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PENSIERI Riflessioni intorno ad un’idea di buona scuola DIALOGO in Divisione Servizi Educativi PENSIERI Progetto Identità in dialogo Quaderno di lavoro a cura dei Responsabili Pedagogici ANNO 2010

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PENSIERIRiflessioni intorno ad un’idea di buona scuola

DIALOGOin

Divisione Servizi Educativi

PENSIERI

Progetto Identità in dialogoQuaderno di lavoro a cura dei Responsabili Pedagogici

ANNO 2010

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Premessa.......................................................................................................................pag.Cenni storici.................................................................................................................pag.Contenuti della ricerca..............................................................................................pag.Perché ri - pensare?..................................................................................................pag.Fare i conti con l’incertezza...................................................................................pag.La complessità, la bellezza ed il valore del reale............................................pag.Rapporto tra la conoscenza e la didattica........................................................pag.Il valore della domanda.........................................................................................pag.La responsabilità della qualità del processo di conoscenza:la condivisione di significati..................................................................................pag.Ri - pensare il noto.................................................................................................pag.La costruzione dei contesti....................................................................................pag.La cultura dei luoghi.................................................................................................pag.La cultura della quotidianità...................................................................................pag.Sapere e saperi..........................................................................................................pag.La cultura degli eventi...............................................................................................pag.Il sapere pedagogico................................................................................................pag.La scuola come comunità educante e la famiglia...........................................pag.Il coordinamento pedagogico...............................................................................pag.Come ri - pensare?..................................................................................................pag.Le domande generative..........................................................................................pag.Dialoghi e discussioni.............................................................................................pag.Il piccolo gruppo.......................................................................................................pag.Molteplicità degli sguardi........................................................................................pag.La cultura della progettazione.............................................................................pag.La documentazione: un processo, un racconto, un evento?.....................pag.Questioni aperte e prospettive..............................................................................pag.Bibliografia....................................................................................................................pag.Allegatin. 1 Protocollo d’intesa tra il Comune di Reggio Emiliae il Comune di Torino (1998)...................................................................pag.n. 2 Una formazione agita...........................................................................pag.

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“LA MOLE ANTONELLIANA”

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Premessa

Le riflessioni raccolte nel presente lavoro, composto a più mani, originanoessenzialmente dalla domanda “quale idea di buona scuola?”, che costituiscel’inizio, l’accompagnamento, l’esito e la prosecuzione delle stesse.Tale domanda, complessa per una risposta esauriente e definitiva, improntale esperienze realizzate nelle Scuole dell’Infanzia della Città di Torinoaderenti al progetto Identità in dialogo.L’idea di scuola risente di molti riferimenti in relazione ai percorsi di formazionedi insegnanti e di pedagogisti, in relazione alle esperienze e alla culturamaturata nel contesto; riferimenti che vanno riconosciuti e ripensatiper trovare insieme possibili, sempre provvisorie, risposte condivise.Le teorie dell’apprendimento ci portano un’idea di conoscenza che si fondasu processi di elaborazione e di co-costruzione che si avvalgono sia dellerisorse personali, in relazione a stili di pensiero, motivazioni e attitudini, siadelle risorse delle intersoggettività presenti nei gruppi.Dal punto di vista antropologico, la cultura d’appartenenza di ciascuno èancorata alla dimensione storica ed è oggi chiamata a confrontarsi con unapluralità di culture attraverso processi di mediazione e negoziazione.Tradizioni, abitudini e consuetudini determinano un’identità ed ancheun’economia di tempo e risorse, vanno però attualizzate per risponderemeglio alle esigenze dell’esistenza contemporanea, a partire dalla vitadella scuola.Dal punto di vista sociale, affettivo ed etico risulta importante, in particolare,educare alla capacità di costruire legami duraturi, di condividere progetti edifficoltà, di individuare istanze valoriali da riconoscere, vivere e tutelare.La sensibilità estetica, critica e la libertà di pensiero sono da considerarsiqualità trasversali quando si pensa e si decide, quando si ama e ci si esprime;esse non sono in contrasto con la responsabilità, anzi ne rappresentanol’espressione massima in quanto la padronanza di tecniche, di processidi ricerca, l’indipendenza da opinioni, interessi di parte e manipolazionifavoriscono il raggiungimento di risultati apprezzabili in termini speculativied estetici, pertanto efficaci nell’agire quotidiano.I riferimenti culturali citati sono all’origine dell’idea di buona scuola che si ètradotta in progetti aventi come focus dell’esperienza scolastica: il ripensareun luogo e un contesto (ingresso...), la rimessa in discussione di alcune scelte(i criteri per la formazione delle sezioni...), il trovare la relazione con gli eventidella città (le Olimpiadi Invernali 2006...), il ridefinire la quotidianità e alcuneabitudini (il pranzo, il grembiule…), il riflettere su concetti (la cittadinanza,la partecipazione...).

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Tali progetti hanno permesso ai bambini l’esplorazione di conoscenze, ragioni,processi ed azioni attraverso molteplici linguaggi e hanno portato gli adultia verificare e modificare le scelte in ordine alla progettazione, all’organizzazionee alla prassi quotidiana; sia gli uni che gli altri sono stati protagonistiattivi, entusiasti e curiosi di percorsi conoscitivi, espressivi e pratici, nonriconoscendosi entrambi nella posizione di conservare, difendere o recepire,senza vaglio critico, schemi interpretativi o soluzioni organizzative deciseda altri.L’ idea di buona scuola, oggetto della ricerca, implica anche una riflessioneintorno all’ idea di bambino e di adulto buon educatore, a prescindere dalruolo rivestito nell’esperienza scolastica: genitore, insegnante, responsabilepedagogico, economa, cuoco, assistente.Si tratta di idee oggetto anch’esse di ricerca permanente in quanto non solointerdipendenti ma con una valenza di grande reciprocità.Il riconoscimento dell’imprescindibilità di una ricerca permanente relativaall’idea di buona scuola ha trovato un supporto istituzionale, non l’unico, nelProtocollo d’intesa del novembre 1998 (allegato n.1) tra il Comune di ReggioEmilia ed il Comune di Torino per favorire una collaborazione in ambitoeducativo e per lo sviluppo di una cultura dell’infanzia 0/6 anni. Tale protocolloha ufficializzato il “potenziamento delle attività di ricerca e di sperimentazionein campo educativo” e l’avvio del progetto denominato Identità in dialogoche prevede momenti di formazione rivolti ai responsabili pedagogici e alleinsegnanti delle scuole dell’infanzia; una formazione in cui il sapere e il saperfare sono in stretta connessione con l’idea di una progettazione partecipatache muove dalle idee dei bambini e vede quali protagonisti anche i genitori.Il Protocollo d’intesa era stato preceduto, nel 1996, dalla mostra “I centolinguaggi dei bambini” delle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia che avevaevidenziato lo stretto rapporto tra progetto, esplorazione di un’idea attraversomolteplici linguaggi espressivi, risultato dell’esplorazione che rimandavaad un nuovo progetto.Dopo varie collaborazioni degli anni 1998/2002 con alcuni laboratori,nidi e scuole dell’infanzia, con l’arrivo del nuovo Dirigente PedagogicoQuinto Borghi, sono state organizzate nel marzo 2003 due Giornate di studioa Reggio Emilia intorno all’esperienza educativa dei servizi della città,che hanno visto la partecipazione di un numeroso gruppo di noi, ResponsabiliPedagogici di Torino.In quel contesto è emersa soprattutto la nostra esigenza di uscire dallasolitudine della Direzione Didattica per attivare un’esperienza di confrontoe scambio tra pedagogisti.

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Abbiamo quindi ipotizzato, a partire dall’esteso patrimonio di esperienze,riflessioni teoriche e tradizioni didattiche delle scuole torinesi, di procederead una loro metalettura, attivando una rielaborazione e promuovendo alcontempo nuove progettazioni.Si è costituito pertanto un gruppo di ricerca con alcuni dei ResponsabiliPedagogici che hanno coinvolto insegnanti delle scuole dell’infanzia e unlaboratorio, con differenziazione di durata e modalità d’impegno, poichéalcuni Responsabili per motivazioni diverse hanno interrotto l’esperienza.Per contro, a partire da gennaio 2008 la ricerca e la riflessione ha coinvoltonuovi responsabili pedagogici e insegnanti nell’ambito della progettazione2007/2008 “Verso una quotidianità pensata. Torino 2008 World DesignCapital”.Diversi sono stati gli ambiti oggetto di riflessione e ricerca, affrontatinel periodo settembre 2003 - giugno 2008, come si evince dal prospettoallegato “Una formazione agita” (allegato n. 2).Tra i protagonisti della ricerca relativa all’idea di buona scuola, vi sono statele pedagogiste Elena Giacopini, Paola Cavazzoni, Daniela Lanzi el’insegnante Marina Mori di Reggio Emilia che hanno rappresentatoReggio Children (Centro internazionale per la difesa e la promozionedei diritti e delle potenzialità dei bambini e delle bambine), dando uncontributo costante sia in incontri periodici che a distanza.La scelta di lavoro iniziale si è orientata verso due scuole osservatorio,strada Mongreno e via Reiss Romoli, quale condizione fondamentale peranalizzare l’esistente, interpretarlo e rilanciare verso nuovi percorsi formativied autoformativi. Vedere la scuola, parlare di ciò che si constata, chiedersiil perché, de-costruire per costruire qualcosa di più vicino ai valori dichiaratiè la grande potenzialità di un processo autoformativo sempre possibile ma,senz’altro, più praticabile collegialmente che individualmente.

