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125 S Fascismo IL REGIME Italiani brava gente? Il cartello affisso subito dopo la promulgazione delle leggi razziali (1938) da un negozio nei pressi del ghetto ebraico di Roma. In fuga verso la libertà Ebrei italiani in preghiera a bordo del transatlantico Conte di Savoia in viaggio verso gli Usa, nell’aprile del 1940. LA DISCRIMINAZIONE DEGLI EBREI FU SOLO COLPA DEL FASCISMO? OPPURE IN ITALIA IL GERME DELL’ANTISEMITISMO TROVÒ UN TERRENO FECONDO? FRATELLI D’ITALIA U n colpo non meno vigoroso è stato inflitto agli ebrei dal Consiglio dei ministri nella tornata del 2 set- tembre”. Parole di Goebbels? No, di Civiltà Cattolica, rivista dei gesuiti, da sempre in- terprete del pensiero della Chiesa sulle questioni politiche e sociali. L’occasione: il varo delle leggi razziali nel 1938. “Vediamo attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo”. Un in- quisitore medioevale? No, padre Agostino Gemelli, fon- datore dell’Università cattolica del Sacro Cuore, in appog- gio a quelle leggi. Nel 1924, per la morte di un intellettuale ebreo, aveva scritto: “Ma se insieme con il positivismo, il socia- lismo, il libero pensiero e con il Momigliano morissero tutti i giudei che continuano l’opera dei giudei che hanno crocifisso nostro Signo- re, non è vero che al mondo si starebbe meglio?”. Poi, per giusti- ficarsi, padre Gemelli rincarò la dose: era stata una “rea- zione alle brutture che ogni giorno si vedono: sono ebrei che ci han- no regalato il comunismo, la massoneria, il dominio delle banche e mille altre stregonerie di questo genere”. Insomma, ce n’è quan- to basta per chiedersi legittimamente se in Italia l’antise- mitismo fosse già ben vivo prima delle leggi razziali ap- provate dal regime fascista. E come queste furono accol- te dagli italiani. Causa di ogni male. Secondo gli storici l’antisemiti- smo di massa, diffuso da secoli nell’Europa Centro-Orien- tale o in Francia, in Italia non c’è mai stato. Non ci furono mai, come in Germania, in Austria, in Ungheria, movi- menti politici o religiosi antisemiti. Rari nella storia i po- grom, i massacri di ebrei, abituali invece in Russia, Polo- nia, Ucraina. Due i motivi principali: lo scarso numero di ebrei presenti sul territorio italiano, mai più di 40-45 mi- la, e la riconosciuta parità di diritti con gli altri sudditi, sancita da Carlo Alberto di Savoia nel 1848. Gli ebrei aderi- rono con entusiasmo al Risorgimento, accettando poi sen- za riserve il nuovo Stato italiano, e in gran parte persero progressivamente i tratti esteriori della religiosità per un ebraismo più laico e personale. “Ebrei di complemento” li de- finiva lo scrittore Primo Levi. Ci furono, agli inizi, anche molti ebrei fascisti. Difficile quindi, per la propaganda re- ligiosa o politica, eccitare fanatismi contro di loro. C’era- no però gli antisemiti, i portatori dell’antigiudaismo te- ologico, l’antico odio del cristianesimo per gli ebrei accu- sati della morte del Cristo, responsabili di orrende prati- che sacrileghe, da rinchiudere nei ghetti (v. riquadro a pag. 129). Sulla stampa cattolica o nelle prediche, già dalla fi- ne dell’Ottocento si ripeteva fino alla nausea che gli ebrei 26 MAGGIO 1943 DISPOSIZIONI ALLA STAMPA Si rinnova ai giornali il divieto d’inserzione di pubblicità ebraica, anche se mortuaria.

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125SFascismo

Il regIme

Italiani brava gente?

Il cartello affisso subito dopo la

promulgazione delle leggi razziali

(1938) da un negozio nei pressi del ghetto

ebraico di Roma.

