rivista - phanes n° 2

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N. 2

FANHSRivista di cultura e religiosit paganaRivista elettronica mensile Phanes, num. 2, Settembre 2011, Roma. Tutti i diritti riservati al sito www.phanes.jimdo.it, Roma 25 Settembre 2011.

Personaggio del Mese:Iolo MorgannwgLA PREGHIERA A ROMA IN UNA CRITICA AUTOREVOLE PRESCRIZIONI PER IL CULTO DI APOLLO IL CULTO DEL TORO APIS UN CANTO AD APOLLO LA VILLA DI TIBERIO APOLLO E MARSIA LE MADRI DELLA FERTILITA MABON AP MODRON ALTRI DEI PROFUMO DI PROTOGONO ARTIO GOLASECCA RECENSIONI

Phanes n.2PHANESrivista di cultura e religiosit pagana

rivista mensile elettronica

Redazione:

Caporedattore

Jonathan Righi. [J.R.]Redattore

Lorenzo Abbate. [L.A.]Contributi

Massimiliano Caretto. [M.C.] Giovanni Rinaldi. [G.R.] Alessandra Greco. [A.G.]

Recapiti www.phanes.jimdo.com [email protected]

Tutti i diritti sono riservati agli autori dei singoli contributi ed al sito www.phanes.jimdo.com. Ogni violazione del copyright e dei diritti di riproduzione saranno perseguiti a norma di legge. La riproduzione vietata, anche se parziale, se non previo accordo con il sito, che si occuper di contattare gli aventi diritto.

Roma 25. Settembre 2011.

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Phanes n.2

appena scorsa la festivit di Mabon, e proprio a questo Dio dedicato uno dei primi articoli che leggerete; in questo numero abbiamo avuto il piacere di avere Massimiliano Caretto, che ringraziamo, come collaboratore. Questi ha messo a disposizione della nostra rivista la sua ampia conoscenza delle antiche civilt mesopotamiche, componendo un sudato e splendido articolo sulle statuette ofidie. Le riflessioni nate per lassemblaggio di ogni articolo sono state svariate e nutrite da molti eventi, come il da poco avvenuto Pagan Pride Day. Se avrete il tempo di seguirmi, vorrei esporvi qualche mia personale piccola considerazione. Durante questo evento ho avuto modo di confrontare la condotta generale della rivista, incentrata in gran parte sulle fonti scritte, con le varie linee di pensiero che ho incontrato; ed in realt non sono stati pochi i fraintendimenti e le discussioni poco costruttive. Voglio sottolineare che non ci si st riferendo a nessuna in particolare delle discussioni avute, bens si vuole omogeneizzare il tutto per produrne un ragionamento edificante. Il punto focale di ogni dibattito stata la tendenza e la necessit di ogni pagano di accostare sempiterne energie come quelle divine alla realt mondana che ognuno di noi vive quotidianamente; si parlato di relativizzare, di adattare, di modificare e selezionare, eppure qualcosa non torna. Premettendo che mi dissocio ampiamente dai sempre pi famosi Veteropagani, credo profondamente che ci debbano essere dei ben specifici limiti da generare nel momento in cui ci si rapporta con il mondo del paganesimo: gli Dei sono in continua mutazione, come lo sono le energie che da loro ed in loro diffondono nei vari mondi che compongono il multiverso; eppure in che misura siamo autorizzati ad interpretare e distendere le poche e pervenuteci regole che per esempio un culto specifico prevede? veramente come molti wiccani sostengono, ossia che un oggetto rituale vale un altro, che un colore vale un altro, che non c una specificit regolatrice in ogni azione magica che si compie? Quanto di tutte queste idee frutto dellimmenso danno che la mancanza di talune fonti scritte ha provocato? Quanto margine di cambiamento concesso al praticante medio nel compimento dei suoi atti? Queste sono le domande che pi

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soventi ho visto e sentito aleggiare nella mente dei partecipanti al PPD. Secondo il mio personalissimo parere, che rispecchia quello della maggioranza dei partecipanti al progetto Phanes, la pratica cultuale deve avere delle basi precise, poich alcune di queste sono indispensabili se si vuole seguire un culto piuttosto che un altro. Lesempio che stato fatto quello della prescrizione cultuale nella dottrina orfica, per la quale vietato ingerire fave: bench si abbia una spiegazione filosofica alcuni sostengono che si possa fare a meno di seguire questa regola. Ora, si pu credere e convincersi di essere un seguace dellorfismo, a prescindere dalla mancanza di molte fonti, se si decide di mangiare fave nonostante il divieto tramandato sino a noi? In medio stat virtus, come era uso dire ai bei tempi: eccedendo nella ricostruzione scientifica, si diviene apprendisti storici, esagerando nellelasticit interpretativa, si scade nella superficialit, e non poche volte, nella blasfemia. Come i lettori pi affezionati avranno avuto modo di capire, proprio questa serie di ragionamenti che ha riunito i partecipanti di questa rivista nella ricerca di una giusta via di interpretazione della propria fede. Lasciando le domande e le dure speculazioni, apriamo a voi lettori una nuova proposta: verr aperta una nuova sezione allinterno dello spazio Omnia Altera, nella quale accoglieremo, quando presenti, articoli o brevi testi nei quali potrete comunicare e presentare il vostro modo di vivere il paganesimo, condividendo impressioni, esperienze e vostre tesi personali. Vogliamo introdurvi questa idea, di modo che si possa ampliare il bacino argomentativo di ogni numero accogliendo oltre ai costanti e spero soddisfacenti articoli, anche tematiche pi ampie e personali come quelle che ognuno di voi potrebbe sviluppare. Vi invitiamo a meditare su questa nuova iniziativa, ed a comunicarci cosa ne pensate e se vi piacerebbe partecipare. Terminando qui, vi auguriamo una buona lettura. [J.R.]

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Phanes n.2INDICE:

Pagina 1

Iolo Morgannwg

2

Un canto ad Apollo

44

Il nostalgico falsario.

La sua nascita e la conquista delle prerogative oracolari.5 Profumo di Protogono 46

Le Madri della Fertilita

Sulla vita e sulla morte.

Mirra.Mabon ap Modron 10 Golasecca 47

Il figlio senza padre.

La preghiera a Roma in una critica autorevole

14

La Villa di Tiberio a Sperlonga

49

Artio Prescrizioni per il culto di Apollo 17

51

Art e la riscoperta Kings Knot

Altri Dei

24

Apollo e Marsia di Bartolomeo Manfredi 53

Un culto preistorico nel Vicino Oriente Antico.

Recensioni 37

54

Il Culto del Toro Apis

Bibliografia generale

57

Sl

41

Lo splendore degli elfi.

Indice

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Phanes n.2IOLO MORGANNWGIl nostalgico falsario.

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Edward Williams nacque nel Marzo del 1747, figlio di un antiquario appassionato da antichi manoscritti appartenenti alla sua terra natia, il Galles. Sin da subito apparve evidente linteresse di Edward nei riguardi delle antiche tradizioni popolari che sempre sono essudate senza sosta da ogni pietra ed albero delle antiche terre celtiche; ebbene, la vita di questo ragazzo si svolse normalmente sino a che, nellapice della sua esaltazione nostalgica, decise di cambiare nome, cos divenne Iolo Morgannwg. Il nome Iolo proviene probabilmente dal gallese Iorweth , come suo diminutivo, e, secondo il nostro eminente personaggio, significherebbe appunto Edward. Ora, la vera ed interessantissima storia di Iolo inizi dopo la conoscenza di Edward Evans, con il quale condivideva sia lamore per la patria, che un certo senso di perversa manipolazione. Autoproclamatisi ultimi discendenti del lignaggio bardico, decisero di assumersi lonere di ristabilire e consolidare definitivamente la tradizione degli antichi

saperi, consistenti in una dottrina simile allunitarianismo(1). Le loro intenzioni erano molto chiare, ristabilire le priorit culturali del popolo, attraverso un rimodellamento secondo le antiche

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Phanes n.2usanze e costumi, nonch grazie ad un rispolvero della lingua, delletica e dei passati ideali. Come mettere in atto questa grandiosa opera? Il metodo che utlilizz il nostro Iolo non fu dei pi intellettualmente corretti, ma andiamo per gradi: i due amici iniziarono a sostenere, in diversi circoli culturali e letterari, di aver ricevuto per linea diretta le conoscenze e gli insegnamenti degli antichi bardi gallesi. Queste affermazioni andavano contro alla realt storica che sosteneva queste dottrine indebolite prima dalle dominazione romane, ed estinte poi dalle persecuzioni del Re Edoardo I. In poco tempo, apparvero le inconfutabili prove della veridicit dei ritrovamenti di Iolo, pile di manoscritti antichi vennero mostrate agli scettici, generando numerosissime manifestazioni di giubilo e stupore negli ambienti accademici dellepoca. Tuttavia ad oggi si sa bene di che natura fossero quei manoscritti, il primo dei quali datato in ipotesi al 14 sec. ed appartenente al famoso poeta Dafydd ap Gwilym: gargantueschi falsi. Tuttavia, sullonda dellapprovazione pubblica, nel 1792, Iolo fond un Gorsedd bardico, ossia unassemblea di confratelli bardi. Ancora un successo, ancora un positivo scalpore, sino a che con laiuto di due colleghi, prese forma una raccolta di tre volumi contenente testi risalenti al medioevo: The Myvyrian Archaiology of Wales. Il primo tomo della raccolta conteneva un estratto spacciato per originale di S. Cadoc, ed una revisione fantasiosa delle Cronache di Brut. Il secondo tomo

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invece, raccoglieva tutte le cosiddette Triadi Bardiche gallesi. Per amor del vero bisogna sottolineare che Iolo fu molto attento a comporre queste sue macchinazioni letterarie, ed in effetti ad una parte, seppur minima, di questi manoscritti, fu riconosciuta una certa autenticit. Loriginale compositore quindi, non fece altro che estrarre e sviluppare ampiamente piccoli stralci di antichi manoscritti cui era venuto in possesso. Dopo la morte di Iolo, fu il figlio Taliesin (che chiam come il pi grande bardo mai esistito) che prendendo in mano le redini del successo paterno, ripubblic i numerosi libri, i quali vennero adottati per molto tempo da insegnanti e professionisti della letteratura. Bardass il nome con il quale conosciamo oggi il suo lavoro. Che il laudano del quale il fu Edward abusava ampiamente abbia contribuito alle sue teorie moniste? Al lettore la risposta. [J.R.]NOTE: 1. Lunitarianismo un movimento religioso che rifiuta la figura di Cristo in quanto divino, cos come quella dello Spirito santo, sostenendo lunicit di Dio. Le prime testimonianze di questa forma religiosa risalgono al Cinquecento.

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SEZIONE CELTICA

LE MADRI DELLA FERTILIT MABON AP MODRON

A cura di Jonathan Righi

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Phanes n.2LE MADRI DELLA FERTILITSulla vita e sulla morte.

