pensieri e parole

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Racconti e Poesie

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Racconti e Poesie

Page 2: pensieri e parole

Corso di Tecniche di Scrittura

Federica Piccolo

2^B Grafica

A.A. 2010/2011

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AL BAR Seduta al bar sorseggio un tè che esce fumante dalla tazza di porcellana scadente.Mentre un via vai di gente parla e chiede al ra-gazzo al bancone la propria ordinazione, mi ac-corgo di essere la sola seduta calma, senza appa-renti preoccupazioni, senza ansie evidenti, senza cercare di rincorrere i frenetici ritmi che la città in cui vivo quasi impone per restare a galla. Mi guardo in giro, circondata dalla luce calda sopra di me, sapientemente studiata per rendere un po’ più accogliente e meno freddo un luogo nel quale la gente spesso si sofferma per delle chiacchiere di poco conto, ma in realtà lo rende tutto fuorché accogliente, tanto da farmi quasi temere di essere importuna qua seduta.Recentemente ristrutturato, il locale ha assun-to un tono più sofisticato: pareti che i designer d’oggi amano chiamare crema di latte, che in realtà non è altro che un color bianco sporco tendente al beige, bancone color cioccolata, così come i tavoli e la cassa nella sala accanto, il tutto

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arricchito con sedie e piccoli inserti di un insolito arancio, che, ai miei occhi sembrerebbe stonare.Da qui seduta riesco quasi ad immedesimarmi e vivere i tempi incalzanti delle numerose ordina-zioni dell’orario di punta, l’uscita dalla scuole.Cerco di rimanere assorta nella mia scrittura, ma il rumore delle ceramiche che sbattono ri-petutamente, le urla dei bambini e a loro volta delle madri, forse, mi distraggono, facendomi ripensare a quando ero piccola ed anche io ve-nivo qui per merenda. Quanti capricci! Anche io come loro faccio parte della vita del posto.Dietro al bancone, dove i più stanno bevendo il loro espresso, noto il modo ordinato in cui sono disposte bottiglie di alcolici. Vini, liquori, amari, spumanti sono colpiti tutti dai raggi dei piccoli led sopra ogni scaffale, risplendendo il vetro viene quasi trasformato in gemme prezio-se. Lo stesso accade ai bicchieri trasparenti e colorati, sistemati sotto le bevande in una scala che va dal più alto al più basso.Poco più a destra centinaia di bustine di tè ed in-fusi di ogni genere, alcune dal gusto veramente insolito. Sono disposte in un ordine quasi ma-

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niacale, come farei io del resto, in base al colore della carta in cui sono avvolte; acanto riconosco del pessime porcellane del servizio da tè.Alle mie spalle, il cortile di modeste dimensio-ni, dove quando fa più calo e non piove le gente sta volentieri, è deserto, se non fosse per i mi-nuscoli tavolini e gli enormi “funghi” spenti.Alzandomi per andare alla cassa a pagare la mia consumazione, passo accanto ad una gi-gantesca mensola dove sono esposti vari tipi di dolciumi e barrette, che ora mi fanno ca-pire le vivaci grida dei bambini.D’innanzi alla cassa si “erge” una strana opera, se così si può definire, difficile da comprendere a molti.Si tratta, infatti, di una lastra di alluminio dorata e cesellata, che fa pensare che qualcuno l’abbia presa a sassate; ricorda un po’ la carta regalo strappata con arroganza la mattina di Natale.In fondo alla sala, ricca di piccoli tavoli intelligen-temente disposti per far sedere innumerevoli per-sone, si trova la cucina, dove ogni giorno vengono preparati piatti freddi e caldi, esposti poi in bella mostra nella vetrina che divide la stanza.

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Pago.Mi chiedo come sia possibile che in un posto relativamente piccolo come questo ci possano stare così tante persone.È come se i bar fossero un micro-cosmo irri-nunciabile per l’umanità.Qui persone si incontrano tutti i giorni parla-no di cose futili e non, con persone importanti, mici, colleghi, conoscenti, estranei.Un bar sembra ormai diventato la realtà più banale e scontata, alla quale non diamo prati-camente più importanza, ma che invece, se ci fermassimo a riflettere, scopriremmo che fa parte della nostra vita in modo così radicato da rendere l’entrata in esso spontanea e immanca-bile, tanto da non accorgerci più di ciò che ci circonda, ne tanto meno delle persone che ci lavorano.

