa. Nel 1952 ha aderito alla NATO, ed è importante sottolineare comela Turchia sia l’unico Paese a popolazione musulmana aderente a tale or-ganismo, e con un rapporto di “partnership strategica e militare” sia congli USA che con Israele.

La Repubblica Turca è, inoltre, uno dei Paesi aderenti all’Orga-nizzazione della Conferenza Islamica, organismo che associa 57 paesidel Medio Oriente, Africa, Asia Centrale e Subcontinente indiano, istituitaa Rabat il 25 settembre 1969, con lo scopo di salvaguardare gli interessie lo sviluppo delle popolazioni musulmane nel mondo. Nel 1975, è statatra i promotori della creazione dell’Organizzazione per la Sicurezza e laCooperazione in Europa (OSCE).

Inoltre nel 1985, insieme a Iran e Pakistan, ha fondato l’Orga-nizzazione Economica di Cooperazione (OEC), che è un’organizzazione re-gionale intergovernativa creata a scopo di cooperazione economica,tecnica e culturale tra i paesi membri.

Nel 1992, proprio su iniziativa della Turchia, è stata fondata adIstanbul, l’Organizzazione di Collaborazione Economica dei Paesi del MarNero (Black Sea Economic Cooperation). La BSEC, che dal 1998 è statariconosciuta come Organismo Internazionale, è partecipata, oltre che dal-la Turchia, da altri dieci paesi: Albania, Armenia, Azerbaijan, Bulgaria, Ge-orgia, Grecia, Moldova, Romania, Russia e Ucraina; il suo scopo è disostenere lo sviluppo economico della regione.Anche il D–8, meglio conosciuto come Developing–8, vede la Turchia frai membri assieme a Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Malesia, Nigeria,e Pakistan. Fondato dai capi di Stato a Costantinopoli, il 15 giugno 1997,anche questo organismo lavora per la cooperazione allo sviluppo fra ipropri membri.

La Turchia è inoltre uno dei 51 paesi fondatori delle NazioniUnite ed è membro della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Interna-zionale, della Banca Asiatica di Sviluppo e dell’Islamic DevelopmentBank; dal 1995 ha aderito all’Organizzazione Mondiale del Commercio(OMC), l’organizzazione creata allo scopo di supervisionare i numerosiaccordi internazionali relativi al commercio tra i 149 Stati membri.

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Le prime si basano fondamentalmente sul dialogo politico rafforzato, suicriteri economici e politici e ovviamente sull’acquis, mentre fra le secon-de ricordiamo l’attitudine ad assumere gli obblighi derivanti dall’adesio-ne stessa all’Ue, l’attuazione delle riforme e le privatizzazioni.

3.3 Sulla via dell’adesione

Come già accennato nel precedente paragrafo, nel Consiglioeuropeo svoltosi a Helsinki il 10 e 11 dicembre 1999, è stata confermatala candidatura della Turchia all’adesione all’Unione europea. Sulla basedi questa risoluzione, l’anno successivo la Commissione ha espresso leproprie raccomandazioni sull’applicazione dei criteri di Copenhagen allaTurchia. Il governo turco, nel recepire tali raccomandazioni, si è immedia-tamente attivato predisponendo un piano in grado di soddisfare rapida-mente il primo dei tre criteri, quello politico, il quale impone che il Paesecandidato debba essere una democrazia dotata di istituzioni stabili, cherispetta e tutela i diritti umani e le minoranze.

Notevoli progressi sono stati fatti fino ad oggi, e buoni risultatisono stati raggiunti in questa direzione, anche attraverso l’adozione didiversi pacchetti di armonizzazione legislativa.

Meritano di essere ricordate in modo particolare le seguenti mi-sure: l’abolizione della pena di morte; l’imposizione di limiti giuridici allatortura e ai maltrattamenti; la riforma del sistema penitenziario.

Va detto inoltre che – per quanto concerne la libertà di associa-zione, la libertà di espressione e quella dei mezzi di comunicazione – so-no state abrogate molte leggi tristemente note, sono state rimosserestrizioni contrarie ai principi di libertà, provvedimenti adeguati garanti-scono maggiore responsabilità e trasparenza. I Tribunali di Sicurezza del-lo Stato, responsabili di violazioni sistematiche dei diritti umani, sonostati aboliti. In tale contesto, un importante provvedimento riguarda il ri-conoscimento da parte della Turchia della preminenza della legislazioneinternazionale concernente i diritti umani rispetto alle leggi nazionali; al-lo stesso modo i giudizi e i pareri espressi dalla Corte Europea per i Di-ritti Umani assumono nei nuovi processi efficacia vincolante rispetto alledelibere dei tribunali turchi.

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Programma nazionale per l’adozione dell’acquis, e ad agosto 2002 ilParlamento ha iniziato ad introdurre le riforme necessarie per raggiunge-re i criteri di Copenhagen, cioè avere una democrazia stabile che garanti-sce lo Stato di diritto così come la tutela dei diritti umani e delleminoranze, e incorporare nel proprio ordinamento la legislazione del-l’Unione europea assicurando un’economia di mercato funzionante.Tuttavia il Consiglio europeo del dicembre 2002 ha preferito rimandare ladecisione dell’apertura dei negoziati con la Turchia al successivo Consi-glio Europeo del 2004, durante il quale l’avvio dei negoziati per l’adesio-ne sarebbe stato deciso sulla base di un rapporto con relativeraccomandazioni della Commissione, riguardanti il soddisfacimento omeno dei criteri di Copenhagen.In effetti, la Commissione europea, nel suo rapporto di ottobre 2004, haconsiderato che la Turchia risponde in maniera sufficiente a tali criteri. IlConsiglio europeo di dicembre dello stesso anno ha confermato le racco-mandazioni invitando la Commissione a presentare una proposta di ne-goziati con la Turchia.

Il 3 ottobre 2005 hanno preso avvio i negoziati per l’ingressodella Turchia nell’Unione europea.L’esito, e in particolare l’avanzamento dei negoziati, dipenderà dai pro-gressi della Turchia nei preparativi per l’adesione, progressi che sarannomisurati anche rispetto all’attuazione del partenariato di adesione. Sempre nel 2005 la Commissione ha adottato una nuova versione delpartenariato di adesione. In particolare, il partenariato per l’adesione stabilito nel 2005 costituiràla base delle riforme politiche future e funzionerà come metro per misu-rare i progressi in materia. Il governo della Turchia, dal canto suo, dovràmettere a punto un programma che indichi la tabella di marcia e le misu-re specifiche con cui realizzare le priorità previste dal partenariato perl’adesione.

Le principali priorità individuate riguardano la capacità del Pae-se di rispettare i criteri di Copenhagen e le condizioni del quadro di ne-goziazione che il Consiglio ha adottato il 3 ottobre 2005. Le priorità sono state scelte in base al presupposto realistico che la Tur-chia possa conseguire risultati sostanziali nei prossimi anni, e si distin-guono in priorità a breve termine – il cui conseguimento è previsto entrouno o due anni – e priorità a medio termine, il cui conseguimento è pre-visto entro tre o quattro anni.

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diritti umani) anche se alcune norme, in particolare quelle relative alla li-bertà di espressione, sembrano ancora non perfettamente rispondenti aiprincipi fondamentali di tutela dei diritti umani. È questo il motivo per cui il generale consenso che ha accompagnato ilnuovo codice si è progressivamente affievolito, provocando lo slittamen-to della data della sua entrata in vigore, inizialmente prevista per il 1°aprile 2005. Un movimento di protesta, guidato principalmente dagli or-gani di stampa e dalle associazioni di giornalisti, ha organizzato manife-stazioni, convegni e conferenze stampa, contestando come nondemocratiche alcune importanti disposizioni del nuovo codice. Le mag-giori perplessità riguardano la particolare severità delle pene detentivepreviste a tutela della privacy e del segreto istruttorio, tali che costringe-rebbero i giornalisti a forme esasperate di autocensura.

In realtà si tratta di norme penali che non tengono conto deglistandard democratici europei, che invece tendono a garantire la tuteladel diritto di informazione secondo il principio dell’interesse pubblico: lastessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, già nel 1997, ha stabilito chei codici penali nazionali non devono limitarsi a tollerare passivamente lalibertà di informazione, ma al contrario attivamente garantirla.

Riguardo al tanto discusso tema della tortura, dei trattamentiinumani e degradanti e delle condizioni di detenzione, bisogna rilevareche nel nuovo codice penale è stata introdotta una definizione di torturapiù vicina a quella stabilita dal diritto internazionale e le norme sulla de-tenzione hanno migliorato la condizione dei detenuti, riducendo l’uso dialcune tecniche di tortura come la falaka (percosse sotto le piante deipiedi) e la sospensione per le braccia. Purtroppo la tortura rimane anco-ra una pratica largamente diffusa: anche nel corso del 2004 si sono veri-ficati diversi casi di maltrattamenti, ma si ritiene in modo concorde cheuna delle ragioni per cui continuano torture e maltrattamenti nelle carce-ri sia il mancato rispetto da parte delle forze dell’ordine di quanto pre-scritto dalle norme e procedure attualmente in vigore. Elemento positivo del nuovo pacchetto di riforme è stata la comparsa diuna norma intesa a ridurre i tempi della detenzione in stato di isolamen-to. Appare inoltre criticabile, e meritevole di riforma, il termine di prescri-zione del reato di tortura: norma imperativa di diritto internazionale, ildivieto di tortura dovrebbe essere garantito senza limite temporale (pre-scrizione), per non consentire alcun tipo di impunità.

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Le autorità turche, inoltre, hanno organizzato diversi program-mi di formazione sui diritti umani, concepiti appositamente per esseredestinati a quanti operano nell’organico del Ministero degli Affari Interni,del Ministero della Giustizia, della Gendarmeria e degli altri apparati dipolizia.

I doveri, i poteri e il funzionamento del Consiglio Nazionale di Si-curezza (CNS) sono stati oggetto di emendamenti sostanziali che hannocreato un quadro di relazioni tra civili e militari più vicino alla pratica accet-tata negli Stati membri dell’Unione europea. Queste ed altre misure, com-preso il pieno controllo parlamentare sulle spese militari, dovrebberoridurre ulteriormente l’interferenza militare nel processo politico del Paese. Da ricordare, inoltre, che nel gennaio 2004 la Turchia ha firmato il proto-collo n°13 alla Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e nell’aprile2005 ha firmato il secondo protocollo opzionale al Patto sui diritti civilie politici, relativo all’abolizione della pena di morte. Essa ha aderito allamaggior parte delle più significative Convenzioni internazionali ed euro-pee; e continua ad intensificare il suo impegno per l’applicazione dellesentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo.È all’interno di queste riforme – con la decisa volontà di adeguare la le-gislazione nazionale agli standard necessari per l’ingresso nell’Unioneeuropea – che il Parlamento ha approvato nel settembre del 2004 il nuo-vo Codice penale.

Il precedente Codice penale turco era di fatto, nella sua strut-tura portante, ispirato in tutto al codice penale italiano del 1889 (notocome codice Zanardelli), già tradotto in turco durante il periodo ottoma-no e scelto come modello nel 1926 dalla neonata Repubblica turca. Lostesso codice venne riformato, a partire dal 1936, introducendo modifi-che di stampo fascista già introdotte in Italia con il codice penale del1930 (codice Rocco). Nel corso degli anni, nonostante le modifiche intro-dotte, la struttura del codice penale turco era rimasta sostanzialmenteinvariata.Il nuovo codice, la cui stesura è avvenuta in tempi molto brevi ad operadi un gruppo di giuristi dell’università di Istanbul, si è ispirato all’espe-rienza e alla tradizione giuridica tedesca. Il risultato di questa riforma vaconsiderato senza dubbio positivo (basti ricordare l’abrogazione delle di-sposizioni discriminatorie nei confronti delle donne e dei bambini, l’ina-sprimento delle pene per i responsabili di torture e di altre violazioni dei

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Altro tema scottante in materia di diritti civili è l’impunità pergli abusi della polizia. Uno dei pacchetti di riforme attuati ha posto finealla possibilità di sospensione o di commutazione in sanzioni pecuniariedelle pene detentive inflitte per i reati di tortura o maltrattamenti com-piuti da forze di polizia. La nuova legge non è però stata applicata inmaniera retroattiva, quindi le condanne in questa materia continuano adessere eluse, sulla base di leggi precedenti.

Nonostante l’adesione del governo turco alla convenzione del-l’OIL (Organizzazione Internazionale per il Lavoro) per l’eliminazione del-lo sfruttamento del lavoro minorile, e nonostante gli emendamentiapportati alla legislazione nazionale in materia, tale pratica resta un pro-blema nel Paese

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. L’età dell’obbligo scolastico è stata elevata a 15 anni,ma la legge sul lavoro del maggio 2003, che proibisce il lavoro dei mino-ri di 15 anni, non si applica al settore del trasporto marittimo e aereo ese il lavoro è svolto in aziende agricole di piccole dimensioni.

La nuova legge sulla libertà di associazione e di religione,adottata nel luglio 2004, non è ancora entrata in vigore; permangonoquindi limiti alla libertà di associazione su base regionale, etnica e reli-giosa. Per quanto riguarda la libertà religiosa, nonostante la costituzioneaffermi la libertà di credo e di culto, le comunità religiose non musulma-ne non possono ottenere personalità giuridica. In compenso, l’applicazione delle riforme sui diritti culturali ha fatto pro-gressi e anche l’uso di lingue diverse dal turco è maggiormente tollerato.L’insegnamento del curdo è stato recentemente introdotto in diversescuole private nel Sud–Est della Turchia.

La Turchia ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 rela-tiva allo status dei rifugiati, mantenendo la riserva geografica stabilitadalla stessa Convenzione, la quale pone diverse limitazioni al riconosci-mento dello status ai rifugiati provenienti dall’Europa. Ha comunquel’obbligo di seguire il principio di non–respingimento4, obbligo dovutoanche al fatto che ha sottoscritto la Convenzione contro la tortura del1984 e la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo del 1950.

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Per ciò che riguarda la condizione della donna si rileva che il codice civi-le introdotto nel 2001 ha garantito alle donne turche uguaglianza di dirit-ti rispetto a quelli dei rispettivi mariti. Questa disposizione, che è stataaccolta come rivoluzionaria, in realtà ha riguardato soltanto i matrimonicontratti dopo il 1° gennaio 2002, per cui non vi sono rientrate circa 17milioni di spose.

Il nuovo codice penale ha, invece, riformato gli articoli relativi aldelitto d’onore, alle aggressioni sessuali e al “test di verginità”, eliminan-do norme discriminatorie relative a questa delicata materia. Tra le misurepositive introdotte vi sono anche l’abolizione dell’opportunità per il re-sponsabile di uno stupro di vedersi ridurre, rimandare o annullare la con-danna nel caso in cui questi accetti di sposare la vittima; l’esplicitoriconoscimento dello stupro coniugale quale reato; e la definizione di vio-lenza familiare prolungata e sistematica quale tortura.

Di fatto però i diritti umani di centinaia di migliaia di donne inTurchia, anche secondo il rapporto di Amnesty International del 2005, conti-nuano ad essere violati. Ancora nel corso del 2004 sono pervenute moltis-sime segnalazioni di percosse, stupri, omicidi o induzioni al suicidio; questifatti, sostiene Amnesty, dimostrano che le autorità non riescono ad adottaremisure concretamente capaci di proteggere le donne in modo adeguato. Ledonne ritengono insoddisfacente la riforma del codice penale e alcuni mo-vimenti femministi si stanno battendo affinché i crimini sessuali siano con-siderati non più come crimini contro la società, ma contro la persona.

A rendere sfavorevole la condizione delle donne in Turchia èanche purtroppo il loro basso grado di alfabetizzazione: ancora oggi cir-ca il 19% delle donne turche è analfabeta. La minore possibilità d’istru-zione condiziona anche la tipologia di lavori accessibili; la maggior partedelle donne si trova occupata nell’agricoltura e la minor qualificazione siriflette ovviamente sui livelli salariali, sulla condizione e prestigio socia-le, sulle effettive possibilità di partecipazione alla vita della collettività. Naturalmente non si parla della totalità delle donne turche, anche quicome in molti aspetti della vita del Paese, ci sono disuguaglianze e di-sparità; se si considerano infatti le donne che risiedono nelle aree urba-ne, in particolare ad Istanbul, sono molte coloro che riescono a portare acompimento il ciclo scolastico e ad arrivare poi a livelli di carriera piutto-sto elevati, comunque al pari di colleghi uomini.

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3 (vedi Cap.III, par. 1.3)4 Principio previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e dall’art. 33 del Trattato Europeo: « nessuno degli Stati firmatari espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso le frontiere di unterritorio dove la sua vita o la sua libertà sono minacciate a causa della sua razza, della sua religione, dellasua nazionalità, della sua appartenenza ad un gruppo sociale o alle sue opinioni politiche».

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terali tra la Turchia e tutti gli Stati membri dell’Unione europea, com-presa la Repubblica di Cipro.

La Turchia può essere considerata un Paese con un’economia dimercato funzionante, che ha ottenuto buoni risultati negli ultimi anni intermini di stabilizzazione e di riforma. Si può, quindi, affermare che ilPaese rispetta il secondo dei criteri di Copenhagen, anche se il processodi stabilizzazione dovrà ancora essere sostenuto da riforme strutturalisupplementari destinate, in particolare, a rafforzare lo stato di diritto, aincentivare la privatizzazione e la ristrutturazione delle imprese, a correg-gere gli squilibri del mercato del lavoro e a ridurre l’economia sommer-sa. Per consolidare i risultati ottenuti finora, il Paese deve promuovereulteriormente la stabilizzazione macroeconomica attraverso una politicadi bilancio rigorosa.

A partire dal 2004 ad oggi, la Turchia si è impegnata per adotta-re e applicare nel proprio ordinamento la legislazione dell’Ue, rispettan-do così anche il terzo dei criteri di Copenhagen. Il processo diallineamento è più avanti in certi settori, come per esempio in materia dilibera circolazione delle merci e libera circolazione dei capitali, del dirittosocietario, del diritto di proprietà intellettuale e dei servizi finanziari,procede invece a rilento in materia di sicurezza alimentare e politica ve-terinaria e fitosanitaria, come pure nel settore dell’agricoltura e della pe-sca. Nel settore dei trasporti i progressi variano a seconda dei modi ditrasporto, per esempio il processo di adeguamento è più avanti perquanto riguarda il trasporto stradale, mentre sono necessarie riforme ra-dicali a livello legislativo e istituzionale per quanto riguarda il trasportoferroviario.

Qualche progresso in termini di adeguamento legislativo e dirafforzamento della capacità amministrativa si segnala nel campo dei tra-sporti marittimi. La situazione è leggermente migliorata anche nel campodei trasporti aerei, pur se molti sforzi saranno ulteriormente necessari.Purtroppo i progressi nel campo della fiscalità non sono ancora conside-rati sufficienti sia per l’imposizione indiretta che per quella diretta, il re-gime tributario turco è solo parzialmente conforme all’acquis.