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Questo uno dei due articoli che sono stati decisi attraverso un sondaggio fra i lettori della rivista, il tema che si cercher di sviluppare quello delle Dee celtiche della fertilit. Sicuramente la trattazione non sar di semplice svolgimento e per questo partiremo da unosservazione utile e rara da riscontrare nei comuni testi sullargomento: mentre a Roma ed in Grecia la Dea ha domini predominanti su amore, saggezza, insegnamento e conoscenza, per i Celti diviene la massima rappresentante dei cicli naturali e stagionali, della procreazione e della Natura intera, comprese vita e morte. Ovviamente non si tratta questa di unesclusivit, tuttavia raffrontando le

varie divinit, losservazione diviene realistica. senza dubbio che la maggior parte dei principi femminili in ambito celtico siano stati considerati sotto la luce di una societ improntata prevalentemente su agricoltura ed allevamento; proprio su questo aspetto sociale che sono state affrontate le pi disparate speculazioni riguardo al ruolo della donna. Quanto era influente il genere femminile? Si pu parlare di lignaggio matriarcale? Le certezze lasciamole alle trattazioni scientifiche, quando ne vengono fatte, e concentriamoci sulle Dee delle quali abbiamo pi reperti e testimonianze: le Matres. Ovviamente proprio nel periodo

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Phanes n.2gallo-romano che osserviamo la maggiore espansione di questi culti, e ci grazie agli scambi frequenti fra province e fra stati diversi. I caratteri generali di queste Dee Madri erano principalmente dinastici e territoriali, direi topografici: ritroviamo unenorme quantit di sotto-Matres specifiche per ogni regione, o addirittura fiume e sorgente. Proprio questo legame fra fertilit e sovranit pu essere il punto di partenza per una considerazione sul ruolo delle donne nella societ celtica. Iniziamo affermando senza dubbio che il genere femminile godeva di una posizione di forza, questo si evince da svariate tombe dellEt del Ferro, come quelle a Reinheim in Germania, appartenute di certo a donne aristocratiche molto ricche. Inoltre come non ricordare le numerose regine che si susseguirono nella storia: Boudica per gli Iceni, Cartimandua per i Briganti, Medb del Connaught (descritta in posizione di indiscutibile dominanza rispetto al consorte Aillil), e per finire, un po pi fuori dalla storia, ma ben pi dentro al sentire comune, Dana, la Dea Madre da cui tutti gli altri Dei, i Tuatha de Danaan (tr. Trib di Dana), prendono nome. sin dal primo millennio a.C. Che troviamo riscontri su culti di Dee legate alla fertilit; tuttavia il quadro diviene pi articolato se si pensa alle Madri neolitiche, assolutamente pantee ed onnicomprensive, i cui simulacri venivano seppelliti assieme ai defunti. Proprio di questa usanza faremo uno strumento per definire il loro carattere: dalle tombe di Grimes nel Norfolk, a quelle di Tarn Aveyron nel sud della

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Francia, sono stati numerosi i ritrovamenti di statuine raffiguranti Dee, tumulate assieme ai defunti. una delle prime funzioni che la Madre assunse a partire dal Neolitico fu appunto quella di protettrice e guardiana dellOltretomba(1). Per continuare la nostra analisi dobbiamo servirci nuovamente dei reperti risalenti allepoca gallo-romana, nei quali le Deae Matres, e le Matronae, assumono ruolo di fondamentale prevalenza. Alcuni dei culti legati a queste divinit avevano carattere regionale, altri nazionale, altri ancora persino internazionale: iscrizioni a Winchester si rivolgono alla Dea dellItalia, della Germania, delle Gallie e della Britannia; altre a York acclamano la Madre di Italia, Africa e Gallia. Naturalmente non tutte queste entit

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Phanes n.2femminili avevano tale livello di diffusione, perci la maggior parte delle iscrizioni sono riferite a Dee inquadrate esclusivamente in ambiti locali, regionali: le Matres Nemausicae a Nmes, le Matres Glanicae a Glanum in Provenza (di sovente raffigurate accanto al Dio Glanis), le Matres Aufaniae nei pressi del fiume Bonn, e molte altre ancora come le Maronis Assingenehis, le Maronis Mahlinehis, le Matres Domesticae, le Matres Comedovae, le Matres Coventinae e le Matres Suleviae. Un dato interessante: moltissime offerte votive sono state deposte da soldati di sesso maschile appartenenti a ranghi dei pi vari. Pu essere r i c o s t r u i t a uniconografia comune a tutte queste Matres, esse sono usualmente dotate di uno o pi dei seguenti attributi: cornucopia, frutta, pesci, bambini, cani e patera. La triplicit tanto cara ai Celti torna qui ad affermare la sua importanza, ed in effetti la gran parte delliconografia propria alle Dee madri le raffigura triplici(2). Questa triade pu essere composta da figure morfologicamente differenti, come nel caso dei gruppi del Rhineland, dove una Dea giovane affiancata da due pi

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mature; o da Dee perfettamente identiche. In questultimo caso, la stessa Dea moltiplicata per tre, a simbolo della sua accresciuta potenza. un tipo di raffigurazione simile a quella degli ekatheia, e rappresenta una nuova comprova alle teorie di Margarete Riemschneider sulla moltiplicazione e sulla divisione degli Dei(3). Ricordiamo infine che casi di raffigurazioni simili sono stati rinvenuti nella regione del Cte dOr. Da dove provengono queste Dee? Certezze su una loro presunta o r i g i n e territoriale non ve ne sono, tuttavia alcuni si sono spinti ad affermare che questi culti potrebbero provenire dalla Gallia, e che si s ar e b ber o successivamente spostati in Francia e dunque nel resto dellEuropa. La loro diffusione sociale era ampia, tanto che non difficile riscontrare il loro culto sia nelle case dei singoli (grazie alle cos dette pipe clay figurines), sia in realt comunitarie come quelle di un tempio, come quello dedicato alle Matres Aufaniae nei pressi del fiume Bonn. Un altro importante tempio si trovava a Pesch, risalente al 3 sec., dedicato alle Matres Vacallinehae, e

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Phanes n.2

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cultuata persino dalla trentesima Legione Ulpia. Queste madri divine erano sovente collegate a localit sorgive, a fonti o a fiumi(4), come nel caso dei rinvenimenti ad Aix-les Bains ed a Groulx. Non dimentichiamoci per che abbiamo confinato le iconografie triplici ad alcuni, seppur molti, luoghi: la Dea fertile poteva anche essere rappresentata da sola, con gli stessi attributi elencati sopra. Tuttavia da bravi patiti, raro che i Celti si lasciassero sfuggire il numero tre dalle loro rappresentazioni: spesso queste Dee singole portano un cesto con tre mele, o accudiscono tre bambini. Nellanalizzare il discrimine di scelta fra le iconografie multiple o singole, si portati a pensare che si trattasse quasi di una moda locale, ad esempio a Trier abbondano Mater senza i tre aspetti, a Cirencester le Matres. Queste Dee, che chiamiamo

comunemente fertili, affondano la loro influenza su molti altri campi socioculturali, ad esempio se si considera Epona, la patrona dei cavalli, questa era cara ai soldati, ed era rappresentata con cornucopia, frutta, grano e giovenche. Gli attributi rimandano senza dubbio alla fertilit, ma perch era venerata dai soldati? Alla fine lunica spiegazione che questo principio aveva il potere sia di influenzare il cultuante umano, che di assicurare protezione e rispetto al suo cavallo. Per questo il culto fra i soldati era tanto diffuso; in questo modo la loro venerazione rimasta forte ed indelebile, ed ha potuto trasmettersi senza danni nel tempo, con una cos grande diffusione. Va precisato assolutamente che bench le Dee ne avessero il parziale monopolio, quello della fertilit era un ambito assunto anche da divinit maschili, come Condatis e Visucius in Gallia. Anche loro si distinguono iconograficamente da alcune particolarit: enormi falli, teste di forma fallica e/o cornute, e tori al loro fianco. Il pi lampante esempio del legame fra Dea e territorio pu essere riscontrato forse nelle Dee riu, Banbha e Fdla, esse rappresentano precisamente lIrlanda, tanto che i nuovi Re stranieri o meno, dovevano contrarre matrimonio con loro. Altro esempio sono le tre Machas, invischiate in questioni di guerra, protettrici dellabbondanza e dei cavalli. La guerra fra le peculiarit di una Dea dellabbondanza pu suonare come una contraddizione, personalmente ritengo che il combattimento nella sua

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Phanes n.2accezione pi ampia, fosse considerato come il quid necessario si alla conquista, ma anche alla protezione della progenie, della stirpe, della tradizione. Come anche labbondanza ha il ruolo di proteggere dalla scarsit e dalla malattia. Infine, Morrigan, tanto bestemmiata eppure cos tanto cara alle nuove generazioni pagane, che ogni commento caustico rischierebbe di rovinare larticolo fino ad ora sviluppato. Essa presentata con caratteri sessuali molto pronunciati, come una Dea cinica, spietata, guerresca ed aggressiva, potente ed in grado di cambiare forma. Il dettaglio che i suoi presunti seguaci forse non hanno afferrato, che a quanto dimostrano le testimonianze scritte, lei non necessita di un culto, o meglio, nutrendosi della guerra e dellonore dei combattenti, ha poco a che fare con le maledizioni che spesso le si chiedono. Largomento tuttavia merita assolutamente di essere trattato in un prossimo articolo. Il culto delle Matres rimase omogeneo e sviluppato per molti anni, conoscendo il suo apice durante il periodo gallo-romano, eppure i loro caratteri appaiono pi che mai confusi e compenetranti: Dee dellabbondanza, ma anche della guerra, Dee dellOltretomba, ma anche della guarigione, i simbolismi di vita e morte si sfumano reciprocamente; ed forse questa la grande forza che queste Madri hanno avuto, e che ha permesso loro di raggiungerci nel pieno del loro mistero. [J.R.]NOTE: 1. COLOMBET 1953. 2. CUNLIFFE 1974.

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3. RIEMSCHNEIDER 1979. 4. si veda larticolo Le Dee e le Acque in Phanes n.0, p.5 e sgg.

SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE: -COLOMBET 1953: A. COLOMBET, Mythologie gallo-romaine, Parigi 1953. -CUNLIFFE 1974: B. CUNLIFFE, Iron Age Communities in Britain, Londra 1974. -RIEMSCHNEIDER 1979: M. RIEMSCHNEIDER, La religione dei Celti, Milano 1979.

Immagini: p.5, Boudica, Westminster. p.6, Matronae, Bibracte. p.7, Matres Aufaniae. p.8, Epona.

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Phanes n.2MABON AP MODRONIl figlio senza Padre.