1 Valeria Anfossi, Milva Capoia, Antonella Cattaneo, Patrizia Corso, Antonio Fazio, DanielaGhidini, Rinaldo Orsolani, Maria Antonietta Nunnari, Anna Pellegrino, Daniela Prato, Maria LuisaPuccini, Enrica Rastello, Marina Roncaglio, Nicoletta Vigliani.2 Via Ala di Stura, via Ancina, via Bertola, via Cambiano, via Coppino, via Fattori,via Germonio, via Medici, via Mercadante, strada Mongreno, via Moretta, via Paisiello,via Plana, via Reiss Romoli, via Reni, via Scotellaro, via Sospello, via Varallo, via Verbene.3 Laboratorio musicale “Il trillo”.4 Maria Gabriella Celentano, Claudia Regio, Ugo Segalini, Gabriella Trombetta e le scuoledell’infanzia via Reni, via Monastir e via Sansovino.

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L’adulto è di grande aiuto per losviluppo intellettuale del bambino,se sa osservare,se sa ascoltaree dare rispostesenza pretendere che il bambinovi si adeguie, soprattutto, se sa fare domandeche stimolino nel bambinoriflessioni,confronti,collegamenti,non correggendo le risposte “sbagliate”ma provocando ulteriori riflessionicon altre domande.

Walter Ferrarotti

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Cenni storici sulle linee pedagogiche della Città di Torino

La cultura pedagogica nelle scuole dell’infanzia municipali torinesi ha avuto unnotevole peso per le continue riflessioni di cui è stata oggetto, sostenute daalcune personalità di rilievo quali R. Dal Piaz, G. Sacchetti e W. Ferrarotti, percitare coloro che, a partire dagli anni Cinquanta, se ne sono occupati più alungo. Le tradizioni di impronta agazziana e, in parte, montessoriana, si sononel corso degli anni confrontate con le istanze della scuola attiva, con le correntidel pensiero americano ispirate al pragmatismo e della psicologia scientificaeuropea e sono diventati oggetto di analisi, provee revisioni i modelli di progettazione educativa e di programmazione didattica,oltre alla metodologia da privilegiare e da seguire.Contributi alla definizione delle linee pedagogiche delle scuole torinesi sonoda individuare, in ambito locale, nel pensiero di F. De Bartolomeis che hapromosso, in particolare, il metodo della ricerca nel contesto della didattica,inteso come esperienza guidata nell’arco dell’intero processo formativo, a partiredalla scuola dell’infanzia.Tale metodo promuove l’antipedagogia perché procedendo per soluzione diproblemi favorisce una consapevole iniziativa culturale di cui sono

artefici i bambini e gli adulti, e non esclusivamente o gli uni o gli altri.Nel 1972 F. De Bartolomeis ha dato vita ad un sistema di laboratori

che ha contribuito a definire esperienze analoghe nelle scuoletorinesi, pur con adattamenti e modificazioni didattiche.

Le esperienze e le riflessioni pedagogichedi movimenti quali i l Movimento di

Cooperazione Educativa (MCE), i Centrid i Eserc i taz ione a i Metodi

dell’Educazione Attiva (CEMEA)e il Comitato Italiano Gioco

Infantile (CIGI), e di cultoridell’infanzia quali G.

Rodari, L. Malaguzzi,M. Lodi, D. Dolcie Don Milani hannocontr ibui to ado r i e n t a r el’attenzione aduna varietà dicontributi al finede l l a r i ce rcapermanente dimodelli.

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Tra i modelli di progettazione e diprogrammazione vi sono state leattività differenziate per ambitieducativi secondo gli Orientamentidell’attività educativa della scuolamaterna (1 giugno 1958) e gliOrientamenti dell’attività educativanelle scuole materne statali (10settembre 1969), la vicenda organico-unitaria, l’argomento, i laboratori, leattività per obiettivi e per soluzione diproblemi, e l’avventura robinsoniana.Per quanto riguarda i programmi, inparticolare, le scuole dell’infanziatorinesi hanno tenuto presente perdiversi anni il Quadro di riferimentoper la programmazione educativa nellascuola dell’infanzia, approvato condelibera del 28/06/1988 e di cui èstata avviata una revisione una decinadi anni dopo.

Il riconoscimento della scuoladell’infanzia comunale quale scuolaparitaria nel corso dell’anno Duemilaha orientato alla conoscenza deiprogrammi ministeriali, i NuoviOrientamenti dell’attività educativanella scuola materna statale del03/06/1991, le Indicazioni nazionalidel la scuola del l ’ infanzia del19/02/2004 e le Nuove indicazioninazionali per il curricolo del 31/07/2007.Dal punto di vista più strettamentemetodologico, in quegli anni, sipossono annoverare le conversazioni,l ’esp loraz ione del l ’ambiente ,i soggiorni, le scoperte della culturastorica, artistica e urbana di Torino,i diversi percorsi laboratoriali dimusica, lettura, teatro, psicomotricità,acquaticità, comunicazione verbale,i molteplici approcci all’educazionedei bambini diversamente abili.

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Contenuti della ricerca

Le riflessioni sull’idea di buona scuola maturate all’interno del progetto Identitàin dialogo negli anni 2003/2009 vengono presentate come un’esperienzadi esplorazione di fatti e contenuti mediante interrogativi volti da un latoa verificare i significati acquisiti e dall’altro a muovere la ricerca di nuoverisposte sia teoriche che operative.I tre principali interrogativi, Perché ri-pensare? Che cosa ri-pensare? Comeri-pensare?, definiscono la struttura del presente lavoro e ne comprendonoaltri, a volte espressi e a volte impliciti, che hanno accompagnato le esperienzecon i bambini e fra gli adulti.Tali domande vengono tenute distinte per poter facilitare l’esposizione dellemoltissime suggestioni che hanno accompagnato il lavoro di ricerca deiresponsabili pedagogici, delle insegnanti e dei bambini; in realtà nelleesperienze progettate e vissute risultano fortemente intrecciate. In particolareche cosa e come ri- pensare sono questioni che si influenzano e arricchisconoreciprocamente, costituendo un processo unitario nella costruzione di ideeprovvisorie sul mondo.

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Oggi si può partire soltantonel l ’ incer tezza, compresal’incertezza sul dubbio.

Edgar Morin

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Perché ri - pensare?

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Fare i conti con l’incertezza

Come esseri umani abbiamo un forte bisogno di certezze, e in conseguenzadi questo bisogno tentiamo di raggiungere la verità. Tale ambizione si scontraspesso con le difficoltà del reale, creando in ciascuno di noi un senso didisorientamento. Quest’ultimo pensiamo possa essere fronteggiatoriconoscendo che il rapporto col mondo è caratterizzato inevitabilmente dauna quota di provvisorietà, che tuttavia non va percepita come precarietà.Se supponessimo che l’educazione consista nella trasmissione della verità,ci troveremmo di fronte al duplice compito di accumulare certezze e ditrovare il modo migliore di consegnarle ai bambini. Ma educare alla certezzarischia di condurre a forme di “dittatura culturale”. Ciò che dovremmo fareè piuttosto educare all’incertezza, cioè al dubbio, al provvisorio, all’ipotesi.Il mondo ha un senso appena emergente, che noi siamo tenuti a cercare,sapendo che ciascuna domanda che possiamo porre ha solitamente più diuna risposta, e non è detto che una sola di esse sia quella giusta. Lamoltiplicazione dei punti di vista non deve scoraggiarci, ma suggerirci unmodo diverso di affrontare le cose.

La complessità, la bellezza ed il valore del reale

La cultura in cui i bambini e gli adulti sono immersi costituisce un’interpretazioneinterlocutoria di tradizioni, consuetudini, scelte politiche ed amministrative,che devono considerarsi propulsive e fondative. In particolare si prende attonon solo dello sconfinato patrimonio di conoscenze ma anche della continuaricerca del metodo per acquisirle. E. Morin afferma che ogni conoscenzacomporta necessariamente: a) una competenza (capacità di produrreconoscenza); b) un’attività cognitiva (cognizione) effettuata in funzionedi questa competenza; c) un sapere (risultante da queste attività).Le competenze e le attività cognitive umane richiedono un apparato cognitivo,il cervello, che è una formidabile macchina bio-psico-chimica e il cervelloa sua volta richiede l’esistenza biologica di un individuo; le capacità cognitiveumane possono realizzarsi solo in seno a una cultura che ha prodotto,conservato, trasmesso un linguaggio, una logica, un capitale di saperi,di criteri di verità.E’ in questo quadro che la mente umana elabora e organizza la sua conoscenzautilizzando i mezzi culturali di cui essa dispone. Infine, in tutta la storia umana,l’attività cognitiva si è trovata ad interagire, in modo complementarema anche antagonistico, con l’etica, il mito, la religione, la politica e il potereha spesso controllato il sapere per controllare il potere del sapere.Così ogni evento cognitivo richiede la congiunzione di processi energetici,elettrici, chimici, fisiologici, cerebrali, esistenziali, psicologici, culturali,linguistici, logici, individuali, collettivi, personali, trans-personali e impersonali,ingranantisi gli uni negli altri.