In fuga verso la libertàEbrei italiani in preghiera a bordo del transatlantico Conte di Savoia in viaggio verso gli Usa, nell’aprile del 1940.

la dIScrImInazIone deglI ebreI Fu Solo colpa del FaScISmo? oppure

In ItalIa Il germe dell’antISemItISmo trovò un terreno Fecondo?

Fratellid’italia

“U n colpo non meno vigoroso è stato inflitto agli ebrei dal Consiglio dei ministri nella tornata del 2 set-tembre”. Parole di Goebbels? No, di Civiltà Cattolica, rivista dei gesuiti, da sempre in-

terprete del pensiero della Chiesa sulle questioni politiche e sociali. L’occasione: il varo delle leggi razziali nel 1938. “Vediamo attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo”. Un in-quisitore medioevale? No, padre Agostino Gemelli, fon-datore dell’Università cattolica del Sacro Cuore, in appog-gio a quelle leggi. Nel 1924, per la morte di un intellettuale ebreo, aveva scritto: “Ma se insieme con il positivismo, il socia-lismo, il libero pensiero e con il Momigliano morissero tutti i giudei che continuano l’opera dei giudei che hanno crocifisso nostro Signo-re, non è vero che al mondo si starebbe meglio?”. Poi, per giusti-ficarsi, padre Gemelli rincarò la dose: era stata una “rea-zione alle brutture che ogni giorno si vedono: sono ebrei che ci han-no regalato il comunismo, la massoneria, il dominio delle banche e mille altre stregonerie di questo genere”. Insomma, ce n’è quan-to basta per chiedersi legittimamente se in Italia l’antise-mitismo fosse già ben vivo prima delle leggi razziali ap-provate dal regime fascista. E come queste furono accol-te dagli italiani.

Causa di ogni male. Secondo gli storici l’antisemiti-smo di massa, diffuso da secoli nell’Europa Centro-Orien-tale o in Francia, in Italia non c’è mai stato. Non ci furono mai, come in Germania, in Austria, in Ungheria, movi-menti politici o religiosi antisemiti. Rari nella storia i po-grom, i massacri di ebrei, abituali invece in Russia, Polo-nia, Ucraina. Due i motivi principali: lo scarso numero di ebrei presenti sul territorio italiano, mai più di 40-45 mi-la, e la riconosciuta parità di diritti con gli altri sudditi, sancita da Carlo Alberto di Savoia nel 1848. Gli ebrei aderi-rono con entusiasmo al Risorgimento, accettando poi sen-za riserve il nuovo Stato italiano, e in gran parte persero progressivamente i tratti esteriori della religiosità per un ebraismo più laico e personale. “Ebrei di complemento” li de-finiva lo scrittore Primo Levi. Ci furono, agli inizi, anche molti ebrei fascisti. Difficile quindi, per la propaganda re-ligiosa o politica, eccitare fanatismi contro di loro. C’era-no però gli antisemiti, i portatori dell’antigiudaismo te-ologico, l’antico odio del cristianesimo per gli ebrei accu-sati della morte del Cristo, responsabili di orrende prati-che sacrileghe, da rinchiudere nei ghetti (v. riquadro a pag. 129). Sulla stampa cattolica o nelle prediche, già dalla fi-ne dell’Ottocento si ripeteva fino alla nausea che gli ebrei ▸

26 MaGGiO 1943dispOsiziOni alla staMpa

si rinnova ai giornali il divieto

d’inserzione di pubblicità ebraica,

anche se mortuaria.

127SFascismo

SI calcola che In ItalIa,dopo Il 1938, un ebreoSu mIlle morì SuIcIda

erano causa della Rivoluzione francese, del Risorgimento, del capitalismo e del socialismo. Dopo il primo conflitto mondiale divennero colpa degli ebrei anche la guerra e la Rivoluzione russa. E all’antigiudaismo cattolico si affian-cò quello politico dei nazionalisti e dei fascisti più accesi. Per loro, imbevuti di futurismo, culto della bellezza e del-la violenza, gli ebrei erano pacifisti, borghesi privi di spi-rito di avventura e di qualsiasi altro valore che non fosse il denaro. Fra i più attivi vi fu il giornalista Giovanni Pre-ziosi, con la rivista Vita italiana, al quale si unì un prelato, Umberto Benigni. Il loro cavallo di battaglia furono i Pro-tocolli dei savi anziani di Sion, un falso confezionato all’ini-zio del XX secolo dalla polizia zarista per avallare la tesi di un piano ebraico di conquista del mondo.