L’allineamento con la legislazione Ue in materia di statistiche èancora limitato, ma prosegue la cooperazione tra Eurostat e l’Istituto Na-zionale di Statistica. Il livello globale di recepimento delle normative in

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Più di un quarto degli abitanti, soprattutto curdi, sono impossi-bilitati a tornare alle loro case nel Sud–Est del Paese, dopo essere staticostretti alla fuga dalle forze di sicurezza durante i violenti scontri tra que-ste e il PKK negli anni Novanta. Ancora oggi coloro che sono sfollati nellecittà vivono in condizioni di estrema povertà e senza alcun tipo di assi-stenza. Le iniziative del governo per il ritorno dei rifugiati sono risultateassai poco incisive. Nel rapporto dell’ottobre 2004 la Commissione Euro-pea ha fatto presente che la situazione degli sfollati in Turchia è ancoracritica, e che diversi ostacoli non permettono agli sfollati di rientrare neiloro villaggi. Paura, intimidazione, minacce restano una grande preoccupa-zione per le migliaia di civili che vorrebbero rientrare nelle proprie case.

Questioni regionali e obblighi in campo internazionale.Dal 1974 la regione di Cipro è divisa in 2 stati separati dalla

green line: la Repubblica di Cipro, (comunità greca) e la Repubblica Turcadi Cipro del Nord (comunità turca).La divisione dell’isola è avvenuta in seguito all’invasione delle truppe diAnkara in risposta alla tentata unificazione con Atene da una parte dipopolazione filo–greca. Nella zona occupata dalla Turchia è stata istituitauna Repubblica di 3.356 km2, abitata da circa 210.000 persone di origi-ne turca. La Repubblica Turca di Cipro del Nord non è stata però ricono-sciuta come Stato sovrano dal consesso internazionale, ma unicamentedalla Turchia. Questa a sua volta non riconosce la parte greca dell’isola,ossia la Repubblica di Cipro, che invece è entrata nell’Unione europea amaggio 2004.

La questione cipriota condiziona da 30 anni i rapporti con laGrecia (con la quale esiste anche un annoso contenzioso sullo spazio ae-reo e sulle acque territoriali nel Mare Egeo) e con l’Unione europea.Bruxelles chiede alla Turchia di riconoscere la parte greca di Cipro, di-chiarando che il riconoscimento di tutti gli Stati membri è una compo-nente necessaria al processo di adesione.A tal proposito, tra le priorità individuate dal partenariato del 2005 silegge: • proseguimento del sostegno agli sforzi di ricerca di una soluzione glo-

bale della questione di Cipro nel quadro delle Nazioni Unite e confor-memente ai principi sui quali si fonda l’Unione.

• Attuazione completa del protocollo che adegua l’accordo di Ankara all’ade-sione dei nuovi dieci Stati membri dell’Unione europea, compresa Cipro.

• Adozione di misure a favore della normalizzazione delle relazioni bila-

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2. L’economia

1. Tendenze economiche dell’ultimo secolo

Alla vigilia del primo conflitto mondiale, l’economia del vecchioimpero ottomano era rimasta ancorata a strutture sociali di tipo teocrati-co–feudale, oltre che tecnicamente primordiali.

La rivoluzione dei Giovani Turchi, il successivo avvento al pote-re di un governo repubblicano nel 1923, e di seguito la spinta riformistadi Atatürk volta alla europeizzazione delle strutture economiche e sociali,posero le premesse indispensabili per la modernizzazione del nuovoStato turco. Un primo atto fu la creazione di una nuova capitale, Ankara,scelta – seguendo criteri geopolitici – al centro del territorio nazionale.Principio ispiratore delle riforme fu la pianificazione, che nel 1929 portòall’instaurazione di una sorta di autarchia tramite la creazione di rigidebarriere doganali, considerate necessarie ad assicurare allo Stato una suaindipendenza politica. Nel 1934 fu varato il primo piano quinquennalevolto alla nazionalizzazione delle attività produttive, che si concretizzòcon la fondazione di due banche di credito: la Sümer Bank, strumentofondamentale per lo sviluppo delle industrie di base, e l’Eti Bank cheebbe il compito di favorire lo sfruttamento delle risorse minerarie ed ener-getiche. Il monopolio statale in quegli anni si diresse verso i settori dellasiderurgia, del cemento, della carta, del legno, del tabacco, dell’industriatessile e calzaturiera. Anche il sistema dei trasporti venne nazionalizzatoe fu dato notevole impulso alla costruzione di una efficiente rete strada-le. Il secondo piano quinquennale, che fu interrotto dagli eventi delsecondo conflitto mondiale, si sarebbe indirizzato verso lo sviluppo dellasiderurgia, della produzione energetica e mineraria.

Il primo quindicennio postbellico fu contrassegnato da notevolimutamenti economici e politici, tra questi la rapida espansione dell’eco-nomia dovuta alla liberalizzazione degli scambi, la ripresa dell’iniziativaprivata, nonché l’adesione della Turchia ad organismi internazionali come

materia di ambiente rimane basso tranne per quanto riguarda la gestio-ne dei rifiuti e l’inquinamento acustico, mentre procede a ritmo sostenu-to per quanto riguarda la salute e la tutela dei consumatori. Le disposizioni sull’unione doganale sono state in gran parte recepite,anche per motivi di conformità con gli accordi bilaterali Ue–Turchia, men-tre il codice doganale turco deve essere ulteriormente allineato con quel-lo della Ue. Destano preoccupazione la legislazione non doganaleapplicata nelle zone franche e il sussistere delle carenze relative all’ap-plicazione dei diritti di proprietà nell’ambito dei controlli doganali.

Vi sono stati progressi in materia di occupazione e politica sociale. L’alli-neamento, ad esempio, è relativamente a buon punto per quanto riguar-da la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, mentre il Paese deveimpegnarsi attivamente in settori quali il dialogo sociale, la parità fra isessi e la lotta alle discriminazioni. C’è ancora molto da fare inoltre, a li-vello di applicazione e rafforzamento della capacità amministrativa.Dal partenariato del 2005 a tal proposito si legge:• elaborazione di un programma annuale di finanziamento degli investi-

menti basato su una valutazione realistica dei costi dell’allineamento edei mezzi finanziari pubblici e privati disponibili.

• Creazione delle condizioni favorevoli ad un effettivo dialogo sociale,abolendo in particolare le disposizioni restrittive sulle attività dei sin-dacati e garantendo il rispetto dei diritti sindacali.

• Sostegno all’impegno dei partner sociali a livello di consolidamentodelle competenze, in particolare in una prospettiva di futura partecipa-zione all’elaborazione e all’attuazione delle politiche sociali e dell’oc-cupazione, segnatamente attraverso un dialogo sociale autonomo.

• Proseguimento dell’impegno a favore della lotta contro il lavoro minorile. • Potenziamento delle competenze di tutte le istituzioni che partecipano

al recepimento dell’acquis in materia.

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nio che va da 1985 al 1995 la Turchia si è relazionata sempre di più conl’Occidente compiendo scelte significative di integrazione economica conpartner occidentali e con i paesi dell’Unione europea. È in questi anni chela Turchia ha aderito all’Unione Doganale Europea (1° gennaio 1996).

A partire dal 1999, però, l’economia turca ha subito un periododi recessione influenzato sopratutto dal dramma del sisma che in quel-l’anno colpì il paese causando circa 20.000 mila morti, distruggendo inte-ri villaggi, spazzando via la principale regione industriale del paese einfliggendo di conseguenza un duro colpo all’economia nazionale. Inoltre,sempre in quello stesso anno, la questione Öcalan fece diminuire il turi-smo di almeno il 25%.

Nel 2000 l’economia turca ha segnato una ripresa, probabilmen-te favorita dall’avvicinamento del paese all’Unione europea, seguita peròsubito dopo da una nuova crisi finanziaria. Nel 2001, infatti, la Turchia havissuto la più dura crisi economica della sua storia repubblicana, una crisicaratterizzata da forte recessione, con una caduta del Prodotto InternoLordo del 9,4%, un crollo del PIL pro–capite da 2.900 a 2.100 dollari, unacrescita dell’inflazione pari al 68,5%, e il fallimento di quindici banche edi molte aziende. In quello stesso anno l’abbandono dell’ancoraggio dellalira turca al dollaro provocò una caduta della lira del 50% rispetto al dol-laro. Altri motivi della crisi furono una spesa pubblica fuori controllo,un’industria di Stato pervasiva e poco efficiente, un sistema bancario efinanziario non in linea con gli standard internazionali.

Ruolo fondamentale per la pronta ripresa dell’economia turcadopo il 2001 è stato senza dubbio giocato dagli accordi di prestito sigla-ti con il Fondo Monetario Internazionale, così come dalla capacità mostra-ta, per la prima volta, dal governo turco di attenersi agli impegni assun-ti con esso.

2. Quadro macroeconomico

Le elezioni tenute il 3 Novembre 2002 hanno segnato la clamo-rosa vittoria del Partito “AKP” (Partito della Giustizia e Sviluppo), di ispi-razione islamica moderata, che ha conquistato la maggioranza assolutadei seggi e ha potuto così formare per la prima volta un governo mono-

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l’OECE5

e militari come la NATO. Tali eventi non portarono solo conse-guenze positive, anzi furono causa di sbilanciamenti nei rapporti commer-ciali con l’estero, di tendenze inflazionistiche e di una crisi del sistemadella pianificazione economica.

Dopo la crisi politica e istituzionale del 1960, venne creato unapposito organismo nazionale di pianificazione che delineò le linee pro-grammatiche di sviluppo per la realizzazione di radicali cambiamenti dellestrutture economiche, ricorrendo anche a ingenti investimenti statali eall’apertura verso il capitale privato e straniero. Nel 1964 la Turchia siassociò alla Comunità Economica Europea, con l’intento di poter aderiread essa nell’arco di un trentennio. Tra il 1963 e il 1977 furono varati tre piani quinquennali, la cui attuazio-ne produsse un sensibile aumento del prodotto nazionale lordo, quasi il7% annuo.

I risultati migliori furono ottenuti dal settore industriale ed energe-tico-minerario, mentre in quello agricolo – anche se aumentarono le terre col-tivate e la produzione – continuarono a pesare negativamente l’arretratezzadei sistemi colturali, il latifondo e una mentalità ancora piuttosto arcaica.

Negli anni ’70 l’economia turca risentì della crisi energetica mon-diale, la conseguenza fu un’inflazione ancor più crescente, un sensibilerallentamento del prodotto nazionale lordo e un massiccio flusso migra-torio, con oltre sei milioni di turchi che si diressero all’estero per motividi lavoro.

Durante questi ultimi 20 anni la Turchia ha attraversato un pro-fondo processo di trasformazione cercando di abbandonare la sua econo-mia basata essenzialmente sull’agricoltura in favore di un’economia indu-strializzata, dando un peso sempre più crescente anche al settore dei ser-vizi. Le scelte fatte alla metà degli anni ’80 dal presidente Ozal hannofatto si che si sviluppassero alcune infrastrutture fondamentali per lamodernizzazione del paese, come per esempio il sistema stradale e quel-lo aeroportuale, che hanno dato vita, grazie anche ad un consistente flus-so di capitali stranieri, ad un sempre più solido settore privato. Nel decen-

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5 OECE (Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica, 1948–1960). Organizzazione internazionalecreata dopo la seconda guerra mondiale da sedici stati europei con l'aggiunta di Stati uniti e Canada e aven-te l'obiettivo di coordinare gli aiuti economici previsti nel piano Marshall.

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Nel biennio 2004–2005 sono state approvate importanti riformestrutturali quali la legge quadro sugli investimenti esteri diretti; la norma-tiva che disciplina la creazione di imprese; la riforma del mercato del lavo-ro; la legge sul controllo della finanza pubblica; la normativa sugli AppaltiPubblici; la liberalizzazione dei mercati elettrico, del gas, degli alcolici edella telefonia fissa.

Il quadro, però, non è solamente positivo, il percorso di riformadel sistema economico, infatti, non può dirsi completamente compiuto.Purtroppo si registra una crescente disoccupazione, ufficialmente intornoal 10%, ma nella realtà sembra sia stimabile un valore intorno al 20%,sopratutto in considerazione del fenomeno, molto diffuso, della sottoccu-pazione. Inoltre, rimane ancora molto alta la cosiddetta economia “som-mersa” che, anche a detta di fonti ufficiali, rappresenta il 40/50% dell’eco-nomia totale. Ovviamente tale dato ha un indubbio riflesso negativo sulleentrate fiscali, contribuendo a far si che queste rimangano ad un livello

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partitico. Dopo i non sempre soddisfacenti risultati delle strategie di poli-tica economica poste in essere dalle coalizioni precedenti, il partito AKPsi è dichiarato fin dal primo momento, disposto a seguire il programmadi austerità economica messo a punto con il Fondo MonetarioInternazionale e si è impegnato per un piano significativo di privatizzazioni,che dovrebbe far entrare nelle casse dello Stato almeno 20 miliardi di dol-lari nei prossimi anni.

Solo grazie all’intervento del FMI con il prestito stand–by di 16,5miliardi di dollari approvato nel febbraio 2002 ed alla politica economicadel Ministro Kemal Dervis, la Turchia si è salvata dalla bancarotta.

Nel 2005, a quasi quattro anni di distanza dall’inizio del pro-gramma di risanamento, l’inflazione si è arrestata al 7,1% (54,4% nel2001), e le esportazioni sono cresciute del 15,8%. Anche le riserve valu-tarie sono risalite a oltre 40 miliardi di dollari, il PIL è cresciuto di circa il5%, mentre la produzione industriale è aumentata del 10% circa nel 2004e del 5,5% nel 2005.

I parametri macroeconomici sono considerati soddisfacenti,addirittura migliori rispetto alle previsioni fatte dal Fondo MonetarioInternazionale. L’unico dato ancora da migliorare è quello relativo al sur-plus primario del settore pubblico, che avrebbe dovuto raggiungere il6,5% e si è invece fermato al 4%. A maggio 2005 è stato approvato dalFMI un ulteriore programma triennale “standby”, a supporto di un credi-to pari a 10 miliardi di dollari, cui fa fronte un programma di misure eco-nomiche da attuare nei prossimi tre anni.Il supporto del FMI è condizionato all’attuazione di un insieme di riforme:al Paese è stato chiesto in primo luogo di diminuire la spesa pubblica,riformare il settore bancario e di abbassare il tasso d’inflazione. La Turchia sta conseguendo buoni risultati nel contenere i tassi d’interes-se che oggi sono intorno al 15%, tassi che fino ad aprile 2003 erano statiintorno al 70%. Fattore molto importante in considerazione del pesantedebito che la Turchia deve ripagare, e che è, in buona parte, espresso invaluta straniera.

La valuta, nel corso del 2004 e del 2005 si è notevolmente raf-forzata e ad aprile 2006 il cambio è pari 1,351 YTL rispetto al dollaro e1,619 YTL rispetto all’euro.

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PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI

2001 2002 2003 2004

TASSO DI CAMBIO VALUTA LOCALE PER $ USA 1,23 1,51 1,50 1,43

TASSO DI CAMBIO VALUTA LOCALE PER EURO 1,10 1,43 1,69 1,77

PIL IN $ A PREZZI CORRENTI (MLN.) 145.574 184.160 239.701 301.999

VARIAZIONE ANNUALE DEL PIL REALE (%) –7,5 7,94 5,79 8,93

ORIGINE DEL PIL (%)

• AGRICOLTURA 12,06 11,64 11,78 11,31

• INDUSTRIA 30,9 29,5 28,37 28,6

• SERVIZI 59,82 58,55 58,79 58,8

VARIAZIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE (%) –8,44 9,28 8,54 9,45

PIL PRO CAPITE IN $ A PREZZI CORRENTI 2.100 2.620 3.360 4.170

TASSO DI INFLAZIONE (%) 54,4 44,97 25,3 8,6

TASSO DI DISOCCUPAZIONE (%) 8,53 10,35 10,5 10,3

RAPPORTO DEBITO PUBBLICO/PIL (%) 77,83 71,24 60,78 53,5

DESTINAZIONE DEL PIL (%)

• CONSUMI PRIVATI 72,03 66,44 66,6 66,12

• CONSUMI PUBBLICI 14,24 13,95 13,62 13,19

• INVESTIMENTI 18,17 16,59 15,46 17,82

DEBITO ESTERO TOTALE IN $ (MLN.) 113.300 131.200 145.700 161.522

DEBITO PUBBLICO (% SUL PIL) 99,88 87,45 78,64 73,49

FONTE: ELABORAZIONI ICE TURCHIA SU DATI ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT – BUREAU VAN DIJK

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insufficiente. Sembrerebbe, inoltre, necessario un più deciso interventoatto a ridurre le numerose partecipazioni statali nelle imprese e nel siste-ma creditizio nazionale, in modo da offrire ad investitori privati una mag-giore possibilità d’intervento nei settori chiave dell’economia. Il settorebancario, per di più, continua ad essere minato dalla corruzione delle éli-tes al potere, e questo appare essere uno dei motivi principali che disin-centiva gli investitori stranieri. Nonostante la Turchia sia un paese dina-mico dal punto di vista economico, rimane caratterizzato da una societàtroppo ineguale; si può dire che la crescita economica non ha compor-tato un pari incremento del livello occupazionale e nemmeno una miglio-re redistribuzione della ricchezza. Le differenze maggiori di questo si pos-sono notare tanto da un punto di vista geografico – Istanbul ed Ankarapesano per un 30% sul PIL – quanto etnico, in alcune zone Sud orienta-li del Paese, infatti, la disoccupazione tra i curdi sfiora il 70%, cosicchéla distanza tra le classi più abbienti che vivono nelle grandi città e gli abi-tanti delle gecekondu, immense bidonvilles di periferia, rimane enorme.

Nel complesso, comunque, l’economia turca ha compiuto pro-gressi notevoli e si è dimostrata tra le più dinamiche economie emergen-ti a livello mondiale, come rilevato anche dall’OCSE. Il risultato degli sfor-zi di Ankara per riformare la propria struttura economica è sempre piùapprezzato dai mercati finanziari, sopratutto è apprezzata la determina-zione turca nel mantenere la rigorosa politica fiscale che ha consentito dicelebrare il 2005 come l’anno con il tasso di crescita dei prezzi al consu-mo più basso degli ultimi trenta anni. Secondo il Ministro dell’Economia,Babacan, i progressi macroeconomici dei prossimi anni consentiranno adAnkara di rispettare entro il 2007 due parametri di Maastricht: entro il2006 la Turchia sarà in regola con il parametro del rapporto deficit PIL,mentre entro il 2007 verrà centrato quello del rapporto tra debito pubbli-co e PIL.

Secondo uno studio pubblicato a marzo 2006 dalla banca d’affariMorgan Stanley, negli ultimi anni la "forbice" fra i più ricchi e i più poveri inTurchia, a differenza di altri Paesi europei, si è andata restringendo.Il reddito pro–capite è passato dai 2.146 dollari del 2001 ai 5.000 del 2005,e la concentrazione della ricchezza si è andata riducendo favorendo quellaparte di popolazione più svantaggiata. Chiaramente – sempre secondo lostudio – le disuguaglianze e le disparità rimangono una costante della socie-tà turca, dove l’ 1% di coloro che dispongono di depositi bancari controlla i

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due terzi di tutti i depositi della Turchia e quella parte di popolazione conla più alta concentrazione di ricchezza controlla il 70% delle proprietà el’80% dei proventi di carattere finanziario del paese.

