prologo dell'ordinatio

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BEATO GIOVANNI DUNS SCOTO Prologo dell'Ordinatio Traduzione italiana con testo originale a fronte A cura del Seminario Teologico "Immacolata Mediatrice" dei Frati Francescani dell'Immacolata Premessa di P. Peter Damian M. Fehlner, FI Introduzione di P. Alessandro M. Apollonio, FI CASA MARIANA EDITRICE

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Page 1: Prologo dell'Ordinatio

BEATO GIOVANNI DUNS SCOTO

Prologo dell'Ordinatio

Traduzione italiana con testo originale a fronte

A cura del Seminario Teologico "Immacolata Mediatrice"dei Frati Francescani dell'Immacolata

Premessa di

P. Peter Damian M. Fehlner, FI

Introduzione di

P. Alessandro M. Apollonio, FI

CASA MARIANA EDITRICE

Page 2: Prologo dell'Ordinatio

Testo latino tratto da IOANNIS DUNS SCOTI, Opem Omnia,Ordinatio, Prologus, Città del Vaticano, 1950, voI. I, pp. 1­237.

Nihil Obstat ex parte ordinis quominus opus cui titulus:"Prologo dell'Ordinatio"

Imprimatur:Pater Stephanus M. ManelliMin. Gen. FIData: 8 settembre 2006

Collana:"QUADERNI DI STUDI SCOTlsn"

Direttore responsabile:P. PETER DAMIAN M. FEHLNER, FI

Sede:Frati Francescani dell'ImmacolataSantuario "Madonna delle Indulgenze"CasalucenseSant'Elia Fiumerapido (FR)

© Copyright 2006 Casa Mariana Editricevia dell 'Immacolata,83040 Frigento (AV)tel.lfax 0825-444415

ISBN 88-901-7703-9

Page 3: Prologo dell'Ordinatio

PrologodeII'Ordinatio

Page 4: Prologo dell'Ordinatio

PARSPRIMA

DE NECESSITATE DOCTRINAE REVELATAE

QUAESTIO UNICA

UTRUM HOMINI PRO STATU ISTO SIT NECESSARIUM ALIQUAM

DOCTRINAM SUPERNATURALITER INSPIRARI

[1] Quaeritur utrum homini pro statu isto sit necessarium ali-quam doctrinam specialem supernaturaliter inspirari, ad quamvidelicet non posset attingere lumine naturali intellectus l. Etquod non, arguo sic: omnis potentia habens aliquod communepro primo obiecto, potest naturaliter in quodlibet contentumsub ipso sicut in per se obiectum naturale. Hoc probatur perexemplum de primo obiecto visus et aliis contentis sub illo, etita inductive in aliis obiectis primis et potentiis. Probatur etiamper rationem, quia primum obiectum dicitur quod est adaequa­tum cum potentia; sed si in aliquo esset ratio eius, scilicet pri­mi obiecti, circa quod non posset potentia habere actum, nonesset potentia adaequata, sed obiectum excederet potentiam.Patet igitur maior. Sed primum obiectum intellectus nostri na­turale est ens in quantum ens; ergo intellectus noster potestnaturaliter habere actum circa quodcumque ens, et sic circaquodcumque intelligibile non-ens, quia negatio cognosciturper affirmationem2

. Ergo etc. Probatio minoris, Avicenna I Me­taphysicae cap. 5: «Ens et l'es prima impressione in animam

l Cf. DUNS SCOTUS, Leetllra, pro!., pars l, q. un.2 Cf. ARISTOT., Ano/. Post., I, c. 24 [ t. 40] (A c. 25, 86b 34-35).

2

PARTE PRIMA

LA NECESSITÀ DELLA DOTTRINA RIVELATA

QUESTIONE UNICA

SE È NECESSARIO CHE ALL 'UOMO SIA RIVELATA

SOPRANNATURALMENTE UNA QUALCHE DOTTRINA

Si ricerca se è necessario che all'uomo, nel presente stato, [1]sia soprannaturalmente comunicata, per divina ispirazione [in­spirari], una qualche dottrina speciale alla quale, cioè, egli nonpossa giungere con il lume naturale dell'intelletto.

Sembra di no, per le seguenti ragioni.(a) Ogni facoltà, avente qualche ente comune come oggetto

primo, ha naturalmente potere di percezione su qualsiasi cosache è contenuta al di sotto dello stesso, come sull'oggetto natu­rale per sé. Questo si prova con l'esempio dell' oggetto primodella vista e delle altre cose contenute sotto di esso e così, inmodo induttivo, con ciò che è contenuto in altri oggetti primi enelle facoltà [corrispondenti]. Lo si prova anche con la ragioneperché è detto "oggetto primo" ciò che è adeguato alla facoltà;ma se in qualcosa ci fosse la ragione dell'oggetto primo, e lafacoltà non potesse avere il suo atto circa tale oggetto, la facol­tà non sarebbe adeguata, poiché l'oggetto sarebbe eccedente lastessa facoltà. La maggiorea è dunque evidente l .

l Il Beato Scoto procede normalmente seguendo il metodo sillogistico,secondo cui ogni ragionamento corretto dev'esser composto da due premes­se -legate tra loro da un termine medio -, e una conclusione che compongao disgiunga tra loro gli estremi delle due premesse. Ora, la prima premessa,

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Page 5: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

imprimuntur, nec possunt manifestari ex aliis»3; si autem essetaliquid aliud ab istis primum obiectum, ista possent manifesta­ri per rationem eius; sed hoc est impossibile.

[2J Praeterea, sensus non indiget aliqua cognitione supernatu-rali pro statu isto; ergo nec intellectus. Antecedens patet. Pro­batio consequentiae: «Natura non deficit in necessariis», IIIDe anima

4; et si in imperfectis non deficit, multo magis nec

in perfectis; ergo si non deficit in potentiis inferioribus quan­tum ad necessaria earum propter actus suos habendos et finemearum consequendum, multo magis nec deficit in necessariispotentiae superiori ad actum suum et finem consequendum.Ergo etc5•

3 AVICENNA, Metaph., l, c. 6 (72 rb).

4 ARISTOT., De an., lll, t. 45 (f c. 9, 432b 21-32).5 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 1, q. 4, argo 2. 4 (l f. IlA).

4

PARTE PRIMA

(b) Ma l'oggetto primo naturale della nostra intelligenza èl'ente in quanto ente; dunque il nostro intelletto può natural­mente conoscere [habere actumJ qualsiasi ente e quindi anchequalsiasi non-ente intelligibile, perchè la negazione si conosceattraverso l'affennazione. Dunque, ecc. La prova della mino­reb si ha da Avicenna, libro I, cap. 5, de La metqfisica: «L'entee la cosa sono impressi nell' anima con la prima impressione,e non possono essere manifestati da altro»; se invece qualcosadi diverso da questi2 fosse l'oggetto primo, l'ente e la cosapotrebbero essere manifestati mediante la ragione di questooggetto primo; ma ciò è impossibile.

Inoltre, il senso non ha bisogno di alcuna conoscenza so- [2Jprannaturale nel presente stato, dunque nemmeno l'intelletto.L'antecedente è evidente. Prova della conseguenza: «La naturanon viene meno nelle cose necessarie», libro III de L'anima;e se non è manchevole nelle cose imperfette, tanto più [nonmancheràJ in quelle perfette; dunque, se la natura non è defi­ciente nelle facoltà inferiorì3 quanto alle cose loro necessarieper avere i propri atti e per conseguire il loro fine, molto piùnon sarà mancante delle cose necessarie alla facoltà superiore4

per realizzare il suo atto ed il conseguimento del fine. Dun-que...

ordinariamente, è detta maggiore, la seconda minore. Per facilitare la loroidentificazione, laddove ve ne fosse l'utilità, si sono contraddistinte le duepremesse con lettere tra parentesi: (a) la maggiore; (b) la minore. Quando,nel corso dell' argomentazione, vi è il riferimento ad una premessa, la lette­ra cOITispondente è messa in esponente, per es. a.

2 Ossia l'ente e la cosa. Per «ente e la cosa» si può intendere l'ente inquanto ente e l'essenza della cosa materiale, ovvero l'oggetto proprio el'oggetto primo della conoscenza.

3 Ossia, il senso interno ed esterno, ecc.4 Ossia, l'intelletto.

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Page 6: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[3] Praeterea, si aliqua talis doctrina sit necessaria, hoc est quiapotentia in puris naturalibus est improportionata obiecto ut siccognoscibili; ergo oportet quod per aliquid aliud a se fiat eiproportionata. Illud aliud aut est naturale, aut supernaturale;si naturale, ergo totum est improportionatum primo obiecto; sisupernaturale, ergo potentia est improportionata illi, et ita peraliud debet proportionari, et sic in infinitum. Ergo cum non sitprocedere in infinitum, II Metaphysicae6, oportet stare in pri­mo, dicendo quod potentia intellectiva sit proportionata omnicognoscibili et secundum omnem modum cognoscibilis. Ergoetc7

.

[4] Ad oppositum: Omnis doctrina divinitus inspirata utilis estad arguendum (2 Tm 3,16) etc. Praeterea, de sapientia dicitur:Non est qui possit scire vias eius, sed qui scit universa noviteam (Bar 3,31-32); ergo nullus alius potest habere eam nisi asciente universa. Hoc quantum ad necessitatem eius. De factoautem subdit: Tradidit eam Iacob puero suo et Israel dilectosuo (Bar 3, 37), quantum ad Vetus Testamentum; et sequitur:Post haec in terris visus est et cum hominibus conversatus est(Bar 3,38), quantum ad Novum Testamentum.

6 Cf. ARrSTOT., Metaph., II, t. 5 -13 (a c. 2, 994a l-994b 31).7 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 3, q. 5, argo 2 (I f. 29S).

6

PARTE PRIMA

Inoltre, se una tale dottrina5 fosse necessaria, ciò sarebbe [3]perché la facoltà nella sua realtà puramente naturale non èproporzionata alla conoscenza dell' oggetto come tale; dunqueè necessario che diventi proporzionata ad esso per mezzo diqualcosa di diverso da sé. Quest'altra causa [illud aliudJ o è na­hlrale o soprannaturale; se naturale, è dunque totalmente spro­porzionata all'oggetto primo; se è soprannaturale, la facoltà èsproporzionata a quel mezz06

, per cui dev'esser proporzionataper mezzo di qualcos'altro, e così via all'infinito. Dunque, nonessendo giusto procedere all'infinito, come dice Aristotele nellibro II, de La metafisica, bisogna stare alla prima affermazio-ne, e dire che la facoltà intellettiva è proporzionata ad ogni co­noscibile secondo ogni suo modo. Dunque ... [non è necessariauna dottrina rivelata in modo soprannaturale].

In contrario: [4]«Ogni dottrina divinamente ispirata è utile per insegnare»

ecc. (II Tim 3, 16)7.Inoltre, in Bamc, 3, è detto della Sapienza: «Non c'è nes­

suno che possa conoscere le sue vie, ma chi conosce tutte lecose la conosce»8; dunque nessun altro può possederla se noncolui che conosce ogni cosa. Questo quanto alla necessità diuna dottrina divinamente ispirata [eius]. Quanto all'esistenzadi fatto di tale dottrina, relativamente all'Antico Testamento,Bamc afferma:«La diede a Giacobbe suo figlio, a Israele suo

5 Ossia, la dottrina soprannaturalmente ispirata.6 Ossia, all' altra causa «intermedia».7 «Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, con­

vincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia com­pleto e ben preparato per ogni opera buona» (II Tim 3, 16).

8 «Nessuno conosce la sua via, nessuno pensa al suo sentiero. Ma coluiche sa tutto, la conosce e l'ha scrutata con l'intelligenza» (Bar 3, 31-32).

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Page 7: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

I. - CONTROVERSIA INTER PHILOSOPHOS ET THEOLOGOS

[5] In ista quaestione videtur controversia inter philosophos ettheologos. Et tenent philosophi perfectionem naturae, et ne­gant perfectionem supernaturalem; theologi vero cognoscuntdefectum naturae et necessitatem gratiae et perfectionem su­pernaturalem.

A. - OPINIO PHILOSOPHORUM

Diceret igitur philosophus quod nulla est cognitio super­naturalis homini necessaria pro statu isto, sed quod omnemcognitionem sibi necessariam posset acquirere ex actione cau­sarum naturalium8• Ad hoc adducitur simul auctoritas et ratiophilosophi ex diversis locis.

[6] Primo illud III De anima, ubi dicit quod «intellectus agensest quo est omnia facere, et possibilis est quo est omnia fieri».Ex hoc arguo sic: activo naturali et passivo simul approximatiset non impeditis sequitur actio necessario9, quia non dependetessentialiter nisi ex eis tamquam ex causis prioribus; activumautem respectu omnis intelligibilis est intellectus agens, etpassivum est intellectus possibilis, et haec sunt naturaliter inanima, nec sunt impedita. Patet. Ergo virtute naturali istorum

8 Cf. AVERRoEs, Metaph., II, com. 1; De an., 111, com. 36; cf. etiam HEN­RICUS GAND., Summa, a. 4, q. 5, in corpo (I f. 33E. 32B).

9 Cf. ARISTOT., Metaph., IX, t. lO (8 c.5, 1048a 5-7).

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PARTE PRIMA

diletto»9, e aggiunge: «Dopo queste cose è apparsa sulla terraed ha abitato con gli uomini»lO, in relazione al Nuovo Testa­mento.

I. - CONTROVERSIA TRA I FILOSOFI E I TEOLOGI

In questa questione sembra che ci sia disaccordo tra filosofi [5]e teologi. I filosofi sostengono la perfezione della natura, e ne­gano la perfezione soprannaturale; i teologi, invece, conosco-no i difetti della natura, la necessità della grazia e la perfezionesoprannaturale.

A. - OPINIONE DEI FILOSOFI

Il filosofo direbbe, dunque, che nessuna conoscenza sopran­naturale è necessaria all'uomo nel presente stato, ma che eglipossa acquisire ogni conoscenza necessaria a sé tramite l'azio­ne delle cause naturali. Per provare ciò viene addotta l'autoritàe l'argomentazione del Filosofo, che ha parlato di ciò in diver­SI passI.

Innanzi tutto nel libro III de L'anima, dove dice che «l'in- [6]telletto agente è ciò per cui sono fatte tutte le cose [sul pianointenzionale], e l'intelletto possibile è quello per cui diven­gono tutte le cose»l1. Di qui la seguente argomentazione: ad

9 «Egli ha scrutato tutta la via della sapienza e ne ha fatto dono a Gia­cobbe suo servo, a Israele suo diletto» (Bar 3, 37).

IO «Per questo è apparsa sulla tena e ha vissuto fra gli uomini» (Bar 3,38).

Il «xnì fa1'w 6 Ilèv 1'owiÌ't'oç voùç 't'C{> nàv't'11 Y VWlJ~tE 6 aè1'<{> nàv1'~ notetv» (ARISTOTELE, De ano, III, t. 18 (1 C. 5, 430a 14-15).S. Tommaso, riguardo all'intelletto agente e possibile, si esprime nei se-

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Page 8: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

potest sequi actus intelligendi respectu cuiuscumque intelligi­bilis 1o

[7] Confirmatur ratione: omni potentiae naturali passivae cor-respondet aliquod activum naturale, alioquin videretur poten­tia passiva esse frustra in natura si per nihil in natura possetreduci ad actum; sed intellectus possibilis est potentia passivarespectu quorumcumque intelligibilium; ergo correspondetsibi aliqua potentia activa naturalis II. Sequitur igitur proposi­tum. Minor patet, quia intellectus possibilis naturaliter appe­tit cognitionem cuiuscumque cognoscibilis; naturaliter etiamperficitur per quamcumque cognitionem; igitur est naturaliterreceptivus cuiuscumque intellectionis.

[8] Praeterea, VI Metaphysicae distinguitur habitus speculati-vus in mathematicam, physicam et metaphysicam; et ex proba­tione eiusdem, ibidem, non videtur possibile esse plures habitusesse speculativos, quia in istis consideratur de toto ente, et inse et quoad omnes partes l2

• Sicut autem non posset esse aliqua

IO Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. l, q. 5 ad 2 (f. 15t); a. 3, q. 2, argo l,et in corp.(f. 28E-F).

Il Cf. ARISTaT., De an., III, t. 17 (f' C. 5, 430a 10-14); Metaph. V, t. 17(~ C. 12, l 019a 15-1019b 15); De caelo, I, t. 32 (A C. 4, 271a 32-33); AVER­ROES, Metaph., II, com. 1.

12 ARISTOT., Metaph., VI, t. 2 (E C. 1,1026 a 18-19); et t. 1-2 (col. 1025b 3-1026 a 19).

lO

PARTE PRIMA

un [principio] attivo naturale e ad un [principio] passivo con­giunti insieme e non impediti, segue necessariamente un'azio­ne, perché questa non dipende essenzialmente se non da loro,intese come cause prime; il [principio] attivo, dunque, rispettoad ogni intelligibile, è l'intelletto agente, mentre il passivo èl'intelletto possibile; questi [principi] si trovano naturalmentenell'anima, e [perciò] non sono impediti. È evidente. Dunque,per la capacità naturale di questi [principi], può seguire un attodi intelligenza rispetto a qualsiasi intelligibile.

La tesi è confermata dalla seguente ragione: (a) ad ogni fa- [7]coltà naturale passiva corrisponde una [facoltà] naturale attiva,altrimenti la facoltà passiva in natura sembrerebbe vanificata,se nulla in natura la potesse ridurre all'atto; (b) ma l'intellettopossibile è una facoltà passiva rispetto a qualunque intelligi­bile; dunque corrisponde ad esso una qualche facoltà naturaleattiva. È confermata, dunque, la tesi. La minoreh si evidenziadal fatto che l'intelletto possibile è naturalmente proteso allaconoscenza di qualunque intelligibile, ed è naturalmente per­fezionato per mezzo di qualsiasi conoscenza; dunque recepi-sce naturalmente qualsiasi [tipo di] conoscenza intellettiva.

Inoltre, nel libro VI de La metqfisica, l'abito speculativo si [8]distingue in matematica, fisica e metafisica; e dalla dimostra­zione di ciò, nello stesso luogo, non sembra possibile che cisiano [oltre a questi] altri abiti speculativi, perché in questi si

guenti termini, citando Aristotele, libro III de L'anima: «Aristotele insegnache l'intelletto possibile è la potenza a diventare tutte le cose, e l'intellettoagente la potenza a far diventare tutte le cose» (cf. SAN TOMMASO D'AQUINo,La Somma Teologica, I, q. 88, a. l, risposta al sesto, ed. Salani, trad. it. acura dei Domenicani italiani, Firenze 1956, voI. VI, p. 126); ancora: «Diceil Filosofo che come nella natura, così anche nell'anima, vi è un principioper cui essa è in potenza a diventare tutte le cose, e un principio, per cuitutto rende attuale. Si deve dunque ammettere un intelletto agente» (cf. Id.,I, q. 79, a. 3, risposta al quinto, ed. cit., p. 314).

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Page 9: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

speculativa alia ab istis, sic nec posset esse aliqua alia practicaa practicis acquisitis activis et factivis. Ergo scientiae practicaeacquisitae sufficiunt ad perficiendum intellectum practicum etspeculativae acquisitae sufficiunt ad perficiendum intellec~lmspeculativum13.

[9] Pra~terea, potens naturaliter intelligere principium, potestnaturallter cognoscere conclusiones inclusas in principio. Rancconcl.u~ion~mprobo, quia scientia conclusionum non depen­det mSI ex mtellectu principii et deductione conclusionum exprincipio, sicut patet ex definitione 'scire' I Posteriorum 14; seddedu~t.io est ex se manifesta, sicut patet ex syllogismi perfectidefimtlOn.e I Prioruml5

, quia «nullius est indigens ut sit vel ap­pareat eVIdenter necessarius»; igitur si principia intelligantur,habentur omnia quae sunt necessaria ad scientiam conclusio­nis. Et sic patet maior.

[lO] ~ed ~aturaliter intelligimus prima principia, in quibus vir-tuallter I~cluduntur omnes conclusiones; ergo naturaliter pos­sumus SClre omnes conclusiones scibiles.

.Probatio primae partis minoris: quia termini principiorumpnmorum sunt communissimi, igitur illos naturaliter possu-

. 13 Cf. HENRICUS GAND., SUlJ1ma, a. 2, q. 3, in corpo (f. 24M); a. 3, q. 3,m corpo et argo 2 (f. 29L. K). - THOMAS, De vel'itate, q. 14, a. lO argo 3 (ed.Pannen. IX 242b).

14 ARlSTaT., Ana!. Post., I, C. 2 [t. 5J (A C. 2 7 l b 9-12).15 ARISTOT., Anal. PriOl:, I, C. l (A C. l 24b 22- 24).

12

PARTE PRIMA

considera l'ente nella sua totalità, ossia in se stesso e in tuttele sue parti. Come non ci potrebbe essere alcuna [scienza] spe­culativa oltre a questi [abiti speculativi], così non ci potrebbeessere alcun'altra [scienza] pratica diversa da quegli [abiti]pratici acquisiti, attivi e fattivi [activis et jactivis]. Dunque,le scienze pratiche acquisite sono sufficienti alla perfezionedell 'intelletto pratico, e [le scienze] speculative acquisite sonosufficienti alla perfezione dell'intelletto speculativo.

Inoltre, (a) colui che può naturalmente conoscere intellet- [9]tivamente il principio, può naturalmente conoscere le conclu­sioni contenute nel principio. Provo questa deduzione: la cono­scenza delle conclusioni non dipende se non dalla conoscenzadel principio e dalla deduzione delle conclusioni dal principio,come risulta evidente dalla definizione di «conoscere» che sitrova in Aristotele, libro I degli Analitici posteriori; ma la de­duzione è manifesta per se stessa, come risulta evidente dalladefinizione del sillogismo perfetto data da Aristotele, nel libroI degli Analitici primi, poiché esso «non manca di nulla af­finché sia o appaia evidentemente necessario»; dunque, se siconoscono i principi, si ha tutto il necessario per conoscere leconclusioni. E così è provata la maggiorea

(b 1) Ma con le nostre capacità naturali noi conosciamo [lO]intellettivamente i primi principi, (b2) nei quali virtualmentesono incluse tutte le conclusioni. Dunque, possiamo natural­mente conoscere tutte le conclusioni conoscibili.

Provo la prima pmie della minoreb1 : poiché i termini dei pri­mi principi sono comunissimi, dunque li possiamo conoscerenaturalmente, come risulta da Aristotele, nel libro I de La fisi­ca secondo cui le cose comunissime sono conosciute imme-,

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Page 10: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

mus intelligere, quia ex I Physicorum l6 communissima primointelliguntur; «principia autem cognoscimus et intelligimusin quantum tenninos cognoscimus», I Posteri07'um 1?; ergoprima principia possumus naturaliter conoscerel 8•

[l1J Probatio secundae partis minoris: quia termini primorumprincipiorum sunt communissimi, igitur quando distribuuntur,distribuuntur pro omnibus conceptibus inferioribus; accipiun­tur autem tales termini universaliter in primis principiis, et itaextendunt se ad omnes conceptus particulares, et per conse­quens ad extrema omnium conclusionum specialium.