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Dal racconto che tratta delle vicende di Culhwch ed Olwen, si evince per la prima volta il nome di Mabon: Mabon ap Modron, il fanciullo divino, descritto nel Libro Rosso di Hergest, r a p p r e s e nt a la forma narrativa del pi antico Dio Maponus, che ritroviamo su effigi in Britannia ed in Gallia nei pressi di Chamaliers(1). La storia di Mabon complessa, si intreccia infatti con le gesta di Art e del suo ritrovato cugino Culhwch(2). Il Fanciullo fu sottratto alla madre Modron al terzo giorno dalla sua nascita, e di lui non si seppe pi nulla sino a che Art e Culhwch lo ritrovarono; era passato tanto tempo dal suo rapimento che una volta libero, egli era lessere vivente pi anziano della Terra. I due compagni dovettero affrontare diverse peripezie per

riuscire a raggiungerlo: era stato rinchiuso in un castello accessibile solo dallacqua, e solo grazie ad aiuti soprannaturali portarono a compimento la (3). Perch missione cercare un fanciullo del quale da secoli non si aveva traccia? Culhwch era intenzionato a sposare la bella Olwen, figlia di un temibile Gigante, e per farlo avrebbe dovuto superare diverse prove, fra le quali ottenere il pettine ed il rasoio che si trovavano sulla criniera del cinghiale Twrch Trwyth, un mostruoso animale fino ad allora imbattuto. Lunico che fosse in grado di tenere testa a questo cinghiale era appunto il cacciatore Mabon, che grazie a questa occasione ottenne la libert. Questa lunga e meravigliosa storia ha forti

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Phanes n.2somiglianze con quella del Pryderi gallico, rubato alla madre Rihannon durante lo svolgimento del I libro dei Mabinogi(4). Solo pochi studiosi lo affiancano al Dio irlandese Oenghus Mac Oc, nato dalla Dea Boann e dal Dio sovrano Daghda. Durante la lettura, salta immediatamente allocchio come non vi sia menzione del padre di Mabon, egli figlio della Madre ossia ap Modron; e proprio i loro stessi nomi lo confermano: Mabon tradotto con figlio, Modron con Madre. Non chiaro come questa divinit dalla contorta vita sia entrata a far parte del paganesimo moderno; ricordiamo infatti che la festivit del 21 Settembre appunto chiamata Mabon. Di certo che la figura di questo Fanciullo divino apre importanti implicazioni a livello storico-sociale: Culhwch stato abbandonato dalla madre, Mabon stato sottratto alla madre, ed Art il punto di viraggio fra due culture di cui Morgana e Ginevra sono le migliori rappresentanti. Un Re del nuovo mondo abbisogna di un antico Dio per permettere a Culhwch di sconfiggere un Gigante sovrano il cui nome biancospino. Non solo un simbolo si presenta ad un occhio attento, ed in questo contributo vogliamo fornire dei piccoli spunti per poter meglio riflettere e comprendere: il biancospino, chiamato huath in Irlanda (tr. Terrore), considerato nellalfabeto arboreo degli Ogham come il simbolo della castit; qui si inserisce evidentemente il gigante biancospino, che tenta di preservare la figlia Olwen dal matrimonio, non per crudelt, ma perch il giorno in cui lei si

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fosse sposata, lui sarebbe morto. Daltro canto il giovane Culhwch, il cui nome tradotto con recinto di maiali, carico del simbolismo ctonio che questi animali gli conferiscono, si allea con Re Art (il benvoluto dalla Dea Artio, Signora degli Orsi), e con Mabon, Fanciullo senza padre ormai divenuto vetusto cacciatore. Che si tratti di lotte fra trib, di passaggi da matriarcato a patriarcato, o di loro temporanee vittorie, chiaro che questo, come quasi ogni altro racconto celtico, ci redarguisce a non volare con superficialit sugli avvenimenti trattati. Tutto st nel riuscire a distillare il vero messaggio, questo articolo per ora, vuole tentare di rendere parte della sconfinatezza che si cela dietro le ben note figure che cos piacevolmente appassionano generazioni intere. [J.R.]NOTE: 1. LAMBERT 1979. 2. Culhwch fu abbandonato in fasce dalla madre Goleuddyd, davanti ad un recinto di maiali, a causa della sua fobia per tali animali; in virt di questo accadimento, il bambino venne chiamato appunto Culhwch, ossia recinto di maiali. Venne allevato da un porcaro che una volta abbastanza grande, lo riport dal padre Cilydd. La nuova moglie di Cilydd, a causa di un forte litigio, maledisse il figliastro condannandolo a potersi sposare esclusivamente con Olwen, figlia del Gigante Ysbaddaden (tr. Biancospino). Culhwch chiese aiuto al potente cugino Art, che avuto prova della sincerit del loro legame di sangue, si un alla cerca, che dur per un anno intero senza produrre risultati. Una

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Phanes n.2volta trovata la fanciulla, i due si dovettero scontrare con le volont del padre di lei, che non avrebbe permesso a nessuno di averla in moglie, se non dopo aver superato impossibili ed infinite prove; nelle quali il giovane si cimenter volentieri e sempre vittorioso. Fra queste missioni troviamo ad esempio: distruggere una collina con il fuoco, recuperare il magico Calderone di Erin, rubare il pettine ed il rasoio incastrati sul collo del cinghiale Twrch Trwyth, impossessarsi degli uccelli di Rihannon, etc. Compiuta ogni fatica, aiutato da animali magici di ogni sorta (es. merlo, aquila, cervo, salmone), Culhwch riusc finalmente a sposare Olwen, causando la morte del padre Ysbaddaden. 3. GRUFFYDD 1912. 4. JONES & JONES 1976.

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SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE: -LAMBERT 1979: P.LAMBERT, La tablette gauloise de Chamalires, Parigi 1979. -GRUFFYDD 1912: W. GRUFFYDD, Mabon ab Modron, Parigi 1912. -JONES & JONES 1976: G. Jones & T. Jones, The Mabinogion, Londra 1976.

Immagini: p.10, Culhwch at Ysbaddadens court, Charles Squire, 1920.

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SEZIONE GRECO ROMANA

LA PREGHIERA A ROMA IN UNA CRITICA AUTOREVOLE PRESCRIZIONI PER IL CULTO DI APOLLO

A cura di Lorenzo Abbate

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LA PREGHIERA A ROMA IN UNACRITICA AUTOREVOLE

curioso poter osservare, per una volta, non una descrizione di un rituale, non una lode ad una divinit o l'elogio di un monarca simile agli Dei, ma i malcostumi religiosi di una civilt come quella Romana. Se vero che la religione di Roma fu altamente statalizzata e pubblica pur vero che quello che pi pu interessare a noi religiosi lettori moderni sono le manifestazioni pi personali e private di questo antico sentimento devozionale. L'uomo deve aver sempre provato un'intima scissione tra quanto era lecito supplicare e quanto effettivamente si desiderasse per il proprio

bisogno. Richieste pi o meno lecite sono da tutti fatte oggetto di poco mistero, mentre le pi intime ed inconfessabili vengono represse o indirizzate segretamente alla divinit: proprio in questo ambito potrebbero essere inquadrate le tabulae defixionum (sulle quali, in ambito greco, vd. Phanes n. 1 p. 28 sgg.), suppliche illecite, legalmente e spiritualmente, indirizzate a muti esecutori o a divinit addette. Non stupir quindi sentir parlare Persio del malcostume nelle preghiere. La satira seconda infatti prende avvio dal compleanno di Plozio Macrino, il quale viene apostrofato con questa lode: Tu

non sei solito chiedere agli Di /Con una preghiera mercantile quanto si pu loro confidare /Soltanto in disparte (vv. 1-4).Questa sua pia propensione al rispetto della divinit lo mette in contrasto con la gran parte delle persone sue contemporanee: Eppure molti potenti

continueranno a bruciare incensi /Pregando sommessamente: non da tutti far finire nei templi quel mormorare;quel mormorare altro non se non il

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Phanes n.2

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e non di certo perch il questuante non giaccia morto, o colpito da una folgore, possa essere interpretato come favorevole l'atteggiamento del Dio: Tu pensi /che ti

malcostume vero e proprio, le richieste illecite, che sminuiscono la natura divina del Dio, contrarie e spesso incoerenti rispetto alle preghiere pronunciate ad alta voce, a dimostrazione del proprio essere permeati solo da desideri esponibili e realizzabili: Mens bona, fama, fides ovvero Una mente sana, buona reputazione, credito (v. 8). Alla preghiera pubblicamente declamata ai piedi della divinit, all'interno del tempio, per spesso segue la vera richiesta, e cos ecco che le spassose richieste emergono dall'animo dell'interessato: Se morisse lo zio, che bel funerale gli farei! (vv. 9-10) oppure in maniera ancora pi dettagliata: Oh se /col favore di Ercole mi risonasse

abbia perdonato perch, tuonando, con la sacra /folgore abbatte un leccio pi presto che te e la tua casa? /Oppure credi che, poich ancora non giaci nei boschi sacri fulminato, secondo il responso /delle viscere di pecora e di Ergenna, /per questo dunque Giove dovrebbe scioccamente offrirti /la barba da tirare? O v' un compenso con il quale hai comprato / le orecchie degli di? Forse polmoni e grasse budella? (23-30).Ma non esistono, nel panorama della devozione privata romana, solo preghiere che ledono l'essenza prima della divinit, esistono anche stupide superstizioni che procurano forse pi danno che beneficio. E quindi ecco le preghiere delle nonne a favore dei bambini che ad una gestualit anti-malocchio associano una preghierina: Hnc optnt generm rex t regna,

sotto il rastrello un vaso / di monete d'argento! Potessi eliminare il pupillo cui seguo / prossimo erede! Tanto gi rognoso e pieno / di bile. (vv. 10-4).Persio a questo punto incalza colla propria critica: questo tipo di preghiere risulter lesivo alla dignit divina del Dio,

pullae / hnc rapint; quidqud calcverit, hc rosa fet. ovvero: Lo bramino come un genero un re e una regina, se lo contendano le fanciulle, / ovunque porr il piede, qui nascer una rosa! (vv. 37-8). Di gran lunga per pispassose sono le preghiere di chi si espone personalmente al male che cerca di evitare: Un altro chiede aiuto per i suoi

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Phanes n.2nervi esauriti, e salute / in vecchiaia. Sia pure; ma i grandi vassoi e i grassi insaccati /impediscono a Giove di assecondarlo e ostacolano gli Di. (vv. 40-3) e ancora: Tu chiedi di accrescerti il patrimonio sacrificando un bue, /e invochi Mercurio esaminando le fibre: "Arricchisci la mia casa, / concedimi armenti e greggi feconde". In che modo, sciagurato, / quando sul fuoco si strugge il grasso di tante giovenche? / Tuttavia si ostina a volerla vinta con sacrifici e pingui / focacce: "Ecco gi prospera il campo, s'arricchisce l'ovile, / ecco, ecco, l'ottengo!", finch disilluso e senza / speranza, sospira: "Invano ho dato fondo al mio danaro. (vv. 43-50).L'ultima parte della satira incentrara su una tematica che non avrei dubbi a definire di grande attualit: il malcostume nelle offerte agli Dei; ma leggiamo il condivisibile pensiero di Persio: L'oro ha

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e senza rapportarne il messaggio alla nostra personale spiritualit credo sia, oltre che inutile, anche impossibile. Il genere della satira riassumibile in un motto oraziano: castigat ridendo mores ovvero sferza i costumi tramite il riso; e proprio questo riso, cos caro agli Dei, anche parte integrante della maieutica socratica... La validit eterna del messaggio trasmessoci da Persio risiede proprio nella sua trasversalit: adattabile a qualsiasi tempo o divinit, quanto insito nei versi rimane un monito al buon pregare, ed ai leciti intenti: la divinit , dopotutto, quanto di pi elevato sia concepibile dall'uomo, e non dovrebbe mai essere accostata a desideri e pulsioni infime, a sciocche superstizioni, o essere gravata delle bramosie umane. [L.A.]Immagini: p.14, Incisione con ritratto di Persio, da una edizione francese settecentesca delle Satire. p.15, Acquaforte con sacrificio, Gerolamo Rossi Gerolamo il giovane, pinacoteca privata. p.16, Scena di sacrificio da un bassorilievo di Ercolano. Napoli, Museo Archeologico. Nazionale.

