lezione 7 testualità aristotelica
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storia della filosofia antica (LM) 2013/4 Sapienza Diana QuarantottoTRANSCRIPT
Lezione 8 Teoria e pra-ca dell’argomentazione in Grecia
VI-‐IV a.C.
teoria e pra-ca dell’argomentazione in Grecia V-‐IV a.C.
diale;ca Aristotele
leggere Aristotele
testualità s-le di pensiero
che cosa dice Aristotele alle linee xy?
in che modo dice quello che dice?
perché lo dice in quella maniera e in quel punto?
le teorie e i contenu- scien-fico-‐filosofici
le forme e i generi leHerari
= acciden- storici fortemente variabili
la forma specifica della testualità
aristotelica
strategie e metodi di leHura
elenchos confutazione della interpretazione
standard
Aristotele autore di traHa- in forma monologica
Aristotele autore pienamente alfabe-zzato e ormai estraneo allo s-le di pensiero
orale/aurale
contrapposizione tra Platone, pensatore dialogico e problema-co, e Aristotele, pensatore monologico e sistema-co
testualità e s-le di pensiero orale/aurale
1) i tes- possono essere le; come veri e propri dialoghi tra interlocutori con ruoli e/o con posizioni differen- (interlocutore immaginario).
2) l’indagine ha il caraHere di un processo di elaborazione progressiva e manifesta la caraHeris-ca spontaneità, immediatezza e casualità, della discussione viva.
3) L’argomentazione ha un adamento non lineare
il discorso non procede in maniera piana e re;linea (per esempio, dalle premesse alle conclusioni, dai da- alle ipotesi o dalle ipotesi alle rela-ve prove).
al contrario, va avan- e poi torna indietro, considera un’ipotesi e poi riprende la ricerca dall’inizio a causa di un’obiezione, formula una tesi, la sviluppa e poi si ferma per chiarirne il significato e la portata, proprio come in un dialogo reale i cui risulta- sono consegui- in i*nere e insieme ad un determinato interlocutore.
l’esito complessivo è che ogni aspeHo della ques-one di volta in volta traHata e ogni punto dell’indagine sono il portato di singole domande e risposte piuHosto che di una traHazione piana, lineare e monologica.
4) queste struHure linguis-co-‐cogni-ve di -po interlocutorio convivono nella testualità aristotelica con aspe; caraHeris-ci di uno s-le di pensiero più marcatamente alfabe-zzato.
la testualità aristotelica presenta i segni di una mentalità che comincia a interiorizzare i primi effe; della tecnologia scriHoria.
per esempio, la progressiva elaborazione, unificazione e sistema-zzazione problema-ca sarebbero probabilmente impossibili senza l’ausilio della scriHura.
Si traHa quindi di una situazione complessa e fluida, cioè di una testualità che documenta una fase par-colare dell’auralità greca.
(I) l’immagine di Aristotele e la dis-nzione tra
opere conservate e opere perdute
la tradizionale contrapposizione tra un Platone dialogico e problema-co e un Aristotele monologico e sistema-co è stata contestata con questo argomento.
si traHa di una falsa impressione determinata da una serie di concomitanze storiche: l’immagine che abbiamo di Aristotele sarebbe probabilmente molto diversa se gli acciden- storici che hanno portato alla conservazione di alcune opere piuHosto che di altre fossero sta- a loro volta differen-, cioè se i dialoghi e le altre opere, aHesta- dai cataloghi an-chi, fossero giun- sino a noi.
(II)
modo in cui l’indagine scien-fica viene condoHa, progressivamente costruita e poi
presentata a livello leHerario.
l’indagine scien-fica è un’indagine problema-ca, cioè basata su e ar-colata in
problemata.
Ciò che ricerchiamo e ciò che conosciamo scien-ficamente sono uguali di numero. Ricerchiamo quaHro cose: il “che”, il “perché”, il “se è” e il “che cos’è” (APo II 1.89b23-‐5). Τὰ ζητούμενά ἐστιν ἴσα τὸν ἀριθμὸν ὅσαπερ ἐπιστάμεθα. ζητοῦμεν δὲ τέτταρα, τὸ ὅτι, τὸ διότι, εἰ ἔστι, τί ἐστιν.
• x è y o no? (ho*): il Sole si eclissa o no? • Perché x è y? (dio-): perché il Sole si eclissa?
• x è qualcosa? (ei es-): il caso esiste o no? • Che cos’è x? (- es-): che cos’è il caso?