B. - IMPROBATIO OPINIONIS PmLosoPHORUM

[12J Contra istam positionem tripliciter potest argui.Nota, nullum supernaturale potest ratione naturali ostendi

inesse viatori, nec necessario requiri ad perfectionem eius;nec etiam habens potest cognoscere illud sibi inesse. Igiturimpossibile est hic contra Aristotelem uti ratione naturali: siarguatur ex creditis, non est ratio contra philosophum, quiapraemissam creditam non concedet. Unde istae rationes hicfactae contra ipsum alteram praemissam habent creditam velprobatam ex credito; ideo non sunt nisi persuasiones theolo­gicae, ex creditis ad creditum.

16 ARISTOT., Physic., l, t. 3 (A c. 1 184a 21-22).17 ARlSTOT., Anal. post., l, c. 3, [t. 6] (A c. 3 72b 23-25).18 Cf. HENRlCUS GAND., Summa, a. 6, q. 1, argo l, (l f. 42A).

14

PARTE PRlMA

diatamente [primo ]12; orbene, ancora secondo Aristotele, nellibro I degli Analitici posteriori, «noi conosciamo e compren­diamo i primi principi in quanto conosciamo i [loroJ termini»;dunque possiamo conoscere naturalmente i primi principi.

Provo la seconda parte della minoreb2 : i termini dei primi [11 Jprincipi sono comunissimi, dunque quando sono 'distribuiti' 13,

lo sono su tutti i concetti inferiori; tali termini sono usati uni­versalmente nei primi principi, e così si estendono a tutti i con-cetti particolari, e di conseguenza anche agli estremi di tutte leconclusioni speciali.

B. - CONFUTAZIONE DELL'OPINIONE DEI FILOSOFI

Contro questa posizione si può argomentare in tre modi. [12JNota bene: non si può dimostrare, per mezzo della ragione na­turale, che ci sia alcunché di soprannaturale nel viatore, né cheil soprannaturale si richieda necessariamente alla sua perfezio-ne; e nemmeno colui che possiede [il soprannaturaleJ può co-

12 Primo è, per Duns Scoto, l'avverbio che dice riferimento ad una serieordinata di cause di cui la prima influisce su tutte le altre, senza esserneinfluenzata a sua volta. Più genericamente, "primo" sta per "immediata­lnente".

13 A questa argomentazione risponde Duns Scoto avanti, ai nn. 86-87. Inlogica, si ha la distribuzione di un termine universale quando esso è riferitoseparatamente ai soggetti che costituiscono la sua estensione: «La distribu­zione [in logica] è la moltiplicazione di un termine comune fatta per mezzodi un segno universale. Ad es. quando si dice "ogni uomo" viene distribuitoo scambiato per ogni suo termine inferiore tramite il segno "ogni"; e cosìvi si trova la moltiplicazione comune. Dico poi "termine comune" perché iltermine singolare non può esser distribuito. Infatti, le seguenti espressionisono incoerenti: "ogni Socrate", "ogni Platone", e altre simili» (cf. PETRUSHISPANUS, Tractatus, tI'. 12, ed. L. M. De Rijk, Assen 1972, p. 209 ss.).

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Page 11: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[13] Prima ratio principalis - Primo sic: omni agenti per cogni-tionem necessaria est distincta cognitio sui finis 19• Ranc probo,quia omne agens propter finem agit ex appetitu finis20; omneper se agens agit propter finem21

; igitur omne per se agens suomodo appetit finem. Igitur sicut agenti naturali est necessa­rius appetitus finis propter quem debet agere, ita agenti percognitionem - quod etiam est per se agens, ex II Physicorum22

- necessarius est appetitus sui finis propter quem debet agere23 •

Patet ergo maior.Sed homo non potest scire ex naturalibus finem suum di­

stincte; igitur necessaria est sibi de hoc aliqua cognitio su­pernaturalis24 •

19 Cf. THOMAS, S. theo/., I, q. 1, a. 1, in corpo (IV 6b).20 Cf. ARISTOT., Metaph., II, t. 8 (o. C. 2, 994b 13-14).21 Cf. ARISTOT., Physic., II, t. 49 (B C. 5 196b 17-22).22 Cf. ARISTOT., Physic., II, t. 49 (B C. 5 196b 17-22).23 Cf. HENRICUS GAND., SUlIlllla, a. 4, q. 3, in corpo (I f. 3lN-320).24 Cf. THOMAS, S. theol., I, q. 1, a. 1, in corpo (IV 6b); HENRICUS GAND.,

SUlIlllla, a. 4, q. 5, in corpo (I f. 32B-33E).

16

PARTE PRIMA

noscere che quello si trova dentro di lui. Dunque, è impossibileargomentare su questo punto contro Aristotele per mezzo dellaragione naturale: se poi si argomentasse a partire dalle veritàdi fede, ciò non sarebbe una ragione valida contro il filosofo,perché egli non concederebbe le premesse di fede. Ne conse­gue che queste ragioni qui esposte contro lo stesso [filosofo],avendo una premessa creduta [per fede] o fondata su ciò che sicrede [per fede]; sono solo persuasioni teologiche, che partonoda verità di fede, e giungono ad altre verità di fede.

Prima ragione principale (a) A chiunque agisce con co- [13]gnizione, è necessaria la conoscenza distinta del proprio fine.Provo questo: chiunque agisce per un fine, agisce [mosso] daldesiderio del fine; chiunque agisce per sé, agisce per un fine;dunque, chiunque agisce per sé, tende a suo modo verso ilfine.

Dunque, come all'agente naturale è necessaria l'inclinazio­ne verso il fine [appetitus finis] per il quale deve agire, così al­l'agente consapevole - che è anche agente per sé, come è dettoda Aristotele, nel libro II de La fis ica - è necessaria l' inclina­zione al suo fine per il quale deve agire. Dunque la maggiore èevidente.

(b) Ma l'uomo non può conoscere con le facoltà naturali, inmodo distinto, il suo fine proprio; dunque, per conoscerlo [dehoc] gli è necessaria una certa cognizione soprannaturale.

17

Page 12: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[14] Minor patet: primo, quia Philosophus sequens naturalemrationem aut ponit felicitatem esse perfectam in cognitioneacquisita substantiarum separatarum, sicut videtur velle I et

X Ethicorum25, aut si non determinate asserat illam esse su­

premam perfectionem nobis possibilem, aliam ratione naturalinon concludit, ita quod soli naturali rationi innitendo vel er­rabit circa finem in particu1ari vel dubius remanebit26; unde IEthicoru111 dubitando ait: «Si quod est deorum donum, rationa­bile est felicitatem esse»27.

[15] Secundo probatur eadem minor per rationem, quia nulliussubstantiae finis proprius cognoscitur a nobis nisi ex actibuseius nobis manifestis ex quibus ostenditur quod talis finis sitconveniens tali naturae; nullos actus experimur nec cognosci­mus inesse nostrae naturae pro statu isto ex quibus cognosca­mus visionem substantiarum separatarum esse convenientemnobis; igitur non possumus naturaliter cognoscere distinctequod ille finis sit conveniens naturae nostrae28.

[16] Hoc saltem certum est quod quaedam condiciones finispropter quas est appetibilior et ferventius inquirendus nonpossunt determinate cognosci ratione naturali. Etsi enim dare­tur quod ratio sufficeret ad probandum quod visio Dei nuda etfruitio est finis hominis, tamen non concludetur quod ista per­petuo convenient homini perfecto, in anima et corpore, sicut

25 ARISTOT., Eth. ad Nic., I, c. 9 (A c. 6, I 097b-1 098a 20); X, c. 8 (K c. 7,1177a l2-l177b I); c.1O (c. 8, 1178b 7-32; c. 9, ll79a 22-32).

26 Adnotatio DUlls Scoti: Hoc est creditum.

27 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. l, q. 12, in corpo (f. 21 I); a. 4, q. 5, incorpo et ad 5 (f. 33B. I); a. 3, q. 3 in corpo (f. 29L).

28 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 4, q. 5, in corpo (I f. 32B-33D).

18

PARTE PRIMA

La minoreb è evidente: primo, perché il Filosofo seguendo [14]la ragione naturale o ammette che la felicità sia perfetta nel-la conoscenza acquisita delle sostanze separate, come sembravolere nel I e nel X libro dell 'Etica, oppure, se non afferma inmodo preciso che tale conoscenza sia la suprema perfezionepossibile per noi, non arriva con la sola ragione naturale adammettere un'altra [felicità perfetta], così che, appoggiandosialla sola ragione naturale, o sbaglierà circa il fine in particolareo rimarrà nel dubbio; così che nel libro I dell'Etica, dubitandodice: «Se vi è qualche dono da parte degli dei, è ragionevoleche esso sia la felicità».

In secondo luogo si prova la stessa minore con la ragione: [15]noi non possiamo conoscere il fine proprio di nessuna sostan-za se non dai suoi atti14 a noi noti, dai quali traspare che talefine sia conveniente a tale natura. Orbene noi non sperimen­tiamo né conosciamo alcun atto come proprio [inesse] dellanostra natura, nel presente stato, dal quale si possa conoscereche la visione delle sostanze separate sia conveniente per noi;dunque, non possiamo conoscere distintamente, con le facoltànaturali, se quel fine sia conveniente alla nostra natura.

Almeno questo è certo: che certe condizioni del fine a mo- [16]tivo delle quali esso è più attraente e da ricercarsi più intensa­mente, non possono essere conosciute in modo determinatodalla ragione naturale. Infatti, anche se si ammettesse che laragione sia sufficiente per provare che la pura [nuda] visionee la fruizione di Dio costituiscono il fine dell'uomo, tuttavianon si potrà concludere che queste convengano in perpetuo al­l'uomo perfetto, in anima e corpo, come sarà detto nel libro IValla distinzione 43. Tuttavia, la perpetuità di un bene siffatto, èla condizione che conferisce al fine maggiore "appetibilità" di

14 Ossia, gli atti della sostanza.

19

Page 13: Prologo dell'Ordinatio

PARTE PRIMA

dicetur in IV distinctione 4329• Et tamen perpetuitas huiusmodi

boni est condicio reddens finem appetibiliorem quam si essettransitorium. Consequi enim hoc bonum in natura perfecta estappetibilius quam in anima separata, sicut patet per Augusti­num XII Super Genesim30

• Istas igitur et similes condicionesfinis necessarium est nosse ad efficaciter inquirendum finem,et tamen ad eas non sufficit ratio naturalis; igitur requiriturdoctrina supernaturaliter tradita.

[17] Secunda ratio principalis - Secundo sic3I: omni cogno-

scenti agenti propter finem necessaria est cognitio quomodo etqualiter acquiratur talis finis; et etiam necessaria est cognitioomnium quae sunt ad illum finem necessaria; et tertio neces­saria est cognitio quod omnia illa sufficiunt ad talem finem.Primum patet, quia si nesciat quomodo et qualiter finis acqui­ratur, nesciet qualiter ad consecutionem ipsius se disponet. Se­cundum probatur, quia si nesciat onmia necessaria ad ipsum,propter ignorantiam alicuius actus necessarii ad ipsum poterita fine deficere. Si etiam, quantum ad tertium, nesciantur illanecessaria sufficere, ex dubitatione quod ignoret aliquid ne­cessarium, non efficaciter prosequetur illud quod est necessa­rium.

[18] Sed haec tria non potest viator naturali ratione cognoscere.Probatio de primo, quia beatitudo confeltur tamquam prae­mium pro meritis quae Deus acceptat tamquam digna tali prae-

29 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, IV, d. 43, q.2, n. [32].30 AUGUST., De Cen. ad Zitt., XII, c. 35, n. 68 (PL 34, 483-484; CSEL

XXVIII pars II 432, 15-433, 11).31 Adnotatio DUl1s Scoti: haec procedit de contingentibus; ergo non de

scibilibus.

20

PARTE PRIMA

quanta non ne avrebbe se fosse transitorio. Conseguire, infatti,questo bene in una natura perfetta è più desiderabile che nonnell' anima separata, come risulta da sant'Agostino nel libroXII sulla Genesi. Dunque, è necessario conoscere queste ed al­tre condizioni del fine per perseguirlo efficacemente, e tuttavia[per giungere] ad esse non basta la ragione naturale; dunque ènecessaria una dottrina trasmessa in modo soprannaturale.

Seconda ragione principale (a) Ad ogni essere dotato [17]di conoscenza, che agisce per conseguire il fine, è necessariala conoscenza delle modalità [quomodo et qua/iter] per conse-guire il fine; (b) è anche necessaria la conoscenza di tutte quel-le cose che sono necessarie in ordine a quel fine; (c) in terzoluogo è necessario sapere che tutte quelle cose sono sufficientiin ordine a tale fine. Il primo puntoa è evidente, perché se nonsi conoscono le modalità per conseguire il fine, non si saprànemmeno come disporsi per conseguirlo. Il secondo puntob siprova perché se non si conoscesse tutto ciò che è necessario alfine [ipsum], per l'ignoranza di qualche atto necessario al suoconseguimento, si potrà venir meno e non conseguire il finestesso. Quanto al terzo puntoC

, se non si sapesse che quellecose necessarie sono anche sufficienti, per il dubbio di ignora-re qualcosa di necessario, senza efficacia si seguirà ciò che ènecessario.

Ma l'uomo viatore non può conoscere queste tre cose con [18]la ragione naturale. Quanto alla primaa, lo si prova così: la bea­titudine è conferita come premio per i meriti che Dio accettacome degni di tale premio, e di conseguenza [essa] non segue inostri atti, di qualsiasi tipo essi fossero, per naturale necessità,ma è data in modo contingente da Dio, il quale accetta alcu-ni atti come meritori in ordine al premio [ad ipsum]. Ciò nonè conoscibile naturalmente, come sembra [probabile], perché

21

Page 14: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

mio, et per consequens non naturali necessitate sequitur ad ac­tus nostros qualescumque sed contingenter datur a Deo, actusaliquos in ordine ad ipsum tamquam meritorios acceptante32 •

Ishld non est naturaliter scibile, ut videtur, quia hic etiam er­rabant philosophi, ponentes ornnia quae sunt a Deo immediateesse ab eo necessari033

• Saltem alia duo membra sunt manife­sta: non enim potest sciri nahlrali ratione acceptatio voluntatisdivinae utpote tamquam contingenter acceptantis talia vel taliadigna vita aeterna, et quod etiam illa sufficiant; dependet mereex voluntate divina circa ea ad quae contingenter se habet; igi­tur etc.

[19] Istantiae contra duas rationes principales - Contra istasduas rationes instatur. Contra primam sic: omnis natura creataessentialiter dependet a qualibet per se causa eius, et proptertalem dependentiam ex causato cognito potest sciri demonstra­tione quia34 et cognosci quaelibet eius per se causa; igitur cumnatura hominis sit homini naturaliter cognoscibilis, quia nonest potentiae eius cognitivae impropOliionalis, sequitur quodex ista nahlra cognita possit naturaliter cognosci finis illius na­turae35

32 Adnotatio DlIns Scoti: hoc est creditum; cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio,l,d. 17, pars 1, q. 3, n. [24-25]; QlIodl., q. 17, n. [3-6].

33 Cf. HENRICUS GAND., Slimma, a. 29, q. 5, in corpo (I f. 1741);34 Cf. ARiSTaT., Anal. Post., I, c. 13, [t. 30] (A, c. 13, 78a, 22-78b, 34).35 Adnotatio DlIns Scoti: concedo, finis qui est causa finalis, et hoc sub

ista ratione sub qua est causa finalis et similiter sicut cognoscitur efficienssub ratione quae necessario requiritur ut sit efficiens primum; cf. etiamHENRICUS GAND., Slimma, a. 4, q. 8, in corpo (f. 34V-35X).

22

PARTE PRIMA

anche qui erravano i filosofi, i quali affermavano che tutto ciòche viene da Dio in modo immediato, deriva da lui in modonecessano.

Almeno le altre due proposizionibc sono evidenti: infatti,con la ragione naturale non si può conoscere l'accettazione daparte della volontà divina, in quanto la divina volontà accet­ta in modo contingente questi o quegli altri [atti] come degnidella vita eterna, né [si può conoscere] che tali atti siano suffi­cienti in ordine a quella. Quelle cose verso le quali la volontàdivina si comporta [se habet] in modo contingente, dipendonosolo dalla stessa volontà divina. Dunque ...

Istanze contro le due ragioni principali - Si muovono [19]delle difficoltà a queste due ragioni 15. Contro la prima16: ogninatura creata dipende essenzialmente da qualche sua causaper sé1

? A motivo di tale dipendenza, a partire dall'effetto co­nosciuto [ex causato cognito], può essere dedotta [sciri] permezzo di una dimostrazione quia18

, e conosciuta, qualsiasi suacausa per sé. Dunque, dal momento che la natura dell'uomo ènaturalmente conoscibile per l'uomo, perché non è spropor-

15 Cf. sopra, nn. 13-18.16 Cf. n. 13: «Ciò che agisce con conoscenza in vista di un fine, deve

conoscere il fine in modo distinto; ma l'uomo non conosce distintamenteil suo fine, con le sue sole facoltà nahlrali; dunque l'uomo, con le soleforze narurali, non può agire efficacemente in vista del conseguimento delproprio fine».

17 Causa per sé è contrapposta a causa per accidens. La causa per sécausa in virtù della propria narura e non di qualche suo accidente. Lo scavodel pozzo è causa per sé del ritrovamento dell'acqua e causa per accidensdel ritrovamento di un tesoro. Oppure, la medicina è causa per sé della gua­rigione e causa per accidens dell'arricchimento del medico.

18 La dimostrazione qllia è una dimostrazione induttiva: parte dagli ef­fetti e risale alla causa, in base al principio di causalità secondo cui ognieffetto ha una causa proporzionata a sé.

23

Page 15: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[20] Confirmatur ratio: si enim ex natura inferiori cognita co-gnoscatur eius finis, non hoc minus est possibile in proposito,quia nec minor dependentia in proposito finiti ad suum finemest quam in aliis36.

[21] Ex hac etiam ratione videtur quod falsa sit illa propositio'finis substantiae non cognoscitur nisi ex eius actibus'37, quaeassumebatur in probatione minoris, quia ex cognitione naturaein se potest eius finis cognosci demonstratione quia.

[22] Quod si dicatur quod ratio concludit hominem posse natu-raliter cognoscere suum finem naturalem, non autem de finesupernaturali, contra, Augustinus libro De praedestinationesanctorum: «Posse habere fidem, sicut posse habere caritatem,naturae est hominum, quamvis habere fidem, sicut habere cari­tatem, gratiae sit fidelium»38. Si ergo natura hominis est natu­raliter cognoscibilis homini, naturaliter est etiam cognoscibilisilla potentia ut est talis naturae, et per consequens ordinabilitastalis naturae ad finem ad quem fides et caritas disponit.

36 Cf. HENRlCUS GAND., Summa, a. 4, q. 8, in corpo (I f. 34V-35V).37 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 4, q. 8, ad 1 et 2 (f. 35Y. Z).38 AUGUST., De predest. Sanet., c. 5, n. lO (PL 44, 968).

24

PARTE PRIMA

zionata rispetto alla sua facoltà conoscitiva, segue che dallaconoscenza di tale natura si possa conoscere naturalmente ilfine di quella natura stessa19

Si conferma l'argomentazione: infatti, se dalla conoscen- [20]za della natura inferiore20 è conosciuto il suo fine, questo nonè meno possibile nel caso propost021 , perché nemmeno in talcaso la dipendenza del finito dal fine è minore rispetto agli altricasI.

Da questa ragione anche si vede la falsità di quella proposi- [21]zione: «Il fine della sostanza non lo si conosce se non dai suoiatti»22, la quale si assumeva nella prova della minore23, perchédalla conoscenza della natura in sé può esser conosciuto il suofine con una dimostrazione quia24

Se si dicesse che l'argomento conclude che l'uomo può na- [22]turalmente conoscere il suo fine naturale, non però il suo finesoprannaturale, si porterebbe contro La predestinazione deisanti di Agostino, il quale afferma che «Poter aver fede, comepoter avere carità è [proprio] della natura degli uomini, benchéavere fede, come avere carità è [proprio] della grazia dei fede-li». Se dunque la natura dell'uomo è naturalmente conoscibileall'uomo, naturalmente è anche conoscibile quella facoltà inquanto appartiene a tale natura, e di conseguenza [è conoscibi-le] l'ordinabilità di tale natura al fine a cui dispone la fede e lacarità.

19 Ossia, il fine della natura umana.20 Ossia, la natura non intelligente.21 Ossia, il fine dell'uomo conosciuto a partire dalla conoscenza della

natura umana.22 Cf. sopra, n. 15.23 Cf. sopra, n. 14.24 Cf. sopra n. 19, in nota.

25

Page 16: Prologo dell'Ordinatio

PARTE PRIMA

[23] !tem, homo naturaliter appetit finem illum quem dicis su-pematuralem; igitur ad illum finem naturaliter ordinatur39 ; igi­tur ex tali ordinatione potest concludi finis ille ut ex cognitionenaturae ordinatae ad ipsum.

[24] !tem, naturaliter est cognoscibile primum obiectum intellec-tus esse ens, secundumAvicennam4o, et naturaliter cognoscibi­le est in Deo perfectissime salvari rationem entis; finis autemcuiuscumque potentiae est optimum eomm quae continentursub eius obiecto primo, quia in illo solo est perfecta quietatio etdelectatio, ex X Ethicorum41

; ergo naturaliter cognoscibile esthominem ordinari secundum intellectum ad Deum tamquamad finem.

[25] Confinnatur ratio, quia cui naturaliter cognoscibilis est po-tentia aliqua, ei naturaliter cognoscibile est quid sit eius pri­mum obiectum, et ulterius, potest cognoscere in quo salvaturratio illius primi obiecti et quod perfectissimum tale est finispotentiae; mens autem nota est sibi, secundum Augustinum DeTrinitate42

; igitur sibi est notum quid sit eius primum obiec­tum43

• Et novit Deum non excedi a ratione illius primi obiecti,quia tunc nullo modo esset ab ipsa mente intelligibilis44; ergonovit Deum esse optimum in qua salvatur ratio sui obiecti, etita ipsum novit esse finem potentiae.

39 Cf. HENRICUS GAND., Slimma, a. 8, q. 2, ad 1 (I f. 65N); a. 4, q. 5, incorpo et ad 1 (f. 33C-F).

40 Cf. AVICENNA, Metaph., I, c. 6 (72rb).41 Cf. ARISTOT., Eth. ad Nic., X, c. 4 (K c. 4, 1174b, 14-23).42 Cf. AUGUST., De Trin., IX, c. 11-12, n. 16.,18 (PL 42,970).43 Cf. HENRICUS GAND., Slimma, a. 40, q. 7, argo 2, et in corpo (I f. 259

G.H).