soppiantato i vasi di terracotta di Numa e i bronzi / saturnii, e rimosso le urne delle Vestali e i fittili etruschi. / O anime curve in terra e vuote di cielo! / A che giova introdurre le nostre usanze nei templi, / e trasferire agli Di i piaceri della nostra carne scellerata? []/ Ma voi, pontefici, ditemi: che ci fa l'oro nel santuario? /[] Perch piuttosto non offriamo ai celesti [] / un'armonia spirituale di leggi umane e divine, i santi / segreti della mente, un cuore imbevuto di onest generosa? /Allora mi accoster ai templi, e sacrificher con semplice farro. (vv 59sgg.). Il leggere questa satira senza sorridere

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Phanes n.2PRESCRIZIONI PER IL CULTODI

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APOLLO

Conoscere le prescrizioni cultuali di un Dio, in buona parte, consiste nel conoscerne le origini, le capacit e le competenze. Per quanto riguarda Apollo risalire all'archetipo divino che ha generato la sua figura quanto mai arduo: da un lato una pretesa origine orientale, dall'altra la tesi greca. Ostile ai Greci dapprincipio, alleato degli orientali Troiani(1) Apollo diviene poi velocemente una divinit di prim'ordine nel patheon ellenico, fino a diventarne una delle pi cultuate e venerate. Lungi da voler ripercorrere la storia di un culto, questo

articolo mira pi che altro a fornire delle basi concrete per ricostruire e ripercorrere la venerazione del Dio Lucente. I Greci, come in generale i politeisti antichi, non hanno mai delimitato rigorosamente gli attributi ed i compiti degli Dei, sfociando spesso un una sorta di fagocitante inglobamento di prerogative, che ne caso di Apollo ancora pi palese. Il nucleo originario delle sue caratteristiche va ricercato in ambito pastorale e tra le divinit solari: il Dio che

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Phanes n.2

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(sacrificare), n maiale; non si canti il Peana (2) . Questa era una delleprescrizioni cultuali per i singoli visitatori del santuario locale, ma come si svolgevano i sacrifici pubblici, officiati da sacerdoti? Una descrizione precisa e molto dettagliata ce la fornisce Omero. I Greci sono impegnati a seguire i dettami del Dio per scacciare la pestilenza, caduta sul loro accampamento, dopo aver commesso un'ingiustizia verso un sacerdote di Apollo. Viene quindi imbandito un altare, preparate le offerte, e si procede alla purificazione del corpo, tramite abluzioni; il sacerdote prega il Dio alzando le mani al cielo: Poi subito collocarono attorno /

tiene a freno le forze oscure, il Dio arciere, il Dio medico, il Dio cacciatore del lupo, il Lossia (l'ambiguo), il Dio Parnopio (colui che scaccia le cavallette ), il Dio protettore della poesia, dell'ispirazione e capo delle Muse, queste sono solo alcune delle sue qualit. Molto interessante a fini pratici una iscrizione arcaica, del V sec. a. C. rinvenuta a Taso, dove vengono espresse le preferenze per i sacrifici: Alle Ninfe e

All'altare la sacra ecatombe in onore del Dio, / Si lavarono le mani e presero i chicchi d'orzo. / Tra loro Crise preg, levando alte le mani: / Ascoltami, Dio dall'arco d'argento, tu che proteggi / Crisa e la sacra Cilla e sei il signore di Tenedo, / Gi prima hai esaudito la mia preghiera, / E mi hai onorato, colpendo l'esercito greco, / Ora di nuovo adempi il mio desiderio, / Allontana dai Greci la terribile peste. / Cos disse pregando, e Febo Apollo l'udiva. (3). Le vittime sonocondotte all'ara e si procede ad una loro purificazione tramite l'aspersione del muso con granaglie. Il sacrificio che credo impraticabile per un moderno cultuante, segue queste operazioni: Dopo avere

ad Apollo Ninfegete si sacrifichi, sia femmina che uomini, ci che pi si desidera; pecora per non lecitoSezione Greco-Romana

pregato, e gettato i chicchi d'orzo, tirarono indietro / Le teste delle vittime,

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Phanes n.2le sgozzarono e le scuoiarono, / Estrassero le cosce, le ricoprirono d'adipe / Ripiegandolo, e disposero sopra pezzi di carne; / Il vecchio le bruciava sulle cataste e versava / Vino lucente; (4). Il vino rossoscorre, i fumi salgono al Dio, e intanto i fanciulli sovrintendono alla cottura delle carni; segue il banchetto rituale ed i canti: i giovani accanto tenevano in mano gli

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spiedi / Quand'ebbero arso le cosce e mangiate le viscere fecero a pezzi / Le parti restanti, le infilarono sugli spiedi e con ogni cura / Le arrostirono; poi tolsero tutto dal fuoco. / Cos compiuto il lavoro e preparato il banchetto / Mangiarono e non manc ad alcuno il cibo imbandito. / Quand'ebbero saziato il bisogno di mangiare e bere, / I giovani colmarono fino all'orlo i crateri di vino, / Lo versarono in coppe e lo distribuirono a tutti / Per libare. Tutto il giorno i Greci placarono il Dio / Con il canto, intonando un peana bellissimo / In onore del Dio arciere, che si rallegrava ad udirli (5).Altre prescrizioni cultuali sono contenute nell'Inno omerico terzo, dedicato proprio ad Apollo: il Dio parla ai cretesi, intimandogli il proprio culto, e dando direttive su come svolgerlo: O stranieri che prima

vi sono nemico: anzi, qui il mio pingue tempio / avrete in custodia, onorato da molti uomini / e conoscerete i disegni degli immortali e per loro volere / sempre in eterno, sarete onorati. / Ma suvvia, obbedite senza indugio al mio comando: / dapprima ammainate le vele, sciogliendo le cinghie, / poi la veloce nave tirate sulla spiaggia. / e deponete dalla nave ben bilanciata, il carico e gli attrezzi. / Poi elevate un'ara sulla riva del mare: / Su di essa accendete il fuoco e offrite bianca farina; / infine stando intorno all'ara,

abitavate Cnosso ricca di alberi [] qui il mio pingue tempio / avrete in custodia, onorato da molti uomini, / io sono Apollo, figlio di Zeus: lo affermo solennemente; / e qui vi ho condotto sui profondi abissi del mare, / ma non

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Phanes n.2levate una preghiera. / Come io, dapprima sul mare coperto di nebbia / nell'aspetto di un delfino balzai sulla veloce nave, / cos voi mi invocherete col nome di Delfino: [] / Poi riposatevi presso la veloce nave nera, e libate agli Dei beati che abitano l'Olimpo. / E quando avrete soddisfatto il desiderio del cibo che conforta l'animo, / muovete al mio seguito cantando il peana, finch avrete raggiunto il luogo ove custodire il pingue tempio. (6).

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leggiamo: Poi raccolte le pietre in riva al

mare, elevarono / sulla riva un altare ad Apollo, col nome di Dio delle rive / e degli imbarchi, e subito stesero sopra rami secchi d'olivo. / In questo tempo i bovari incaricati da Giasone / portavano dalle sue mandrie due buoi: i compagni / pi giovani li trascinarono presso l'altare, / ed altri apprestarono i chicchi d'orzo /, e l'acqua lustrale. (I, 402-10). Segue quindila preghiera che Giasone rivolge ad Apollo: Vieni, signore dei dardi, e accetta

il sacrificio / che prima di ogni altro ti offriamo per un imbarco / felice. Fa' che io sciolga le cime secondo il tuo volere / e per un destino che non conosca il dolore, e soffi un vento / propizio, cos che possiamo tranquilli correre il mare.Seguono le operazioni di purificazione (vengono gettati i chicchi d'orzo sulla fronte della vittima) e di sacrificio. Anche qui come in Omero i compagni, subito dopo il sacrificio, provvedono a smembrare le vittime e ad avvolgerne le cosce con grasso e bruciarle, nel mentre si liba (sul fuoco) del vino puro: Idmione

guardava con gioia / splendere ovunque la fiamma dei sacrifici, ed il fumo / slanciarsi in oscure volute, segno d'augurio propizio. (I, 436-8.). Seguono, come datradizione il banchetto rituale, i canti, e le libagioni a Zeus padre. La forza del Dio, da alcuni interpretata e vista quasi come violenza (Dicono infatti che Apollo sar un Dio Una ulteriore descrizione di un rituale per Apollo ci tramandata nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, dove

oltre misura violento / e avr un grande potere fra gli immortali, / e fra gli uomini mortali sulla terra feconda. (7)) e la sua

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Phanes n.2tendenza a coprire ogni campo del divino, lo porteranno, come detto, tra le prime divinit greche. Non sar un caso se anche in sede di giuramenti il Dio veniva invocato a testimone in una triade perfetta: Zeus padre, Demetra madre universale, e Apollo figlio solare. Una lunga e fondamentale iscrizione greca del 375 a. C. (8) che sancisce i patti tra Atene e Corcira, dopo la lunga serie dei divieti, termina proprio con queste parole: Ci

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in verit, per Zeus, Apollo e Demetra. Se giuro bene, mi vengano molte e buone cose, se no, il contrario.I canti rituali, i peana, in onore di Apollo, che come abbiamo visto erano il completamento di ogni rituale in suo onore, sono naufragati, cancellati dal tempo, ma a questa mancanza si pu sopperire con scritti lirici di molti autori. Un elenco delle fonti per il culto di Apollo sarebbe sterminato, ma le principali che ci sentiamo di raccomandare per questo particolare utilizzo sono le seguenti: nella lirica corale, Apollo cantato da Pindaro ( Pitica 5) come divinit risanatrice, che concede il dono della cetra e della poesia, portatore di giustizia e che veglia sull'antro dei responsi. Eschilo, nelle Eumenidi, canta il Dio come medico, come indovino ed interprete; Euripide, nell'Ifigenia Taurica, celebra il Dio dalla chioma d'oro, esperto cantore ed uccisore del serpente Pitone. La difficolt di utilizzo di questi materiali lirici risiede tanto nella loro reperibilit o nella lingua, ostica anche al lettore pi esperto, quanto

nella ricostruzione e nell'approccio della loro veste metrica, ritmica e musicale. I limiti di utilizzo coincidono con le classiche difficolt e dispute inerenti alla poesia greca arcaica: i testi che leggiamo altro non sono che una sorta di impalcatura, lo scheletro di una rappresentazione scenica complessa; la musica e la mimica e la gestualit sono completamente perdute, e con questa le suggestioni facilmente intuibili. Ma questi limiti oggettivi ed insormontabili non possono fungere da blocco proprio per i cultori del Dio della poesia e della musica, ma anzi, dovrebbero fungere da stimolo alla conoscenza di quanto ci giunto, e cercare di sfruttarlo a gloria dei Apollo, Dio lucente ed immortale. [L.A.]NOTE: 1. Il. I, passim. 2. EG IV, pp 10-2. 3. Hom. Il. I 447-57. 4. Hom. Il. I, 458-63. 5. Hom. Il. I, 463-75. 6. Hymn hom. III, 475 sgg. 7. Hymn. hom. III, 67 sgg. 8. IG, II/III, 97; EG, II, pp. 543-6.

