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La terapia del tromboembolismo venoso

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La terapiadel tromboembolismovenoso

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2 La terapia del tromboembolismo venoso

LA TERAPIA DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

Autore e responsabile scientificoProf.DentaliFrancesco

DirigenteMedico-Prof.associatoMedicinaInternaFondazioneMacchiVarese

AutoriBecattini Cecilia

ProfessoreassociatosettorescientificodisciplinareMED-09in convenzione con l’Azienda Ospedaliera di Perugia

Attività assistenziale presso la Medicina Interna e CardiovascolareStroke Unit dell’Università di Perugia

Cuccia ClaudioPrimarioCardiologoDivisionediCardiologiaeDirettoreDipartimentoCV

“FondazionePoliambulanza”Brescia

Imberti DavideDirettore Medicina Interna Centro Emostasi e Trombosi

Azienda Ospedaliera Piacenza

RadaelliFrancoDirigenteMedicoIlivello,U.O.Gastroenterologia,OspedaleValduce

APPLICAZIONENELLAPRATICAQUOTIDIANADEIPRINCIPIEDELLEPROCEDUREDELL’EVIDENCEBASEDPRACTICE(EBM–EBN–EBP)(1)

Ilcorsooffrelapossibilitàdi:• inquadrare le dimensioni della patologia,•migliorareleconoscenzesulTEV,• comprendere gli obiettivi raggiungibili nel trattamento della patologia nelle diverse popolazioni,• fornireelementiperilcorrettoutilizzodidabigatrannelTEV,•approfondireleraccomandazionidelleLineeguidaneltrattamentodelTEV,• acquisire informazioni sulla gestione delle emergenze: idarucizumab.

OBIETTIVO FORMATIVO NAZIONALE

OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI

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3La terapia del tromboembolismo venoso

INDICE

Il tromboembolismo venoso: il peso del problema in Italia–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 4Dabigatran negli studi clinici: una risposta a tutto tondo–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 5La fase acuta–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 5La fase cronica–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 7L’embolia polmonare: il valore aggiunto di un approccio prudente –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 8

Esiste un paziente difficile?–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 11L’età––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––11Il rene––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––11Il fegato––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––12Il peso –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––12La gestione periprocedurale e la bridging therapy––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––13La politerapia–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––16Il paziente oncologico–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––16

Vantaggi nella gestione delle complicanze–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 19La gestione delle emergenze emorragiche––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––19DabigatranneltrattamentodelTEV:focussuglieventiavversigastrointestinali–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––19Eventi emorragici gastrointestinali associati a dabigatran nella terapia del tromboembolismo venoso––––––––––––19Eventiavversigastrointestinalinonemorragici(NB-UGI-AEs)associatiadabigatrannellaterapiadel tromboembolismo venoso–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––21

L’accoglienza nelle linee guida… e dei pazienti nel mondo reale–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 23

Bibliografia–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 27

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4 La terapia del tromboembolismo venoso

Il tromboembolismo venoso (TEV) è considerato la terzamalattia cardiovascolare più frequente dopol’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale:1 può infatti interessare quasi tutte le discipline mediche, compresa lapediatria.Noncisonodatiepidemiologiciesatti:infattileimportantidifficoltàdiagnostiche,unitamenteall’aspecificitàevariabilitàdelquadroclinico,rendonodifficoltosogiungereaunacorrettastimadellarealeincidenzadelTEV.L’incidenza annuale complessiva è di circa 100-200 casi ogni 100.000 abitanti.2

Il TEV comprende la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP). Quest’ultimarappresentalasuamodalitàdipresentazioneclinicapiùgraveelaprincipalecausadimortalità,morbiditàeospedalizzazione,conunastimadi370.000decessiogniannoin6principalinazioniEuropee.3 Negli ultimi anni, a causa dell’invecchiamento della popolazione e per il miglioramento delle tecniche diagnostiche, l’EP è stata riscontrata con sempre maggior frequenza.4

Esistono pochi dati epidemiologici in Italia. In uno studio che fa riferimento ai pazienti ricoverati in Lombardia ePiemontedal2002al2012,l’incidenzadiEPpolmonareèrisultataesseredi55.4e40.6eventiperannoper100.000abitantiper ledonneegliuomini rispettivamente.5 Da notare che da una sotto-analisi dello studio RIETE che fa riferimento solo ai pazienti inclusi nei centri italiani, la maggior parte dei pazienti con EP e quasi il 50% dei pazienti con TVP viene ancora ricoverata con una degenza media intorno ai 10 gg.6

Considerandoquindil’elevatafrequenzadiriscontrodelTEV,elasuaancorapiuttostoaltamortalità,risultafondamentale un’adeguata stratificazione prognostica del paziente al fine di impostare un’appropriatastrategia terapeutica.

IL TROMBOEMBOLISMO VENOSO:IL PESO DEL PROBLEMA IN ITALIA

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La fase acutaIl trattamento anticoagulante dell’EP include tre fasi: quella iniziale, quella a lungo termine e l’estensione del trattamento. Gli obiettivi della terapia sono la riduzione della mortalità e di una recidiva precoce con l’iniziale anticoagulazione (i primi 5-10 giorni), la riduzione delle recidive tardive con la terapia a lungo termine (perlopiù di 3 mesi) e l’estensione del trattamento anticoagulante (dopo i primi 3 mesi). Nei pazienti con EP, l’utilizzo di eparina a basso peso molecolare(EBPM)(conildosaggiomodificatoinbasealpeso),comparatoconl’utilizzodieparinanonfrazionata(ENF)(condosaggiomodificatoinbaseallevariazionidell’aPTT),èassociatoaunnonstatisticamentesignificativodecrementodellerecidivesintomatichediTEV(1.4%vs.2.4%;OR,0.63;95%CI0.33a1.18)edisanguinamentimaggiori(1.4%vs.2.3%;OR0.67,95%CI0.36a1.27).1,7 Nel trattamentoacutodelTEV,ilwarfarin,embricatoneiprimigiorniconEBPM,hadimostratodiessereestremamenteefficacenellariduzionedellecomplicanzetromboemboliche.8Traleduestrategieditrattamento(EBPMcondosaggiomodificatoinbasealpesooENFcondosaggiomodificatoinbaseallevariazionidell’aPTT)nonsonostateriportatedifferenzeperquelcheriguardatuttelecausedimortalità(1.4%vs.1.2%;OR1.20;95%CI0.59a2.45).Èstato riportato il ruolo rilevantesvoltodaun’adeguataanticoagulazionedurante la faseacutaneipazienti con EP. Infatti:1) gli studi iniziali con ENF hanno mostrato come il raggiungimento e il mantenimento di valori

terapeutici di aPTT sia fondamentale per prevenire le recidive nei primi giorni di trattamento;2) inunostudiorandomizzato,9 l’agente antitrombinico ximelagatran è stato somministrato in base

al single drug approach per il trattamento iniziale e a lungo terminedel TEV.Questo studiohamostratounapiùalta(sebbenenonstatisticamentesignificativa)incidenzadirecidiveprecocineipazienti randomizzatiadosifissedianticoagulanteorale rispettoaquellisottopostiaun’inizialeterapia anticoagulante parenterale;

3) inunostudiorandomizzatoaperto,condottosu2215pazienticonEP, l’idraparinux,un inibitorea lunga durata d’azione del fattore X attivato dato per via sottocutanea una volta a settimana, è statocomparatoconEBPMoENFembricateconantagonistidellavitaminaK (AVK).10Lanon-inferioritànonèstatadimostrata,inquantol’incidenzadellerecidiveèrisultatadel3.4%edell’1.6%rispettivamente nel gruppo di trattamento con idraparinux e in quello con terapia convenzionale (OR,2.14;95%CI,1.21a3.78).Ilpiùaltorischiodirecidivaosservatoneipazientirandomizzatialtrattamento con idraparinux è stato ritenuto essere principalmente correlato a una potenziale non adeguata anticoagulazione nella fase acuta.

Questi risultati hanno rinnovato l’attenzione verso l’intensità dell’anticoagulazione durante la fase acuta e questo ha portato allo sviluppo del regime terapeutico combinato di EBPM seguita da dabigatran, uninibitoredirettodelfattoreII,perilTEVacuto.Gli inibitori diretti della coagulazione stanno rivoluzionando il trattamento e la prevenzione secondaria delTEV.Nonostante la terapia tradizionale (eparina successivamente embricata con gli antagonisti della vitaminaK)sisiadimostrataefficacenellariduzionedellecomplicanzetromboemboliche,essapresentasenza dubbio delle importanti limitazioni, quali ad esempio le numerose interazioni farmacologiche degli AVK e la necessità di un costantemonitoraggio dell’InternationalNormalizedRatio (INR) perregolare il dosaggio terapeutico del farmaco. Per tale motivo, esattamente come per gli studi nella fibrillazioneatriale,gli inibitoridirettidellacoagulazionesonostati testati instudidinon-inferiorità (6studi randomizzati econtrollatiperun totaledioltre25.000pazienti) rispettoalla recidivadieventi

