percezione e pensiero

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Cornelio Fabro Opere Complete a cura del Progetto Culturale Cornelio Fabro, dell’Istituto del Verbo Incarnato * * * Volume 6 Percezione e pensiero a cura di Christian Ferraro Prima edizione: Vita e Pensiero, Milano 1941 Seconda edizione riveduta: Morcelliana, Brescia 1962 Terza edizione e prima nella serie delle Opere Complete: 2008 © 2008 – Editrice del Verbo Incarnato P.zza San Pietro, 2 00037 Segni (RM) info@edivi.com Proprietà intellettuale: «Provincia Italiana S. Cuore» (PP. Stimmatini)

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  • Cornelio Fabro

    Opere Complete

    a cura del Progetto Culturale Cornelio Fabro,

    dellIstituto del Verbo Incarnato

    * * *

    Volume 6

    Percezione e pensiero

    a cura di Christian Ferraro

    Prima edizione: Vita e Pensiero, Milano 1941 Seconda edizione riveduta: Morcelliana, Brescia 1962

    Terza edizione e prima nella serie delle Opere Complete: 2008

    2008 Editrice del Verbo Incarnato P.zza San Pietro, 2 00037 Segni (RM) [email protected] Propriet intellettuale: Provincia Italiana S. Cuore (PP. Stimmatini)

  • PREFAZIONE

    Lindole di questo lavoro esige alcuni precisi schiarimenti. La scissione nel pensiero moderno fra

    percezione e pensiero opera, come si sa, di Cartesio, quando questi pens di opporre materia e spirito, corpi composti ed enti semplici spirituali. Da essa sono venuti, per diretto tramite, da una parte il cosiddetto principio dellassociazione, e dallaltra per necessario riflesso il celebre principio della autonomia secondo quel significato e quella portata caratteristica che esso ebbe, senza contrasti, nella filosofia moderna. Qualora quel primo principio risultasse infondato, ci si potrebbe chiedere quali conseguenze verrebbero alla posizione stessa del problema della conoscenza e alla concezione della realt in generale, se le posizioni moderne, prima fra tutte quella idealista, suppongono con Kant come punto di partenza il secondo principio.

    La fenomenologia sperimentale contemporanea ha raccolto in tutti i campi dovizia di argomenti contro il principio dellassociazione; perci essa ha rigettato il dualismo cartesiano ed tornata alla connessione naturale, ovvero inscindibilit, di percezione e pensiero, di concreto ed astratto, di materia e spirito: unautentica rivoluzione adunque! Valga quello che valga, tale limportanza dei problemi nuovi che essa pone che non pu essere pi ignorata. Come la fenomenologia abbia operato tale rivoluzione, quali siano i suoi metodi ed i suoi risultati, stato detto con particolare diligenza ed ampiezza in altro volume, La fenomenologia della percezione, di cui il presente vorrebbe essere la continuazione dal punto di vista,| non pi fenomenologico, ma strettamente speculativo. Poich il limitarsi a respingere quel principio sulla base dei fatti e laffermare quella connessione prima impugnata, pu costituire un reale progresso, ma questo resta sempre precario fin quando non si mostrino le vere ragioni per cui quel principio angustiava la vita dello spirito, quali siano i modi e le tappe della connessione che si vogliono riaffermare fra percezione e pensiero; e come il nuovo principio od i nuovi princip che hanno da soppiantare lantico, soddisfino a tutte le esigenze alle quali esso invece sarrestava, senza tuttavia rinunciare ad alcuno dei vantaggi che quello pur doveva offrire. La fenomenologia descrittiva certamente indispensabile alla posizione dei problemi, ma da sola non ne risolve alcuno: o meglio essa acuisce il vero interesse dei problemi, prospetta litinerario da seguire, ma non lo pu percorrere perch ci oggetto dinterpretazione e non pi di descrizione. Il presente volume sorto da quellinteresse e vuol percorrere litinerario suggerito dalla nuova Fenomenologia per uninterpretazione dinsieme degli oggetti, degli atti e delle funzioni della conoscenza. Insoddisfatto delle acquiescenze e degli accostamenti generici, sono passato ad unelaborazione sistematica dei problemi, non pochi e non lievi, che la ripresa di quella connessione sollevava, almeno per me, senza arrestarmi o nascondere a me stesso le asperit del cammino. Del resto lindole ed i var aspetti del problema sono stati delineati con ampiezza e sincerit tanto nellIntroduzione come nella Conclusione del volume citato (Sezione III, c. VIII, 4), a cui mi permetto di rinviare come allIntroduzione obbligata anche di questo volume. Devo tuttavia fissare brevemente alcuni punti elementari e sostanziali.

    * * *

    Ecco un caso tipico di percezione: Mi affaccio alla finestra e vedo una casa, un albero, il cielo.... La

    candida espressione grammaticale, cos semplice nella struttura e cos immediata nel significato, non deve trarci in inganno. Il fatto percettivo, immediato ed anche semplice come atto, lo di meno, o lo diversamente, come oggetto. Si sa infatti che lal|bero un tale oggetto; esso consta di un tronco che sorretto dalle radici; esso si espande in rami i quali, se la stagione lo comporta, sono coperti di foglie ed anche di fiori o di frutti. E si noti che questa complessit di contenuti, entro un unico oggetto di percezione, invece di nuocere,

  • rafforza la persuasione che ho di trovarmi di fronte ad un oggetto ben determinato, di percepire un albero, non un gatto od una gallina. Possiamo dire allora che la percezione lapprensione di un oggetto unificato.

    Lalbero consta di tronco, rami, foglie... Lalbero, che ora percepisco, ha una propria configurazione, pi o meno simmetrica ma caratteristica della sua specie. La configurazione di una quercia non quella di un salice o di un pioppo. Ed una propria configurazione lhanno pure il tronco, i rami, le foglie della quercia, che non la configurazione del tronco, dei rami e delle foglie di un salice o di un pioppo, ed per questo che posso rendermi conto di trovarmi di fronte ad una quercia e non a qualsiasi altro albero. La percezione pertanto lapprensione di un complesso configurato.

    Ma non potrei mai percepire la configurazione di un albero e delle sue parti, se lalbero nel suo complesso e ciascuna sua parte non mi apparissero cariche di determinato tono di colore o di ben appropriate variazioni cromatiche: poich locchio non vede che colori, o figure colorate se si vuole, mai figure pure, e tanto meno oggetti puri. La percezione allora anche lapprensione di un oggetto qualificato.