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La conoscenza è quindi proprio un fenomeno multidimensionale, nel sensoche essa è, inseparabilmente, fisica, biologica, cerebrale, mentale, psicologica,culturale, sociale (Cfr: E.Morin, La conoscenza della conoscenza).La realtà che circonda e, nel contempo, della quale sono partecipi i bambinied i suoi educatori è indubbiamente estesa nel tempo e nello spazio ecomplessa, ma esercita un fascino ed un’attrattiva che non possono nonindurre a penetrarvi con passione e con piacere. Si scopre, inoltre, checonoscenze, informazioni, abitudini, regole, fatti, hanno una molteplicità,non sempre esente da ambiguità, di valenze, di carattere sociale, etico,affettivo, civile e politico, che comportano l’esercizio dell’attenzione vigile edella responsabilità distribuita ma non delegata ed espropriata di sostenereil bambino, fin da piccolo, nel pensiero critico, creativo e che si fà caricodelle difficoltà esistenziali e delle istanze valoriali.

Rapporto tra la conoscenza e la didattica

Considerare la realtà complessa, bella e con innumerevoli valenze, nonsempre condivisibili, significa riconoscere le limitate e non definitive conoscenzeche l’hanno come oggetto, valutare quali siano le modalità più adatte albambino per impadronirsene in modo critico e attivo ed effettuare, in quantoadulti, scelte coerenti.Se il pensiero pedagogico indaga sul senso dell’educazione e della scuolae si confronta costantemente con le evoluzioni scientifiche e le vicendestoriche, coloro che educano i bambini si interrogano su come avvicinarlialla cultura nelle sue differenziazioni, a partire dalle loro modalità spontaneedi “azione” sul mondo e dall’esigenza di aiutarli ad utilizzare competenze ecapacità consone alla loro età, ma anche fondanti saperi successivi e nuovi.Nella scuola dell’infanzia non manca un patrimonio didattico che tocca tuttii vari campi di esperienza; tuttavia sentiamo il desiderio di rifletteremaggiormente su come si possa riuscire a far dialogare saperi formali edinformali e a connettere saperi diversi, riconoscendone comunque le specificità.Si tratta, infatti, di questioni ancora aperte anche all’interno della ricercapsico-pedagogica.Le ricerche psicopedagogiche di alcuni autori di riferimento, in particolarequelle di L.S. Vigotskij, J. Dewey, J. Piaget, G. Bateson, J.S. Bruner, H. Gardner,D. Goleman, U. Bronfenbrenner, fino ai più recenti contributi delle neuroscienze,hanno posto in rilievo, pur con differenti matrici culturali e lavori sperimentali,alcune considerazioni che influiscono sull’idea di come si forma la conoscenza,a partire dai primi anni di vita.Nel procedere della ricerca, in molte occasioni abbiamo riflettuto su comela conoscenza possa avvenire non tanto con un’esclusiva attività individualema in contesti di interazione e in situazioni relazionali. La conoscenza, infatti,non è l’esito di una semplice recezione, bensì una costruzione che investetutti gli aspetti della personalità e che avviene nel confronto con altri ed incontesti di esperienza, almeno in parte predisposti ed organizzati, a partireda quello che ciascuno sa, sa fare e sa esprimere.

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La scelta dei processi, dei contenuti e l’attenzione alla “zona prossimale disviluppo” favorisce la continua evoluzione delle conoscenze e delle capacitàcognitive e metacognitive. Inoltre più il bambino è piccolo e più le dimensionidella personalità agiscono insieme per cui il pensiero, l’azione e l’emozionenon sono distinte, così come i saperi che formano la cultura non sonoseparati né separabili.La scuola è dunque un contesto sociale in cui occorre far emergere leconoscenze che i bambini possiedono e dar significato ai cambiamenticoncettuali che sopravvengono, utilizzando il contesto naturale dellacomunicazione come situazione ecologica per favorire lo sviluppo.Il modello socio-costruttivista va oltre sia all’opzione innatista, per cui tuttodipende dalla configurazione biologica, sia a quella empiristica, per cui laconoscenza è un semplice riflesso della realtà oggettiva, arricchendo ilcostruttivismo con una prospettiva interazionista: la negoziazione con glialtri è lo strumento indispensabile per la costruzione di un comune mondodi significati. L’istanza della comunicazione sociale e del lavoro di gruppo

diviene, in quest’ottica, unpo tenz i a l e educ a t i vofondamentale.Le esperienze affrontatenell’ambito del progettoIdentità in dialogo hannocercato di sollecitare ibambini ad esplorare le loroidee, a formulare ipotesi e atrovare soluzioni sia sul pianoastratto che sul pianoespressivo e pratico. In taliesperienze alcune costantisono state la discussionecome palestra di pensiero edi pensieri, il dialogo trainsegnanti e pedagogisti percondividere la tracciaprogettuale delle domandee possibili prefigurazioni, perdefinire e ridefinire ladirezione del lavoro, larestituzione ai genitori delleidee, parole e scoperte deibambini al fine di riflettere suquestioni pedagogiche,metodologiche e culturali.

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Il valore della domanda

Pone la domanda in modo autentico solo chi ha presagitola dimensione ancora inesplorata della realtàe si rende conto che resta sottratta alla sua conoscenza.Hans Georg Gadamer

Le molteplici esperienze effettuate nelle scuole ed utili a suscitare interrogativiai fini di un’idea di buona scuola vengono citate a partire dalla convinzioneche l’esperienza abbia valenza epistemologica, euristica ed ermeneutica perpiccoli e grandi, a partire dal riconoscimento del primato della domanda.Il bambino, nel corso della sua crescita, trova, infatti, una cultura complessaed estesa elaborata da altri; da un lato tale cultura deve ancora esploraremoltissimi aspetti della realtà e, dall’altro, l’intelligenza infantile ricerca significati,collegamenti, ipotesi, e, molto spesso, non si sente appagata dalle rispostetrovate. La riflessione sulle modalità per pervenire alla conoscenza, in moltericerche recenti, ha offerto stimoli singolari al processo educativo. Quandol’accento si sposta dall’assimilazione della nozione all’interpretazione non èpiù la chiarezza dell’esposizione che risolve, ma la curiosità e l’interesse peril problema. All’origine del pensare, la domanda emerge, con particolareevidenza, come prevalente rispetto all’opinione: essa, infatti, incrina l’ovvietàe lascia intravedere uno spazio non ancora esplorato, evidenzia il marginedi oscurità e perciò induce il riconoscimento dell’incompletezza edell’inadeguatezza della nostra conoscenza. Con la domanda si vuole ricercareun significato, andare al cuore del problema: le domande portano ad aprireuna nuova comprensione.Secondo K. R. Popper in particolare, la conoscenza inizia dai problemi,dalla ricerca della soluzione dei problemi. E per risolvere i problemi occorronoidee nuove e buone, distinguendo tra il contesto della scoperta ed ilcontesto della giustificazione. Una cosa è il processo o la genesi delle ideee delle teorie, un’altra cosa, ben diversa, è la loro prova: le nuove teoriedella conoscenza ci dicono che non esiste una scienza “esatta”, un sapereinconfutabile.Interrogarsi per capire come individuare domande pertinenti e generativeè una responsabilità irrinunciabile dell’adulto affinché la ricerca, la conoscenza,l’apprendimento dei bambini possa avanzare.Come il bambino è impegnato nella co-costruzione delle conoscenze,gli adulti non sono esenti da questo processo: sono cioè coinvoltinell’ampliamento e nell’approfondimento delle conoscenze che possiedono,nonché nella loro revisione.L’adulto, infatti, ha il compito di scegliere bene le domande, proprio perchéquesto aiuta a rivelare il lato nascosto della realtà, ma anche i bambini sannoporre domande acute e funzionali ad esplorazioni e indagini. L’insegnantepuò facilitare l’apprendimento con domande e prefigurazioni, mediando,provocando e rilanciando, facendo scorgere nuovi significati nelle parole,nei contesti, negli eventi e nei fatti che connotano le esperienze ed aiutandocosì i bambini ad esplorarli ed esplicitarli.

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La valenza epistemologica dell’esperienza formativa è quindi connessa adun rapporto attivo con la conoscenza; i concetti, i giudizi e i ragionamentinon sono immodificabili ed il bambino, in particolare, se ne appropriaattraverso modalità operatorie, esplorative e di indagine in contesti quotidianicaratterizzati da scelte intenzionali dell’adulto.Pensiamo, ad esempio, al numero dei bambini componenti il piccolo gruppo,agli strumenti, ai materiali ed alle esperienze che si propongono e sostengono.