Menone
Dimmi Socrate: la virtù è insegnabile? O non è insegnabile, ma frutto di esercizio? O non si impara né è frutto di esercizio, ma si forma negli esseri umani per natura? Oppure si forma in un altro modo ancora?
!
Che domada dif@icile! Voi tessali siete diventati davvero sapienti! Qui ad Atene invece la sapienza si è insterilita. I miei concittadini direbbero che non si può sapere se la virtù è insegnabile o meno senza prima sapere che cos’è la virtù. E per quanto mi riguarda, io non so nulla della virtù né ho incontrato alcuno che sapesse che cos’è.
!
akousmata pitagorici
Che cosa sono le isole dei bea-? Il Sole e la Luna. Che cos’è l’oracolo di Delfi? La Tetractys, cioè l’armonia, nella quale ci sono le Sirene (…) Qual è la cosa più giusta? Fare sacrifici (…) In alcuni acusmi viene aggiunto il perché si deve agire in un certo modo. Per esempio, si debbono procreare figli per lasciare al nostro posto un altro ministro degli dei. In altri, invece, non è data alcuna spiegazione (DK58C4) . τί ἐστιν αἱ μακάρων νῆσοι; ἥλιος καὶ σελήνη. τί ἐστι τὸ ἐν Δελφοῖς μαντεῖον; τετρακτύς˙ ὅπερ ἐστὶν ἡ ἁρμονία, ἐν ἧι αἱ Σειρῆνες. (…) τί τὸ δικαιότατον; θύειν.(…). ἐνίων μὲν οὖν ἐπιλέγεται ⟨τὸ διὰ⟩ τί δεῖ, οἷον ὅτι δεῖ τεκνοποιεῖσθαι ἕνεκα τοῦ καταλιπεῖν ἕτερον ἀνθ' ἑαυτοῦ θεῶν θεραπευτήν˙ τοῖς δὲ οὐδεὶς λόγος πρόσεστι.
definizione di problema
Un problema è un oggeHo di indagine che contribuisce o alla scelta e al rifiuto o alla verità e alla conoscenza e che fa ciò o di per sé o come aiuto nella soluzione di qualcos’altro del genere. Inoltre, deve essere qualcosa su cui o la gente non ha alcuna opinione né in un senso né nell’altro, o la maggioranza ha un’opinione contraria rispeHo agli esper-, o gli esper- rispeHo alla maggioranza, o ciascuno dei due [gruppi] al loro interno (Top. I 11.104b1-‐5 ). Πρόβλημα δ' ἐστὶ διαλεκτικὸν θεώρημα τὸ συντεῖνον ἢ πρὸς αἵρεσιν καὶ φυγὴν ἢ πρὸς ἀλήθειαν καὶ γνῶσιν, ἢ αὐτὸ ἢ ὡς συνεργὸν πρός τι ἕτερον τῶν τοιούτων, περὶ οὗ ἢ οὐδετέρως δοξάζουσιν ἢ ἐναντίως [οἱ πολλοὶ τοῖς σοφοῖς ἢ] οἱ σοφοὶ τοῖς πολλοῖς ἢ ἑκάτεροι αὐτοὶ ἑαυτοῖς.
scopi della diale;ca secondo Aristotele
Dopo quanto finora deHo dobbiamo aggiungere per quante e quali cose è u-le questa ricerca. È u-le per tre cose: per l’esercizio, per le conversazioni e per le scienze filosofiche (Top. I 2.101 a 25-‐8). Ἑπόμενον δ' ἂν εἴη τοῖς εἰρημένοις εἰπεῖν πρὸς πόσα τε καὶ τίνα χρήσιμος ἡ πραγματεία. ἔστι δὴ πρὸς τρία, πρὸς γυμνασίαν, πρὸς τὰς ἐντεύξεις, πρὸς τὰς κατὰ φιλοσοφίαν ἐπιστήμας.