DABIGATRAN NEGLI STUDI CLINICI:UNA RISPOSTA A TUTTO TONDO

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tromboembolicivenosineiconfrontidelwarfarino,piùingenerale,degliAVK.11-16 In generale, tutti gli studi effettuati con i 4 farmaci (apixaban, dabigatran, edoxaban e rivaroxaban) hanno dato i risultati sperati e una recente meta-analisi ha confermato una piena non-inferiorità nella riduzione delle complicanze tromboemboliche venose di questi farmaci rispetto al warfarin, evidenziandone però anche l’estrema sicurezza, con una riduzione significativa delle complicanze emorragiche maggiori, di quelle cerebrali e di quelle fatali.17In particolare il dabigatran è stato testato in due studi gemelli, RECOVER I e II, disegnati con l’obiettivo didimostrarnelanon-inferioritàrispettoallaterapiastandardconwarfarininterminidiincidenzaa6mesidirecidivasintomaticadiTEVemortalitàsecondariaaEP11,16(Tabella1).NelRECOVERI,2539pazienticonEPe/oTVPsonostatirandomizzatiariceveredabigatran(150mgbid),oppurewarfarin(conINRcompresotra2e3)per6mesidopounafaseiniziale(delladuratamediadi9giorni)diterapiaanticoagulanteperviaparenterale(ENF,EBPMoppurefondaparinux).IltassodirecidivesintomatichediTEV(conconfermadiagnosticaoggettiva)ediemboliepolmonarifatali è stato del 2.1%nei pazienti trattati con terapia tradizionale e del 2.4% in quelli trattati condabigatran(p<0.001perlanon-inferiorità).L’incidenzadicomplicanzeemorragichemaggiorièstatadel tutto sovrapponibile nei due gruppi (1.9% nei pazienti trattati con warfarin; 1.6% nel gruppotrattatocondabigatran:(HazardRatio[HR]0.82,95%CI0.45-1.48).Piùindettaglio,nelgruppoditrattamentocondabigatransisonoverificatemenoemorragieintracranicherispettoalgruppotrattatoconwarfarin(0vs.3eventi),mentrelasedepiùfrequentedisanguinamentodidabigatranrispettoawarfarin è stata quella gastroenterica. Sommando inoltre le emorragie maggiori e quelle non maggiori ma clinicamente rilevanti (NMCR), il risultato è un più elevato numero di eventi nel gruppo trattato con warfarin rispetto a quello trattato con dabigatran, con una differenza statisticamente significativa (8.8% vs. 6.5% rispettivamente; p = 0.002).Nel complesso quindi, dabigatran ha dimostrato un’efficacia non inferiore a quella del warfarin, ma un miglior profilo di sicurezza (in particolare con una riduzione delle emorragie maggiori e di quelle NMCR, incluse quelle a sede intracranica).In considerazione del ridotto numero di recidive tromboemboliche registrate nel corso dello studio RECOVERI,alfinediampliarelacasisticaediottenereunapiùsolidaconfermastatisticadeirisultatigià ottenuti, è stato eseguito unnuovo studio, il RECOVER II.15 Il RECOVER II presenta lo stessodisegnosperimentaleeimedesimiend-pointsdelRECOVERIehainclusounapopolazionedi2568pazienti,conunmaggiornumerodisoggettiasiaticirispettoaquellidelprimostudio(20%vs.3%)(Tabella1).

Tabella 1. PrincipalirisultatideglistudicondabigatrannelTEV.

* Ricorrenza degli eventi tromboembolici fatali e non fatali dabigatran vs. warfarin.**Frequenzadipresentazionediemorragiemaggioridabigatranvs.warfarin.

Studio End-points Emorragia

di efficacia (%)* maggiore (%)**

RECOVER 2.4vs.2.1% p<0.001 1.6vs.1.9% NS

Non-inferiorità

RECOVERII 2.4vs.2.2% p<0.001 1.1vs.1.7% NS

Non-inferiorità

RE-MEDY 1.8vs.1.3% p=0.03 0.9vs.1.8% NS

Non-inferiorità

RE-SONATE 0.4vs.5.6% p<0.0001 0.3vs.0% NS

Superiorità

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7La terapia del tromboembolismo venoso

Ancheinquestocasodabigatranhadimostratolanon-inferioritàrispettoawarfarininterminidiefficacia(ricorrenzadieventi tromboemboembolici fatalienon fatali:2.4%vs.2.2%;p<0.0001per lanon-inferiorità),conuntrendpiùfavorevolenegliend-pointsdisicurezza(emorragiemaggiori:dabigatran1.1%vs.warfarin1.7%,HR0.69)sebbeneinassenzadidifferenzestatisticamentesignificative.Èstataquindieffettuatal’analisideidaticombinatideiduestudi:l’HRperlaricorrenzadiTEVè1.09perdabigatranrispettoawarfarin(2.4vs.2.2rispettivamente),confermandolasovrapponibilitàtraiduetrattamentiinterminidiefficacia.Riguardo ai dati di sicurezza, i pazienti trattati con dabigatran rispetto a quelli trattati con warfarin presentanounminornumerodiemorragietotali(16.1%vs.22%,HR0.70).Ladifferenzaèconfermataancheanalizzandoseparatamentesia leemorragiemaggiori (1.4%vs.2.0%,HR0.73)chequelleNMCR(5.3%vs.8.5%,HR0.62).Lariduzionedieventiemorragicinelgruppodabigatran150mgrisultainfluenzatadall’età,conmaggiorbeneficioperdabigatran150mgneisoggettidietàinferioreagli80anni,pertalemotivoèstatoapprovatoperquestipazientiildosaggiodidabigatran110mg–traslandoirisultatiottenutinellaprevenzionedell’ictusinpazienticonFANV(fibrillazioneatrialenonvalvolare).Irisultatideltrattamentononsonoinveceinfluenzatidaaltrielementi,qualiilsesso,l’etnia,l’indice di massa corporea (IMC), la clearance della creatinina (ClCr), la storia di un precedente evento tromboembolicovenoso, il trattamentoconcomitantecon inibitoridellaP-glicoproteina,acidoacetilsalicilicoofarmacianti-infiammatorinonsteroidei(FANS).Quando si valutano gli eventi del solo periodo di trattamento orale, escludendo cioè dall’analisi le complicanze della fase acuta in corso di terapia eparinica, il beneficio nell’uso di dabigatran in termini di riduzione di eventi emorragici diventa ancora più evidente (tutte le emorragie 14.4% vs. 20.4%, HR 0.67; emorragie maggiori: 1% vs. 1.6%, HR 0.60; emorragie NMCR: 4.4% vs. 7.7%, HR 0.56).Quindi, in questi due studi che hanno arruolato più di 5000 pazienti, dabigatran è risultato non inferiore rispetto a warfarin nel ridurre le complicanze tromboemboliche venose, ma con un migliore profilo di sicurezza. I risultati di questi due studi hanno dimostrato di essere estremamente consistenti anche quando particolari sottogruppi (pazienti con EP associata a neoplasia e pazienti conalterazionitrombofiliche)sonostatianalizzati.17,11,18 Inparticolare,neiduestudiRECOVERsonostatiinclusicirca335pazienticonneoplasiagiànotaalmomentodelladiagnosidiTEVocomunquediagnosticata nelle settimane o nei mesi successivi.18 Inquestiduegruppi l’efficaciae lasicurezzadi dabigatran in confronto a warfarin sembra essere sostanzialmente simile a quella ottenuta nei pazienti senza neoplasia nota. Inoltre, un’alterazione trombofilica è stata ricercata in quasi 1800pazientichehannopartecipatoaglistudiRECOVERIeII.19Oltre400pazientisonorisultatiportatoridialmenoun’alterazionetrombofilicaedinuovol’efficaciadidabigatranrispettoawarfarininquestapopolazione sembra essere sostanzialmente sovrapponibile (se non addirittura migliore) a quella vista nellapopolazionegeneraledeiduestudiRECOVER.Apparequindiragionevolel’utilizzodidabigatranneipazienticontrombofiliaereditaria.D’altraparte,maggiorecautelapotrebbeesserenecessarianeipazienti con sindrome anticorpi antifosfolipidi (in particolare in quelli con triplice positività) considerato l’alto rischio di recidive tromboemboliche e il particolare meccanismo di attivazione della coagulazione di questa popolazione.

La fase cronicaDabigatranèstatopoitestatoancheneltrattamentopost-acutodeipazienticonpregressoTEVnellostudio RE-MEDY e nello studio RE-SONATE.20Infatti,nonostanteunadeguatotrattamento,finoa1/4deipazienticonTVPe/oEPsintomaticheneisuccessivi5annisvilupperannodellerecidivediTEV.In particolare i pazienti con un episodio idiopatico di tromboembolismo hanno un rischio di recidiva due voltepiùelevatorispettoaisoggetticonTEVsecondarioafattoridirischiotemporanei.Inoltre,dopolasospensionedell’anticoagulazione,iltassodiincidenzadellerecidivediTEVaumentacostantementeneltempo,raggiungendoil40%tratuttiipazientidopoi10anni.21Risulta quindi particolarmente importante considerare un trattamento anticoagulante prolungato per prevenire il rischio di recidiva.

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8 La terapia del tromboembolismo venoso

In entrambi gli studi i pazienti dovevano aver superato la fase acuta ed essere stati trattati con una terapiaanticoagulanteperunperiododialmeno3mesisenzaaveravutocomplicanzeemorragichee/otromboemboliche.Ilconfrontoèstatofattosiaconilplacebo(studioRE-SONATE)che,unicotrainuovianticoagulantiorali,conwarfarin (RE-MEDY)20 (Tabella1).L’end-pointprimariodiefficaciadientrambiglistudièlasommatoriadiTEVeEPfatale.Il RE-MEDY, disegnato per dimostrare la non-inferiorità di dabigatran, è uno studio clinico di fase III, che ha randomizzato 2856 pazienti a un trattamento con dabigatran 150 mg bid vs. un trattamento con warfarin (range 2-3) per un periodo variabile tra 6 e 36 mesi.LarecidivadiTEVsièverificatanell’1.8%deipazientiinterapiacondabigatranenell’1.3%deipazientiinterapiaconwarfarin(p=0.03perilmarginepre-specificatodinon-inferiorità).Leemorragiemaggioriregistratenelgruppotrattatocondabigatransonorisultateridottedel50%rispettoaquellenelgruppotrattatoconwarfarin(0,9%vs.1.8%),sfiorandolasignificativitàstatistica(p=0.06).LasommatoriadelleemorragiemaggioriediquelleNMCRèrisultatainvecestatisticamentepiùelevatanelgruppotrattato conwarfarin rispetto aquello trattato condabigatran (10.2%vs. 5.6%, rispettivamente; p<0.001). Quindi, il trattamento con dabigatran è risultato associato a un simile rischio di complicanze tromboemboliche venose, ma a una riduzione statisticamente significativa delle complicanze emorragiche maggiori e clinicamente rilevanti quando considerate insieme, con una riduzione marginalmente significativa delle complicanze emorragiche maggiori.Nello studio RE-SONATE, 1343 pazienti sono stati randomizzati a un trattamento con dabigatran 150 mg bid vs. placebo per un periodo di circa 12 mesi dopo una fase iniziale di 6-18 mesi di terapia anticoagulante tradizionale per un episodio acuto di TEV. In questo caso, trattandosi di uno studio contro placebo, lo studio è stato disegnato per dimostrare una riduzione delle recidivetromboembolichedialmenoil70%conlaterapiacondabigatran.LerecidivediTEVsonostateregistratenello0.4%e5.6%deipazientirispettivamenteinterapiacondabigatraneconplacebo (HR0.08;95%CI0.02-0.25;p<0.0001per lasuperiorità).Nonèstatariportataalcunadifferenzatra iduegruppiperquantoriguarda l’incidenzadelleemorragiemaggiori(0.3%dabigatran vs. 0%placebo, rispettivamente; p=1.0); la sommatoriadi emorragiemaggiorie clinicamente rilevantimanonmaggiori è risultatapiù elevatanel gruppo trattato condabigatranrispettoalplacebo(5.3%vs.1.8%,rispettivamente;p=0.001).Al termine del follow-up l’utilizzo di dabigatran è risultato associato a una riduzione fortemente significativa delle complicanze tromboemboliche venose (92% in meno).In conclusione, gli studi RE-MEDY e RE-SONATE nel trattamento prolungato del TEV hanno dimostrato che dabigatran è equivalente a warfarin e superiore al placebo nel ridurre le recidive tromboemboliche; non determina un aumento degli eventi emorragici maggiori rispetto a warfarin ma soprattutto anche rispetto al placebo; infine correla con una quota di emorragie maggiori più emorragie NMCR, che è superiore rispetto al placebo ma significativamente inferiore rispetto a warfarin.Pertalimotivi,dabigatransidimostraun’opportunitàdisceltasicuraedefficaceancheneltrattamentoprolungatodelTEV,offrendobeneficidimaggiorefficaciarispettoalplaceboedimaggiorsicurezzarispetto a warfarin.