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HAIKUScorrono lenti i minuti

Ticchettio dell’orologioo,Sguardi stupiti s’incrociano

Il silenzio si ferma La musica riecheggia

Vola una mosca

La sabbia scivolaTra le mani nudeOcchi di ragazza

Lezione in classeTutti attenti

Riecheggia un grido

Essenza di fioriBambini giocano,

Nel giordino d’inverno

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Lui menteLei si arrabbia,Silenzio si alza

Intorno gente parlaL’ansia avanza

Ticchettio di tasti

Clacson impazzitiGrigia è la città

Scrosci di pioggia

Un treno in salitaSolo sulla montagna

La meta lontana

Cala la notte,La quiete assorda

Soffici sogni

Vento gelidoSulla pelle

Un brivido sale

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Calda è la neveS’adagia sofficeIl freddo inverno

Volo disperato di uccelloCielo cupo,

Un rombo di tuono

Pensieri affollano la menteDubbi s’infiltranoBrucia una bugia

Luci lampeggiantiIlluminano le strade

Panico incalza

Profumo di biscottiRiempie la casa

E’ il magico Natale

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A una passante

DI BOUDELAIRE

La via assordante strepitava intorno a me. Una donna alta, sottile, a lutto, in un dolore immenso, passò sollevando e agitando con mano fastosa il pizzo e l’orlo della gonna agile e nobile con la sua gamba di statua.

Ed io, proteso come folle, bevevo la dolcezza affascinante e il piacere che uccide nel suo occhio, livido cielo dove cova l’uragano.

Un lampo, poi la notte! - Bellezza fuggitiva dallo sguardo che m’ha fatto subito rinascere, ti rivedrò solo nell’eternità?

Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai! Perchè ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado, tu che avrei amata, tu che lo sapevi!

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HAIKUUrlava attorno a meLa via assordante

Una donna passò agilmente.

Bevevo nel suo occhioUn lampo… Poi la notte!

O te che avrei amatoO te che lo sapevi

Mai, forse!

Livido cieloNel cui fondo romba l’imminente uragano

La dolcezza dei tuoi occhi.

Gli sguardi si incrocianoIgnoro dove fuggi

Sono rinato.

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PRIVILEGIOPrivilegio i fatti alle parole vuotePrivilegio la moda Privilegio i pochi amici Ai molti conoscentiPrivilegio me con gli altriChe gli altri con mePrivilegio la famigliaPrivilegio la colazionePrivilegio il dolcePrivilegio il caffè fumantePrivilegio l’essere me stessaChe l’essere amata da tuttiPrivilegio sbagliare Privilegio i profumi caldiPrivilegio i colori freddiPrivilegio l’essere sbagliataAll’essere perfettaPrivilegio l’impulsivitàPrivilegio i dubbiPrivilegio la sopportazione

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alla rabbiaPrivilegio la tempesta alla calma apparentePrivilegio credere a tutto Che non credere a nientePrivilegio la musicaPrivilegio la puntualitàPrivilegio la precisione, l’organizzazionePrivilegio la verità che fa male Alla bugia che crede di far benePrivilegio il praticoPrivilegio essere diffidentePrivilegio il perdonoPrivilegio l’essere conosciuta e non piacereChe il piacere senza essere conosciutaPrivilegio provare e fallirePrivilegio il comunicarePrivilegio riderePrivilegio la vita vissuta che essere vissuti dalla vita.

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IL GELOUn piccolo uccello vola,Arranca nel grigio cielo d’invernoEcco, un leggero fiocco bianco cadePoi un’altro, un’altro ancora

Così una piccola speranza Calda cerca di uscire dal cuoreMa, inevitabile dopo l’estate,Arriva sempre il gelo.

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L’ ITALIA

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the slight be ating of bu tter�y's wing’s like the thought of freedom, fra

gile and aware. only w

ith these you can stay alive

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ensée de la liberté, fr agile et conscient. seulement avec ces vous pouvez rester en vi

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Il leggero battito di a

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ertà, fragil e e consapevole. Solo con questi si può rimanere vivi.

LIBERTA’

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non si può sempre tornare indietro nella vita reale!!

non si può sempre tornare indietro nella vita reale!!i

VITA

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FOTO TESSERAE’ una piccola fotografia, della grandezza di un francobollo. E’ una di quelle foto che si scattano nei momen-ti di allegria con le amiche in quelle minuscole cabine che puoi trovare anche per le strade.Per questo la foto risulta essere un po’ sfoca-ta e con colori sbiaditi, quasi come fosse in bianco e nero!Raffigura due ragazze giovani, molto giovani, con facce buffe al limite del comico.La ragazzina sulla destra ha i capelli lunghi biondi, raccolti in una treccia laterale che le scende morbida su una spalla.Sul volto ha un espressione felice e consapevo-le che si trasmette in una smorfia divertita.La ragazza al suo fianco sembra non avere ca-pelli, ma ha la fronte coperta da un foulard fan-tasia, che parrebbe colorato.Grandi occhiali marroni le adornano il viso pallido.Anche lei ride divertita, di gusto, come se qualcuno le avesse appena confidato la cosa

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più divertente del mondo.La fotografia sembra essere l’ inizio di felicità normale e di una voglia di vivere di due giovani donne, troppo bambine ancora per volere e riu-scire ad accettare la vita così com’è.