La responsabilità della qualità del processo di conoscenza:la condivisione di significati

Le esperienze di ricerca e di riflessione che hanno visto partecipi i bambini,le insegnanti, i responsabili e le famiglie nel progetto di Identità in dialogo,hanno evidenziato la necessità di cambiamento, sicuramente nelle modalitàdi insegnamento/apprendimento, ma anche nelle scelte istituzionali la cuiapplicazione non risulti rispondente all’idea di bambino e di scuola in corsodi ridefinizione.E’ risultato, infatti, uno stretto legame tra le scelte educativo-didattiche delleinsegnanti e del coordinamento pedagogico e le scelte amministrative quali,ad esempio, quelle economali.L’uso del bicchiere di plastica, per evitare che un’eventuale sua rotturadetermini delle ferite al bambino, e del bavaglino per i bambini di tutte leetà, compresi quelli che hanno raggiunto già molte autonomie, ad esempio,pone degli interrogativi relativi a come si rispetta il bambino in quanto personache cresce, costruisce competenze e si modifica.Le scelte educativo-didattiche, inoltre, pongono la questione dei ruoli e dellefunzioni di tutto il personale che opera nella scuola dell’infanzia, rimandandoalla regolamentazione politico-amministrativa e alle risorse di cui puòdisporre l’ente gestore.

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Variabili quali le figure professionali previste, gli orari del personale, le modalitàgestionali ed amministrative, i modelli architettonici di costruzione,manutenzione e messa a norma degli edifici scolastici rivestono significatidi grande rilevanza, anche pedagogica, che nella quotidianità influisconosull’idea di bambino e di scuola con possibili condizionamenti assaidifferenziati rispetto a tali idee.Le strategie di progettazione e pianificazione sono un’altra variabile con cuiconfrontarsi, in quanto implicano l’attuazione di curricoli che possono attivareprocessi di co-costruzione del sapere o, viceversa, di ricezione pocopartecipata di concetti, regole, organizzazione delle conoscenze già definitaconvenzionalmente.Programmi e normative amministrative non possono non essere confrontaticon il personale docente e non docente e con le famiglie per condividereil pensiero pedagogico implicito ed esplicito nelle pratiche e nelle riflessionisugli esiti delle stesse, per direzionarsi verso scelte e significati condivisi ecoerenti con l’idea di valorizzazione del pensiero critico, creativo e sensibileai valori sociali, etici ed estetici.Il pensiero critico, che va oltre i pregiudizi, è sensibile al contesto e siautocorregge; non dà valore solo alle risposte in quanto tali, ma favoriscela loro messa in discussione.Il pensiero creativo si muove nel continuo rinnovamento di se stesso,attivando il pensiero originale, formando pensieri indipendenti e rinnovandovalori nella contemporaneità.Il pensiero affettivo consente di prendersi cura delle persone, in particolareattraverso un’attribuzione valoriale intrisa di empatia, di compartecipazionee di condivisione.Queste diverse accezioni di pensiero non sono separabili, ma profondamenteintrecciate nel tradursi in azione, dando un senso e un valore al mondo.

“Questo è un bicchiere con i muscoli, solo i grandi bevono lì dentro”Mattia anni 3,8

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“Delle volte scegliere non è sempre utile,si può trasformare in guai…”

Lorenzo anni 5,4

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Paolo Crepet

Tempo fa un sindaco della Romagna midisse che i bambini della sua cittàportavano il grembiulino per due motivi,uno peggiore dell’altro: perché con ilgrembiule tutti i bambini sono uguali eperché non si sporcano.Il bello è non essere uguali, abbiamoimpiegato migliaia di anni per esserediversi! Sono i bambini tutti uguali?No, non lo sono comunque, anche conil grembiulino, perché sbucano fuori dellescarpette da ginnastica che uguali nonsono, dicono di famiglie diverse, di modidi vivere diversi, di punti di vista diversi.Il bello è la differenza, l’essere se stessi,crescere… - Sii te stesso assomiglia a -Sii libero, non certo a - Sii come gli altri.Il secondo motivo: con il grembiule nonsi sporcano.Una buona scuola è quella dove entrail bambino pulito ed esce sporco; vuoldire che è successo qualcosa diinteressante…

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Elemento propulsivo che ci ha motivato e sostenuto in questa ricerca-azioneè la volontà di rileggere in modo inedito ciò che già c’è nell’esperienzaeducativa: un processo epistemologico che coinvolge adulti e bambini.Si proviene da una cultura appresa a scuola fondata sull’idea che ci sianodei saperi ufficiali, strutturati e riconoscibili a cui ricondurre le conoscenzedegli adulti e dei bambini. Tale formazione scolastica, tuttavia, non esauriscené il sapere certo né quello incerto, non tiene conto della complessità edella ricerca che è sempre in atto in tutti gli ambiti.Occorre quindi uno spostamento culturale dal certo all’incerto, in quanto laconoscenza è una possibilità nei confronti del reale, le cui cifre interpretativenecessitano di ridefinizione e risistemazione continue.Il progetto Identità in dialogo ha affrontato di conseguenza temi di indagineappartenenti sia alla quotidianità sia alla straordinarietà della vita a scuolaed oltre la scuola, cercando più spunti e punti di vista, attraverso molteplicisguardi e linguaggi.

La costruzione dei contesti

“Le rivoluzioni che riescono sono quelleche cominciano dalle piccole cosequotidiane e indispensabili”Andrea Branzi, architetto

Come in un’opera d’arte o in un fatto o in una situazione ogni particolare edogni variabile acquisisce significato e allo stesso tempo lo attribuisce,in relazione all’insieme, così in una comunità educante i valori fondanti,le scelte organizzative e gestionali, le esperienze, concorrono alla definizionedi contesti che si confrontano con la complessità. Difatti, come ci dice EdgarMorin: "C'è complessità quando sono inseparabili le differenti componentiche costituiscono un tutto [...] e quando c'è un tessuto interdipendente,interattivo e inter-retroattivo fra le parti e il tutto e fra il tutto e le parti".Il progetto Identità in dialogo ha cercato di ridefinire la complessità deicontesti in ambito educativo, sollecitando processi di cambiamento all’internodi una progettualità che esplora le dimensioni estetiche, emotive, cognitivee sociali, ovvero la cultura stessa dell’infanzia.

Ri - pensare il noto

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La cultura dei luoghi

“Progetto vuol dire che inventi una cosa,te la pensi, la scrivi su un foglio,la disegni e poi … la progetto.Prima ci dobbiamo pensare”Elena anni 5,1

Per metterci alla prova nella progettazione di un percorso di ricerca checoinvolgesse tutti i soggetti della scuola si è scelto, quale prima esperienzadel progetto Identità in dialogo, di indagare le idee su ruolo e funzioni dellospazio di ingresso ed accoglienza. Il lavoro aveva lo scopo di approfondirei molteplici significati dello spazio scolastico, di cui conosciamo le fortiimplicazioni pedagogiche.L’organizzazione degli spazi interni ed esterni, le scelte in ordine ad arredo,colori e suoni, dipendono non solo dalla tipologia dell’edificio ma anche daun modello interpretativo dell’esistenza del bambino e della sua educazione,della scuola e del rapporto tra insegnamento ed apprendimento. L’ingressocostituisce la carta d’identità della struttura stessa, che introduce agli spazieducativi ma al contempo è esso stesso luogo educativo, di accoglienza edi conoscenza; un confine metaforico nel quale si realizza per il bambino ilpassaggio da esperienze familiari a esperienze sociali e per l’adulto la rispostaa molti interrogativi e aspettative in ordine al clima di ben-essere atteso ealla qualità offerta.La nostra esperienza ci segnalava invece una certa disattenzione nei confrontidi questo spazio, più spesso inteso come semplice luogo di transito, quindipoco “pensato” dal punto di vista educativo e talvolta sottoutilizzato, in quantolontano dagli ambienti in cui si trascorre la giornata.La ricerca, affrontata in ottica progettuale, ha impegnato il personale di ottoscuole dell’infanzia, analizzando e interpretando le riflessioni, le osservazionie le discussioni dei bambini e degli adulti, e ha portato dei cambiamenti pergarantire all’atrio della propria scuola alcuni dei significati emersi e dellefunzioni individuate. Le parole di coloro che abitano l’atrio ci hanno aiutatoa far emergere quello che la quotidianità può rendere poco visibile, compresoil desiderio di essere accolti in un ambiente flessibile, ricco di stimoli,polisensorialità e occasioni esplorative.La ricerca sulla valenza educativa dell’atrio è stata in tal modo il prototipodi una ricerca che deve interessare in modo permanente lo spazio dellascuola nella sua interezza, nell’organizzazione e nella gestione, come unodegli interlocutori di cui tener conto per definire gli obiettivi ed il contenutodel progetto educativo.