L’embolia polmonare: il valore aggiunto di un approccio prudenteL’EP è frequente e ingannevole nella sua manifestazione clinica, tanto che spesso temiamo di non riuscire a riconoscerla: le linee guida della Società Europea di Cardiologia ricordano come i percorsi diagnostici, nella maggior parte dei casi, non giungano alla sua conferma. Non mancano le false diagnosi e le overdiagnosis, cui non possono che accompagnarsi inutili (e quindi dannose) terapie. I nuovi anticoagulanti orali o anticoagulanti orali non vitaminaKdipendenti (NOACs) si inserisconoa pieno titolo nel trattamento di tale patologia: gli inibitori del fattore Xa (apixaban, rivaroxaban e edoxaban) o della trombina (dabigatran) agiscono subito, hanno farmacocinetica e farmacodinamica prevedibiliesonofinalmenteliberidallanecessitàdelcontrollodellostatocoagulativo,caratteristiche

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che permettono di chiamarli per ciò che sono, ovvero anticoagulanti diretti. I NOACs hanno quindi richiamato molta attenzione su di sé, togliendo spazio, forse troppo, a quanto resta da fare nel percorso dicontrollodell’embolia.ÈperaltroverochelaterapiaanticoagulanterestailcardineterapeuticodelTEV,essendo ipazientiadalto rischio (oa rischio intermedio-alto)solounaquotaminoritarianellecasistiche delle EP.A sostegno della bontà dei NOACs ci sono ormai numerosi studi clinici, che li hanno testati sia nella fase acuta dell’EP che in quella successiva, mesi durante i quali al clinico si pone soprattutto la domanda su quanto proseguire l’anticoagulazione stessa. In tutti gli studi che hannocoinvoltoiNOACsinacuto,l’outcomeprincipalediefficaciaèstatouncombinatodirecidivadi tromboembolia polmonare sintomatica e/o morte a essa conseguente, mentre quello di sicurezza è stata l’incidenza di emorragie maggiori o non maggiori clinicamente. Ebbene: ovunque i NOACs hanno dimostrato che la loro efficacia non è inferiore a quella della terapia standard e si sono sempre distinti sul versante della sicurezza, senz’altro superiore in ogni studio effettuato. Questo ha fatto sì che le linee guida ESC 2014 abbiano identificato i NOACs come farmaci alternativi al warfarin e che le più recenti linee guida CHEST ne abbiano addirittura riconosciuto la superiorità.1,22Comesicollocadabigatranneiconfrontideglialtrifarmacinell’EP?Nonostantealcunemeta-analisi23tentino una comparazione tra i diversi NOACs, oggi è impossibile dare una risposta conclusiva su qualesiailfarmacodapreferire,tenutocontosoprattuttoche,perquantoriguardal’efficaciamisuratasulle recidive tromboemboliche e sullamortalità, non si riesce in alcunmodo a vedere differenze.Se si analizzano le caratteristiche dei pazienti arruolati nei trial, si scopre infatti quanto diversi siano l’impegnoemodinamicodell’embolia, ladefinizionedellasuaestensioneanatomica,delgradodelladisfunzione ventricolare destra, la sua stessa genesi (provocata o non provocata), le comorbilità presenti e l’approccio terapeutico applicato (single drug approach o approccio “standard”), per non parlare della tipologia di studio (open-label vs. double-blind). Come detto in precedenza, gli outcome primaridinoninferioritàperl’efficaciaequellidisicurezzasonostatibrillantementeraggiuntidatuttie,in assenza di un confronto diretto tra i quattro farmaci a disposizione, al massimo si potranno tracciare differenze possibilitradiloro,enientepiù.Nonc’èinfattivariazionesostanzialeinterminidiend-pointdiefficacia(dal2.1%diTEVsintomatica,fataleenonfatale,registratanelrivaroxaban-EinsteinPEal3.2%dell’edoxaban),direcidivasintomaticanonfatalediEP(dallo0.5%delRECOVERIIal1,2%dell’edoxaban)edisanguinamentimaggiori(dal0.6%dell’apixabanall’1,6%delRECOVERI).Si dice che la praticità d’uso dovrebbe fare la differenza: apixaban e rivaroxaban offrono il “vantaggio” di non richiedere una terapia parenterale preliminare, ma questo “pregio” è in gran parte annullato dal fatto che il loro dosaggio deve essere aggiustato dopo 1 (apixaban) o 3 settimane (rivaroxaban), tempi di un’iniziale anticoagulazione intensiva necessaria per evitare le recidive emboliche osservate in precedenti studi. Il single drug approach può peraltro essere inteso come un’opportunità per la dimissione rapida, magari immediata, del paziente visti i tempi lunghi di degenza che ancora accompagnano i soggetti con EP, ma non per identificare il farmaco da preferire nel paziente con EP.Bisognaperò tenere inconsiderazionecheunadimissioneprecipitosapotrebbe inficiare il correttoiter diagnostico e terapeutico dei soggetti con EP, portando a sottovalutare (o anche sopravvalutare!) determinate situazioni. Inoltre si correrebbe il rischio di trascurare la corretta gestione del paziente dalpuntodivistadieducazionealla terapiaanticoagulanteoraleeorganizzazionedel follow-up.Èdunque fondamentale per il clinico porsi tutta una serie di domande che peraltro lasciano intuire quanto sia ancora difficile rinunciare a una fase preliminare di terapia parenterale: nel contesto diuna strategia di dimissione immediata, la valutazione clinica e strumentale del paziente non rischia d’esserequantomenoprecipitosa?Èforsepossibilechiudereilcerchiodelladefinizionedelrischioinun singolo passaggio di Pronto Soccorso? Bastano gli score PESI a garantire questo processo? Chi ha analizzato la bontà predittiva di questi score in analisi post hoc in trial sui NOACs evoca la prudenza,

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dicendocheipazientiabassorischiocosìidentificatiandrannocomunquetrattati“in a clinical decision unit or by a closely monitored outpatient strategy”.Èvero,anchelelineeguidaESCsuggerisconoditrattare ambulatorialmente questi pazienti, e sempre mediante una strategia di stretto monitoraggio: ma quant’è fattibile l’immediata e corretta programmazione del monitoraggio? E poi, perché rischiare diprivarsideltempoperrifletteresullacertezzadelladiagnosidellamalattiaembolica?Quantevolteilsuo riscontro è casuale, e quante volte si evidenzia una malattia minima, che rischia di mettere in moto un’anticoagulazione sine diesenonsidàiltempoaldubbiodiaffiorare?Unadimissionetropporapidanon può forse esagerare i nostri errori? Come trascurare il fatto che i pazienti arruolati nei trial siano ben piùgiovani(inmedia56anni)rispettoaquellicheincontriamonellacomunepraticaclinica(media70anni) e come non leggere il rischio dell’embolia registrato nei trial ben lontano da quello osservato nel mondoreale?Èpoigiustonegarsiiltempodiunaricercadellecomorbilitàcheaccompagnanol’EPe,inalcunicasi,addiritturaladeterminano?Infine,ecapovolgendoildiscorso,insituazioniincuinonsisiada subito certi di esser di fronte a un paziente con EP a basso rischio (e non è sempre facile esserlo), perché rinunciare a una prudente osservazione, magari per evitare di trovarci nell’imbarazzo di dover ricorrere a una terapia trombolitica o a una strategia invasiva quando il paziente ha in corpo un NOAC, farmaco che prevedeva l’esclusione della trombolisi o dell’invasività per poter esser somministrato? Basterà per questo disporre di un antidoto, come solo il dabigatran ora ha?INOACsrappresentanoqualcosadipiùcheun’alternativaallostandardneltrattamentodeipazienticon EP. Solo però dopo aver raggiunto la certezza della diagnosi, dopo averne chiarito i contorni, il grado di rischio, la causa possibile e la vulnerabilità del paziente si potrà decidere se, come e per quanto trattare il paziente. La fretta, in questi casi, è cattiva consigliera.

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INOACssonostatiquindiampiamentestudiatisiaperlaprevenzioneetrattamentodelTEV,cheperlaprevenzionedell’ictusneipazienticonfibrillazioneatriale.Ci sono tuttavia dei pazienti nei quali, per determinate caratteristiche, l’utilizzo degli anticoagulanti orali diretti(einquestospecificocasodidabigatran)potrebbecomportarel’insorgenzadicomplicanzepiùfrequentemente rispetto alla terapia tradizionale, rendendo dunque necessari alcuni accorgimenti.