La SACE –Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero – col-loca la Turchia in classe B, nella 5a categoria su 7 della classificarischio–paese del 2005.

Le previsioni SACE per il 2006 indicano che: • le prospettive economiche del Paese sono in generale favorevoli, si

prevede un deprezzamento della lira turca nei confronti del dollarosuperiore al 10%, e questo porterà ad un aumento delle esportazio-ni e a un calo delle importazioni contribuendo a migliorare il deficitdi parte corrente dal 6,4% del PIL nel 2005 al 4,2% nel 2006.

• L’obiettivo primario del governo è riuscire ad attrarre più investimen-ti stranieri e completare il consolidamento del settore bancario perconferire al Paese maggiore stabilità.

• I negoziati per l’accesso della Turchia all’Unione europea, che dure-ranno per almeno altri dieci anni, spingeranno il processo di riforme,tuttavia la questione relativa al riconoscimento da parte delleAutorità turche del territorio greco di Cipro rimarrà l’ostacolo princi-pale al procedere dei negoziati.

3. Settori produttivi

La struttura economico produttiva della Turchia continua adessere caratterizzata dalla forte presenza di un settore agricolo che rive-ste ancora un’importanza vitale per l’economia, e da un’industria incostante crescita, anche se soggetta ad alcune flessioni negli ultimi anni.Il settore dei servizi è caratterizzato da un’espansione considerevole nelcampo dei servizi turistici, anche se sempre con periodi di alti e bassilegati alla percezione di sicurezza del Paese.

AgricolturaLe iniziative dello Stato per mutare la struttura produttiva del-

l’agricoltura, ancora piuttosto arcaica e dominata dal latifondo, si orien-

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più spoglie. Particolarmente pregiata è la capra d’Angora, dal cui vello siricava la pregiatissima lana mohair. Nell’Anatolia occidentale e nella Traciaè anche tradizionale l’allevamento del baco da seta. Un incremento considerevole nel settore agricolo si avrà quando saràcompletato il GAP (Güneydogu Anadolu Projesi), il grandioso progetto dibonifica ed irrigazione nel Sud–Est anatolico, che prevede la creazione di22 dighe, 19 centrali idroelettriche, una rete di sistemi di irrigazione chedovrebbero fornire acqua a circa 2 milioni di ettari di terra. Si stima cheil valore dato dal settore agricolo potrebbe raddoppiare, se non triplica-re, con l’introduzione di tecniche che si adattino in maniera migliore allediverse climatologie, a tipi e condizioni del suolo differenti e con un uti-lizzo più razionale di fertilizzanti.

Industria L’industrializzazione è sempre stata la grande aspirazione dei

governi succedutisi alla guida del Paese. Già nel secondo dopoguerra l’in-dustria nazionale turca ha conosciuto un notevole sviluppo, specialmen-te in conseguenza di due piani quinquennali (1963–72), che hanno porta-to a triplicare il proprio indice produttivo. In particolare il settore dellametallurgia ha visto la nascita di moltissimi nuovi impianti per la produ-zione di ghisa, acciaio, coke metallurgico, rame, piombo, alluminio. Nuoviimpulsi sono stati dati anche ai settori delle industrie tradizionali comequelle alimentari e tessili.

Nel decennio 1985–1999 si è notata quasi una frenesia nel volerbruciare le tappe per mettersi alla pari con i paesi industrialmente piùprogrediti. Ciò ha provocato piani di sviluppo a volte troppo ambiziosi, avolte non consoni alla realtà economica e sociale del Paese, con una cre-scita dell’industria pesante, in particolare siderurgia e petrolchimica, cheè poi andata a pesare fin troppo sulle casse dello Stato. L’industria tessile si è sviluppata molto rapidamente negli ultimi anni, finoad arrivare ad essere uno dei settori più importanti dell’economia e delleesportazioni, contribuendo al 17% della produzione industriale e al 29%delle esportazioni totali turche. Il settore impiega circa il 20% della forzalavoro del Paese. Tra le sue produzioni un tempo legate solo alla fabbri-cazione artigianale di tappeti, troviamo oggi manufatti di cotone, lana,seta e fibre artificiali e sintetiche.Grazie anche ai notevoli miglioramenti qualitativi e ad un costo dellamanodopera inferiore a quello dei paesi Ue, la produzione trova un otti-

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tano sulla creazione di fattorie modello, di una banca di credito agrario, laZiraat Bankasi, di un fondo di sviluppo agricolo e di strutture cooperative.Inoltre, grazie ad opportuni incentivi e ad una politica dei prezzi protezio-nistica, il contributo fornito dall’agricoltura all’economia nazionale è dive-nuto via via più consistente. A ciò hanno contribuito anche il miglioramen-to della rete delle comunicazioni, l’aumento delle superfici irrigate, l’usocrescente dei fertilizzanti e l’introduzione della meccanizzazione.Si può sostenere che tra il 2002 e il 2003 l’economia ha ripreso decisa-mente a crescere, grazie anche al forte aumento della produzione agricola. La Turchia possiede la più estesa area coltivabile dell’Europa Occidentale,ed è uno dei pochi paesi al mondo che godono dell’autosufficienza ali-mentare, oltre ad essere un esportatore netto di prodotti agricoli. Anchese il principale impulso economico statale continua ad essere direttoverso il settore industriale, l’agricoltura – la cui quota nella composizio-ne del PIL si è ridotta negli ultimi anni, passando dal 17,5% nel 1998all’11,2% nel 2004 – rappresenta ancora una componente primaria del-l’economia turca. Questa rimane ancora il settore che assorbe la quotamaggiore di lavoratori (45% della forza lavoro) e soddisfa completamen-te la domanda interna assicurando anche il 9,4 % dell’export totale.

In tutto il Paese è diffusa la coltivazione dei cereali, in partico-lare frumento e orzo, mentre lungo la costa meridionale la coltura domi-nante è il cotone, di cui la Turchia è uno dei maggiori produttori mondia-li; molto diffusi sono anche gli agrumi e la vite la cui coltivazione preva-le nel versante del Mar Egeo. Di particolare rilievo commerciale sono leproduzioni di uva passa e di fichi secchi, dell’olivo e del mandorlo.Appartiene alla Turchia il primato mondiale per la produzione di noccio-le, mentre molto sviluppata sulla costa orientale è la coltura del tè. Fra lecolture agricole più diffuse destinate all’alimentazione si possono ricor-dare le patate e i pomodori. Diffusa anche la coltivazione di piante oleo-se e da fibra di uso industriale, come il girasole, il lino, il sesamo, la soia,la colza e l’arachide. Infine da ricordare due coltivazioni tipiche dellaTurchia, quella del papavero da oppio e quella della rosa.

Tradizionale risorsa economica del paese e principale attivitàdelle popolazioni nomadi, è l’allevamento. La Turchia infatti, anche sedispone di superfici di pascolo piuttosto limitate, ha un patrimonioalquanto consistente di pecore, capre, bovini, asini, cavalli, bufali.

Gli ovini sono allevati nelle zone centro–occidentalidell’Anatolia, mentre l’allevamento caprino occupa le zone montuose e

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Turismo La Turchia è uno dei pochi paesi in Europa che offre contempo-

raneamente grandi bellezze naturali, stagione turistica di sette mesi nelSud del Paese, mare non inquinato e tradizioni storico–artistiche di gran-de rilievo. Ciononostante il turismo in Turchia rimane una risorsa suscet-tibile di ulteriore sviluppo. La sua crescita è stata limitata nel passato dauna mancanza di programmazione, che ha in alcuni casi danneggiatol’ambiente, senza migliorare l’offerta turistica del Paese. Tuttavia, i recen-ti governi hanno considerato tale settore della massima importanza eduna delle maggiori fonti potenziali di entrate valutarie. Il 2004 è stato unanno record per il turismo, registrando introiti pari a 15,89 miliardi dolla-ri, con un incremento del 20% rispetto al 2003.

Risorse naturali Sebbene la Turchia non possa dirsi privilegiata dal punto di

vista naturale, l’attività estrattiva realizza interessanti risultati, soprattut-to grazie alle risorse petrolifere nella Mesopotamia, ai giacimenti di car-bone sul Mar Nero e alla lignite estratta da numerosi giacimenti sparsiprevalentemente sull’altopiano anatolico e nella Tracia. Ciononostante, l’attività estrattiva non è sufficiente a coprire il fabbiso-gno energetico del Paese; il petrolio estratto, per esempio, copre solo il5% del fabbisogno nazionale. Per questo motivo la Turchia negli ultimianni ha cercato di aumentare la produzione di energia soprattutto attra-verso la costruzione di centrali ad energia termica e idroelettrica, sfruttan-do i bacini idrici e le dighe recentemente costruite. Per far fronte al pro-prio fabbisogno energetico la Turchia si affida anche all’importazione digas naturale dai paesi asiatici e dalla Russia, come dimostra la costruzio-ne del gasdotto tra la sponda russa e quella turca del Mar Nero curatadalle società del gruppo ENI nell’ambito dell’Accordo “Blue Stream” traRussia e Turchia.

La Turchia, per posizione geografica e risorse idrogeologiche, èconsiderata dagli esperti un Paese favorito dalla presenza di acqua, siasuperficiale che sotterranea: una sorta di grande serbatoio idrico se para-gonata alle zone semidesertiche dell’altopiano arabico e del VicinoOriente. Inoltre, notevoli sforzi sono stati compiuti nella costruzione dinumerosi bacini artificiali lungo i principali corsi d’acqua, a scopo irriguo,ma sopratutto energetico, tra i quali il lago di Hirfanli sul fiume Kizilirmake il lago Keban sull’Eufrate. Su quest’ultimo è stato realizzato un grande

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mo collocamento sui mercati esteri, tanto che in questi ultimi anni laTurchia è diventato il primo paese fornitore tessile dell’Unione europea etra i maggiori produttori mondiali.

Una posizione di rilievo è occupata anche dalle industrie mec-caniche, orientate particolarmente al settore dei mezzi di trasporto e dellemacchine agricole. L’industria automobilistica è nata negli anni ‘50 comesemplice industria di assemblaggio, si è sviluppata negli anni ‘60 e ‘80,e vede oggi la presenza sul mercato locale di tutti i maggiori players inter-nazionali, che utilizzano la Turchia sia come importante mercato di sboc-co che come base produttiva per i mercati europei.Tra le industrie in fase di sviluppo, un ruolo di rilievo è occupato da quel-la petrolchimica e chimica. L’industria chimica turca è relativamente gio-vane ed ancora fortemente dipendente dall’estero, sebbene sia in unafase di significativa espansione dovuta alla crescente richiesta da partedel settore industriale e manifatturiero. Le esportazioni di prodotti chimi-ci costituiscono circa il 4% dell’export totale; si tratta principalmente diprodotti come superfosfati, soda caustica, acido solforico, fertilizzanti egomma sintetica. Da notare che la quota occupata dal capitale stranieronegli investimenti dell’industria chimica turca supera il 75%.

Un’industria in fase di sviluppo è anche quella cartaria, che forni-sce pasta meccanica, chimica e carta di giornale. Sviluppati, inoltre, sono isettori dell’industria del legno, dell’industria della lavorazione della pelle,del vetro, del cemento, dell’acciaio, della cantieristica e delle raffinerie.L’industria elettrotecnica ed elettronica in Turchia ha attraversato un perio-do difficile negli ultimi anni; la mancanza di tecnologia avanzata ha influi-to negativamente sull’intero settore e ha comportato la comparsa di pro-dotti concorrenziali provenienti dall’Europa.Il mercato dei computer, anche se ha subito i contraccolpi della crisi eco-nomica negli ultimi tre anni, ha avuto una crescita del 30%, la più fortein tutta Europa. L’industria delle costruzioni è stata nell’ultimo decennio un settore trainan-te dell’economia turca, con importanti acquisizioni di appalti inMedio–Oriente e nelle Repubbliche centroasiatiche ex sovietiche. Delle circa20.000 società di costruzioni registrate, circa il 95% sono di piccole dimen-sioni, mentre circa 600 di dimensioni maggiori sono quelle che oltre adessersi aggiudicate gare internazionali, sono società fra le più attive sulmercato interno, che tra l’altro beneficia di interessanti tassi di sviluppo.

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2008. Tale Piano d’Azione, prevede l’introduzione di un SistemaInformativo Manageriale (MIS), la riorganizzazione delle Ferrovie delloStato, la ricostruzione di parte del sistema ferroviario, il miglioramentodel collegamento tra traghetti e ferrovie.

Con i suoi 8.333 km di costa, la Turchia dispone di 15 porti prin-cipali a proprietà statale, i più importanti dei quali sono Istanbul, Izmir, Izmit,Samsun. L’ammontare del traffico marittimo ha una media di 7,7 milioni ditonnellate di DWT (tonnellaggio lordo trasportabile) l’anno e la quota del tra-sporto marittimo nell’ambito del commercio estero è del 30%.

Sviluppata, anche ai fini dei collegamenti interni, risulta esserela rete delle comunicazioni aeree che si appoggia agli scali internaziona-li di Istanbul, Ankara, Izmir, Antalya, Adana, e a numerosi altri aeroportinazionali. Il sistema aeroportuale internazionale e l’incremento dell’afflus-so turistico ha fatto aumentare significativamente il numero di operatoricharter negli aeroporti del Sud del Paese, mentre la Turkish Airlines è lacompagnia di bandiera Turca. Nel 2004, nell’ambito delle linee internazio-nali, il traffico passeggeri è aumentato del 31%, (33 milioni), mentre nelletratte domestiche l’aumento è del 43% (13 milioni). Grazie alla riforma sulle tasse applicate ai combustibili per aerei, le com-pagnie aeree hanno avuto una riduzione dei costi ed hanno così diminui-to i prezzi dei biglietti. Ciò ha comportato un incremento della domandanel settore del trasporto aereo. Al fine di far fronte a tale incremento allafine del 2003 e all’inizio del 2004, altre 4 compagnie aeree (OnurAir,AtlasJet, FlyAir e MNG Airlines), oltre alla Turkish Airlines, hanno iniziatoad effettuare voli nazionali. Per il 2005, è prevista l’operatività di ulterio-ri nuove compagnie sul mercato.

4. Commercio con l’estero

La Turchia ha un alto grado di apertura al commercio internazionale. Nel2005, l’interscambio complessivo ha raggiunto i 189,2 miliardi di dolla-ri, con un aumento del 17,7% rispetto all’anno precedente. Nel 2005, leesportazioni sono cresciute del 15,8%, raggiungendo i 73,1 miliardi didollari e le importazioni del 19%, con una cifra di 116,1 miliardi di dol-lari, con un disavanzo commerciale in crescita esponenziale rispetto al2004 del 43%.

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bacino artificiale, trattenuto dalla poderosa diga di Atatürk, alta 180 mt,che rende possibile l’irrigazione di oltre 1,5 milioni di ettari e la produzio-ne di 24 miliardi dii KWH, cioè un terzo della produzione totale del Paesedi energia elettrica. Il già citato progetto GAP (Güneydogu Anadolu Projesi), dell’Anatolia delSud–Est, è il più grande progetto regionale realizzato in Turchia ed è trai più grandi progetti di sviluppo dell’irrigazione presenti nel mondo.

Il sottosuolo turco dispone di risorse minerarie diversificate, tracui anche numerosi minerali di uso industriale. Tra quelle più significati-ve ricordiamo il cromo, di cui la Turchia è uno dei maggiori produttorimondiali. Rilevanti sono inoltre le produzioni di ferro, rame bauxite,amianto, antimonio, manganese, zolfo. Viene anche estratta la sepiolite,nota come “schiuma di mare”, un silicato di magnesio poroso usato perla fabbricazione di pipe.

InfrastruttureAll’avvento della Repubblica (1923), la rete delle comunicazioni

interne della Turchia era rappresentata solo dai 4000 km di ferroviecostruite e gestite da compagnie straniere (tedesche, francesi, inglesi),che assicuravano i collegamanti tra le maggiori città del Paese, Istambul,Ankara, Smirna, Adana. Le infrastrutture stradali erano scarse, prive dirivestimenti e mal tenute, soggette, inoltre, alle inclemenze stagionali. Attualmente, invece, la rete stradale turca si estende per 60.840 km dicui 1.160 sono costituiti da autostrade e 49.565 da strade asfaltate, checonsentono alla Turchia di svolgere adeguatamente il proprio ruolo dianello tra Europa e Medio–Oriente.Il governo ha anche pianificato un “Piano d’Azione Urgente” al fine dimigliorare la situazione attuale attraverso numerosi disegni di legge. Inbase a questo piano, tra gli anni 2003–2008, si prevede la costruzione diuna rete stradale ulteriore della lunghezza di 15.000 km, la quale riguar-derà le 51 arterie principali.

Le ferrovie sono proprietà dello Stato e le linee principali siestendono per 8.800 km, mentre quelle secondarie per 2.000 Km. È darilevare la mancanza di collegamenti ferroviari lungo le coste, percorseinvece da una completa direttrice stradale. È stato preparato anche per leferrovie un “Piano di Azione Urgente” da parte delle Ferrovie dello Statodella Repubblica Turca, la cui realizzazione sarà svolta tra il 2003 ed il

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zioni dalla Russia è dovuto, invece, principalmente all’incremento delleforniture di gas naturale, che giungono in Turchia a partire dal 2002 gra-zie al già citato accordo “Blue Stream”.

I paesi verso i quali sono aumentate le esportazioni dellaTurchia sono: la Cina (+40,3%), la Russia (+27,6%), la Svizzera (+24%), laSpagna (+14,7%) ed il Giappone (+23,2%). La Germania resta di granlunga il principale destinatario delle esportazioni turche seguito da GranBretagna, Italia, Stati Uniti e Francia. Le esportazioni verso l’Italia hannosegnato un aumento del 20,5% raggiungendo un valore di 5,6 miliardi didollari.

L’interscambio commerciale Turchia – Italia L’interscambio commerciale tra Turchia e Italia è stato caratteriz-

zato negli ultimi anni da un saldo decisamente positivo per il nostroPaese, essendo l’Italia prevalentemente Paese fornitore della Turchia. Il volume complessivo dell’interscambio segue gli andamenti dell’econo-mia turca e delle diverse ripercussioni delle relazioni internazionali del

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Le esportazioni turche sono principalmente composte da beni diconsumo e da beni intermedi, mentre un ruolo minore, seppure in fortecrescita, è occupato dai beni di investimento; le importazioni sono costi-tuite essenzialmente da beni capitali, seguiti dai beni intermedi e a lungadistanza dai beni di consumo. Secondo i dati relativi al 2005 l’Unioneeuropea figura saldamente al primo posto quale area di destinazione(55%) e di origine (46,3%) dei flussi commerciali. La composizione dellabilancia commerciale turca ha registrato un incremento delle esportazionidel settore tessile, dei prodotti dell’industria meccanica e dell’industriaautomobilistica. Sul versante delle importazioni, si è rilevato un incremento delle voci rela-tive all’energia (minerali e petrolio), seguite dai beni strumentali (+38%).