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VORREIVorrei,

Essere considerata irrinunciabileE vorrei

Costruirmi una famigliaVorrei pure

Affermarmi per ciò che sono

Va bene, dunqueIn questa vita fuggente

In questo giorno nevosoIn questo mare che trascina in fondo

Fatemi essereQuello che sogno essere.

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DIALOGOAntefatto:Lui e Lei comprano i biglietti per il loro tanto desiderato primo viaggio insieme.Dopo un tira e molla per chi terrà i biglietti la vittoria andrà a Lei.Lei li nasconde ben bene per non perderli, ma trenta minuti prima dell’agognata partenza i bi-glietti sono stranamente spariti!

Lei: O mio Dio!..Noooo…Lui: Cosa succede?Lei: Erano qui…e ora...Lui: Ora cosa?Lei: Non ci sono…Sono sicura erano qui...Lui: Lo sapevo..Lei: Non dare sempre la colpa a me!Lui: E a chi la devo dare?...Lei: Non lo so…non lo so….non possono essere scomparsiLui: Di certo da soli non se ne sono andati!Lei: Lo so anch’io…ma tu come spieghi che

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siano spariti?Lui: Una volta tanto che ti affido qualcosa…lo sapevo dovevo tenerli io!Lei: Non ce la faremo mai! E’ tardi orami!Lui: Non è tardi, sbrigati a cercarli invece di piagnucolareLei: Li sto cercando ovunque, dove possono essere? Ho già guardato là!…E’ inutile che ci riguardi!…Lo so che non ti fidi!Lui: Vado a vedere nell’altra stanza, comun-que è ovvio che non mi fidi, li hai persi!Lei: Non li ho persi!…Erano li due secondi fa!Lui: Mancano dieci minuti e poi dovremo rinunciarci.Lei: Mmmm…lo so non mettermi ansia!Lui: Trovati!!!Lei: Dove erano? Bravo!Lui: Li avevo già messi in tasca!Lei: Dai sempre la colpa a me, va beh sbrigati e prendi le valige che partiamo!Lui: Va bene, andiamo!

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UNA TAZZA DI THE

Nan-in, maestro giapponese dell’era Meiji, (1868-19112), ricevette la visita di un profes-sore universitario che era andato da lui per in-terrogarlo sullo Zen.Nan.in servì il the. Colmò la tazza del suo ospi-te, e poi continuò a versare.Il professore guardò traboccare il the, poi non riuscì più a contenersi.“È ricolma. Non ce ne entra più!”.“Come questa tazza “, disse Nan-in, “tu sei ri-colmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.

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UNA TAZZA DI INFUSO

Lipogramma in “E“

Nan-in, uro Nipponico, tra gli anni di Mei-ji,(1868-1912), fu visitato da un uomo arri-vato da un istituto scolastico ad istruirsi sulla disciplina.Nan-in iniziò a dar l’infuso. Colmò la tazza del suo scolaro, poi la traboccò, l’infuso cominciò ad uscir.Costui guardò il dramma, non riuscì più a non dir nulla. “Sta straripando, non ci sta più un nonnulla!”.“il modo in cui la tazza trabocca assomiglia alla tua dottrina, ai tuoi giudizi, alla tua cultura. Prima l’infuso ti tocca tracannarlo, così avrai vuota la tua tazza, in altro modo non posso in-dottrinarti alla disciplina!” raccontò Nan-in.

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VETRO PREZIOSO

Il vetro trovato a tonnellate e tempestato di to-pazi e zirconi nigeriani nitidi diffonde delicati tinteggi gialli limone.Nessuno nonostante il tempo e il posto tortuo-so, sospettava valori e risorse secolari rinvenu-te nel tempo ionico.Coccodrilli e licaoni ninfomani e per niente teneri riguardavano notevolmente il tesoro, rovina del naufrago goloso di soldi e diamanti tirchio e chiozzo.