L’etàI pazienti anziani hanno un’incidenza maggiore di complicanze tromboemboliche, ma, allo stesso tempo,ancheunrischiopiùelevatodisanguinamentoassociatoallaterapiaanticoagulante.Ilrischiodiictusischemicoinfatti,aumentadicirca1,5volteogni10annidiaumentodell’età.24 Questo aumento d’incidenza può essere in parte spiegato dalla maggior prevalenza negli anziani dei fattori di rischio per l’ictus ischemico, come ipertensione, malattia cardiovascolare e, particolarmente importante in relazioneallaterapiaanticoagulante,fibrillazioneatriale.Quest’ultimainfattièpocofrequenteneipazienticonetàinferioreai65anni(prevalenzainferioreal2%),mentrepresentaunaprevalenzacertamentemaggiore(del10%circa)neipazientidietàsuperioreagli85 anni. Anche l’incidenza di TEV aumenta similmente con l’età, passando da 1 evento ogni 1000 persone all’anno nei pazienti di età inferiore ai 50 anni, a 6 eventi ogni 1000 persone all’anno nei pazienti con età superiore agli 80 anni.25 Tuttavia, nonostante la terapia anticoagulante siaaltamenteefficacenellaprevenzioneeneltrattamentodelTEVearterioso,essaèanchegravatadauncertorischiodisanguinamento,nettamentepiùelevatoneipazientianziani(aumentadel40%ogni10annidietà).26Laquestioneèdunquesesiapossibileapplicareancheaipazientipiùanzianiiprecedenti e incoraggianti risultati ottenuti nel confronto tra i NOACs e la terapia tradizionale. I pazienti anziani, infatti,hannopiùcomorbidità,utilizzodi terapieconcomitantieunamaggiorprevalenzadiinsufficienzarenalerispettoaipazientipiùgiovani(inparticolarmodol’insufficienzarenalepuòrisultareproblematicaperdabigatran,inquantoquestofarmacovieneeliminatoall’80%alivellorenale).Per valutare il bilancio tra rischi e benefici nell’utilizzo dei NOACs nei pazienti più anziani è stata condotta un’analisi di sottogruppo degli studi controllati di fase III nei quali i NOACs erano stati comparati con la terapia tradizionale con gli inibitori della vitamina K per il trattamento del TEV e la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale.27 I risultati hanno confermato che il bilancio favorevole tra rischi e benefici osservato nei pazienti più giovani nell’utilizzo dei NOACs è applicabile anche ai pazienti più anziani.Inoltre,neipazienticonTEVrispettoaquelliconfibrillazioneatrialeidatisonomoltopiùlimitati,probabilmenteperchél’etàmediadeipazienticonTEVintrattamentoanticoagulanteinseritineglistudièpiùbassarispettoaquelladeipazientineglistudisullafibrillazioneatriale.Relativamenteadabigatranneipazienticonetà>80annièindicataladoseridottadifarmaco(110mgbid)perilmaggiorrischiodisanguinamentoinquestapopolazione.Ilbassodosaggiopuòessereconsideratoancheneipazientidietàcompresatra75e80anniinbasealloroprofilodirischiotromboembolicoedemorragico.28,29

Il reneI pazienti con compromissione renale alterata hanno un rischio emorragico e tromboembolico piùelevato rispetto a pazienti senza tale problematica; in particolare nel caso dei pazienti in terapia con anticoagulanti orali per il trattamento del TEV, l’insufficienza renale è un possibile fattore di rischioemorragico legato al potenziale accumulo dell’anticoagulante e alla disfunzione piastrinica indotta dall’uremia.30 Negli studi di fase III sulla terapia del TEV con gli anticoagulanti orali diretti, i pazienti con gravecompromissione della funzione renale sono stati esclusi.2 Nell’analisi per sottogruppi, dabigatran

ESISTE UN PAZIENTE DIFFICILE?

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ha dimostrato simile efficacia in confronto al warfarin, indipendentemente dalla funzione renale (p= 0.80), senza differenza significativa per quanto riguarda gli eventi emorragici.16 Questi risultati suggeriscono che non sia necessario un aggiustamento della dose di dabigatran in pazienti con insufficienza renale lieve o moderata. Nei pazienti con CrCl <30 ml/min, l’uso di dabigatran è controindicato.31L’efficaciaelasicurezzaneipazienticoninsufficienzarenalesonostatevalutateancheneglistudiRE-SONATEeRE-MEDY.NelRE-SONATE,chehainclusoil30.2%(405/1343)dipazienticoninsufficienzarenalelieveomoderata(CrCl30-79ml/min)l’efficaciadidabigatransièmantenutaindipendentementedalla funzionalità renale. Analoghi sono stati i risultati di efficacia dello studioRE-MEDY, nel qualelapercentualedipazienticonCrCl<80ml/mineradel25.4%(725/2856):nonsonostateriportatedifferenze significative per i pazienti con insufficienza renale tra il gruppo dabigatran e il gruppowarfarin in termini di rischio emorragico.Purtroppo i dati di sicurezzadelRE-SONATEper questasottopopolazione di pazienti non sono disponibili.20Una revisione sistematica complessiva degli studi randomizzati sugli anticoagulanti orali diretti in pazienti conmalattiarenalecronica(CrCl30-50ml/min)nonhamostratodifferenzeneltassodiricorrenzadiTEVoeventiemorragicitraglianticoagulantioralidirettieilwarfarin.32Le più recenti linee guida American Heart Association (AHA), American College of Cardiology (ACC) e Heart Rhythm Society (HRS) per la gestione dei pazienti con fibrillazione atriale raccomandano il warfarin come prima scelta nei pazienti con malattia renale avanzata o end-stage.33

Il fegatoIpazienticonmalattiaepaticaacutaeinsufficienzaepaticacronicasonostatiesclusidaiprincipalistudiclinicichehannovalutatol’efficaciaelasicurezzadegliinibitoridirettidellacoagulazioneneltrattamentodelTEVenellaprevenzionedellecomplicanzecardioembolicheneipazienticonfibrillazioneatriale.L’utilizzo di questi farmaci sembra comunque essere associato a un tasso di complicanze a livello epatico molto basso e il rischio di alterazioni dei livelli delle transaminasi o della bilirubina sembra essere sovrapponibileaquellosecondarioall’utilizzodegliAVKodell’EBPM.34 Il paziente epatopatico è un malatocomplessoel’effettodiquestifarmacipuòesseremodificatodaalterazioninell’assorbimento,nel volumedi distribuzione, nelmetabolismo, nell’escrezione e nel profilo farmacodinamico stessodel farmaco. Dabigatran sembra legarsi meno all’albumina rispetto rivaroxaban e apixaban e la sua eliminazione, prevalentemente renale, appare comunque indipendente dal sottotipo CYP3A4delcitocromoP450.35,36 Da studi di farmacocinetica e farmacodinamica la concentrazione ematica didabigatran,cosìcomequelladiapixaneedoxaban,nonappaiono influenzatedallapresenzadiinsufficienza epatica lieve e moderata (Child-Pugh A e B).37,38 Di converso la somministrazione di rivaroxabaninpazienticonmalattiaepaticascompensata(cirrosiinstadioB-C)sembraportareaunaumento della sua concentrazione ematica.39 I risultatidiquesteevidenzesi riflettononelleschedetecniche dei farmaci, dove dabigatran non è indicato solo nei pazienti con insufficienza epatica omalattia epatica che possa avere un qualsiasi impatto sulla sopravvivenza. Appare così ragionevole un suonormaleutilizzoneipazienticoninsufficienzaepaticalieveeunsuousoconcautela,invece,neipazienticoninsufficienzaepaticamoderata.

Il pesoL’utilizzo di questi farmaci nei pazienti con pesi estremi deve essere gestito con cautela. Non esistono evidenze di alta qualità che abbiano valutato l’efficacia e la sicurezza degli inibitori diretti dellacoagulazione nei pazienti con peso estremamente basso o estremamente alto trattati per un episodio tromboembolico venoso. Le evidenze da studi di farmacocinetica evidenziano una concentrazione ematica media di questi farmaci inversamente proporzionale al peso del paziente.40-41 In particolare, inunaanalisi secondariadello studioRELY, laconcentrazioneematicaa valledidabigatran risultaaumentatadel21%neipazienticonpesoinferioreai50kgediminuitadel21%neipazienticonpeso

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superioreai100kgrispettoaipazientinormopeso.42 Il peso corporeo non risulta però associato a un diverso rischio di eventi tromboembolici o emorragici all’analisi multivariata, per cui non è richiesto aggiustamento del dosaggio.Inunarecentemeta-analisidellaletteraturaeseguitapervalutarel’efficaciaelasicurezzadegliinibitoridiretti della coagulazione rispetto agli AVK nei pazienti trattati per evento tromboembolico venosoacuto utilizzando i sottogruppi degli studi randomizzati e controllati di fase III, non è risultata una differenzasignificativadiefficaciaesicurezzadiquestifarmacinellediversefascedipesocorporeo.43 Ilnumerodipazientiinclusiperòconpesiestremi(>120kgo<50kg)eraestremamentelimitatoeladefinizionedialtoebassopesoeravariabileneglistudiinclusi(>90o100kge<60o50kg).Nell’analisicombinatadeiduestudiRECOVERnonsembraesserciunadifferenzasignificativadieventitromboembolicinellediversefascedipesocorporeo;tuttaviaidatisuipazienticonpesoinferioreai50kg sono estremamente limitati. Al momento non sono stati pubblicati i dati riguardanti la sicurezza in questi sottogruppi.16Sulla base della letteratura esistente, una consensusdiespertinord-americanisconsiglial’usodegliinibitori diretti della coagulazione nei pazienti con peso inferiore ai 50 kg e superiore ai 120 kg ocon indicedimassacorporea (IMC)>35kg/m2, e le recenti linee guida dell’International Society of Thrombosis and Haemostasis consigliano di evitare questi farmaci nei pazienti con peso elevato, definiticomepesosuperioreai120kgoconIMC>40kg/m.40,44,45 In caso di utilizzo di questi farmaci in pazienticonpesosuperioreai120kgoconIMC>40kg/m2 le linee guida ISTH consigliano di dosare i livelliematiciavallediquestifarmacienelcasodiriscontrodibassilivelliematici,dipassareagliAVK.45