Relativamente ai partner europei si registra un incremento delleimportazioni turche dalla Germania (+8,5%), Regno Unito (+8%) e Spagna(+8,7%). Da evidenziare anche l’aumento del Giappone (+15,4%), USA(+12%) e Russia (+41,9%). Una nota a parte meritano la Cina (+52,6% nel2005 e 123% nel biennio 2004/’05) e la Corea del Sud (+35%). La Cina è stata, infatti, nel 2005 il quarto fornitore della Turchia con unvalore dell’export pari a 6,8 miliardi di dollari. L’aumento delle importa-

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INTERSCAMBIO COMMERCIALE 2004 – 2005 (MIGLIAIA DI DOLLARI)

ESPORTAZIONI IMPORTAZIONI

ANNO 2004 63.167.153 97.539.766

ANNO 2005 73.122.150 116.048.269

FONTE: ICE ISTANBUL – 2006

PRINCIPALI PARTNER COMMERCIALI – 2005

• GERMANIA: 23 MILIARDI DI DOLLARI

• RUSSIA: 15,2 MILIARDI DI DOLLARI

• ITALIA: 13,1 MILIARDI DI DOLLARI

• REGNO UNITO: 10,6 MILIARDI DI DOLLARI

• STATI UNITI: 10,2 MILIARDI DI DOLLARI

• FRANCIA: 9,7 MILIARDI DI DOLLARI

• CINA 7 MILIARDI DI DOLLARI

• SPAGNA: 6,5 MILIARDI DI DOLLARI

• PAESI BASSI: 4,6 MILIARDI DI DOLLARI

FONTE: ICE ISTANBUL – 2006

INTERSCAMBIO COMMERCIALE 2005 E VARIAZIONI RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE (MIGLIAIA DI DOLLARI)

IMPORTAZIONI 2005 VAR% ESPORTAZIONI 2005 VAR%

GERMANIA 13.572.714 8,45 9.435.894 7,90

RUSSIA 12.817.607 41,90 2.371.446 27,55

ITALIA 7.523.849 9,58 5.601.171 20,49

CINA 6.831.051 52,61 549.518 40,33

FRANCIA 5.870.724 –5,33 3.788.948 3,29

STATI UNITI 5.315.647 12,02 4.877.108 0,35

INGHILTERRA 4.663.058 8,01 5.915.811 6,70

SVIZZERA 4.050.951 18,99 552.378 23,86

SPAGNA 3.536.789. 8,70 3.005.018 14,70

COREA DEL SUD 3.473.439 35,02 – –

IRAN 3.468.558 76,78 899.465 10,63

GIAPPONE 3.097.499 15,39 234.162 23,17

BELGIO 2.222.024 11,56 1.287.195 8,79

OLANDA 2.127.922 11,52 2.464.713 15,28

ARABIA SAUDITA 1.886.149 53,16 958.415 24,71

FONTE: ELABORAZIONI ICE ISTANBUL ISTITUTO TURCO DI STATISTICA

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Internazionale, nonché dalla esigenza di adeguamento agli standard euro-pei, il livello di investimenti diretti esteri è ancora ritenuto insufficienterispetto ad altri paesi in transizione economica o di recente ingressonell’Ue. Gli investimenti esteri nel Paese nel 2005 sono stati pari a 6,4miliardi di dollari, gran parte dei quali destinati al settore dei servizi, men-tre nell’anno 2004 il totale degli investimenti esteri era stato pari a 2,7miliardi di dollari. Secondo i dati forniti dalla Banca Centrale turca, leimprese estere che investono in Turchia sono oltre 11.000, per un ammon-tare pari a circa 39 miliardi di dollari di cui circa 3,470 miliardi (pari circal’8,9%) vengoo da imprese italiane.

Si pensa che ci vorrà comunque tempo per misurare i beneficiconcreti dei cambiamenti, occorrerà, inoltre, che il sistema cerchi di rimuo-vere quel sentore di precarietà, sia politica sia economica, nonché quellasensazione di incertezza del sistema legale che, insieme, frenano gli inve-stitori, come si evince dalla classe di rischio del Paese. Si precisa che laSACE Assicurazione del Credito colloca la Turchia in classe B, nella 5° cate-goria su 7 della classifica rischio–paese del 2005.

Investire in TurchiaIn Turchia esiste un’economia di mercato, caratteristica dei

governi liberali, che offre opportunità di business molto interessanti pergli operatori stranieri. Da ricordare che negli ultimi anni la Turchia è dive-nuta il più importante ponte verso il Medio Oriente e verso le ex repub-bliche sovietiche di ceppo linguistico turco, quali Azerbaijan, Kazakistan,Kirghizistan, Turkmenistan ed Uzbekistan.

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Paese euroasiatico, alternando anni di forte dinamismo con anni di mag-gior rilassamento.

Come mostra la tabella che si riporta sotto, l’import dellaTurchia dall’Italia ha seguito l’andamento delle vicende economiche inter-ne del Paese; infatti, dopo aver toccato un picco nell’anno 2000, ed averaccusato un netto calo nel 2001, anno della grave crisi economica turca,vi è stata una netta ripresa nel 2003, tale da superare i valori del 2000. Il 2005 è stato un anno record nell’interscambio tra i due Paesi che hasegnato i valori più alti raggiungendo i 13,1 miliardi di dollari. Oltre il 70% delle forniture italiane è legato ai beni strumentali ed ai beniintermedi, confermando la stretta complementarietà fra i due sistemi pro-duttivi. Le esportazioni turche verso l’Italia hanno raggiunto nel 2005 un incre-mento del 20,5%, pari a 5,6 miliardi di dollari.

Interscambio commerciale dall’Italia verso la TurchiaNel 2005, secondo i dati forniti dall’Istituto di Statistica Turco

(TUIK), elaborati dall’ufficio ICE di Istanbul, le esportazioni italiane versola Turchia sono state molto positive segnando un +9,6% rispetto al 2004,per un valore pari a 7,5 miliardi di dollari. Le importazioni italiane dalla Turchia sono state in forte crescita, con unincremento del 20,5%, rispetto al 2004, per un valore pari a 5,6 miliardidi dollari.

5. Investimenti esteri

Il flusso degli investimenti diretti esteri ha beneficiato in manie-ra continuativa delle novità introdotte dalla normativa in materia (Leggen. 4875 del 5 giugno 2003). Nonostante le facilitazioni ed i miglioramen-ti introdotti nel sistema dalla disciplina imposta dal Fondo Monetario

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INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON L'ITALIA (MILIONI DI DOLLARI)

2000 2001 2002 2003 2004 2005

IMPORTAZIONI 4.333 3.484 4.102 5.472 6.857 7.523

ESPORTAZIONI 1.789 2.342 2.237 3.193 4.602 5.601

SALDO –2.544 –1.142 –1.865 –2.279 –2.255 –1.922

FONTE: ICE ISTANBUL, 2006

PRIMI DIECI PAESI INVESTITORI IN TURCHIA AL 31/11/2005:

FRANCIA (18,3%)

PAESI BASSI (17,9%)

GERMANIA (14,7%)

STATI UNITI (13,6%)

REGNO UNITO (12,8%)

ITALIA (8,9%)

SVIZZERA (7%)

GIAPPONE (6%)

BELGIO (2%)

LUSSEMBURGO (1%)

FONTE: ICE ISTANBUL – 2006

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(1987) queste aree hanno raggiunto l’attuale numero di diciannove.In generale, all’interno di esse, può essere svolta ogni tipo di

attività – manifatturiera, commerciale, bancaria, di stoccaggio – ma ènecessario l’ottenimento della relativa licenza presso il Sottosegretariatoal Commercio Estero, Direzione Generale delle Zone Franche.

I principali vantaggi offerti dall’operare nelle zone franche sono i seguenti: • i redditi generati al loro interno sono esenti da imposte; • i redditi prodotti possono essere trasferiti senza alcuna restrizione e

non rientrano nell’imponibile; • i prodotti possono essere venduti anche all’interno della Turchia, con

una tassa dello 0,5% del valore; • i beni importati nella zona franca sono esenti da imposte doganali; • gli investitori sono liberi di costruire i loro edifici, anche se sono a

disposizione uffici e magazzini in affitto a prezzi molto competitivi;• le infrastrutture sono conformi agli standard internazionali; • le procedure burocratiche sono semplificate e vi è un’unica agenzia

competente;• non ci sono restrizioni riguardanti prezzi o qualità di ciò che viene pro-

dotto all’interno delle aree;• per i primi dieci anni serrate e scioperi sono vietati e per ogni contro-

versia riguardante la contrattazione collettiva è competente il Consigliodi Arbitrato Supremo;

• non c’è alcun limite alla quota di capitale straniero nell’investimento; • sono utilizzabili tutte le valute accettate dalla Banca Centrale Turca;• la licenza ha una durata di 10 anni per gli affittuari, di 20 per chi inten-

de costruire propri fabbricati, mentre, se la licenza riguarda la produ-zione, tali termini si allungano, rispettivamente, a 15 e a 30 anni;

• ogni persona fisica o giuridica, che risieda all’estero, deve trasferirealmeno 50.000 dollari per poter costituire una società, divenire sociodi una già esistente, o aprire una succursale. Se si richiedono licenzedi lunga durata, ove il progetto venga approvato, dovranno essereversati 100.000 dollari per una validità di 49 anni e 250.000 dollariper 99 anni.

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I numerosi accordi per favorire gli scambi, firmati dalla Turchiacon gli organismi internazionali e regionali quali il WTO, il BSEC(Black–Sea Economic Cooperation), hanno contribuito notevolmente alraggiungimento di un posto di primaria importanza nel commercio mon-diale.

Un ulteriore fattore positivo è che dal primo gennaio 1996 esi-ste un’Unione Doganale Turchia–Ue per effetto della quale sono stati eli-minati tutti i dazi sugli scambi di beni non agricoli con l’Unione europea.In generale, poi, non esistono impedimenti agli investimenti esteri diretti,che sono pertanto praticamente possibili in tutti i settori. Non esistonolimitazioni alla partecipazione di capitale estero ad una società turca.

La legge quadro sugli investimenti esteri diretti del 5 giugno2003 ha modificato il contesto normativo che regolava la materia, adot-tando un approccio liberale e di apertura all’afflusso dei capitali esteri,portando anche incentivi fiscali e finanziari agli investimenti (risoluz. n.94/6411 e ss. modifiche), e agevolazioni alle esportazioni. Tra le numero-se novità della legge spicca l’abolizione dell’autorizzazione del Ministerodel Tesoro per la finalizzazione degli investimenti stranieri; si è passatiquindi da una logica di “approvazione” ad una di semplice “registrazio-ne”. Vengono inoltre classificati come investimenti esteri diretti anche gliacquisti, effettuati sul mercato azionario, di partecipazioni societarie perquote superiori al 10%.

Un discorso a parte meritano le cosiddette Zone Franche (FreeTrade Zones), trattate come extraterritoriali sia ai fini fiscali che doganali,che offrono interessanti opportunità di investimento. La legislazione sulleZone Franche è difforme da quella dell’Unione europea che si ispira allaprotezione della concorrenza e pertanto, quando la Turchia dovesse acce-dere all’Ue, i benefici previsti verrebbero a decadere.

La Zone Franche, costituite con la legge 3218 del giugno 1985,sono aree extradoganali situate all’interno del Paese. In queste zone iregolamenti finanziari ed economici in generale, e quelli riguardanti ilcommercio estero, non sono validi o lo sono solo in parte. L’obiettivo isti-tuzionale di queste aree è quello di favorire gli investimenti, stimolare laproduzione, l’entrata di capitali e di tecnologia straniera nonché di crea-re nuove opportunità di lavoro. A partire dall’anno della loro costituzione

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3. Popolazione e occupazione

1. Popolazione, sistema formativo e occupazione

1.1 Andamento demografico

In Turchia a partire dagli anni ’80 fino ad oggi si è assistito aduna forte crescita demografica, che ha portato il Paese alla ragguardevo-le cifra di 72.085.000 di abitanti (stimati a fine 2005), superando Paesicome l’Italia, la Francia e il Regno Unito, ma non la Germania unificata,che con i suoi 82 milioni di abitanti, rimane il Paese più popolato del-l’Unione europea. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, nel 2020 la popolazione turca su-pererà quella tedesca, attestandosi al primo posto nell’ambito dei Paesidell’Unione, con una quota di oltre il 15% della popolazione complessiva.

La speranza di vita media non ha ancora raggiunto i valori deiPaesi più sviluppati, ma si è attestata a 67 anni per gli uomini e 71 perle donne. Sotto la spinta del processo di “turchizzazione” voluto da Ata-türk, la composizione etnica risulta oggi molto omogenea, l’85% dellapopolazione è, infatti, composta da turchi, che parlano una propria lin-gua, il turco anatolico.

Ad essi si affiancano comunità greche, ebraiche ed armene,concentrate soprattutto nella grande metropoli di Istanbul, nonché l’et-nia curda, la più forte comunità non turca, consistente in oltre 7 milionidi abitanti, concentrati in prevalenza in un blocco omogeneo nei dieci di-partimenti del Sud–Est del Paese.

Recentemente le Nazioni Unite hanno introdotto il concetto di“Indice di sviluppo umano” per caratterizzare la qualità della vita di unPaese. Tale dato combina indicatori come il tasso di alfabetizzazione, lesperanze di vita, la qualità dell’istruzione a quelli più propriamente direddito. L’indice di sviluppo umano della Turchia è tra i più bassi nel-l’ambito dei Paesi di recente industrializzazione, alle spalle di tutti igrandi Paesi dell’America Latina, nonché di tutti quelli europei ex–COME-CON ed ex–sovietici.

Le motivazioni sono diverse, prima tra tutte il profondo squili-brio sociale che vede la popolazione divisa in più classi con redditi estre-mamente diversi; vi sono inoltre, la percentuale ancora troppo alta dipopolazione analfabeta, specie nel mondo femminile, la percentuale delPIL investito nell’istruzione pubblica e nella sanità che risulta inferiore aquanto dedicato al settore militare, l’agricoltura che presenta ancora unnumero consistente di addetti sia sul piano percentuale (esattamente unterzo della forza lavoro), che dell’incidenza sul PIL: 13%, spia di una certaarretratezza dell’economia. Infine, la crescita demografica esponenziale, dicui abbiamo già accennato, che ha prodotto da un lato disoccupazione edall’altro ha generato consistenti flussi migratori, soprattutto di fasce dipopolazione giovane, verso i Paesi più sviluppati dell’Europa comunitaria.

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CRESCITA DEMOGRAFICA

ANNO MILIONI DI ABITANTI VARIAZIONE PERCENTUALE

1950 20,8

1960 27,5 +32%

1970 35,7 +30%

1980 44,4 +25%

1990 56,1 +26%

2003 71,3 +27%

FONTE: PARMA ECONOMICA – MERCATI ESTERI: TURCHIA, 2005

OCCUPAZIONE, DISOCCUPAZIONE, ALFABETIZZAZIONE

1980 1990 2000 2003

POPOLAZIONE TOTALE (MILIONI) 44,4 56,1 67,4 71,3

DONNE (% SUL TOTALE) 49,6 49,3 50,2 50,2

TOTALE FORZA LAVORO (MILIONI) 19 24 32 34

FORZA LAVORO FEMMINILE (% SUL TOTALE) 36 35 38 39

DISOCCUPAZIONE (% SUL TOTALE FORZA LAVORO) 10,9 8 6,6 10,6

DISOCCUPAZIONE FEMMINILE (% SULLA FORZA LAVORO FEMMINILE) 23 8,5 6,5 9,9

TASSO DI ALFABETIZZAZIONE UOMINI ADULTI (> 15 ANNI) 95,7

TASSO DI ALFABETIZZAZIONE DONNE ADULTE (> 15 ANNI) 81,1

FONTE: BANCA MONDIALE, 2005

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espressamente autorizzati. La religione è materia obbligatoria sia nellascuola primaria – le nostre elementari e medie – sia nella secondaria.

L’istruzione pubblica riceve i fondi monetari necessari dal bilan-cio centrale dello Stato, il quale destina almeno il 10% del suo budget al-l’istruzione. Il sistema scolastico "convenzionale" è quello i cui programmisono decisi dal Ministero dell’Istruzione il quale ha ripartito gli insegna-menti fra scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria e istruzio-ne superiore.

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1.2 Sistema scolastico

Secondo i dati dell’European Training Foundation alla fine deglianni ’80 la popolazione analfabeta in Turchia rappresentava il 22,2% deltotale, ed il 16% di questa risiedeva nelle aree urbane. Dieci anni dopo os-serviamo che, per quanto riguarda la percentuale di analfabetismo, questasi è ridotta di circa 7 punti percentuali attestandosi al 15% della popola-zione, mentre si è addirittura quasi dimezzata la quota di coloro che, al-l’interno di questa fascia di popolazione, risiedono nelle aree urbane.

Vi è quindi una netta diminuzione dell’analfabetismo in Turchiadove, negli anni ’80 una donna su tre era analfabeta, mentre la proporzio-ne per gli uomini era di uno su 9,6. Alla fine degli anni ’90 la proporzioneè diventata di una donna su 4,6 e un uomo su 17,7. Questi dati indicanoquindi molto chiaramente che è la componente maschile che contribuiscein larga misura a far diminuire il dato percentuale riguardante l’analfabeti-smo, mentre sembrerebbe che ancora oggi in Turchia, la società non abbiasuperato completamente alcuni tabù che precludono alla donna di inserirsinella società e nel lavoro allo stesso livello dell’uomo.

Oggi, il Paese è dotato di un sistema di istruzione in grado digarantire ad entrambi i sessi un’adeguata formazione di base ma anche,laddove desiderato, di proseguire gli studi fino ad acquisire degli elementiutili per un inserimento nel mercato del lavoro a livelli più alti che nonquelli generalmente accessibili a coloro che hanno semplicemente impara-to a leggere e scrivere. Il diritto all'istruzione in Turchia è garantito dallaCostituzione che la considera una delle responsabilità fondamentali delloStato, che la gestisce tramite il Ministero dell'Istruzione. La scuola dell’ob-bligo dura 8 anni ed è gratuita. La lingua turca deve essere insegnata co-me lingua madre in tutte le scuole, ad eccezione di alcuni istituti

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TECNOLOGIE DELL'INFORMAZIONE E MEZZI DI COMUNICAZIONE OGNI 1000 PERSONE

1995 2001

GIORNALI QUOTIDIANI 92 111

APPARECCHI RADIO 162 470

APPARECCHI TV 288 319

PERSONAL COMPUTER 14,7 40,7

LINEE TELEFONICHE 211 285

LINEE TELEFONICHE NELLE CITTÀ PIÙ GRANDI 370 388

TELEFONI CELLULARI 7 302

FONTE: BANCA MONDIALE, 2001

FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA SCOLASTICO

LINGUA UFFICIALE TURCO

ALFABETO ALFABETO LATINO DAL 1928

ANNO ACCADEMICO DA SETTEMBRE FINO A MAGGIO/GIUGNO

ANNI DI DURATA DELLA SCUOLA 5 + 3 + 3

SCUOLA DELL’OBBLIGO DAI 6 AI 14 ANNI (PER 8 ANNI)

FONTE: ITALIA LAVORO SPA, ELABORAZIONE SU DATI DEL MINISTERO DEL LAVORO TURCO

SISTEMA SCOLASTICO CONVENZIONALE

SCUOLA MATERNA (0–5 ANNI)

SCUOLA PRIMARIA (6–14 ANNI)

SCUOLE PUBBLICHE

SCUOLE PRIVATE

COLLEGI REGIONALI

SCUOLE DI FORMAZIONE SPECIALE

SCUOLA SECONDARIA (15–18 ANNI)

SCUOLE SUPERIORI GENERALI

SCUOLE TECNICHE MASCHILI

SCUOLE TECNICHE FEMMINILI

SCUOLE PER OPERATORI TURISTICI E DI COMMERCIO

SCUOLE DI TEOLOGIA

SCUOLE SUPERIORI SERALI

SCUOLE DI FORMAZIONE SPECIALE

ISTITUTI PRIVATI STRANIERI

ISTRUZIONE SUPERIORE (>18 ANNI)

UNIVERSITÀ

SCUOLE SUPERIORI DI TEOLOGIA

CONSERVATORI DI MUSICA

ACCADEMIE

FONTE: ITALIA LAVORO SPA, ELABORAZIONE SU DATI DEL MINISTERO DEL LAVORO TURCO

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• le Scuole superiori generali sono scuole miste per studenti dai 15 ai17 anni ed hanno durata triennale. Le materie trattate sono quelle del-la cultura classica e generale, che comprende una lingua straniera ascelta tra Inglese, Francese o Tedesco. Alcune di queste scuole, princi-palmente nelle città maggiori, offrono un’istruzione bilingue. Almeno12 di questi istituti sono aperti a studenti delle minoranze etniche (ar-mene, greche e ebraiche) ed alcune materie vengono insegnate nellapropria lingua madre. Obiettivo principale di questo ciclo di studi è for-mare individui consapevoli delle proprie potenzialità e che possano con-tribuire allo sviluppo sociale, economico e culturale del Paese. Inoltre,questo ciclo scolastico fornisce allo studente quella preparazione cultu-rale di base necessaria e utile per affontare nel modo migliore gli studisuperiori.