Immagini: p.17, Particolare dell'Apollo del Belvedere, Roma, Musei Vaticani. p.18, Apollo Citaredo Apollo, Roma, Palazzo Altemps (Inv. 8594).

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Phanes n.2p.19, Apollo del Belvedere, Roma, Musei Vaticani. p.20, Apollo Sauroktonos, Parigi, Louvre. p.22, Girardon, Apollo e le Ninfe, Giardini di Versaille.

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Phanes n.2

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SEZIONE MISCELLANEAALTRI DEI

IL CULTO DEL TORO APIS

SL

A cura di Lorenzo Abbate

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Phanes n.2ALTRI DEIUn culto preistorico nel Vicino Oriente Antico.

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Interessarsi di cultura pagana un'operazione necessariamente speleologica, di penetrazione nelle viscere del tempo, come fossero una grotta. Ma non si ferma qui, l'indagine archeologica, storica e religiosa un trivellare la pietra della sedimentazione culturale per giungere ad un magma, ampio e ingestibile quanto la definizione stessa di "paganesimo". Culture evolute e "protoculture" si ritrovano cos a convivere sotto un'egida che le comprende tutte ma non ne chiarisce nessuna. Il risalire all'intimo significato di un gesto, di un culto e di

una religione, per, tanto pi affascinante proprio perch arduo, proprio perch getta un ponte tra noi ed un Passato che tanto pi incomprensibile (e per questo fraintendibile) quanto lontano nel tempo. Lo studio delle religioni pagane diventa cos un continuo rimando a qualcos'altro, come una scala in cui ogni gradino conduce al successivo, nella discesa verso quel piano che all'origine di tutte le Fedi. L'antichistica si rivela quindi per una scienza di "ritorni" che sono progressi, per un procedere a ritroso che un avanzare di conoscenza; e cos,

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Phanes n.2prima dell'Europa lo sguardo si rivolge al Mediterraneo, ed, in questo, vi scorge il Vicino Oriente Antico. Qui, la Mesopotamia: dove tutto ebbe inizio. La Civilt ha qui la sua culla, ma non per questo la ricostruzione del passato pi facile. Occorre subito precisare che, nell'occuparsi di religioni preistoriche, le teorie certe sono poche (se non del tutto mancanti): si procede per ipotesi sulla base della cultura materiale e l'aiuto delle fonti scritte assente. Una nuova serie di scavi, un fortuito ritrovamento, persino un nuovo catalogo museale possono ribaltare quelle che qualche anno prima erano certezze accademiche. Nello studio della civilt sumera, cos come per quella egizia, i ritrovamenti utili per ricostruire il sistema sociale di una civilt, le loro credenze e la loro vita quotidiana non sono mai abbastanza. Cosa possiamo dire, ad esempio, sulla comparsa del concetto di Dio? Quando si passati dal temere una semplice entit naturale (qualcosa) al perpetrare omaggio ad una

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Entit pensante (qualcuno)? Ed in che modo, attraverso quali canali espressivi? Gli indizi che abbiamo sono nell'arte e nella cultura materiale, termini che saranno interscambiabili per tutto il Neolitico. Fattori di questo tipo, per la Terra tra i Due Fiumi, non mancano. Attraverso la testimonianza della cultura materiale, circa dal 5000 a. C in poi, abbiamo almeno quattro culture presenti tra Nord e Sud della Mesopotamia: ciascuna di queste prende il nome dal sito archeologico dove sono avvenuti i ritrovamenti pi importanti. Su un asse cronologico pi antico si pongono le cos dette culture Halaf (5200 a. C. circa) ed Hassuna (5200 a. C. circa), stanziate principalmente nel Nord della regione, a cui segue la Cultura Samarra, sviluppata su un arco temporale pi o meno simile. A queste segue, leggermente pi tarda, la Cultura Obeid (o Ubaid), estesasi pri nc ipa lme nte n e l Sud d ella Mesopotamia al'incirca dal 4900 a. C. in poi. Di tutte queste culture primitive,

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Phanes n.2peculiare la produzione di ceramica con l'utilizzo di argilla sabbiosa: non solo vasellame e suppellettili, ma anche piccoli oggetti di aspetto antropomorfo. Statuine in argilla sono presenti un po' ovunque in ogni sito di scavo, spesso con caratteristiche molto simili tra loro, ma una tipologia particolare di statuette fa esenzione e si distingue nettamente da tutte le altre presenti in una zona territoriale piuttosto ampia: le cos dette statuette ofidie. Quasi un secolo passato da quando i primi frammenti di statuette risalenti allepoca Obeid sono stati rinvenuti nel Sud della Mesopotamia. E certamente larcheologia Vicino-Orientale qualcosa di ben diverso rispetto al 1920, quando Leonard Wolley(1), ritrovando alcune piccole statuette sparse nei livelli pi antichi di scavo ad Ur, le catalog sbrigativamente definendole figure femminili dalle fattezze grottesche. Sebbene ritrovamenti simili si contino ormai in abbondanza, informazioni su possibili significati, funzioni ed utilizzi delle cos dette statuette ofidie rimangono ancora in gran parte mancanti. Pur abbondando le ipotesi interpretative, uno studio sistematico sullintero corpus di questa produzione coroplastica stato realizzato solo nel 2010. Considerando solamente i pi importanti, siamo in possesso di trentanove reperti, alcuni dei quali provenienti da siti della massima importanza, come Ur ed Eridu. Il numero, invece, sale di molto se si considera anche tutta una serie di frammenti ascrivibili a

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tale tipo di produzione. Le differenze rispetto alle altre statuette sono plurime e lampanti: prima di tutto la morfologia: nulla dello steatopigismo(2) consueto qui presente, n la descrizione dei particolari ha qualche paragone pregnante con le statuine Halaf o Samarra, anzi. La modalit di rappresentazione del cranio, degli occhi, del volto e del corpo non segue alcuno schema ricorrente, ma anzi lo smentisce. Quando un reperto di un'altra cultura vicina presenta qualche similitudine, pare pi essere una contaminazione suggestiva che una produzione concretamente confrontabile. In secondo luogo, il sesso: le statuette ofidie sono tra le poche a presentare almeno due reperti raffiguranti in modo certo delle creature di sesso maschile,

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Phanes n.2

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fatto pi unico che raro. Ma in quale chiave vanno analizzati gli esiti stilistici delle statuette ofidie? Se consideriamo le poche informazioni di cui siamo in possesso dagli scavi archeologici (in particolare i siti di Ur ed Eridu), sembra che le statuette ofidie venissero inizialmente gettate nel terreno dopo un determinato periodo di tempo ed in maniera casuale. I frammenti che provengono da questi due siti sono stati trovati in contesti abitativi e, nel caso di Ur, insieme ad una ricca variet di oggetti duso quotidiano. Solo dallo sviluppo medio della cultura Obeid in poi le

statuette iniziano a venire interrate coi morti; e solo gli esemplari migliori. Questo suggerisce chiaramente che per uno o pi motivi il valore delle figurine si spostato dalla sfera della quotidianit, ad una dimensione molto pi particolare, come il mondo dei morti. Peraltro, la loro presenza in contesti funerari molto breve: durante la fase terminale del periodo Obeid ad Ur, per esempio, non una sola persona inumata con queste statuette. Delle infinite interpretazioni che sono state proposte per giustificare la presenza di tali oggetti dentro le tombe, almeno due possono essere sicuramente escluse per il discorso riguardante le statuette ofidie: non possono essere giocattoli di bambini, dal momento che non ricorrono mai in tombe infantili. Le statuette non possono essere ipostasi del deceduto, dal momento che formano tutte un corpus unitario e dai connotati

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Phanes n.2anatomici assolutamente fuori dal comune. Il significato ed il loro scopo, quindi, vanno ricercati in altre sfere, precedenti a quella del mondo dei morti, tali da poter giustificare questultimo come punto di approdo del loro utilizzo. Dal momento che costituiscono un gruppo cos unitario, bisognerebbe cercare di capire cosa pu collegare significato, scopo e tipo di creatura rappresentata: stato detto che devono essere state realizzate in risposta a precise circostanze, per precisi individui(3), per unlite di persone specifiche, in via di definizione del loro status sociale(4) attraverso la raffigurazione di dolicocefalia indotta(5), maschere e fattezze androgine del corpo. Certamente i contesti archeologici non possono fornire molti dati in aiuto della logica, ma tali intuizioni paiono organizzare e giustificare una serie di evidenze. Ad esempio, proprio perch la maggioranza delle tombe Obeid di Ur non presentano questi reperti, tuttaltro che sbagliato ritenere che solo persone di un certo tipo, speciali per qualche motivo di carattere fisico e/o sociale, abbiano avuto diritto allinumazione assieme a questi oggetti. Come notato prima, molti reperti provengono dalla sfera domestica e devono aver avuto importanza nel mondo dei vivi, nonostante (o , forse, proprio per questo) la loro morfologia. Possiamo ipotizzare, quindi, che anche i reperti trovati nelle tombe non siano stati creati

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esclusivamente per la morte di qualcuno, ma che piuttosto fossero stati utilizzati anche prima. Come si spiegherebbe, per, la presenza di manufatti scelti (e di qualit superiore) nelle tombe e di tanti altri reperti gettati via con noncuranza? possibile che le statuette siano appartenute, o addirittura siano state realizzate direttamente, dai membri di un gruppo sociale (sciamani, sacerdoti, insegnanti o qualcosa di simile) ristretto ed elitario, legato a qualche sorta di rito iniziatici, che le statuette ne fossero il

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Phanes n.2simbolo (uno dei lasciapassare di appartenenza) e che venissero utilizzate durante attivit e riti che non possibile ricostruire. Una volta avvenuta la morte del proprietario di questo manufatto, questultimo veniva interrato con lui o lei. La pratica di seppellire statuette usate dal defunto durante la vita per scopi sciamanici stata riscontrata in molte culture tribali, quali gli Yoruba dAfrica, con lo scopo di prevenire un uso scorretto di tali oggetti da parte degli altri membri della comunit. Forse anche il caso delle statuette ofidie. La presenza di tanti reperti minori (i frammenti mal conservati) sparsi nel terreno e vistosamente di qualit inferiore rispetto a quelli trovati nelle tombe, avrebbe una giustificazione. Essi potrebbero costituire delle copie. Con questo termine non intendo parlare di falsi e di originali nel significato moderno; potrebbe, per, essere che lesclusivit e limportanza di questa casta sociale allinterno della societ fosse tanta e di tale importanza, da spingere i membri non appartenenti a questo gruppo ad imitare alcuni dei simboli distintivi delllite. Sarebbero allora state diffuse (e permesse) delle imitazioni dei prodotti originali e di qualit superiore: quei prodotti, diciamo, che era possibile esibire come marchi distintivi e che erano di esclusiva appartenenza di certi membri. Nel desiderio emulativo e nellalta considerazione per questi soggetti, sarebbero nati tutti questi reperti scadenti, ma chiaramente improntati allimitazione di canoni ben conosciuti e riconoscibili.