La gestione periprocedurale e la bridging therapyIn generale, qualsiasi intervento chirurgico o procedura invasiva che determini un aumento del rischio di sanguinamento richiede la sospensione temporanea di dabigatran, per garantire un’attività anticoagulante minima o assente al momento dell’intervento e minimizzare il rischio emorragico.Il follow-up dello studio RE-LY46 ha evidenziato che la necessità di sospensione temporanea di dabigatran per interventi chirurgici o procedure invasive si verifica in circa il 25% dei pazienti nei 2 anni seguenti l’inizio della terapia anticoagulante.Perprocedureointerventiinelezione,lagestionedidabigatranèrelativamentepiùsemplicerispettoaquelladegliAVK(warfarin,acenocumarolo),inquantoilfarmacoècaratterizzatodaunapiùrapidacinetica di eliminazione e un veloce ripristino di valori terapeutici di attività anticoagulante dopo la sua riassunzione.La scelta del timing ottimale di sospensione di dabigatran deve considerare la funzione renale (clearance dellacreatinina)delpaziente,cheinfluenzalavelocitàdieliminazionedelfarmaco,ilrischioemorragicointrinseco alla procedura e il rischio emorragico del paziente. A tale riguardo, si distinguono procedure/interventiarischioemorragicomoltobasso,chepiùspessonondovrebberorichiederelasospensionedell’anticoagulante, procedure/interventi a rischio emorragico basso o moderato e procedure/interventi maggiori, ad alto rischio emorragico47(Tabella2).Il rischio tromboembolico, che nei pazienti in terapia con warfarin è determinante per l’introduzione di eparina nella fase di sospensione dell’anticoagulante orale (bridging therapy), è invece marginale nelle scelte decisionali. Le attuali indicazioni infatti non prevedono l’utilizzo della terapia bridging nella fase di sospensione del farmaco, sulla base di tre principali presupposti:1) i pazienti con fibrillazione atriale valvolare, a più elevato rischio tromboembolico, sono esclusi

dall’indicazione a questi farmaci; 2)lacineticadiquestifarmaci(inparticolareilrapidoonsetelaprevedibilitàdell’effettoanticoagulantealla

reintroduzione del farmaco) è favorevole nel minimizzare il tempo di ripristino dell’anticoagulazione;3)i dati fino a ora disponibili dallo studio RE-LY48 e dai registri internazionali49 segnalano un

incremento significativo del rischio di eventi emorragici maggiori associato alla terapia bridging, senza però una riduzione del rischio tromboembolico.

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Moderata Ultimadose3giorni Ultimadose5giorni insufficienza Nessunainterruzione primadella primadella (CrCl30-49ml/min) procedura/intervento procedura/intervento

Normale o lieve Ultimadose2giorni Ultimadose3giorni insufficienza Nessunainterruzione primadella primadella (CrCl ≥50ml/min) procedura/intervento procedura/intervento

Funzione renale Procedure/interventi Procedure/interventi Procedure/interventi

a rischio emorragico a rischio emorragico a rischio emorragico molto basso basso alto

Interventi a rischio molto basso di sanguinamentoChirurgiasuperficiale(ades.incisionediascessi,piccoleasportazionidermatologiche)Endoscopia digestiva diagnosticaInterventi oculisti per cataratta o glaucomaInterventi odontoiatrici (estrazioni dentali, terapia canalicolare, chirurgia parodontale, incisione di ascessi, implantologia)

Interventi a rischio basso di sanguinamentoAngiografiaBiopsie di prostata o vescicaEndoscopia digestiva con biopsiaImpiantodiPaceMakersoICD(ImplantableCardioverter-Defibrillator)StudiocardiacoelettrofisiologicoInterventi ad alto rischio di sanguinamentoAnestesia spinale o epiduraleBiopsia renale ed epaticaChirurgia ginecologicaChirurgiamaggioretesta-collo,toracica,addominaleChirurgia mammariaChirurgia ortopedica maggioreChirurgia plastica maggioreEndoscopia digestiva operativaInterventi di cardiochirurgia: ablazioni sinistre complesse (isolamento vena polmonare, ablazione di tachicardia ventricolare)Interventi neurochirurgiciPuntura lombare diagnosticaResezione Transuretrale della Prostata (TURP)TrapiantiTrattamento di aneurismi

Tabella 2. Esempi di interventi a diverso rischio di sanguinamento.

I tempi di sospensione del farmaco in relazione al rischio emorragico della procedura e ai valori di funzionalità renale sono riassunti nella Tabella 3. Per interventi o procedure a basso rischio disanguinamentoildabigatranèdasospendere24oreprima:questointervallo,corrispondenteacircadueemivitedelfarmaco,determinaun’attivitàanticoagulanteresiduaparial12-25%,accettabileperprocedure a basso rischio.

Tabella 3. Gestionepre-interventodeipazientiintrattamentocondabigatran.

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Per interventi o procedure ad alto rischio di sanguinamento il dabigatran è invece da sospendere in media48oreprima:questointervallocorrispondeapprossimativamentea4-5emivitedelfarmacoeassicuraunaminima(3-6%)attivitàanticoagulanteresidua,chenonesponeilpazienteaunrischioemorragico aggiuntivo neppure in caso di interventi a rischio emorragico maggiore (inclusa l’anestesia spinale).Incasidiinsufficienzarenalemoderata(CrCl30-49ml/min),sonoperòrichiesti2giorniaddizionalidisospensionedelfarmacoperassicurarelaperditadiognieffettoanticoagulanteresiduo.Dal momento che il farmaco ha un rapido inizio di azione, con un picco di attività anticoagulante raggiunto 2-3 ore dopo la sua assunzione, è opportuna una certa cautela nella reintroduzione didabigatran, specie per procedure ad alto rischio emorragico. In generale, per procedure/interventi a basso rischio emorragico, dabigatran può essere somministrato il giorno successivo alla medesima doseassuntaprimadell’intervento.Unintervallodialmeno48oreèinvecenecessariodopoprocedureo interventi ad alto rischio emorragico.Nei pazienti in trattamento con dabigatran che devono essere sottoposti a un intervento chirurgico/procedura non programmato/a, il farmaco deve essere sospeso. Se le condizioni cliniche lo consentono, sidovrannoattenderealmeno12ore,osepossibile24ore,dall’ultimasomministrazionedelfarmaco.Se l’intervento non può essere posticipato, è da considerare l’utilizzo di idarucizumab per una rapida correzionedell’effettoanticoagulante.Idarucizumab è un frammento di anticorpo monoclonale che lega il dabigatran con un’affinità che è 350 volte superiore a quella osservata con la trombina. In particolare, idarucizumab è in grado di legarsi sia al dabigatran libero che a quello legato alla trombina, neutralizzandone l’attività anticoagulante.50 In volontari sani, giovani, con funzione renale normale, in volontari di età compresatra65e80annieinvolontaridietàcompresatra45e80annidietàconlieveomoderatainsufficienzarenale,la somministrazione di idarucizumab ha consentito il reverse immediato e completo degli effetti anticoagulanti di dabigatran senza nessun effetto procoagulante.51-53Alla luce di questi eccellenti risultati sperimentali, uno studio prospettico di coorte è stato intrapreso per esaminare l’efficacia e la sicurezza di idarucizumabper il reverse degli effetti anticoagulanti didabigatran nella pratica clinica quotidiana,54 la sicurezza di 5 g di idarucizumab somministrati per via endovenosa e la sua capacità di reversedeglieffettianticoagulantididabigatraninpazienticheavevano gravi emorragie in atto (gruppo A) o per i quali era necessario un intervento invasivo (chirurgico o no) d’urgenza (gruppo B). L’end-point primario era il reverse massimo percentuale dell’effettoanticoagulante di dabigatran entro 4 ore dalla somministrazione di idarucizumab, sulla base delladeterminazione presso un laboratorio centrale del tempo di trombina diluito o dell’ecarin clotting time. L’end-pointsecondarioerarappresentatodalripristinodell’emostasiagiudiziodellosperimentatore.La prima analisi ad interimhaincluso90pazientitrattaticonidarucizumab(51pazientidelgruppoAe39nelgruppoB).Trai68pazienticonuntempoditrombinadiluitaelevatoetragli81soggetticonun ecarin clotting time elevatoalbasale,lamedianamassimapercentualedireverseèstatadel100%(CI95%,100a100). Idarucizumabhanormalizzato i risultatidel test inunapercentualecompresatra l’88 e il 98%dei pazienti, con un effetto evidente già dopopochiminuti. Le concentrazioni didabigatran liberonon legatoall’antidotosonorimastealdisottodi20ngpermla24orenel79%deipazienti.Tra i36pazientidelgruppoBchesonostati sottopostiaun intervento invasivo,unanormale emostasi intraoperatoria è stata riportata in 33pazienti, e leggermenteomoderatamenteanormale in rispettivamente2pazienti e 1paziente.Unevento trombotico si è verificato entro72ore dopo la somministrazione di idarucizumab in un paziente in cui non era stata ripresa alcuna terapia anticoagulante. In conclusione, idarucizumab ha garantito un completo reverse dell’attività anticoagulante di dabigatran in pochi minuti.Inconsiderazionedeidatipubblicatiinletteratura,l’impiegodiidarucizumabqualeantidotospecificoper il dabigatran è stato recentemente autorizzato per la pratica clinica negli USA e in Europa.55

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La politerapiaLe interazioni farmacologiche di dabigatran sono complessivamente poche e adeguatamente studiate. Le principali riguardano i farmaci induttori e inibitori della P-glicoproteina, in grado rispettivamente di ridurre e di potenziare l’attività farmacologica del dabigatran (Tabella 4). Inoltre, un vantaggio di dabigatran rispetto agli anti-Xa (apixaban, rivaroxaban, edoxaban) è rappresentato dall’assenza di interazione con i farmaci induttori e inibitori del CYP3A4.

Tabella 4. Principali interazioni farmacologiche di dabigatran.

Con l’uso concomitante di inibitori della P-glicoproteina da deboli a moderati (amiodarone, chinidina,verapamil) non è necessario alcun aggiustamento della dose in caso di uso di amiodarone o chinidina; inveceneipazientiintrattamentoconverapamil,ladosedidabigatrandeveessereridottaa220mg/die(duesomministrazioniquotidianeda110mg,daeffettuarsiinsiemealverapamilstesso).Con il concomitanteusodi forti inibitori dellaP-glicoproteinaquali ciclosporina, tacrolimus, antimicoticisistemici (ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo, posaconazolo) o dronedarone, la somministrazione di dabigatran è controindicata. Per quanto riguarda gli inibitori delle proteasi (ad es. il ritonavir) non esistono dati e quindi la somministrazione di dabigatran andrebbe evitata.Con la somministrazione concomitantedi induttori dellaP-glicoproteina (quali rifampicina, ErbadiSanGiovanni [Hypericum perforatum], carbamazepina o fenitoina) è prevedibile una riduzione delle concentrazioni plasmatiche di dabigatran: di conseguenza la sua somministrazione dovrebbe essere evitata.