Il seme dell’odio. Antigiudaismo cattolico e antise-mitismo nazionalista rimasero a lungo fenomeni margi-nali. Ma, come ha spiegato il massimo storico del fasci-smo, Renzo De Felice “ciò non toglie che alcune gocce del vele-no antisemita si spargessero in quasi tutti gli ambienti”. L’Italia non divenne antisemita, ma gli italiani “fecero in un certo senso l’orecchio e si abituarono inconsciamente a certi argomen-ti” convincendosi che, in fondo, qualcosa di vero doves-se pur esservi.

Gli effetti si videro con le leggi per la difesa della razza promulgate a partire dal settembre 1938. Per la Chiesa ave-vano “alcuni lati buoni”. “Discriminare e non perseguitare” fu la posizione più o meno ufficiale.

Ma “la discriminazione era persecuzione, la più barbara e la più ingiusta che da secoli la terra italiana avesse conosciuta” ha scritto De Felice. Anche se talvolta le amministrazio-ni applicarono con scarso zelo le normati ve razziali, per la preoccupazione di bloccare interi settori commerciali tradizionalmen te in mano agli ebrei, in pochi mesi mi-gliaia di persone persero il lavoro. Emma Terracina rac-contava che il marito, meccanico specializzato all’azienda tranviaria di Roma, nel giro di tre giorni «fu allontanato dal lavoro, come altri ebrei che lavoravano con lui, senza ricevere alcun compenso per il mancato preavviso e nes-suna solidarietà da parte dei colleghi».

Rovinati. Molti, vivendo solo di stipendio, finirono sul lastrico o dovettero subire odiosi ricatti. «Mio padre fu li-cenziato dalla compagnia di assicurazioni per la quale la-vorava e iniziammo a peregrinare da Torino a Milano a Ro-ma, alla ricerca di chi gli desse un lavoro qualsiasi, sem-pre clandestino e precario» ricorda Lia Levi, oggi scrittri-ce. I professionisti dovettero chiudere gli studi, professori

Gli strumenti dell’odioDue numeri del quindicinale La difesa della razza, uscito dal 1938 al 1943. Sotto, fumetto antisemita pubblicato sul Balilla, settimanale della Gioventù italiana del littorio.

Rastrellamento nel ghettoUn camion di ebrei rastrellati dalle SS nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943. Oltre mille romani finirono così nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau: fecero ritorno solo in 17, tra i quali una donna. Ma nessuno dei 221 bambini deportati.

E intanto Mussolini strizzava l’occhio ai musulmani

Oasi di Bugàra (Libia), 20 marzo 1937: 2.600 cavalieri ara-

bi celebrano il duce che, a cavallo, riceve la “Spa-da dell’islam”. Erano gli an-ni in cui l’Italia cercava di scalzare il dominio anglo-francese in Africa del Nord: «Dietro allo slancio del du-ce verso il mondo arabo ci fu sempre la voglia di eser-citare un ruolo di potenza mediterranea» dice Man-fredi Martelli, autore del li-bro Il Fascio e la Mezzalu-na (Settimo Sigillo). «Dagli Anni ’30 l’Italia intrattenne rapporti stretti con i movi-menti nazionalisti arabi e indiani, fornendo loro armi e denaro e sostenendone la battaglia irredentista».