    Lalbero che vedo, stando alla finestra, un oggetto ben determinato nel campo dellesperienza; esso ha una configurazione caratteristica tanto del tutto come delle parti, la quale si fa sempre presente con certi toni di colore... Come lalbero in s realizzi una unificazione di princpi costitutivi, come esso si espanda allesterno con una propria configurazione, e come questa si rivesta di colori per battere alle finestre dei nostri sensi, sarebbe quanto mai utile saperlo e costituisce indubbiamente un problema, od una serie di problemi, di alto interesse. Tuttavia ora, almeno per me, assai pi interessante il poter rendermi conto come i colori e le qualit che vengono dai| corpi battano alle finestre dei sensi e si facciano in essi presenti; come si delinei parimenti in essi la configurazione delle foglie, dei rami, del tronco e dellalbero nel suo insieme; come infine la coscienza avverta di trovarsi di fronte ad un albero e non ad un gatto, e ad una quercia e non ad un salice. Anche questi sono certamente dei problemi, ma per essi io posso dire di trovarmi ormai orientato; se, rispetto ai primi, presi nella loro assolutezza, io non ho n remi n vele per potermi ad essi avvicinare; per i secondi listanza non vale, perch io mi trovo gi a contatto con gli oggetti e non abbisogno neppure di remi o di vele. La certezza del contatto sorge e si testifica nella stessa esperienza per la quale, affacciandomi alla finestra, dico di vedere una casa, un albero, il cielo.... Qui sono testificati ad un tempo il darsi delloggetto al soggetto e lattuarsi del soggetto nelloggetto con unimmediatezza che non ammette ritorsioni. Non v dubbio che loggetto ha una propria natura, ed una non meno propria lha anche il soggetto, ed non meno certo che luno non pu essere una mera funzione dellaltro: questo potr essere un postulato di qualche metafisica, ma di esso la Fenomenologia ha tutto il dovere e linteresse di non tenere alcun conto. Daltra parte il fatto stesso che nella percezione, e nella conoscenza in generale, soggetto ed oggetto sono detti incontrarsi e passare luno nellaltro, tale incontro e tale passaggio potrebbero contenere, per una coscienza vigile e una mente ordinata, assieme ai contenuti anche i criter di valore ed i princpi per la stessa interpretazione teoretica a cui si vuol arrivare. Problemi gnoseologici e problemi metafisici si condizionano indubbiamente gli uni gli altri, ma non si sa perch gli uni debbano e come possano precedere, nel loro complesso, il complesso degli altri. Piuttosto essi nascono insieme entro una identica esperienza o Erlebnis, per procedere poi ad una soluzione nella quale, secondo il proprio particolare aspetto, gli uni restano lo sfondo, il sostegno ed il fondamento della posizione e della soluzione degli altri. Atteggiamento questo certamente poco allettante per i ricercatori frettolosi, ma pi ligio e fedele a quella stessa esperienza pura a cui pure tutti pretendono di far appello.|

    * * *

    Quando dico Io vedo un albero, la casa, il cielo... mi riferisco ad un fatto noto a tutti e che ciascuno in

    grado di realizzare per suo conto quando voglia: giovani o vecchi, europei o papuasici, filosofi o uomini della strada. Esso era un fatto noto ai tempi della preistoria, non diversamente di quanto lo oggi e di quanto lo sar per i secoli dei nuovi lumi da venire: alla sera gli uomini tornavano, tornano e torneranno alla caverna, alla capanna, alla casa ospitale e non le scambieranno come non le scambiamo noi, n la scambiarono coloro che ci hanno preceduti con gli alberi o con il cielo o con qualsiasi altro oggetto. Si vuol dire che gli oggetti si segregano in modo autonomo nel campo dellesperienza e per ogni coscienza matura, in ogni forma di civilt, essi sono allo stesso modo ci che sono una volta per sempre.

  • Siamo per sempre di fronte ad un fatto, ed il fatto sar un punto di partenza, od anche un punto di arrivo, ma, come tale, esso non costituisce mai una spiegazione. Poco fa si visto che il dato, presente nel fatto percettivo, non in realt cos semplice e trasparente nel contenuto come nella vita vissuta a molti pu apparire: infatti un oggetto unificato, un oggetto configurato, in quiete od in movimento, un oggetto qualificato. E tutto questo si pu mettere in evidenza con la sola indagine fenomenologica, senza far ricorso ad alcun principio sistematico: si tratta quindi di semplice constatazione, non ancora dinterpretazione. Tuttavia, ora, con lammissione esplicita dei piani oggettuali, il percepire non pu essere lasciato un puro fatto, ma si pone necessariamente come problema. Cosa infatti pu restare dellunit delloggetto con lammissione di tre piani e ciascuno a s isolato nel proprio contenuto? Si dir che tali piani non dnno che la frammentazione di aspetti di un contenuto semplice, nel quale i contenuti var e molteplici sincontrano e sidentificano? Ma anche questa ipotesi o ignora il problema, o fa appello per la sua riduzione a princpi sistematici di cui la Fenomenologia non deve tener conto, perch la sua posizione assolutamente| iniziale e non tollera inframmettenze. Non resta quindi che di riconoscere francamente che i tre piani oggettuali sono, ciascuno nel suo ordine, eterogenei e perci inderivabili, cosicch non lecito concepirli articolantisi in modo continuo, n tanto meno suscettibili di assorbimento luno nellaltro.

    Ma la eterogeneit di contenuto, nei piani oggettuali, non significa una estraneit reale oppure, e meno ancora, una incompatibilit. Al contrario, nella percezione essi sono dati sempre insieme per la costituzione di un oggetto unico di apprensione immediata: ogni corpo percepito secondo una certa figura e non possibile lapparire di una figura che non abbia colore: bench non sia necessario che un corpo abbia sempre la stessa figura, n che una figura appaia sempre con gli stessi colori. E ci che maggiormente sorprende si che nella percezione io mi rendo conto di afferrare immediatamente e simultaneamente tutti e tre questi piani o strati oggettuali. Si fanno essi presenti non come disparati o estranei luno allaltro, ma secondo un carattere innegabile di unificazione oggettiva la quale sottintende, e si fa anzi evidente nel suo stesso presentarsi, come unappartenenza reale di contenuti molteplici ad un solo oggetto. A questo modo la molteplicit ed eterogeneit dei piani oggettuali esige di essere riconosciuta quale una unit oggettiva, a patto che questa a sua volta possa essere concepita come una unit di molteplicit, non di semplicit. Parlare di una unit di molteplicit, a partire dalla constatazione dei piani oggettuali, non pu avere alcun senso se non si suppone che i dati iniziali, caratteristici di ciascun piano, vanno soggetti nello sviluppo della coscienza individuale ad un qualche processo costruttivo, il quale porti a quella unificazione, oggettiva e fenomenale ad un tempo, che vissuta in ogni atto di percezione. Su questo punto, occorre riconoscerlo, Kant vide profondamente; ma per il fatto che egli poi fece ricorso ad un principio unificante che trascende la coscienza individuale da una parte, e dallaltra preso comera dallanalisi humiana dellesperienza si fiss nel presupposto che i princpi della sintesi e dellordine percettivo non potevano essere immanenti ai dati, la sua solu|zione resta su di una linea di considerazioni che non hanno alcun riscontro nella Fenomenologia e sulla quale noi, almeno per ora, in omaggio al nostro metodo, non lo possiamo seguire. In realt Kant, nonostante le sue migliori intenzioni, stato la vittima pi celebre del deprecato dualismo cartesiano.

    * * *

    Lespressione Io vedo la casa, lalbero, il cielo... stata occasione in passato, e lo ancora per molti, di scandalo insormontabile. Io vedo colori, od al pi figure colorate. Io concepisco, non vedo, lalbero, la casa, il cielo: io non li vedo, ma vedo soltanto superfici qualificate a cui la mente per suo conto e con i suoi mezzi attribuisce, sotto opportune cauzioni, il carattere di realt e di sostanza.

    Fedeli al nostro principio metodologico di non subordinare i dati immediati della Fenomenologia ad alcun principio sistematico, noi riteniamo che il fatto che ciascuno di noi prova di vedere la casa, lalbero, il cielo... insormontabile, che non suscettibile cio di alcuna mediazione: il Realismo che volesse essere critico per questa via, rischia, a nostro parere, di non poter esserlo mai. Osserviamo anzitutto che si dice: io vedo..., e non: locchio vede la casa, lalbero, il cielo. Bench il soggetto intelligente non realizzi il contatto con la realt esteriore che attraverso i sensi, non sono propriamente i sensi che si mettono a contatto con la realt profonda e la sostanza come tali.

