pinerolo indialogo settembre 2012

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1 Supplemento di Indialogo.it , autorizz. N.2 del 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo IN DIALOGO Anno 3, Settembre 2012 n. 9 Pinerolo, che cosa possiamo ancora perdere? Intervista al Direttore de L’Eco del Chisone Pietro Trossero su Pinerolo e il pinerolese Dopo la perdita del tribunale. Intervento di Elvio Fassone

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N.9 Magazine d'informazione e di cultura locale per il dialogo tra generazioni

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Supplemento di Indialogo. i t , autor izz. N.2 del 16.6.2010 del Tr ibunale di PineroloINDIALOGO

Anno 3, Settembre 2012n. 9

Pinerolo, che cosa

possiamoancora

perdere?Intervista al Direttore de L’Eco del Chisone Pietro Trossero su Pinerolo e il pinerolese

Dopo la perdita del tribunale. Intervento di

Elvio Fassone

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22Buone News

A cura di Gabriella Bruzzone

nuove prospettive per i giovani

Si riscopre l’artigianato e l’agricoltura Secondo gli ultimi dati, sembrerebbe che le fantomatiche “braccia rubate all’agricol-tura” siano invece – per così dire – state restituite. Le statistiche parlano chiaro: in campo agri-colo si è registrato un incremento di assun-zioni del 10,1% rispetto allo scorso anno.Sono soprattutto i giovani a scegliere questa strada – si calcola che uno su quattro abbia meno di 40 anni – e a mettersi in proprio, sfidando la crisi e il tempo. Questo grazie alle agevolazioni che fortunatamente alcune regioni stanno attuando per i giovani impren-ditori. Un esempio concreto è la Toscana dove, a giugno, 634 giovani hanno partecipato a un bando per la creazione di nuove imprese agricole. Entusiasta il presidente della regio-ne, Enrico Rossi, che si è da subito attivato per assicurare all’agricoltura lo spazio che merita. Del resto, la Toscana è da sempre un territorio agricolo che punta sulle produ-zioni locali e sul paesaggio suggestivo, fatto di vigneti, campi coltivati e alberi da frutta.Addirittura l’Unione Europea aveva accen-nato ad uno stop dei finanziamenti all’agri-coltura – proposta decisamente assurda, dato che smettere di coltivare equivarrebbe a smettere di nutrirsi! Ma l’Italia, almeno da questo punto di vista, sembra resistere. Per ora. E sarebbe un peccato che non lo faces-se, contando le eccellenze che i nostri campi propongono, eccellenze per le quali i turisti stranieri vanno in visibilio. A questo proposito, per valorizzare i prodot-to locali, la Coldiretti ha indetto un concor-so dal titolo solenne di Oscar Green 2012,

giunta ormai alla decima edizione. Tra i vin-citori di quest’anno si contano cinque giova-ni agricoltori e una società di pescatori, di cui fanno parte dieci ragazzi. Per partecipare è sufficiente presentare un progetto: che sia di apicoltura o di pesca, che intervengano nuove tecnologie o si sperimentino vecchi rimedi, ciò che più conta è la promozione del prodotto locale. Altro importantissimo settore, in continua evoluzione a scapito dei pronostici, è l’arti-gianato.Un settore valorizzato anche nella nostra Pi-nerolo attenta ogni anno a proporre l’ormai conosciutissima rassegna dell’Artigianato del Pinerolese. A livello nazionale si calcolano aumenti record rispetto agli anni passati: le piccole imprese artigiane non si fanno scoraggiare e continuano orgogliosamente a proporre prodotti di qualità. Le 351.566 imprese ar-tigiane italiane hanno fatto registrare solo nell’ultimo anno un aumento del fatturato del 1,96% che, in un periodo di stallo come questo, sembra davvero una cifra enorme.I settori maggiormente fiorenti sono quelli legati alla tecnologia, all’ecologia, alle ripa-razioni e all’alimentare. La Confartigianato è molto soddisfatta del lavoro dei piccoli imprenditori, veri sostenitori dell’economia italiana, e si augura che i vertici del gover-no si attivino per incoraggiare e sostenere le attività in proprio.Intanto, noi pinerolesi possiamo acconten-tarci di quattro intense giornate alla scoperta dell’artigianato locale, poi magari chissà...