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Apparirebbe, allora, chiara anche la tanto insistente presenza di determinati particolari pure in statuette estranee alla cultura Obeid: limportanza di tale lite potrebbe aver avuto risonanze anche presso le altre culture, desiderose pure loro (come gli estranei a questo gruppo di iniziati) di assurgere a quella che doveva essere una forma di elezione. Anche la dolicocefalia stessa sarebbe un effetto scaturito da questa causa: un gruppo di persone ristrette si distingue dalle altre, su base sociale o fisica. Nelle statuette ofidie vi una testimonianza che pu rimandare ai motivi di tale distinzione: il cranio allungato una delle caratteristiche di tali statue. Si imita tale caratteristica(6). Con questo non voglio dire che le persone erano assoggettate allestetica con cui venivano create delle statuine di argilla, ma voglio ribaltare il tradizionale ordine di passaggi con cui letto il fenomeno: non sono le statuine a rispecchiare la pratica della dolicocefalia indotta. la dolicocefalia ad essere praticata per quello che si vede sulle statuine: cio delle creature fuori dal comune, a cui si vuole assomigliare perch sono al centro di un sistema di valori, un sistema nel quale alcune persone sembrano avere un legame speciale con tali creature, tanto da rappresentare una casta distinta dagli altri, non per censo o potere, ma proprio in funzione del loro nesso con una dimensione estranea alla realt consueta. Del resto, dalla produzione di alcuni sigilli rinvenuti nel sito di Tepe

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Gawra arriva la conferma che questi esseri sono tutti al centro di attivit importanti e legate tra di loro da una sottile caratteristica. Sono mostrati nellatto di osservare gli astri, di curare i campi ed il bestiame, nel compiere riti presso un altare e in unioni sessuali di importanza speciale. Atti, questi, tutti legati alla creazione di un ordine, allimposizione di un incivilimento, scandito da quegli atti che distinguono una societ organizzata da un gruppo di animali. La cura dei campi e del bestiame, cos come le altre attivit, potrebbero significare che questultime sono mostrate perch le si sta insegnando ai membri della societ. In questo senso, il mostrare i movimenti astrali ed il compiere riti su un altare andrebbero interpretati come limposizione di un ordine rituale, ulteriore passo nella costruzione della

civilt. Anche la presenza di uno scettro, come nella figurina maschile da Eridu, potrebbe riferirsi ad un potere esercitato sugli altri: potere il cui diritto risiederebbe nelle conoscenze donate agli uomini. I sigilli che mostrano scene sessuali potrebbero collegarsi alle nutrici rinvenute ad Ur, i cui figli potrebbero essere il frutto di ierogamie archetipiche, magari anche ricollegabili con la nascita di concetti quali la sizigia, sempre da ricollegarsi alle indicazioni astrali (con le quali, peraltro, legata anche la semina e la mietitura dei campi). Oppure, ed in ci che potrebbe consistere un legame pi stretto tra individui dlite e queste creature, si potrebbe trattare di unioni uomo-Dio. La dolicocefalia, allora, rappresenterebbe gli sforzi per indicare un grado di parentela con queste creature, quasi fosse il corredo genetico (cio la

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Phanes n.2discendenza) a costituire la discriminante. Il compito di queste creature potrebbe esser stato quello di istruire la comunit sulle colonne fondamentali del vivere civile e che, in alcuni casi, si sarebbero unite sessualmente con determinate persone. Questo avrebbe portato ad una distinzione sociale tra quelli pi strettamente legati a questa convinzione (a questo mito, diciamo) e coloro i quali non era stati scelti per tale legame o non discendevano da persone simili. Una forma di compensazione si sarebbe cercata

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con altri reperti. Non possiamo stabilire che siano serpenti, non vi sono prove, se non la convinzione di vedere delle somiglianze. Possiamo, per, affermare che hanno un generico volto rettiloide, saurico, pi vicino alle lucertole che ai serpenti. Oppure qualcuno vi potrebbe ravvisare somiglianze con anfibi, quali la salamandra, o pesci. Questo non deve sconvolgere, in quanto la presenza di creature zoomorfe universale e trasversale a tutte le culture antiche: dalla mitologia egizia alla giapponese. Cos

nella reiterazione, goffa o meno, degli oggetti distintivi, non potendo forse imitare altri fattori differenzianti. Tutto questo, per, continua a non fornire una spiegazione sul fantomatico aspetto delle Statuette Ofidie. Fin dalle loro scoperta per opera di Wolley, esse sono state associate immediatamente ai serpenti, peccando forse di troppa sicurezza nel leggere le loro forme. Per indubbio, ormai possiamo dirlo, che la loro faccia lasci veramente interdetti. Ora, cercando di non affidarsi a delle false certezze, possiamo tentare di capire a cosa somiglino questi volti. stato stabilito che non sono fattezze umane, sia per unevidenza intrinseca, sia dal rapporto

come non ci sconvolgono uominisciacallo o, in contesto sumero, uominileone o uomini-aquila, non deve scandalizzare lipotesi dellesistenza di uomini-salamandra. Perch una creatura possa essere scomposta nelle sue parti e riutilizzata dalluomo in contesto mitologico, lunica cosa necessaria che sia stata visibile da questi ultimi allepoca della creazione dei miti. Ora, sappiamo dalla paleozoologia che creature come le salamandre erano ampiamente diffuse nellambiente mesopotamico(7), specialmente in funzione del fatto che la zona Sud del paese era costituita da paludi dalle quali emergevano grandi isolotti di

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argilla, sui quali andavano poi a costituirsi i villaggi. Non quindi escludibile questa fonte iconografica, anche se non reputo sia questo il punto fondamentale, una volta stabilita la loro diversit dalla sfera umana. Essendo sempre un contesto primitivo, non pretendibile il riferimento preciso ad una creatura, cos come il legame esplicito con un mito od un racconto, dal momento che assente la scrittura, che impedisce la definitiva ricostruzione del sistema di valori delle culture preistoriche. Quello che conta riferire loggetto ad una sfera, un ambito che possa essere stato importante per un sistema in divenire, non ancora cristallizzato e fissato nella parola scritta. Apparir logico, quindi, cercare di ricostruire possibili credenze con il materiale posteriore a quest epoca. Qualora, ad esempio, fosse possibile un effettivo legame con il mondo anfibio, larea di riferimento potrebbe spostarsi sullacqua e la sua importanza nei miti della Creazione. Ad esempio, proprio alla fine

del periodo Obeid, sappiamo che ad Eridu prende forma il culto di Ea/Enki, con la costituzione di quello che si ritiene essere un tempio a lui dedicato. Di particolare importanza, sono gli strati VII e VI, in cui la presenza di vasche con numerosi resti di pesci testimonierebbero un culto legato alla dimensione delle acque dolci, di cui Ea tradizionalmente il signore. Ea/Enki, signore della Acque Primordiali, ma anche del Sapere, dellIstruzione, dellIntelligenza donata alluomo, della Civilt come Ordine(8). Sappiamo anche che Ea, cos molte altre divinit, si avvale di uno stuolo di sottoposti semi-divini, chiamati in vari modi, qualche volte pure con nomi propri: erano genericamente definiti apkallu, cio saggi semi-divini mandati dagli Dei sulla terra per insegnare agli uomini tutte le arti, compresa quella dellesercizio del potere(9). Uno di loro, da un racconto sicuramente m o l t o t a r d o (specialmente per lepoca di nostro interesse), porta il nome di Oannes. A tramandarne il mito

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squamato, con due volti, luno umano e , sopra di esso, quello di un pesce. Viene specificato che era anfibio e che trascorreva la notte in mare ed il giorno ad istruire gli uomini. Prima della conclusione del racconto, viene anche spiegato, per bocca di Oannes stesso, come il mondo ai suoi primordi pre-umani fosse ricco di creature mostruose e fantastiche. Ora, appare subito evidente che la descrizione non coincide con le statuettesalamandra, tuttavia non escluderei subito un legame tra queste due realt: e pur vero che paiono essere creature dissimili, bisogna anche considerare la grande distanza temporale che le separa e gli innumerevoli processi di trasformazione, riassemblaggio ed evoluzione che possono essere avvenuti. Se infatti prendiamo in esame quelle rappresentazioni assire che possibile trovare su molti rilievi, ci

esistono due versioni, una di Berosso e laltra di Sincello. In entrambe le versioni Egli protagonista di una vicenda che lo vede al centro dellistruzione degli Uomini, ritenute bestie prima del suo intervento: fondazioni di citt e templi, introduzione delle leggi, spiegazione della geometria, dellagricoltura e della scrittura, tra le altre cose. Molto singolare la sua descrizione: sarebbe un essere mezzo pesce, ma non secondo quelle divisioni che possiamo riscontrare in molte rappresentazioni. Viene infatti descritto come un essere dal corpo

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Phanes n.2accorgiamo di come potrebbe esser avvenuta la trasformazione, quale vediamo nei rilievi di et neo-assira. La calotta cranica allungata, ad esempio, potrebbe essersi evoluta nel volto di pesce che va a costituire una sorta di mitra rituale nelle raffigurazione assire, cos come poteva gi essere intesa la dolicocefalia in epoche molto precedenti(10). Le fattezze cos grottesche, allora, si sarebbero spostate, lasciando spazio ad un volto totalmente umano, scomponendo, di fatto, la figura in due: una parte totalmente umana ed una totalmente animale, quasi a mera decorazione della prima. La giustificazione potrebbe risiedere nellaver perso, gi a quellepoca, il significato delliconografia delle statuettesalamandra. Del resto, se vero che sono da riferirsi a riti elitari ed iniziatici, non escludibile che ad un certo punto siano diventati segreti o si siano estinti, gettando nelloblio specifici significati la cui reminescenza si vedrebbe nellaspetto che in unepoca cos tarda, stato dato a queste entit adibite allistruzione del genere umano. Non un processo cos impossibile e la Storia dellArte piena di fenomeni simili: il tempo leviga e modella specifiche fattezze con significati chiari, per reinserirli in maniera latente e spesso reinterpretata: dal caduceo alla mitra stessa, appunto. Ora, non voglio dire che le statuettesalamandra siano sicuramente gli apkallu: come gi detto, non possibile ricostruire

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il sistema di miti di questa cultura preistorica. Ma ipotizzo che siamo di fronte, non tanto ad un archetipo, quanto ad un prodromo, un sintomo di qualcosa che rimarr latente nel sistema di credenze, fino a codificarsi chiaramente in epoche molto pi recenti. Cos come sempre nelle culture primitive, pi che consciamente intesa, la realt percepita per intuizioni, presentimenti, inconsce sensibilit che spingono luomo verso idee innate: lacqua come Origine, gli animali come viacoli di Conoscenza, gli ibridi come espressioni della Divinit. Con queste statuette, si voluto dar forma concreta, e la pi realistica possibile, alla convinzione che delle creature ibride ed anfibie, magari alla notte dei tempi o magari proprio ogni giorno, siano intervenute della dimensione dellUomo per istruirlo, per aiutarlo a porre Ordine al Mondo. Alcuni uomini avrebbero avuto un legame speciale con questi esseri, forse sarebbero stati scelti per delle unioni di carattere sacro, venendo a costituire un gruppo privilegiato allinterno della societ; magari lasciando in eredit tali privilegi, venendo a creare una schiatta di persone estranee alla consuetudine comunitaria. Non neanche escludibile che ci possano essere legami con culture lontanissime: non legami diretti, ma simili a quel mito, sopravvalutato, delle Dee Madri: vi materiale, basta notarlo con una prima scorsa, sufficiente per lavorare in questa direzione. Gi evidente un legame tra Mesopotamia ed Iran, ma non si escludono Malta e Cipro, alcune

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Phanes n.2credenze della Nubia preistorica, e finanche alcuni miti dellAfrica sub sahariana, quali quelli presenti nel Dogon del Mali. Forse un giorno, nuovo materiale archeologico fornir impulsi in questo senso, alla ricerca di un sistema in grado di leggere i troppi punti oscuri dei miti e dei riti preistorici, a cui la teoria della Dea Madre non riesce pi a dare spiegazioni gi da troppo tempo. Non nel ventre materno, ma negli Antichi Istruttori dellUomo, forse, risiede lorigine della Civilt. [M.C.]