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STORIA DI SOLDATO STEFANOStefano sempre sorridente, segue scrupolosa-mente le segnalazioni e le scelte del suo ser-gente sadico e socipaticoSbraitando gli suggerisce di saltare sessantasei staccionate scoscese stando sul suo solo soste-gno e senza stampelle.Stefano singhiozza un “Signor si, Signore!”.Sbaglia, slitta e scivola stampandosi sullo staccato.Si solleva storto e sofferente.Subito scorge Su-sanna che stava silenziosa a scrutarlo.Saluta. Suonando una serenata con una soave sinfonia le sussurra il suo sentimento.Il Sergente stufatosi, schianta e sbatte Stefano sui sassi, sogghignando scioccamente e sorseg-giando il suo solito succo di susine.Lo sventurato Stefano subisce la sfortunata sciagura senza storie.Sebbene sconsolato, si siede, sospira e saluta sorridente e soddisfatto la sua stupenda Susanna.

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ALL’EDICOLAS = Giornali e

S = rivisteV= erano impilati

A = ordinati.S = Un uomo

V = guardando e V = toccandoS = le pagine

A = in maniera disordinataA = e maleducata.V = li fece cadere

V = e li bagnòS = tutti.

S = Quotidiani,S = settimanali,

S = mensiliV = erano inzuppati,

V = invendibili.A = slavati,

A = illeggibili e A = sporchi

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V = sarebbero rimastiA = invenduti.

S = dal giornalaio.S = Il signoreA = distinto

V = era dispiaciuto, S = ma l’edicolante

V = era A = arrabbiato.

V = Cominciò adV = urlare.

S = Il signorottoA = calmo

S = e l’agitatoA = edicolanteV = litigarono A = animati.

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FOTO DI CLASSE

S = bambini eS = ragazzi

V= erano dispostiA = ordinati.

S = Gli studentiV = stavano fermi

V = e sedutiS = Le sedieA = gialle e A = rosse

V = si susseguivano. V = Sorridendo,

S = maschi,S = femmine,S = maestreS = e bidelle

V =guardavano e V = ammicavano

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A = gioiosiA = ed eccitati.

A = AttentiV = volevano sembrare

A = perfetti.S = I piccini

S = e le bambine,A = contenti

V = si trovavano davanti.S = I ragzzi

V = erano indietroA = in piedi.

V = SpostandosiV = cadde

S= un ragazzetto A = alto, e

S = il fotografoA = prontoV = scattòA = così.

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LO IED12:3020/1/2011NUVOLOSO

Arrivo di corsa. Come al solito penso di essere in ritardo.Raggiungo i miei amici al tavolo nel-la sala studio dello IED.Mi siedo, appoggio le mie cose e comincio a guar-darmi attorno.Dal mio posto vedo tutta la sala.Molti ragazzi sembrano essere già qua da mol-to, sono immersi nei loro lavori. Alcuni sembra vogliano entrare direttamente nello schermo del loro computer.Una ragazza con la felpa verde ed il cappuccio tirato su passa correndo, è diretta al bagno, ca-pisco perché tanta fretta.Due ragazzi, un maschio ed una femmina, scri-vono solerti sul loro computer, uno di loro in-dossa delle enormi cuffie bianche che sono col-legate ad un Ipod.Un ragazzo passa spaesato, si guarda attorno e

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se ne va da dove è arrivato.Altri abbandonano il tavolo, rimettendosi i cap-potti e facendo strisciare le sedie sul pavimento.In agguato, arriva un altro gruppo che pronta-mente prende possesso di quell’unico spazio rimasto nella sala.L’atmosfera si è calmata. Si sente solo il tic-chettio dei tasti e un iieve brusio.

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LO IED12:3026/1/2011SOLE

Entro nella sala e scopro con mio rammarico che tutti i tavoli e le sedie sono pieni.Così appoggio la borsa per terra e inizio ad os-servare da qua in fondo.Dalla sala si alzano schiamazzi, grida e mor-morii di gente.Per sedersi alcune persone sono costrette a stare su quegli scomodissimi puf, chaise-longue, e sacchi imbottiti di palline.Quasi tutti sono assorti sul proprio computer e scambiano opinioni con i propri vicini.Un gruppo di ragazzi passa ridendo, seguito poi poi da un altro gruppo misto più serio.Ecco dei mie compagni, passano, salutano e mi dicono “Aaaaah poesia!”Saluto e annuisco sorridendo.Passano la sala e scompaiono dietro la porta che va alle scale.

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Da quella stessa porta esce un ragazzone rasato a pelle con un giubbotto scuro aperto, che fa un cenno. Un ragazzetto maggiolino si alza, gli va incon-tro, mentre altre persone camminano avanti ed indietro per il corridoio.Altri miei compagni arrivano e mi interrompo-no, capisco che è ora di andare, il professore è arrivato.