Il paziente oncologicoTrattamento di fase acuta

Il TEV rappresenta una delle più importanti cause di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da cancro.PazienticonTEVassociatoaneoplasiahannounrischiodirecidivadiTEVcirca3voltesuperioreaipazientichehannoavutounTEVinassenzadineoplasia,siadurantelaterapiaanticoagulante che dopo la sua interruzione.56SecondounostudiosulTEVcondottotrapazienticonesenzaneoplasia,laprobabilitàdire-ricoveroperrecidivaentro180giornidalladiagnosièstatadel22%edel6.5%inpazienticonTEVassociatoononassociatoaneoplasia.57 Allo stesso tempo, anche ilrischiodicomplicanzeemorragichedurantetrattamentoconanticoagulantièpiùaltoneipazienticon

Inibitori

SÌ SÌ

della P-glicoproteina

DABIGATRAN RIVAROXABAN,

EDOXABAN APIXABAN

Induttori

SÌ SÌ

della P-glicoproteina

Inibitori

NO SÌ

del CYP3A4

Induttori

NO SÌ

del CYP3A4

FANS SÌ SÌ

Agenti SÌ SÌ

antipiastrinici

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neoplasia rispetto a quelli senza.56,58-60LostudioCLOThadimostratoun’efficaciasuperioredidalteparinarispettoagliAVKneipazienticonTEVcancro-associato,afrontediunaparisicurezza.61 Questi risultati sono stati confermati in studi conunnumeropiùlimitatodipazienti.NellostudioCATCH,laterapiacontinzaparinahamostratounariduzionesimilemanonsignificativa(verosimilmenteperilbassonumerodieventi)delrischiodirecidivedi TEV del 35% rispetto agli AVK.64 Non ci sono state differenze nell’incidenza di sanguinamentomaggiore.62 Secondo uno studio,63 l’EBPM, comparata con gli AVK, non fornisce un beneficiostatisticamente significativo nella sopravvivenza (HR 0.96; 95%CI 0.81 a 1.14)ma una riduzionestatisticamentesignificativanelTEV(HR0.47;95%CI0.32a0.71).Altri risultatinonescludonouneffettodannosoobeneficodell’EBPMcomparatacongliAVKperquelcheriguardaisanguinamentimaggiori(RR1.05;95%CI0.53a2.10).Quindi, le attuali linee guida raccomandano l’uso di EBPM per via sottocutanea, per il trattamento acuto e a lungo termine del TEV in pazienti affetti da cancro.64 Inoltre, a causa del rischioelevatodirecidiva,ipazienticonTEVassociatoaneoplasiasonocandidatialtrattamentodidurataindeterminataoaprolungareiltrattamentofinoaquandoilcancroècompletamenteguarito.Pertanto, la disponibilità di un trattamento anticoagulante orale, efficace e sicuro come le EBPM, sarebbe un sostanziale vantaggio per i pazienti con trombosi associata a neoplasia.La prevalenza di pazienti con neoplasia inclusi negli studi clinici randomizzati di fase III sul trattamento delTEVconanticoagulantioralidirettièbassa,variandodal2.5%al9.4%.65 Inoltre, in questi studi, gli anticoagulanti orali diretti sono stati confrontati con una breve terapia iniziale con EBPM seguita daAVKenonconEBPMpertuttaladuratadeltrattamento,cherappresentalostandarddicurainpazientiaffettidaneoplasia.Inunameta-analisi cheha incluso6 studidi fase III sulla terapiadi faseacutaedi lungo terminedelTEV, l’incidenzadirecidivaèrisultatadel3.9%nelgruppodipazienticonneoplasiatrattaticonanticoagulantioralidirettirispettoal6%neipazientitrattaticonwarfarin(OR0.63;95%CI0.37-1.10);episodidi sanguinamentomaggioresi sonoverificati rispettivamentenel3.2%e4.2%deipazientitrattaticonanticoagulantioralidirettiowarfarin(OR0.77;95%CI0.41-1.44).66Neiduetrialditrattamentodellafaseacutaedi lungoterminedelTEVcondabigatran,questosièdimostratonon-inferiorerispettoalwarfarininterminidiefficacia,conunprofilodisicurezzafavorevole.NeglistudiRECOVER,suuntotaledi5107pazienti,335(6.6%)presentavanoun“cancroattivo”almomentodellarandomizzazioneodurantei6mesidellostudio.11,16Un’analisipersottogruppidei121pazientineoplastici(4.7%)inclusinellostudioRECOVERhamostratountassodiricorrenzasimileneipazienticoncancrotrattaticondabigatranrispettoaquellitrattaticonwarfarin(5.3%vs.3.1%,p=0.49).11Una recente analisi post hoc degli studi RECOVER e RECOVER II ha valutato efficacia e sicurezza di dabigatran in confronto al warfarin in pazienti con TEV e cancro.18 Alla randomizzazioneil“cancroattivo”eradefinitocomediagnosidineoplasia(eccettocarcinomabaso-ospino-cellulare)entroi5anniprimadell’arruolamento,qualsiasitrattamentoperunaneoplasiaentro5anni,recidivadineoplasiaomalattiametastatica.L’outcomeprimariodiefficaciaeralarecidivadiTEVsintomatico;glioutcomedisicurezza,valutatisolodurantelafasedeltrattamentoanticoagulanteorale, erano i sanguinamenti maggiori, i sanguinamenti maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti e ogni evento emorragico. I pazienti con “cancro attivo” al momento della randomizzazione erano 114nelgruppodabigatrane107nelgruppowarfarin;unaneoplasiaèstatadiagnosticataduranteilperiododellostudioin59pazientiindabigatrane55pazientiinwarfarin.Complessivamente,ipazientineoplastici avevano un’etàmedia superiore e una clearance della creatinina più bassa rispetto aipazientinonneoplastici.IlnumerodipazienticonTVPsintomaticoassociatoaEPeilnumerodiTVPbilaterali era ugualmente distribuito nei pazienti con o senza cancro. Dopo 6 mesi di trattamento, nei pazienti con cancro la ricorrenza di TEV sintomatico è stata inferiore nel gruppo dabigatran rispetto al gruppo warfarin (5.2% vs. 7.4%). Nessuna differenza significativa è stata riscontrata in termini di efficacia tra i due gruppi di trattamento per i pazienti con diagnosi

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nota di neoplasia alla randomizzazione o per i pazienti con neoplasia diagnosticata durante lo studio. Nei pazienti con neoplasia diagnosticata durante lo studio, il tasso di ricorrenza è stato più elevato rispetto ai pazienti con diagnosi di neoplasia nota alla randomizzazione (10.5 vs. 4.1%).18Nell’ambitodeipazienticonricorrenzadiTEV,iltempomedianoinrangeterapeuticoperilwarfarinèrisultatoparial48%,mentrel’aderenzamedianaadabigatranèstatadel94%.Nei 6 mesi di terapia anticogulante orale i tassi dei 3 outcome di sicurezza sono stati simili nei pazienti in dabigatran rispetto ai pazienti in warfarin.Sisonoverificatiun’emorragiacerebralenelgruppo di pazienti con neoplasia in warfarin e un sanguinamento gastroenterico fatale in ogni gruppo ditrattamento;9eventiemorragicimaggiorisisonoverificatinellasedeprimitivadellaneoplasia,4inaltri siti.18I sanguinamenti maggiori associati a dabigatran nei pazienti con neoplasia non sembrano essere più difficili da gestire rispetto ai sanguinamenti maggiori nei pazienti senza cancro e la prognosi a breve termine dopo l’evento emorragico sembra simile.67Dabigatran può offrire nei pazienti oncologici rispetto a eparina il vantaggio della somministrazione orale e vantaggi rispetto al warfarin in termini di minore interazione drug-food o drug-drug e di un più prevedibile effetto anticoagulante. Poco, invece, è ancora noto sullepossibiliinterazionididabigatranconchemioterapiciinduttoridellaP-glicoproteina.Infine,incasodiprocedureinvasiveochirurgia, lagestionedidabigatranèpiùsemplicerispettoalwarfarin,perilrapidooff-seteon-setdell’effetto.Inconclusione,neltrattamentodifaseacutaedi lungoterminedelTEVneipazienticonneoplasia,dabigatranpotrebberappresentareun’alternativaterapeuticaconsimileefficaciaesicurezzarispettoawarfarineconunamaggiorefattibilitànellungotermineperilregimedisomministrazioneindosefissa,l’assenza di monitoraggio laboratoristico e dell’interazione drug-food e la gestione dell’anticoagulazione in caso di procedure.

Trattamento esteso

NellostudioRE-MEDYperiltrattamentoinestesodelTEVsonostatiarruolatiuntotaledi119pazienti(4.2%dellapopolazionenelbracciodabigatrane4.1%nelbracciowarfarin)conun“cancroattivo”almomentodellarandomizzazione.Diquestisoggetti,3hannoavutounarecidivadiTEV(2-3.3%neldabigatrane1-1.7%nelgruppowarfarin).L’incidenzadicomplicanzeemorragicheinvecenonèstatariportata separatamente per i pazienti con cancro.20

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La gestione delle emergenze emorragicheIn caso di complicanza emorragica minore, la somministrazione di dabigatran dovrebbe essere temporaneamentesospesaoppureritardata;èconsigliabileinoltreidentificareetrattarelacausalocaleo sistemica del sanguinamento.67,36In caso di emorragie maggiori, è per prima cosa necessario controllare la funzionalità renale e mantenere una adeguata diuresi, in quanto dabigatran viene eliminato prevalentemente per via renale.Sono innanzitutto importanti le misure di supporto generali (compressione meccanica, chirurgia, endoscopia, radiologia interventistica) oltre all’eventuale somministrazione di emotrasfusioni e/o di plasma-expander.L’efficaciadiagentiemostaticigenerali,come iconcentratidicomplessoprotrombinicononattivati(PCC)69oattivati(FEIBA)èstatadimostrataalivellosperimentale,ancheseilloroutilizzonellapraticaclinica non è stato ancora validato in modo sistematico.In considerazione del basso legame con le proteine plasmatiche di dabigatran (∼35%),ladialisipuòessereutilesoprattuttoincasodiemorragiapotenzialmentefatale(associataomenoainsufficienzarenale) anche se le esperienze disponibili sono assai limitate.Seladialisinonèattuabile,puòesseresuggeritalaemoperfusione,anchesemancanodatidiefficaciaclinica per questo approccio.Infine,incasodiingestionerecentedidabigatran(<2ore),puòessereconsiderataunagastrolusiconcarbone attivato.