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S o m m a r i o

|Ha ancora un senso il pinerolese?| Il pinerolese è il territorio che abbraccia una trentina di co-muni, per una popolazione di circa 150 mila abitanti, che gravita dal punto di vista dei servizi (ospedale, tribunale, scuole, ecc.) e del commercio sulla città di Pinerolo, da cui riceve appunto la denominazione. Un “dominio” che risale dal punto di vista economico e politico perlomeno all’epo-ca degli Acaja e che tale è rimasto, coi dovuti adattamenti, fino ai giorni nostri. Una situazione che ancora oggi si cer-ca di difendere cercando di mantenere questo territorio, con i suoi servizi, le sue gerarchie e le sue conquiste. Lo si è visto nella difesa dell’ASL, andata male, dell’ospedale , in parte riuscita, ora del tribunale, pure persa. La visione politica del nostro territorio funziona ancora secondo questo schema secolare predatorio, di difesa dei possedimenti che si hanno e di conquista di nuovi. È uno schema vecchio che non funziona più, anzi è uno schema che impoverisce il territorio. Difendere il territorio non significa più isolarsi in difesa dei propri beni, in modo quasi altero, ma connettersi, stare in rete, innanzitutto con il mondo circostante, e poi con il resto del mondo. In una società informatizzata come la nostra, internet e la rete hanno accorciato le distanze, eliminato le mediazioni e le barriere. Il mercato che tira, anche per le aziende del pine-rolese (vedi Corcos, Riv, Marmarmi, ecc.) è con il resto del mondo. Il luogo del commercio e delle relazioni non è più solo il territorio, ma il mondo. Fino a qualche decennio fa la vita di relazione per la maggior parte delle persone si svolgeva in un raggio di poche decine di chilometri. Oggi il 90% dei ragazzi che arrivano in prima superiore hanno fatto almeno un viaggio all’estero. È questa dimensione globale, sovranazionale, che fatica-no a vivere gli adulti e che i giovani (i nativi digitali!) hanno afferrato da un pezzo. Vivere il pinerolese, oggi, e non farlo morire vuol dire so-prattutto saper vivere connessi! Antonio Denanni

2 Buone news siriscoprel’artigianatoel’agricoltura

4 primo piano pineroloeilpinerolese intervistaapietrotrossero

6 eventi ilsinodovaldese

9 Lettere al giornale dopoiltribunale,checosapossiamoperdere? dielvioFassone

10 Lettera a... letteraadalFredhitchcock

11 Culture ilFuturodeimiei

12 arte & architettura comecresconoinostrivicini

14 visibili & invisibili diamnestyelibera

16 ideelavoro lastoriaimprenditorialedia.garbini

17 giovani&Lavoro manuelabeux,estetista

18 Musica emergente ibeForelemmon

20 sport intervistaamatteobertea

22 Cose di casa nostra vento,nocashday,...

24 amici di pinerolo indialogo

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PINEROLO INDIALOGO

DIRETTORE RESPOnSAbILEAntonio Denanni Hanno collaborato: Silvio Ferrero, Emanuele Sacchetto, Valenti-na Voglino, Gabriella bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Mario Rivoiro, Andrea bruno, Cristiano Roasio, nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.barale, Chiara Perrone, Marianna bertolino, Federico Gennaro, Demis PascalCon la partecipazione di Elvio Fassone

PHOTOGiacomo Denanni, nino Di Pomponio, Marco Rostagno

Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.itAutorizzazione del Tribunale di Pinerolo n. 2 del 16/06/2010

REDAzIOnETel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: [email protected]

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Pietro Trossero è direttore de L’Eco del Chisone da 8 anni, ma è all’Eco da 50, come giornalista prima e vicedirettore poi. Un osservatorio privilegiato il suo, legato ai 148 collaboratori che ogni settimana fanno confluire al settimanale le informa-zioni sul territorio. Lo abbiamo incontrato per uno scambio di idee su Pinerolo e il pinerolese.

Per lei che città è Pinerolo e qual è il suo stato di salute? Pinerolo è una città un po’ stanca. Ha vissuto per troppi anni all’ombra di una fa-miglia, quella dell’Avvocato Agnelli, e del-la loro fonte di occupazione: la FIAT. Ora, che mancano personaggi forti a guidare questo territorio, bisogna comprendere e accettare la necessità di un cambiamento di rotta. Penso ad esempio a come Pinero-lo bene si presterebbe a diventare una città dei servizi, anche a servizio della terza età.