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La cultura della quotidianità

Quando siamo a tavolaparliamo di qualcosa che ride...certe volte parliamo di cose serie,segreti di amici.Ilaria anni 4,8

Nel percorso di formazione e ricerca siamo spesso tornati, in forme diverse,a confrontarci con questioni legate alle scelte organizzative e pedagogicheche nel quotidiano caratterizzano la scuola, coinvolgendo prioritariamentebambini e insegnanti, ma estendendo la riflessione anche ad altri interlocutori.Tra le tante, ci pare utile riportarne qui alcune, che riguardano da un latol’organizzazione della sezione e dall’altro un momento di vita quotidiana,qual è il pranzo, e che ci hanno sollecitato a ripensare quale coerenza c’ètra l’idea di bambino dichiarata e le scelte del sistema educativo.Rispetto al primo argomento, una questione su cui ci siamo interrogatiha riguardato l’organizzazione delle sezioni per età: nelle scuole dell’infanziadi Torino la maggior parte delle sezioni sono costituite da bambini appartenentialle tre età. Tale scelta, comune a molte scuole dell’infanzia italiane, è sostenutadalla considerazione data all’apprendimento per imitazione dei bambinipiù grandi da parte dei più piccoli e delle competenze sociali da consolidarenei primi, quali l’essere responsabili dei compagni in inserimento, aiutandolianche nell’acquisizione di regole, abitudini ed abilità, soprattutto nellagestione delle necessità di vita pratica.Se si sposta l’attenzione su altri aspetti dell’apprendimento si coglie che ilcriterio dell’età omogenea nella formazione delle sezioni assume un rilievopedagogico importante. Progettare in sezioni di età omogenea, infatti, favoriscela co-costruzione della conoscenza mediante il confronto tra pari, la creazionedi contesti più mirati rispetto alle competenze proprie dell’età in ordine adarredi, materiali, organizzazione di spazi e tempi, le modalità di ricercaattraverso il piccolo gruppo. Sono in corso, infatti, esperienze con sezioniomogenee per età (sedici scuole dell’infanzia, nell’anno scolastico2007/2008), con verifiche che sottolineano la positività riconosciutada insegnanti e genitori sia in termini di relazione che di apprendimento.Nel contempo abbiamo anche affrontato l’abitudine delle scuole dell’infanziadi richiedere per i bambini l’utilizzo del grembiule, e ci siamo quindi domandatida quali intenzioni educative fosse dettata tale scelta.Le ragioni comunemente dichiarate evidenziavano la necessità di garantirela pulizia dell’abbigliamento personale che il bambino indossa, favorireil riconoscimento dei bambini di una stessa sezione, evitare confronti trai diversi indumenti, consolidare il senso di appartenenza ad un gruppo.

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Le scuole di Identità in dialogo si sono chieste se non vi siano altre modalitàper rispettare tali ragioni e per tenere maggiormente presenti le caratteristichedistintive di ogni bambino, che lo connotano come persona, come individuoche ha qualcosa di comune ma anche di unico, profondamente diverso daicompagni.La successiva riflessione sul momento del pranzo ci ha portato nuovamentea mettere in discussione due abitudini piuttosto diffuse, quali l’utilizzo delbicchiere monouso e del bavaglino, motivato da considerazioni tutt’altroche didattiche. Il bicchiere di plastica è stato introdotto per prevenireeventuali danni ai bambini, verificatisi in alcuni casi a seguito di cadute erotture improvvise, senza considerare, forse, che la tutela della sicurezzacomporta il coinvolgimento del bambino stesso, considerate anche,evidentemente, le sue capacità.Ci si è chiesti se non sia più educativo, oltre che più economico ed ecologico,cercare bicchieri trasparenti e stabili, non troppo leggeri come sono invecei monouso, che aiutino il bambino a vedere il livello dell’acqua e a versarlada solo, gestendone autonomamente il riempimento. Si è valorizzato il piaceredi bere, il bicchiere quindi come oggetto utile ma anche bello, evitando di

assecondare il consumismo e lo spreco, oltre che lalimitata fiducia nelle capacità del bambino.L’utilizzo che del bavaglino viene fatto, indipendentedalla considerazione dell’età e delle capacità delbambino, ci ha sollecitato a pensare se esso rispondarealmente agli obiettivi di educazione all’autonomia.Abbiamo quindi ripreso la questione della necessitàdi porre attenzione al rispetto del bambino, alle suepossibilità, alla sua responsabilizzazione e al suocoinvolgimento nel provvedere alla gestione di sestesso. Il modello di bavaglino legato al collo può

essere funzionale ai bambini più piccolima inutile e fastidioso per i bambini

che sono in grado di mangiaresenza versarsi il cibo addosso e dipulirsi la bocca con un tovagliolo.

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Sapere e saperi

Se i saperi costituiscono l’organizzazione riconosciuta e diffusa del sapere,quest’ultimo non solo non è esaurito dagli stessi ma implica una continuariorganizzazione. La scuola dell’infanzia ha il compito di creare le condizionie i contesti, di suscitare i problemi, i dubbi e gli interrogativi perchéi bambini costruiscano le conoscenze a prescindere dalle disciplinee partendo dalle idee che essi possiedono.L’indagine, la rilevazione dei nuclei tematici e i rilanci possono accompagnarealla scoperta e all’incontro dei saperi accreditati per trovare eventualirisposte alle tante domande che i bambini si pongono.Nei processi di apprendimento, la ricerca non solo psicopedagogicama anche quella antropologica e sociologica, ha sottolineato la

fondamentale importanza della relazione,producendo una sostanziale rivisitazioneepistemologica del concetto diconoscenza, definibile sempre più intermini di processualità permanentepiuttosto che come dato acquisibile eidentificabile attraverso paradigmi certie predeterminati.Il ruolo importante della narrazione neiprocessi di costruzione dell’identità edella conoscenza, inoltre, concorre ariflettere sulle strategie che l’adultoinsegnante individua per proporre aibambini occasioni di costruzione enarrazione delle loro idee e teorieprovvisorie.

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La cultura degli eventi

Il bambino, nel corso della sua crescita, trova una cultura complessaed estesa elaborata da altri; da un lato tale cultura deve ancora interpretaremoltissimi aspetti della realtà e, dall’altro, l’intelligenza infantile ricerca significati,collegamenti, ipotesi, non accontentandosi di semplici risposte. Tutto ciòentra in gioco nella scuola, facendo emergere l’esigenza educativa e laresponsabilità degli adulti di operare delle scelte, e a volte, mediazionirelative ai contenuti.Per questo, le esperienze del progetto Identità in dialogo hanno preso spuntoanche dagli eventi in corso a Torino per coinvolgere i bambini in indagini ericerche sulle conoscenze pre-esistenti e per aprirne nuove. Le iniziativedella Città costituiscono una preziosa occasione per bambini e adulti,un’opportunità significativa in cui confrontare le conoscenze organizzate dellacultura tradizionale con quelle presenti, in vista della progettualità futura.Le Olimpiadi invernali di Torino 2006 hanno fornito innumerevoli spuntidi ricerca relativi alla città, alle sue trasformazioni, ai giochi olimpici e al corpoin movimento, in relazione ai diversi sport praticati sulla neve o sul ghiaccio.Il progetto “Bambini e Città, in una città trasformata: Torino in movimento”ha favorito l’approfondimento di molteplici significati legati alle esperienzesuggerite dalle Olimpiadi invernali comprendenti, oltre alle gare vere e proprie,innumerevoli iniziative culturali collaterali.Con il progetto “Bambini, città e cittadinanza” si è indagato con i piccoli, tral’altro, su che cosa possono fare i bambini in città, su che cos’è una decisione,come e chi la prende e ciò ha permesso di affrontare, comprendere, arricchire,ri-significare le idee di cittadino e cittadinanza.L’evento di Torino 2008 World Design Capital è stato l’occasione per delineareil progetto “Verso una quotidianità pensata”, che ha avuto l’intento di esplorarequanto e come si pensi alla progettualità nel quotidiano: abitudini, oggetti,spazi, momenti specifici. Il pensiero non è presente solo nello straordinarioma appartiene anche fortemente all’ordinario, che può assumere valenzeestetiche, teoriche, etiche ed affettive, se tradotto in questione su cui riflettere,con molteplici risposte possibili.

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Il sapere pedagogico

Un sapere che influisce e che, a sua volta, è influenzato da quanto accade,in particolare nei servizi educativi per l'infanzia, è quello pedagogico.Tale sapere empirico-ermeneutico che osserva, descrive e teorizza i processidi sostegno allo sviluppo umano e le condizioni che agevolano od ostacolanoi progetti educativi, trova oggi uno statuto epistemologico che, se da un latone ha legittimato il riconoscimento in ambito scientifico, dall'altro ne hariconosciuto la complessità e la stretta interdipendenza con molte altrediscipline.E' emerso che chi si occupa di educazione non solo tiene presente coloroche sono in età evolutiva ma si occupa dell'intero arco di vita con unaconseguente visione della persona che è in continuo cambiamento e chenecessita, per la valorizzazione delle capacità, di formazione permanente.Nella scuola dell'infanzia, in particolare, imparano i bambini e,contemporaneamente, imparano tutti gli adulti coinvolti.L'apprendimento può avvenire mediante modalità diverse, per finalità e conesiti vari; se è inteso come un processo che avviene in un contesto socialenon può costituire un patrimonio esclusivo del singolo ma un patrimonio diricerche, confronti e riflessioni alle quali concorrono più soggetti: non solocoloro che sono impegnati in un determinato progetto educativo, ma anchecoloro che, da diversi punti di vista, indagano o assumono decisioni cheriguardano le condizioni di vita di piccoli e adulti, come gli architetti,gli ingegneri, gli artisti, gli antropologi, i legislatori…Nel corso delle esperienze del progetto Identità in dialogo si è constatatoche il sapere pedagogico non può appartenere ad un singolo pedagogistama è proprio di un coordinamento pedagogico che partecipa a progetti incui sono coinvolti i bambini, il personale docente e non docente e i genitori.Le parole e i pensieri di tutti questi soggetti, infatti, contribuiscono allaformazione di pensiero pedagogico, ad arricchirlo, organizzarlo e renderlovisibile e comunicabile.