44 Cf. ibidem, a. 4, q. 5, in corpo (f. 33C).

26

PARTE PRIMA

Inoltre, l'uomo naturalmente desidera quel fine che dici [23]essere soprannaturale; dunque a quel fine egli è naturalmenteordinato; dunque, da tale ordinazione può essere dedotto quelfine come dalla conoscenza della natura ordinata ad esso.

Inoltre, secondo Avicenna25 è naturalmente conoscibile che [24]il primo oggetto dell'intelletto è l'ente, ed è naturalmente co­noscibile che in Dio si trova in modo perfettissimo la ragio-ne di ente; il fine di qualsiasi facoltà è il grado massimo diperfezione di quelle cose che sono contenute sotto l'oggettoprimo della potenza [eius], perché solo nell'ottimo [illo] vi èla perfetta quiete e dilettazione, come dice Aristotele nel libroX, cap. 4, dell'Etica nicomachea; dunque è naturalmente co­noscibile che l'uomo sia intellettualmente ordinato [secundumintellectum] a Dio come al [proprio] fine.

L'argomento [ratio] è confermato perché, colui che può [25]naturalmente conoscere una qualche facoltà, può anche cono-scere il suo oggetto primo, e inoltre, può conoscere ciò in cuisi trova [sa/vatur] la ragione di quell'oggetto primo e che tale[oggetto] perfettissimo è il fine della facoltà. La mente, inol-tre, conosce se stessa, secondo Agostino, nel libro IX, capitoli11-12, de La Trinità, dunque conosce quale sia il suo oggettoprimo; sa inoltre che Dio non è eccedente rispetto alla ragionedi quel primo oggetto, perché altrimenti non sarebbe in alcunmodo conoscibile per la mente stessa; dunque conosce che Dioè l'ottimo in cui si trova la ragione del suo oggett026

, e così sache Dio [ipsum] è il fine della facoltà.

25 Cf. sopra, n. 1.26 Ossia, oggetto dell'intelligenza.

27

Page 17: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[26] Contra secundam rationem arguitur sic: si per unum extre-mum cognoscitur aliud extremum, ergo et media; sed necessa­ria ad consecutionem finis sunt media inter naturam et finemsuum consequendum45

; igitur cum ex cognitione naturae possitfinis cognosci, secundum prius probata, videtur quod similitermedia ad finem necessaria possunt cognosci.

[27] Confirmatur ratio: ita enim in proposito videtur esse ne-cessaria conexio entium ad ipsum finem sicut est in aliis; sedpropter talem conexionem in aliis ex fine cognoscuntur alia,sicut per rationem sanitatis concluditur talia et talia requiri adsanitatem; igitur etc46 •

[28] Responsio ad instantias - Ad primum istorum dico quodlicet procedat de fine qui est causa finalis et non de fine at­tingendo per operationem quorum finium distinctio diceturinfra47

- potest tamen dici ad illud, et ad sequens de Augustino,et ad tertium de potentia et primo obiecto, unica responsione,quod omnia accipiunt naturam nostram vel potentiam intellec­tivam esse nobis naturaliter cognoscibilem; quod falsum est,sub illa ratione propria et speciali sub qua ad talem finem 01'­dinatur, et sub qua capax est gratiae consummatae, et sub quahabet Deum pro perfectissimo obiecto. Non enim cognoscituranima nostra a nobis nec natura nostra pro statu isto nisi subaliqua ratione generali, abstrahibili a sensibilibus, sicut patebitinfra distinctione 348 • Et secundum talem generalem rationem

45 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 4, q. 9, in corpo (f. 35B).46 Cf. ibidem, a. 3, q. 3, argo 1 (f. 28K).47 Cf. DUNS SCOTUS, Ol'dinatio, I, d. 1, pars 1, q. 1, n. [5].48 Cf. DUNS SCOTUS, Ol'dinatio, I, d. 3, pars 1, q. 3, n. [24].

28

PARTE PRIMA

Contro il secondo argoment027 si procede nel modo seguen- [26]te: se per mezzo di un estremo si conosce l'altro estremo, dun-que si conoscono anche le cose intermedie; ma le cose neces-sarie per conseguire il fine sono intermedie tra la natura ed ilsuo fine al quale tende; dunque, poiché dalla conoscenza dellanatura può esser conosciuto il fine, secondo quanto è stato pro-vato sopra28

, sembra che similmente possono esser conosciutii mezzi che sono necessari per conseguire il fine.

Si conferma l'argomento: nell'enunciato si vede, infatti, che [27]la connessione degli enti allo stesso fine è necessaria, come loè negli altri [mezzi al fine]; ma per tale connessione necessarianegli altri [mezzi al fine], a partire dal fine si conoscono glialtri [mezzi], come per la ragione della salute si conclude chetale e tal altra cosa sia richiesta per la salute stessa. Dunque ...

Risposta alle obiezioni - Alla prima29 dico che, benché [28]pmia dal fine che è causa finale e non dal raggiungimento delfine per mezzo dell'operazione - circa la distinzione tra que-sti fini si dirà più avanti - si può dare una risposta unica allevarie obiezioni sopra sollevate (alla prima30, alla seguente checita sant'Agostin03I e alla terza dove si parla della facoltà edell'oggetto prim032

): tutte considerano la nostra natura o lafacoltà intellettiva come naturalmente conoscibile per noi; ciòè falso, se si considera la conoscenza sotto quella ragione pro-pria e speciale sotto la quale è ordinata a tale fine, ed è capacedella grazia consumata, ed ha Dio come oggetto perfettissimo.Infatti, la nostra anima non è conosciuta da noi stessi né è co-,

27 Cf. sopra, nl1. 17-18.28 Cf. sopra, 11. 19.29 Cf. sopra, 1111. 19-21.30 Cf. sopra, 1111. 19-21.31 Cf. sopra, 11. 22.32 Cf. sopra, 11. 24.

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Page 18: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

non convenit sibi ordinari ad illum finem, nec posse caperegratiam, nec habere Deum pro obiecto perfectissimo.

[29] Tunc ad formam. Cum dicitur quod ex ente ad finem potestdemonstrari finis demonstratione quia, dico quod non est ve­rum nisi cognito ente ad finem sub illa ratione propria sub quahabet finem illum. Sic minor est falsa. - Et cum probatur perproportionem, dico quod licet mens sit eadem sibi, non tamenpro statu isto est sibi proportionalis tamquam obiectum nisisecundum rationes generales quae possunt abstrahi ab imagi­nabilibus.

[30] Ad confirmationem dico quod nec aliarum substantiarumfines proprii cognoscuntur, qui scilicet sunt earum secundumrationes proprias, nisi sint aliqui actus manifesti ex quibusconcludatur ordo earum ad talem finem.

[31] Et ex hoc patet ad illud quod additur contra probationemminoris, quod illa propositio non est falsa, 'non cognoscitura nobis finis proprius substantiae nisi per actum eius manife­stum'; non enim accipit propositio quod non posset aliter finiscognosci. Bene enim verum est quod si substantia cognosce­retur sub propria ratione, ex ipsa sic cognita posset eius per secausa cognosci. Sed non sic cognoscitur a nobis nunc aliquasubstantia, et ideo nunc nullum finem possumus concludereproprium substantiae nisi per actum evidentem de illa substan­tia ut nota in universali et confuse. In proposito deficit utraquevia; sed probatio minoris tangit unam, de ignorantia actus, sup­ponendo aliam, de ignorantia scilicet naturae in se.

30

PARTE PRIMA

nosciuta la nostra natura, nello stato presente, se non sotto unaqualche ragione generale, astraibile dalle cose sensibili, comesarà evidente avanti nella dist. 3. E [alla natura conosciuta]secondo tale ragione generale, non conviene essere ordinata aquel fine, né poter ricevere la grazia, né avere Dio come ogget­to perfettissimo.

Veniamo ora al nucleo della questione [tune ad formam]. [29]Quando si dice che [dall'ordinazione] dell' ente al fine può es-sere dimostrato il fine con una dimostrazione quia33 , dico checiò non è vero se l'ente [ordinato] al fine non è conosciutosotto quella ragione propria sotto la quale ha quel fine. Così laminore è falsa34. E quando si prova la tesi tramite la propor­zione35, dico che benché la mente sia identica a se stessa, nonè proporzionata a se stessa nel presente stato, come oggetto, senon secondo ragioni generali che possono esser astratte dalleimmagini sensibili.

Come conferma36 dico che non sono conosciuti i fini propri [30]delle altre sostanze, i quali competono ad esse secondo le ra-gioni proprie, se non vi siano alcuni atti manifesti dai quali siconcluda il loro ordine a tale fine.

Da ciò appare manifesto, riguardo a ciò che è stato aggiun- [31]t037 contro la prova della minore, che la seguente proposizionenon è falsa: «il fine proprio della sostanza non è da noi cono­sciuto se non per mezzo di un suo atto manifesto»38. Infatti, laproposizione non intende [dire] che il fine non possa essere co-

33 Cf. sopra, n. 19.34 È falso che «la natura dell'uomo è naturalmente conoscibile perché

non è sproporzionata alla sua potenza conoscitiva» (n. 19).35 Cf. sopra, n. 19.36 Cf. sopra, n. 20.37 Cf. sopra, n. 21.38 Cf. sopra, n. 15.

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Page 19: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[32] Ad secundum de Augustino dico quod illa potentia habendicaritatem ut ipsa est dispositio respectu Dei in se sub propriaratione amandi, convenit naturae hominis secundum rationemspecialem, non communem sibi et sensibilibus; ideo non estilla potentialitas naturaliter cognoscibilis pro statu isto de ho­mine, sicut nec homo cognoscitur sub illa ratione sub qua eiusest haec potentia. !ta respondeo ad istud in quantum adducipotest ad conclusionem principalem, scilicet oppositam minorirationis primae. Sed in quantum adducitur contra illam respon­sionem de fine supernaturali et naturali, respondeo: concedoDeum esse finem naturalem hominis, sed non naturaliter adi­piscendum sed supernaturaliter49

• Et hoc probat ratio sequensde desiderio naturali, quam concedo.

49 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 13, q. 2, in corpo CI f. 9lT-X); a. 8, q.2, in corpo (f. 64H).

32

PARTE PRIMA

nosciuto in alcun modo diverso. E' ben vero che se la sostanzafosse conosciuta sotto la sua ragione propria, dalla stessa [so­stanza] così conosciuta potrebbe esser conosciuta la sua causaper sé. Ma non così è ora conosciuta da noi alcuna sostanza, eperciò ora non possiamo dedurre alcun fine proprio della so­stanza se non per mezzo di un atto evidente proveniente daquella sostanza, in quanto nota in modo universale e confuso.

NelI'assunt039 [in proposifo] mancano entrambe le vie[qui sopra descritte]: ma la prova della minore40 tratta di una,l'ignoranza dell' atto, supponendo l'altra, che riguarda t'igno­ranza della natura in sé.

Al secondo argomento tratto da sant'Agostin041, dico che [32]

quella potenza di avere la carità, in quanto la stessa è disposi­zione rispetto a Dio in se stesso, sotto la ragione propria del­l'amore, conviene alla natura dell'uomo secondo una ragionespeciale, non comune a sé e alle cose sensibili; perciò quellapotenzialità non è naturalmente conoscibile dall'uomo nel-lo stato presente, come nemmeno l'uomo è conosciuto sottoquella ragione sotto la quale si trova questa sua potenza. Cosìrispondo a questo [argomento], in quanto può esser addottoalla conclusione principale42, opposta alla minore della primaragione43

• Ma per quant044 si adduce contro quella risposta ri-

39 Ossia, nella premessa minore: «L'uomo non può conoscere con lesole facoltà naturali, in modo distinto, il suo fine» (n. 13).

40 Cf. n. 15.41 Cf. ibidem.42 Cf. sopra, n. 19: «Poiché la natura dell'uomo è conoscibile natural­

mente, perché non è sproporzionata alla sua potenza conoscitiva, segue chedalla conoscenza di questa natura si può conoscere naturalmente il fine diquella natura».

43 Cf. sopra, n. 13: «L'uomo non può conoscere distintamente il suo finecon le capacità naturali».

44 Lo stesso argomento di sant'Agostino.

33

Page 20: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[33] Ad aliud negandum est illud quod assumitur, quod scilicetnaturaliter cognoscitur ens esse primum obiectum intellectusnostri, et hoc secundum totam indifferentiam entis ad sensibiliaet insensibilia, et quod hoc dicit Avicenna quod sit naturaliternotum50

• Miscuit enim sectam suam - quae fuit secta Maho­meti - philosophicis, et quaedam dixit ut philosophica et ra­tione probata, alia ut consona sectae suae: unde expresse ponitlibro IX Metaphysicae cap. 751 animam separatam cognosceresubstantiam immaterialem in se, et ideo sub obiecto primo in­tellectus habuit ponere substantiam immaterialem contineri52

Non sic Aristoteles53 ; sed secundum ipsum, primum obiectumintellectus nostri est ve1 videtur esse quiditas sensibilis, et hocvel in se sensibilis vel in suo inferiori; et haec est quiditas ab­strahibilis a sensibilibus.

[34] Quod autem dicitur in confinnatione illius rationis de Au-gustino, respondeo: dico quod dictumAugustini debet intelligide actu primo, sufficiente omnino ex se respectu actus secundi,sed tamen nunc impedito; propter quod impedimentum actus

50 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 21, q. 3, in corpo (f. 126D-E).51 Cf. AVICENNA, Metaph., IX, C. 7, (l07ra).52 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 22, q. 5, in corpo (I f. 134B-135F).53 Cf. ARISTOT., De an., III, t. 26 (l c. 6, 430b 27-29); t. 30 (c. 7, 431a

14-17); t. 32 (431b 2); t. 39 (c. 8, 432a 8-9).

34

PARTE PRIMA

guardo al fine naturale e soprannaturale4S, rispondo: concedoche Dio è il fine naturale dell'uomo, ma lo può raggiungeresoprannaturalmente, non naturalmente. E questo prova la ra­gione che tratta del desiderio naturale, che conced046•

Per quanto concerne l'altro argoment047 si deve negare ciò [33]che esso assume, cioè che naturalmente si conosce che l'enteè il primo oggetto dell'intelletto nostro, e questo secondo latotale indifferenza dell'ente verso le cose sensibili e insensibi-li, e che questo dice Avicenna essere naturalmente not048 • Eglimescolò la [dottrina della] sua setta - che fu quella di Mao­metto - con [argomenti] filosofici, per cui egli disse qualcosadi filosofico e provato dalla ragione, altre cose disse in modoconsono alla sua dottrina religiosa [sectae suae]; perciò egliespressamente affermava, nel libro IX, de La metqfisica, chel'anima separata conosce la sostanza immateriale in se stessa,e poté anche affermare che la sostanza immateriale è inclusanell'oggetto primo dell'intelletto. Non così Aristotele, secon-do cui l'oggetto primo del nostro intelletto è o sembra esserel'essenza [quiditas] della cosa sensibile, o sensibile in se stessao nei suoi inferiori; questa è l'essenza [quiditas] astraibile dal-le cose sensibili.

Riguardo a ciò che si dice a conferma di quell'argomento di [34]sant'Agostin049

, rispondo: il detto di sant'Agostino dev'essereinteso nel senso di atto primo, del tutto sufficiente rispetto al-

45 Cf. sopra, n. 22.46 Cf. sopra, n. 23: «L'uomo naturalmente tende al fine che è detto so-

prannaturale».47 Cf. n. 24.48 Cf. avanti, n. 92.49 Cf. sopra, n. 25: «La mente che conosce se stessa, può anche cono­

scere il suo oggetto primo, e inoltre, può conoscere ciò in cui si trova [sal­vatu!'] la ragione di quell'oggetto primo e che tale (oggetto) perfettissimoè il fine della facoltà».

35

Page 21: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

secundus non elicitur nunc ex primo actu. De hoc amplius in­fra. 54

[35] Si obiciatur contra istud quod homo in statu naturae institu-tae potuit cognoscere naturam suam, ergo et finem naturae, exdeductione primae rationis; ergo illa cognitio non est superna­turalis;

[36] item, contra responsionem ad ultimam rationem: si ideo noncognoscitur quid sit obiectum primum intellectus, quia non co­gnoscitur intellectus sub onmi ratione propria sub qua respicittale obiectum, igitur non potest cognosci de quocumque quodipsum sit intelligibile, quia non cognoscitur potentia sub omniratione propria sub qua respicit quodcumque ut obiectum in­telligibile, - respondeo:

[37] Ad primum requireret dici, qualis fuit cognitio hominis in-stituti, quod usque alias differatur55

• Saltem tamen respectuviatoris pro statu isto est dicta cognitio supernaturalis, quia fa­cultatem eius naturalem excedens; naturalem, dico, secundumstatum naturae lapsae.

[38] Ad secundum concedo quod non habetur modo cognitio deanima vel aliqua eius potentia ita distincta quod ex ipsa possitcognosci quod aliquod obiectum intelligibile sibi correspon­deat; sed ex ipso actu quem experimur concludimus potentiamet naturam cuius est ille actus illud respicere pro obiecto quodpercipimus attingi per actum, ita quod obiectum potentiae nonconcludimus ex cognitione potentiae in se sed actus quem

54 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, I, d. 3, pars 1, q. 3, n. [24-25].55 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, IV, d. 1, pars 2, q. 2, n. [7].

36

PARTE PRIMA

l'atto secondo, e tuttavia ora impedito; per quell'impedimentol'atto secondo non è emesso, nello stato presente, dall'atto pri­mo. Di ciò si parlerà avanti più ampiamente.

Contro questo, se si obbiettasse che l'uomo nello stato di [35]natura integra avrebbe potuto conoscere la sua natura, di con­seguenza avrebbe conosciuto anche il fine della natura, comesi evince dalla deduzione della prima ragione50; dunque quellaconoscenza non è sopramlaturale.

Ancora, contro la risposta all'ultima ragione51 : se non si [36]conoscesse cosa sia l'oggetto primo dell'intelletto, a motivodel fatto che l'intelletto non è conosciuto sotto ogni ragionepropria sotto la quale [lo stesso intelletto] guarda tale ogget-to, dunque non si potrebbe conoscere l'intelligibilità di nulla,perché non sarebbe conosciuta la facoltà sotto ogni ragionepropria sotto la quale guarda qualsiasi cosa in quanto oggettointelligibile.

Rispondo: al prim052 si dovrebbe richiedere che fosse detto [37]quale fu la conoscenza dell'uomo nello stato di natura integra,ma di questo problema si parlerà più avanti, in altra occasione.Tuttavia, almeno rispetto all'uomo viatore, nel presente stato, èdetta conoscenza soprannaturale, perché eccede la sua facoltànaturale; dico naturale secondo lo stato della natura decaduta.

Quanto alla seconda obiezione53, concedo che non solo non [38]c'è alcuna conoscenza così distinta dell'anima o di qualche suafacoltà, da cui si possa conoscere che qualche oggetto intelli­gibile sia corrispondente a sé54; ma dallo stesso atto che speri­mentiamo deduciamo [concludimus] che la facoltà e la natura

50 Cf. sopra, n. 19.51 Cf. sopra, n. 33.52 Cf. sopra, n. 35.53 Cf. sopra, n. 36.54 Ossia, corrispondente all'anima stessa.

37

Page 22: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRJMA

experimur. Sed de obiecto supernaturali neutram cognitionempossumus habere; et ideo ibi deficit utraque via cognoscendifinem proprium illius naturae.

[39] Ad argumentum contra secundam rationem patet, quia sup-ponit quoddam iam negatum. Ad confirmationem illius ratio­nis dico quod quando finis sequitur naturaliter ea quae sunt adfinem et naturaliter praeexigit illa, tunc ex fine possunt conclu­di ea quae sunt ad finem; hic autem non est consecutio natura­lis, sed tantum acceptatio voluntatis divinae, compensantis istamerita tamquam digna fine tali.

[40] Tertia ratio principalis - Item tertio arguitur contra opi-nionem philosophorum principaliter. VI Metaphysicae56

: co­gnitio substantiarum separatarum est nobilissima, quia circanobilissimum genus57 ; igitur cognitio eorum quae sunt propriaeis est maxime nobilis et necessaria, nam illa propria eis suntperfectiora cognoscibilia quam illa in quibus conveniunt cumsensibilibus. Sed illa propria non possumus cognoscere ex pu­ris naturalibus tantum. Primo, quia si in aliqua scientia modopossibili inveniri traderentur talia propria, hoc esset in me­taphysica; sed ipsa non est possibilis a nobis naturaliter haberide propriis passionibus istarum substantiarum separatarum,ut patet. Et hoc est quod dicit Philosophus I Metaphysicae58

,

quod oportet sapientem omnia cognoscere aliqualiter, et non

56 Cf. ARISTOT., Metaph., VI, t. 2 (E c. 1, 1026a 21-23).57 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 7, q. 3, in corpo (1 f. SOE).58 ARISTOT., Metaph., 1 [c. 2], (A C. 2, 982a, 8-10).

38

PARTE PRIMA

cui appartiene quell' atto considera come oggetto ciò che per­cepiamo esser attinto per mezzo dell'atto, così che non cono­sciamo l'oggetto della facoltà dalla conoscenza della facoltà insé, ma dalla conoscenza dell'atto che sperimentiamo. Ma nonpossiamo avere né l'una né l'altra conoscenza dell' oggetto so­prannaturale, e perciò, in questo caso, mancano entrambe levie per conoscere il fine proprio di questa natura.

Quanto all'argoment055 contro la seconda ragione, è eviden- [39]te, perché suppone ciò56 che è già stato negat057 • Alla confermadi quella ragione58

, dico che quando il fine segue naturalmentequelle cose che tendono ad esso, e naturalmente le esige comecondizioni previe fpraexigit illa], allora dal fine possono esse-re conosciute quelle cose che sono ordinate al fine. In questocaso, però, non c'è consecuzione naturale, ma solo l'accetta-zione della divina volontà, la quale ricompensa codesti meriticome degni di tale fine.

Terzo argomento principale - Si propone ancora un terzo [40]argomento principale, soprattutto contro l'opinione dei filoso-fi. Aristotele, nel libro VI de La metafisica, afferma: la cono­scenza delle sostanze separate è nobilissima, perché riguardaun genere nobilissimo di cose. Dunque la conoscenza di ciòche è proprio delle sostanze separate è massimamente nobilee necessaria; infatti, quelle proprietà che appartengono pro­priamente alle sostanze separate, sono più perfettamente cono­scibili di ciò che esse hanno in comune con le cose sensibili.Ma ciò che è proprio delle sostanze separate non lo possia-mo conoscere solo con le pure forze naturali. Primo perché,se tali proprietà delle sostanze separate fossero comunicate in

55 Cf. sopra, n. 26.56 Cf. sopra, n. 19.57 Cf. sopra, nn. 28-29.58 Cf. n. 27.

39

Page 23: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

in particulari; et subdit: «Qui enim novit universalia, novitaliqualiter omnia subiecta». 'Sapientem' vocat ibi metaphysi­cum, sicut metaphysicam vocat ibi 'sapientiam'59.