Un giudizio sull’Amministrazione Buttiero. Il sindaco buttiero ha senz’altro avuto il coraggio di rimettere un po’ (e sottolineo un po’) in moto la macchina comunale. Il

più grande problema con cui ha però dovu-to fare i conti è la scarsità di mezzi e fondi.

C’è una visione strategica di questa città? Una “Pinerolo come la vorrei” del 2020? La Pinerolo del 2020 vorrei investisse (fin d’ora!! E non nel 2020!) sul trasporto su ferro. Sarebbe bello vedere finalmen-te la nostra città collegata a un sistema metropolitano, dotandosi di opportuni par-cheggi in zona stazioni (penso alla caserma bochard, che potrebbe contenere 400-500 posti auto). Auspico inoltre un collega-mento autostradale che colleghi finalmen-te il pinerolese con la Val Susa. E per la linea Torre Pellice-Pinerolo sarebbe molto più conveniente il tram-treno (che tra l’al-tro a suo tempo avrebbe fatto risparmiare almeno un milione di euro per il rifacimento del ponte Chisone!).

Un giudizio sul centro storico di Pinerolo. Alla fine degli anni ’60 era un ghetto. Ora è stato recuperato il più possibile. Il problema è stata la poca intraprendenza di pubblico e privato. Su modello di Saluzzo, Pinerolo potrebbe sviluppare moltissimo

di Emanuele Sacchetto

4PRIMO PIAnO Esiste ancora il Pinerolese?

Intervista a Pietro Trossero, direttore de L’Eco del Chisone

Dove vanno Pinerolo e il pinerolese“Pinerolo è una città un po’ stanca... Mancano personaggi forti”

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un centro storico ricco di attività, ad esem-pio di ristorazione. Perché non pensare ad esempio a un bel ristorante nel palazzo del Senato? Manca lungimiranza, manca una politica e una imprenditoria attive!

L’attuale classe politica pinerolese la con-vince? Le sembra all’altezza delle sfide che stiamo vivendo o c’è bisogno di un ricam-bio generazionale? Il problema dell’età io credo sia relativo. Piuttosto ci vorrebbero persone più rappre-sentative del territorio. Persone che vivano il e sul territorio.

Un consiglio per gli amministratori di que-sta città. E’ necessario prendere in mano il piano regolatore e disegnare una città diversa. bisogna recuperare gli edifici, uno fra tutti l’ex Turk. bisogna poi valutare l’opportuni-tà di sviluppare più in altezza gli edifici, ri-servando così alla città più aree verdi. but-tiero, che come tutti i candidati sindaco, in campagna elettorale aveva convenuto sulla necessità di ridisegnare il piano regolatore, è tempo che si assuma le proprie responsa-bilità e agisca!

Pinerolo (ancora) città della cavalleria? La Cavalleria è un bel ricordo per questa città, ma bisogna attualizzarlo. Il pinerole-se ha il più grande concentrato di cavalli di qualità d’Italia, ma non è capace di fare squadra e di portare avanti un progetto co-mune, che vada oltre il sogno dei politici della scuola di cavalleria.

Il Pinerolese: una sfida per ripartire o un inutile fardello di cui si continua a parlare e portare il peso? bisogna comprendere che non sarà più possibile avere una fabbrica sotto casa. Un grave errore del passato è stato l’aver vo-luto per ogni paese una zona industriale. Questo tornerà forse a pagare finita la crisi, ma ora serve coesione, squadra, impresa. E soprattutto servono nuove iniziative.

E ora i giovani, forse l’unica e senza dubbio la più importante fonte per il futuro. C’è

una vera politica a Pinerolo per i giovani? Che ci sia o meno una politica giovanile, sono i giovani a doversi associare, entrare in comunicazione. Anche qui serve più che mai fare gruppo, entrare in organizzazioni, in partiti. I giovani devono fare rumore, par-lare, dire e imporre la loro linea! I giovani devono essere forza per poter trainare!