• le Scuole superiori tecniche hanno durata triennale o quadriennale. I di-versi istituti sono suddivisi in: Scuole Tecniche per Ragazzi, Scuole Tec-niche per Ragazze, Scuole Professionali per Operatori Turistici e delCommercio e Scuole Religiose. Le materie insegnate spaziano da quelledi cultura generale a quelle più tecniche e mirano a dare all’allievo unapreparazione che possa consentirgli di continuare gli studi universitari,ma anche di trovare buone opportunità di lavoro grazie al livello forma-tivo raggiunto. In particolare, le Scuole tecniche per ragazzi si propongo-no di formare manodopera specializzata per il settore dell’industrianazionale, le Scuole tecniche per ragazze che hanno corsi di cultura ge-nerale, ma sopratutto corsi di scienza, economia e tecnologia moderna,ed almeno un corso di lingua straniera, mirano a formare personale fem-minile qualificato per il settore del commercio e dell’industria. Le Scuo-le professionali per operatori turistici e del commercio formanomanodopera qualificata con una buona conoscenza delle lingue stranie-re che possa essere impiegata nel settore del commercio, del turismo,del marketing, della finanza, delle assicurazioni ed altro. Le Scuole diteologia offrono una cultura generale di base utile ad affrontare gli studiuniversitari, ma formano anche gli imman, i celebranti del culto islamico.

Accanto a queste scuole esiste in Turchia la Scuola di formazionespeciale che si rivolge ai ragazzi portatori di handicap, offrendo loroun’istruzione ad hoc che possa aiutarli ad aumentare le loro possibilità diaccesso al mercato del lavoro. Oggi, la Formazione Speciale si rivolge a

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L’istruzione “non convenzionale” invece, come suggerisce il ter-mine, offre formazione in alternativa o in aggiunta al sistema di istruzionedi base del Ministero dell’Istruzione, ed è destinata a coloro, specialmenteadulti, che non hanno mai frequentato le scuole, o che per qualunque mo-tivo abbiano dovuto interrompere il ciclo di istruzione formale. Questo tipodi formazione può essere ricevuta presso gli Istituti pubblici di formazionegenerale, gli Istituti tecnici per adulti, gli Istituti commerciali ed i centri diapprendistato i cui corsi vanno dall’alfabetizzazione alla cultura generale,dalla matematica alla ragioneria, dalla formazione tecnica/commerciale aquella per operatori turistici.

Ogni anno almeno tre milioni di persone partecipano ai corsigratuiti offerti da istituti affiliati al Ministero dell’Istruzione.

1. La Scuola materna è facoltativa, ed è destinata ai bambini nella fasciadi età fra i 3 e i 5 anni. E’ considerata un complemento del sistema sco-lastico, piuttosto che una parte integrante di esso, per questo motivo lamaggior parte delle scuole materne sono gestite da istituti privati. Sitrovano principalmente nelle città più grandi e sono nate probabilmenteper andare incontro alle esigenze delle madri lavoratrici.

2. La Scuola primaria della durata di 8 anni, destinata quindi ai ragazzi dai6 ai 14 anni, è paragonabile alle nostre elementari e medie. E’ una scuo-la obbligatoria, e completamente gratuita in tutte le scuole pubbliche.La scuola primaria può ottenere fondi anche dalle amministrazioni locali,principalmente per la costruzione delle scuole e il loro mantenimento.Obiettivo di questo ciclo di studi è fornire allo studente un’istruzione dibase che gli permetta di ottenere un diploma che attesti la condizionedi non analfabetismo e la possibilità quindi di accedere al corso di studipiù alto, oppure di iniziare a lavorare con la consapevolezza comunquedi possedere già gli elementi di base per eventualmente riprendere inun secondo momento gli studi e poter ambire a posizioni migliori nelmercato del lavoro.

3. Alla Scuola secondaria si accede dopo aver ottenuto il diploma dellaprimaria. Quasi tutte le Scuole Superiori sono statali e gratuite, mentreesistono anche numerosi licei per stranieri, perlopiù francesi, inglesi, te-deschi e italiani, fondati da studiosi europei nel corso dell’’800. La Scuo-la secondaria si suddivide in due categorie principali:

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Dati e indagini appena citati non tengono conto del fenomenodei ragazzi di strada, piuttosto rilevante in Turchia.

Al riguardo presentano particolare interesse i dati desunti da unaricerca svolta dall’OIL nel 2001. Sono stati intervistati ragazzi di strada di tre metropoli turche, di età com-presa tra i 7 e i 17 anni.

L’indagine ha provato innanzitutto, che i ragazzi che lavorano sustrada sono divisi in due categorie: coloro che vivono giornalmente lastrada, ma poi tornano dalle famiglie e sono sotto la loro protezione, e co-loro che hanno lasciato casa e famiglia, scegliendo come propria casa lastrada.

I ragazzi che lavorano sulla strada passano la giornata, a volteanche la notte, vendendo piccoli oggetti come gomme da masticare, fazzo-

.89

cinque gruppi differenti di inabilità: visive e uditive, inabilità ortopedi-che, ritardo mentale e malattie a lungo termine. Nell’anno scolastico2003–2004 circa 20.000 studenti hanno frequentato le 432 classi di For-mazione Speciale. Parallelamente a queste scuole esistono naturalmenteanche le scuole superiori private, le quali portano avanti le loro attivitàsempre sotto la supervisione e l’ispezione del Ministero dell’Istruzione.

4. L’Istruzione Superiore in Turchia è affidata principalmente alle 77 univer-sità presenti sul territorio di cui 54 pubbliche e 24 private (sopratuttoappartenenti a fondazioni). I corsi di laurea possono durare due anni odarrivare fino a 10 anni, offrendo così diplomi o lauree di livello diverso. Oltre alle università ci sono i conservatori, gli istituti europei, quasi tuttiprivati e per la maggior parte inglesi, e altri istituti nazionali riconosciuticome l’Accademia Navale, l’Accademia Militare e l’Accademia di Polizia.

I diplomati di tutte le scuole superiori possono iscriversi all’uni-versità solo dopo aver sostenuto un esame di ammissione, che si tiene unavolta all’anno. L’Esame di Selezione degli Studenti (OSS), introdotto agli ini-zi degli anni ’70 e passato poi attraverso innumerevoli modifiche, selezionagli studenti che desiderano accedere alle università del Paese che possonoaccogliere un numero di iscritti non superiore a 300.000. I candidati, in treore di tempo, devono rispondere a 180 domande a risposta multipla, divisein una parte logico–linguistica ed in una logico–matematica. L’obiettivo de-gli studenti è quello di totalizzare almeno 160 punti, il minimo per entrarenelle scuole para–universitarie biennali, oppure 180, per l’accesso ai corsi dilaurea quadriennali. L'esame di ammissione è gestito e regolato dal Consi-glio Supremo dell’Istruzione Superiore, il quale è anche l’organo che poi de-ciderà a quale università iscrivere l’allievo che ha superato l’esame. Taledecisione verrà presa in base alla valutazione dell’esame di ammissione, airisultati ottenuti dallo studente alla scuola superiore, alla preferenza richie-sta e alla disponibilità dei posti presso le Università.

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DATI RELATIVI AI DIVERSI LIVELLI DI ISTRUZIONE (ANNO SCOLASTICO 2003–2004)

LIVELLO DI ISTRUZIONE N. DI SCUOLE N. DI STUDENTI N. DI INSEGNANTI

MATERNA 13.692 356.499 19.122

PRIMARIA 36.117 10.497.538 384.029

SUPERIORI 8.512 3.593.404 160.049

UNIVERSITÀ 77 1.946.442 77.065

ISTRUZIONE INFORMALE 7.955 2.879.391 51.385

FONTE: AGENZIA TURCA DI INFORMAZIONI, 2004

GIOVANI TRA I 6–17 ANNI IMPIEGATI IN ATTIVITÀ LAVORATIVE (MIGLIAIA)

TOTALE REGOLARMENTE SALTUARIAMENTE NON REMUNERATI

IMPIEGATI IMPIEGATI LAVORANTI

IN FAMIGLIE

OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE

1994 1999 1994 1999 1994 1999 1994 1999

TURCHIA

TOTALE 2.195 1.635 350 387 275 257 1521 961

MASCHI 1.333 1.010 277 277 207 189 810 516

FEMMINE 862 625 73 110 68 68 711 445

AREE URBANE

TOTALE 594 552 273 325 157 150 130 54

MASCHI 465 415 208 227 128 120 102 46

FEMMINE 128 138 65 98 29 30 28 8

AREE RURALI

TOTALE 1603 1083 77 62 118 107 1.390 907

MASCHI 868 596 69 50 79 69 708 470

FEMMINE 735 487 8 12 39 38 682 437

FONTE: SIS (ISTITUTO DI STATISTICA STATALE)

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.91.90

to che nel giro di due anni il numero dei disoccupati è raddoppiato,raggiungendo la cifra di 2,8 milioni di individui nei soli primi quattromesi del 2003.

Coloro che avevano la fortuna di conservare ancora un postodi lavoro hanno comunque subito le conseguenze della crisi vedendo ilproprio potere d’acquisto diminuire drasticamente.

La forte crescita demografica e l’andamento dell’economia delPaese negli ultimi anni non hanno, purtroppo, contribuito ad alleviareil problema della disoccupazione.

Il numero dei senza lavoro non solo non accenna a scendere,ma mostra anzi una tendenza al rialzo: nel mese di ottobre 2005 il tas-so di disoccupazione era del 9.7%, con 42.000 disoccupati in più ri-spetto alle rilevazioni di luglio. Ad un’analisi più ravvicinata si scoprecome siano sopratutto due le categorie ad essere colpite: i giovani e ledonne.

Il 18.2% dei giovani è disoccupato, percentuale che sale al22.3% nelle zone urbane. Parlando di giovani non possiamo non af-frontare il tema del lavoro minorile, che in questo paese rappresentaun problema rilevante.

La Turchia dal 1991 è tra i paesi che aderiscono al ProgrammaInternazionale per la Lotta contro il Lavoro Minorile (IPEC), programmadi cooperazione tecnica per l’eliminazione del lavoro infantile, promos-so dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).

Nel 1998 ha inoltre firmato la Convenzione n.138 che proibi-sce il lavoro per i giovani che non abbiano compiuto il quindicesimoanno di età. Le legge turca sul lavoro, però, nel recepire la Convenzio-ne, ha posto un’eccezione: consente l'impiego di minori tra i 14 e i 15anni, purchè non si tratti di lavori pesanti. Purtroppo questa condizio-ne non viene sempre osservata, specie nel settore tessile.

In ogni modo la firma di questa Convenzione ha portato aduna notevole diminuzione del lavoro minorile. Nel 1988 il 31,8% deiminori fra i 12 e i 17 anni venivano impiegati in attività lavorative,mentre tale percentuale nel 2001 si è abbassata di circa 18 punti.

lettini da naso, acqua, biglietti della lotteria, od offrendosi per piccoli lavo-ri occasionali. In genere tutti provengono da famiglie estremamente poveree molto numerose.

Il 13% di essi non è mai andato a scuola, mentre la restantepercentuale continua a frequentarla nonostante la vita di strada.

La maggior parte dei genitori non si rende conto del rischio checorrono i propri figli, probabilmente perché ancora oggi, nella mentalità dicerte famiglie turche, il lavoro su strada è legittimato da una cultura che loconsidera un valido apprendistato per la vita da adulto.

1.3 Occupazione e disoccupazione

Dal 1980 al 2004 la popolazione in età da lavoro è aumentatadi almeno 23 milioni di individui, mentre sono stati creati solo 6 milio-ni di nuovi posti di lavoro.

Come risultato il tasso di impiego (la percentuale cioè di po-polazione in età di lavoro e in possesso di un regolare contratto), nel2004 è stata del 43,7%, una delle più basse al mondo. La media deipaesi Ue nel 2004 ha superato il 65%.

Il divario tra il tasso di impiego della Turchia e quello dei Pae-si dell’area Ue è una delle sfide che il Paese dovrà affrontare per entra-re a far parte dell’Unione; il Consiglio Europeo nel convegno di Lisbonanel 2000 ha stabilito che nel 2010 il tasso di impiego di ogni Paesedovrà attestarsi almeno al 70%.

Questo vuol dire che, con una popolazione ancora in fase di crescita,la Turchia dovrà generare circa 14 milioni di nuovi posti di lavoro in seianni per raggiungere gli obbiettivi definiti nel Consiglio europeo di Li-sbona.

Anche se il decennio del 1990 era stato caratterizzato da unmoderato tasso di crescita demografica e da una crescita record deltasso di impiego (circa 1,5% per anno) purtroppo la crisi economica del2001 ha portato la più forte recessione degli ultimi cinquanta anni, tan-

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.93.92

L’Istituto di Statistica turco ha svolto nel 1994 e nel 1999 unaindagine sul lavoro minorile, la Child Labour Force Survey. Osservandoi dati del 1999 possiamo rilevare che la maggior parte dei giovani lavo-ratori, il 58,8%, erano impiegati in lavori familiari non retribuiti, il23,7% avevano un lavoro e un salario regolare, mentre il 15,7% trova-va lavori saltuari a volte remunerati a volte no.

Bisogna tener presente, però, che nelle aree rurali almenol’83,8% dei giovani erano impiegati in lavori familiari non retribuiti.

La media delle ore settimanali lavorate era invece maggiorenelle aree urbane (51 ore) piuttosto che nelle zone rurali (30,5 ore).

Approssimativamente l’80% dei giovani che lavorano conti-nuano a frequentare la scuola.

Le statistiche ufficiali sulle dimensioni del fenomeno del lavo-ro minorile sono piuttosto contraddittorie; nel 2000 l’OrganizzazioneInternazionale del Lavoro (OIL) ha stimato che il 7,8% dei minori com-presi tra i 10 e i 14 anni di età fosse impegnato in lavori nel settoredell’agricoltura, della falegnameria, dell’industria tessile, della pellette-ria e in servizi domestici. Il Ministero del Lavoro nel 2004, ha stimatoin 469.000 il numero dei ragazzi fra i 12 e i 14 anni impegnati in attivi-tà lavorative varie.

Per quanto riguarda le donne, un raffronto con i dati del 1990sui tassi di partecipazione alla forza lavoro, è sufficientemente elo-quente per illustrare la situazione: mentre nel 1990 il 34.1% delle don-ne lavorava, nel 2004 questa percentuale è scesa al 25.4%, mentre lamedia dei paesi Ue è del 57,1%. Questo in altri termini significa chenel 2004 solo una donna su quattro aveva un’occupazione.

Quando si analizzano i dati sulla forza lavoro occupata in Tur-chia va poi tenuto presente che le statistiche ufficiali comprendono an-che la categoria “Lavorante in famiglia senza salario”, una condizioneche interessa soprattutto giovani e donne e che di fatto costituisce unaforma di disoccupazione occulta. Inoltre, secondo un rapporto del sin-dacato dei metalmeccanici, il MESS, il 51% della forza lavoro turca fa-rebbe parte della cosiddetta “economia sommersa” in quanto lavora in“nero”.

FORZA LAVORO – DICEMBRE 2005

TURCHIA CITTA' CAMPAGNE

TOTALE

POPOLAZIONE (MIGLIAIA) 72.085 44.811 27.274

POPOLAZIONE AL DI SOPRA DEI 15 ANNI (MIGLIAIA) 51.202 32.0851 9.117

FORZA LAVORO (MIGLIAIA) 24.034 14.624 9.411

OCCUPATI (MIGLIAIA) 21.332 12.691 8.641

DISOCCUPATI (MIGLIAIA) 2.702 1.932 770

PERCENTUALE DELLA FORZA LAVORO 46,9 45,6 49,2

PERCENTUALE DI OCCUPAZIONE 41,7 39,6 45,2

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE 11,2 13,2 8,2

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE ECCETTO IL SETTORE AGRICOLO 14,3 13,6 16,5

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE TRA I GIOVANI 21,5 22,9 19

PERCENTUALE DI POSTI DI LAVORO VACANTI 3,5 3 4,1

PERCENTUALE DI POSTI DI LAVORO VACANTI TRA I GIOVANI 4 3 5,6

UOMINI

POPOLAZIONE (MIGLIAIA) 35.974 22.601 13.374

POPOLAZIONE AL DI SOPRA DEI 15 ANNI (MIGLIAIA) 25.387 16.101 9.287

FORZA LAVORO (MIGLIAIA) 18.037 11.479 6.558

OCCUPATI (MIGLIAIA) 16.017 10.083 5.934

DISOCCUPATI (MIGLIAIA) 2.020 1.396 624

PERCENTUALE DELLA FORZA LAVORO 71 71,3 70,6

PERCENTUALE DI OCCUPAZIONE 63,1 62,6 63,9

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE 11,2 12,2 9,5

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE ECCETTO IL SETTORE AGRICOLO 13,2 12,4 15,7

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE TRA I GIOVANI 21,4 21,1 22

PERCENTUALE DI POSTI DI LAVORO VACANTI 4 3,2 5,4

PERCENTUALE DI POSTI DI LAVORO VACANTI TRA I GIOVANI 4,8 3,3 7,7

DONNE

POPOLAZIONE (MIGLIAIA) 36.111 22.211 13.900

POPOLAZIONE AL DI SOPRA DEI 15 ANNI (MIGLIAIA) 25.814 15.984 9.830

FORZA LAVORO (MIGLIAIA) 5.997 3.144 2.853

OCCUPATI (MIGLIAIA) 5.315 2.608 2.707

DISOCCUPATI (MIGLIAIA) 682 536 145

PERCENTUALE DELLA FORZA LAVORO 23,2 19,7 29

PERCENTUALE DI OCCUPAZIONE 20,6 16,3 27,5

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE 11,4 17,1 5,1

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE ECCETTO IL SETTORE AGRICOLO 18,8 18,2 21,5

PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE TRA I GIOVANI 21,6 27,2 13,8

PERCENTUALE DI POSTI DI LAVORO VACANTI 2 2,7 1,3

PERCENTUALE DI POSTI DI LAVORO VACANTI TRA I GIOVANI 2,3 2,4 2

FONTE: SIS (ISTITUTO DI STATISTICA STATALE) 2005

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ad una percentuale che sfiora oggi il 70%, con una proiezione dell’80%per il 2050. Questo processo ha interessato soprattutto le zone ruralidell’entroterra, colpite dalla meccanizzazione dell’agricoltura, creandoconsistenti flussi di popolazione che si sono mossi in direzione dellagrande Istanbul, della capitale Ankara e di tutti quei centri urbani chesuperano i 100.000 abitanti.