[41] Secundo probo idem, quia non cognoscuntur ista propriacognitione propter quid nisi cognita sint propria subiecta, quaesola includunt talia propter quid; sed propria subiecta eorumnon sunt a nobis naturaliter cognoscibilia; ergo etc.

Nec cognoscimus ista eorum propria demonstratione quiaet ex effectibus. Quod probatur: nam effectus vel relinquuntintellectum dubium quoad ista propria, vel abducunt illum inerrorem. Quod apparet de proprietatibus primae substantiaeimmaterialis in se; proprietas enim eius est quod sit commu­nicabilis tribus; sed effectus non ostendunt istam proprieta­tem, quia non sunt ab ipso in quantum trino. Et si ab effecti­bus arguatur ad causam, magis deducunt in oppositum et inerrorem, quia in nullo effectu invenitur una natura nisi in unosupposit060

• Proprietas etiam istius naturae ad extra est con­tingenter causare; et ad oppositum huius magis effectus du­cunt, in errorem, sicut patet per opinionem philosophorum,ponentium primum necessario causare quidquid causat. Deproprietatibus etiam aliarum substantiarum patet idem, quiaeffectus magis ducunt in sempiternitatem et necessitatem ea-

59 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 3, q. 3, in corpo (I f. 29L); a. 7, q. 3,argo 4 (f. 49a).

60 Cf. BONAV., Sent., I, d. 3, q. 4, argo 2, in opp. (I 76a).

40

PARTE PRIMA

qualche scienza che al presente può esser acquisita, ciò sareb­be nella metafisica. Ma noi non possiamo avere naturalmentetale scienza metafisica delle proprietà [passionibus] di questesostanze separate, com'è evidente. E questo è ciò che dice ilFilosofo nel libro I de La metqfisica: al sapiente conviene ilconoscere, in qualche modo, ogni cosa, non in particolare. Loprova dicendo: «Chi conosce gli universali, conosce in qual­che modo ogni soggetto». Aristotele, in quel luogo, chiama"sapiente" il metafisico, e similmente chiama "sapienza" lametafisica.

In secondo luogo provo lo stesso: non sarebbero conosciute [41]queste proprietà secondo la conoscenza propter quicf59 se nonfossero conosciuti i soggetti propri, che soli includono virtual­mente tali proprietà [come la causa include gli effetti]; ma taliloro soggetti propri non sono conoscibili naturalmente da noi,dunque ...

Nemmeno conosciamo queste loro proprietà per mezzo diuna dimostrazione a posteriori [quia]60, dagli effetti. Lo provo:gli effetti o lasciano l'intelletto dubbioso circa tali proprietà,o lo conducono in errore. Ciò appare delle proprietà della so­stanza prima immateriale in sé; la sua proprietà è infatti quelladi comunicarsi a Tre; ma gli effetti non mostrano questa pro­prietà, perché non provengono da essa in quanto triplice. E sedagli effetti si arrivasse alla causa, ancor più indurrebbero nel­l'errore opposto, perché in nessun effetto si scopre una naturase non in un supposito. La proprietà di questa natura, inoltre, èquella di causare contingentemente ad extra; e gli effetti ancorpiù conducono in errore, ad una conclusione opposta a questa,

59 Conoscenza propter quid è la conoscenza che dall'essenza va alleproprietà, dalla causa agli effetti. È una conoscenza deduttiva.

60 A partire dagli effetti. È una dimostrazione induttiva.

41

Page 24: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

rum quam in contingentiam et novitatem, secundum eos61•

Similiter videntur etiam philosophi ex motibus concluderequod numerus illarum substantiarum separatarum sit secun­dum numerum motuum caelestium62

• Similiter quod istae su­bstantiae sunt naturaliter beatae et impeccabiles. Quae omniasunt absurda.

[42] Instantia contra tertiam rationem principalem - Con-tra istam rationem arguo quod quaecumque necessaria de su­bstantiis separatis cognoscantur a nobis nunc per fidem siveper communem reve1ationem, possint cognosci cognitionenaturali. Et hoc sic: quorum necessariorum cognoscimus ter­minos naturaliter, et illa possumus naturaliter comprehendere;sed omnium necessariorum revelatorum terminos naturalitercognoscimus; ergo etc63 •

[43] Probatio maioris: illa necessaria aut sunt mediata, aut im-mediata; si immediata, ergo cognoscuntur cognitis terminis, IPosteriontm64; si mediata, ergo cum possumus cognoscere ex­trema, possumus concipere medium inter illa. Et coniungendoillud medium cum utroque extremo, aut habentur praemissaemediatae, aut immediatae; si immediatae, idem quod prius; simediatae, procedetur cognoscendo medium inter extrema etconiungendo cum extremis, quousque veniamus ad immedia­ta. Ergo tandem deveniemus ad necessaria immediata, quae

61 Cf. HENRICUS GAND., SUl71l71a, a. 25, q. 3, in corpo (I f. 154H).62 Cf. ibidem, (f. 154H-I).63 Cf. HENRICUS GAND., SUl71l71a, a. 13, q. 3, argo 2 (f. 91A).64 Cf. ARISTOT., Anal. post., I, C. 3, [t. 6] (A C. 3, 72b 23-25).

42

PARTE PRIMA

come risulta dalle opinioni dei filosofi, i quali affermano che ilprincipio primo necessariamente causa tutto ciò che causa.

Circa le proprietà delle altre sostanze [separate] è evidentelo stesso, perché gli effetti, secondo i filosofi [eos], conduco­no maggiormente alla loro eternità e necessità che alla lorocontingenza e novità6I

. Similmente, sembra che i filosofi de­ducano, a partire dai movimenti [degli astri], che il numero diquelle sostanze separate corrisponde al numero dei moti deicorpi celesti; e che sono naturalmente beate ed impeccabili.Tutte cose che sono assurde.

Obiezione contro la terza ragione principale - Contro [42]questa ragione argomento che qualunque verità necessaria ri­guardo alle sostanze separate sia conosciuta da noi, ora, perfede o per comune rivelazione, potrebbe esser conosciuta me­diante la facoltà naturale. E questo lo provo così: (a) di tali[proposizioni] necessarie conosciamo naturalmente i termini62,

e così possiamo conoscere naturalmente anche quelle [propo­sizioni] necessarie; ma (b) conosciamo naturalmente i terminidi tutte le proposizioni necessarie rivelate; dunque ...

Prova della maggiore": quelle verità necessarie o sono me- [43]diate, o immediate; se sono immediate, allora si conoscono,per il fatto stesso che sono conosciuti i termini, come affermaAristotele nel libro I degli Analitici posteriori; se sono me­diate, allora, poiché possiamo conoscere gli estremi, possiamoconoscere il medio tra loro. E congiungendo quel medio conentrambi gli estremi, o si hanno premesse mediate, o immedia-te; se immediate, [si risolve] come prima; se mediate, si pro-

61 Ossia alla loro origine relativamente "recente", in quanto anch'essesono state tratte dal nulla "in principio".

62 Si tratta dei termini che compongono le verità di fede, che logica­mente sono delle veritates cOl71plexae, ossia composte di soggetto e il pre­dicato.

43

Page 25: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

intelligimus ex telminis, ex quibus sequuntur omnia necessa­ria mediata; ergo illa mediata per immediata scire poterimusnaturaliter65

.

[44] Probatio minoris principalis, quia habens fidem et non ha-bens contradicentes sibi invicem, non contradicunt de nomini­bus tantum sed de conceptibus, sicut patet cum philosophus ettheologus contradicunt sibi invicem de ista 'Deus est trinus',ubi non tantum idem nomen sed eundem conceptum unus ne­gat et alius affirmat; igitur omnem conceptum simplicem quemhabet ille habet iste66

[45] Responsio ad instantiam - Ad istud respondeo. De sub-stantiis separatis sunt aliquae veritates immediatae. Accipiotunc aliquam veritatem talem primam et ilmnediatam, et sit a.In illa includuntur multae veritates mediatae, puta omnes quaeenuntiant particulariter communia ad praedicatum de com­munibus ad subiectum; dicantur b, c. Ista vera mediata nonhabent evidentiam nisi ex aliquo immediato. Igitur non suntnatae sciri nisi ex isto immediato intellecto. Si igitur aliquisintellectus possit intelligere terminos b et componere eos adinvicem, non autem possit intelligere tenninos a nec per con­sequens ipsum a, b erit intellectui suo propositio neutra, quianec nota ex se nec ex immediata, quia illa, per positum, nonest nota. Ha est de nobis, quia conceptus quosdam communes

65 Cf. HENRICUS GAND., Quodl., VIII, q. 14, in corpo (f. 325K).66 Cf. idem, Summa, a. 13, q. 3, ad 3 (I f. 92L).

44

PARTE PRIMA

cederà conoscendo il medio tra gli estremi e congiungendo[lo]con gli estremi, fino a quando arriveremo alle [proposizioni]immediatamente [evidenti]. Infine arriveremo alle [premesse]necessarie immediatamente [evidenti], che conosciamo daitelmini, dalle quali premesse seguono tutte le [conclusioni]necessarie mediatamente [evidenti]. Dunque ciò che è mediatopotremo conoscerlo naturalmente per mezzo di ciò che è im­mediato.

Prova della minoreb dell' obiezione principale: coloro che [44]hanno fede e quelli che non ce l'hanno, quando si contraddico-no a vicenda, la contraddizione non riguarda solo i nomi, maanche i concetti, com'è evidente quando i filosofi ed i teologisi contraddicono a vicenda sulla proposizione "Dio è Trino",poiché non solo lo stesso nome, ma anche lo stesso concettoè negato da uno ed affelmato dall'altro. Perciò ogni concettosemplice posseduto da quello è posseduto anche da questo.

Risposta all'obiezione - A questo rispondo: ci sono delle [45]verità immediate che riguardano le sostanze separate. Prendoallora una qualche verità di questo tipo, prima e immediata, ela chiamo a. In quella sono incluse molte verità mediate, peresempio tutte quelle verità che enunziano in modo particola-re gli aspetti comuni del predicato, attribuendoli agli aspetticomuni del soggetto. Si dicano b e C. Queste verità mediatenon hanno evidenza se non da qualcosa di immediato. Dunque,non sono naturalmente adatte ad esser conosciute, se primanon fosse conosciuto qualcosa in modo immediato. Se, infatti,qualche intelletto potesse conoscere i termini di b63 e li potesseanche comporre a vicenda, ma non potesse conoscere i terminidi a64, e per conseguenza nemmeno la stessa [proposizione] a,

63 Ossia, il soggetto e il predicato delle verità mediatamente evidenti.64 Ossia, i termini di una proposizione immediatamente evidente.

45

Page 26: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

habemus de substantiis materialibus et immaterialibus, et illospossumus ad invicem componere; sed istae complexiones nonhabent evidentiam nisi ex veris immediatis quae sunt de illisquiditatibus sub ratione earum propria et speciali, sub qua ra­tione non concipimus illas quiditates, et ideo nec scimus illasveritates generales de conceptibus generalibus.

[46] Exemplum: si impossibile esset alicui concipere triangulumsub propria ratione, posset tamen abstrahere a quadrangulo ra­tionem figurae et eam concipere, impossibile esset etiam sibiconcipere primitatem ut est propria passio trianguli, quia sicnon concipitur nisi ut abstrahitur a triangulo; posset tamen pri­mitatem abstrahere ab aliis primitatibus, puta in numeris. Isteintellectus licet posset formare compositionem hanc 'aliqua fi­gura est prima', quia tenninos eius potest apprehendere, tamenilla compositio formata erit sibi neutra, quia ista est mediata,inclusa in ista immediata 'triangulus est sic primus'; et quiahanc immediatam non potest intelligere, quia nec terminoseius, ideo non potest mediatam scire, quae ex hac immediatatantum habet evidentiam.

46

PARTE PRIMA

b sarà per il suo intelletto una proposizione priva di evidenza[neutra], perché non nota per se stessa né da verità immediata,perché questa, per quanto è stato detto, non è nota. Così avvie­ne in noi, perché abbiamo certi concetti comuni delle sostanzemateriali ed immateriali e li possiamo comporre a vicenda; maqueste composizioni non hanno evidenza se non dalle veritàimmediate che riguardano quelle essenze [quiditatibus] cono­sciute sotto la loro ragione propria e speciale, e sotto questaragione non sono conosciute quelle essenze65, e perciò non co­nosciamo quelle verità comuni che riguardano quei concetticomuni.

Esempio: se a qualcuno fosse impossibile concepire un [46]triangolo sotto la propria ragione, potrebbe tuttavia astrarredal quadrato la ragione della figura e concepirla [così]; gli sa­rebbe invece impossibile concepire il primato [del triangolo]in quanto è la peculiarità [passio] propria del triangolo, perchénon è così conosciuta se non quando è astratta dal triangolo.Potrebbe, tuttavia, astrarre il primato da altri primati, per esem-pio nei numeri. Questo intelletto, benché possa formare questacomposizione «qualche figura è prima», perché può appren-dere i termini di cui è composta, tuttavia tale composizioneformata sarà indifferente66 [neutra] per quell' intelletto, poiché[la sua evidenza] è mediata, [essendo] inclusa nella seguenteproposizione immediata: «il triangolo è primo». E poiché [nelcaso del nostro esempio, l'intelletto] non può conoscere questa[proposizione] immediata, in quanto non può conoscere i ter-mini di cui è composta, di conseguenza non può conoscere [laproposizione] mediata, la quale trae la propria evidenza solodalla proposizione immediata.

65 Ossia, le essenze delle cose immateriali, di cui sopra.66 Ossia, priva di significato evidente.

47

Page 27: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[47] Per hoc ad argumentum67: nego maiorem; ad probationem

dico quod illa necessaria sunt mediata. - Et cum dicis 'igiturpossumus concipere medium inter extrema', nego consequen­tiam, quia medium inter extrema quandoque est essentialiterordinatum, puta quod quid est alterius extremi68 vel passio priorrespectu passionis posterioris; et tale est medium ad universali­ter concludendum extremum de extremo. Concedo igitur quodquicumque potest intelligere extrema, potest intelligere talemedium inter extrema, quia intellectus eius includitur in alteroextremo vel est idem alteri. Si autem medium sit particulare,contentum sub altero extremo et non essentialiter inter extre­ma, tunc non oportet quod potens concipere extrema generalia,possit concipere medium particulare ad illa extrema. Ha est hic.Nam quiditas sub ratione propria et particulari habens passio­nem aliquam immediate sibi inhaerentem, est medium inferiusad conceptum COlmnunem de quo dicitur illa passio in com­muni concepta; et ideo non est medium universaIiter inferenspassionem de communi, sed tantum particulariter. Hoc patet inexemplo illo, quia non oportet quod potens concipere figuramin communi et primitatem in communi, possit concipere trian­gulum in pmiiculari, quia triangulus est medium, contentumsub figura; medium, inquam, ad concludendum primitatem defigura pmiiculariter.

67 Cf. ibidem, a. 13, q. 3, ad 2 (I f. 92H).68 Cf. ARlSTaT., Anal. post., II, c. 9 [t. lO] (B. c. lO, 94a 11-14); c. 16 [t.

25](c.17,99a3-4);c. 17 [t. 25](c. 17, 99a2l-22).

48

PARTE PRlMA

Per questo, riguardo all' argoment067, nego la maggiore". [47]

Alla prova [della stessa maggiore] rispondo che quelle [verità]necessarie sono mediate68

• E quando dici «dunque possiamoconoscere il medio tra gli estremi», nego la conseguenza, per-ché il medio tra gli estremi [solo] qualche volta è ordinato es­senzialmente, per esempio quando esso appartiene all'essenzadi uno dei due estremi69

, o come quando esso è la passione an­teriore rispetto alla passione posteriore; in questo caso il medioè capace di concludere universalmente un estremo dall'[altro]estremo. Concedo, dunque, che chiunque può conoscere gliestremi, può conoscere tale medio tra gli estremi, perché il suosignificato è incluso oppure è identico all'altro estrem070

• Seinvece il medio fosse particolare, contenuto in uno degli estre-mi, ma non [in relazione] essenziale agli estremFl, allora nonconviene ammettere che, potendo conoscere gli estremi uni­versali [generalia], si possa conoscere il medio paliicolare [inrelazione] a quegli estremi. Così è anche nel nostro caso. In-fatti, l'essenza [quiditas] [considerata] sotto la ragione propriae pmiicolare avente una qualche passione72 immediatamente

67 Cf. sopra, n. 42.68 Ossia, mediatamente evidenti.69 Cf. sopra, n. 43.70 Per esempio, la proposizione «il triangolo è una figura geometrica»

si dimostra trovando il medio, che è "poligono", il quale è incluso essen­zialmente in "triangolo", ed è nell'estensione di "figura geometrica". Di­mostrazione: il triangolo è figura geometrica, perché il poligono è figurageometrica, ed il triangolo è poligono.

71 Per esempio, sapendo che il triangolo è unafìgura geometrica e chequalche figura geometrica è prima, non segue, dagli stessi termini, che iltriangolo è la figura geometrica prima. Infatti, dai termini è evidente chefigura geometrica prima è contenuta nell'estensione di figura geometrica,ma non è evidente che rientra nell'essenza di triangolo.

72 Ossia carattere essenziale, formalmente distinto dall'essenza.

49

Page 28: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

[48] Haec tertia ratio potissime concludit de prima substantiaimmateriali, quia eius tamquam obiecti beatifici potissime estcognitio necessaria. Et tunc responsio ad obiectionem contraipsam: supponit videlicet quod naturaliter nunc non concipi­mus Deum nisi in conceptu sibi communi et sensibilibus, quodinferius in l quaestione distinctionis 3 exponetur69• Si etiamnegetur istud suppositum, adhuc oportet dicere conceptum quipotest fieri de Deo virtute creaturae esse imperfectum; qui au­tem fieret virtute ipsius essentiae in se, esset perfectus. Sicutigitur dictum est de conceptu generali et speciali, ita dicatursecundum aliam viam70 de perfecto conceptu et imperfecto.

69 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, I, d. 3, pars 1, q. I, n. [5-1O].70 Ossia, la via di Enrico, cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 13, q. 3, ad 2

(I f. 92 H).

50

PARTE PRIMA

inerente a sé, è il medio inferiore rispetto al concetto comunedel quale è predicata quella passione conosciuta in modo ge­nerico [in communi]. E perciò il medio non inferisce univer­salmente la passione del concetto comune, ma solo in casi par­ticolari. Ciò è evidente nell'esempio sopra riportat073

, perchénon sembra conveniente che potendo conoscere la figura inmodo generico [in communi], ed il primato in modo generico[in communi], ci si possa formare il concetto [concipere] ditriangolo in particolare, perché il triangolo è termine medio,contenuto nel concetto di figura [sub figura]; medio, dico, chepermette di dedurre il primato circa la figura considerata inmodo particolare74

Questa terza ragione75 nel modo migliore conclude [la que- [48]stione] della sostanza prima immateriale, perché la sua cono­scenza, come oggetto perfettamente beatifico, è necessaria. Eallora ecco la risposta all'obiezione76 contro la stessa [ragione]:questa suppone, cioè, che naturalmente, ora, non conosciamoDio se non in un concetto comune a Lui e agli enti sensibili,cosa che sarà esposta in seguito, q. 1, d. 3. Se, ancora, si ne­gasse tale risposta, allora bisognerebbe dire che il concetto diDio formato dalle facoltà della creatura è imperfetto; quelloche invece venisse formato per viltù della stessa essenza in sé,sarebbe perfetto. Come, dunque, è stato detto del concetto ge-

73 Cf. sopra n. 46, l'esempio del triangolo.74 Ossia, la proposizione «qualche figura è prima» è indimostrabile, se

non si conoscesse immediatamente che «il triangolo è primo». Infatti, que­sta è l'unica dimostrazione possibile: «Qualche figura è triangolo, il trian­golo è primo, qualche figura è prima».

75 Cf. sopra, n. 40.76 Cf. sopra, n. 42.

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PARS PRIMA

[49] Quarta ratio principalis - Quarto sic arguitur: ordinatumad aliquem finem ad quem est indispositum, necesse est pau­lative promoveri ad dispositionem illius finis; homo ordinaturad finem supernaturalem, ad quem ex se est indispositus; igiturindiget paulative disponi ad habendum illum finem. Hoc fitper cognitionem aliquam supernaturalem imperfectam, qualisponitur necessaria; igitur etc71.

[50] Si autem instetur quod agens perfectum potest statim re-movere imperfectionem et statim agere, respondeo: quod siposset de potentia absoluta, tamen perfectius est communicarecreaturae activitatem respectu suae perfectionis consequendaequam non communicare; potest autem homo habere aliquamactivitatem respectu suae perfectionis finalis; igitur perfectiusest quod hoc sibi communicetur. Quod non potest sine aliquacognitione imperfecta praecedente illam cognitionem per­fectam ad quam finaliter ordinatur.

[51] Quinta ratio principalis - Quinto arguitur sic: omne agensutens instrumento in agendo, non potest per illud instrumen­tum in actionem aliquam quae excedit naturam illius instru­menti; lumen autem intellectus agentis est instrumentum quoanima utitur mmc in intelligendo naturaliter; igitur non potestper illud lumen in aliquam actionem quae excedat illud lumen.Sed illud de se est limitatum ad cognitionem habitam per viamsensitivam et viam sensuum; igitur anima non potest in cogni­tionem aliquam quae non potest haberi per viam sensus. Sed

71 Cf. HENRICUS GAND., SU1I1111a, a. 8, q. 2, in corpo (I f. 64H-I).

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PARTE PRIMA

nerale e speciale77, così si dica, secondo l'altra via [di Emico],del concetto perfetto e imperfetto.

Quarta ragione principale - In quarto luogo si argomenta [49]così: ciò che è ordinato a qualche fine verso il quale è indispo-sto, è necessario che, poco per volta, sia aiutato a disporsi ver-so quel fine; l'uomo è ordinato al fine soprannaturale, verso ilquale è, da se stesso, indisposto; dunque egli necessita d'esserdisposto, un po' alla volta [paulatim], a conseguire quel fine.Ciò avviene per mezzo di una certa conoscenza soprannaturaleimperfetta, che si considera necessaria; dunque ...

Se invece si affermasse che l'agente perfetto può subito ri- [50]muovere l'imperfezione e subito agire, rispondo: anche se ciòsi potesse realizzare per potenza assoluta, tuttavia è più perfet-to comunicare alla creatura l'attività rispetto alla perfezioneda conseguire che non comunicare [la stessa attività]. D'altraparte, l'uomo può avere una certa attività rispetto alla sua per­fezione finale, dunque è più perfetto che ciò78 sia a lui comu­nicato. Tutto ciò non può avvenire senza qualche conoscenzaimperfetta precedente rispetto a quella conoscenza perfetta allaquale è finalizzata.