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LO IED12:3016/2/2011PIOGGIA

Silenzio.Viene interrotto da un gruppo di ra-gazzi bagnati dall’incessante pioggia. Si siedo-no nel tavolo accanto al mio.Ridono, parlano e aprono scatole di cartone contenenti un fumante trancio di pizza.Il profumo riempie la stanza.In un altro tavolo due ragazzi con il computer discutono sul loro progetto, o almeno così sem-brerebbe.Mi distraggo, mentre un via vai di gente che sbirci ai tavoli, per pura curiosità, passa bor-bottando.Il rumore delle scarpe bagnate che cigolano sul pa-vimento sta diventando irritante.Sempre più persone arrivano si siedono e parlano.È un brusio incessante in continua crescita.So per certo che il bel silenzio di prima non

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tornerà a breve.Dietro di me una ragazza, avrà la mia età, ha preso possesso di un enorme tavolo. Si guarda attorno mentre si passa le mani fra i capelli cer-cando di raccoglierseli in una treccia.Passa ancora gente. Scricchiolio di suole ba-gnate.Ecco è arrivato il suo amico. Un ragazzo di co-lore, esile con un basco in testa.Prende un sedia dal tavolo vuoto della sala e sistema le sue cose.La gente continua a fare avanti e indietro dalla sala di passaggio, incessante e curiosa.La sala si riempie sempre di più.È ora di andare a lezione.

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5 GIORNATELuogo: Piazza 5 giornateData: 18-II-2011Ore: 12:30Condizioni climatiche: nuvoloso

Seduta sui gradini di un agenzia viaggi in Piaz-za 5 gioente, scruto ciò che sta accadendo at-torno a me.Sembra una normalissima giornata qualunque di un giorno lavorativo.Accanto a me si trova un edicola strabordan-te di giornali, riviste e quelle fase collezioni esclusive che escono ogni settimana.Li accanto di trova una bancarella di borse va-lige e ombrelli, gestita da un ragazzo indiano, credo.Davanti a me il monumento ai caduti oggi ha un aspetto grigio, più del solito.I clacson delle macchine, il rumore acuto dei tram che stridono girando sulle rotaie attorno

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alla piazza, il vociare di persone che passano, rende questo luogo caotico e frenetico.Passa un tram, sembrerebbe un 27, poi subi-to una 60 che si impone di prepotenza, quasi schiacciando una 500 rossa che stava curvando accanto a lei.Da questo punto, intravedo le luci flashenti e lampeggianti che il cartellone pubblicitario del-la Coin produce.All’ingresso principale un via vai di gente dei più diversi tipi, ragazzi e ragazze, adulti, bam-bini, tate, cani, tutti che si fermano a guadare le vetrine.Tram e autobus continuano a passare tutt’intor-no alla piazza.Ecco passare un pulmino della polizia peniten-ziaria, probabilmente diretto al palazzo di giu-stizia poco distante.Dall’altra parte, a sirene spiegate arriva veloce un’ambulanza che blocca per un’istante il nor-male tran tran del traffico, e si fionda in Corso XXII Marzo.Il traffico riprende a scorrere lento subito dopo il suo passaggio.

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Un 9 arrivato alla fermata apre le porte e fa scendere un decina di persone, per farne salire altrettante.Le porte si chiudono e il sirietto riprende la sua corsa silenziosa allontanassi lungo Viale Mon-tenero.La giornata è fredda, nuvolosa e il cielo si fa sempre più cupo, da un momento all’altro ini-zierà a piovere.È quasi l’una e io comincio ad avere una certo appetito, alcuni negozi si spengono e tirano giù le saracinesche, per qualche istante il traffico sembra rallentare. raccolgo i miei foglie la mia borsa e mi dirigo dall’altra parte della piazza per ritornare a casa.

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5 GIORNATELuogo: Piazza 5 giornateData: 20-II-2011Ore: 12:00Condizioni climatiche: sole

Piazza 5 giornate è un luogo pieni di gente, pieno di meschine, pieno di tram e autobus che passano continuamente tutt’intorno alla piazza.Attorno ad essa gira la piccola circonvallazione interna da dove entra corso di Porta Vittoria da una parte e Corso XXII Marzo dall’altra.Al centro della piazza sorge un monumento alto fatto ad obelisco che è in memoria ai caduti.I 2 lati più lunghi sono speculari.Sono costituti entrambi da un isolotto con un edicola che vende giranti e riviste e da 2 piccoli edifici quasi identici co colonne e scalini en-trambi in pietra grigia. Seduta sugli scalini del palazzotto verso Viale Montenero in una gior-nata che è quasi riscaldata da un sole fioco che illumina la piazza.