Dalla tabella che segue possiamo esaminare in dettaglio le per-centuali di forza lavoro e di impiego nelle diverse regioni della Turchia,così come è emerso da una indagine del Census del 1990.

Le regioni principali individuate sono nove: la regione del Mardi Marmara nel Nord–Est, la regione dell’Egeo ad Ovest, la regione delMar Nero a Nord, la regione dell’Anatolia Centrale nel centro, la regionedel Mediterraneo nel Sud del Paese, la regione dell’Anatolia Orientaleverso Est e la regione dell’Anatolia Sud Orientale a Sud–Est.

Nel 1990 la regione del Mar di Marmara, che è il cuore industriale del-la Turchia, aveva il 22,6% del totale di forza lavoro impiegata, seguitadalla regioni dell’Anatolia Centrale (16,6%), del Mar Nero (16,4%) e del-l’Egeo (15%) con all’ incirca le stesse percentuali.

I dati del Census per il 2000 non sono disponibili, ma possia-mo confrontarli con i dati dell’Istituto Statale di Statistica del 2000, cheperò considera la fascia di popolazione con età superiore ai 15 anni.

.95.94

Anche nel settore tessile–abbigliamento, che assorbe il 30%della manodopera industriale, si pensa che il lavoro sommerso rappre-senti almeno metà dell’economia del settore, grazie probabilmente ad unsistema di sub–fornitura a cascata che termina nel lavoro a domicilio.

2. Distribuzione della popolazione sul territorio

La Turchia è un paese di notevoli squilibri territoriali, di conse-guenza ogni sua regione ha una distribuzione della popolazione estre-mamente diversa dall’altra; le maggiori concentrazioni demografiche siregistrano lungo le coste egee, del Mare di Marmara e del Mar Nero,passando poi alle elevate concentrazioni di popolazione delle metropoli,come Istanbul con 11 milioni di abitanti; Izmir 3,5 milioni; Ankara 4,5 mi-lioni.

Nel resto del Paese invece il valore della densità si riduce notevolmen-te, in particolare sugli altipiani anatolici e nelle regioni povereSud–orientali dell’Armenia e del Kurdistan, vaste, montuose e scarsa-mente popolate.

Inoltre, il processo di urbanizzazione, che si è fortemente acce-lerato negli ultimi decenni del secolo scorso, ha portato un forte aumen-to di popolazione urbana, che è passata da un 25% negli anni Sessanta,

OCCUPAZIONE DEI MAGGIORI DI 12 ANNI NELLE DIVERSE REGIONI – 1990

REGIONI PERCENTUALE DI POP. PRESENTE FORZA LAVORO IMPIEGATA RISPETTO AL TOTALE

MARMARA 25,1 22,6

EGEO 14,2 15,0

MEDITERRANEO 12,3 12,3

ANATOLIA CENTRALE 17,8 16,6

MAR NERO 14,4 16,4

ANATOLIA ORIENTALE 8,8 9,8

ANATOLIA SUD ORIENTALE 7,4 7,3

TURCHIA 100 100

FONTE: CENSUS, 1990

100

90

80

70

60

50

40

30

20

10

0

UOMINI

AGRICOLTURA

DONNE

INDUSTRIA COSTRUZIONI SERVIZI

RIPARTIZIONE DEGLI OCCUPATI PER SETTORE E PER GENERE – 20004

FONTE: SIS ISTITUTO DI STATISTICA STATALE 2000

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Il numero totale degli immigrati turchi residenti nei Paesi dell’Unione eu-ropea si aggira oggi intorno ai 3,2 milioni di individui.

È difficile prevedere l’effetto che potrà avere su tali flussi l’ade-sione della Turchia all’Ue. Dipenderà da molti fattori: dallo sviluppo de-mografico in Turchia e nell’Unione, dalla situazione economica nazionale,compresi i relativi livelli di reddito, dalle prospettive di occupazione edalle opportunità economiche, dalla richiesta estera di lavoro e dallo svi-luppo delle politiche migratorie dei Paesi europei nei prossimi anni.

Anche il flusso di immigrazione in Turchia da Paesi vicini e leleggi interne turche in materia potrebbero giocare un ruolo importante.Esiste infatti la possibilità che, coerentemente con quanto avvenuto nel-le precedenti fasi dell’allargamento, vengano negoziati con la Turchia deiperiodi di transizione, ritardando per un certo numero di anni dopol’adesione il pieno rispetto della libertà di circolazione delle persone.

Nella tabella che segue possiamo esaminare i dati sui flussi mi-gratori raccolti dal Ministero del Lavoro e della Sicurezza Sociale turco,aggiornati al mese di settembre 2005.

.97

3. Flussi migratori

In Turchia l’emigrazione su larga scala ebbe origine negli anni’60 e nei primi anni ’70, quando i governi europei, mossi dalla scarsitàdi manodopera, introdussero i cosiddetti programmi per “lavoratori ospi-ti”. Cominciò la Germania, che nel 1961 firmò il primo accordo sul lavorotemporaneo per l’immigrazione.

Questo accordo portò benefici sia alla Turchia, dove la popola-zione era in eccesso rispetto al numero di posti di lavoro, sia alla Ger-mania che al contrario soffriva di carenza di personale proprio durantegli anni del suo maggiore sviluppo economico. Poco dopo Austria, Bel-gio, Francia, Olanda e Svezia seguirono l’esempio della Germania e, apoco a poco, diversi milioni di cittadini turchi si stabilirono in Europa.

Più tardi, in coincidenza del boom economico che seguì la crisidel petrolio, diversi gruppi di lavoratori turchi si stabilirono nel MedioOriente, in particolare in Arabia Saudita, Iraq e Libia.

L’emigrazione iniziata negli anni Sessanta è stata considerata alungo una risorsa per il Paese, grazie alla consistenza delle rimesse degliemigrati, con ripercussioni positive sulla bilancia dei pagamenti.

Da allora, però, le politiche di immigrazione dei Paesi europeisono divenute più restrittive, i flussi migratori turchi verso l’Europa si so-no ridotti notevolmente, mettendo in crisi questo tipo di rendita, e cre-ando scompensi sociali: il rientro in patria dei cosiddetti “migranti diritorno” ha comportato tensioni sia sul piano occupazionale che su quel-lo dei consumi.

La forte crescita demografica degli ultimi anni e la crisi del-l’economia turca del 2001, hanno portato nuovamente il problema delladisoccupazione alla ribalta. L’inevitabile surplus di mano d’opera rispettoalle possibilità di assorbimento del sistema economico interno al Paeseha creato forti flussi migratori.

Oggigiorno le principali comunità di emigranti turchi si ritrova-no in Germania (2 milioni), Francia (300.000), Paesi Bassi (300.000) enei Paesi Arabi (100.000).

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PERMESSI DI SOGGIORNO DI CITTADINI TURCHI IN ITALIA – GENNAIO 2000UOMINI 4.047

DONNE 2.230

TOTALE 6.277

FONTE: ISTAT – LA PRESENZA STRANIERA IN ITALIA: CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE – ROMA 2001.

COMUNITÀ TURCA IN ITALIA PRIMA E DOPO LA REGOLARIZZAZIONE – GENNAIO 2003NUMERO DI DOMANDE DI REGOLARIZZAZIONE 2.011

SOGGIORNANTI AL 31.12.2002 6.859

TOTALE SOGGIORNANTI E DOMANDE 8.870

AUMENTO % A SEGUITO DELLA REGOLARIZZAZIONE 29,3

FONTE: DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE CARITAS/MIGRANTES ELABORAZIONE SU DATI DEL MINISTERO DLL’INTERNO

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.98 .99

4. Mercato del lavoro e politiche per l’occupazione

1. Funzionamento del mercato del lavoro

1.1 La legge sul lavoro

Il lavoro in Turchia è protetto dalla Costituzione, ed è regolatodalla legge. Il Ministero del Lavoro è stato creato nel 1945, mentre risale al 1974 lacreazione del Ministero per la Sicurezza Sociale che nel 1983 è stato uni-to al Ministero del Lavoro. La prima legge sul mercato del lavoro è del 1924; questa ha istituito ungiorno di pausa dal lavoro, fissandolo nel venerdì, poi cambiato nelladomenica nel 1935. Nel 1932 la Turchia è divenuta paese membro del-l’Organizzazione Internazionale sul Lavoro (OIL), nel 1936 ha emanato lasua prima legge di vasta portata sulla disciplina del lavoro e nel 1947quella sul sindacato dei lavoratori. Nel 1963 le attività dei sindacati sono state allargate, ed è stato istituitoil diritto allo sciopero, mentre nel marzo 2003 è stata introdotta la leggesulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Negli anni sono state diverse le modifiche apportate alla leggesul lavoro; l’ultima è stata nel 2003 quando diversi articoli della leggesono stati cambiati al fine di adeguarsi agli standard della normativa in-ternazionale sulla disciplina del lavoro. Oggi la legge sul lavoro è laN.4857 che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 10 giugno 2003.Secondo la legge, sono ammessi in Turchia il contratto di lavoro tempo-raneo e quello a tempo indeterminato: il contratto della durata massimadi trenta giorni è definito “temporaneo”, mentre tutti quelli che superanotale limite sono considerati a tempo indeterminato. Questi ultimi devonoavere una forma scritta qualora la durata del contratto sia superiore adun anno. Tra i diversi emendamenti della nuova legge segnaliamo l’arti-colo che obbliga il datore di lavoro, titolare di una azienda con più di 30

FLUSSI MIGRATORI DEI LAVORATORI DALLA TURCHIA VERSO L'ESTERO

PAESE NUMERO OCCUPATI DISOCCUPATI PERCENTUALECITTADINI DISOCCUPAZIONE

TURCHI CITTADINI TURCHIGERMANIA 2.053.600 732.189 161.541 23,3FRANCIA 311.356 76.122 32.623 30 OLANDA 299.909 51.000 17.000 28AUSTRIA 134.229 57.098 6.874 10,75 BELGIO 70.701 25.874 9.936 38 SVEZIA 38.844 5.800 1.700 22,5 INGHILTERRA 79.000 44.000 – 11,5 DANIMARCA 35.232 15.596 3.449 22,4ITALIA 10.000FINLANDIA 3.325SPAGNA 1.000LUSSEMBURGO 210 60SVIZZERA 79.476 33.764 3.021 8,1 NORVEGIA 10.000 6.000LIECHTENSTEIN 809 339 49 7,8 TOTALE 3.127.691 1.047.842 236.193 B) REPUBLICHE TURCOFONE AZERBAIJGIAN 5.000 2.000TURKMENISTAN 5.000UZBEKISTAN 3.700 1.881KAZAKHSTAN 7.000KYRGYZSTAN 2.050 1.500TAGIKISTAN 300TOTALE 23.050 5.381C) MEDIO ORIENTE E NORD AFRICAARABIA SAUDITA 100.000 95.000LIBIA 2.650 2.130KUWAIT 3.000 2.750GIORDANIA 1.130 200QATAR 400 400TOTALE 107.180 100.480 D) ALTRI PAESI FEDERAZ. RUSSA 30.000 10.514BIELORUSSIA 70 4GEORGIA 1.200 500UCRAINA 800 350MOLDOVA 200ISRAELE 10.000GIAPPONE 1.729 1.729STATI UNITI 130.000CANADA 35.000AUSTRALIA 52.620 13.500 2.278 20,00SUD AFRICA 500 250TOTALE 262.119 26.847 2.278TOT. GENERALE 3.520.040 1.180.550 238.471FONTE: MINISTERO DEL LAVORO E DELLA SICUREZZA SOCIALE TURCO, SETTEMBRE 2005

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loppante da cui il Paese è afflitto. Nel 2005 il minimo salariale lordo èstato portato a 488,70 nuove Lire turche (circa 295 Euro) e l’importo net-to è pari a 350,15 nuove Lire turche. Precisiamo che i salari reali sonopiù elevati dei minimi, ma che comunque i livelli salariali medi in Turchiasono i più bassi tra quelli dei paesi dell’Unione europea.

In aggiunta al salario, al dipendente sono concesse alcunemensilità extra (da 1 a 4), oppure delle gratifiche in occasione di festivitàe/o a fine anno. Possono essere previsti anche dei fringe benefits, fra iquali i più comuni sono: pasti, assegni familiari, rimborso spese di tra-sporto, aiuti finanziari in occasione del matrimonio, nascite di figli, ma-lattie, morte.La nuova legge sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, in vigore damarzo 2003, ha imposto ad ogni datore di lavoro l’obbligo di prenderetutte le misure necessarie per assicurare un buon livello di salute e di si-curezza degli impiegati nell’ambiente di lavoro. I dipendenti a loro voltasono obbligati a rispettare costantemente le norme relative alla salute esicurezza in vigore. Il Ministero del Lavoro ha il compito di controllare ilrispetto delle norme e l’applicazione di eventuali sanzioni ai trasgressori.

La legge n. 4817 relativa al permesso di lavoro per i lavoratoristranieri è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 6 marzo 2003. Inbase a tale legge si possono concedere permessi di lavoro ai residentistranieri in Turchia per la durata di un anno. Se il lavoratore straniero lavora per più di un anno presso lo stesso da-tore di lavoro può ottenere un permesso di lavoro di 3 anni. Superati i 3anni, sempre a condizione che lavori sempre per la stessa azienda/ufficiopuò ottenere una proroga fino a 6 anni. Le mogli del personale stranieropossono ottenere un permesso di residenza collegato al permesso di la-voro del marito.

1.2 I diritti sindacali

La legge sul lavoro afferma che sia i dipendenti sia i datori di la-voro in Turchia hanno il diritto di associarsi in sindacati al fine di svilupparee proteggere i loro diritti sociali ed economici senza dovere chiedere ed ot-tenere alcun permesso governativo. Gli individui sono liberi di essere mem-bri o meno di un sindacato, ma non di più sindacati allo stesso tempo.

dipendenti, a giustificare il licenziamento di un dipendente che ha già la-vorato per più di sei mesi. Le motivazioni possono essere solo incompe-tenza, colpa grave del dipendente o ancora, giustificate esigenzeaziendali. La legge impone che nei luoghi di lavoro con più di 50 dipendenti, il da-tore sia obbligato ad assumere anche persone disabili ed ex–detenuti inun numero percentuale che viene definito dal governo ogni anno. Gli orari di lavoro in generale non devono superare 45 ore settimanali,ed è obbligatorio un giorno di riposo a settimana.

La nuova legge dispone che è assolutamente proibito assumeregiovani di età inferiore ai 15 anni, anche se è possibile assumere coloroche hanno compiuto 14 anni e hanno avuto una formazione scolastica in“lavori leggeri”. Non è permesso assumere ragazzi di età inferiore ai 18anni, o donne di qualsiasi età, per i lavori da svolgersi sottoterra o sot-t’acqua, così come è vietato impiegare minorenni nei turni di lavoro not-turni delle industrie.

Alcuni articoli della nuova legge riguardano, per esempio, ladurata delle ferie pagate, che viene fissata in 14 giorni per chi ha già la-vorato con lo stesso contratto da uno a 5 anni, in 20 giorni per chi hagià lavorato dai 5 ai 15 anni, ed infine in 26 giorni per chi ha già lavora-to per più di 15 anni. Coloro che ancora non hanno compiuto un anno dilavoro non hanno diritto a ferie retribuite. Il diritto alle ferie è uno deidiritti essenziali del dipendente, ed il datore di lavoro deve provare chetale diritto sia stato esercitato.

L’articolo 39 della legge sul lavoro regola invece i minimi sala-riali. Questi vengono fissati su base nazionale da un comitato compostoda rappresentanti del governo, dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il sa-lario minimo è così definito: “salario pagato ad un dipendente in cambiodi una normale giornata di lavoro, che sia sufficiente a garantire la co-pertura dei bisogni vitali essenziali come il nutrirsi, l’alloggio, il vestiario,la salute, i trasporti e le attività culturali, calcolati sulle tariffe minimedei prezzi attuali di mercato”.

Questi minimi, in realtà, si riferiscono ai lavoratori della fasciapiù bassa del mercato, cioè al personale assolutamente non qualificato,e sono validi solo per 6 mesi a causa del fenomeno dell’inflazione ga-

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rimasti senza un lavoro. La Corte Costituzionale ha però annullato taledecreto e solo il 24 giugno 2003 il Parlamento ha approvato la legge sullavoro n. 4904 che ha previsto l’istituzione del nuovo Servizio Pubblicoper l’Impiego Turco.

La trasformazione del vecchio Ufficio del Lavoro in ServizioPubblico per l’Impiego riprende lo schema europeo più recente che vedequest’ultimo sempre più orientato all’assistenza, informazione e consu-lenza sia al lavoratore, sia al datore di lavoro. Deve per questo dotarsidi personale competente e di strumenti tecnologici adatti al volume edalla tipologia dei compiti che è chiamato ad assolvere. Dovrà per questoprovvedere ad azioni di riqualificazione ed aggiornamento degli operato-ri, finalizzate a poter disporre di professionalità adeguate all’espletamen-to delle diverse funzioni da svolgere.

L’attività più importante del Servizio per l’Impiego turco – cosìcome per gli altri paesi europei che sono passati da una gestione forte-mente legata ad un’organizzazione dello Stato accentratore ad una moltopiù snella gestita localmente e quindi molto più orientata all’utente – ri-mane quella della facilitazione dell’incontro della domanda di lavoro conl’offerta da parte delle imprese in cerca di risorse umane con determina-te caratteristiche. Da questa funzione centrale discendono poi, come giàaccennato, una serie di attività che il servizio pubblico si trova a dovergestire e che vanno dalla mera accoglienza alla gestione delle procedureamministrative passando per una serie di azioni specifiche dedicate agliutenti del servizio.

Questi ultimi possono essere raggruppati in due categorie bendistinte aventi necessità complementari: coloro che sono in cerca diun’occupazione in linea con la propria formazione ed esperienza e coloroche cercano risorse da collocare nella propria impresa per svolgere man-sioni che richiedono una certa formazione e/o esperienza.