Dabigatran nel trattamento del TEV: focus sugli eventi avversi gastrointestinaliLostudio registrativoRE-LY,nei pazienti con fibrillazioneatriale non valvolare, hadocumentatounrischio di sanguinamenti gastrointestinali maggiori significativamente superiore nei pazienti trattaticondabigatran150mgbid,manoncon110mgbidrispettoaipazientitrattaticonwarfarin(1.85%vs.1.36%,RR1.49[95%CI1.21-1.84])eunasignificativamaggioreincidenzadisintomidispeptici,indipendentemente dal dosaggio di dabigatran utilizzato (11.8% e 11.3% nei pazienti trattatirispettivamentecondabigatran110mgbide150mgbid,vs.5.8%neipazientitrattaticonwarfarin).68Sulla scorta di questi dati, nonostante i successivi studi osservazionali di popolazione abbiano sensibilmente ridimensionato l’aumentato rischio emorragico associato al dabigatran,70-72 il farmaco è statotradizionalmenteassociatoaunminoreprofilodisicurezzaetollerabilitàgastroentericarispettosia al warfarin sia ad altri nuovi anticoagulanti orali, pur in assenza di dati di confronto diretti.Scopo di questa breve revisione è approfondire le problematiche gastrointestinali associate all’uso di dabigatran, in particolare nei soggetti con indicazione di trattamento per la prevenzione o terapia del TEV.

Eventi emorragici gastrointestinali associati a dabigatrannella terapia del tromboembolismo venosoNei2studirandomizzaticontrollatidi identicodisegno,RECOVER11eRECOVERII16 si è osservato, specificatamente per quanto riguarda gli eventi avversi, in particolar modo quelli gastrointestinali,quanto riassunto nella Tabella 5.

VANTAGGI NELLA GESTIONEDELLE COMPLICANZE

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Tabella 5. Eventi avversi gastrointestinali: confronto tra dabigatran e warfarin.*Sanguinamenti maggiori: criteri ISTH.

Neiduestudichehannovalutato l’efficaciadidabigatran150mgbidnellaprofilassisecondaria inpazienti in trattamento anticoagulante orale da almeno 3mesi per un episodio acuto di TEV, vs.controlloattivo(warfarin)perunaduratadi18mesiinpazientiadaltorischiodirecidivadiTVP/EP(RE-MEDY)ovs.placebo(RE-SONATE)perunaduratadi6mesiinpazientiaminorrischiodirecidiva,20relativamenteaglieventiavversisièosservatoquantodiseguitoriportatonellaTabella6.

Tabella 6. EventiavversigastrointestinalinelRE-MEDYenelRE-SONATE.

Sanguinamenti 80(5.6)

145(10.2)

0.54 36(5.6)

12(1.8)

2.92

maggiori

[0.41–0.71] [1.52–5.60]

o clinicamente

rilevanti

Dabigatran Warfarin HR Dabigatran Placebo HR

(n = 1430) (n = 1426) [95% CI] (n = 681) (n = 682) [95% CI]

REMEDY RE-SONATE

Sanguinamenti 20(1.6) 24(1.9) 0.82 2(0.3) 0(0) Non stimabile

maggiori

[0.45–1.48]

Sanguinamenti 5(0.4) 8(0.6) 2(0.3) 0(0)

maggiori

GE

Sanguinamenti 80(5.6)

145(10.2)

0.54 64(5.0)

102(7.9)

0.67

maggiori

[0.41–0.71] [0.56–0.81]

o clinicamente

rilevanti

Dabigatran Warfarin HR Dabigatran Warfarin HR

(n = 1274) (n = 1265) [95% CI] (n = 1279) (n = 1289) [95% CI]

RECOVER RECOVER II

Eventi 20(1.6) 24(1.9) 0.82 15(1.2%) 22(1.7) 0.69

emorragici

[0.45–1.48] [0.36–1.32]

maggiori

Qualsiasi 53(4.2) 35(2.7) 48(3.7) 33(2.6) sanguinamento

GE

Sanguinamenti 9(0.7) 5(0.4) 6(0.5) 10(0.8)

maggiori*

GE

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L’analisi di questi dati provenienti da studi registrativi suggerisce alcune considerazioni:−IlnumeroassolutoglobaledegliepisodidisanguinamentogastrointestinaleneglistudiRECOVEReRECOVERIIèmaggiore,perquantononstatisticamentesignificativo,neipazientiintrattamentocondabigatran,suggerendo,inanalogiaaquantodimostratoneglistudicondottisullafibrillazioneatriale,unprofilodisicurezzagastrointestinaledidabigatranaldosaggiodi150mgbid inferiorerispetto al warfarin. In realtà, se ci focalizziamo sugli eventi emorragici gastrointestinali maggiori, l’analisicombinatadeiduestudiRECOVERdimostracheilnumeroassolutodeglieventinelgruppotrattato con dabigatran e nel gruppo trattato con warfarin è del tutto sovrapponibile, e comunque complessivamentemoltobasso(0.6%).LamaggioreincidenzadieventiemorragicigastrointestinalimaggioriassociataadabigatranosservatanellostudioRECOVERèinfatticontrobilanciatadaunaminoreincidenzadieventiosservatanellostudioRECOVERII.Nonèfacileinterpretareledifferenzeosservate nei due studi, considerando l’identico disegno sperimentale e le identiche definizioniadottate per categorizzare gli eventi emorragici. Nell’interpretazione di questo dato, è da sottolineare lamaggiorepercentualedipazientiasiaticiinclusinellostudioRECOVERII(20%vs.3%).

−NelsettingspecificodelTEV,nonesistonoalmomentodatipubblicatidisicurezzaedefficaciadel dabigatran nel “mondo reale”. In un ampio studio retrospettivo di popolazione,70finalizzatoallavalutazione degli eventi emorragici gastrointestinali associato all’utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali, tragli8578pazientiintrattamentocondabigatranèstataidentificataunacoortedi732pazientiintrattamentocondabigatranperTEV.L’analisicorrettaperlevariabiliconfondenti(propensity score matching) ha identificato un rischio di eventi emorragici gastrointestinali non significativamentedifferentetradabigatranewarfarin(HR[95%CI]1.14[0.54-2.39]).

Eventi avversi gastrointestinali non emorragici (NB-UGI-AEs) associati a dabigatran nella terapia del tromboembolismo venosoTraglieventiavversiregistrati,ladispepsiaèl’unicosegnalatopiùfrequentementeneipazientidurantei6mesiditrattamentocondabigatrannellostudioRECOVER(39vs.9pazienti,3.1%vs.0.7%,p<0.001).AnchelostudioRECOVERIIconfermacheladispepsiaèpiùfrequentecondabigatranrispettoawarfarin(1.0%vs.0.2%),mal’incidenzadelsintomoèinferiorerispettoaquantosegnalatonelprimostudio.Anche inquestocasoèdifficilespecularesulle ragioni,perquanto la razzacaucasica,cheemergecomevariabileindipendenteassociataaNB-UGI-AEsnellostudioRE-LY,èpercentualmentemenorappresentatanelRECOVERII.L’incidenzadidispepsianonèinveceriportatanénellostudioRE-MEDY,nénelRE-SONATE.Ilsignificatoclinicodelladispepsiaèdifficiledainterpretare,inquantoinentrambiglistudièriportatalapercentualedipazientichehannointerrottolaterapiapereventiavversi,ma,adifferenzadellostudioRE-LY,nonèprecisato in chemodo ladispepsiaabbia influenzatoquestoesito.Ciononostante, dall’analisi combinata dei due studi RECOVER non emerge un rischio di interruzione della terapia significativamente maggiore per dabigatran.Infatti,nellostudioRECOVER,l’interruzionedel trattamentopereventiavversièstatapiù frequentecondabigatrancheconwarfarin (9.0%vs.6.8%,p=0.05); lasignificativitàstatisticavieneperdutaquandosianalizzanoinmodocombinatoidatideiduestudi, inquantonellostudioRECOVERII lapercentualedi interruzionedeltrattamentopereventiavversièstataidentica(7.8%)neiduegruppi.Questa osservazione suggerisce che i sintomi dispeptici non siano il principale determinante nella sospensione del trattamento.Ancorainmeritoalsignificatoclinicodelladispepsia,lostudioRE-LYhaevidenziatochel’insorgenzadi eventi avversi gastrointestinali si associava a un modesto incremento del rischio di sanguinamento gastrointestinale, sia nel gruppo trattato con dabigatran che in quello trattato con warfarin. Ciononostante, è importante sottolineare che in questo studio la percentuale di pazienti in dabigatran con NB-UGI-AEs che hanno sviluppato un sanguinamento gastrointestinale è stata relativamentebassa (6%). Questa osservazione suggerisce che i sintomi dispeptici hanno uno scarso valorepredittivo per lo sviluppo di complicanze emorragiche, in analogia a quanto già descritto in molti studi sullecomplicanzeemorragicheassociateaiFANS. Incasocontrario,cisiaspetterebbeunastretta

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associazione tra dabigatran e sanguinamenti digestivi superiori, mentre è noto che il farmaco si associa a una relativa maggiore frequenza di sanguinamenti digestivi inferiori rispetto a warfarin.28Lepercentualidipazienti condispepsia riportatenegli studiRECOVEReRECOVER II sonomoltominori rispetto allo studio RE-LY (11.3% nei 24 mesi di trattamento), nonostante dosaggi ugualidi farmaco (150mg bid). Questa discrepanza è in parte riconducibile alle differenze cliniche dellepopolazionideipazientiarruolati (inparticolare,neglistudiRECOVER l’etàmediadellapopolazioneè17annipiùgiovanee lacomorbiditàèsignificativamente inferiorerispettoallostudioRE-LY),maancheprobabilmentealledifferentidefinizioniutilizzateneglistudi(neglistudiRECOVERsonoriportaticome“dispepsia”isintomicherientravanosottoiltermine“dyspepsia”inaccordoconladefinizioneMedDRA,73mentre nel RE-LY sono stati accomunati sotto la voce “dispepsia” 4 terminiMedDra,ovvero dyspepsia, abdominal pain, abdominal pain upper, abdominal discomfort).NessunodeglistudicondottinelsettingdelTEVriportadettagliriguardoiNB-UGI-AEs.Dall’analisideidatirelativiaglistudicondottineipazienticonfibrillazioneatriale74,75 si può comunque desumere che:-l’intensitàdeisintomidispepticiriportatadaipazientiènellamaggiorpartedeicasi(>90%)digradolieve-moderato.Moltidiquestipazientinonnecessitanoditrattamentispecifici,seopportunamenterassicurati sulla causa del disturbo e motivati riguardo l’importanza del trattamento;