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Decine di persone passano veloci correndo per prendere il 9 che sta per partire.Passano auto, camion, motorini e moto che si fermano tutte al semaforo davanti a me. Il ru-more quando scatte il verde è frastornante.Dall’altra parte passa una 73, subito dietro un 12 e una 60.La gente continua a passare disinteressata, poi c’è chi parla al telefono, chi ascolta la musica, c’è chi parla con il compare, e chi guarda in avanti quasi sotto incantesimo.I taxi si aggrovigliano attorno all’isolotto. I clacson impazzano.Una macchina della polizia passa, seguita da un’auto blu. Un furgone arriva e si mette in quattro frecce li davanti.Scende un’ ometto di colore basso e tondo, che tira giù uno scatolone e lo porta in edicola. Ri-sale sul furgone e se ne va, dimenticandosi del-le quattro frecce.Il traffico continua ad andare veloce, macchi-ne, moto, furgoni, non fermano mai. Ogni tanto passa una bicicletta, che scivola tra le macchine e si piazza in polle position al semaforo.

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Passa un 9. Passa un 23.Di nuovo fiumi di persone scendono e salgono dai mezzi.

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5 GIORNATELuogo: Piazza 5 giornateData: 3-III-2011Ore: 18:00Condizioni climatiche: pioggia

In Piazza 5 Giornate, la giornata sta finendo, mi trovo esattamente al centro della piazza.Sotto la leggera pioggia incessante da stamatti-na, la città è cupa, grigia, umida. È ancora più scura e triste del solito.La città sembra impazzita , le macchine si sus-seguono una dietro l’altra.I clacson suonano senza sosta, le luci dei lam-pioni si accendono improvvisamente illumi-nando la piazza di un colore giallognolo.Passa un tram e lo stesso passa in direzione op-posta.Arriva un autobus, e subito dietro un lungo tram, che si ferma in mezzo alla strada bloccan-do il traffico. Le macchine impazziscono allo scattare del verde sulla circonvallazione, non

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passano, gente che suona, che impreca, e urla, nulla da fare, il semaforo è perso e finalmente riesce a passare il tram liberando il passaggio alla altre macchine.Passa un 23, il rombo di una macchina di lusso, si avvicina, passa veloce.La poca gente in giro immersa nei loro cappotti e cammina come zombie velocemente per rag-giungere la propria meta.Gli ombrelli colorati aperti non fanno vedere le facce incupite delle persone.Fa freddo, passa un 12. L’ ingorgo si fa sempre più grande ed incasinato.Le persone non vedono l’ora di tornare alle proprie case, al coperto e al caldo. Passa una 60 seguita da una 73.Oggi di moto e motorini non se ne vedono molti. Passano 3 tram uno dietro l’altro per fer-marsi in fila indiana davanti alla Coin, accanto un susseguirsi di macchine che scorrono lente, quasi a passo d’uomo.Scende il buio , il freddo umido comincia a di-ventare insopportabile, la gente a piedi si è di-mezzata, ma le auto continuano ad aumentare.

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È tempo di andare, metto in borsa il mio qua-derno, e mi incammino infreddolita per Corso di Porta Vittoria.

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ASPETTANDO LA METRO

Hai comprato il biglietto, l’hai timbrato, sei scesa dalle scale, intimorita, il più è fatto.Ora devi solo sederti e attendere l’arrivo del treno.Ti siedi agitata, ti guardi attorno, non è cambia-to molto dall’ultima volta che ti sei trovata qui.Man mano che i minuti passano arriva sempre più gente.Ragazzi, anziani, bambini, tutti di diverse etnie, tutti che aspettano in quel cunicolo illuminato da una terribile luce artificiale che fa sembrare qualunque essere vivente tendente al giallo it-terico.L’ansia comincia a salirti, la tua faccia, ora ri-flettente i colori dello schermo pubblicitario davanti a dove siedi, si fa sempre più cupa.Ad un certo punto una voce interrompe il bru-sio di sottofondo, il chiacchiericcio si placa per

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pochissimi istanti, dice di allontanarsi dai bina-ri, il treno sta arrivando.Da sinistra si vede una luce abbagliare il tunnel. Eccola è proprio lei si sta fermando, è la tua temutissima metro.Sai che ce la puoi fare, e così ti metti in fila per riuscire a salire. La gente che scende ti travol-ge senza neppure chiedere permesso, sembrano tutti di fretta.È il momento. Prendi un bel respiro e sali.