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Oriente, dalla Turchia all'Iran occidentale. Il gruppo costituito da sei specie, quattro delle quali presenti sul territorio europeo. 8. PETTINATO 2005. 9. PETTINATO 2005. 10. PETTINATO 2005.

SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE: -INVERNIZZI 1992: A. INVERNIZZI, Dal Tigri allEufrate Vol. 1, Firenze 1992. -WOLLEY 1956: L. WOLLEY, Ur excavations, Philadelphia 1956. -MC ADAM: E. MC ADAM, Things Fall Apart, the Centre Cannot Hold, In Culture trough

NOTE: 1. INVERNIZZI 1992.

2. Steatopigismo: realtivo alla steatopiga ,cio il carattere di spiccata lordosi lombare di alcune costituzioni fisiche e la tendenza ad accumulare adipe sui glutei e sulle cosce. Spesso stata riscontrata nelle veneri scolpite nel neolitico e denominate per questo anche "Veneri steatopigie. 3. WOLLEY 1956, pp. 167-220. 4. MC ADAM. 5. Dolicocefalia: s. f. conformazione del cranio caratterizzata da un'accentuata prevalenza del diametro della lunghezza su quello della larghezza. 6. MOOREY 2003. 7. Il taxon appare relativamente antico. Studi molecolari effettuati su esemplari di S. salamandra e di L. luschani, sembrano indicare che il genere Salamandra si sia separato dal taxon fratello, circa 11 milioni di anni fa. Il genereSalamandra diffuso in Europa, in Africa nord occidentale e Medio

Objects: Ancient Near Eastern Studies in Honour of P. R. S. Moorey. a c. T. POTTS, M.ROAF, D. STEIN, Oxford SD. -MOOREY 2003: P. MOOREY, Idols of the

People: Miniature Images of Clay in the Ancient Near East, Oxford 2003.-PETTINATO 2005: G. PETTINATO, Mitologia assiro-babilonese, Torino 2005.

Immagini: p.24, Cartina raffigurante la diffusione delle culture neolitiche in Mesopotamia attorno al 5000 a. C. In giallo la Cultura Halaf, in verde la Cultura Samarra, in viola la Cultura Hassuna, in rosso la Cultura Obeid. p.25, statuette femminili di Cultura Halaf, Baghdad, Iraq Museum. p.26, statuetta ofidia maschile da Eridu, Baghdad, Iraq Museum. p.27, esemplari di statuette ofidie femminili, Londra, British Museum.

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Phanes n.2p.28, statuetta ofidia femminile detta la Nutrice, Londra, British Museum. p.30, rinvenimenti da Eridu, Baghdad, Iraq Museum. p.31, riproduzione dei sigilli di Tepe Gawra, Baghdad, Iraq Museum. p.32, crani sottoposti a dolicocefalia, Londra, British Museum. p.32, coccio Nazionale.

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dipinto,

Teheran,

Museo

p.33, riproduzione da un rilievo neo-assiro e

bassorilievo

raffiguranti

degli

Apkallu,

Londra, British Museum.

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Phanes n.2

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IL CULTO DEL TORO APIS

Il particolare attaccamento della religione e della cultura egizia agli animali, rappresentanti terreni delle divinit, cosa arcinota: gli Dei stessi hanno sembianze animali nelle rappresentazioni terrene, imponendo per questi un rispetto sacrale ed una venerazione infinita. In questo articolo non parleremo per di una semplice associazione di forme animali a entit divine, o della sacralit di un dato animale in associazione ad un Dio, ma di un vero dono, un segnale, un rappresentante divino concesso agli uomini. Il toro Api,

Dio anch'esso, venerato a Menfi, era infatti la manifestazione terrena della triad Ptah-Sokar-Osiride. Il culto di questo animale non era incentrato sul rispetto e la venerazione dell'intera specie di appartenenza, ma di un solo esemplare, scelto per gli inequivocabili segni divini: una straordinaria dotazione sessuale (a sottolineare la potenza del Dio)(1), ed un preciso simbolismo rintracciabile nel posizionamento e nella forma delle macchie sul pelo della bestia. Ma ascoltiamo direttamente le parole di Erodoto: Questo vitello, Api, ha le

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Phanes n.2s e g u e n t i caratteristiche: deve essere nero, ma sulla fronte portare una specie di triangolo bianco, e sulla schiena il disegno di un'aquila e sulla coda peli doppi, e l'immagine di uno scarabeo sotto la lingua.(2)Strabone aggiunge la presenza di una mezzaluna candida sul fianco, forse rimando al mito che voleva il toro Api nato da un fulmine ingravidatore di una vacca candida e vergine. Un ulteriore rimando palese ai culti lunari e solari riscontrabile nelle pratiche di sacrificio dell'animale sacro: dopo 25 anni di vita (periodo temporalmente necessario al raggiungimento delle fasi lunari e solari) il toro veniva affogato. Secondo la tradizione infatti l'anima di Osiride dimorava nel corpo del toro Apis, ed alla morte trasmigrava nel corpo del successore: non quindi da escludere che l'uccisione rituale del toro avesse la valenza commemorativa dell'uccisione di Osiride da parte di Seth. Ma quale era l'iter che portava un toro, nato nelle pi spedute campagne egiziane a divenire l'oggetto di culto, e la voce di un oracolo divino? Prescelto per le dette caratteristiche dai sacerdoti dedicati

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al suo culto, il toro veniva trasferito sulle rive del Nilo, da dove, dopo quaranta giorni accudito da sole donne vergini, era imbarcato su una nave totalmente dorata, che lo avrebbe condotto sulla costa del Nilo pi vicina a Menfi. La ressa dei fedeli doveva essere enorme se si pensa che era ritenuto ben augurante il far s che i propri figli respirassero il fiato dell'animale: il soffio divino, collegato a Ptah, entrando nel bambino avrebbe potuto donargli l'arte divinatoria. Il tempo di Menfi era pronto ad accogliere il Dio: due stalle erano aperte, ed a seconda di quale stalla il toro avesse scelto, si sarebbero tratti auspici fasti o infausti per il futuro prossimo inerente al benessere pubblico (3). Presso il tempio di Menfi il Dio Apis aveva il proprio oracolo. Le predizioni

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Phanes n.2e r a n o p r o p o s t e d i r e t t a m e nt e dall'animale sacro, secondo espedienti a noi noti solo in parte. Il pi semplice dei modi di consultazione vedeva l'offerente porgere delle erbe al toro nel mentre pronunciava la domanda: qualora questo avesse rifiutato il cibo il responso sarebbe stato negativo, il contrario se lo avesse accettato di buon grado. Altra cerimonia di interrogazione del vate animale era quella di collocare molte mangiatoie in un'ampia sala del tempio, e, pronunciata la domanda, lasciare che il toro scegliesse quella a lui pi gradita: sulle mangiatoie infatti erano collocati dei cartigli con simboli o parole, dalle quali i sacerdoti erano in grado di trarre il vaticinio. Ma il metodo di consultazione dell'oracolo pi curioso era il seguente: il devoto accostava il proprio orecchio alla bocca dell'animale, turandosi subito dopo le orecchie e correndo fuori dal tempio; la prima parola che avrebbe udito sarebbe stato il vaticinio divino (4). Alla morte del Dio-toro, sia che questa fosse naturale, sia avvenuta tramite sacrificio, il corpo dell'animale subiva un lungo processo di mummificazione. A Menfi rimane tuttora visibile e visitabile, un enorme letto in alabastro utilizzato per

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la pratica di mummificazione: il cadavere cos preparato per l'eternit era sotterrato, in immensi sarcofagi, nei cunicoli sottostanti il tempio, luogo questo, che prese il nome di Serapeo. Proprio questo nome spia, forse, di un collegamento fortissimo tra la divinit menfita e la divinit dinastica della famiglia tolemaica: Serapide. D'altronde le prerogative divine di Apis hanno molto in comune con quelle di Serapide: virt collegate alla forza generica ed alla forza generatrice in particolare, alla prosperit ed abbondanza, e alle sue capacit oracolari sono comuni alle due divinit. Inoltre la grande insistenza dei riti sul soffio dell'animale rinviano certamente a Ptah, e cos a capacit taumaturgiche, propriet queste che poi passarono in blocco a Serapide, che nella stragrande maggioranza delle invocazioni a noi note, appunto invocato come guaritore (5). Il culto del Dio per un culto assolutamente antico: attestato sin dalla prima dinastia, stato da molti studiosi retrodatato fino al 3400 a. C. Il nome infatti deriverebbe dall'espressione Hep, gi presente nei testi delle piramidi, e inerente proprio alla forza procreatrice(6).

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Phanes n.2Un culto di cos grande importanza locale divenuto forse il fondamento della predilezione dinastica tolemaica non pu essere dimenticato, e merita a pieno titolo di presenziare in una rivista di religiosit pagana: spesso di molte divinit antiche ci sfuggono persino gli ambiti di attivit, ma proprio tramite lo studio approfondito degli archetipi alla loro base, possiamo ricostruirne l'evoluzione: dall'uno si passa al molteplice, e per ricostruire il molteplice secondario imprescindibile conoscere il singolo principio. [A.G.]NOTE: 1. CLEBERT 1990, voce Toro. 2. Erodoto, Storie, III, 28. 3. TOCCI 1974, voce Apis. 4. BENSON 1995, voce Apis. 5. Sarapis ad the Apis Bull in STAMBAUGH 1972. 6. Text Pyram. 1312. SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

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-BENSON 1995: M. BENSON, Enciclopedia dell'antico Egitto, Perugia 1995. -CLEBERT 1990: J. CLEBERT, fantastici, Milano 1990.

Animali

-STAMBAUGH 1972: J. STAMBAUGH, Sarapis under the early Ptolemies, Leiden 1972. 1974: V. TOCCI, mitologia, Bologna 1974. -TOCCI

Dizionario di

Immagini: p.37, Bassorilievo egizio rappresentante il toro Apis, Saqquara. p.38, Statua di Apis, dal Serapeo di Alessandria, Alessandria, Museo Archeologico. p.39, Statua di Apis, dall'Iseo campense a Roma, Roma, Museo di Palazzo Altemps. (Inv. 182.584, n2). p.40, Statua bifronte di Osiride ed Apis, dal Canopo di Villa Adriana, Roma, Musei Vaticani.