[Questa ricerca è u-le] per le scienze filosofiche perché la capacità di sollevare difficoltà rispeHo ai due aspe; [di un problema] ci permeHerà di scorgere più facilmente ciò che è vero e ciò che è falso in ogni ques-one (Top. I 2.101a34-‐6). πρὸς δὲ τὰς κατὰ φιλοσοφίαν ἐπιστήμας, ὅτι δυνάμενοι πρὸς ἀμφότερα διαπορῆσαι ῥᾷον ἐν ἑκάστοις κατοψόμεθα τἀληθές τε καὶ τὸ ψεῦδος·∙
Tu; noi tendiamo abitualmente a svolgere una ricerca avendo di mira non la cosa ma chi sos-ene posizioni contrarie alla nostra. E infa; anche quando uno indaga per proprio conto lo fa fino a che non abbia più nessuna obiezione da avanzare a se stesso (DC II 13.294b7-‐10). Πᾶσι γὰρ ἡμῖν τοῦτο σύνηθες, μὴ πρὸς τὸ πρᾶγμα ποιεῖσθαι τὴν ζήτησιν ἀλλὰ πρὸς τὸν τἀναντία λέγοντα·∙ καὶ γὰρ αὐτὸς ἐν αὑτῷ ζητεῖ μέχρι περ ἂν οὗ μηκέτι ἔχῃ ἀντιλέγειν αὐτὸς αὑτῷ.
I problemata dei Problemata Physika
D: Perché il sale, quando viene geHato sul fuoco, crepita? R: Forse perché con-ene un po’ di umidità che, evaporando per il calore e uscendo con violenza, spacca il grano di sale? S: TuHo ciò che viene spezzato fa rumore (Probl. XI 26). Διὰ τί ποτε ὁ ἅλς, ὅταν εἰς πῦρ ἐμβληθῇ, ψοφεῖ; ἢ ὅτι ὁ ἃλς ὑγρὸν ἔχει οὐ πολύ, ὃ ὑπὸ τοῦ θερμοῦ ἐκπνευματούμενον καὶ βίᾳ ἐκπῖπτον σχίζει τὸν ἅλα; τὸ δὲ σχιζόμενον ἅπαν ψοφεῖ.
D: Perché coloro che abitano in luoghi caldi sono più longevi? R1: Forse perché la loro natura è più secca, e ciò che è più secco è meno soggeHo alla putrefazione e dura più a lungo, e la morte è come un processo di decomposizione? R2: Oppure perché la morte è un raffreddamento del calore interno, e ogni cosa viene raffreddata dall’ambiente circostante più freddo? SR2. Nelle zone molto calde l’aria circostante è calda, mentre è fredda nelle zone fredde, così che annienta il calore del corpo con maggiore rapidità ed efficacia (Probl. XIV 9).
-‐ Διὰ τί μακρόβιοι μᾶλλόν εἰσιν οἱ ἐν τοῖς θερμοῖς τόποις οἰκοῦντες; -‐ ἢ διὰ τὸ ξηροτέραν ἔχειν τὴν φύσιν, τὸ δὲ ξηρότερον ἀσαπέστερον εἶναι καὶ πολυχρονιώτερον, τὸν δὲ θάνατον οἷον σῆψίν τινα εἶναι; -‐ ἢ διότι ὁ μὲν θάνατός ἐστι ψύξις τοῦ ἐντὸς θερμοῦ, καταψύχεται δὲ πᾶν ὑπὸ τοῦ περιέχοντος καὶ ψυχροτέρου; -‐ ἔστι δὲ ὁ περιέχων ἀὴρ ἐν μὲν τοῖς ἀλεεινοῖς τόποις θερμός, ἐν δὲ τοῖς ψυχροῖς ψυχρός, ὥστε θᾶττον καὶ μᾶλλον φθείρει τὸ ἐν αὐτοῖς θερμόν.
la presenza dei problemata nell’indagine scien-fica di Aristotele
meccanismi di unificazione di problemata
• perché i buoi hanno un terzo stomaco? • perché i cervi hanno un terzo stomaco? • perché le capre hanno un terzo stomaco? _______________________________________ = Perché gli animali con corna hanno un terzo stomaco?
• perché c’è l’eco? • ierché c’è il rispecchiamento di un’immagine? • perché c’è l’arcobaleno? _______________________________________ = perché c’è la riflessione?
• perché gli uccelli hanno le ossa? • perché i pesci hanno la lisca? • perché le seppie hanno l’osso di seppia? _______________________________________ = perché gli uccelli, i pesci e le seppie hanno rispe;vamente le ossa, la lisca e l’osso di seppia?
• perché il Nilo si ingrossa alla fine del mese? perché la fine del mese è più piovosa.
• perché la fine del mese è più piovosa? perché alla fine del mese la Luna è calante.
l’indagine scien-fica è di -po problema-co: a) è ar-colata intorno a una serie di problemata fondamentali, che ne cos-tuiscono gli assi portan-; b) viene progressivamente costruita tramite procedure di unificazione di collegamento tra problemata.
i processi di unificazione e collegamento dei problemata comportano una certa rielaborazione e modificazione del materiale: cioè sistema-zzazione, prosa più piana e lineare, riduzione dell’andamento interlocutorio.