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IL VIAGGIOOrmai sei salita, le porte scorrevoli si chiudono davanti ai tuoi occhi preoccupati.Il rumore del treno che scorre sui binari ti ri-corda quello di un aereo che prende la rincorsa per riuscire a volare, speriamo che la metro non voli!.Molti pensieri affollano la mente, pensieri pre-occupati di non riuscire a giungere a destina-zione, pensieri preoccupati di perdersi li sotto, di rimanere incastrati senza ossigeno con per-sone che non conosci.Respiri, sospiri, guardi in alto per per contare le fermate mancanti, non sono molte, il viaggio fortunatamente era breve.Prima fermata.Tutto va bene, la direzione del treno è quella giusta, la metro si ferma, il mio vagone si trova quasi a metà della banchina, si aprono le porte.Ti devi spostare per far scendere due o tre per-sone, non sale moltissima gente.Ritorni prontamente al tuo posto non appena le

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porte si chiudono, vicino all’uscita, per potere prender aria nuova ogni volta che la metro so-sta, e per potere essere pronta a scattare fuori quando sarà il momento.Ti giri, guardi. Alcune persone siedono ascol-tando musica a tutto volume, tanto che anche tu riesci a sentirne le note più alte. Altre leggono un po’ di tutto, da libroni che sembrerebbero impegnativi, ai giornaletti di gossip più che di notizie che ragalo all’uscite delle fermate.Altri ancora cercano di reggersi in piedi attac-cati in alto come tante scimmie, tu cerchi inve-ce di toccare nulla, sperando di restare in piedi con la sola forza del delle gambe e del pensiero positivo.Il treno frena, vacilli, sbandi, ma riesci comun-que e miracolosamente a reggerti in piedi. In questa fermata scende quasi tutta la gente del mio vagone, ti sposti per agevolare il loro pas-saggio stringendoti, come tua madre dice sem-pre di fare, la borsa sul grembo tenendo stratta con tutto il braccio destro.Sballottata da una parte all’altra, ti senti un tan-tino frastornata, non vedi l’ora di scendere e ri-

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vedere la luce del sole.Ormai ci siamo, manca l’ultima fermata, le por-te si chiudono, e tu quasi pentita di aver intra-preso quest’avventura, cerchi di non pensarci.Il vagone è quasi vuoto. siete rimasti in po-chi. Le altre persone sono tutte comodamente sedute, pacate e tranquille in attesa della loro fermata, che per quanto sono tranquille non si direbbe certo la prossima.Un’ultimo sguardo alla cartina delle fermate per essere certa di non sbagliare.Il treno finalmente si ferma, si aprono le porte, e finalmente metti un pie sulla banchina: Terra!.Tiri un sospiro di sollievo, e ti dirigi all’uscita.

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USCENDOTi avii di corsa verso le scale mobili, assieme ad un latra marea di gente. Prendi la scala mo-bile, ti metti a deste per far passare le persone che hanno fretta. Ma frettolosa e impaziente a tua volta di uscire da quel luogo viziato decide di passare a sinistra e saltellare e fartele a piedi.Sei su. Ora devi solo trovare l’uscita giusta.Ne leggi un paio, nessuna di quelle è la tua, preoccupata vai dall’altra parte, nemmeno su quell’insegna il nome della via via ti dice niente.In quell’istante, da quella scala scende un si-gnore distinto, con dei bei baffoni sale e pepe, i calli brizzolati che si intravedono sbucare or-dinati e corti da una coppola verdastra. Indossa un cappotto di lana verde scuro, con dei bottoni marroni, bombati, ricoperti di pelle, guanti il pelle anch’essi marroni scuri e tiene in mano un ombrello scuro con manico in legno, anche se fuori prima non pioveva.La cosa ti sembra strana, ma decidi comunque di chiedere informazioni sicure a lui, alla fine

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con quegli occhiali e quella faccia sembra af-fidabile.Fortunatamente dalla sua bocca baffuta giun-gono belle notizie. La strada è giusta, la fermata pure, la tua usci-ta è quella dall’altra parte. Lo ringrazi educata-mente, avviandoti a passo spedito dall’altra parte dello stanzone dal pavimento di gomma nera, fai le scale saltellando e finalmente sei libera.Respiri. l’aria che di solito sempre sporchissi-ma, adesso ti sembra fresca e buona.

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Tizio ha delle buone carte e decide di mettere la somma per entrare in gioco.O Caio mette la somma per entrare in gioco o folda.Se Caio foldasse, Tizio vincerebbe il piatto.Se Caio entrasse in gioco, si vedrebbero le pri-me tre carte.Supponiamo che Caio entri in gioco, in questo caso si mostrano le prime tre carte.