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La condivisione e discussione dei significati da parte di tutti coloro che sonoimpegnati in percorsi e processi di apprendimento consente di sentirsi parteimportante della elaborazione di idee e teorie provvisorie.A tale proposito nel corso dell'anno scolastico 2006/2007 è stato realizzatoil Seminario “Spunti e punti di vista sulla progettazione educativa”, il 25/11/2006,al quale ha fatto seguito la Mostra Itinerante “Punti di vista sulla documentazionedi percorsi educativi”.Tale Seminario, organizzato da responsabili pedagogici e insegnanti coinvoltinel progetto Identità in dialogo, è stato pensato per esprimere alcuni concettiaffrontati nel percorso formativo e per avviare una condivisione più ampia,estesa sia alle scuole dell'infanzia che alla dirigenza della Divisione ServiziEducativi.Le documentazioni preparate nel Seminario sono state presentate ai genitoridelle scuole coinvolte dal progetto Identità in dialogo nel corso della MostraItinerante, organizzata da gennaio a giugno 2007.Si è data in tal modo la possibilità ad ogni scuola, compresi i genitori,di visionare il lavoro effettuato dalle altre e raccogliere nuove parole perverificare ed approfondire i significati.

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La scuola come comunità educante e la famiglia

Se la scuola a cui si pensa corrisponde all’idea di comunità educante,l’accoglienza risulta essere la modalità naturale di relazione reciproca e,mentre si riconoscono pari dignità e opportunità ad ogni bambina e bambino,è evidente che della partecipazione delle famiglie.E’ importante che tutti si sentano coinvolti, tenere dentro la famiglia noncome interlocutore in ascolto ma come protagonista di un processoche fa riferimento all’idea di bambino quale persona con idee, teoriee soggetto di diritti.Occorre quindi mettere a punto gli strumenti di comunicazione quotidianacon le famiglie, chiedersi che cosa c’è di visibile e comprensibile, che cosapassa attraverso la comunicazione. Comunicazione caratterizzatada intenzionalità, da scelte progettuali collegiali, che non si costruisce solonelle occasioni formalizzate, ma necessita di essere curata nellaquotidianità, per restituire e condividere cultura dell’infanzia.Occorre saper raccontare i bambini, dando senso e significato alle loroesperienze; rispetto alle famiglie, chiedersi dunque:

Fino a che punto nell’incontro con le famiglie compaiono i bambini in quantosoggetti? Quanto compare il gruppo?Quanto compaiono le progettazioni della scuola?Quali contesti di confronto e scambio sappiamo creare? Con quali linguaggi?Quali titolarità di parola e protagonismo vengono riconosciuti ai genitori ecome entrano nell’esperienza della scuola?

Sono alcune delle domande che il progetto Identità in dialogo si è posto piùvolte, per rivedere prassi ed abitudini seguite nelle scuole.Se è importante portare dentro la scuola il vissuto del genitore, il suo sguardo,è altrettanto importante farlo guardare con gli occhi della scuola.Quando un genitore, alla presentazione dell’indagine sulla cittàin trasformazione, afferma: “Ci fate vedere i nostri bambini crescere”, questopermette di capire che si è riusciti a raccontare i bambini dal punto di vistadella scuola, come i genitori sanno fare dal punto di vista della famiglia.

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Il coordinamento pedagogico

La sensazione, diffusa tra molti colleghi del gruppo, di lavorare talvolta in uncontesto di isolamento, ha riproposto il bisogno di confrontarsi, per tentaredi recuperare dei collegamenti che sembrano mancare, attraverso la ricercadi un pensiero pedagogico forte: pensiero pedagogico che è forte se satrasformarsi in pratica didattica diffusa, generare una storia, creareappartenenza e motivazione, raccogliere intorno a sé una comunità educante,che sia in grado di far crescere chi nel tempo vi si inserisce, e di continuarea produrre pensiero.Nei servizi educativi per l’infanzia di Torino non sono mancati né l’elaborazioneteorica, né la capacità di tradurla didatticamente; c’è un significativo patrimoniodi esperienze e di documenti pedagogici.Quello di cui avvertiamo l’esigenza è una maggior capacità generativa, visibilee aggregante, che consenta il salto dal singolo servizio al sistema educativo,che sappia sostenere una comunità educativa ampia, radicata e partecipata,nella quale le pratiche didattiche scaturiscano per necessità intrinseca piùche per volontà dei singoli, dove si veda all’opera un’intenzionalità di sistemapiù che un insieme di buone e anche ottime intenzioni.Questo passaggio può essere facilitato, a nostro parere, con la costruzionedi un coordinamento pedagogico, strumento che trova già legittimità in alcuniPaesi europei e in molte realtà italiane, in alcune normative regionali (EmiliaRomagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Toscana, Valle d’Aosta) ed è statooggetto di approfondimento anche nella recente letteratura pedagogica. Lecompetenze richieste ai coordinatori sono soprattutto quelle di saper crearecontesti favorevoli in cui generare un pensiero pedagogico forte, critico eriflessivo.Il coordinamento pedagogico diventa in tal modo garanzia della coerenzapedagogica tra i diversi livelli decisionali, centrale, territoriale e del singoloservizio, ponendo le basi per la costruzione di una cultura dell’infanziacondivisa e partecipata.Diventa perciò importante aprire spazi ed individuare tempi di confronto edi dialogo tra:• pedagogisti impegnati nel servizio pubblico e nel privato sociale• pedagogisti e insegnanti• le scuole e i loro diversi protagonisti: bambini, insegnanti, famiglie.Lo scambio professionale appare particolarmente significativo all’internodi una concezione pedagogica che privilegi l’acquisizione della conoscenzacome un processo di costruzione socialmente condiviso.

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Di qui l’importanza di lavorare in gruppo avendo chiaro che ciò non è, di persé, garanzia di successo, ma si tratta di una modalità adottata per le suepotenzialità euristiche, i cui esiti vanno ricondotti all’efficacia dei percorsieffettivi.Nel percorso formativo ci siamo dunque chiesti: può un coordinamentopedagogico assumere la sua parte con più consapevolezza e agirediversamente nella realtà delle scuole in cui si muove, cercando di dialogarecon le scelte politiche e con le impostazioni gestionali? Queste ultime sonoparte della qualità del progetto pedagogico complessivo, perciò non possonoessere disconosciute.Dunque la precedente domanda ne fa sorgere un’altra, su come l’impiantogestionale amministrativo riesca ad essere un supporto coerente, faccia retee sistema con l’impianto educativo e non diventi esso stesso progettoeducativo.Si è rafforzata la convinzione che il pedagogista, in quanto parte di uncoordinamento, debba tenere in attenzione i processi, significandoli all’internodi cornici culturali condivise.L’esperienza del progetto Identità in dialogo ha cercato di sperimentareuna forma di coordinamento pedagogico, attraverso diverse azioni:• configurare una diversa identità professionale del responsabile pedagogicoin rapporto al confronto tra colleghi nella condivisione del progetto culturale,delle priorità, delle possibilità organizzative, e in rapporto ai modi di stare ascuola con le insegnanti.• aver individuato nella documentazione un potente strumento di lavoro,poiché permette di riflettere sul percorso effettuato, di individuare possibiliapprofondimenti, non accontentandosi di programmi iniziali e verifiche a fineattività, di avere a disposizione materiali che favoriscono la comunicazionetra adulti e l’interpretazione dei processi.

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C’era una volta un bambino che facevatante domande e questo non ècertamente un male, anzi un bene.Ma alle domande di quel bambinoera difficile dare risposta.Per esempio, egli domandava:

• Perché i cassetti hanno i tavoli?• Perché le code hanno i pesc i?• P e r c h é i b a f f i h a n n o i g a t t i ?

La gente scrollava il capo e se ne andavaper i fatti suoi.… Insomma era un fenomeno.Quando morì, uno studioso fece delleindagini e scoprì che quel tale fin dapiccolo si era abituato a mettere le calzea rovescio e non era mai riuscito unavolta ad infilarsele dalla parte giustae così non aveva mai potuto impararea fare le domande giuste.A tanta gente succede come a lui.

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Gianni Rodari

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Come ri - pensare

Come già sottolineato in precedenza, la preparazione del contesto, deglispunti culturali per sostenere i bambini che si interrogano sul mondo el’interpretazione sono azioni e modalità che fanno parte di una riflessioneeducativa sull’apprendimento. Questa, nel corso del progetto Identitàin dialogo ha fatto emergere alcune questioni metodologiche.