Probl. X 53 D: Perché mai (Διὰ τί ποτε) nell’uomo il peHo è più villoso del dorso, mentre nei quadrupedi è più villoso il dorso? R1: (ἢ ὅτι) Forse perché tu; i bipedi hanno la parte davan- più villosa? Infa; negli uccelli è lo stesso che nell’uomo. R2: (ἢ) Oppure la natura protegge sempre le par- più deboli, e ogni parte è debole in qualche modo? In tu; i quadrupedi il dorso è più debole del davan- per la sua posizione. Infa; è maggiormente esposto al caldo e al freddo. Invece nell’uomo sono le par- davan- ad essere più deboli ed esposte alle stesse cose.
PA II 14.658a15-‐24 I quadrupedi non presentano peli sulle par- ventrali del corpo, bensì su quelle dorsali. Invece gli uomini ne hanno di più sulle par- ventrali che sul dorso. I peli negli animali che ne hanno servono da protezione: ora nei quadrupedi il dorso richiede maggiore protezione, mentre la parte inferiore, che è più importante, conserva comunque il suo calore grazie alla posizione reclinata. Invece negli uomini, siccome a causa della posizione ereHa le par- anteriori si trovano nella stessa situazione di quelle posteriori, la natura ha provveduto a portare aiuto alle par- più importan-, giacché sempre, nei limi- delle possibilità, essa è causa di ciò che è migliore.
Probl. X 14 D: (Διὰ τί) Perché alcuni animali sono mul-pari, come il maiale, il cane, la lepre, mentre altri no, come l’uomo e il leone? R: (ἢ ὅτι) Forse perché alcuni hanno mol- uteri e molte matrici che desiderano riempire e in cui il seme si divide, mentre per gli altri è il contrario? GA. IV 4.771a17-‐34 AnzituHo può a ragione sorprendere (τοῦτ' ἄν τις δόξειεν εὐλόγως θαυμάζειν) perché (διὰ τί) alcuni animali sono mul-pari e altri unipari. In effe; sono unipari gli animali più grandi, come l’elefante, il cammello, il cavallo e i perissoda;li. Alcuni di ques- sono più grandi degli altri animali, altri si dis-nguono notevolmente per le dimensioni. Il cane, il lupo e i polida;li sono tu; mul-pari e i loro piccoli sono come il genere delle mosche. Gli ar-oda;li hanno prole scarsa, tranne il maiale che appar-ene ai mul-pari.
Sarebbe da aHendersi che gli animali grandi fossero in grado di generare prole più numerosa e di portare seme più abbondante. Ma ciò che sorprende è anche causa del non doversi sorprendere: essi non sono mul-pari proprio per la loro grandezza, perché in siffa; animali l’alimento è riservato all’accrescimento del corpo, mentre negli animali minori la natura, soHraendola alla grandezza, des-na l’eccedenza al residuo seminale. Inoltre il seme generatore di un animale più grande deve necessariamente essere maggiore, e piccolo quello degli animali minori. Mol- piccoli possono dunque nascere nello stesso posto ma ciò è difficile per mol- grandi.
il posto dei problemata nella ricerca scien-fico-‐filosofica di Aristotele
DA III 1.425b4-‐11 D: Qualcuno potrebbe chiedersi: a qual fine (ζητήσειε δ' ἄν τις τίνος ἕνεκα ) abbiamo più sensi e non uno soltanto? R: Forse perché (ἢ ὅπως ) siano meno inavver-- i sensibili concomitan- e comuni, ad esempio il movimento, la grandezza e il numero? S: Se infa; possedessimo soltanto la vista, e questa percepisse il bianco, i sensibili comuni ci sfuggirebbero maggiormente, e crederemmo che tu; i sensibili sono la stessa cosa, per il faHo che colore e grandezza si accompagnano sempre tra loro. Ora, poiché i sensibili comuni ineriscono anche in un altro sensibile, tale faHo rende manifesta la diversità di ciascuno di essi.
GC I 3.318a13-‐31 D1: Una difficoltà notevole riguarda anche qual è la causa (Ἔχει δ' ἀπορίαν ἱκανὴν καὶ τί τὸ αἴτιον ) della generazione con-nua, se ciò che è corroHo si dissolve nel non essere e il non essere è nulla; infa; il non essere non è né sostanza né qualità né quan-tà né luogo.