Quinta ragione principale - Argomento nel seguente [51]modo: tutti gli agenti che usano uno strumento nel loro agire,non possono compiere, per mezzo di quello strumento, alcunaazione che ecceda la natura di quello strumento. La luce del­l'intelletto agente è lo strumento di cui l'anima si serve, ora,per conoscere in modo naturale; dunque non può compiere al-cuna azione, per mezzo di quel lume, che ecceda la natura diquel lume. Ma quel lume per se stesso è limitato alla conoscen-za che avviene attraverso la via sensitiva e la via dei sensF9;

77 Cf. sopra, n. 47.78 Ossia, tale attività.79 La ripetizione è omessa in alcuni codici antichi.

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PARS PRIMA

multorum aliorum cognitio est necessaria pro statu isto; ergoetc72

[52] Haec ratio videtur concludere contra eum qui fecit eam.Secundum enim deductionem istam lux increata non poterituti intellectu agente ut instrumento ad cognitionem alicuiussincerae veritatis, quia talis secundum eum non potest haberivia sensuum, sine speciali illustratione. Et ita sequitur quodin cognitione sincerae veritatis lumen intellectus agentis nullomodo habeat aliquam actionem; quod videtur inconveniens,quia ista actio est perfectior omni intellectione: et per conse­quens illud quod est perfectius in anima in quantum intellecti­va, debet concurrere aliquo modo ad illam actionem.

[53] Ad rationern quartarn et quintam - Istae duae ultimaerationes non videntur quam plurimum efficaces. Prima enimesset efficax si esset probatum quod homo ordinatur finaliterad cognitionem supernaturalem (cuius probatio est pertinensad quaestiones de beatitudine?3), et si cum hoc ostenderetur co­gnitionem naturalem non sufficienter disponere pro statu istoad cognitionem supernaturalem consequendam. Secunda ratioduo petit, scilicet aliquorum cognitionem esse necessariamquae non possunt cognosci per viam sensuum, et quod lumenintellectus agentis est ad talia cognoscibilia limitatum.

72 Cf. ibidem, a. 3, q. 4, in corpo (I f. 29P).73 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, IV, Suppl., d. 49, q. 7, n. [2-7].

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PARTE PRIMA

dunque l'anima non può pervenire ad alcuna conoscenza chenon possa ottenersi attraverso la via dei sensi. Ma nel presentestato è necessaria la conoscenza di molte altre cose; dunque [ènecessaria una rivelazione soprannaturale].

Questa ragione sembra concludere contro colui che l'ha [52]fOlIDulata. Infatti, secondo questa deduzione, la luce increatanon potrà servirsi dell'intelletto agente come strumento per laconoscenza di qualche verità semplice in quanto, secondo lui,[la conoscenza, in questo caso,] non potrebbe avvenire attra­verso la via dei sensi, senza una speciale illuminazione. E cosìseguirebbe che nella conoscenza della semplice verità la lucedell'intelletto agente non avrebbe alcuna attività [actionem];cosa che sembra sconveniente, perché tale attività [dell'intel-letto agente] è più perfetta [rispetto alle altre attività proprie]di ogni conoscenza intellettiva. Di conseguenza, ciò che è piùperfetto nell'anima in quanto intellettiva, deve conCOlTere inqualche modo a quella attività [conoscitiva]80.

Osservazioni circa la quarta e quinta ragione - Queste [53]due ultime ragioni81 non sembrano molto efficaci. Infatti, laprima sarebbe efficace se fosse provato che l'uomo è finaliz-zato alla conoscenza soprannaturale (la cui prova concerne lequestioni sulla beatitudine), e se, inoltre, si mettesse in evi­denza che la conoscenza naturale, nel presente stato, non èsufficiente per conseguire la conoscenza soprannaturale. Laseconda ragione82 esige due [condizioni]: che sia necessaria laconoscenza di qualche cosa che non può esser conosciuta perla via dei sensi, e che il lume dell'intelletto agente sia limitatoalla conoscenza delle cose sensibili.

80 Ossia, alla conoscenza delle semplici verità che riguardano Dio.81 Cf. sopra, nn. 49. 51.82 La seconda delle ultime due, ossia la quinta.

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PARS PRIMA

[54] Tres primae rationes probabiliores apparent.Quod autem nulla talis cognitio sit necessaria ad salutem,

prob074: pone, aliquis est non baptizatus: cum sit adultus,

non habeat aliquem docentem, habet bonos motus quales po­test habere, conformes rationi rectae naturali, et cavet illaquae ratio naturalis ostendit sibi esse mala. Licet Deus delege communi talem visitaret, docendo per hominem vel perangelum - sicut Cornelium visitavit (Act lO, 1-48) - tamenpone quod non docetur ab aliquo, ille salvabitur. Similiterlicet postea doceatur, tamen prius est iustus, et ita dignus vitaaeterna, quia per bona velle praecedentia doctrinam mere­tur gratiam qua est iustus75

; et tamen non habet theologiam,etiam quantum ad prima credibilia, sed tantum cognitionemnaturalem. Ergo nihil theologiae est simpliciter necessariumad salutem.

[55] Posset dici quod ille per bona velle ex genere meretur decongmo iustificari ab originali, et Deus non subtrahit liberali­tatis suae munus76: ergo dat primam gratiam sine sacramento,quia non est alligatus sacramentis; gratia non datur sine habitufidei77

; itaque habet habitum theologiae, licet non possit in ac­tum, sicut nec baptizatus nisi instmatur. Et licet non sit contra­dictio gratiam dari sine fide78, cum sint habitus distincti, et in

74 Sequitur adnotatio Duns Scoti: pone, aliquis non baptizatus etc.75 Cf. HENRICUS GAND., Quodl., V, q. 20, in corpo (f. 195V-196Y. 196Y.

196B-197B).76 Cf. ibidem.77 Cf. ibidem, q. 21, argo in app. et in corpo (f. 197C. 198H).78 Cf. HENRICUS GAND., Quodl., V, q. 21, in corpo (f. 198H).

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PARTE PRIMA

Le prime tre ragioni83 sembrano più probabili. [54]liMa contro di queste ragioni si può così argomentarel184

Provo che tale conoscenza [soprannaturale] non sia neces-saria alla salvezza.

Pensa, ad esempio, a qualcuno non battezzato, adulto senzaalcun maestro, che si comporti bene in modo conforme allaretta ragione naturale, ed eviti quelle cose che la ragione na­turale gli presenta come cattive. Benché Dio, ordinariamente,visiti tali persone, insegnando loro o tramite un uomo o tramiteun angelo come visitò Cornelio -, ammettiamo che non ab­bia ricevuto da nessuno alcun insegnamento, egli sarà salvato.Similmente, anche ammettendo che in seguito riceva l'istm­zione, tuttavia egli è giusto anche prima, e così è degno dellavita eterna, perché a motivo della buona volontà precedente ladottrina, merita la grazia della giustificazione; e tuttavia eglinon conosce la teologia, nemmeno le prime nozioni, ma co­nosce solo le verità naturali. Dunque, nulla della teologia èsemplicemente necessario alla salvezza.

Si potrebbe dire che quella persona, a motivo della buona [55]volontà, considerata per se stessa, ha meritato de congruo85

d'esser giustificata dal peccato originale, e Dio non gli nega ildono della Sua liberalità; dunque Egli dà la prima grazia sen-za il sacramento, perché Egli non è vincolato dai sacramenti;la grazia non è data senza l'abito della fede, pertanto [quellapersona] ha l'abito della teologia, benché non la possa averein atto, così che non potrebbe esser battezzato se non fosse[prima] istmito. E benché non sia una contraddizione che lagrazia sia data senza la fede, in quanto sono due abiti distintidi facoltà diverse, tuttavia, come nel battesimo grazia e fede

83 Cf. sopra, nn. 13. 17.40.84 Testo cancellato da Scoto.85 Ossia, per merito di convenienza e non di giustizia.

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PARS PRIMA

aliis potentiis79, tamen sicut in baptismo ponitur simultas in in­

fusione, ita propter idem potest poni simultas in casu isto. Nonenim minus gratiosus est Deus illi quem propter meritum decongruo iustificat sine sacramento quam illi quem sine omnimerito proprio iustificat in susceptione sacramenti. !taque pos­sibile est Deo de potentia absoluta quemlibet salvare, et etiamfacere quod mereatur gloriam sine fide infusa si sine illa detgratiam qua habens bene utatur quantum ad velle quod potesthabere secundum naturalem rationem et fidem acquisitam, velsine omni acquisita si doctor desit, licet de potentia ordina­ta non detur sine fidei habitu praecedente, quia sine illa nonponitur gratia infundi80

; non propter indigentiam, quasi gratiasine illa non sufficeret, sed propter liberalitatem divinam quaetotum reformat; minus etiam perfecte esset homo dispositusquantum ad assensum verorum quorumdam sine fide infusa.

[56] Et sicut hic, ita dico proportionaliter de habitu theologiae,qui perfechls exsistens includit fidem infusam et acquisitam ar­ticulorum et aliorum revelatorum a Deo in Scriptura, ita quodnon est tantum haec infusa fides nec tantum illa acquisita sedsimul ambae. Est ergo necessaria theologia, venUTI est loquen­do de potentia ordinata et loquendo de principaliori habitu sivepriori peliinente ad theologiam, qui scilicet est fides infusa, ethoc generaliter, quantum ad omnes; non sic quantum ad secun­dum habitum quem includit, qui est fides acquisita, sed fortede necessitate ordinata est necessaria in adulto potente habere

79 Cf. ibidem, argo in app., et in carp. (f. 197C. 198G-H).80 Cf. HENRICUS GAND., Quodl., V, q. 21, in carp. (f. 198H).

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PARTE PRIMA

sono date simultaneamente86 nell'infusione, così per lo stes­so motivo si può ammettere tale simultaneità87 in questo caso.Dio, infatti, non è meno generoso verso colui che Egli giustifi­ca per merito di convenienza senza sacramento [de congruo],rispetto a quello che senza alcun suo merito Egli giustifica me­diante la ricezione del sacramento. Pertanto, è possibile a Dio,per potenza assoluta, salvare chicchessia, ed anche fare sì chequesti meriti la gloria senza la fede infusa, se Dio, senza lafede, desse la grazia, per mezzo della quale [costui] sarebbein grado di usare bene di quella volontà che è possibile impie­gare secondo la ragione naturale e secondo la fede acquisita,o senza alcunché di acquisito, se mancasse il maestro, benchéper potenza ordinata non si dia [la grazia] senza il precedenteabito della fede, perché non si ammette che la grazia sia infusa,ordinariamente, senza la fede. Questo, non a motivo dell 'indi­genza [della grazia], quasi che la grazia senza la fede non fossesufficiente, ma per la liberalità divina che tutto migliora; inol­tre, l'uomo sarebbe meno perfettamente disposto ad assentirea celie verità, nel caso in cui fosse privo della fede infusa.

Similmente dico, in modo proporzionale [rispetto al caso [56]precedente], dell' abito della teologia, il quale include, nellasua perfezione, la fede infusa e quella acquisita degli articoli difede e delle altre verità rivelate da Dio nella Scrittura; così dicoanche che [la teologia] non è tanto questa fede infusa, né tantoquella acquisita, ma entrambe nello stesso tempo. La teologiaè dunque necessaria, parlando di potenza ordinata e parlandodell' abito più importante, o di ciò che compete principalmentealla teologia, che è la fede infusa, e questo in modo generale,che riguarda tutti. Non così quanto al secondo abito che [la

86 Oppure: «è deposta l'inimicizia».87 Come sopra.

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doctorem et eum intelligere, et hoc quantum ad aliquorum ge­neralium fidem acquisitam.

II. - SOLUTlO QUAESTIONIS

[57] Ad quaestionem igitur respondeo, primo distinguendo quo-modo aliquid dicatur supematurale. Potentia enim receptivacomparatur ad actum quem recipit, vel ad agentem a quo re­cipit. Primo modo ipsa est potentia naturalis, vel violenta, ve 1neutra. Naturalis dicitur si naturaliter inclinetur, violenta si sitcontra naturalem inclinationem passi, neutra si neque incline­tur naturaliter ad illam formam quam recipit neque ad oppo­sitam81 . In hac autem comparatione nulla est supematuralitas.Sed comparando receptivum ad agens a quo recipit formam,tunc est naturalitas quando receptivum comparatur ad taleagens quod natum est naturaliter imprimere talem formam intali passo, supematuralitas autem quando comparatur ad agensquod non est naturaliter impressivum illius fonnae in illud pas­sum.

[58] Antequam haec distinctio ad propositum applicetur, contraistud arguitur multipliciter: tam quod distinctio 'naturalis' et'violenti' sumatur ex comparatione passi ad agens et non tan­tum ex comparatione eius ad f011l1am, quam quod distinctio

81 Circa il naturale, violento e neutro cf. ARiSTOT., Physic., IV, t. 67; DeCaelo, I, t. 9-10; De genero et corrupt., II, t. 43; Eth. ad Nic. III, c. 1.

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PARTE PRIMA

teologia] include, ossia la fede acquisita, perché forse questaè necessaria, per potenza ordinata, nell' adulto che può avere ecomprendere un maestro, e questo vale per la fede acquisita inqualche verità generale.

II. - SOLUZIONE DELLA QUESTIONE

Alla questione, dunque, rispondo distinguendo, anzitutto, in [57]che senso qualcosa viene detta soprannaturale. Ebbene, si pa­ragoni la facoltà recettiva all'atto che essa riceve, o all'agenteda cui riceve [l'atto]. Nel primo modo la facoltà è naturale,violenta o indifferente [neutra]. Si dice naturale se è inclinatanaturalmente, violenta se fosse contro la naturale inclinazionedel soggetto passivo, neutra se non fosse inclinata naturalmen-te a quella forma che essa riceve, né [ad una perfezione] oppo-sta [a quella stessa forma]. Nel rapporto tra la potenza recettivae l'atto ricevuto non vi è alcuna soprannaturalità. Ma compa­rando il soggetto recettivo con l'agente da cui riceve la forma,allora vi è naturalità quando il soggetto recettivo è comparatoall'agente che è ordinato per natura [natum] ad imprimere taleforma in tale soggetto recettivo; vi è soprannaturalità quandolo stesso soggetto recettivo è comparato a un agente che non ènaturalmente ordinato ad imprimere [naturaliter impressivum]quella forma in quel soggetto recettiv088

.

Prima di applicare questa distinzione alla nostra questione [58]specifica [ad propositum] , si argomenta variamente contro diessa, sia che la distinzione della [facoltà] naturale e violenta siapresa dalla comparazione del soggetto recettivo con l'agente89

,

88 In altri termini, l'impressione avviene per un atto libero di volontà enon della natura dell' agente.

89 Questo sarà detto "primo modo".

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PARS PRIMA

'naturalis' et 'supernaturalis' sumatur ex comparatione passiad fonnam et non tantum ex respectu eius ad agens82

• Quaeargumenta non ponuntur hic83

[59] Sed solutio rationabilis apparet, quia illud est per se cau-sa alicuius, quo posito, circumscripto ve1 variato quocumquealio, sequitur effectus84 . Nunc autem licet forma contra quaminclinatur receptivum non inducatur nisi per agens violentanspassum, nec agens supernaturale agat supernaturaliter nisi in­ducendo fonnam, tamen per se ratio 'violenti' est ex habitu­dine passi ad formam85 , et per se ratio 'supernaturalis' est exhabitudine passi ad agens. Probatur, quia passo et forma ma­nentibus in sua ratione (puta quod forma sit receptibilis, contratamen inclinationem passi), quomodocumque varietur agens,passum violenter recipit; similiter, passo et agente sic se ha­bentibus quod solum agens non naturaliter activum transmutetpassum (solum, inquam, ita quod agens naturale non dispo­nat), quamcumque formam inducet erit supernaturalis respectupassi. Hoc sic probatur secundo quia non tantum in 'induci'sed in 'permanere': aliqua forma violenter pennanet in passosine actione extrinseca licet non diu, aliqua naturaliter et diu;aliqua manet naturalis, aliqua supernaturalis, propter agenstantum, ita quod circumscribendo agens a quo fit non possetdici supernaturalis; posset autem dici naturalis, quia perficitnaturaliter, comparando formam ad receptivum tantum86

82 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. lO, q. 3, ad 1 (I f. 76C-D).83 Sono affi'ontati in DUNS SCOTUS, Ordinatio, IV, d. 43, q. 4, n. [4-5].84 Circa la causa per sé e per accidens cf. ARlSTOT., Physic., Il, t. 32-33

(B c. 3, 195a 27-195b 3); t. 50 (c. 5, 196b 24-29).85 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, IV, d. 43, q. 4, n. [4].86 Ibidem.

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PARTE PRIMA

e non solo con la forma [impressa nel soggetto recettivo], siache la distinzione del naturale e del soprannaturale si prendadalla comparazione del soggetto recettivo con la forma90 e nonsolo con l'agente. Ma questi argomenti non si trovano qui.

Tuttavia, la soluzione appare ragionevole perché è causa [59]per sé di qualcosa ciò da cui, una volta posto, - circoscritto ovariato qualsiasi altro fattore -, deriva l'effetto. Ora, invece,benché la forma contro la quale è inclinato il soggetto recettivonon sia indotta se non per mezzo di un agente che usa violenzaverso il soggetto recettivo, né l'agente soprannaturale agiscain modo soprannaturale se non inducendo la fonna, tuttavia,per sé, la ragione [dell'azione] violenta viene dall'abitudinedel soggetto recettivo alla forma, e per sé la ragione [dell'agi-re] soprannaturale viene dall'abitudine del soggetto recettivoverso l'agente. Si prova perché, se il soggetto recettivo e laforma pelmangono nella loro ragione propria (ammetti che laforma sia ricevibile, benché contro l'inclinazione del soggettoricettivo), in qualsiasi modo sia variato l'agente, il soggetto re­cettivo riceve sempre in modo violento. Similmente, quando ilsoggetto recettivo e l'agente si rapportano tra loro in modo chel'agente solo per attività non naturale muta il soggetto recetti-vo (solo, dico, nel senso che l'agente naturale non disponga [ilsoggetto recettivo alla ricezione della forma]91), qualsiasi for-ma induca, sarà soprannaturale rispetto al soggetto recettivo.

Ciò si prova secondariamente perché [si tratta] non solodi esser indotta, ma anche della permanenza: qualche formaviolentemente [ricevuta] permane nel soggetto recettivo sen­za alcuna azione estrinseca, benché non a lungo, qualche altrapermane naturalmente e a lungo; qualche forma che rimane

90 Questo sarà detto "secondo modo".91 L'azione non naturale è un'azione che proviene dalla volontà libera.

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PARS PRIMA

[60] Ad propositum igitur applicando, dico quod comparandointellectum possibilem ad notitiam actualem in se nulla est sibicognitio supernaturalis, quia intellectus possibilis quacumquecognitione naturaliter perficitur et ad quamcumque cognitio­nem naturaliter inc1inatur. Sed secundo modo loquendo, sic estsupernaturalis quae generatur ab aliquo agente quod non estnatum movere intellectum possibilem ad talem cognitionemnaturaliter.

[61] Pro statu autem isto, secundum Philosophum87, intellectuspossibilis natus est moveri ad cognitionem ab intellectu agenteet phantasmate, igitur sola illa cognitio est ei naturalis quae abistis agentibus imprimitur. Virtute autem istorum potest haberiomnis cognitio incomplexi quae secundum legem communemhabetur aviatore, sicut patet in instantia contra rationem ter­tiam principalem. Et ideo licet Deus possit per revelationemspecialem cognitionem alicuius incomplexi causare, sicut inraptu, non tamen talis cognitio supernaturalis est necessaria delege communi.

87 ARISTOT., De an., III, t. 2-3 (f c. 4, 429a 13-18); t. 18 (c. 5, 430a 14­17); t. 30 (c. 7, 431 a 14-17); t. 39 (c. 8, 432a 8-10).

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PARTE PRIMA

è naturale, qualche altra è soprannaturale, solo a causa del­l'agente, così che esc1udendo [circumscribendo] l'agente dacui ha avuto origine, non si potrebbe dire soprannaturale; po­trebbe invece esser detto naturale, perché perfeziona in modonaturale, comparando solo la forma al soggetto recettivo.

Applicando, dunque, [la definizione di naturale e sopranna- [60]turale] alla nostra questione, dico che, rapportando l'intellettopossibile alla conoscenza attuale in sé, non vi è conoscenzasoprannaturale per l'intelletto, in quanto l'intelletto possibile ènaturalmente perfezionato da qualsiasi conoscenza ed è natu­ralmente inc1inato a qualsiasi tipo di conoscenza. Ma parlandodel secondo modo92

, è soprannaturale ciò che è generato daqualche agente che per natura non è ordinato a muovere natu­ralmente l'intelletto possibile a tale conoscenza.

Nello stato presente, secondo il Filosofo, l'intelletto pos- [61]sibile è ordinato per natura ad esser mosso alla conoscenzadall'intelletto agente e dal fantasma, dunque gli è naturale soloquella conoscenza che è impressa da queste cause [agentibus].Per viliù di queste cause, si può avere ogni tipo di conoscenzadelle [verità] semplici [incomplexi]93, propria del viatore se­condo la legge comune, come risulta evidente dall'istanza94

contro la terza ragione principale. Perciò, benché Dio possaper speciale rivelazione causare la conoscenza di alcune [veri-tà] semplici [incomplexi], come nel rapimento estatico, tutta-via tale conoscenza soprannaturale non è necessaria per leggecomune.

92 Cf. sopra, n. 57, ossia considerando l'intelletto in rapporto alla causaagente.

93 Ossia, dei semplici concetti appresi per astrazione dalle cose che sipercepiscono con i sensi.

94 Cf. n. 42.

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[62] De complexis autem veritatibus secus est, quia, sicut osten-sum est per tres primas rationes contra primam opinionemadductas, posita tota actione intellectus agentis et phantasma­tum, multae complexiones remanebunt nobis ignotae et nobisneutrae quamm cognitio est nobis necessaria. Istarum igiturnotitiam necesse est nobis supernaturaliter tradi, quia nulluseamm notitiam potuit naturaliter invenire et eam aliis docendotradere, quia sicut uni ita et cuilibet ex naturalibus erant neu­trae88

• Utmm autem post primam doctrinae de talibus tradi­tionem possit alius ex naturalibus assentire doctrinae traditae,de hoc in III libro distinctione 23 89

• Haec autem prima traditiotalis doctrinae dicitur revelatio, quae ideo est supernaturalis,quia est ab agente quod non est naturaliter motivum intellectuspro statu isto.