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Phanes n.2SLLo splendore degli elfi.

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Come in diverse altre, seppur non molte, culture europee, le divinit che presiedono o rappresentano il Sole e la Luna sono rappresentate rispettivamente di sesso femminile e maschile. La Dea norrena personificazione del Sole, per esempio, chiamata Sl, o Sunna; sono molte le testimonianze che si hanno su di lei, e spaziano dai componimenti skaldici(1) allEdda. Secondo lEdda poetica essa sorella di Mani, Dio della Luna, e figlia di Mundilfari. Secondo altre fonti invece essa sarebbe sorella di Sinthgunt. Sl la fanciulla che guida il carro del

sole instancabile attraverso il cielo, e che persegue sempre gli stessi sentieri sulla volta celeste costantemente braccata dal lupo Skoll, desideroso di inghiottirla. Si dice che a volte Skoll la raggiunga quasi, e che in quegli attimi che il sole si trova ad eclissarsi. I due cavalli che trainano il carro sono chiamati rvark e Alsvir, sullorecchio delluno e sulla zampa dellaltro sono tracciate delle rune, i sacri simboli sussurrati della sapienza norrena. La Dea del sole detta lfrull, ossia splendore degli elfi; ricordiamo che la luce del sole per questa tradizione

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Phanes n.2capace di combattere le forze negative come nessuna altra cosa: pu pietrificare allistante gli agenti del Caos, ossia streghe, troll e nani(2). Unaltra conferma di questaffermazione si ritrova nellanalisi dei punti cardinali in relazione alle usanze: a Nord erano i Giganti, i demoni ed i defunti, a Sud invece era il Sole, ed in questa direzione venivano pronunciati i giuramenti. Si dice che davanti al carro di Sunna vi sia uno scudo chiamato Svalinn, il quale proteggerebbe la Terra dal troppo calore del Sole. Il carro assume importanti significati religiosi e sociali, in effetti rappresenta larmonia e lordine di ogni avanzamento terreno. Durante il Ragnarok, una sorta di Apocalisse norrena, Skoll raggiunger il carro di Sl, uccidendola; e cos anche suo fratello Mani, signore della Luna, verr ucciso dal lupo che sempre lo rincorre, Hati. NellEdda il Sole viene nominato varie volte, fra queste evidenziamo gli epiteti: it skrleita(3) Dio dal volto luminoso, e sknanda go(4), ossia Dio splendente. Vari studiosi hanno analizzato la provenienza del termine sole ossia sl, ed hanno notato delle somiglianze con il sanscrito surya ed il gaelico sulis. Che derivino o meno da uno stesso ceppo linguistico indo-europeo, non tema di questarticolo(5). Terminiamo dicendo che Sl citata nei cos detti Old High German Merserburg Incantations, in relazione ad una preghiera per la cura dei cavalli feriti o malati. [G.R.]NOTE: 1. Ci si riferisce ai componimenti

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Slarlj Il canto del Sole, ed aGeisli R a g g i o d i S o l e . 2 . L I N D O W 2 0 0 1 . 3. Si trova in Grmnisml (il dialogo di Grmnir), vedasi NECKEL 1968. 4. Si trova in Sigrdrfuml (il dialogo di Sigfrida), vedasi NECKEL 1968. 5. MALLORY 1989. SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE: -LINDOW 2001: J. LINDOW, Norse mythology:

a Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Bielefs, O x f o r d 2 0 0 1 . -MALLORY 1989: J. MALLORY, In search of Indoeuropeans: language, archaeology and myth, Thames & Hudson, 1989.-NECKEL 1968: G. NECKEL, Edda. Die Lieder des Codex Regius, Heidelberg 1968.

Immagini: p.41, The Wolves pursuing Sol and Mani, J. Dollman. p.42, Mni and Sl, Lorenz Frlich.

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Phanes n.2

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SEZIONE OMNIA ALTERA

UN CANTO AD APOLLO PROFUMO DI PROTOGONO APOLLO E MARSIA DI BARTOLOMEO MANFREDI LA VILLA DI TIBERIO A SPERLONGA RECENSIONIA cura di Jonathan Righi

ARTIO RECENSIONI GOLASECCA

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Phanes n.2UN CANTO AD APOLLOLa sua nascita e la conquista delle prerogative oracolari.

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Il canto che qui presentiamo nella traduzione di F. Ferrari tratto dal coro dell'Ifigenia in Tauride di Sofocle, precisamente questi sono i versi 1234-83 . La vicenda di Ifigenia, famosissima, cos riassumibile: la ragazza, figlia di Agamennone e Clitemnestra rischiava di essere sacrificata sull'altare di Artemide, dopo che il padre aveva offeso la Dea coll'uccisione di un suo animale sacro. L'indovino Calcante infatti prescrisse il sacrificio della vergine fanciulla, sacrificio che per venne poi sventato dalla stessa Dea, che sostitu una cerva alla fanciulla, che poi venne trasportata in Tauride. In quella terra inospitale e distante dagli usi civili della Grecia, la giovane Ifigenia divenne sacerdotessa di Artemide, col compito di sacrificare alla Dea ogni straniero che fosse approdato su quelle rive. Il passo che qui riportiamo inerente ai due gemelli divini, Artemide e Apollo, nati da Latona e da Zeus. I passi in neretto sono quelli pi importanti per quanto riguarda la figura di Apollo: [L.A.]

Lei, la dea che si allieta a mirare con l'arco. La madre lasci l'umida scogliera, Il glorioso giaciglio del suo parto: Portava il rampollo Alle fonti insonni della parassia cima che insieme a Dioniso folleggia, L dove avvolto di bronzee maglie Un fosco drago variegato Prodigio immane da Gea nato(1), Tra i rami folti d'alloro Presiedeva il sotterraneo oracolo. Lui tu uccidesti, o Febo, Quand'eri ancora infante E fra le braccia saltellavi della cara madre Ed occupasti le oracolari sedi. Poi ti assidesti sull'aureo tripode E dal trono che non mente Dal penetrale arcano Assegni profezie ai mortali, L vicino ai flussi della Castalia fonte, In un tempio che del mondo centro.

Splendida prole di gemelli Leto un giorno partor Fra le valli frugifere di Delo: Lui il chioma doro sapiente nella cetra;

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Phanes n.2Quando Febo arriv E dal divino oracolare seggio di Pito Temide band, di Gea la Figlia, Dal proprio grembo gener la terra Notturni fantasmi Che sui giacigli tenebrosi Rivelavano in sogno alle citt degli uomini Le cose passate E quante ancora dovevano accadere. Cos per vendicar la figlia Gea rap Febo l'onore degli oracoli. Ma rapido all'Olimpo ascese il nume e al seggio del padre tese la puerile mano Cos che dalle pizie case l'ira stornasse Dall'infera dea. E rise Zeus che s presto il figlio Venisse per avere aurati culti. Scosse la chioma a far cessare le notturne voci: Le verit dissolse ai sogni tenebrosi e onore al Lossia restitu, Restitu ai mortali Fede nei canti oracolari Che sgorgano dal visitato seggio ospitale.NOTE:

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1. Si parla qui del serpente Pitone, che essendo figlio di Gea, aveva il dono e la possibilit di vaticinare. La leggenda vuole che dopo essere stato ucciso, il mostruoso serpente, venisse chiuso in una bara e sotterrato nel santuario di Delfi. Il nome Pizia, che si riferiva alla sacerdotessa vaticinante del tempio di Delfi, significa appunto Pitonessa.

Immagini:

p.44, Il sacrificio di Ifigenia, Affresco da Pompei, Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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Phanes n.2PROFUMO DI PROTOGONOMirra.

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Invoco Protogono dalla doppia natura, grande, errante nelletere,

nato dalluovo, superbo dalle ali doro, dalla voce di toro, origine dei beati e degli uomini mortali, seme memorabile, onorato con molti riti, Erichepeo, indicibile, sibilante occulto, germoglio tutto lucente, che dissipasti la nube oscura degli occhi roteando da ogni parte convenientemente con i colpi delle ali conducendo la splendida luce santa, da cui ti chiamo Fanes e Priapo signore e Antauge dallo sguardo lucente. Ma, beato, molto scaltro, molto fecondo, vieni con gioia Alla sacra multiforme cerimonia fra coloro che iniziano ai misteri. (trad. G. Ricciarelli)Nella tradizione propria dellorfismo Phanes Protogono un essere di indicibile importanza, seme di ogni creatura mortale ed immortale, e causa prima dellattuale sovranit di Zeus: egli avendolo inghiottito sotto forma di seme, ne ha assunto la sovranit. Non v traccia in Omero ed Esiodo di questo principio divino, tuttavia nella Teogonia esiodea si ritrova il simile inserimento subito da Meti ad opera di Zeus (Theog. 886 sgg.); ed appunto Meti uno degli appellativi di Protogono, sebbene sia anche una delle compagne di Zeus. Ritroviamo Protogono nella teogonia rapsodica, dove viene presentata una luce squarciante lEtere, in forma di Erichepeo, Fanes, Meti (fr. 65 K). Altri nomi col quale lo ritroviamo sono: Zeus, Pan, Bromo, Dionisio, Eros, Eubuleo; ed in riferimento a questa molteplicit Macrobio (Sat. I, 18, 12) ci delucida: Gli

uomini sulla terra lo chiamano ora con un nome ora con un altro mutando nome assume da ciascuno soprannomi dogni specie secondo il momento nel cambiare del tempo. [J.R.]

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Phanes n.2GOLASECCA

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Nei pressi di Varese, nel XIX sec. furono scoperte vaste aree ricche di reperti archeologici, tombe e costruzioni, chiaro ed evidente segno della presenza di unantica civilt in un remoto passato. Oggi, dopo che quasi tutte le opere di scavo sono state ultimate, possiamo renderci conto dellimportanza dei siti di Golasecca, e della cultura che ospit. Questa prese forma, si suppone, durante lEt del Bronzo, fra il IX ed il IV sec. a.C. Nel 1865 Louis Laurent Gabriel de Mortillet dat alcune tombe della necropoli chiamata Ca Morta, come precedenti allEt del Ferro; possiamo dedurre quindi che questo sito fu scenario di diverse culture sovrappostesi nel tempo, e poi integratesi a formare una peculiare cultura simil-celtica. Le tombe che Mortillet studi avevano caratteri molto simili alle tombe celtiche nellepoca

di Halstatt, ed infatti G o la s e cc a si dimostr essere il punto di passaggio fra il popolo degli etruschi e quello celtico dellAustria. Non solo, fu anche crocevia dei commerci fra Greci, Celti ed Etruschi durante il VI sec. a.C., e poi, agli inizi del V sec. a.C., si svilupp la scrittura. I primi esemplari di forma scritta del cosiddetto alfabeto leponzio si trovano su ceramiche e pietra: nella Biblioteca civica castelletese custodita la pi antica inscrizione celtica su pietra, questa recita CHOTHIOS, che probabilmente da tradurre con figlio dellanziano, forse in relazione a questioni ereditarie. Il popolo di Golasecca era in possesso di diverse tecnologie non proprio usuali come la ruota, la lavorazione dei metalli, della ceramica ed appunto, la scrittura. Non realmente preciso parlare di popolo, bisognerebbe dire popoli, in quanto in

Itinera

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