D1bis/nonR1: Se dunque sempre qualcuno degli en- si dissolve, perché mai (διὰ τί ποτ' ) l’universo non si è già consumato da tempo fino a scomparire, se era limitato ciò da cui deriva ciascun ente generato?
SnonR1/nonR2: infa; è impossibile aHribuire la con-nuità della generazione al faHo che è infinito ciò da cui le cose si generano. Questo è impossibile perché in aHo nulla è infinito e in potenza qualcosa lo è solo per divisione. Allora solo questa generazione dovrebbe esserci e non esaurirsi mai, in quanto si genererebbe qualcosa di sempre più piccolo. Ma non è certamente questo che noi vediamo.
R3D1: Proprio perché, allora, (Ἆρ' οὖν διὰ τὸ…) la corruzione di una cosa è la generazione di un’altra, il cambiamento è necessariamente senza sosta? Per dare una spiegazione del faHo che generazione e corruzione esistono in modo analogo per tu; gli en-, si deve ammeHere che questa causa è adaHa a spiegare tuHo. D2: Dal momento che la generazione di una cosa è la corruzione di un’altra e la corruzione di una cosa è la generazione di un’altra, occorre tornare a esaminare il problema rela-vo al perché allora (Διὰ τί δέ ποτε) si dice che alcune cose nascono e si corrompono in assoluto, mentre per altre si dice che ciò non avviene in assoluto. Questa ques-one richiede infa; una spiegazione. R1D2: (…).
GA. I 5.321a29-‐b2 D1: Qualcuno potrebbe chiedere che cos’è ciò che aumenta, se è ciò a cui qualcosa è aggiunto, come se aumenta una gamba, è essa stessa che diventa più grande, mentre ciò che la fa aumentare, cioè l’alimento, no? D2: Perché dunque non sono aumenta- entrambi? Infa; diviene più grande sia ciò che aumenta sia ciò con cui aumenta, come quando si mescola vino all’acqua: ciascuno dei due diventa maggiore in modo eguale. R: Forse perché dell’una permane la sostanza, mentre dell’altra, ad esempio del nutrimento, no? Di faHo anche in quel caso è il liquido che prevale a dare il nome alla mescolanza, quando per esempio si dice che è vino. Infa;, la mescolanza nel suo insieme produce l’effeHo del vino e non quello dell’acqua.
GA II 5.741a6-‐32 D1: Dal momento che la femmina possiede la stessa anima [del maschio] e il residuo femminile cos-tuisce la materia, qualcuno potrebbe chiedere per quale causa la femmina ha bisogno del maschio e non può generare da sé. R1D1: La causa è che l’animale differisce dalla pianta per la percezione, e non è possibile che un viso o una mano o della carne o qualsiasi altra parte non abbia la facoltà perce;va dell’anima, in potenza o in aHo, con o senza qualificazione. Si traHerebbe di un morto o di una parte di un morto. Se dunque è il maschio che produce questa facoltà dell’anima, quando la femmina e il maschio hanno esistenze autonome è impossibile che la femmina generi da sé un animale, perché la facoltà di cui si è parlato cos-tuisce lo stesso esser maschio.
D1bis: Ma che il problema sollevato abbia una ragione risulta chiaro nel caso degli uccelli che depongono uova sterili: la femmina è in grado di generare fino ad un certo punto. D2: Inoltre, anche questo solleva un problema: in che senso si dirà che le uova di ques- uccelli vivono? R1D2: Non si può effe;vamente dire che siano come le uova feconde (perché allora da esse nascerebbe un essere animato in aHo), R2 D2: né così come è il legno o la pietra, perché anche in queste uova c’è un processo di corrompimento come se esse in precedenza avessero in qualche modo partecipato della vita. R3 D2: È perciò chiaro che in potenza posseggono una sorta di anima.
D3: Qual è dunque? R1 D3: Deve necessariamente traHarsi dell’ul-ma. Questa è l’anima nutri-va, che appar-ene ugualmente a tu;, animali e piante. D4: Ma perché non porta a compimento le par- e l’animale? R1D4: Perché essi dovrebbero possedere l’anima perce;va. Le par- dell’animale non sono infa; come quelle della pianta. Perciò c’è bisogno della partecipazione del maschio. In ques- animali infa; il maschio ha esistenza separata. Questo è anche ciò che avviene: le uova sterili diventano feconde se il maschio entro un certo tempo monta la femmina. Sulla causa di ques- fa; però si darà una spiegazione in seguito.