Su quest’ultimo punto, da giovane, mi fer-mo a interloquire con Trossero. Un punto di osservazione privilegiato il suo. Sempre un po’ dentro e un po’ fuo-ri dalla politica. Certo il nostro giornale si pone proprio come megafono per la voce dei giovani. E fa molto piacere che un re-sponsabile dell’ambiente come lei sposi la nostra idea e ci creda. Il rammarico lo tro-viamo invece sempre nella politica, nell’am-ministrazione. Perché è molto bello dire che i giovani devono “far rumore”. Ma quando poi, molto cordialmente e pure poco ru-morosamente le numerose associazioni di giovani a Pinerolo si scontrano con la mac-china comunale (e non parlo solo di buro-crazia, ma di persone, cedevoli dunque an-che a “conoscenze personali”!), chiedendo semplici permessi, autorizzazioni trovano iter impraticabili e musi diffidenti! Il “rumo-re”, direttore, noi ci impegniamo tantissimo a farlo, ma forse le orecchie di chi dovrebbe ascoltare, non avvezze alla nostra “musi-ca”, credono sia solo “fastidio” il nostro. E chiudono la finestra. Emanuele Sacchetto

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66EVEnTI

Immigrazione fa rima con integra-zione. Questo il “cantiere aperto” oggetto dell’incontro “Italiani di oggi e di domani. La sfida dell’inte-grazione”, organizzato nell’ambito della riunione annuale del Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, tenutosi il 27 agosto a Torre Pellice.Nell’aria quel tradizionale fervore

intellettuale - l’impronta protestante - che accompagna un impegno fattivo nelle dinamiche della vita pubblica. Una «spiccata sensibilità», per dirla con le parole del Ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi, ospite d’eccezione dell’incontro sinodale, quella «che le comunità valdo-metodiste hanno dimostrato sul tema dell’immigrazione».A guardare in faccia la realtà si vede Anita, ragazza di 21 anni dalla pelle nera, che parla un fluente italiano con una chiara cadenza veneta. Porta la sua testimonianza alla se-rata sinodale, lei nata a Vicenza da immigrati del Ghana, e significativamente rende l’idea dell’essere minoranza: donna, nera, africana, protestante.Altre testimonianze di giovani della «generazione Italia» - abbandoniamo il termine «italiani di seconda generazione» - accompagnano gli intermezzi musicali eseguiti dal Quin-tetto degli Architorti e dalla Corale valdese di Torre Pellice. Iniziare da parole nuove per relazionarci agli immigrati è il primo passo verso l’integrazione: questo l’asse portante dell’intervento del segretario nazionale della Federazione giovanile evangelica italiana Claudio Paravati. Occorre una visione nuova e tavoli di confronto con la generazio-ne Italia, da troppo tempo frustrata perché senza voce nel dibattito politico.Una visione globale. Per quale società? «Una società ir-

reversibilmente multiculturale, piaccia o no» afferma il politologo Paolo Naso, «che nei passati decenni il ceto dirigente ci ha illusi di poter evitare. È dal 1974 che il numero degli immigrati in Italia sopravanza quello degli emigranti, ma a differenza degli altri Paesi europei l’Italia non ha messo in campo una coerente politica d’integra-zione, illudendosi di poter contenere o modificare i flussi migratori. E uno dei primi vettori di integrazione sono le Chiese - plurali, appunto - tra le quali occorre promuovere il dialogo interreligioso che, solo, può garantire contro la ghettizzazione delle minoranze» conclude Naso. Atteso, il discorso del Ministro Riccardi - già legato alla comunità valdese da rapporti di antica data. «Il multicul-turalismo dovrà essere l’attrattiva dell’Italia» afferma, ma occorre per questo superare lo spettro dell’invasione che trova negli sbarchi la sua icona. Altro che invasione, spie-ga Riccardi, a causa della crisi circa 500 mila immigrati hanno lasciato l’Italia «per tornare in patria oppure, e qui è il punto, verso altri Paesi europei» portando con sé le competenze lavorative acquisite nel nostro Paese. «Una perdita dovuta anche alle scarse opportunità d’integrazio-ne che l’Italia offre, alla predicazione del sospetto e del disprezzo verso gli stranieri la cui responsabilità è dello stesso dibattito pubblico». In una concreta politica d’integrazione, sottolinea Riccar-di, fondamentale è il contributo del dialogo ecumenico tra rappresentanti religiosi e istituzioni. E in questa “Italia plurale” forte è il contributo della Chiesa valdese, «testi-monianza di Vangelo e libertà di pensiero, stimolo nella promozione dei diritti dell’uomo e nella crescita demo-cratica del nostro Paese».«Italia plurale per religioni, popoli, culture» fa eco la pastora Maria Bonafede, che chiude la serata e, nel Sinodo di quest’an-no, il suo mandato di moderatora della Tavola valdese.