  • Lattribuire al soggetto intero, alla persona, la percezione ovvero lapprensione immediata della realt, vuol dire almeno queste cose: a) che la percezione della realt leffetto immediato della messa in atto di tutte le facolt apprensive, sensitive ed intellettuali, ad un tempo; b) che tale apprensione complessiva ha da far capo ad un principio di ordine e di organizzazione, il quale in ultima istanza non pu venire che dallintelletto; c) infine che lintelletto ad apprendere propriamente la realt e la sostanza concreta: non per lintelletto astratto che attende agli intelligibili puri, ma un intelletto che| pu applicarsi e continuarsi, nelle sue funzioni, con i sensi. Anche qui Kant vide profondamente: se non che presso di lui lapplicazione dellintelletto alla sensibilit resta, nel contenuto e nei princpi che la regolano, estranea alla sensibilit, ai suoi contenuti ed ai suoi princpi. Kant, vero, escogit, per colmare lo hyatus, la funzione intermediaria degli schemi: ma per il fatto che anche gli schemi sono ricondotti alle funzioni delle categorie a priori, restano anchessi confinati a priori e non possono esercitare alcuna mediazione. La quale possibile soltanto quando si ritenga che gli schemi, secondo i quali si organizza la esperienza, non sono estranei allesperienza stessa, ma nascono in seno al suo divenire.

    Allora si pu concludere che la percezione una certa qual sintesi di sensibilit e di pensiero. Meglio ancora, pi che parlare di una sintesi che sa troppo di estrinsecit, diciamo che la stessa percezione un pensiero, non puro astratto per, ma in quanto oggettivato immediatamente nei contenuti sensibili; un pensiero che incorpora a s lesperienza. Per questo stato giustamente detto che il momento essenziale nella percezione la incorporazione del significato (Michotte). La percezione pertanto non n sensazione pura, n pensiero puro; ma piuttosto essa un pensiero vissuto, al quale per non pu essere estraneo lo stesso pensiero puro, e senza del quale non possibile alcuna forma di pensiero puro. questa immanenza dellastratto nel concreto, e la corrispondente incorporazione delluno nellaltro, che rendono possibili per noi tanto il pensiero come la percezione. La immanenza perci, di cui si parla, non pu essere un effetto n dellesperienza, n di una deduzione a priori del pensiero, poich per la Fenomenologia essa esprime appunto la legge di sviluppo tanto della percezione come del pensiero: in altre parole, non v percezione senza qualche pensiero (implicito), e non v barlume di pensiero senza un qualche riferimento a contenuti di percezione (conversio ad phantasmata). Quando dico pertanto io vedo la casa, lalbero, il cielo..., non si tratta n di unespressione metaforica, e neppure di unestensione illecita del linguaggio: lespressione, oltre che essere la| affermazione di un fatto evidente, porta in s e rivela la condizione imprescindibile per lesercizio della conoscenza umana come tale. E se lespressione pi adeguata quella di io percepisco la casa, tuttavia poich la percezione non una conoscenza di contenuto semplice, e perci non leffetto di una unica funzione di coscienza, ma una conoscenza complessa alla quale collaborano tutte le funzioni apprensive, ciascuna secondo un compito speciale non improprio il dire che anche lintelletto percepisce la casa, lalbero, il cielo. desso infatti, e non altri, ci che costituisce in noi la suprema unit di coscienza per cui resa possibile la integrazione, in un solo oggetto, dei diversi strati oggettuali, e si opera la subordinazione in un solo atto delle diverse funzioni apprensive. E neppure del tutto impropria la stessa espressione: i miei occhi vedono la casa, lalbero, il cielo..., poich di fatto sono ben gli occhi che vedono ed perci soltanto per loro mezzo che il pensiero si pu mettere e trovare a contatto con la realt: ora allo strumento si pu attribuire, sia pur sempre in dipendenza della causa principale, leffetto che la medesima non consegue appunto che prolungandosi in esso.

    Queste ultime riflessioni costituiscono lossatura di tutto il lavoro. Gli strati o piani percettivi, eterogenei nei rispettivi contenuti, si mostrano nellatto e nelloggetto della percezione non soltanto appartenenti, ma, pi intimamente ancora, interdipendenti gli uni dagli altri sotto la supremazia conclusiva delle funzioni e dei contenuti dellintelligenza. Il realizzarsi di questa interdipendenza di oggetti e funzioni, dalle forme primitive e globali a forme sempre pi differenziate e pregnanti, ci appunto che costituisce lo sviluppo della percezione.

    allo sviluppo della percezione che subordinato lo stesso sviluppo del soggetto rispetto agli oggetti (problema psicologico), come il contatto che il soggetto avverte con loggetto (problema critico), ed infine la stessa concezione della realt nella sua assolutezza (problema metafisico). Se la Fenomenologia ha il compito di avviare i problemi in questa direzione, essa non davvero un campo dindagine le cui vicende siano indifferenti al filosofare in ogni sua forma. E diciamo questo,| non per calmare un postumo rimorso di aver gi

  • sprecato tempo e fatiche nella compilazione di un volume di pura indagine fenomenologica, ma per esprimere una convinzione che si veniva rafforzando con il procedere della stessa indagine, e che ci ha sostenuti nella compilazione di questo saggio dinterpretazione dei problemi che quel volume aveva posti per suo conto e rispetto ai quali le gnoseologie moderne pare abbiano esaurito tutte le proprie risorse.

    * * *

    I contenuti percettivi sono dati alla coscienza immediatamente ed il principio dellassociazione, nel

    significato e nei compiti che esso ebbe dalle filosofie e dalle psicologie che si rifanno al dualismo cartesiano, stato bandito per sempre. stato riconosciuto ormai in modo definitivo che gli oggetti sono anzitutto e immediatamente delle totalit e strutture organizzate, e non delle sommazioni di parti; e che il tutto a condizionare lessere e lapparire delle parti, e non viceversa. Si dnno dei complessi affermava il Wertheimer presso i quali ci che avviene nel tutto cos si svolge, non come sono i singoli pezzi o come essi si connettono, ma viceversa: dove (cio) nel caso pregnante ci che avviene in una parte di questo tutto, determinato dalle leggi interne di questo stesso tutto. (WERTHEIMER, M., 43).

    Se non che gli stessi Gestaltisti sono rimasti a mezza via, se pure non sono tornati indietro. E questo per due gravi errori di metodo, parimenti pregiudiziali: uno fenomenologico, quello di aver livellato indifferentemente tutti i contenuti percettivi alla categoria uniforme di Gestalten, sopprimendo la realt degli strati oggettuali; laltro dinterpretazione, quello di concepire le Gestalten fenomenali quali effetti univoci e adeguati di ulteriori Gestalten di natura psicofisica, soggiacenti nel sistema nervoso, alle quali corrisponderebbero esattamente. La Fenomenologia contemporanea estragestaltista si trova ormai al di l tanto del principio dellassociazione come della nozione di Gestalt della Scuola di Wertheimer. Non| tutto Gestalt e la Gestalt non tutto. Altro infatti Gestalt, altro Struktur (Krueger, Wellek, Revesz); altro Gestalt, altro Ganzheit (Dilthey, Driesch, Stern); altro shape, altro whole (Spearman, Mac Dougall, Boring); altro la forma, altro il significato (Michotte, Selz, Pillsbury)1.