Il croupier gira le tre carte.O le carte sono favorevoli per Tizio o lo sono per Caio.

Testo scritto con: Angioni Maurina,

Guzzoletti Sabrina e Monguzzi Federica.

PARTITA DI POKER

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Se lo fossero per Tizio, rilancerebbe.Se lo fossero per Caio, Tizio dovrebbe bluffare.Supponiamo che le carte siano favorevoli a Ti-zio.In questo caso rilancia la metà del piatto.Tizio rilancia la metà del piatto.O Caio ci sta e mette i soldi per giocare, o folda.Se mettesse i soldi per giocare, blufferebbe per vincere il piatto.Se foldasse lascerebbe la vittoria a Tizio.Supponiamo che Caio foldi,in questo caso Tizio vince.

Tizio vince il piatto.O Tizio decide di far vedere le carte, o di non farle vedere e ritirare la vincita.Se decidesse di farle vedere, Caio scoprirebbe il suo gioco.Se decidesse di non farle vedere, si continue-rebbe con la partita.Supponiamo che non gliele faccia vedere.In questo caso il croupier dà le carte per una nuova mano.Il croupier dà le carte per una nuova partita.

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O le carte sono favorevoli per uno o lo sono per l’altro.Se lo fossero per Caio, rilancerebbe.Se lo fossero per Tizio, Caio dovrebbe bluffare.Supponiamo che Caio abbia delle brutte carte,in questo caso Caio decide di bluffare.

Caio bluffa.O decide di vedere le prime tre carte “checkan-do”( senza mettere soldi), o decide di puntare parecchio.Se facesse check vedrebbe le tre carte.Se decidesse di puntare, Tizio potrebbe giocare o decidere di passare la mano.Supponiamo che Tizio entri in gioco.In questo caso potrebbe capire il bluff di Caio e puntare alto cercando di vincere più soldi pos-sibili, o non capire e far vincere Tizio lasciando la mano.Se Tizio capisse il bluff di Caio punterebbe alto cercando di farlo foldare.Se non lo capisse passerebbe la mano.Supponiamo che Tizio capisca il bluff,in questo caso punta alto per intimorire il suo

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avversario.

Tizio punta alto.O Caio continua il suo bluff, o non lo continua.Se lo continuasse, aggiungerebbe i soldi man-canti.Se non lo continuasse, dovrebbe foldare.Supponiamo che continui con il suo bluff.In questo caso Caio rilancia.

Caio rilancia, il croupier fa vedere le tre carte.O Tizio è ancora in vantaggio e punta il doppio.O Tizio passa in svantaggio e folda.Supponiamo che Tizio sia ancora in vantaggio.In questo caso punta il doppio.

Tizio punta il doppio.O Caio passa, o pensa ad un bluff da parte di Tizio.Se Caio passasse, Tizio vincerebbe un piatto molto alto.Se Caio pensasse ad un bluff, rilancerebbe ri-schiando di perdere il doppio.Supponiamo che Caio pensi ad un bluff da par-

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te di Tizio.In questo caso Caio rilancia.

Caio rilancia, il croupier fa vedere la quarta carta.O Tizio è in vantaggio o passa in svantaggio.Se Tizio passasse in svantaggio, a questo punto dovrebbe bluffare.Se Tizio fosse in vantaggio rilancerebbe.Supponiamo che Tizio sia in svantaggio e deci-da di bluffare.

Tizio bluffa e aggiunge soldi alla puntata.O Caio capisce il bluff e continua a giocare o non capisce e folda.Supponiamo che capisca il bluff.In questo caso continua a giocare perchè è in lieve vantaggio.

Caio decide di vedere la quinta carta.O Tizio decide di vederla o no.Se decidesse di vederla potrebbe essere buona e farlo vincere.

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Se decidesse di non vederla perderebbe il piat-to.Supponiamo che decida di vederla.In questo caso si gira la quinta carta.La quinta carta viene scoperta.O è favorevole a Tizio o lo è a Caio.Se fosse favorevole a Tizio, si mostrerebbero le carte e Tizio vincerebbe.Se lo fosse per Caio, mostrerebbe le carte e Ti-zio perderebbe.La carta è favorevole a Tizio.Tizio vince.

Tizio ha vinto e Caio non ha più soldi.O Tizio decide di prestarglieli o no.Se glieli prestasse, si comincerebbe una nuova mano.Se non glieli prestasse, finirebbe il gioco.Supponiamo che glieli presti,il gioco ricomincia e il croupier da le carte.

Il croupier da le carte, Tizio ha delle buone carte e decide di mettere la somma per entrare in gioco.

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1000

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