Durante il Sinodo valdese, a Torre Pellice

Tra immigrazione e integrazione«Il multiculturalismo dovrà essere l’attrattiva dell’Italia»

L’intervento del ministro Andrea Riccardi A cura di nadia Fenoglio

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7 La riflessione della Chiesa valdese sui giovani

Sara Pasquet ha 19 anni e vive a Luserna San Giovanni. È di famiglia valdese, ma questo non conta, ci dice. non per tradizione, ma per scelta individuale Sara è valdese e si impegna a testimo-niare la propria fede partecipando alla vita della sua Comunità, così come agli appuntamenti im-portanti, - tra cui il Sinodo da poco concluso - che interessano l’attività dell’intera Chiesa.C’è spazio per i giovani nella Chiesa valdese? Penso di sì, opportunità di dialogo e par-tecipazione per i giovani ce ne sono. E il fatto che i giovani fosse-ro l’argomen-to trainante del Sinodo di quest’anno è segno di apertura.Talvolta però, soprattutto nelle Valli valdesi, dopo la Confermazione dei 17 anni i giovani tendono a limitarsi a una fede “scontata”, tra-lasciando l’impegno attivo nelle comunità di ap-partenenza. Quali sono le attività rivolte ai giovani? All’interno della mia comunità di Luserna io parte-cipo al Gruppo giovani – il “Grappolo” lo chiamia-mo, evocativamente - che si propone di formare i ragazzi al confronto sui temi più disparati, tratti ad esempio dal Vangelo ma carichi di interrogativi che portano a dialogare con l’attualità più stringente. Talvolta prepariamo anche il culto. Un’esperienza per me davvero importante, poi, organizzata per la prima volta quest’anno dalla comunità, è l’Animazione teologica, pro-mossa insieme all’associazione Cevaa (Comu-nità di chiese in missione) la quale comprende trentasette Chiese protestanti in tutto il mondo, favorendo percorsi e obiettivi comuni. Il valore aggiunto di questa iniziativa è stata, a parer mio, la possibilità di confronto su temi particolarmen-te sensibili tra diverse generazioni, tra giovani di oggi e di ieri. Mi ha dato la possibilità di stringe-re sincere amicizie. Inoltre, le attività promosse dalla Fgei (la Federazione giovanile evangelica italiana) sono per me occasioni preziose di parte-cipazione, di dialogo sulle questioni di fede, ma

anche sui problemi verso i quali la società ci in-vita a riflettere. In quest’ottica, ogni anno la Fgei organizza dei campi di formazione (aperti a tutti) incentrati ogni volta su un argomento diverso: si tratta di “laboratori del dialogo” in cui confron-tarsi e approfondire le proprie conoscenze, per maturare un’opinione più solida. Io ho partecipa-to a uno di questi campi presso Firenze: il tema-guida era “i generi”: maschile e femminile, e le

discrimina-zioni legate ad essi.Cosa signi-fica per te il Sinodo? Seguo ogni anno lo svolgersi del Sinodo

con interesse. Ritengo che, gradualmente, i lavo-ri sinodali e le discussioni su argomenti talvolta estremamente complessi – la bioetica, la bene-dizione alle coppie gay, l’integrazione – abbiano condotto la Chiesa a confrontarsi col necessa-rio cambiamento della storia, con le innovazioni della scienza, e quindi ad orientarsi su posizioni adatte alle nuove esigenze della società. Quale argomento affrontato ti sta più a cuore?