    Ma poich laffermazione di questi dualismi sarebbe vana, a sua volta, se non si riuscisse a realizzare quella integrazione di contenuti e funzioni di cui si detto poco f, le pagine che seguono, nella distribuzione della materia come nella trattazione dei problemi, si propongono di presentarne una, veneranda e antica, quella che Cartesio aveva preteso di liquidare e che ora, con la morte del pretendente, si fa avanti per rivendicare i propr diritti. Qui infatti la genesi storica dei sistemi non pu essere indifferente alla loro consistenza speculativa. La caduta perci del principio dellassociazione (Hume) e sintesi mentale ha un riflesso immediato sul principio di autonomia o sintesi a priori (Kant), e di conseguenza anche sul principio della cosiddetta creativit e spontaneit assoluta del Pensiero (idealismo). Che la filosofia moderna sia sorta da un falso problema? Questo appunto il problema dei problemi. Veda allora il lettore, psicologo o filosofo, se queste pagine dicano una parola che meriti di essere raccolta2.

    LAUTORE|

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    ZUNINI, G., Psicologia, Brescia, Morcelliana, 1958.

    NOTA 1. LA. esprime la sua viva gratitudine alla Direzione della Universitts-bibliothek di Lipsia per il prestito cortese, e sollecito dei Saggi su Aristotele di C. BAEUMKER (A) e di J. NEUHAEUSER, ed al Prof. Umberto CASSUTO per la consultazione del Saggio di H. A. WOLFSON su Isaak Israeli, nel George Kohut Memorial (1935).

    Le citazioni sono fatte con il nome dellAutore, seguito dal numero della pagina; questo preceduto da una lettera maiuscola dordine quando lAutore avesse nella Bibliografia pi di unopera. Le fonti sono citate di solito con il titolo intero, il luogo e lanno di edizione.|

    La materia stata divisa in tre sezioni: la prima, che tratta delle organizzazioni sensoriali, delinea i problemi cruciali della conoscenza in continuit con il vol. La fenomenologia della percezione; la seconda, dedicata al pensiero vissuto, investiga i princip per una concezione circa i rapporti funzionali ed oggettivi che legano la percezione ed il pensiero nellambito del Realismo; la terza, che traccia le linee dei massimi problemi del Realismo, converge ad assicurare una posizione assoluta della Metafisica in continuit e dipendenza dalla Fenomenologia. La Conclusione rielabora da un punto di vista globale questa particolare finalit teoretica di tutta la ricerca.

    2. Questa II ed. stata riveduta nella parte critica e snellita di qualche sezione meno importante per conferire maggior unit e continuit allindagine la quale voleva essere a modo suo, soprattutto al tempo in cui apparve la prima volta (1941), unintroduzione fenomenologica alla posizione del problema metafisico.|

  • SEZIONE PRIMA

    LE ORGANIZZAZIONI SENSORIALI

  • CAPITOLO PRIMO

    LASSIMILAZIONE CONOSCITIVA

    SOMMARIO. Conoscenza ed assimilazione: forme fisiche e forme intenzionali, critica di Aristotele alle forme fisiche di Democrito. Assimilazione fisica ed assimilazione conoscitiva. Lassimilazione intenzionale: struttura degli organi di senso e conoscenza (principio della meso,thj), progresso dellassimilazione conoscitiva, immaterialit ed intenzionalit. La specie conoscitiva, come principio dimmanenza del conoscere. Limmanenza aristotelica secondo Hegel. Riassunto.

    1. CONOSCENZA ED ASSIMILAZIONE

    a) Forme fisiche e forme intenzionali

    Fra le critiche, pur cos varie e disparate, rivolte alla Gestalttheorie, la pi curiosa e piccante per i suoi fautori devesser stata quella di J. Wittmann, che a capo della scuola funzionalista di Kiel, quale si legge nellimportante Saggio: Ueber das Gedchtnis und den Aufbau der Funktionen, pubblicato ai primi tempi della teoria. La strana interpretazione del W. riesce molto istruttiva perch rivela i criter sommari, seguiti da certi ambienti, per svalutare le correnti di pensiero che non si conoscono, e fornisce loccasione per collocare il problema della percezione sul piano speculativo1.|

    Alla parte sperimentale il Wittmann premette alcune dense pagine dindole sistematica (Ueber Realismus und Idealismus in der empirischen Psychologie) nelle quali prende netta posizione contro le pretese della nuova dottrina, la quale nel 1923 aveva fatto ormai notevoli progressi e minacciava, nonostante le aspre e continue critiche, di farne ancor di maggiori. A suo parere, due soltanto sono stati finora gli atteggiamenti teoretici che abbiano preteso di affacciarsi sul campo fecondo della psicologia: lOggettivismo realista classico dellAristotelismo scolastico ed il Sogget-tivismo dellIdealismo moderno. Per parte sua il W. dichiara con candida franchezza che loggettivismo antico, perch acritico, non pu avere pi che un significato storico e da quando la critica kantiana ne ha fatto giustizia in modo definitivo, esso non trova pi alcun seguace (sic!)2. Ora la Gestalt-theorie, per il W., gi belle giudicata: per crudele ironia della sorte e delle sue ambizioni di modernit, essa appartiene allindirizzo realista e si riallaccia per derivazione ininterrotta allAristotelismo. Il W. non fatica molto a rintracciare il processo filogenetico che riconduce la Scuola di Berlino nellambiente greco-scolastico: lodierna Gestalttheorie partita dalla nozione di Gestaltqualitt di Cr. von Ehrenfels (1890), che era stato discepolo di Alexis Meinong; questi, a sua volta, aveva frequentato le lezioni e lambiente dellaristotelico Brentano, il quale infine era uscito dalla scuola di uno dei pi celebrati studiosi di Aristotele del secolo XIX, Adolfo Trendelenburg. La Gestalttheorie non dunque che un ritorno ingenuo, e forse incosciente, al tanto deprecato Begriffsrealismus di Aristotele, il quale ed qui il punto pi sconcertante dellesegesi del W. nella sua teoria della conoscenza non ha fatto che rinnovare il sensualismo fisicista di Democrito. Il W. ha pensato bene di far seguire allaccusa, per avvalorarne la gravit, un raffronto documentato delle asserzioni capitali della Gestalttheorie con quel|le che si possono leggere in Aristotele e negli Scolastici, particolarmente in Alberto Magno e Tommaso dAquino: le due serie di formule, a suo parere, rivelano un identico contenuto dottrinale. I lettori che sono ormai al corrente dei princpi della Scuola berlinese possono rendersi subito conto dei raffronti indicati, senza che sia necessario di richiamarli.

    a) Il Wittmann anzitutto protesta contro la tanto pretesa originalit della Gestalttheorie, poich i suoi princpi risalgono sostanzialmente alla Gestaltqualitt di v. Ehrenfels, ed anzi alla teoria scolastica della forma efficiente (cfr.: la forma formativa e la forma impressa della Scolastica). Laffermazione confortata con questa citazione presa da S. Alberto Magno: Resultant tria formarum genera: unum quidem ante rem existens quod est causa formativa; aliud autem est ipsum genus formarum quae fluctuant in materia; tertium autem genus formarum quod, abstrahente intellectu, separatur a rebus (206).

  • b) Lispirazione scolastica della psicologia dei Berlinesi ha avuto, secondo il W., la sua pi lampante espressione nellopera (recente allora) di W. KHLER, Die physischen Gestalten in Ruhe und im stationren Zustand (1920); nella quale la teoria aveva raggiunto il suo assetto definitivo. Passiamo brevemente in rivista le citazioni prese dallopera del Khler assieme ai relativi cappelli scolastici appostivi dal Wittmann.