Per quanto riguarda i primi, il Servizio per l’Impiego turco siprefigge di offrire servizi di orientamento, consulenza per la redazionedel proprio Curriculum Vitae, incrocio domanda/offerta e quindi anchepreselezione di candidati da inviare a colloqui, proposta e gestione dicorsi di aggiornamento laddove sia richiesto di colmare una formazionedebole per poter avere le caratteristiche necessarie a svolgere una deter-

In Turchia, sempre secondo la legge, i contratti collettivi di la-voro non posso essere fatti per meno di un anno o per più di tre anni.Una volta che l’accordo è stato firmato, la durata del contratto di lavorocollettivo non può essere estesa, ridotta o conclusa dalle parti prima chel’accordo sia terminato. Come eccezione, la durata di un contratto collet-tivo può essere inferiore ad un anno nel caso sia legata all’esecuzione diun progetto di lavoro di durata inferiore all’anno.

In realtà sembra che la Turchia sia ancora lontana dagli stan-dard fissati dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, e proprio sullaquestione dei diritti sindacali in Turchia ha cominciato ad occuparsi an-che l’Unione europea ad ottobre 2005 durante l’elaborazione del rappor-to annuale sullo stato di avanzamento delle riforme. In quell’occasione,a Bruxelles, è stato organizzato un incontro con i rappresentanti dei prin-cipali sindacati del Paese chiamati a tracciare il quadro della situazione.Olli Rehn, il responsabile Ue per l’allargamento, ha affermato che in Tur-chia continuano ad esserci serie limitazioni al diritto del lavoratore adaderire al sindacato, alla contrattazione collettiva ed al diritto di sciope-ro. Esiste ancora in Turchia, per esempio, il divieto di scioperare impostoai minatori da parte del governo per ragioni di sicurezza nazionale, ci so-no ancora reazioni violente della polizia contro i movimenti indetti dalsindacato e vengono tuttora effettuati licenziamenti motivati dall’adesio-ne ad un sindacato. Secondo il rapporto del sindacato TÜRK– presen-tato a Bruxelles, nel 2004 sono stati 11.968 i lavoratori che hanno persoil posto per essersi iscritti al sindacato.

Nel processo di democratizzazione e di trasformazione della so-cietà turca degli ultimi anni il mondo del lavoro è stato sostanzialmentetrascurato, molto probabilmente il processo di adesione all’Unione europeagiocherà un ruolo importante nel promuovere lo sviluppo di questo settoreportandolo ad uniformarsi agli standard degli altri Paesi dell’Unione.

1.3 Il Servizio Pubblico per l’Impiego

L’Ufficio del Lavoro turco è stato dimesso con un decreto legi-slativo nell’anno 2000 per istituire il nuovo Servizio Pubblico per l’Impie-go, creato con il fine di assicurare lo sviluppo dell’occupazione, frenarela disoccupazione e gestire il servizio dei sussidi da erogare ai lavoratori

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Per quanto riguarda il rimanente 50% della popolazione, biso-gna dire che 3.690.000 individui appartengono alla categoria "Lavorantiin famiglia senza salario" per i quali la legge non prevede nessun obbli-go di iscrizione a forme di assicurazione a scopo di previdenza, mentre7.975.000 sono invece i lavoratori privi di qualsiasi forma di copertura acui, invece, avrebbero diritto.

Le maggiori istituzioni per la previdenza sociale in Turchia sonotre: il Sosyal Sigortalar Kurumu (SSK), che copre l’assistenza sanitaria edil trattamento pensionistico di impiegati dei settori privato e pubblico; ilBag–Kur per commercianti, artigiani, casalinghe e lavoratori autonomi el’Emekli Sandi i per i dipendenti dello Stato e degli Enti Pubblici. L’assi-stenza sociale in Turchia copre tutti gli incidenti lavorativi, le malattie, lamaternità, l’inabilità e la morte. Il contributo medio alla SSK per il datoredi lavoro è il 35% del salario.Le legge del 22 maggio 2002 ha alzato i limiti minimi di età per il dirittoalla pensione e il numero degli anni di contributi obbligatori da versare,ma la nuova riforma sul Servizio Sanitario Nazionale, di cui accenniamosotto, li ha nuovamente alzati.

Non essendo l’assistenza sociale pubblica considerata di stan-dard accettabile, la maggior parte delle aziende prevedono, soprattuttoper dirigenti e quadri, come fringe benefit, una polizza di assicurazionesulla salute con compagnie di assicurazione private.Il sussidio di disoccupazione è stato introdotto dalla legge n. 4447 il 25agosto 1999. Mediante questa legge la perdita temporanea del redditoda lavoro dipendente è coperta per un determinato periodo di tempo, inmodo da permettere al disoccupato e alla sua famiglia di sostenersimentre cerca una nuova occupazione. La Turchia era l’unico dei paesimembri dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo SviluppoEconomico) a non prevedere nella propria legislazione il sussidio di di-soccupazione, colmando questa lacuna ha compiuto un ulteriore passoverso l’allineamento all’Unione europea.

Il 19 Aprile 2006 la Grande Assemblea Nazionale Turca ha adot-tato la Legge sulla Riforma della Previdenza Sociale.Il pacchetto delle norme, chiesto dal Fondo Monetario Internazionale(FMI), è stato presentato dal partito Giustizia e Sviluppo, (AKP) attual-mente al governo. È speranza del governo che le misure adottate dalla

minata mansione, offerta di percorsi di alfabetizzazione informatica, faci-litazione di reinserimento di ex detenuti nel mondo del lavoro, aiuto aidisabili nella ricerca di un’occupazione anche ponendosi come interlocu-tore nei confronti dei datori di lavoro che debbano ottemperare le richie-ste di legge in materia di assunzione di persone disabili, favorirel’avviamento al lavoro delle donne, categoria ancora oggi particolarmen-te svantaggiata in Turchia.

Per quanto riguarda il servizio fornito ai datori di lavoro in cer-ca di risorse umane da inserire nella propria impresa, sempre nell’otticadi un sempre maggior recepimento dell’acquis communautaire, la nuovalegge sul lavoro approvata nel 2003 assegna al Servizio Pubblico perl’Impiego la progettazione di strategie per un utilizzo diversificato dellerisorse umane sulla base dell’esplicitazione dei fabbisogni professionali,occupazionali e formativi da parte delle imprese.La consulenza sulla legislazione del lavoro nazionale e comunitaria è unaltro servizio che viene offerto alle imprese sia per una gestione del per-sonale sempre più aderente alla legislazione in vigore, sia in vista dellaprossima adesione all’Unione europea. Ancora il Servizio Pubblico perl’Impiego deve essere in grado di assistere le imprese nelle procedureamministrative necessarie per l’ottenimento degli incentivi all’assunzionedei lavoratori disabili e di altre categorie per le quali sia previsto unosgravio fiscale al datore di lavoro.

Vi sono poi una serie di “servizi al territorio” che comprendonoil raccordo con gli altri soggetti che operano a livello locale per metterein condivisione la propria banca dati, l’individuazione congiunta di nuovibacini occupazionali, la gestione di servizi che necessitano di competen-ze particolari come la gestione di programmi per particolari categorie (di-sabili, ex detenuti, soggetti di difficile inserimento ecc…) e la gestionedelle indennità di disoccupazione.

1.4 L’assistenza sociale

Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica, nell’anno2000, su un totale di 22 milioni di persone che compongono la forza la-voro attiva, solo 11 milioni erano coperti da una forma di assistenza so-ciale, cioè solo il 50% dei dipendenti.

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2.1 Politiche attive per l’occupazione

Nell’ultimo decennio, il programma di politica attiva per l’occu-pazione intrapreso dal governo ha visto l’introduzione di programmi diformazione, addestramento e tirocinio mirati, destinati sia a lavoratorioccupati, sia a quelli in cerca di occupazione. Numerosi sono i programmi di apprendistato destinati ai giovani, pro-mossi dal Ministero dell’Istruzione, ma molti sono anche quelli organiz-zati da municipi, ONG, fondazioni, accademie. Anche l’Ufficio del ServizioPubblico per l’Impiego, promuove molti progetti di addestramento e tiro-cinio, in particolare quelli destinati a donne, giovani, disoccupati, porta-tori di handicap ed ex–detenuti.

Nel 2001 è stato avviato un programma di addestramento, incooperazione con il Ministero della Giustizia, destinato al reinserimentonel mondo del lavoro di detenuti la cui pena è prossima alla scadenza. Esistono anche corsi di formazione/aggiornamento per gli occupati orga-nizzati dal Servizio Pubblico per l’Impiego. Tali seminari vengono conce-piti specificatamente per i dipendenti dei diversi livelli, dal più bassofino ai gradi più alti di responsabilità. In questi ultimi dieci anni il setto-re che ha partecipato maggiormente a questi corsi è stato quello privatocon 24.000 partecipanti provenienti dell’industria manifatturiera, mentresi è stimato che, negli ultimi dieci anni, hanno partecipato a corsi di for-mazione circa 95.000 soggetti.

PARTECIPAZIONE A CORSI DI FORMAZIONE – ANNI 1992–2002

ANNI NUMERO DI CORSI NUMERO DI PARTECIPANTI

1992 470 8.069

1993 628 11.536

1994 841 15.695

1995 1092 20.037

1996 611 11.426

1997 608 10.753

1998 496 9.742

1999 222 4.384

2000 194 3.101

2001 43 744

2002 43 728

FONTE: SERVIZIO PUBBLICO PER L’IMPIEGO (ISKUR), 2002

nuova legge possano contribuire a ridurre il deficit del Servizio di Previ-denza Sociale, che nel 2005 ha raggiunto il 3,5% del PIL.Tra le maggiori innovazioni della nuova legge c’è l’innalzamento dell’etàpensionabile, portata a 65 anni per tutti i cittadini (in precedenza era di58 anni per le donne e 60 per gli uomini). La riforma del sistema preve-de, inoltre, che le tre maggiori istituzioni che al momento si occupano diprevidenza non operino in maniera disgiunta (per fasce diverse di lavo-ratori), ma siano raggruppate sotto un unico “ombrello” a cui tutti i cit-tadini possano rivolgersi.La nuova legge introduce l’assistenza sanitaria gratuita, sia presso gliospedali pubblici, sia presso quelli privati convenzionati per tutti i citta-dini fino al compimento del 18esimo anno di età.

2. Politiche del lavoro

Nonostante l’orientamento di politica neo–liberale che in Tur-chia ha caratterizzato gli anni Novanta, sembra che tuttavia, in questodecennio, la tutela dell’impiego sia stato un obbiettivo condiviso dallevarie coalizioni di governo. Come abbiamo visto nel 1999 si è disegnatala struttura legale del sussidio di disoccupazione e nello stesso anno lalegge relativa è entrata in vigore, nel 2000 sono stati riscossi i primi pre-mi e a marzo 2002 sono stati effettuati i primi pagamenti.

Sempre negli anni ’90 sono stati sviluppati, inoltre, due pro-grammi della Banca Mondiale destinati a coloro che devono essere ricol-locati in seguito alla perdita del posto di lavoro dovuta ai processi diprivatizzazione portati avanti dal governo. Un primo programma è partitonel 1994–1995, mentre il secondo è iniziato nel 2000 e tra le misure dipolitica attiva include anche diversi programmi di apprendistato e di la-voro temporaneo.

Infine, un programma multisettoriale, intitolato “Progetto di Im-piego e Insegnamento” è stato condotto tra il 1993 e il 2000 da AgenzieGovernative di diversi paesi. Bisogna dire però che, rispetto agli altri paesi dell’Unione europea, lepolitiche del lavoro in Turchia sono ancora molto limitate e probabilmen-te l’unico programma degno di essere annoverato tra queste è quelloche si dedica all’istruzione professionale.

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Il Programma per i Giovani Imprenditori è strutturato allo stes-so modo di quello appena descritto, con la sola differenza di essere de-stinato a giovani iscritti all’Università che desiderino avviare un’attivitàimprenditoriale autonoma. Questo programma, gestito dal KOSGEB, haorganizzato nel biennio 1999–2000, circa 18.500 ore di formazione pergruppi di Università diverse.

2.2 Politiche passive per l’occupazione

Al momento il governo turco dispone essenzialmente di trestrumenti di politica cosiddetta “passiva” per l’occupazione. Fra queste,quella in vigore da più tempo e che abbraccia il più ampio numero di la-voratori è sicuramente il trattamento di fine rapporto. Infatti, la legge delLavoro n. 1475 prevede che il datore di lavoro compensi un proprio im-piegato che abbia avuto un contratto a tempo indeterminato e che abbiavisto questo contratto decadere per motivi di morte, pensionamento,servizio militare obbligatorio, matrimonio (solo per le donne) o licenzia-mento involontario, attraverso un trattamento. Il trattamento di fine rapporto si calcola sulla base di due componenti: ilpremio di anzianità e il premio di preavviso. Il premio anzianità è ugualead un salario mensile (30 giorni) per ogni anno di servizio.

Il premio di preavviso è quel premio che copre il dipendenteche subisce un licenziamento immediato con il versamento di parte delsalario. La percentuale di salario coperta è in funzione del periodo diservizio: un impiegato che ha lavorato meno di 6 mesi ha diritto ad unpremio di preavviso pari a due settimane di salario, il premio sale a ma-no a mano, fino ad arrivare alle 8 settimane per chi ha lavorato per piùdi 3 anni. Quindi, per esempio, per un impiegato che ha lavorato per 20anni il trattamento di fine rapporto sarà dato da 20 mesi di salario comepremio anzianità più 8 settimane di premio di preavviso.

Altra misura di sostegno ai lavoratori è il sussidio di disoccupa-zione di cui abbiamo già accennato nelle pagine precedenti e di cui pos-sono beneficiare coloro che sono iscritti all’Istituto di Sicurezza Socialeed hanno lavorato e versato il premio per almeno 600 giorni. Possonobeneficiarne anche i lavoratori stranieri se stabilito da contratto. Il contributo è calcolato come una frazione del salario lordo ed inizial-

Programma di Lavoro Pubblico TemporaneoUna particolare iniziativa di sostegno all’occupazione è il Pro-

gramma di Lavoro Pubblico Temporaneo. Il programma è volto ad alle-viare i disagi di coloro che hanno perso il lavoro in conseguenza di crisieconomiche o disastri naturali (i terremoti sono molto frequenti in Tur-chia), offrendo loro l’opportunità di un impiego temporaneo di duratanon superiore a sei mesi. Tale progetto, finanziato dalla Banca Mondiale,è coordinato dal Servizio Pubblico per l’Impiego.

Programma di sussidio all’occupazioneAl fine di assicurare uguali opportunità di accesso al lavoro in

tutte le diverse regioni della Turchia, il governo nel 1998 ha emanato lalegge n. 4325, destinandola a regioni e province dichiarate in “condizionidifficili” dal Consiglio dei Ministri. La legge dispone che parte del contri-buto versato dal datore di lavoro alle casse della Previdenza Sociale perciascun lavoratore, sia a carico dello Stato riducendo così gli oneri socia-li del 21– 27%.

Sempre nello stesso anno, il governo con l’obbiettivo di offriremaggiori opportunità di accesso al lavoro ai disabili e agli ex detenuti,ha stabilito attraverso la legge n. 4383, l’integrale trasferimento allo Sta-to degli oneri sociali a carico del datore di lavoro per coloro che assu-mono soggetti appartenenti a tali categorie svantaggiate. Grazie aquesta legge, nel 2001 sono stati assunti più di 2.500 individui.

Programmi diretti al sostegno per l’avvio di piccole attività imprenditoriali.In Turchia i piccoli imprenditori che gestiscono attività con me-

no di 10 dipendenti, rappresentano un largo segmento della forza lavoro.Per questo motivo la Direzione per il Sostegno allo Sviluppo delle Picco-le e Medie Imprese (KOSGEB), ente autonomo collegato al Ministero In-dustria e Artigianato, ha organizzato una serie di programmi a sostegnodella piccola imprenditoria: dall’avvio di nuove attività imprenditoriali,alla gestione del budget di spesa, alla preparazione del piano di fattibili-tà economica, alla gestione delle attività amministrative necessarie allosvolgimento dell’attività e così di seguito per permettere ai partecipantidi affrontare tutte le problematiche legate al tema dell’autoimprenditoria-lità nella maniera più consapevole e serena possibile. Il programma è fi-nanziato dal KOSGEB in collaborazione con la Banca Mondiale.

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mente è stato stabilito che il 2% fosse a carico del lavoratore, il 3% deldatore di lavoro e il 2% dello Stato. Con la crisi economica del 2001 loStato ha ridotto il suo contributo all’1%. Possono percepire il sussidio co-loro che hanno perso il posto di lavoro per cause non a loro imputabili.

I sussidi vengono erogati per un determinato periodo calcolatoin base alla durata del contratto di lavoro e del pagamento dei contribu-ti, e corrispondono al 50% del salario giornaliero stabilito nel contratto.Coloro che hanno versato contributi per almeno 600 giorni negli ultimitre anni hanno diritto a ricevere il sussidio per 6 mesi, chi ha versato per900 giorni riceverà il sussidio per 8 mesi, chi ha versato per più di 1.080giorni potrà avere il sussidio per 10 mesi. In aggiunta a tale indennità ildisoccupato ha diritto alla copertura assicurativa sulla salute e sulla ma-ternità, ai servizi di sostegno alla ricerca di nuove occupazioni, formazio-ne, addestramento, assistenza sociale.

La terza misura è quella specificatamente destinata ai lavorato-ri che sono stati trasferiti in seguito alle privatizzazioni. La legge n. 4046che regola lo svolgimento delle privatizzazioni ha stabilito che in aggiun-ta al premio di trattamento fine rapporto di lavoro ai lavoratori licenziatio trasferiti a causa delle privatizzazioni, venga versato anche un contri-buto aggiuntivo. Tale contributo è calcolato in base al periodo di serviziosvolto, per esempio sarà di 90 giorni di salario per 550 giorni di servi-zio, 120 giorni per 1.100 giorni di servizio, 180 giorni di salario per chi halavorato per almeno 1.650 giorni ed infine un salario di 240 giorni lavo-rativi per 2.200 giorni di servizio. Per usufruire del servizio i dipendentidevono essere iscritti al Servizio Pubblico per l’Impiego (ISKUR).

L’ ISKUR, oltre a versare il contributo, svolge il servizio di so-stegno per la ricerca di una nuova occupazione, di formazione, addestra-mento, e assistenza sociale al dipendente e alla sua famiglia.

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Appendice

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INDIRIZZI UTILI IN ITALIA

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10128 Torino

Tel.: (011) 544050

Fax: (011) 537607

CONSOLATO – TRIESTE

Piazza del unità d’Italia, 7

34121 Trieste

Tel.: (040) 7600022

Fax.: (040) 67027300

E–mail: [email protected]

CONSOLATO – VENEZIA

San Marco, 2414

30100 Venezia

Tel.: (041) 5230707

Fax: (041) 5209211

E–mail: [email protected]

Page 57: 65 Ministerul Muncii - Piata Muncii in Turcia

.115.114

ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA ISTANBUL

(www.iicist.org.tr)

Mesrutiyet Cad.,161

80050 Tepebas˘ – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2939848

Fax: 0090 (212) 2510749

BANCHE ITALIANE IN TURCHIA

BANCA DI ROMA (FILIALE)

Buyukdere Cad., 3 Yol Mevkii

Noramin Is Merkezi K.5

Maslak – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2859310

Fax: 0090 (212) 2769425

E–mail: [email protected]

BANCA INTESA–BCI

(Ufficio di Rappresentanza)

Cinnah Cad.,7/3

06680 Kavaklidere – Ankara

Tel.: 0090 (312) 4671170

Fax: 0090 (312) 4263722

E–mail: bci–ankara@bci–ankara.com

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA

(Ufficio di Rappresentanza)

Swiss Otel Tower 2. Floor

Macka – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2609580/1

Fax: 0090 (212) 2601523

ISTITUTO BANCARIO SAN PAOLO DI TORINO S.P.A.