[63] Aliter etiam posset dici actio vel notitia supernaturalis quiaest ab agente supplente vicem obiecti supernaturalis. Namobiechlm natum causare notitiam huius 'Deus est trinus', etsimilium, est essentia divina sub propria ratione cognita; ipsasub tali ratione cognoscibilis est obiectum supernaturale90

Quodcumque ergo agens causat notitiam aliquam veritatumquae per tale obiectum sic cognitum natae essent esse eviden­tes, illud agens in hoc supplet vicem illius obiecti. Quod siipsum agens causaret perfectam notitiam illamm veritatum

88 Cf. HENRICUS GAND., SlIl11l11a, a. 13, q. 3, in corpo (I f. 9lB-92F).89 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, III, SlIPPI., d. 23, q. un., n. [4-5].90 Cf. ibidem, I, d. 3, pars l, q. 2, n. [16].

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PARTE PRIMA

Per quanto riguarda le verità complesse95 , invece, le cose [62]stanno diversamente, perché, come è stato messo in eviden-za nelle prime tre ragioni addotte contro la prima opinione96,

ammessa tutta l'azione dell'intelletto agente e dei fantasmi,rimarranno a noi ignote ed indifferenti molte [verità] com­plesse [complexiones], la cui conoscenza, [però], è necessariaper noi [in vista del conseguimento del nostro fine ultimo].È necessario, dunque, che la conoscenza di queste verità cisia comunicata in modo soprannaturale, perché nessuno puògiungere in modo naturale alla conoscenza di queste verità, néla si può comunicare agli altri tramite l'insegnamento, perché[tali verità soprannaturali] erano indifferenti per l'uno e per glialtri, dal punto di vista delle facoltà naturali. Se invece si possaassentire, con le sole forze naturali, alla dottrina che riguardatali verità, dopo che sia stata trasmessa la prima volta, si parle-rà nel libro III, d. 23, deIl 'Opus Oxon. 97. D'altra parte, la primacomunicazione di tale dottrina si dice rivelazione, la quale èperciò soprannaturale, perché proviene da un agente che non ènaturalmente ordinato a muovere l'intelletto, nel presente sta-to.

Diversamente, si potrebbe anche dire soprannaturale [quel [63]tipo] di azione o di conoscenza che deriva da una causa sup­plente, che agisce al posto dell' oggetto soprmmaturale. Infattil'oggetto propriamente adatto [natum] per causare la conoscen-za di questa [verità]: «Dio è Trino», e simili, è l'essenza divinaconosciuta sotto la sua ragione propria; la stessa [essenza divi-na] conoscibile sotto tale ragione [propria] è oggetto sopranna­turale. Dunque, qualsiasi agente che causa qualche conoscenzadi verità che, per mezzo di tale oggetto conosciuto sotto la sua

95 Ossia, le verità delle proposizioni.96 Cf. sopra, nn. 13-18. 40-41.97 Cf. sopra, nn. 4-5.

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qualem obiectum in se cognitum causaret, tunc perfecte sup­pleret vicem obiecti; pro quanto imperfecta notitia quam facit,virtualiter continetur in illa perfecta cuius obiectum in se co­gnitum esset causa.

[64] Ha est in proposito. Nam revelans hanc 'Deus est trinus'causat in mente aliquam notitiam huius veritatis, licet obscu­ram, quia de obiecto sub ratione propria non cognito, quodobiectum si esset sic cognitum, natum esset causare perfectamet claram notitiam illius veritatis. Pro quanto ergo est haecnotitia obscura et in illa clara includitur eminenter, sicut im­perfectum in perfecto, pro tanto revelans hanc obscuram, velcausans, supplet vicem obiecti, illius clarae notitiae causativi,praecipue cum non possit notitiam alicuius veritatis causarenisi ut supplens vicem alicuius obiecti; nec veritatum taliumde isto obiecto notitiam causare possit ut supplet vicem obiec­ti alicuius inferioris naturaliter motivi intellectus nostri, quianullum tale virtualiter includit aliquam notitiam veritatumillarum, nec claram etiam nec obscuram; igitur oportet quodin causando etiam illam obscuram suppleat aliqualiter vicemobiecti supernaturalis.

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PARTE PRIMA

ragione propria, fossero evidenti per natura [natae esset esseevidentes] , quella causa agente, in questo caso, supplisce inciò al posto di quell'oggetto. Se lo stesso agente causasse laconoscenza perfetta di quelle verità, così come le causerebbel'oggetto conosciuto in se stesso, allora supplirebbe perfetta­mente al posto dell' oggetto. In proporzione a quanto imperfet­ta è la conoscenza prodotta, [questa] è virtualmente contenutain quella perfetta, di cui sarebbe causa l'oggetto conosciuto inse stesso.

Così è nell'assunto della questione [ad propositum]. Infat- [64]ti, colui che rivela la verità «Dio è Trino», causa nella mentequalche conoscenza di quella verità, benché oscura, perché ri­guarda un oggetto non conosciuto nella sua ragione propria; se,invece, l'oggetto fosse conosciuto nella sua ragione propria,sarebbe capace per sua natura di causare la perfetta e chia-ra conoscenza di quella verità. Nella misura in cui, dunque,questa conoscenza è oscura ed è inclusa, in modo eminente,nella conoscenza chiara, come l'imperfetto nel perfetto, cosìcolui che rivela tale conoscenza oscura, o la produce, supplisceal posto dell' oggetto che è causa di quella conoscenza chiara,principalmente perché non potrebbe causare la conoscenza dialcuna verità [soprannaturale] se non come supplente al postodi qualche oggetto [soprannaturale]; nemmeno potrebbe cau-sare la conoscenza di tali verità di questo oggetto [sopranna­turale], nel modo in cui supplisce al posto di qualche oggettoinferiore naturalmente capace di muovere [motivi] il nostrointelletto, perché nessun oggetto siffatto include virtualmentealcuna conoscenza di quelle verità [soprannaturali], né chiara,né oscura; perciò risulta conveniente che, nell'attività causale,anche la conoscenza oscura supplisca, in qualche modo, al po-sto dell' oggetto soprannaturale.

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PARS PRIMA

[65] Differentia istorum duorum modorum ponendi supernatura-litatem notitiae revelatae patet, separando unum ab alio. Puta,si agens supernaturale causaret notitiam obiecti naturalis, ut siinfunderet geometriam alicui, ista esset supernaturalis primomodo, non secundo (hoc est utroque modo, quia secundus in­fert primum licet non e converso). Ubi autem est primus tan­tum, ibi non est necesse quod sit supernaturalis quin naturaliterpossit haberi; ubi est secundus modus, necessitas est ut super­naturaliter habeatur, quia naturaliter haberi non potest91

91 Cf. HENRICUS GAND., SU111111a, a. 13, q. 3, ad 2 (l f. 92H).

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PARTE PRIMA

La differenza tra questi due modi98 di intendere la sopran- [65]naturalità della conoscenza rivelata è evidente, se si separanol'uno dall'altro. Per esempio, se l'agente soprannaturale cau-sasse la conoscenza di un oggetto naturale, come potrebbe es-sere l'infusione in qualcuno della conoscenza della geometria,questa conoscenza sarebbe soprannaturale nel primo mod099,

non nel secondo lOo (in quest'ultimo caso si avrebbero entrambii modi, perché il secondo modo implica il primo, ma non vi­ceversa). Dove vi sia solo il primo modo, non è necessario chela conoscenza soprannaturale sia tale da non potersi avere inmodo naturale; dove vi sia il secondo modo, è necessario chela conoscenza si abbia in modo soprannaturale, perché non sipuò avere in modo naturale.

98 Cf. sopra, n. 58.99 Cf. sopra: «Dalla comparazione del soggetto recettivo con l'agente»

(n. 58); «È soprannaturale ciò che è generato da qualche agente che pernatura non è ordinato a muovere naturalmente l'intelletto possibile a taleconoscenza» (n. 60).

100 Cf. sopra: «La distinzione del naturale e del soprannaturale si prendadalla comparazione del soggetto recettivo con la forma» (n. 58); «Si po­trebbe anche dire soprannaturale [quel tipo] di azione o di conoscenza chederiva da una causa supplente, che agisce al posto dell'oggetto sopranna­turale» (n. 63). Il "secondo modo" è la conoscenza della verità sopranna­turale, ossia che «riguarda un oggetto non conosciuto [né conoscibile ora]nella sua ragione propria» (n. 64), come lo sono tutte le proposizioni (detteanche verità complesse) rivelate che riguardano la Santissima Trinità (cf.sopra, n. 62).

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PARS PRIMA

III. - CIRCA TRES RATIONES PRINCIPALES

CONTRA PIITLOSOPHOS

[66] Tres rationes quibus innititur ista solutio confirmantur perauctoritates. Prima per auctoritatem Augustini XVIII De civi­tate92 cap. Il: «Phi10sophi, nescientes ad quem finem essentista referenda, inter falsa quae locuti sunt verum videre potue­runt»93 etc.

[67] Secunda confirmatur per Augustinum XI De civitate94 cap.2: «Quid prodest nosse quo eundum sit, si ignoratur via quaeundum sit?» In hoc elTabant philosophi, qui etsi aliqua verade virtutibus tradiderunt, tamen falsa miscuerunt, secundumauctoritatem praecedentem Augustini95, et patet ex eorum li­bris. Improbat enim Aristoteles politias a multis aliis disposi­tas, II Politicae. Sed nec ipsa politia Aristotelis est ilTeprehen­sibilis: VII enim Politicae cap. 7 docet deos esse honorandos(<<Decet enim», inquit, «honorem exhibere diis»), et ibidemcap. 5 «lex nullum orbatum» tradit «nutrire»!

92 AUGUST., De civ. Dei, XVIII, c. 41, n. 3 (PL 41,602; CSEL XL parsII 334, 22-335, 3).

93 Cf. anche HENRlcus GAND., SU1I1111a, a. 7, q. 6, in corpo (I f. 55 O).94 AUGUST., De civ. Dei., XI, c. 2 (PL 41, 318; CSEL XL pars I 513,

12-15).

95 Cf. AUGUST., De civ. Dei, XVIII, c. 41, n. 2 (PL 41,601; CSEL XLpars II 334, 1-2).

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PARTE PRIMA

III. - OSSERVAZIONI SULLE TRE RAGIONI PRINCIPALI

CONTRO I FILOSOFI

Le tre ragioni per le quali si sostiene questa soluzione si [66]confermano con argomenti di autorità. La primalol con l'au­torità di sant'Agostino nel libro XVIII, cap. Il, de La città diDio: <<I filosofi, che ignoravano a quale fine dovessero riferirsiquelle cose, tra le cose false che avevano detto, poterono vede-re la verità».

La seconda102 si conferma con l'autorità di sant'Agostino [67]nel libro XI, cap. 2, de La città di Dio: «A che giova conosceredove si debba andare, se si ignora per quale via si debba cam­minare?». In ciò sbagliavano i filosofi perché, circa le virtù,insegnarono qualcosa di vero mescolato con qualcosa di falso,secondo quanto disse precedentemente l'autorità di sant'Ago­stino, e come è evidente dai loro libri. Infatti, Aristotele nel li-bro II de La politica, disapprova l'ordine sociale approvato damolti altri. Ma lo stesso ordine della società proposto da Ari­stotele non è irreprensibile: nel libro VII, cap. 7, de Lapolitica,infatti, egli insegna che bisogna onorare gli dei (<<conviene,infatti» egli dice «rendere culto agli dei») e lì stesso, al cap. V,che «la legge» prescrive «di non allevare i bimbi abbandona­ti»l03.

101 Cf. sopra, nn. 13-16.I02Cf.sopra,nn.17-18.103 In Politica, VII, [c. 16] (H c. 16, 1335b 19-25), Aristotele dice che i

genitori non devono nutrire i figli ciechi, e che possono abortire, prima chevi siano i sensi nel feto, se i bambini fossero troppi.

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PARS PRIMA

[68] Tertia ratio confirmatur per Augustinum XI De civitate96

cap. 3: «Ea quae remota sunt a sensibus nostris, quoniam testi­monio nostro scire non possumus, aliorum testimonio requiri­mus»97. Et hoc confirmat totam solutionem principalem. Quiaenim complexiones illae de quibus argutum est nobis ex seneutrae sunt, nullus potest testimonio suo credere de ipsis, sedoportet testimonium supernaturale requirere alicuius superio­ris tota specie humana.

[69] Qualiter autem prima traditio sive revelatio talis doctrinaepotuerit fieri et facta fuerit, dubium est, - an scilicet locutioneinteriore, an exteriore, cum aliquibus signis adhibitis, sufficien­tibus ad causandum assensum; ad propositum sufficit, quodutroque modo potuit supernaturaliter talis doctrina revelari98

,

sed neutro modo sine errore potuit ab homine tradi prim099•

[70] Contra istas tres rationes simul instatur quod seipsas de-struant, quia quod ostenditur esse necessario cognoscendum,hoc ostenditur esse verum, quia nihil scitur nisi verum lOO

; ergoquidquid istae rationes ostendunt necessarium esse cognosci(puta quod fruitio Dei in se est finis hominis, quoad primam, ­via deveniendi ad ipsam, est per merita quae Deus acceptat utdigna tali praemio, quoad secundam, - quod Deus est trinus et

96 AUGUST., De civ. Dei., Xl, c. 3 (PL 41,318; CSEL XL pars l 514, 1-3).

97 Cf. anche HENRICUS GAND., SUl11l11a, a. 13, q. 3, in corpo (I f. 9lC).98 Cf. HENRICUS GAND., SlIl11l11a, a. 14, q. 1, ad 1 (l f. 100H).99 Cf. ibidem, a. 8, q. 4, in corpo (f. 66C-67F).100 Cf. ARISTOT., Anal. post., l, C. 2 [t. 5] (A c. 2, 7lb, 25-26); AUGUST.,

De diversis qllaest., 83, q. 9 (PL 40, 13).

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PARTE PRIMA

La terza ragione lO4 è confermata da sant'Agostino, nel li- [68]bI'o IX, cap. 3, de La città di Dio: «Le cose che sono lontanedai nostri sensi, poiché non le possiamo conoscere per testi­monianza diretta, le ricerchiamo dalla testimonianza degli al-tri». Questo conferma tutta la soluzione principale lO5

• Poiché,infatti, quelle verità complesse [complexiones] di cui è statodetto lO6

, sono, per sé, indifferenti a noi, nessuno può credereloro per sua propria testimonianza, ma è necessario richiederela testimonianza soprannaturale di qualcuno superiore a tuttala specie umana.

Circa il modo in cui la prima comunicazione o rivelazione [69]di tale dottrina sia potuta avvenire ed avvenne di fatto, vi èil dubbio, se fosse, cioè, avvenuta per locuzione interiore oesteriore, con alcuni segni appropriati [adhibitis], sufficienti aprovocare l'assenso; per lo scopo ciò è sufficiente, in quantotale dottrina avrebbe potuto esser rivelata soprannaturalmentein entrambi i modi, ma in nessuno dei due modi poteva esserinizialmente comunicata, senza errore, dall'uomo.

Contro queste tre ragioni 107 si obbietta che si distruggono [70]da se stesse, perché quanto si dimostra esser necessariamenteconosciuto, ciò si dimostra che è vero, poiché nulla si conoscese non la verità; quindi, qualsiasi cosa di queste ragioni, che lestesse affermano debba esser conosciuta necessariamente (peresempio che la fruizione di Dio in sé è il fine dell 'uomo, quan-to alla prima lO8

- che la via di pervenire a tale fruizione sono imeriti che Dio accetta come degni di tale premio, quanto alla

104 Cf. sopra, nn. 40-41.105 Cf. sopra, nn. 57-65.106 Cf. sopra, nn. 40-41. 62.107 Le quali provano che sia necessaria, per l'uomo, la conoscenza di

una dottrina rivelata da Dio.108 Cf. sopra, nn. 13-16.

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PARS PRIMA

contingenter causat, et huiusmodi, quoad tertiam), totum illudostenditur esse verum. Vel igitur istae rationes non sunt nisi exfide, vel ex ipsis concluditur oppositum illius quod probant.

[71] Respondeo: naturali ratione ostenditur necessarium essescire alteram partem determinate huius contradictionis 'fruitioest finis, fruitio non est finis', hoc est, quod intellectus non estmere dubius vel neuter in hoc problemate 'an fruitio sit finis',quia talis dubitatio vel ignorantia impediret inquisitionem fi­nis; non autem ostenditur naturali ratione quod haec pars sitnecessario cognoscenda. Et hoc modo rationes praedictae utsunt naturales concludunt de altera parte contradictionis, hacvel illa; non determinate de hac nisi ex creditis tantum.

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PARTE PRIMA

seconda109-, che Dio è Trino e produce in modo contingente,

secondo la trinità delle persone, e cose simili, quanto alla ter­za llO

), tutto ciò si dimostra che è vero. O dunque queste ragioninon si conoscono se non per fede, o dalle stesse si concludeall'opposto di ciò che provano l l l.

Rispondo. Con la ragione naturale si dimostra che è neces- [71]sario conoscere in modo determinato una delle due parti [alte-ram partem] di questa contraddizione: «la fruizione è il fine, lafruizione non è il fine». Infatti, l'intelletto non è semplicemen-te dubbioso o indifferente circa il problema «se la fruizionesia il fine», in quanto tale dubbio o ignoranza impedirebbe laricerca del fine. Non si prova, invece, con la ragione naturale,che questa parte ll2 si debba conoscere necessariamente [comevera]. In tal modo le ragioni predette, poiché sono naturali,concludono per una delle due parti [altera parte] della con­traddizione, in modo che questa o quella [sarà la parte vera];non concludono in modo determinato che questa parte, [ossia«la fruizione è il fine», è quella vera], se non per fede soltan-to ll3 .

109 Cf. sopra, nn. 17-18.1IO Cf. sopra, nn. 40-41.

III Il dilemma sarebbe il seguente: se si procede con la fede, allora la ra­gione naturale e le argomentazioni non servono piÙ (fideismo), ed è impos­sibile il dialogo coi filosofi; se si procede con la sola ragione, sembra chela natura non venga meno nelle cose necessarie, e non sarà piÙ necessariaalcuna rivelazione soprannahlrale (razionalismo).

112 Ossia «la fruizione è il fine».113 Cf. sopra, n. 12.

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PARS PRIMA

IV. - AD ARGUMENTA PHILOSOPHORUM

[72] Ad argumenta pro opinione Aristotelis. Ad primum dicoquod cognitio dependet ab anima cognoscente et obiecto co­gnito101

, quia secundumAugustinum, IX De Trinitate 102 cap. ul­timo, «a cognoscente et cognito paritur notitia» 103. Licet igituranima habeat sufficiens activum et passivum intra pro quantoactio respectu cognitionis convenit animae, tamen non habetsufficiens activum intra se pro quanto actio convenit obiecto,quia sic est ut tabula nuda, ut dicitur III De anima104 • Est igiturintellectus agens quo est omnia facere, velUm est in quantum'factio' respectu cognitionis convenit animae, non in quantumobiectum est activum.

[73] Ad confirmationem rationis. Ad maiorem dico quod naturaquandoque accipitur pro principio intrinseco motus vel quietis- prout describitur II Physicorum - quandoque pro principioactivo naturaliter, prout natura distinguitur contra artem sivecontra propositum propter oppositum modum principiandi,sive sit intrinsecum sive non, dummodo sit naturale105 • Primomodo maior non est vera, quia non conespondet omni passi­vo naturaliter principium activum intrinsecum quod sit natura,

101 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, I, d. 3, pars 3, q. 2, n. [20]; Quod/., q.15, n. [7].

102 AUGUST., De n·in., IX, c. 12, n. 18 (PL 42,970).103 Cf. HENRICUS GAND., SUll1ma, a. 40, q. 7, in corpo (I f. 259H); Quod/.,

V, q. 14, in corpo (f. l75C).104 ARISTOT., De an., III, t. 14 (c. 4, 429b, 30-430a, 2); Cf. HENRICUS

GAND., SUll1ma, a. l, q. lO, argo l, in app. (f. 19E).105 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. l, q. 4, ad l et q. 6, in corpo (I f. l3G.

l6C).

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PARTE PRIMA

IV. - CIRCA GLI ARGOMENTI DEI FILOSOFI

[Ora prendo in considerazione] gli argomenti ll4 in favore [72]all'opinione di Aristotele1l5

• Al primo l16 dico che la conoscen-za dipende dall'anima che conosce e dall'oggetto conosciuto,secondo quanto dice Agostino nel libro IX, cap. ultimo, de LaTrinità: «La conoscenza è generata dal conoscente e dall'og-getto conosciuto». Benché, dunque, l'anima abbia sufficienteattività e passività interna, nella misura in cui l'attività rispettoalla conoscenza conviene all'anima, tuttavia non ha sufficienteattività interna in relazione all'attività che conviene all'ogget-t0 117

, perché, da questo punto di vista, è come una tavola nuda,come si dice nel libro III, de L'anima. L'intelletto agente, dun-que, è ciò per cui è prodotta ogni cosa [sul piano intenzionale];ciò è vero in quanto «il produrre», rispetto alla conoscenza,conviene all'anima, [ma] non in quanto l'oggetto è attivo.

[Considero ora] la confenna l18 del [primo] argomento [dei [73]filosofi]. Circa la maggiore l19

, dico che la natura alle volte èconsiderata come principio intrinseco del moto o della quiete- come è descritto nel libro II de la Fisica, di Aristotele -, altrevolte come principio naturalmente attivo, in quanto la natura

114 Cf. sopra, nn. 6-11.115 Cf. sopra, n. 5.

116 Cf. sopra: «Per la virtù naturale di questi [principi, ossia l'intellettopossibile e l'intelletto agente] può seguire un atto di intelligenza rispetto aqualsiasi intelligibile» (n. 6).

117 Ossia, l'attività dell'intelletto non si può sostituire all'attività del­l'oggetto.

118 Cf. n. 7.

119 Cf. sopra: «Ad ogni facoltà naturale passiva COlTisponde una [facol­tà] naturale attiva» (n. 7).

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PARS PRIMA

quia multa sunt naturaliter receptiva alicuius actus, cuius nonhabent principium activum intrinsecum. Secundo etiam modopropositio maior est falsa in quibusdam, quando videlicet na­tura propter sui excellentiam ordinatur naturaliter ad recipien­dum perfectionem ita eminentem, quae non possit subesse cau­salitati agentis naturalis secundo modo. Ha est in proposito.

[74] Cum probatur maior, dico quod potentia passiva non estfrustra in natura, quia etsi per agens naturale non possit princi­paliter reduci ad actum, tamen potest per tale agens dispositioad ipsum induci, et potest per aliquod agens in natura - id estin tota coordinatione essendi vel entium puta per agens pri­mum vel supernaturale complete reduci ad actum.