Le domande generative

La riflessione sul valore della domanda è risultata centrale in quantostrettamente connessa alla inesauribilità della conoscenza e del comprenderepropri dell’essere umano; tale attività di comprensione avviene attraverso unprocesso ininterrotto di interpretazione di testi e contesti. Ogni interpretazione,infatti, si effettua alla luce di ciò che si sa, e quel che si sa muta; mutano nelcorso della storia umana le prospettive da cui guardare un testo, cresce ilsapere sul contesto, aumenta la conoscenza sull’uomo, sulla cultura e sullinguaggio. L’interpretazione è quindi un compito infinito e possibile, comesuggerisce H. G. Gadamer, purché chi interpreta ascolti il testo, propongaun senso dopo l’altro, un senso più adeguato dell’altro perché il testo appaiasempre più nella sua alterità, per quello che è.Il pensiero critico, quello che ricerca il senso vero che non è quello immediato,è quindi strettamente connesso al fare domande e al fornire ragioni. Nontutte le domande, tuttavia, aiutano a riflettere allo stesso modo e possonocostituire delle buone domande o delle giuste domande: ci sono domandeordinarie, retoriche e investigative. Una domanda ordinaria è quella per cuisi cerca di ottenere un’informazione da qualcuno; la domanda retoricapresuppone già la conoscenza della risposta. Queste domande sono “chiuse”perché il domandare si conclude una volta raggiunto lo scopo: chi le ponenon cerca il confronto o il dialogo, ma vuole soddisfare una necessitào mettere alla prova l’interlocutore.Chi si occupa di educazione deve invece ricercare e proporre domande chegenerino pensiero e apprendimento. Possono essere domande investigative,nelle quali ogni risposta può avviare un’indagine, una ricerca: sono domande“aperte”, percorsi per raggiungere e per costruire nuove conoscenze.Altrettanto preziose sono le domande procedurali, attraverso le quali porrein evidenza i processi del pensiero (chiedendo ad esempio: “Perché dicicosì?, Cosa intendi dire?”, ecc.), e le domande sostanziali per cogliere ciòche l’altro conosce.Tanto più si useranno domande investigative, procedurali e sostanziali acarattere aperto tanto più si accompagneranno i bambini a costruire abilitàe competenze:• di ragionamento: induttivo, deduttivo, ipotetico ed analogico;• di ricerca quali osservare, sperimentare, descrivere, narrare;• di formazione concettuale quali definire, classificare, ordinare e connettere;• di trasferimento e connessioni tra codici simbolici diversi;• di pensiero critico come meravigliarsi, chiedere ragioni, valutare, porredomande.

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La metodologia del domandare ha caratterizzato e caratterizza le esperienzedel progetto Identità in dialogo coinvolgendo sia gli adulti che i bambini.Per i primi gli interrogativi hanno messo in discussione idee, prassi, schemiinterpretativi ed operativi, delle modalità di progettazione e di organizzazioneche si erano consolidate nelle nostre scuole dell’infanzia. Ai bambini sonostate proposte domande, sulla base di tracce in parte differenti secondole età, per avvicinarli alla complessità delle questioni scelte; domande chehanno avuto lo scopo di favorire l’approccio ad alcuni nuclei concettualitra i quali definizioni, funzioni, origini, immagini fisiche, spaziali e percettive.

Dialoghi e discussioni

La discussione, intesa come esame approfondito di una questione, perfavorire l’ampliamento di un argomento o la formulazione di ipotesi perrisolvere un problema, comporta l’attuazione di un dialogo attraverso ilconfronto delle opinioni da parte di tutti i componenti del gruppo e laformulazione delle ragioni a sostegno delle opinioni. Una discussione implicaquindi la direzionalità del dialogo verso un interesse comune, la chiarificazionee la condivisione dei concetti e dei significati delle parole, la costruzione dinuove conoscenze attraverso il confronto ed il superamento delle posizioniepistemiche.Il dialogo attraverso il quale si sviluppa la discussione e si raccolgono molteplicicontributi è un processo di ricerca che presuppone un argomento comeoggetto di indagine, un pensiero che indaga su un oggetto ed un linguaggioattraverso cui il pensiero si esprime e si costruisce. È una dimensione diincontro tra individui con le loro storie e le loro caratteristiche personali eculturali; tra credenze, idee, teorie e visioni del mondo, oltre che tra modalitàdi articolazione del pensiero e della costruzione della conoscenza; è uncontesto aperto in cui si confrontano e si negoziano prospettive interpretativedella realtà, costruendo conoscenza. È una relazione pedagogica che siconfigura come relazione ermeneutica in quanto ciò che orienta il dialogoè l’intenzione di comprendere il pensiero dell’altro ed è una relazioneepistemologica in quanto ciò che muove il dialogo è la necessità di conosceree ri-conoscere oggetti ed esperienze.La discussione è tale quindi quando il dialogo viene a focalizzarsi su tematicheproblematiche e complesse, guidato da un interesse comune, con unastruttura egualitaria e autoregolativa.L’esperienza ci ha reso maggiormente consapevoli di come una discussioneche si concluda con l’ampliamento, l’approfondimento ed il superamento diun argomento nella formulazione di nuove ipotesi di indagine, comportiun’attenta scelta nella costituzione dei gruppi, nel ruolo assunto dall’insegnantee nell’oggetto della ricerca.

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Il piccolo gruppo

Il piccolo gruppo è unsoggetto epistemico chepuò favorire formazionedi di nuove conoscenzesviluppando un processodi indagine su un “oggetto”condiviso quale un tema didiscussione, un problemada risolvere, un significatoda delineare, ecc. Il piccologruppo, che necessitaanche di una struttura normativa con regole concordate per il suofunzionamento, non costituisce quindi solo una scelta organizzativa ma unvero e proprio contesto di apprendimento e co-costruzione della conoscenza.Nel piccolo gruppo l’esperienza sollecita processi cognitivi ed emotividifferenti da quelli utilizzati in una situazione di lavoro individuale o in grandegruppo. I compagni non si sostituiscono al singolo bambino, né sono dei“suggeritori”, ma gli danno l’opportunità di pensare ed esprimersi a livellipiù complessi rispetto a quelli in cui potrebbe cimentarsi da solo.La circolarità della comunicazione e la possibilità di prendere parolasono facilitate da un numero limitato di componenti del gruppo, in modoche tutti possano essere coinvolti, ascoltati e valorizzati nelle loro diversesoggettività.Ciò costituisce e rafforza la motivazione e l’interesse alla partecipazione,perché come ci suggerisce Goodman “sapere è appagante ma capire èil desiderio, il dramma, la conquista”.I processi complessi di pensiero, tuttavia, non sono automatici e si possonorealizzare più facilmente se sostenuti dall’insegnante che consideriattentamente la composizione e la gestione del gruppo, e rifletta poi,anche collegialmente, su quanto emerso, effettuando interpretazionie ipotesi di rilancio.Nella composizione del gruppo, è importante che ci siano stili e livellicognitivi diversi, escludendo le situazioni estreme (la presenza diun bambino molto competente e di uno con molte difficoltà), comesuggerisce C. Pontecorvo, e che si crei una buona affinità emotivo-affettiva.È qui essenziale la capacità dell’insegnante di sostenere la ricercadi pensieri condivisi attraverso il confronto tra i diversi punti di vista,incoraggiando i bambini ad esplicitare le ragioni delle loro scelte,rimandando al gruppo le parole di un bambino, chiedendo di giustificareun’affermazione o di ampliarla, di esprimere accordo o disaccordo rispettoai punti di vista espressi.

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Tony Craigg. Punti di vista

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Molteplicità degli sguardi

Il vero viaggio di scoperta non consiste nelloscoprire nuove terre, ma nell’avere occhi nuovi.Marcel Proust

Nell’indagine su un ambito del reale contribuiscono le idee, i punti di vista, glisguardi di più soggetti: il bambino, il genitore, l’insegnante, il responsabilepedagogico, l’artista, l’artigiano, il tecnico, ecc. Ogni sguardo sottolineauno dei molteplici significati di tale ambito e ne mette in luce la complessitàe il fascino, prevenendo interpretazioni riduttive e semplicistiche, mantenendocosì aperta la ricerca. Nell’ambito del progetto Identità in dialogo sono statiorganizzati, a tale proposito, incontri tra esperti diversi per raccogliere spunti epunti di vista possibili intorno al tema di ricerca, non solo teorici ma ancheestetici, narrativi, esperienziali ed emotivi. Ad esempio, sul tema “Bambini, cittàe cittadinanza” abbiamo incontrato uno scrittore, un costituzionalistae un filosofo, per portarci la loro idea di cittadinanza; sul tema Design equotidianità abbiamo invece sentito le voci di architetti, editor designer ed artisti.Tali opportunità si sono rivelate estremamente interessanti e utili a scoprirela ricchezza dei significati di un ambito di esplorazione, ampliando l’orizzonteculturale di riferimento, permettendo di rilanciare ulteriori progettazionied approfondimenti.

La cultura della progettazione

La progettualità che riteniamo debba sostenere il lavoro di insegnamento eapprendimento attraversa la quotidiana azione del docente, del gruppo didocenti e di bambini e non coincide con singoli percorsi. Nella nostraesperienza ci siamo interrogati su quanta consapevolezza e capacitàdi tenere agganciate la teoria e la prassi erano in campo nelle nostre scuole.Abbiamo cioè cercato “strategie con cui da un lato far emergere la culturadella scuola in termini di consapevolezza, dall’altro fare in modo che le teoriepossano incidere sulla prassi, apportando ad essa tutto il contributodell’elaborazione della scientificità e della criticità” (M. Michelini, Progettaree governare la scuola).Pensiamo che la costruzione di una cultura della progettazione porti adandare oltre al concetto di progetto come attività speciale, che amplia leofferte formative, comportando invece l’attenzione prioritaria alla riflessivitàe intenzionalità del proprio agire in situazione.Con la progettazione, fondamentali sono le prefigurazioni: ci si apre al futuroanticipandolo, si raccolgono segnali e cambiamenti, mantenendo l’attenzioneanche agli aspetti soggettivi e intersoggettivi del processo formativo.La progettazione richiama un piano con il quale si definiscono concretamentele condizioni di fattibilità, i tempi, le risorse e l’organizzazione della progettazionemedesima senza dimenticare di essere sempre disponibili a rivedere il tuttoe ri-orientarlo.