    1) Il nostro scopo, afferma il Khler, quello di spiegare le propriet generali delle forme fenomenali a partire dalle propriet generali delle strutture fisiche in quanto che noi mostriamo che le forme fisiche, quali si riscontrano (auftreten) nel sistema nervoso ed ivi acquistano un significato psicofisico, devono avere (il corsivo nel W.) una qualit e costituzione al tutto analoga, od in un senso ampio parallela a quella delle forme della percezione fenomenale (op. cit., 174). In nota si commenta che lespressione del Khler devono avere e lesigenza teorica da essa indicata, corrispondono nella loro dipendenza storica, anche se il K. mostra di non essersene accorto, al principio di Tommaso dAquino:| Cognitum est in cognoscente ad modum cognoscentis; oppure allaltro pi generale: Receptum est in recipiente per modum recipientis, che a sua volta non che la riproduzione dellantico principio gnwri,zein tw/| o`moi,w| to. o[moion (De Anima, 409 b, 26).

    2) Lo sviluppo della nostra teoria, continua il Khler, porta necessariamente a ritenere esservi una somiglianza reale fra il processo psicofisico ed il campo (dellapparire) fenomenale, e questo non solo in generale, in quanto che in ambedue i campi si ha da fare con forme, ma specialmente per ogni forma in ogni singolo caso (op. cit., 193). In nota si commenta laconicamente: Nam species cogniti est in cognoscente (S. Theol., Ia, q. 13, a. 1).

    Pi sotto il Khler chiarifica: La coscienza attuale (di qualche apparire fenomenale) si trova in ogni caso congiunta ad un determinato processo psicofisico delle propriet reali di struttura (fenomenali e fisiche), che non sono di fatto prive di senso. Il Wittmann commenta ancora: Omnis cognitio fit per assimilationem cognoscentis ad cognitum (Summa Phil., II, 77) (206-208).

    3) Il Khler riassumeva a questo modo il principio dellIsomorfismo, ovvero della corrispondenza funzionale, che somiglianza, fra le strutture fisiologiche dei processi nervosi e quelle fenomenali della percezione: Poich le propriet di simmetria soprageometrica della percezione delle forme non vanno senzaltro intese in correlazione alla simmetria geometrica del processo dello stimolo, noi dobbiamo ascrivere al processo fisiologico (centrale) che pu essere lunico intermedio di questa semplice correlazione, una corrispondente simmetria funzionale dinamica, e trovare ancora per questa via e a questo modo che le forme fenomenali e quelle psicofisiche sono fra loro simili (op. cit., 234). Il commento questa volta doppio: il principio dellIsomorfismo prima illustrato con la espressione anonima: informatur sensus similitudine rei sensibilis e con un rimando esplicito alla gnoseologia di Democrito secondo lesposizione fatta da Teofrasto nel De Sensu ( 50); e poi con unaltra espressione parimenti anonima:| Forma dat esse et distingui (sagten die Scholastiker) (208-209).

    c) Infine, pensa il Wittmann, il principio dellIsomorfismo, secondo la forma ora riferita, porta alla negazione esplicita di qualsiasi attivit dellanima nel processo di percezione della forma, ed anche questo si accorda con il Sensualismo contenuto nei seguenti princpi: Sensus est quaedam potentia receptiva sine materia (THOM., De Anima, lect. 13); Per speciem sensibilem sensus est actu sentiens (THOM., Summa Phil., I, 46; ibid. IV, II, 6). Vi si suppone ancora che ogni conoscenza avvenga per unassimilazione del conoscente e del conosciuto, in modo che nella sensibilit si ha unimmagine della cosa sensibile con i suoi accidenti; nellintelletto invece unimmagine delloggetto intelligibile secondo il suo contenuto essenziale (ibid. I, 84). La species sensibilis rappresenta un individuo soltanto, e solo per essa pu esser conosciuto come tale: essa la similitudo rei particularis (21).

    Riassumendo, conchiude il W., possiamo dire: La valutazione critica definitiva del problema sollevato dal Wertheimer consiste nel considerarlo una fusione fra il realismo formale della vecchia scolastica ed un realismo formale fisiologico ovvero fisico, che a sua volta non che una nuova edizione della ormai vecchia e sorpassata psicofisica3. Fin qui il Wittmann.

    Le affermazioni ora riportate non possono che eccitare un profondo senso di stupore in tutti quelli che hanno una qualche familiarit con il pensiero aristotelico-tomista, i quali insieme conoscono in qualche modo i princpi della teoria della forma: la stessa stridente dissonanza che presenta la sola prima lettura della doppia serie di proposizioni, raccolta dal Wittmann, pi che sufficiente per trovare paradossale lavvicinamento, o, peggio

  • ancora, lidentit teorica fra le due psicologie. Tale identit rigettata energicamente non solo dai Gestaltisti, ma molto pi e soprattutto dagli Aristotelici. Fatte queste riserve generali sulla stranezza della situazione prospettata dal W., si pu bene| riconoscergli il merito di aver tentato unimpostazione filosofica della teoria della forma e del problema della percezione in generale e di averlo connesso con le intuizioni pi mature del pensiero classico e medievale. Il W. ancor pi sinceramente da lodare per aver rigettato con franchezza lipotesi idealista, inclusa quella fenomenologica pura, e di averne rilevato linsufficienza sia dal punto di vista teoretico, come da quello sperimentale: su tutto questo ci si pu trovare pienamente daccordo. Ma nelle righe seguenti vorremmo indicare che questo accordo potrebbe forse andar ancor pi oltre, fino ad incontrare quella teoria media, a fondo genetico-funzionalista, che il W. vuol opporre al Realismo e allIdealismo, qualora vi si astragga dal superfluo supporto kantiano. Poich in verit la critica al realismo fisicista di Democrito stato proprio Aristotele a farla per primo e in modo definitivo; ed stato il medesimo Aristotele a prospettare, in opposizione sia a Democrito come a Platone, una teoria genetica per la nascita e lo sviluppo del conoscere nellanima. In questo punto la svista del W. ci parsa troppo grave, perch potesse essere scusata e non meritasse, sia pur in modo elementare, di essere segnalata.

    * * *

    b) La critica di Aristotele alle forme fisiche di Democrito

    Secondo il Wittmann, adunque, la Gestalttheorie si riduce al realismo grossolano albertino-tomista, e questo deriva dallAristotelismo che, a sua volta, non fa che riprodurre il materialismo grossolano di Democrito: la nostra ricerca critica riuscir forse pi convincente se seguiremo un ordine inverso, rimontando da Democrito ad Aristotele e poi da questi a S. Tommaso. Ci si atterr alle sole fonti che sono state indicate dal W4.

    noto che la teoria della conoscenza di Democrito, come| tutto il suo sistema, caratterizzata da una grande semplicit ed armonia di linee: per il nostro argomento anzi si deve aggiungere che il grande Naturalista assai meno originale che altrove, per aver adottato, quasi integralmente, la teoria del siciliano Empedocle. Pare infatti che sia stato Empedocle a enunziare per primo il principio che il W. riferisce a Democrito: gnwri,zein tw/| o`moi,w| to. o[moion5.