(Ufficio di Rappresentanza)

Edin & Suner Plaza

Meydan Sok.,14/1A

80630 Akatlar – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 3511731 – 32

Fax: 0090 (212) 3511733

E–mail: [email protected]

UNICREDITO – KOCBANK

Barbaros Bulvari Morbasan sok. Koza Is

Merkezi

Balmumcu Besiktas – Istanbul

Tel.: 0090(212)2747777

Fax.: 0090(212)2162518

E–mail: [email protected]

E–mail: [email protected]

INDIRIZZI UTILI IN TURCHIA

AMBASCIATA D’ITALIA

(www.itaamb.org.tr)

Ataturk Bulvari, 118

06680 Kavaklidere – Ankara

Tel.: 0090 (312) 4265460 (4 linee)

Fax: 0090 (312) 4265800

E–mail: [email protected]

UFFICIO COMMERCIALE:

Tel.: 0090 (312) 4266513

Fax: 0090 (312) 4675488

Email: [email protected]

CONSOLATO GENERALE D’ITALIA – ISTANBUL

(www.italyancons.org.tr)

Tom Kaptan Sokak, 15 Bogazkesen

80073 Beyoglu – Istanbul

Tel.: 0090(212)2431024/25–2525437–

2513294

Fax: 0090 (212) 2525879

E–mail: [email protected]

ISTITUTO NAZIONALE PER IL COMMERCIO

CON L’ESTERO (ICE)

(www.ice.it/estero2/istanbul)

Sezione per la promozione degli Scambi del

Consolato Generale d'Italia

Mete Caddesi N.20 Kat.6

34437 Taksim – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2512951 (4 linee)

Fax: 0090 (212) 2512991

E–mail: [email protected]

CONSOLATO D’ITALIA – IZMIR

(www.itacons–izmir.com)

Cumhuriyet Meydani 12/3

35210 Pasaport – Izmir

Tel.: 0090 (232) 4636676 – 4636696

Fax: 0090 (232) 4212512

E–mail: izmir@italcons–izmir.com

CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA AD ISTANBUL

(http://abone.turk.net/cciist)

Mesrutiyet Caddesi, 161

80050 Tepebas I – Istanbul

Tel.: (0090) 2442268 – 2494191

Fax: (0090) 2525885

E–mail: [email protected]

CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA AD IZMIR

(www.cciizmir.org)

Cumhuriyet Bulv. Mayis Is Merkezi N.123 Kat.

5/504 Alsancak – Izmir

Tel.: (0090) 4647747

Fax: (0090) 4630928

E–mail: [email protected]

ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA ANKARA

(www.iic.org.tr)

Mahatma Gandhi Cad., 32 06700 g.o.p. –

Ankara

Tel.: 0090 (312) 4464085 – 4465178

Fax: 0090 (312) 4465176

E–Mail : [email protected]

Page 58: 65 Ministerul Muncii - Piata Muncii in Turcia

.117.116

ISTANBUL DENIZ TICARET ODASI

(Camera Marittima di Istanbul)

(www.chamber–of–shipping.org.tr)

Meclisi Mebusan Caddesi, 22

Mimar Sinan Universitesi Yani

80154 Salipazari – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2520130

Fax: 0090 (212) 2937935

E–mail : dto@chamber–of–shipping.org.tr

YASED (YABANCI SERMAYE KOORDINASYON DERNEGI)

(Associazione per il Coordinamento del

Capitale Straniero)

(www.yased.org.tr)

Barbaros Bulvari, Morbasan Sokak

Koza Is Merkezi, B Blok Kat 1

80700 Balmumcu – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2725094

Fax: 0090 (212) 2746664

E–mail : [email protected]

IKV – IKTISADI KALKINMA VAKFI

(Fondazione per lo Sviluppo Economico)

(www.ikv.org.tr)

Rumeli Caddesi, 85 Kat 7

80220 Osmanbey – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2463657 – 2307637

Fax: 0090 (212) 2477587

E–mail : [email protected]

DEIK (DIS EKONOMIK ILISKILER KURULU)

(Consiglio per le Relazioni Economiche con

l'Estero)

(www.deik.org.tr)

TOBB Plaza Talatpasa Cad., 3 K.5

34394 Gultepe – Levent – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 3395000

Fax: 0090 (212) 704190

E–mail : [email protected]

IGEME

(Centro per la promozione delle esportazioni)

(www.igeme.org.tr)

Mithat Pasa Cad., 60

06420 Kizilay – Ankara

Tel.: 0090 (312) 417 22 23

Fax: 0090 (312) 417 22 33

E–mail: [email protected]

T.C. BASBAKANLIK HAZINE MUSTESARLIGI

(Sottosegretariato per il tesoro)

(www.treasury.gov.tr)

Eskisehir Karayolu Inonu Bulvari, 36

06510 Emek – Ankara

Tel.: 0090 (312) 2128800 – 2128815

Fax: 0090 (312) 2122297

E–mail : [email protected]

T.C. BASBAKANLIK DIS TICARET MUSTESARLIGI

(Sottosegretariato per il commercio estero)

(www.dtm.gov.tr)

Inonu Bulvari

06510 Emek – Ankara

Tel.: 0090 (312) 2128800

Fax: 0090 (312) 2121622

OZELLESTIRME IDARESI BASKANLIGI

(Dipartimento privatizzazioni)

(www.oib.gov.tr)

Hüseyin Rahmi Sok., 2

Cankaya – Ankara

Tel.: 0090 (312) 4411500

Fax: 0090 (312) 4380652

E–mail : [email protected]

MINISTERI

MINISTERO AFFARI ESTERI

(www.mfa.gov.tr)

Tel.: 0090(312) 287 25 55 – 292 10 00

Fax: 0090(312) 287 16 83

MINISTERO DELL’INDUSTRIA E DEL COMMERCIO

(www.sanayi.gov.tr)

Tel.: 0090(312) 231 72 80

Fax: 0090(312)-286 53 25

MINISTERO DELL’ENERGIA E DELLE RISORSE NATURALI

(www.enerji.gov.tr)

Tel.: 0090(312) 212 64 20

Fax: 0090(312) 222 94 05

MINISTERO DEI TRASPORTI

( www.ulastirma.gov.tr)

Tel.: 0090(312) 212 67 30

Fa: 0090(312) 212 49 00

MINISTERO DELLE FINANZE

(www.maliye.gov.tr)

Tel.: 0090(312) 419 12 00

Fax: 0090(312) 425 00 58

MINISTERO DEI TURISMO

(www.turizm.gov.tr)

Tel.: 0090(312) 212 83 00

Fax: 0090(312) 212 83 91

MINISTERO DEL LAVORO E DELLA SICUREZZA SOCIALE

(www.calisma.gov.tr)

Tel.: 0090(312) 212 97 00

Fax : 0090(312) 212 19 63

ENTI LOCALI

UNIONCAMERE

(www.tobb.org.tr)

(T.o.b.b. Turkiye Ticaret, Sanayi, Deniz, Ticaret

Odalari Ve Ticaret Borsalari Birligi)

Ataturk Bulvari, 149

06581 Bakanliklar – Ankara

Tel.: 0090 (312) 4177700 (10 linee)

Fax: 0090 (312) 4183268

E–mail: [email protected]

TUSIAD

(Associazione degli imprenditori turchi)

(www.tusiad.org)

Mesrutiyet Caddesi, 74

80050 Tepebasi – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2495448 – 2491929 –

2490723

Fax: 0090 (212) 2490913 – 2925375

E–mail: [email protected]

ISTANBUL TICARET ODASI

(Camera di Commercio Istanbul)

(www.tr–ito.com)

Ragip Gumuspala Caddesi, 84

34378 Eminonu – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 4556000

Fax.: 0090 (212) 5131565

ISTANBUL SANAYI ODASI

(Camera dell'Industria di Istanbul)

(www.iso.org.tr)

Mesrutiyet Caddesi, 118

80050 Tepebasi – Istanbul

Tel.: 0090 (212) 2522900 (10 linee)

Fax: 0090 (212) 2495084 – 2934398

Page 59: 65 Ministerul Muncii - Piata Muncii in Turcia

.119.118

ENI ENTE NAZ. IDROCARBURI

Abdi Ipekci CAD., 61 d Blok K., 7

80200 Macka – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 241 62 48

Fax: 00 90(212) 234 26 74

E–mail: [email protected]

ENI GROUP–SNAM PROGETTI

Suleyman Seba Cad., 92

Bjk Plaza B Blok Kat.1 D.102

Besiktas–Istanbul

Tel.: 00 90(212) 327 48 62

Fax: 00 90(212) 327 48 64

E–mail: [email protected]

POLIMERI–EUROPA

Buyukdere Cad. Ucyol Mevkii

Noramin Is Merkezi,55/4 Maslak–Ist.

Tel.: 00 90(212) 286 75 30 (4 linee)

Fax: 00 90(212) 286 75 11

E–mail: [email protected]

EGE RORO ITALIANA

Koyalti Mevkii Cemal Ulusoy Cad.

Sehit Umit Alay Ssok.

Yenibosna –Istanbul

Tel.: 00 90(212) 425 44 90

Fax: 00 90(212) 425 44 95

E–mail: [email protected]

FIAT LUBRIFICANTI

Eski Uskudar Yolu Bodur Is Merkezi, 8/3–6

81040 Icerenkoy – Istanbul

Tel.: 00 90(216) 5743145

Fax: 00 90(216) 5743884

ILVA INT.

Buykdere cd. Gun Apt., 26 K.6 D. 12

80290 Mecidiyekoy – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 272 51 51 – 272 58 58

Fax: 00 90(212) 272 93 93

E–mail: [email protected]

IN.CO SPA ERMENEGILDO ZEGNA

Istanbul Deri Serbest Bolgesi

Hakki Matras Cad., 18

81464 Tuzla – Istanbul

Tel.: 00 90(216) 394 00 01–02

Fax: 00 90(216) 394 26 33

E–mail: [email protected]

IVECO SPA

Eyup Sultan Mah. Sekmen Cad.,15

Samandira – Kartal – Istanbul

Tel.: (00 90(216) 311 89 53

Fax: 00 90(216) 561 16 03

E–mail: [email protected]

MAGNETI MARELLI SPA

Dikilitas Emirhan Cad.,145 a Blok k:13

80700 Besiktas – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 258 13 16 – 40

Fax: 00 90(212) 258 12 03

E–mail: magnetim @ superonline.com

MERLONI ELETTRODOMESTICI

Balmumcu Cad. Karahasan Sok., 15

Balmumcu–Istanbul

Tel.: 00 90(212)355 53 00

Fax: 00 90(212)216 24 54

E–mail:elif.amasya@merlonicom

T.C. BASBAKANLIK ISTATISTIK ENSTITUSU

(Istituto statistico nazionale)

(www.die.gov.tr)

Necatibey Cad., 114

Bakanliklar – Ankara

Tel.: 0090 (312) 4176440 (10 linee)

Fax: 0090 (312) 4170432

PRINCIPALI AZIENDE ITALIANE

OPERANTI IN TURCHIA

AGIP PETROLI

Ayd in Sitesi, Korukent Yolu Villa, 24

1. Levent – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 266 10 95

Fax: 00 90(212) 275 65 30

E–mail : [email protected]

AGUSTA SPA

Suleyman Nazif sk, 10/3

06550 Cankaya – Ankara

Tel.: 00 90(312)440 32 86–440 12 76

Fax: 00 90(312) 440 17 03

E–mail: [email protected]

ALITALIA

Vali Konagi Cad., 73/6

Nisantasi – Istanbul

Tel.: 00 90(212)315 19 90 – 00

Fax: 00 90(212) 315 19 80

ASSICURAZIONI GERERALI

Bankalar Cad., 31–33 Generali Han

80006 Karakoy – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 251 27 88 (4 linee)

Fax: 00 90(212) 252 18 38

E–mail: [email protected]

ASTALDI SPA

Ilkadim Sok., 19

06700 G.O.P. – Ankara

Tel.: 00 90(312) 445 07 53

Fax: 00 90(312) 445 07 16

E–mail:[email protected]

Page 60: 65 Ministerul Muncii - Piata Muncii in Turcia

.121.120

MAGNETI MARELLI SPA

Organize Sanayi Bolgesi

Yesil Cad., 28

16159 Bursa

Tel.: 00 90(224) 243 13 70

Fax: 00 90(224) 243 13 81

E–mail: [email protected]

RUGGERINI MOTORI PANCAR MOTOR A.S.

Kartaltepe Mah. Eski

Edirne Asfalti, 33

34150 Bayrampasa – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 545 46 50

Fax: 00 90(212) 578 03 41

E–mail: [email protected]

ARTSANA SPA CHICCO TEKSTIL SAN.TIC.AS

Litros Yolu, 4/1

34020 Topkapi – Istanbul

Tel.: 00 90(212)674 34 19 (3 linee)

Fax: 00 90(212) 612 10 06

E– mail: [email protected]

SABCO SRL– NEJAT SABUNCU MAKINE

Nispettiye Cad. Akaygen Sok., 2

34340 Bebek– Istanbul

Tel.: 00 90(212) 257 79 00

Fax: 00 90(212) 257 79 06

E–mail:[email protected]

PIRELLI SPA

Buyukedere Cad., 117

Gayrettepe – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 217 59 00

Fax: 00 90(212) 217 58 10

TELECOM ITALIA AVEA

Abdi Ipekci Cad.

Istim Destek Reasurans Binasi, 75

Macka – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 460 11 00

Fax: 00 90(212) 460 12 12

E–mail: [email protected]

MERLONI TERMOSANITARI

Husrev Gerede Cad. Saray Apt., 134 K.6

Tesvikiye – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 327 94 50

Fax: 00 90(212) 327 94 51

E–mail: ftrau@e–kolay.net

NEW HOLLAND ITALIA

Guvercin Yolu, 111–112

06560 Gazi – Ankara

Tel.: 00 90(312) 211 01 90

Fax: 00 90(312) 211 03 73

E–mail: [email protected]

NUOVO PIGNONE

Buyukdere Cad. Yapi Kredi Plaza C. Blok K. 6 D.19

Levent – Istanbul

Tel. : 00 90(312) 269 64 31

Fax : 00 90(312) 282 62 98

E–mail: [email protected]

OMRON ELECTRONICS SRL

Altunizade Kisikli Cad., 2

Blok – Istanbul

Tel.: 00 90(216) 474 00 40

Fax: 00 90(216) 474 00 39

E–mail: [email protected]

TREVI SPA

Bayar Caddesi Indet Apt., 70 KAT.1 D.4

Kozyatagi – Istanbul

Tel.: 00 90(216)416 02 51–416 01 45

Fax: 00 90(216) 416 04 69

E–mail: [email protected]

VALTUR SPA

Mete Cad. Yeni Apt., 16 K.3 D.9

34437 – Taksim – Istanbul

Tel.: 00 90(212) 244 74 88–89–90

Fax: 00 90(212) 244 74 82

ARNETTA SRL

Keresteciler Sitesi

Kestane Sok. Grup Han, 16/2

34580 Merter – Istanbul

Tel.: 00 90(212)504 80 53

Fax: 00 90(212) 539 48 86

E–mail: [email protected]

BENETTON

Maslak, Buyukdere Cad., 3.Yol

Mevkii Noramin is Merkezi B4 Blok

80881 Maslak Istanbul

Tel.: 00 90(212)285 26 50

Fax: 00 90(212) 285 26 58

E–mail: [email protected]

FIAT AUTO SPA TOFAS TURK OTOMOBIL A.S.

Buyukdere Cad., 145/1–5

80600 Zincirlikuyu Levent–Istanbul

Tel.: 00 90(212)275 29 60

Fax: 00 90(212) 275 39 88

E–mail: antoniob@ tofas.com.tr

LOMBARDINI MOTORI

Esentepe Mah. Anadolu Cad., 5

Kartal – Istanbul

Tel.: 00 90(216) 306 41 80

Fax: 00 90(216) 488 88 97

E–mail: [email protected]

Page 61: 65 Ministerul Muncii - Piata Muncii in Turcia

.123.122

Bibliografia e pagine web consultate

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A.A., Decisione del Consiglio relativa ai principi, alle priorità, alle condizioni contenutenel Partenariato per l’adesione con la Turchia, Commissione delle Comunità Europee,Bruxelles, Novembre 2005

A.A., Documento di strategia 2005 sull’ampliamento, Commissione delle ComunitàEuropee, Bruxelles, Novembre 2005

A.A., Raccomandazioni della Commissione europea sui progressi ottenuti dallaTurchia sulla via dell’adesione, Commissione delle Comunità Europee, Bruxelles,Novembre 2005

A.A., Rapporti Paese Congiunti Ambasciate/Uffici ICE Estero, ICE Turchia 2005

A.A., Turchia Guida al Mercato, ICE Turchia, 2005/2006

A.A., Turchia in Europa: Più che una promessa?, Rapporto della CommissioneIndipendente sulla Turchia, Settembre 2004

A.A., Turchia Nota Congiunturale, ICE Turchia, Febbraio 2006

A.A., Turchia, Touring Club Italiano, Milano, 2004

A.A., Turkey, Labor Market Study, World Bank, Poverty Reduction and EconomicManagement Unit Europe and Central Asia Region, Aprile 2006

Kutlay DO⁄AN, – Work Life and Social Policies – Education and Science – Turkey2003, Turkish News Agency for the Directorate General of Press & Information ofthe Prime Ministry. Ankara 2003

Manuela Marianara, Studi Economici Turchia, Servizi Assicurativi del CommercioEstero SPA, Roma, Febbraio 2006

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http://www.ambankara.esteri.it/Ambasciata_Ankara/

AMBASCIATA DI TURCHIA

http://www.ambasciataditurchia.it

AMBASCIATA DI TURCHIA, servizio culturalehttp://www.turchia.it

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EUROPEAN TRAINING FOUNDATION

http://www.etf.eu.int

FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

http://www.imf.org

ICE TURCHIA

http://www.ice.gov.it/estero2/istanbul/

ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO

http://www.ilo.org

ISTITUTO DI STATISTICA DI TURCO

http://www.die.gov.tr/ENGLISH/index.html

AGENZIA DEI RIFUGIATI

http://www.arifonline.it/

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MINISTERO AFFARI ESTERI TURCO

http://www.mfa.gov.tr

MONDIMPRESA

http://www.mondimpresa.it/infoflash/scheda.ASP?st=52

OSSERVATORIO SUI BALCANI

http://www.osservatoriobalcani.org/

STORICO.ORG

http://www.storico.org/

ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA

http://www.osce.org/

EUROPARLAMENTO

http://www.europarl.it/allargamento/turchia

TURCHIA.NET BUSINESS

http://www.turchia.net/

UNIONE EUROPEA

http://www.europa.eu.int

.124