[75] Et si obicitur quod istud vilificat naturam quod ipsa nonpossit consequi perfectionem suam ex naturalibus Io6, cum na­tura minus deficiat in nobilioribus, ex II De caelo et mundo I07 ,

respondeo: si felicitas nostra consisteret in speculatione supre­ma ad qualem possumus nunc naturaliter attingere, non diceretPhilosophus108 naturam deficere in necessariis109 . Nunc autem

106 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. l, q. 2, in corpo (1 f. 4B).107 ARISTOT., De caelo, II, t. 50 (B c. 8, 290a 29-35); t. 59 (c. 11, 291b

12-16).108 ARISTOT., De an., III, t. 45 (c. 9, 432b 21-22).109 Cf. HENRICUS GAND., Summa, q. 4, ad 2 (f. BR).

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PARTE PRIMA

è distinta dall'mie 120, ovvero dall'atto deliberato [contra pro­positum] in ragione di un modo opposto d'essere principio,indifferente se intrinseco o estrinseco, purché sia naturale. Sela natura si intende nel primo modo, la maggiore non è vera,perché non ad ogni principio passivo corrisponde naturalmen­te un principio attivo intrinseco che sia una natura [col princi­pio passivo], poiché molte cose naturalmente possono riceverequalche atto, di cui non hanno il principio attivo intrinseco.Anche nel secondo modo la proposizione maggiore è falsa, incerti casi, quando cioè la natura è naturalmente ordinata, per lasua eccellenza, a ricevere una perfezione così elevata, da nonpoter sottostare alla causalità deli' agente naturale intesa nelsecondo modo 121 . Così è nel nostro caso.

Quando poi si prova la maggiore122, dico che la potenza pas- [74]siva non è vana in natura in quanto, benché non possa esser ri-dotta ali' atto principalmente dall' agente naturale, tuttavia puòessere indotta da tale agente la disposizione all'atto e può, permezzo di qualche causa agente nella natura - cioè nella totalecoordinazione dell'essere o degli enti -, per esempio per mez-zo della causa prima o soprannaturale, essere completamenteridotta all'atto.

Se si obbietta che ciò umilia la natura, poiché, in tal modo, [75]non potrebbe conseguire la sua perfezione con le forze natura-li, mentre dal libro II de Il cielo e il mondo, risulta che la naturasarebbe meno carente nelle cose più nobili, rispondo: se la no-

120 Qui l'arte è intesa come principio volontario dell'operazione produt­tiva, in forza del quale, chi lo possiede, può agire in un modo o in un altro,come piace a lui (cf. Opus Oxon. II, d. 18, q. un., ed. Wadding - Vivès).

121 L'edizione Wadding - Vivés aggiunge: «come il corpo umano rispet­to all'anima razionale».

122 Cf. n. 7: «[ ... ] altrimenti si vedrebbe la facoltà passiva vanificata innatura, se nulla la potesse ridurre all'atto».

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PARS PRIMA

illam concedo posse haberi naturaliter, et ultra, dico aliameminentiorem posse recipi naturaliter. Igitur in hoc magis di­gnificatur natura, quam si suprema sibi possibilis poneretur illanaturalis; nec est mirum quod ad maiorem perfectionem sitcapacitas passiva in aliqua natura quam eius causalitas activase extendat.

[76] Illud quod adducitur de II Caeli et mundi non est ad propo-situm, quia Philosophus loquitur ibi de organis corresponden­tibus potentiae motivae si ipsa inesset stellis. Et concedo quoduniversaliter cui datur potentia quae nata est esse organica, eidatur a natura organum, in non-orbatis dico. Sed in propositodata est potentia, sed non organica; non tamen data sunt na­turaliter omnia alia praeter potentiam concurrentia ad actum.A Philosopho igitur ibi haberi potest quod natura ordinabilisad aliquem actum vel obiectum naturaliter habet potentiam adillud, et organum si potentia est organica; sed non sic de poste­rioribus requisitis ad actumilO •

IlO Cf. ibidem, a. 24, q. 1, in corpo (I f. 137E).

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stra felicità consistesse nella suprema speculazione alla qualeora possiamo naturalmente pervenire, il Filosofo non avrebbedetto che la natura manca delle cose necessarie123 • Ora, invece,concedo che si possa avere naturalmente quella speculazione e,inoltre, dico che può esser acquisita naturalmente un' altra [co­noscenza] più perfetta. Dunque, in questo la natura è maggior­mente nobilitata che se si ammettesse la conoscenza naturalenel massimo grado possibile a sé. Né è strano che in qualchenatura il principio passivo sia capace di maggiore perfezionerispetto a quanto si estenda la sua causalità attiva.

Ciò che si adduce dal libro II, de Il cielo e il mondo, di [76]Aristotele, non è pertinente, perché il Filosofo parla degli or-gani corrispondenti alla facoltà motoria, se la stessa ci fossenelle stelle. Concedo anche che, universalmente, ciò a cui èdata una facoltà naturalmente ordinata ad essere organicai24,ad esso è dato, dalla natura, un organo [corrispondente], parlo

123 Sembra che tale affermazione di Aristotele sia in contraddizione conquanto lo stesso Filosofo afferma, nell'opera De Coelo (Cf. sopra, in que­sto paragrafo), e nel De anima (Cf. sopra, n. 2). Gérard Sondag preferiscetradurre liberamente per armonizzare con l'insegnamento precedente: «IlFilosofo direbbe che la natura non viene meno nelle cose necessarie» (JEANDUNS SCOT, Prologue de l'Ordina/io, Presses Universitaires de France, p.103, n. 75 e nota 2). Invece, a nostro avviso, qui Duns Scoto allude proba­bilmente al testo del De Cielo, dove il Filosofo afferma che gli astri sonoprivi degli organi del moto, e perciò dipendono da altro nel loro movimen­to. Cf. ARiSTOTELE, De Coelo, II, C. 8, 290 a 30-34: «Poiché la natura nonfa nulla a caso e non negherebbe [agli astri] le cose più necessarie, comequando ella estende la sua sollecitudine agli animali. Ora, sembra che lastessa natura abbia quasi fatto apposta di privare gli astri di tutto quelloche renderebbe loro possibile un movimento progressivo che provenga daloro stessi, e di tenerli il più possibile al di fuori di tutto ciò che possiedegli organi di movimento».

124 Una facoltà, ossia, che per natura si attua e si esercita tramite unorgano corporeo, come ad esempio i sensi.

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PARS PRIMA

[77] Aliter posset dici ad maiorem quod ipsa est vera loquendode potentia passiva naturali ut passiva comparatur ad activam,non autem ut passiva comparatur ad actum receptum. Diffe­rentia membrorum patet in principio solutionis istius quaestio­ms.

[78] Minor autem est vera secundo modo, non primo modo. Pos-set etiam tertio modo faciliter dici ad minorem, negando, quialicet absolute intellectus possibilis sit naturaliter receptivustalis intellectionis, non tamen pro statu isto. De causa autemhuius dicetur inferius distinctione 3111 .

[79] Ad rationem tertiam quaere responsionem Thomae in Sum-ma l12

, I parte Summae quaestione l, ubi respondet sic, quod«diversa ratio cognoscibilis diversitatem scientiarum indu­cit. Eandem enim conclusionem demonstrat astrologus permedium mathematicum, id est a materia abstractum, (putaquod terra est rotunda), et naturalis per medium circa mate­riam consideratum. Unde nihil prohibet de eisdem rebus de

111 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, I, d. 3, pars l, q. 2, n. [16]; q. 3, n. [2.25-26]; cf. anche Quodl., q. 14, n. [10-12].

112 THOMAS, S. theol., I, q. l, a. l, ad 2 (IV 7ab).

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PARTE PRIMA

qui di soggetti non mutilati. Ma nel nostro caso si tratta di unafacoltà non organica; tuttavia non sono state date naturalmentetutte le altre cose che concorrono all'atto, oltre alla facoltà. Daquanto dice il Filosofo in quel luogo, dunque, si può evincereche la natura ordinabile a qualche atto o a qualche oggetto, hanaturalmente la facoltà per quell'atto, e anche l'organo, se lafacoltà è organica; ma non che abbia anche tutto il resto che èrichiesto per l'atto.

Diversamente, si potrebbe dire circa la maggiore125 che è [77]vera, quando si parla della facoltà passiva naturale, se questasi intende in rapporto alla facoltà attiva; non è vera, invece, sela facoltà passiva si intende in rapporto all'atto ricevuto. Ladifferenza tra questi due modi di intendere la facoltà passiva[membrorum] è evidente all'inizio della soluzione di questaquestione126.

La minore 127, invece, è vera [se intesa] nel secondo modo, [78]

ma non è vera nel primo '28. Si potrebbe facilmente dire, riguar-do alla minore, anche in un terzo modo, cioè negando, poiché,benché assolutamente [parlando] l'intelletto possibile sia na­turalmente recettivo rispetto a tale conoscenza, non tuttavianel presente stato. Sulla causa di ciò si parlerà in seguito, nelladistinzione III.

Circa il terzo argomento [dei filosofiJl29, considera la rispo- [79]sta di Tommaso nella parte I, questione l, della Summa, dove

125 Cf. sopra, n. 7.126 Cf. sopra, n. 57.127 Cf. sopra: «L'intelletto possibile è in potenza passiva rispetto a qual­

siasi intelligibile» (n. 7).128 Cf. sopra, n. 57. È vera, ossia, se si intende la facoltà passiva rispetto

alla forma ricevuta, non rispetto all'agente da cui deriva tale forma.129 Cf. sopra: «Le scienze pratiche acquisite sono sufficienti alla perfe­

zione dell'intelletto pratico, e [le scienze] speculative sono sufficienti allaperfezione dell'intelletto speculativo» (n. 8).

85

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PARS PRIMA

quibus philosophicae disciplinae tractant secundum quod suntcognoscibilia lumine rationis naturalis etÌam aliam scientiamtractare secundum quod cognoscuntur lumine divinae revela­tionis». Contra: si de cognoscibilibus in theologia est cognitiotradita vel possibilis tradi in aliis scientiis, licet in alio lumine,ergo non est necessaria cognitio theologica de eisdem. Con­sequentia patet in exemplo eius, quia cognoscens terram esserotundam per medium physicum, non indiget cognitione permedium mathematicum, tamquam simpliciter necessaria.

[80] Dicta tamen responsio ad teliium1l3 exponitur sic, quod sci-licet habitus et est habitus et est forma; in quantum habitus,habet distinctionem ab obiecto, sed in quantum fonna, potestdistingui a principio activo. Respectu autem habitus scientificiprincipia sunt causae effectivae. Licet igitur ubi est idem sci­bile (puta quod tena est rotunda) non sit distinctio per obiecta,tamen est distinctio per principia quibus mathematicus et phy­sicus hoc ostendunt: et ita erit distinctio habituum in quantumsunt formae et non in quantum sunt habitus.

113 THOMAS, S. theol., I-II, q. 54, a. 2, in corpo (VI 342ab).

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PARTE PRIMA

egli risponde così: «la diversa ragione degli oggetti conoscibiliprovoca la differenziazione delle scienze. L'astrologo ed il fi­sico [natura!is], infatti, dimostrano la stessa cosa (per esempioche la terra è rotonda), il primo per mezzo della matematica,cioè astraendo dalla materia, il secondo per mezzo della mate­ria stessa. Dunque non c'è ragione per negare che quelle stessecose che sono trattate dalle discipline filosofiche in quanto co­noscibili alla luce della ragione naturale, siano trattate ancheda un'altra scienza in quanto conosciute alla luce della divinarivelazione».

Contro: se la conoscenza delle verità teologiche [cognosci­bilibus in theo!ogia] fosse comunicata, anche come possibilità,alle altre scienze, benché sotto un'altra luce, dunque non sa­rebbe necessaria la conoscenza teologica delle stesse. La con­seguenza è evidente nell'esempio addotto [da san Tommaso],perché chi sa che la terra è tonda per mezzo della fisica, non habisogno della conoscenza per mezzo della matematica, comesemplicemente necessaria.

Tuttavia, la suddetta risposta [di san Tommaso] al terzo [ar- [80]gomento dei filosofi] si espone nel modo seguente: l'abito puòessere [considerato] sia abito, sia forma. In quanto abito si di­stingue dall'oggetto, ma in quanto f0l111a può esser distinto dalprincipio attivo [da cui deriva]. Rispetto all'abito della cono­scenza scientifica [scientifici], i principi sono cause efficienti.Benché, dunque, dove vi sia la stessa verità conoscibile (peresempio che la tena è rotonda) non vi è la distinzione in baseall'oggetto, tuttavia vi è la distinzione in base ai principi concui il matematico ed il fisico dimostrano ciò: e così si avrà la

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PARS PRIMA

[81] Contra: forma est communis ad habitum; sed impossibileest aliqua esse distincta in ratione superioris et indistincta inratione inferioris; ergo impossibile est a1iqua esse distincta perrationem formae unde forma et tamen esse indistincta in ra­tione habituum (hoc enim esset ac si aliqua essent distincta inratione animalis et indistincta in ratione hominis). Praeterea,supponit etiam quod principia sunt distinctiva habitus in aliogenere causae quam ut principia effectiva, quod falsum est,quia si aliquam rationem causae distinctivae habeant ad ha­bitus, non habent rationem nisi causae efficientis. Praeterea,semper stat ratio quia quantumcumque possent poni habitusdistincti cognitivi, tamen non salvatur necessitas unius, quasialias cognitio sit impossibilis, ponendo possibilitatem alteriushabitus undecumque distincti.

[82] Ideo ad argumentum respondeo quod in illis scientiis spe-culativis etsi tractetur de omnibus speculabilibus, non tamenquantum ad omnia cognoscibilia de eis, quia non quantum adpropria eorum, sicut patuit prius in tertia ratione contra pri­mam opinionem (quaere supra g).

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PARTE PRIMA

distinzione fra gli abiti !30 in quanto sono forme e non in quantosono abiti.

Contro: la forma è [più] comune rispetto all'abito!3!; ma è [81]impossibile che qualcosa sia distinta in ragione del superioree indistinta in ragione dell'inferiore; dunque è impossibile chequalcosa sia distinta per la ragione della forma in quanto for-ma, e tuttavia sia indistinta in ragione degli abiti (ciò sarebbe,infatti, come se qualcosa fosse distinta in ragione del [genere]animale, e indistinta in ragione [della specie] uomo). Inoltre,suppone anche che i principi distinguono gli abiti in un altrogenere di cause, anziché come principi efficienti, la qual cosaè falsa, perché se [i principi] hanno qualche ragione di causadistintiva rispetto all'abito, non ne hanno se non come causaefficiente. Inoltre, tale ragione [contro il terzo argomento deifilosofi, e contro la risposta di san Tommaso] si regge sempreperché, per quanto si possano ammettere gli abiti conoscitividistinti, tuttavia non si salva la necessità di uno [di questi],quasi che diversamente la conoscenza fosse impossibile, am­mettendo la possibilità dell'altro abito distinto, da qualsiasiparte [lo si consideri].

Perciò all'argomento rispondo che in quelle scienze spe- [82]culative, benché si tratti di tutto ciò che è speculativo, non sitratta, tuttavia, di ogni suo [aspetto] conoscibile, perché non losi considera nei suoi [caratteri] propri, come risultava evidente

130 In questo caso, l'abito della conoscenza matematica e della cono­scenza fisica.

131 Perché ogni abito è forma, ma non ogni forma è abito (cf. codicecantuariense e barcinonense).

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PARS PRIMA

[83] Ad quartumll4 respondetur sic, quod principia prima nonpossunt applicari ad conclusiones aliquas nisi sensibiles: tumquia tennini eorum sunt abstracti a sensibilibus, et ita sapiuntnaturam eorum, tum quia intellectus agens, per quem debetfieri applicatio, limitatur ad sensibilia.

[84] Contra: certum est intellectui ista prima principia esse veranon tanhlm in sensibilibus, sed etiam in insensibilibus; nonenim dubitat magis intellectus quod contradictoria non sunt si­mul vera de immateriali quam de materiali ll5 • Et quod diciturquod tenninus primi principii est ens quod dividitur in decemgenera, et illud non extendit se ad obiectum theologicum, hocnihil valet; non enim magis dubitamus quod contradictoria nonsunt simul vera de Deo (ut quod Deus est beatus et non-beatus,et huiusmodi) quam de albo.

[85] Alia datur responsio, quod ex solis maioribus non sequun-tur conclusiones, sed cum minoribus adiunctis; nunc autemminores non sunt naturaliter manifestae quae deberent illisadillllgi ll6

• Contra: minores sumendae sub primis principiispraedicant de sumptis 'sub' tenninos subiectos primorum prin­cipiorum; sed notum est terminos primorum principiorum dicide quocumque, quia sunt communissimi; igitur etc.

114 HENRICUS GAND., SU1I1111a, a. 3, q. 4, ad 1 (I f. 29Q).115 Ibidem, a. 24, q. 6, in corpo (f. 1410).116 Cf. HENRICUS GAND., SU1I1111a, a. 9, q. 3, argo 1 (I f. 720); HERVAEUS

NATALIS, Sent., Pro!. q. 1, in corpo (2va).

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PARTE PRIMA

sopra, nella terza ragione [principale]132, contro la prima opi­nione l33

Al quarto l34 si risponde che i principi primi non possono [83]essere applicati ad alcuna conclusione, se non a quelle sensibi-li: sia perché i loro termini sono astratti dalle cose sensibili, equindi esprimono la loro natura, sia perché l'intelletto agente,per mezzo del quale deve avvenire l'applicazione, è limitatoalle cose sensibili.

Contro: l'intelletto conosce con certezza che questi primi [84]principi sono veri non solo per quanto riguarda le cose sen­sibili, ma anche nell'ambito delle cose non sensibili; infatti,l'intelletto non dubita maggiormente che due proposizionicontraddittorie non siano simultaneamente vere, se riguardanocose immateriali, piuttosto che se riguardassero cose materiali.A nulla vale dire che il termine del primo principio è l'ente chesi divide in dieci generi, e questo ente non si estende all'ogget-to della scienza teologica; infatti non dubitiamo maggionnen-te che due proposizioni contraddittorie non siano contempo­raneamente vere se parliamo di Dio (come, per esempio, cheDio è beato e non-beato, e simili), che se parlassimo di unacosa bianca.

Si fornisce, ora, un'altra risposta: dalle sole premesse mag- [85]giori non seguono conclusioni, seguono invece se vi si aggiun-gono le premesse minori; ora, le premesse minori che dovreb-bero essere aggiunte a quelle maggiori non sono naturalmentemanifeste.

Contro: le premesse minori, che devono esser consideratesotto i primi principi, predicano, riguardo ai generi subalterni,

132 Cf. sopra, nn. 40-47.133 Cf. sopra, n. 40. Molti codici antichi portano «contro l'opinione dei

filosofi» .134 Cf. sopra, n. 9.

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PARS PRIMA

[86] Ideo respondeo quod secunda pars minoris est falsa, haecvidelicet quod in primis principiis 'includuntur virtualiteromnes conclusiones scibiles'. Ad probationem dico quod si­cut termini subiecti sunt communes, ita et termini praedicati.Quando igitur termini subiecti, quia distributi, accipiuntur proomnibus, non accipiuntur pro omnibus nisi respectu termino­rum praedicatorum qui sunt communissimi, et per consequensvirtute talium principiorum non sciuntur de inferioribus nisipraedicata communissima.

[87] Hoc patet ratione, quia medium non potest esse 'propterquid' respectu alicuius passionis nisi quae passio includiturvirtualiter in ratione illius medii; in ratione autem subiectiprincipii communissimi non includitur 'propter quid' aliquapassio patiicularis, sed tantum passio communissima; ergo il­lud subiectum non potest esse medium vel ratio cognoscendialiqua nisi sub illa ratione communissima. Sed praeter passio­nes communissimas sunt multae aliae passiones scibiles, adquas passiones non possunt passiones primorum principiorumesse media, quia non includunt illas. Igitur multae sunt verita­tes scibiles quae non includuntur in primis principiis. Hoc pa­tet in exemplo, quia ista 'omne totum est maius sua patie' etsiincludat istam 'quaternarius est maior binario', et alias similesde eodem praedicato, non includit tamen istas: 'quaternariusest duplus ad binarium', 'temarius se habet in proportionesesquialtera ad dualitatem', nam ad ista praedicata oporteretquod habet specialia media includentia ipsa.

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PARTE PRIMA

i termini che sono soggetti dei primi principi. Ma è noto chei termini dei primi principi sono predicati di qualsiasi cosa,perché sono comunissimi, dunque ...

Perciò rispondo che la seconda parte della minore è falsa, [86]quella secondo cui nei primi principi «sono virtualmente in-cluse tutte le conclusioni conoscibili»135. Come prova dico checome i soggetti [termini subiecti] sono comuni, così anche ipredicati [termini praedicati]. Quando dunque i soggetti, per-ché distributivi, sono presi per tutti [i loro inferiori], sono presiper tutti solo rispetto ai predicati che sono comunissimi e, perconseguenza, in virtù di tali principi non si conosce nulla circagli inferiori se non i predicati comunissimil36 •

Ciò è evidente per la ragione che il medio non può esser [87]la causa deduttiva fpropter quid] di qualche passione, se nondi quella passione che è inclusa virtualmente nella ragione diquel medio; nella ragione, dunque, del soggetto del principiocomunissimo, non è inclusa, per il semplice fatto che si cono-sce quella ragione o essenza fpropter quid], alcuna proprietà137

fpassio] particolare, ma solo qualche proprietà l38 fpassio] co­munissima; dunque, quel soggetto non può essere medio o ra­gione di qualche conoscenza se non sotto quella ragione comu­nissima. Ma, oltre alle proprietà fpassiones] comunissime, vi

135 Cf. sopra, n. lO.136 Ad esempio: il principio comune «gli esseri corporei sono compo­

sti di materia e forma», ha sotto di sé la minore particolare «gli uominisono esseri corporei», e la conclusione particolare «dunque gli uomini sonocomposti di materia e forma». Lo stesso principio ha sotto di sé molte mi­nori particolari, ad es. «i gatti sono esseri corporei», «gli alberi sono essericorporei», «le pietre sono esseri corporei», ecc. con le rispettive conclu­sioni. Ma non basta conoscere genericamente la maggiore per conoscere isoggetti particolari delle minori, nei loro caratteri propri. Cf. sopra, n. Il.

137 O nozione.138 O nozione.

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PARS PRIMA

[88] Tertia probatio, logica, est quia licet contingat descenderesub subiecto universalis affirmativae, non tamen sub praedica­to; multa autem praedicata contenta sub praedicatis primommprincipiomm sunt scibilia de inferioribus ad subiecta illomm;igitur illa praedicata per prima principia non sciuntur de illissubiectis.