Simpatia reciproca. So-prattutto in Egitto, nacque ro organizzazio-ni arabe d’ispirazione fascista. Formazioni paramilitari dalle divi-se colorate (le Camicie azzurre, le Cami cie verdi) che del fasci-smo ammiravano

l’aspetto militari-stico, la volon-

tà di rivalsa

sulle potenze occidenta-li, l’oscillare fra tradizione e progresso. Si arrivò fino all’affermazione di un’af-finità dottrinale tra fasci-smo e islamismo.Superiorità araba. Certo il crescente antisemitismo italiano generò qualche confusione (gli arabi sono semiti come gli ebrei). Per rassicurare, la stampa par-lò di “supe riorità della raz-za araba” rispetto non solo agli ebrei ma anche agli al-tri popoli di colore. Intanto s’intensificarono le inizia-tive di penetrazione cultu-rale e ideologica: la Fiera del Levante dal 1930, i con-vegni a Roma degli stu-denti asiatici nel 1933 e nel 1934, le trasmissioni in ara-bo di Radio Bari dal 1934. Dal punto di vista militare, nel 1942 si tentò di costi-tuire una Legione Araba, ma fu un fallimento.In tutto questo la religione c’entrò poco. «L’integrali-smo religioso» dice Martel-li «arrivò dopo. Sorse dalle ceneri delle continue mor-tificazioni dell’aspirazione dei popoli arabi a una pie-na indipendenza». (i. r.)

La spada dell’islamIl duce con la spada d’oro donatagli dai libici. In realtà fu forgiata in Italia.

128 S Fascismo

di ebrei”. Lia Levi e la sua famiglia furono avvertiti in tem-po e sfuggirono alla razzia del 16 ottobre 1943 nel ghetto di Roma. Mussolini era caduto, destituito dal Gran consi-glio del fascismo nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, ma la tragedia per gli ebrei italiani cominciava proprio allora. La famiglia di Luciano Tas spese fino all’ultimo centesi-mo per procurarsi documenti falsi e corrompere le guardie confinarie fasciste nella fuga verso la Svizzera. Tutti i beni mobili e immobili appartenenti agli ebrei furono confisca-ti. Nelle città della Repubblica sociale le spoliazioni non si fermarono neppure davanti agli oggetti di uso domestico: il mobilio, gli attrezzi da cucina, la biancheria personale, persino i vasi da notte furono requisiti.

Atteggiamento ambiguo. La Chiesa ufficialmente tacque, pur appoggiando l’opera dei religiosi a favore de-gli ebrei. Ma non rinunciò del tutto alle sue posizioni. Quando il governo Badoglio decise di abolire le leggi raz-ziali, nell’agosto del 1943, un incaricato del Vaticano, pa-dre Pietro Tacchi-Venturi, comunicò al maresciallo d’Ita-lia che la legislazione razziale “secondo i principi e le tradizio-ni della Chiesa cattolica, ha bensì disposizioni che vanno abroga-te (quelle sui convertiti e i matrimoni misti) ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma”. ◉

il primo momento di resistenza degli italiani, fu da moltissimi di questi accolto come qualcosa di meno grave di quanto fosse sem-brato in un primo momento”. I giornali si riempirono di attac-chi e calunnie sempre più personali e dirette ad avvocati, medici, attori e perfino sportivi ebrei. Partì la caccia al co-gnome ebraico, quasi sempre in base a criteri malamente orecchiati. Si diffusero le denunce anonime e le estorsio-ni. Peggio ancora fece il mondo della cultura: per scritto-ri, docenti, giornalisti fu l’occasione per mettersi in mo-stra, fare carriera, denaro, per sfogare rancori, per pren-dere il posto tolto al collega ebreo.