-l’insorgenzadeisintomidispepticièspessoall’iniziodeltrattamento(nei¾deicasientro10giorni),ma possono essere transitori;

- nellamaggioranza dei pazientimigliorano o si risolvono con l’assunzione concomitante di cibo(55%), inibitori della pompa protonica (PPI) (90%) e antagonisti dei recettori H2 (H2RA) (87%).I sintomisimil-reflusso,acido-correlati (pirosiepigastrica/retrosternalecomesintomodominante)sono infatti quelli più tipicamente associati al dabigatran. Farmaci procinetici possono essereun’alternativa di trattamento nei pazienti con sintomi dismotilici (nausea, eruttazione, digestione lenta,pesoepigastricopost-prandiale);

- l’utilizzo concomitante di PPI è sicuro. I PPI infatti riducono l’assorbimento del dabigatran dicirca il15%,maquestoridottoassorbimentonon influenza l’efficaciaclinicadel farmaco.70 Uno studioosservazionaledipopolazionecinesecondottosu5041pazientiinterapiacondabigatransuggerisceinoltrecheilconcomitanteutilizzodifarmaciantisecretivi(PPIeanti-H2)siaassociatoaunariduzionesignificativadelrischiodisanguinamentosuperioregastrointestinale.

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Dabigatran, così come gli altri NOACs, è stato accolto con favore dal mondo accademico: le linee guida europee del 2014 lo propongono come alternativa ai AVK, mentre le linee guida CHEST 2016, nel descrivere una graduatoria di preferenza, lo pongono al primo posto assieme agli altri NOACs (con l’eccezione per i pazienti con cancro), seguito dagli AVK e dalle eparine.76Diversa è stata l’accoglienza nel mondo reale, soprattutto da noi, nazione di letterati…“Chi staccatoaun tempodallepiù care abitudini edisturbatonellepiù care speranze lasciaque’farmaci [monti] per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato conoscere…”.…Unanazionedoveparevanascere il timorediperdere ilcontrollodeipazientifinoaoranutritidiwarfarin.Mailtempoègalantuomo,leniscedoloriemalumori,regalaillietofineaLucia,allontanatadalsuo Renzo, e ai NOACs, che pian piano vanno a occupare il posto che spetta loro. Il mondo reale, poi, è fatto di pazienti, persone che, nonostante la buona volontà, non sempre si trovano a proprio agio tra i rigidi percorsi degli algoritmi o tra le diverse classi delle linee guida; stentano soprattutto a soddisfare lenostrepreferenze,voltepiùacogliere lacomoditàdiunpercorsodiagnosticoodiunospecificotrattamento, che non la ragionevolezza di una scelta ponderata.Ed ecco quindi la storia di due signore, inviate dal PS nel reparto di Cardiologia di Brescia, entrambe con diagnosi di EP.Laprimasignoraha38anniedèinmoderatosovrappeso;èdisturbatadaunatoracoalgiatrafittivaoltrechedaunamoderatadispnea; la frequenzacardiacaèdi90/min, laPAè130/70mmHg, lasaturazione di O2 ènormale; l’ECGpresentaondeTdebolmentenegativenellederivazioniV1-V4,l’ecocardiogrammaènormaleeilD-dimeroèpositivo(1448ng/ml):tantobastapereseguireunaTCpolmonarechemostraun“piccolodifettodiriempimentoendoluminalesub-occludente,dariferireallapresenza di un trombo a livello della diramazione dell’arteria polmonare per il segmento apicale del lobo superiore di destra”.A questo punto, cosa avreste fatto?

• Carico di un NOAC e dimissione immediata;• carico di un NOAC e ricovero;• ricovero previo bolo di eparina non frazionata;• altro.

DalmedicoinPSvienepropostaladimissioneimmediataconsigliandounNOAC,malapazienterifiutaperchéspaventatadall’ideadiandareacasaconun’EPacuta.VienepertantoricoveratainCardiologia.Quale sarebbe stato invece il percorso ideale per la signora? Con quale test si sarebbe dovuto iniziare il percorso diagnostico?

•Valutazionedellaprobabilitàclinicadell’EP;•dosaggiodelD-dimero;•eco-colordopplervenoso;• TC polmonare ventilo/perfusoria.

LavalutazionedelloscorediWells(punteggio0)(Tabella7),magarirafforzatadaicriteriPERC(Tabella8), avrebbe descritto una probabilità clinica bassissima (Tabella 9), tale da non dover nemmenoricorrereadaltri test. Il dosaggiodirettodelD-dimero,però, ha innescato l’usuale iterdiagnosticodi conferma (o esclusione) strumentale, individuando una “piccola embolia”. Una volta ricoverata la paziente, ci si è però chiesti se avesse proprio un’EP e, nel caso, quanto meritasse tale embolia una terapia anticoagulante prolungata. Si è pertanto di nuovo interrogata la paziente che chiarisce come i sintomi,difatto,fosseropresentidaanniechegliattualifosserosolounpo’piùaccentuatirispettoai

L’ACCOGLIENZA NELLE LINEE GUIDA…E DEI PAZIENTI NEL MONDO REALE

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precedenti.Sonostaticomunqueeseguitiuneco-colordopplervenosoconrisultatonegativoeunoscreening base per un’eventuale neoplasia valutando storia clinica e obiettività della paziente, esami ematiciedecografiadellamammellabilaterale(perricercareleneoplasielegatealsesso).

Tabella 7. ScorediWells(lineeguidaESC2014).

Tabella 8. I criteri di PERC (criteri per l’esclusione dell’EP).

E ora?• Carico di un NOAC e dimissione rapida;• terapia parenterale e quindi dabigatran;•ulterioriindaginistrumentali(scintigrafiaventilo/perfusoria?);• altro.

Score di Wells Versione originale

PregressiEPoTVP

FC≥100bpm

Interventi chirurgici o immobilizzazionenelleprecedenti4settimane

Emottisi

Cancro attivo

SegniclinicidiTVP

Diagnosi alternativa meno probabile dell’EP

1.5

1.5

1.5

1

1

3

3

Probabilità clinica

Punteggioa3livelli

Basso

Intermedio

Alto

0–1

2–6

≥7

Punteggioa2livelli

EP improbabile

EP probabile

0–4

≥ 5

Età < 50 anni

FC< 100bpm

Saturazione O2 ≥95%

No emottisi

No utilizzo di anticoncezionali orali

NopregressaEPoTVP

Nogonfioreunilaterale

Notraumi/chirurgiarichiedentiospedalizzazionenellepregresse4settimane

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A questo punto si decide di far rivalutare la TC polmonare eseguita a un secondo operatore, notoriamenteilpiùesperto,che,riviste le immagini,esclude“inmodocategorico” l’EP.Lapazientechiedequindidiesseredimessa,riservandosidisottoporsipiùavantiaulterioriesamivoltiachiarirelaragionedell’aumentodelvalorediD-dimero.

IlsecondocasoriguardaunapazientericoveratainUTICperEParischioclinicointermedio-alto.Lasignoraha64anni,pesa65kgesipresentaconun’emboliaidiopatica,coinvolgenteentrambiidistrettivascolaripolmonari, esorditaconunasincope36oreprimadel ricovero.Nonhacompromissioneclinica emodinamica (PA115/80mmHg, FC110/min, saturazionediO2 88%), l’ecocardiogrammapresenta un ventricolo destro dilatato e disfunzionante e la troponina T cardiaca è 110 ng/L (99°percentile:14).Cosa avreste fatto?

• Trombolisi;• EBPM;• NOACs previo carico;•ENFendovenaemonitoraggiostretto.

Lapazientevienericoverata inUTICedèsottopostaamonitoraggioclinicoedelettrocardiografico;iniziaunaterapia infusivaconENF(ilboloerastatofatto inPS),controllandol’aPTTogni6ore.72oredopo il ricovero, lapaziente,chepresentavaunaTVP femoro-popliteaall’eco-doppler venoso,manifestaunimprovvisodeterioramentoclinico:FC140/min,PA85mmHg,gravedesaturazionediO2 e altrettanto grave dispnea.Cosa avreste fatto?

•Trombolisiininfusionedi2ore;•trombolisiinboloin15'(max50mg);•trombolisiinboloin15'seguitodall’infusionelentapergiungerealdosaggiopieno;• NOACs previo carico.

LapazientevienetrattataconrtPA(40mginbolodi15min,seguitodainfusionedeirimanenti60mg,in2htotali)conrapidobeneficoclinico,testimoniatodalrecuperoin20'deinormalivaloripressoriedallagradualeriduzionedellaFC(90/min,dopocircaun’ora).Ilventricolodestro,gravementedisfunzionanteinoccasionedelpeggioramentoclinico,dopo24hpresentaunprogressivorecuperodellafunzione,quasi del tutto normalizzata alla dimissione dall’ospedale, avvenuta in undicesima giornata.Quale terapia avreste prescritto dopo la trombolisi?

• Eparina frazionata embricata a warfarin;• un qualsiasi NOAC (previo carico, se necessario);•ENFperleprime12hsostituitapoiconEBPMe,dopo5giorni,dabigatran150mgbid;•filtrocavale.

In ossequio a quanto le linee guida raccomandano, la scelta sarebbe stata quella di embricare eparina frazionata e warfarin, data l’esclusione dei pazienti trattati con trombolisi nei trial che hanno studiato iNOACs.Sièinvecedecisodiprolungarelaterapiaconeparinafrazionataperaltre72h,iniziandoquindidabigatran150mgbideprogrammandoilfollow-upclinicoestrumentalepressol’ambulatoriodedicato ai pazienti con EP.

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Note

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