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Se le progettazioni sono l’esito dell’osservazione ed evolvono in relazionealla dinamicità dei processi e delle situazioni di apprendimento, ancheimpreviste, è solo attraverso una puntuale riflessione e interpretazione deiprocessi stessi che si riesce ad orientare un’azione strategica la quale, senzaessere vincolata ad un rigido programma, non sia nemmeno lasciata allospontaneismo. La riflessività interviene, inoltre, a sottolineare l’importanzadella documentazione, in forza della quale le azioni educative vengono nonsolo verificate e valutate nei loro risultati, ma interpretate nelle loro potenzialitàdi sostenere spostamenti di pensiero.In sintesi, nell’idea di progettazione sin qui delineata, non è possibile stabilirea priori l’esito del lavoro, ma occorre portare l’attenzione all’individuazionedi strategie più idonee ad accompagnare l’evolversi delle situazioni.La ricerca, da parte dei bambini e degli adulti, muove intorno ad un’idea,una teoria, una pratica, un evento, dove:• l’indagine, la ricognizione, l’approfondimento si avvalgono di cento linguaggi,in ragione delle molteplici domande generative;• l’interpretazione e l’individuazione dei nuclei tematici e concettuali, dei traguardidi sviluppo, sostengono ulteriori prefigurazioni, approfondimenti e rilanci;• il dare forma ai pensieri attraverso produzioni singole e collettive accoglieinnovazione e originalità, evidenziando i processi di ricerca e apprendimentopersonali e di gruppo. I presupposti di tale approccio alla conoscenza sonoda ricondurre agli studi e alle sperimentazioni condotti dalla comunitàscientifica, con esiti trasversali, sul rapporto tra mente e natura, sulla costruzionesociale della conoscenza, sulla complessità e sull’incertezza del sapere.

La documentazione: un processo, un evento, un racconto?

Come ci ricorda Jedlowsky, l’esperienza non è conoscenza di per sé ma vacompresa: si tratta di un procedere attraverso la vita, riconsiderando ciòche si è vissuto per trarne profitto. La documentazione aiuta questo processodi rielaborazione dell’esperienza, che così diviene apprendimento.La documentazione in ambito educativo non è dunque da intendersi comesemplice narrazione ma, in una prospettiva di futuro, deve avvalersi di unpensiero riflessivo per sistematizzare, rielaborare, attribuire significati.Tale operazione introduce nel materiale prodotto un’aggiunta di senso edi consapevolezza, anche provvisoria, esito dei processi di selezione, analisi,interpretazione e di un successivo, ma quanto mai opportuno, confronto.Le Gauffe ci ricorda infatti che “Non esistono documenti veri, ogni documentoè un falso”, perché è un oggetto con una vita propria, che va interrogato,interpretato, contestualizzato: non è mai neutro nè mai esaustivo.Occorre pertanto passare dall’analisi ai concetti, elaborando una metaletturacritica, ponendo in essere una de-costruzione del pensiero, per poi cercaredi ri-costruire nuovi significati, in modo da generare cambiamento.Occorre inoltre non perdere di vista i destinatari, dunque contestualizzarei contenuti e i linguaggi della documentazione in modi che essa diventiogni volta risorsa per dialogare con i diversi soggetti.

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Occorre far sì che siano semprei bambini a dar forma alle cose piuttostoche siano le cose a dar forma ai bambini.

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Loris Malaguzzi

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Questioni aperte e prospettive

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Le esperienze e le riflessioni fin qui esposte, frutto dei confronti tra i diversisoggetti coinvolti nel progetto Identità in dialogo, consentono di individuarealcuni aspetti che riteniamo importanti per una buona scuola: una scuola inascolto dei suoi diversi protagonisti che valorizzi il pensiero critico, i processidi conoscenza, gli stili cognitivi e le motivazioni ad apprendere. Una scuolaattenta alla relazione, che dialoga con e sulla cultura contemporanea e neproduce a sua volta, dando forma e visibilità alla cultura dell’infanzia.Il processo di ricerca di significati apre continui immaginari, molteplici quesitie possibilità d’indirizzo delle proprie azioni, questioni in costante divenire:• La vita della scuola richiede buone pratiche, regole e riti che necessitanodi stabilità, cura ed affinamento dei gesti ma non sono immodificabili; devonocostituire vere esperienze, essere la sintesi di significati condivisi e di unaprogettualità del quotidiano da rileggere costantemente. È il pensiero chedireziona, attraversa, organizza e modifica l’azione rendendola esperienzadi progettualità con esiti innovativi, creativi ed anche straordinari. Comeapprofondire e tenere vivo, nella prassi e nella teoria, il pensiero progettuale?Come condividerlo dentro i gruppi di lavoro?• La scuola non solo dialoga con e sulla cultura ma produce anche cultura,dà forma e visibilità alle idee e alle teorie che i bambini possiedono ecostruiscono confrontandosi con i compagni e con gli adulti. Fondamentalerisulta così la documentazione, quale strumento professionale di lavoro chepermette di organizzare, interpretare e dare visibilità ai processi di conoscenzae di scoperta di bambini e adulti. Quali scelte organizzative fanno meglioemergere tali processi, che appartengono ai singoli e al piccolo gruppo?Quali tempi e spazi per sostenere il pensare e il fare dei bambini, per lariflessione e la documentazione degli adulti? Come alimentare percorsidocumentali che esprimano una ricerca di significati, più che semplicinarrazioni retrospettive, sostenendo così il ruolo politico della scuola, inquanto luogo di formazione ed esplicitazione di cultura dell’infanzia?• La formazione del personale è intesa principalmente come ricerca-azioneche porta alla costante ridefinizione di conoscenze, capacità e competenzeattraverso confronti, approfondimenti, ipotesi, ricerca di soluzioni e verifiche.Quali strategie formative costruire, condividere e privilegiare a tal fine? Comegarantire continuità e coerenza in un disegno formativo di largo respiro,a livello cittadino e di singolo servizio?• Il pensiero pedagogico richiede ricerca, sistemazione e generalizzazionema non appartiene ad un singolo soggetto o ad una sola categoria di persone.I pedagogisti, se operano come coordinamento, partecipando anchea progetti cittadini, svolgono un ruolo fondamentale nel sostenerepartecipazione attiva, volontà orientata alla condivisione e al cambiamento,assunzione di responsabilità nei diversi ruoli. Come organizzare e sostenereil Coordinamento pedagogico in un grande città come Torino? Come rafforzareun’identità di Sistema Educativo cittadino?

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CITTÀ DI TORINO CITTÀ DI REGGIO EMILIA

Protocollo d'intesa tra il Comune di Reggio Emilia e il Comune di Torinoper favorire una collaborazione in campo educativo e per lo sviluppo diuna cultura dell'infanzia.

Il Comune di Torino e il Comune di Reggio Emilia, nell'ambito della convenzioneesistente tra il Comune di Reggio Emilia e il Ministero della Pubblica Istruzioneper la qualificazione della scuola dell'infanzia in Italia

Intendono

valorizzare le proprie risorse e favorire la qualificazione dei servizi educativie scolastici rivolti all'infanzia (in particolare alla fascia 0/6) a partire dalpatrimonio di esperienze e competenze maturate nella gestione dei nidi,delle scuole dell'infanzia, in una prospettiva di continuità con la scuoladell'obbligo.

Valutando

che le diverse realtà socio-colturali delle due città e i differenti indirizziprogettuali espressi in anni di esperienza possano costituire la base dipartenza per un possibile dialogo collaborativo sulle tematiche educativeper favorire una cultura dell'infanzia

Dichiarano

in coerenza con lo spirito della carta costitutiva delle città educative, diriconoscere l'assoluta priorità dell'educazione, intesa non solo comeorganizzazione di servizi scolastici per i più giovani, ma come insieme dioccasioni per la costante crescita culturale, etica e sociale di tutti i cittadinidi ogni età.

Convengono

di impegnarsi nella messa in rete delle realtà scolastiche (statali e comunali),per favorire, in spirito di scambievole reciprocità, una qualificazione sempreMaggiore delle professionalità dei docenti ed un potenziamento delle attivitàdi ricerca e di sperimentazione in campo educativo.

allegato 1

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Documento di studio

A cura diMilva Capoia, Daniela Ghidini, Maria Antonietta Nunnari, Anna Pellegrino

Con il contributo diAntonella Cattaneo, Maria Gabriella Celentano, Patrizia Corso, Antonio Fazio,Enrica Rastello, Claudia Regio, Marina Roncaglio, Ugo Segalini, Gabriella Trombetta,Nicoletta Vigliani.

CollaborazioniReggio ChildrenElena Giacopini, Paola Cavazzoni, Daniela Lanzi, Marina Mori

Si ringraziano i bambini e le bambine, le insegnanti, il personalee i genitori delle scuole coinvolte.

GraficaUfficio Grafico - Servizio Centrale Informazione - Città di Torino

Torino, giugno 2010

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