Solo con il crollo del fascismo e l’occupazione tedesca si comprese la vera natura delle leggi razziali e il Paese mo-strò il meglio, e purtroppo anche il peggio, di sé: da una parte i molti che, rischiando la deportazione o la fucilazio-ne, salvarono la vita a migliaia di ebrei nascondendoli nei conventi, nelle chiese, nelle soffitte, nei fienili, fornen-do loro documenti falsi. Dall’altra tutta una serie di col-laboratori, volenti o nolenti, che i tedeschi trovarono tra gli italiani per la realizzazione dei loro piani di sterminio. È un fatto, secondo De Felice, che “polizia, carabinieri e mili-tari, tranne casi sporadici, eseguirono passivamente gli ordini dei comandi tedeschi, compiendo arresti, rastrellamenti, traduzioni

e studenti ebrei furono espulsi dalle scuole. «Quando fui cacciato avevo appena iniziato la prima elementare e non riu scivo a capire quale colpa avessi commesso» testimonia Renato Astrologo. «Ricordo molto bene la rabbia e la ver-gogna provata». Persero la licenza perfino venditori ambu-lanti, tassisti e osti. «Per continuare a lavorare, mio padre dovette cedere a un prestanome “ariano”, ma pagandolo, la sua licenza di tagliatore di diamanti. Mio zio, commer-ciante, dovette trasformarsi in garzone di merceria» ag-giunge Luciano Tas, giornalista.

Divieti tra il tragico e il ridicolo. Tra le tante nor-me vessatorie imposte dal regime, anche il divieto di pos-sedere radio, di figurare negli elenchi telefonici, di racco-gliere lana per materassi, di gestire scuole da ballo, di ac-cedere alle biblioteche pubbliche, di pilotare aerei, di al-levare colombi viaggiatori, di appartenere a club sportivi e di avere domestiche “ariane”, perché “la razza ‘superiore’ non poteva fare servizi a quella cosiddetta inferiore” spiegava De Fe-lice. Chi poté, emigrò; altri si fecero battezzare, nella va-na speranza di sfuggire alle persecuzioni; nelle famiglie miste si crearono tragiche lacerazioni.

Se la responsabilità maggiore fu del fascismo, ribadiva De Felice, è anche vero che “l’antisemitismo, dopo che superò

Segregati nei ghetti per volere del papa

L’idea di confinare gli ebrei in quartie-ri chiusi, per sepa-

rarli dai cristiani, venne a papa Paolo IV nel 1555. In Italia i ghetti furono deci-ne, da Firenze a Ferrara, da Modena a Venezia (foto sopra), da Ancona a Man-tova, da Trieste a Gorizia.Tartassati. Per tre secoli la vita nei ghetti fu segna-ta da ogni possibile vessa-zione: pagare le guardie interne, esercitare due so-li mestieri (commerciare stracci e prestare denaro, quest’ultimo perché vie-tato ai cristiani), portare un segno distinti vo, assi-stere alle prediche conver-sionistiche, mante nere la casa dei catecumeni (gli ebrei convertiti). Le restri-zioni variavano a seconda

degli umori dei papi, del-le circostanze politiche o economiche, dei rapporti tra Stati e Chiesa. In alcu-ne città, come Milano, un ghetto non ci fu mai per-ché agli ebrei era vietato soggiornarvi. A Livorno, invece, i Medici concesse-ro agli ebrei ogni libertà perché con i loro commer-ci arricchivano la città.Espulsi. Nel 1569 Pio V or-dinò agli ebrei dello Stato della Chiesa, salvo quelli di Roma e Ancona, di lasciare le loro terre. Molti emigra-rono negli Stati vicini, altri si rifugiarono nelle due cit-tà e nei loro nomi rimase il ricordo di quella espulsio-ne: Di Cori, Di Nepi, Raven-na, Modena, Tagliacozzo. L’ultimo ghetto, a Roma, fu abolito nel 1870.

Precettati per decretoEbrei al lavoro sul greto del Tevere, a Roma. Nel 1942 fu decretato il lavoro coatto per uomini e donne ebrei: furono destinati ai lavori pesanti.

I loro documentI avevano la dIcItura “razza ebraIca”.ma Il paSSaporto no, per SpIngere a emIgrare

Esclusi da tuttoSopra, manifesto sulle leggi del novembre 1938, che escludevano gli ebrei dagli uffici pubblici. A destra, una circolare del Club alpino italiano che limitava l’iscrizione ai soli “ariani” e una lettera della Siae che bandiva gli autori ebrei.