    Si sa ancora che stato Empedocle a formulare in modo organico e definitivo la teoria dei quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco, i quali, mescolandosi in varie proporzioni, vengono a formare tutti i corpi misti della natura sia inorganica come organica. Va ricordato inoltre che i corpi naturali non hanno secondo Empedocle una struttura piena e compatta, ma larchitettura intima, che regola la mescolanza degli elementi nei corpi misti, comporta una certa discontinuit materiale, onde i corpi sono attraversati da pori ed aperture, per le quali si possono stabilire le relazioni con gli altri corpi. Infatti Empedocle pensa che i corpi non siano mai in una condizione di stazionariet assoluta, ma che da ciascuno si dipartano di continuo, proiettandosi allesterno, delle flussioni od emanazioni, avporvr`oai,, che sono le intime particelle dei corpi: sono queste particelle che, penetrando attraverso i pori, stabiliscono le relazioni fra i corpi e mettono in movimento la natura6.

    Su questa trasparente concezione del mondo fisico Empe|docle ha poggiato la propria gnoseologia, anzi questa sidentifica con quella. Invero anche gli organi di senso, come gli altri corpi, sono attraversati da pori, per i quali possono passare le emanazioni che arrivano dal di fuori e provocare quelle determinate relazioni che sono i fatti di conoscenza. Empedocle doveva per spiegare il perch in realt non ogni organo di senso fosse atto a reagire a qualsiasi emanazione, ma ciascuno invece fosse qualitativamente qualificato per un genere proprio ed esclusivo. Perci egli suppone che attraverso lorgano possano penetrare solo quelle avporvr`oai, che hanno una summetri,a rispetto ai pori dellorgano, ci che suppone una somiglianza di natura fra i po,roi e le avporvr`oai,. Cos per esempio locchio pu ricevere soltanto le avporvr`oai, del colore, perch queste sole si trovano ad essere simmetriche con i suoi pori, e non invece a quelli dellorgano dellodorato, o degli altri sensi. Di qui si comprende il valore assoluto che aveva per Empedocle il principio che gli si attribuisce, non potersi conoscere il simile se non per il suo simile7.

    In questa gnoseologia naturalista le differenze specifiche fra gli oggetti di conoscenza sono in funzione diretta e necessaria delle differenze di struttura (fisica) che hanno i pori dei rispettivi organi, cosicch nella

  • densa nube degli stimoli, cio delle avporvr`oai,, che vengono a battere alla superficie dellorgano, ciascun organo, a seconda della particolare struttura dei suoi pori, vi opera una rigorosa selezione di una sola categoria di avporvr`oai,8. Dalla teoria generale passa poi Empe|docle a mostrare come in particolare gli elementi si combinino variamente per dare a ciascun organo la struttura confacente al proprio oggetto, onde si verifichi in ciascun senso il principio generale che conosciamo: il simile con il simile; ed per la presenza nellocchio dei pori del fuoco che vediamo il fuoco, per quelli dellacqua che vediamo lacqua, e cos via. Il filosofo siciliano da buon naturalista rimasto fedele al principio del minimo mezzo, ed ha voluto tutto spiegare con i soli princpi della summetri,a e della o`moio,thj9.

    Democrito, a cui si riferisce il Wittmann, ha accettato integralmente la concezione di Empedocle nel suo contenuto gnoseologico; ne differisce soltanto sotto quello fisico, per aver fatto precedere alla teoria dei quattro elementi la propria teoria degli atomi e per aver difesa la teoria del vuoto per cui possibile il movimento eterno degli atomi10. Gli atomi sono infiniti di numero e si muovono nelluniverso aggirandosi vorticosamente ed in tal modo generano tutti i composti, fuoco, aria, terra, acqua; poich anche questi sono dei composti di certi particolari atomi. Gli atomi invece non sono n scomponibili n alterabili appunto per la loro solidit. Il sole e la luna sono pure composti di atomi lisci e rotondi, e parimenti lanima che tuttuno con lintelletto11. Pertanto anche lanima conoscente, in quanto anchessa un essere naturale, deve constare di un dato assembramento di atomi; essa pu quindi mettersi in relazione ed essere impressionata dagli atomi che hanno una somiglianza con quelli in essa presenti. Il battere di questi atomi alle porte dellanima, ci che per Democrito costituisce lessenza del fat|to percettivo. A questa teoria empedoclea egli aggiunse unaltra precisazione personale, e cio che nel cammino che percorrono gli atomi per arrivare allorgano di senso e allanima, essi vengono a disporsi (nel vuoto) in un determinato ordine e a prendere struttura e figurazioni particolari dette deike,la e (presso Aristotele) ei;dwla12. Sono allora queste figurazioni, vaganti nel vuoto in tutti i sensi, che costituiscono, secondo Democrito, lo stimolo prossimo ed insieme anche loggetto terminale del conoscere.

    Fermiamoci un istante: avrebbe ragione il Wittmann di far coincidere la gnoseologia naturalista di Empedocle e Democrito con quella dei Gestaltisti moderni? I meglio qualificati per dare una risposta in merito sono i Gestal-tisti stessi, e pare bene che, anche se condividono con quegli antichi pensatori il programma di voler costruire una teoria della conoscenza da un punto di vista rigorosamente naturalista, essi tengano assai a proclamare la novit assoluta del proprio principio. La supposizione, in particolare, fatta da Democrito dei deike,la quali strutture figurali belle pronte, rispetto al soggetto che passivamente le riceve, in aperto contrasto con il principio basilare della Gestalttheorie, secondo il quale lo stimolo periferico non ha organizzazione alcuna e la stessa eccitazione periferica non che un mosaico di eccitazioni distinte, corrispondenti alle distinte terminazioni nervose nelle quali si espande il nervo nellorgano di senso. Secondo il principio dellIsomorfismo, che stato a suo luogo riferito con le parole del Khler, lorganizzazione percettiva viene al materiale sensoriale tutta dallinterno ed in un secondo tempo, quando cio il sistema centrale delle correnti trasversali di raccordo abbia raggiunto, secondo le leggi intrinseche al suo stato, una nuova condizione di equilibrio.

    Ma checch possa essere dellaccusa di Democritismo fatta dal Wittmann alla Gestalttheorie, questaccusa al tutto infondata nei riguardi di Aristotele, quando lo stesso Wittmann acco|muna Aristotele e Democrito. In verit, oltre il principio che il simile si conosce con il simile, il Filosofo ne conosceva un altro, quello di Anassagora, secondo il quale invece per il contrario che si conosce il contrario. Secondo il Beare questo principio gnoseologico veniva ad accordarsi da una parte con quello metafisico del Nou/j avmigh/j, e dallaltra pareva pi facile spiegare con esso molti fatti sperimentali che contraddicevano apertamente allaltro principio. Cos la percezione della temperatura sembra risultare dal contrasto fra le condizioni termiche inerenti allorgano e quelle proprie delloggetto stimolante: quando, per esempio, lacqua, in cui si immerge la mano, ha gli stessi gradi di calore della mano, non si avverte alcuna sensazione definita; limpressione non simpone che quando il dislivello sia di qualche rilievo13.

    Per quanto scarse siano le informazioni pervenuteci sul pensiero di Anassagora, esse sono sufficienti a farci riconoscere che anche nel campo della gnoseologia il suo influsso sul pensiero di Aristotele ha avuto una portata ampia e profonda: a questo sviluppo va riattaccato sia il principio della meso,thj di cui si discorrer fra poco, come il tentativo di mettere in evidenza loriginalit dellattuarsi conoscitivo, anche se Anassagora, come ha riconosciuto lo stesso Aristotele, finisca per ricadere nel Naturalismo. Se Aristotele accetta quindi il principio

  • della meso,thj e la applica al divenire conoscitivo, non lo fa se non levandosi a una sintesi superiore nella quale siano salvate le legittime esigenze che quei due princpi avevano, ma che i filosofi precedenti esagerarono, portandole allisolamento e allesclusivit. Anche qui, come in altri punti vitali dellAristotelismo, si tratta non dinerte concordismo, ma di superamento comprensivo, dovuto ad una vasta informazione storica e ad un criterio ottimista dello sviluppo dello spirito umano.