Il tema della benedizione alle coppie gay mi in-teressa in particolar modo; due anni fa seguii l’acceso dibattito in merito. Sono del tutto favo-revole alla decisione presa di appoggiare l’unio-ne di due persone che si amano anche se del-lo stesso sesso. Mi piacerebbe, nelle prossime edizioni del Sinodo, sperimentare una forma di partecipazione maggiore.Cioè? Propormi come deputata a rappresentanza del-la mia comunità. Eugenio Bernardini è il neoeletto moderatore del-la Tavola valdese. La tua impressione? Positiva. Ho apprezzato nel suo discorso d’in-sediamento soprattutto le osservazioni sui gio-vani: non consideriamoli come un lontano oriz-zonte, da raggiungere ed educare per la Chiesa di domani, ma come una realtà presente, pronta ad esprimersi e responsabilizzarsi all’interno del-la Chiesa di oggi. Sara Fenoglio

“Non un lontano orizzonte da raggiungere, ma un presente da valorizzare”Intervista a Sara Pasquet, giovane valdese del “Grappolo” di Luserna

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88TEnDEnzE

La movida per Pinerolo nelle sere d’estate

Il centro storico che ci piace

nuove idee e iniziative nel Centro storico

Mentre la città si rianima con la 36a rassegna dell’Arti-gianato, che attira migliaia di abitanti del circondario (ma non ha forza di andare oltre!), alcuni piacevoli eventi si sono realizzati nei mesi estivi nel centro storico. «In centro è sempre “happy hour”» ha titolato l’Eco del 29 agosto. Bar, ristoranti, gelaterie hanno vitalizzato le antiche vie del borgo medievale, in particolare lungo l’asse tra Piazza Fac-ta, via Savoia, Piazza Duomo, Via Trento, ma non solo. La movida, dai Murazzi di Torino o da Saluzzo sembra che un po’ si sia spostata anche a Pinerolo. Sembra che le forze giovanili più intraprendenti l’abbiano capito e abbia-no riscoperto le potenzialità di questo aspetto della nostra città e abbiano accettato di rischiare intraprendendo un’atti-vità di ristorazione e di svago. C’è da sperare che l’Ammi-nistrazione comunale a sua volta capisca e assecondi questa ventata di iniziative private, anche placando certi abitanti insofferenti, spiegando che questa imprenditorialità della socializzazione e dello svago lavora anche per le loro ta-sche e portano non solo schiamazzi, ma anche ricchezza. L’ex Sindaco di Torino Chiamparino riferendosi alla mo-vida di piazza Vittorio qualche settimana fa ha detto su La Stampa: «Capisco chi si lamenta, ma tutte le grandi città hanno zone vocate, tra cui i quartieri “notturni”. E io non cambierei piazza Vittorio con un’altra zona anche perché so quanto ho pagato quell’appartamento nel 1982 e so quanto vale oggi»

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9Lettere al giornale di Elvio Fassone

E così Pinerolo si avvia a perdere il suo tribunale. non è la prima spoliazione, tutt’altro: nel giro di pochi anni è toccato alla Conservatoria, poi al carcere, alla direzione dell’ASL, all’Azienda per il turismo, ai piccoli ospedali, alla ferrovia della Val Pellice e, nel campo pri-vato, a decine di aziende che hanno chiuso i battenti o si sono trasferite altrove. E’ come se si fosse diffusa la tacita convinzione che questo sia un territorio senza fisionomia e senza nerbo, buono come appendice ma non come centro propul-sore. Una piacevole periferia, insomma, con un gusto un po’ retró di cavalleria e di guerre di religione ormai superate, con la placidezza della provincia che offre l’aria buona e la medicina allo stress, mentre les affaires si consumano altrove. Sarebbe ingeneroso gettare la croce su qual-cuno, ma la realtà ha una sua ruvidezza che si impone. non si può fare a meno di ricordare gli innumerevoli convegni, seminari, riunioni, “ta-voli”, comitati, forum e dibattiti vari, nei quali il pregio era ritenuto quello di radunare il maggior numero possibile di soggetti ed enti, e l’unico risultato concreto era (non sempre) quello di sta-bilire la data dell’incontro successivo. Visti gli esiti, forse è opportuno cambiare regi-stro. In luogo del vocabolario un po’ consunto del “fare squadra, fare rete”, del “valorizzare le risorse”, delle sinergie, degli scenari e dell’attesa delle ideone che non vengono semplicemente perché non esistono, in luogo di questo rituale potrebbe giovare un capovolgimento di prospet-tiva. Ad esempio, si potrebbe riprendere ciò che è già sta-to discusso ed elaborato in passato, e poi accantona-to per inerzia, poiché sembra piuttosto stolto ripartire sempre da zero, come se solo noi fossimo in grado di progettare. Si potrebbe - dico sempre in punta di piedi - abbandonare l’illusione che più si è intorno al tavolo e più fioriscono le genialità, e sostituirla con la formu-la che dapprima si sceglie e si costruisce in pochi un progetto ragionevole, e poi lo si sottopone ai molti per un confronto, che non esclude la bocciatura, ma che almeno si muove su una traccia solida. E si potrebbe ancora, ad esempio, familiarizzare con il concetto che oggi un territorio ha tanta più autorevolezza, quanto