[89] Contra istud obicitur: 'de quolibet affirmatio vel negatioet de nullo eodem ambo'll7; sequitur 'igitur de hoc album velnon-album'1l8, ita quod licet ibi descendere sub praedicato etsub subiecto ll9

• Respondeo: istud principium 'de quolibet af­firmatio vel negatio' etc., valet istam 'de quolibet cuiuslibet

117 Cf. ARISTOT., Topic., VI, c. 7 (Z c. 6, 143b 15-16); Anal. Post., I, c. Il[t. 27] (A c. Il, 77a 30); Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. I, q. 12, in corpo(I f. 22L).

118 Cf. ARISTOT., De intelpl:, I, [c. 6] (c. 9, 18a, 34-18b, 5); Metaph., IV,t. 15-16 (c. 4, 1007b, 29-1008a, 25).

119 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 26, q. 2, argo l (I f. 158L).

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PARTE PRIMA

sono molte altre proprietà conoscibili, e per [conoscere] questenon possono fungere da termine medio le proprietà dei primiprincipi, perché non le includono. Quindi vi sono molte veritàconoscibili che non sono incluse nei primi principi.

Questo è evidente nel seguente esempio. Benché la propo­sizione «ogni totalità è maggiore della sua parte» includa laproposizione «il quadmplice è maggiore del duplice», e altresimili dello stesso predicato, non include tuttavia queste pro­posizioni «il quadmplice è doppio del duplice», «il triplice inrapporto al duplice si ha nella proporzione di uno e mezzo»,infatti, tali predicati sarebbe necessario che avessero [per esserconosciuti] dei termini medi speciali includenti gli stessi pre­dicati.

La terza prova è logicaI39: benché sia contingente discende- [88]

re sotto il soggetto della [proposizione] universale affermativa,non è così per quanto riguarda il predicato [della stessa propo­sizione u. a.]; molti predicati contenuti sotto i predicati dei pri-mi principi sono conoscibili [come appartenenti] agli inferioridei soggetti di quei principi140. Dunque, tali predicati di queisoggetti non sono conosciuti per mezzo dei primi principi.

Contro questo si obbietta: «riguardo a qualsiasi cosa ci può [89]essere un'affermazione o una negazione, ma nulla può esseraffennato ed insieme negato nello stesso momento»; segue che

139 La prima è al n. 86, la seconda è al n. 87.140 Ad esempio: il principio «gli esseri corporei sono composti di mate­

ria e forma» ammette la distribuzione del soggetto ai suoi inferiori: «l'uo­mo, il cane, il gatto, l'albero, la pietra, sono composti di materia e forma,perché sono esseri corporei». Ma non si può fare altrettanto col predicato.Ad esempio sarebbe sbagliato discendere da quel principio, che gli «i gattisono composti di materia e forma spirituale». È vero invece, che «gli uomi­ni sono composti di materia e forma spirituale», ma non per la distribuzionedel predicato "forma" della maggiore, bensì per la conoscenza del soggetto<<uomo», i cui atti rivelano la sua spiritualità.

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Page 51: Prologo dell'Ordinatio

PARS PRIMA

contradictionis altera pars est vera et altera falsa'120, ubi estduplex distributio, et sub utroque distributo licet descendere'ergo de hoc huius contradictionis' etc.; sed sub praedicatostante confuse tantum non licet descendere, quia non sequitur'de quolibet cuiuslibet contradictionis altera pars, ergo haecpars'. Ha est in aliis principiis; semper praedicatum universalisaffirmativae stat confuse tantum, sive sint ibi duae distributio­nes in subiecto sive una. Et in proposito exemplo adhuc patetpropositum. Quia de homine scibile est quod est risibilis, nu­mquam per hoc principium 'de quolibet' etc. potest plus infetTinisi 'igitur de homine risibile ve 1 non-risibile'. Altera igiturpars praedicati disiuncti numquam scietur de subiecto per hocprincipium, sed requiritur aliud principium speciale, ut defini­tio subiecti vel passionis, quod quidem est medium et ratio adsciendum 'risibile' determinate de homine.

120 Cf. ARISTOT., Metaph., IV, t. 29 (c. 8, l012b, 10-13); De intelpl:, I,[c. 5] (c. 7, 17b, 26-28).

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PARTE PRIMA

«di questa cosa [si può dire che è] bianca o non bianca», così[risulta evidente] che qui si può discendere sotto il predicato esotto il soggetto.

Rispondo: il principio «riguardo a qualsiasi cosa ci può es­sere un'affermazione o una negazione» ecc., equivale a questa[proposizione] «di qualsiasi cosa di cui [si possa dire] una con­traddizione qualunque, una parte è vera e l'altra parte è falsa»,dove vi è una duplice distribuzione, e sotto ciascun terminedistribuito è lecito discendere con la seguente proposizione «diquesta cosa... [particolare, di cui posso dire questa contrad­dizione, una parte è vera e una è falsa]»; ma al di sotto di unpredicato che è [nella proposizione] solo in modo confuso, nonè lecito discendere, perché non segue che «di qualsiasi cosa dicui [si possa dire] una contraddizione qualunque, una parte èvera e l'altra parte è falsa, dunque questa parte [è vera]». Cosìè negli altri principi: il predicato della proposizione univer­sale affermativa è preso solo in modo confuso, sia se vi sonodue distribuzioni [distributiones] nel soggetto141 , sia se ve n'è

una.Nell'esempio proposto è ancora più evidente l'assunto. Si

sa dell 'uomo che è capace di ridere; ma mai per il principio «diqualsiasi cosa di cui [si possa dire] una contraddizione qualun­que ... », si potrà dedurre qualcosa di più rispetto a «dell'uomosi può dire che è capace di ridere o non è capace di ridere».L'una o l'altra parte del predicato disgiunto142 mai si conosceràcome derivata dal soggetto in forza di questo principio, ma sirichiede un altro principio speciale, come la definizione delsoggetto o della passione, che sia medio e ragione per conosce­re in modo determinato la «qualità risibile» dell'uomo.

141 Come nel caso di una proposizione disgiuntiva.142 Ossia la parte realmente vera della proposizione disgiuntiva.

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PARS PRIMA

V. - AD ARGUMENTA PRINCIPALIA

[90] Ad argumenta principalia. - Ad primum distinguo deobiecto naturali. Potest enim accipi obiectum naturale vel proillo ad quod naturaliter sive ex actione causarum naturaliteractivarum potest potentia attingere, vel pro illo ad quod natu­raliter inclinatur potentia, sive possit attingere naturaliter illudobiectum sive non121

• - Posset igitur maior negari intelligendo'naturale' primo modo, quia obiectum primum est adaequatumpotentiae, et ideo abstractum ab omnibus illis circa quae potestpotentia operari; non autem opOliet quod si intellectus possitnaturaliter intelligere tale commune, quod possit naturaliter in­telligere quodcumque contentum sub illo, quia intellectio ali­cuius contenti multo excellentior est intellectione confusa taliscommunis; sic, concessa minore122 in utroque sensu, conclusiointenta non habetur, scilicet de naturaliter attingibili, quia sicmaior fuit falsa l23.

[91] Contra hanc responsionem arguo quod destruit se ipsam.Primum enim obiectum est adaequatum potentiae, per ipsum,et verum est, hoc est, quod nihil respicit potentia pro obiectonisi in quo est ratio illius primi, et in quocumque est ratio illiusprimi illud respicit potentia pro obiecto124; igitur impossibileest aliquid esse primum naturaliter quin sit quodlibet conten-

121 Cf. HENRICUS GAND., Summa, a. 3, q. 4, ad 2 (I f. 29R).122 Cf. ibidem.

123 Cf. ibidem, a. l, q. 2, in corpo (f. 4C).124 HENRICUS GAND., Summa, a. 19, q. l, in corpo (I f. IISC-D).

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PARTE PRIMA

V. - RISPOSTA AGLI ARGOMENTI PRINCIPALI

Circa il primo argomento 143 distinguo [vari modi di inten- [90]dere] l'oggetto naturale. Questo, infatti, può esser consideratocome ciò che naturalmente, ossia per l'azione delle cause na­turalmente attive, la facoltà naturale può cogliere, o come ciòa cui è naturalmente inclinata la facoltà, sia che possa coglierenaturalmente quel oggetto, sia non.

Si potrebbe dunque negare la maggiore 144 se s'intendesse ilnaturale nel primo modo, perché l'oggetto primo è adeguatoalla facoltà, e perciò astratto da tutte quelle cose che rientrano,almeno come possibilità, nel campo d'esercizio della facoltà.Invece non conviene ammettere che, se l'intelletto può natural­mente conoscere tale oggetto comune, possa anche conoscerenaturalmente qualsiasi cosa contenuta sotto di esso, poiché laconoscenza di qualcuno di tali contenuti è molto più eccellen­te rispetto alla conoscenza confusa di quell'oggetto comune.Così concessa la minore145 in entrambi i sensi, non si avreb-,be la conclusione sopra enunciata, ossia quella che sostienela conoscibilità naturale [di tutte le verità necessarie] perché[intendendo il naturale in questo modo], la maggiore sarebbefalsa.

Contro questa risposta, dimostro che essa distrugge se stes- [91]sa. Secondo tale opinione [di Enrico], infatti, l'oggetto primoè adeguato alla facoltà, e per tale ragione è anche vero che lafacoltà non si rivolge ad alcun oggetto se non a ciò in cui viè la ragione di quell'oggetto primo, e qualsiasi cosa in cui vi

143 Cf. sopra, n. 1: «Ogni facoltà avente qualche ente comune comeoggetto primo, ha naturalmente potere di percezione su qualsiasi cosa ècontenuta al di sotto dello stesso, come sull'oggetto naturale per sé».

144 Cf. ibidem.145 Cf. sopra, n. l.

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PARS PRIMA

tum sic per se obiectum naturaliter. Da enim oppositum, ettunc non est adaequatum naturaliter sed excedens, et aliquodeo inferius est adaequatum, et ita primum. Ratio autem quaeadducitur pro l'espansione fallit secundum figuram dictionis.Licet enim ens ut est quid intelligibile uno actu (sicut homoest intelligibilis una intellectione) sit naturaliter intelligibile(illa enim unica intellectio entis ut unius obiecti est natura­lis), non tamen potest ens poni primum obiectum naturaliterattingibile, quia est primum obiectum ut includitur in omni­bus per se obiectis, et ut sic non est naturaliter attingibile nisiquodlibet illomm sit naturaliter attingibile. Commutat igiturhic 'hoc aliquid' in 'quale quid' cum arguit 'ens est naturaliterintelligibile, igitur ens ut est primum obiectum intellectus, hocest adaequatum, est attingibile naturaliter' , quia antecedens estverum ut ens est unum singulare intelligibile, sicut album, sedconsequens concludit de ente ut includitur in amni intelligibili,non ut seorsum ab illis intelligitur.

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PARTE PRIMA

è la ragione di quell' oggetto primo è considerata dalla facoltàcome oggetto. Dunque, è impossibile che qualcosa sia natu­ralmente prima e che qualsiasi suo contenuto non sia, in talmodo, oggetto naturale per sé. Infatti, se ammetti il contrario,allora l'oggetto non sarebbe naturalmente adeguato, ma ec­cedente [rispetto alla facoltà]; in tal caso qualcosa d'inferioreallo stesso sarebbe adeguato, e così sarebbe primo.

La ragione che si adduce a favore della risposta146, inoltre,non vale perché viola una regola [figuram] del discorso l47 •

Benché, infatti, l'ente, in quanto è qualcosa che si può cono­scere con un solo atto dell 'intelligenza (come l'uomo è cono­scibile con un atto intellettivo) sia naturalmente conoscibile(quell'unico atto di conoscenza dell'ente come unico oggetto,infatti, è naturale), tuttavia l'ente non può essere posto comeprimo oggetto naturalmente conoscibile, perché [l'ente] è og­getto primo in quanto è incluso in ogni oggetto per sé e, inquanto tale, non è naturalmente conoscibile se non fosse natu­ralmente conoscibile ciascuno di tali oggetti. [L'argomento diEmico], dunque, cambia il senso dei termini, "questo qualco­sa" [hoc aliquidj [senza qualificazione], con «la cosa qualifi­cata» [quale quidj, quando afferma che «l'ente è naturalmenteconoscibile, dunque, in quanto è il primo oggetto dell'intel­letto, cioè l'oggetto adeguato, è naturalmente conoscibile».In effetti, l'antecedente è vero in quanto l'ente è consideratocome un singolare intelligibile, come [un oggetto] bianco, ma

146 Cf. sopra, n. 90: «Si potrebbe dunque negare la maggiore, se s'inten­desse il naturale nel primo modo, perché l'oggetto primo è adeguato allapotenza, e perciò astratto da tutte quelle cose che rientrano, almeno comepossibilità, nel campo d'esercizio della potenza».

147 Cf. ARISTOTELE, Soph. elenchi, I, c. 2 (c. 4, 166b, 10-14). Aristotele,in quel passo, dice che nel ragionamento valido non bisogna cambiare ilsenso, ossia la suppositio, dei termini.

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PARS PRIMA

[92] Ad argumentum igitur est alia responsio, realis, quod vi-delicet minor est falsa de obiecto naturali, id est naturaliterattingibili, - vera alio modo, ad quod scilicet naturaliter in­clinatur vel ordinatur potentia. Et ita debet intelligi auctoritasAvicennae. Quid autem sit ponendum obiechllTI primum natu­raliter attingibile, de hoc infra distinctione 3125 • Confirmaturresponsio per Anselmum De libero arbitrio l26 cap. 4: «Nul­lam», inquit, «ut puto, habemus potestatem, quae sola sufficiatad actum». 'Potestatem' vocat quod nos communiter vocamus'potentiam'; patet per exemplum eius de visu127 . Non est igiturinconveniens potentiam esse naturaliter ordinatam ad obiec­tum ad quod non potest naturaliter ex causis naturalibus attin­gere, sicut quaelibet ex se sola ordinatur et tamen non potestsola attingere l28 •

[93] Ad secundum argumentum nego consequentiam. - Ad pro-bationem l29 patet ex dictis in responsione data ad secundumargumentum pro opinione Philosophi, quia superiora ordinan­tur ad perfectionem maiorem passive recipiendam quam ipsaactive possunt producere, et per consequens istorum perfectio

125 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, I, d. 3, pars 1, q. 3, n. [8-12].126 ANSEL., De libero arb., c. 3 (PL 158,494; ed. SCHMITT, I, 212).127 Ibidem, (ed. SCHMITT, I, 213).

128 Cf. HENRlCUS GAND., Summa, a. 8, q. 2, in corp., et ad 4 (l f. 64H.65Q).

129 Cf. ibidem.

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PARTE PRIMA

la conseguenza conclude considerando l'ente come inclusoin ogni oggetto intelligibile, e non in quanto è conosciuto inmodo separato da questi [oggetti].

La risposta realmente vera [realis] all'argomento I48 , dun- [92]que, è un' altra: la minore l49 è falsa quando considera l'oggettonaturale, ossia 1'oggetto naturalmente conoscibile, ma è verain un altro senso, se considera [l'oggetto primo naturale come]ciò verso cui è naturalmente inclinata o ordinata la facoltà150 •

Così dev'esser intesa l'autorità di Avicenna. Del perché si deb-ba ammettere che l'oggetto primo sia naturalmente conosci-bile, si parlerà nella distinzione 3. La risposta è confermatada Anselmo, nel cap. 4 de Il libero arbitrio: «Ritengo che noinon abbiamo - dice - alcuna facoltà fpotestatem] che da solasia sufficiente all'atto». Egli chiama «potestà» quello che noichiamiamo «facoltà» [o potenza]. Ciò è evidente per l'esempioche egli adduce sulla vista. Non è sconveniente, dunque, chela facoltà sia naturalmente ordinata all'oggetto che non puòraggiungere naturalmente, per mezzo di cause naturali, come[accade] in qualsiasi facoltà che è per se stessa ordinata [alsuo oggetto], e tuttavia non lo può raggiungere [attingere] dasola.

Circa il secondo argomento l51 nego la conseguenza. Circa [93]la provaI52 [di tale conseguenza], [la sua negazione] è eviden-

148 Cf. sopra, n. 1.149 Cf. sopra: «L'oggetto primo naturale della nostra intelligenza natura­

le è l'ente in quanto ente» (n. l).150 Cf. sopra: «L'oggetto naturale [...] può esser considerato come ciò

che naturalmente, ossia per l'azione delle cause naturalmente attive, la po­tenza naturale può cogliere, o come ciò a cui è naturalmente inclinata la po­tenza, sia che possa cogliere naturalmente quell'oggetto, sia non» (n. 90).

151 Cf. sopra: «Il senso non ha bisogno di alcuna conoscenza sopranna­turale nel presente stato, dunque nemmeno l'intelletto» (n. 2).

152 Cf. sopra: «La natura non viene meno nelle cose necessarie» (n. 2).

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...

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PARS PRIMA

non potest produci nisi ab aliquo agente supernaturali. Non sicest de perfectione inferiorum, quorum perfectio ultima potestsubesse actioni inferiorum agentium.

[94] Ad tertium dico quod veritati complexae alicui finniter te-nendae intellectus possibilis est improportionatus, id est, nonest proportionale mobile talium agentium quae ex phantasma­tibus et ex lumine naturali intellectus agentis non possunt co­gnosci.

Quando arguis 'ergo fit proportionalis per aliud' 130, con­cedo - et 'per aliud' in ratione moventis, quia per movenssupernaturale revelans assentit illi veritati, - et 'per aliud' inratione formae, quia per illum assensum factum in ipso, quiest quasi quaedam inclinatio in intellectu ad istud obiectum,proportionans illum isti.

Cum ultra de illo 'alio' quaeris 'an sit naturale vel super­naturale', dico quod supernaturale, sive intelligas de agentesive de forma.

Cum infers 'ergo intellectus est improportionatus ad illud,et per aliud proportionatur', dico quod ex se est in potentiaoboedientiali ad agens l31 , et ita sufficienter proportionatur illiad hoc ut ab ipso moveatur. Similiter, ex se est capax illiusassensus causati a tali agente, etiam naturaliter capaxl32; non

130 Cf. ibidem.

131 Cf. DUNS SCOTUS, Ordinatio, III, d. 1, q. 2, n. [7]; q. 4, n. [2]; Qitodl.,q.l9, n. [15).

132 Cf. HENRlCUS GAND., Summa, a. 3, q. 5, ad 2 (I f. 30Y).

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PARTE PRIMA

te da quanto è stato detto nella risposta153 data al secondo ar­gomento in favore all'opinione del Filosofo, perché gli esserisuperiori154 sono ordinati ad una perfezione da riceversi pas­sivamente, maggiore di quella che gli stessi possono produrreattivamente. Come conseguenza di ciò, la perfezione di questinon può esser prodotta se non da qualche agente soprannatura­le. Non così è la perfezione degli esseri inferiori, la cui ultimaperfezione può dipendere dall'azione delle cause inferiori.

Al terzo155 dico che l'intelletto possibile non è proporzio- [94]nato nei confronti di qualche verità complessa che dev'esserfermamente ritenuta; vale a dire che il principio attivo di mo­dificazione [mobile] di tali agenti l56, che non possono essereconosciuti tramite il fantasma e la luce naturale dell'intellettoagente, non è proporzionato [rispetto all'intelletto passivo] 157.

Quando dici «dunque diventa proporzionale per mezzo dialtro»158, concedo: sia se [si intende] «per mezzo di altro»,nel senso [in ratione] di [causa] movente perché, per mezzodi una causa movente soprannaturale che rivela, [l'intelletto]accoglie quella verità, sia [se si intende] «per altro» nel sen­so [in ratione] di forma, perché [vi è proporzione] per mezzodi quell'assenso avvenuto nell'intelletto, il quale è una certa

153 Cf. nn. 73-78.154 Ossia, gli esseri intelligenti.155 Cf. sopra, n. 3.156 Ossia, gli oggetti soprannaturali.157 Così nel testo e nel commento dell'edizione Wadding-Vivès: «Vale a

dire che il carattere suscettibile di modificazione [dell'intelletto possibile]non è proporzionato rispetto a tali agenti, che non possono esser conosciutitramite il fantasma e l'intelletto agente».

158 Cf. sopra, n. 3.

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PARS PRIMA

oportet igitur ipsum per aliud proportionari ipsi assensui re­cipiendo.

Statur igitur in secundo, non in primo, quia veritas istarevelata sufficienter non est inclinativa intellectus ad assen­tiendum sibi, et ita improportionale agens, et passum sibiimproportionale; sed agens supernaturale est sufficienter in­clinativum intellectus ad istam veritatem, causando in ipsoassensum quo proportionatur huic veritati 133, ita quod nonoportet intellectum per aliud proportionari tali agenti, necformae ab ipso impressae, sicut oportet ipsum proportionaritali obiecto per aliud duplici modo praedicto.

133 Cf. HENRICUS GAND., SUl11l11a, a. 13, q. 3, in corpo (f. 91D-92D).

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PARTE PRIMA

quasi-inclinazione dell'intelletto verso quell'oggetto, che poneuna proporzione di quello 159 rispetto a questo l60

Nel caso in cui tu chiedi, ancora, circa quell'altro, «se sianaturale o soprannaturale», dico che è soprannaturale, sia se sitratta della [causa] agente, sia se si tratta della forma.

Nel caso in cui tu concludi «dunque l'intelletto è spropor­zionato a quello l61

, e diventa proporzionato per mezzo di al­tro», dico che l'intelletto è, per sé, in potenza obbedienzialerispetto alla causa agente, e così è sufficientemente proporzio­nato a quella [causa agente], così da esser mosso dalla stessa.Similmente, è per sé capace, anche in modo naturale, di quel­l'assenso causato da tale agente; non è, dunque, necessario chel'intelletto sia proporzionato da qualcos'altro allo stesso as­senso che deve ricevere.

Si decide, dunque, a favore del secondo modo [sopral111atu­l'aIe] 162, non del primo [naturale], perché questa verità rivelatanon è sufficiente ad inclinare a sé l'assenso dell'intelletto, ecosì l'agente non è proporzionato [all'intelletto possibile], edil ricevente 163 non è proporzionato all'agente. Tuttavia, l'agen­te soprannaturale è sufficiente ad inclinare l'intelletto versoquesta verità, causando in esso l'assenso per il quale diventaproporzionato a questa verità; così non è necessario che l' intel­letto sia proporzionato per mezzo di qualcos'altro a tale agen­te, né alla forma impressa dallo stesso agente soprannaturale,

159 L'intelletto.160 L'oggetto.161 All'agente.162 Cf. n. 3: la facoltà puramente naturale non è proporzionata all'ogget­

to soprannaturale, che è tuttavia conoscibile per se stesso; dunque è neces­sario che la facoltà naturale diventi proporzionata all'oggetto soprannatu­rale tramite lIna causa soprannaturale.

163 Ossia, l'intelletto possibile.

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PARS PRIMA

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PARTE PRIMA

come [invece] è necessario che lo stesso intelletto sia propor­zionato a tale oggetto per mezzo di qualcos' altro, nel duplicemodo predetto l64

.

164 Cf. sopra, n. 94.

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