    Il Filosofo accetta la suggestione, presentata da Anassa|gora, poter lattuazione sensoriale esser detta unalterazione, una avlloi,wsij, e questo solo sarebbe sufficiente per stornare la esegesi proposta dal Wittmann. Ma c ancora molto di pi. Aristotele, che concepisce lesercizio della causalit fra gli esseri come un processo di assimilazione, quando arriva al problema dellattuazione conoscitiva rimanda ad una discussione precedente, intorno alla natura dellassimilazione che si ha nel processo della nutrizione14. Si deve dire che il simile si nutre del simile o il contrario del contrario? Ambedue le ipotesi, risponde il Filosofo, possono essere buone: tutto dipende dal punto nel quale si vuol considerare lalimento, poich se lo si considera allinizio del processo il cibo certamente dissimile, ed vero che il contrario si nutre del contrario; considerato invece al termine dellassimilazione, quando fatto simile, parimenti esatto il dire che il simile si nutre del simile. Le due teorie non sono quindi esclusive, ma possono essere conciliate, e tanto Empedocle e Democrito, quanto Anassagora hanno toccato un aspetto della verit. Il passaggio, precisa per Aristotele contro Democrito, che fa lalimento nel processo della nutrizione, implica una mutazione interiore che interessa le qualit reali, si tratta cio di una avlloi,wsij. In modo analogo, o`moi,wj, va considerato il processo dellassimilazione conoscitiva15. Anche questa pu essere considerata come unalterazione qualitativa, una avlloi,wsij. Il senziente, prima di sentire, non simile se non in potenza al sensibile: si fa simile al sensibile, che tale qualit in atto, dopo aver patito (essere stato alterato) dal medesimo16. Per si deve subito aggiungere, e qui Aristotele| si stacca anche da Anassagora, che si tratta di unalterazione originale e nuova. Le alterazioni, che si dispiegano nei processi naturali, incluso il processo della digestione ora ricordato, restano essenzialmente una successione di contrar in modo che lapparire del seguente implica la cessazione del precedente, appunto per quella vicendevole incompatibilit che deriva dalla contrariet che hanno. Nellattuazione conoscitiva invece si ha che i contrar non solo vengono salvati secondo il proprio contenuto formale, ma di pi essi coesistono come aspetti differenziali delloggetto di una stessa facolt: cos i vari colori per la vista, i vari suoni per ludito... Quando Aristotele allora dice che il sentire una avlloi,wsi,j tij, egli rivela lintimo suo scrupolo di naturalista che lo portava a non staccare del tutto il processo del sentire dagli altri processi naturali, onde fosse salva la continuit e larmonia fra la vita dellanima e il corso della natura, che era stata perduta nel Platonismo17. Questa reazione antiplatonica non deve per ingenerare il sospetto che Aristotele abbia finito col perdere di vista loriginalit dellassimilazione conoscitiva. Il sentire certamente per lui un pa,scein ed un kinei/sqai, ma di una natura particolare e non qualunque. Essere mosso e andar soggetto ad alterazione qualitativa proprio dei corpi, immersi nel flusso della corruttibilit, e Platone laveva proclamato alto e forte: qual significato potranno avere allora questi termini di pa,scein e di kinei/sqai quando vengono applicati allanima che conosce?|

    2. ASSIMILAZIONE FISICA ED ASSIMILAZIONE CONOSCITIVA

    Questa penetrante posizione del problema obbliga Aristotele a distinguere due modi di alterazione. Consideriamo, egli dice, quellalterazione che lacquisto della scienza. Si pu dire sciente il bambino appena nato, in quanto appartiene alla specie di coloro che possono avere la scienza; e si pu dire sciente chi ha raggiunto ormai labito della scienza, anche se non lesercita sempre in atto. Ma sciente nel senso proprio del termine davvero solo chi considera in atto loggetto della scienza, intendendo o ragionando. Ben tre sono adunque in questo processo i passaggi dalla potenza allatto. Il primo, quello che porta ad appartenere alla specie di coloro che possono sapere, viene fatto dalla natura e dal generante, e non presenta uno speciale interesse per la nostra ricerca che si occupa direttamente solo degli altri due. Questi sono molto diversi luno dallaltro. Se consideriamo invero il passaggio di chi ha la natura per essere sciente, com il bambino, allabito della scienza, subito ci accorgiamo che esso pu implicare, non solo, come il precedente processo, dei passaggi dalla privazione allabito, come dal non sapere al sapere, ma anche una vera alterazione fra contrar, come quando si passa dallerrore alla verit e viceversa. Questultimo passaggio una mutazione reale ed esige la

  • distruzione, cio corruzione, della precedente disposizione dellanima. Il passaggio invece dalla possessione abituale della scienza alla considerazione attuale non pu essere mai detto mutazione od alterazione in alcuno di questi sensi, ma piuttosto salvazione ed amplificazione interiore, emergenza ontologica pura18. Rispetto a questo termine, il processo conoscitivo| va considerato, pi che alterazione, conservazione e salvazione: pi che successione di modi contrar di essere, progressione ed ascensione verso il fastigio dellessere. Occorre perci distinguere bene due modi di alterazione: lalterazione fisico-corruttiva che propria del divenire corporeo e lalterazione perfettiva, che caratteristica del divenire gnoseologico. Questa non avviene, come quella, al termine della vittoria che un contrario riporta sullaltro, ma appartiene allascesa naturale che fa lanima conoscente con lassimilazione oggettiva delle forme, nelle quali, secondo una preordinazione trascendentale, essa chiamata, nelle condizioni opportune, a trasformare gradualmente la propria infinit attitudinale e potenziale nella possessione reale di atti e forme. Aristotele cos preso dalloriginalit del fatto che illustra, da essere costretto a confessare che il linguaggio non ha ancora un termine proprio per indicare il passaggio che fa il conoscente quando passa allatto del conoscere attuale19.

    Fra i commentatori, ALESSANDRO (di Afrodisia) aveva per tempo messo in rilievo il midollo speculativo della concezione aristotelica. Avendo (Aristotele), egli osserva, mostrato che ogni cosa, che si trovi in potenza, passa allatto per una mutazione passiva ed alterazione, escogit una divisione dello stesso patire ed essere alterato, ed afferm che allora si ha vera corruzione da parte della qualit contraria ed abbandono completo dello stato precedente, quando tutte le cose che ivi si trovano sono soggette a passione per il fatto che si mutano| nei loro contrar. Queste invece (della conoscenza) afferm (esser un patire) non perch vi sia corruzione di alcunch, ma piuttosto vi si ha conservazione ed accrescimento per il fatto che si riceve come atto quanto deriva dallatto ed fatto simile. Lazione che viene da tale abito (della scienza), e da tale potenza (dellanima), essendo la perfezione ultima dello stesso abito, non avviene per la mutazione nel contrario, ma per un passaggio dello stesso (abito) dallo stato di ozio a quello dellagire. Colui che possiede gi la scienza diviene operante per suo mezzo, e ci non altro se non un accrescersi verso una simile ed identica cosa20. Anche Alessandro passa poi a distinguere due generi di alterazione profondamente diversi luno dallaltro, ed anzi si potrebbe dire che il patire nella conoscenza non pu esser detto alterazione, ma mutazione soltanto, in quanto anchessa in generale un passaggio fra due modi di essere21.

    Ad Alessandro fanno eco gli altri commentatori. Il FILOPONO sviluppa con compiacenza lanalogia fra la acquisizione, nei conoscenti, dellatto primo che la

    natura e dellatto secondo del conoscere. Il principio attivo nella generazione forma il nuovo essere nelle viscere materne e quando questo dotato di tutte le facolt necessarie alla vita, allora nasce. Le facolt, che sono nel neonato, sono come degli abiti disposti a passare allatto, cosicch anche appena messo alla luce il bambino percepisce i sensibili che si presentano: di fatti reagisce appena, nel nascere, tocca laria fredda e per lui inconsueta e similmente reagisce alle stimolazioni della luce.

    Due sono quindi le fasi dello sviluppo: dalla capacit allabito, e dallabito alloperazione; di esse la prima causata dal generante, la seconda dagli oggetti esterni. Parimenti per la| scienza, il passaggio allabito della scienza causato dal maestro o dai sensibili per unascesa e ricerca dai particolari alluniversale; ma dopo lacquisto dellabito, il conoscente ha in s la forma del conoscere e pu uscire allatto quando vuole. A differenza del senso, che resta sempre in dipendenza delloggetto esterno, la mente che ha labito della scienza non ha bisogno di alcuna cosa esterna ma da s produce se stessa... Questo, perch la mente apprende gli universali, i quali non si trovano al di fuori, ma nellanima sola22.

    Riassume con fedelt e con la solita penetrazione il pensiero aristotelico AVERRO, che ebbe un influsso decisivo in tutta la metafisica tomista della conoscenza. Hoc nomen passio commenta il filosofo arabo non significat eamdem intentionem simplicem, sed quaedam est passio quae est corruptio patientis a contrario a quo patitur, ut passio calidi a frigido et humidi a sicco. (Sed) etiam est passio quae est evasio patientis in potentia ab eo quod est in perfectione et actu, secundum quod illud quod est in actu est simile, non contrarium, s. extrahens ipsum a potentia ad actum e converso dispositioni in prima passione. Iste ultimus modus passionis est dispositio eius quod est in potentia ex anima apud perfectionem moventem illud quod est in potentia et extrahentem eam in actum non secundum primum modum passionis. Iste modus passionis est ex modo qui est evasio patientis ab eo quod est in actu, movens ipsum, non corruptio eius: non enim considerat in aliquo postquam non considerabat

  • nisi qui scit illud, et haec non est alteratio secundum intentionem (...), quia ista transmutatio non est ex non esse, sed est additio in transmutabili et ire ad perfectionem absque eo quod sit illic corruptio, aut mutatio ex non esse, ponitur sicut mutatio ex ignorantia ad scientiam23.|

    Averro, nel seguito del Commento, tanto preso dalla originalit del conoscere rispetto a tutti gli altri modi di essere e di divenire, che fa un ultimo passo ardito ma che pare al tutto corrispondente allanalisi introspettiva e bene in armonia con i princpi aristotelici che sono stati fin qui esaminati.

    Afferma egli che, nel conoscere, oggetto e anima non solo passano ciascuno ad un grado superiore di essere, come si detto, ma formano nellatto una sola ed identica cosa: il conoscente in atto il conosciuto in atto; pi ancora o pi esattamente, conoscente e conosciuto formano una unit pi intima di quanto non facciano materia e forma. Dicam igitur quod homo non fit intelligens actu nisi propter continuationem intellecti cum eo in actu; et est etiam manifestum quod materia et forma copulantur ad invicem ita quod congregatum ex eis sit unicum; et maxime intellectus materialis (= possibilis): et intentio intellecta in actu. Quod enim componitur ex eis non est aliquod tertium aliud ab eis, sicut est de aliis compositis ex materia et forma24.

    Questa teoria metafisica del conoscere passata certamente in S. Tom-maso25, ma al Gaetano che dobbiamo un richiamo esplicito della prospettiva averroistica ed aristotelica di queste ardue dottrine. Cognoscens est ipsum cognitum actu vel potentia, materia autem numquam est ipsa forma. Ex hac differentia quoad esse sequitur differentia quoad unitatem: quod| scilicet cognoscens et cognitum sunt magis unum quam materia et forma, ut egregie dixit Averroes in III De Anima, comm. V. Et rationem reddidit modo dictam, quia ex intellectu et intellecto non fit tertium, sicut ex materia et forma: assignando enim pro ratione maioris unitatis exclusionem tertii, aperte docuit unitatem consistere in hoc, quia unum est aliud. Unde Aristoteles in III De Anima hoc idem praedocuit, dicens quod anima est omnia sensibilia et intelligibilia26.

    Il conoscere si rivela pertanto nellAristotelismo come un processo di unificazione e di presenza: il mondo che stato disperso in una molteplicit di forme di essere differenti si pu venire a raccogliere ed intensificare nellanima capace di conoscere, e quanto prima era per natura fuori dellanima pu diventare presente per lassimilazione conoscitiva. Nella quale si possono considerare due momenti: il conoscere, per cui c la presenza, ed il processo di assimilazione che porta tanto loggetto come il soggetto a muoversi per la realizzazione di questa presenza. Il primo momento caratteristico del conoscere come tale ed i suoi gradi di perfezione sono i gradi di perfezione del conoscente nellordine dellessere, cosicch in Dio che il primo conoscente sono presenti sotto qualsiasi aspetto conoscibile tutte le cose. Il secondo momento si trova soltanto nei conoscenti, i quali hanno da realizzare questa presenza con lesercizio di facolt e di atti come proprio degli enti finiti nei quali la propria natura tale o talaltra e non pu essere specchio di tutta la realt. Di qui si diparte la metafisica della specie conoscitiva.|

    3. LASSIMILAZIONE INTENZIONALE

    a) Struttura degli organi di senso e conoscenza

    Con la rivendicazione delloriginalit assoluta che compete allattuarsi conoscitivo, Aristotele ha sorpassato tutte le teorie precedenti, tanto di Empedocle e Democrito, come di Anassagora. Non si creda per che la posizione di Aristotele sia tutta qui; essa procede a delinearsi nei seguenti capitoli del II libro del De Anima (cc. 7-12) e nellopuscolo De Sensu et Sensato, ove, a partire dal principio sopraricordato della meso,thj, il filosofo si attarda nel minuto sviluppo di una psicofisiologia degli organi di senso. Il fatto spiace molto agli Idealisti che si rammaricano aver Aristotele rinunziato a conservare intatta la originalit della vita dello spirito, come sembrava promettere con le sue prime riflessioni, che con lo sviluppo analitico del principio della meso,thj verrebbero completamente annullate. In realt per chi vuol penetrare nello spirito della concezione aristotelica appare invece chiaro che proprio questo principio che d una base di consistenza alla nuova teoria aristotelica. Il Filosofo nella sua elaborazione parte dal fatto che ogni senso capace di apprendere oggetti che sono fra loro contrar, che si oppongono cio entro lambito di uno stesso genere. Ogni senso, si sa, ha un proprio oggetto formale ed per esso che si distingue dagli altri sensi cosicch tutti i sensibilia che costituiscono lambito del suo oggetto formale sono, sotto questo aspetto, uniformi, mentre sono eterogenei ai sensibilia di un altro senso.

  • A questo modo, per esempio, tutte le specie e variet di colori restano sotto il dominio del senso della vista e sfu