più è sede di una qualche eccellenza, di un qualcosa che non c’è altrove, e che per ciò stesso è espressione di personalità e di vivacità creativa. Vogliamo provare a sporcarci le mani con qualche indicazione? Proviamo. nei primi anni 2000 si è svi-luppato il progetto di fare del Museo della Cavalleria (il terzo in Europa, per rilevanza museale) un grande attrattore che combini la dimensione storico-scientifica con una fruizione turistica e ludica a largo raggio: il tut-to culminato nella proposta di legge regionale n. 85 del 2005, sorretta da adeguati finanziamenti, poi dispersi:

perché non ripartire di lì? Ancora. Le università nelle sedi decen-trate sono destinate a morte progressiva (e la nostra esperienza lo sta scontando): ma non è così per le università di eccellenza, tali che costituiscano un unicum, o quasi, nel panorama nazionale. A Pinerolo è sta-to messo a punto un dettagliato progetto di una laurea di secondo livello in “Scienza delle Alpi”, con dimensione trans-frontaliera coinvolgente Francia e Svizzera, e con as-senso a livello universitario: perché non pensare in grande, quando c’è un gran bi-sogno di una cultura scientifica della mon-tagna? Ancora. Autorevoli economisti afferma-no in modo argomentato che il trend delle de-localizzazioni delle imprese è destinato a rallentare ed a capovolgersi entro non molti anni. Perché non fare leva sulla constata-

zione che i poli industriali della cintura torinese sono vicini alla saturazione, e riprendere il progetto di un “interpello” (curato scientificamente dalla Facoltà di Economia) alle industrie, per sapere a quali esigenze specifiche il territorio dovrebbe dare risposta al fine di un loro possibile insediamento nel Pinerolese? e di riflesso individuare alcune poche richieste, sulle quali costruire un progetto finanziabile, tale da contrastare in modo durevole il dissanguamento che ci affligge. L’idea ebbe slancio e consensi in uno dei tanti “tavoli di crisi”, nel 2005, poi si preferirono le grandi adunate. E altro ancora. Se si vuole procedere secondo il consueto, si può proseguire. Col tempo, lo sappiamo, tutto si aggiusta. Male.

PInEROLO

dopo iL triBunaLe...

Che cosa possiamo perdere?

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Lettera a Alfred Hitchcock

Come arrivare a 26 anni senza aver mai visto Psycho?

Lettera a...di Cristiano Roasio

DAL TEMPO

C’era un comico alla Tv, alcuni anni fa, che faceva della sua impossibilità a pronunciare il nome Alfred Hitchcock un simpatico siparietto. Mi tocca ammetterlo, faceva parecchio ride-re sentire il suo accento da bifolco della bassa padana arrovellarsi sulla consonante fricativa glottidale sorda (vedi wikipedia). Poi venne una minuta professoressa del liceo e il complesso, consueto a chi oc-cupa una cattedra di qualsivoglia letteratu-ra, che in questa sede chiamerei “eccesso di dopplegänger”, acuta insania palesantesi con doppio-mania perenne e aggressiva, risposta univoca a tutte le inter-rogazioni in qualsivoglia letteratura, a partire, credo (Caino e Abele erano gemelli?), da Plau-to per arrivare ad American Psycho; il suddetto modulo tematico si era concluso con la visione di Vertigo, più conosciuto allora come primo sin-golo del nuovo album degli U2, che non come La donna che visse due volte. Solo così, fin ora, avevo conosciuto la tondeggiante istituzione ci-nematografica che ha il nome di Alfred, più faci-le da pronunciare. La prima domanda in una ipotetica lettera a Hitchcock è: come si arriva a ventisei anni senza aver mai visto Psycho? E con vedere non in-tendo parodie, canzonature, remake e citazioni. Evidentemente ci si arriva. Male, con una con-cezione tutta sballata e traballante del cinema, non solo horror, e con esso degli ultimi cin-quant’anni di Storia. Era cosciente di fare un film così “film” da riassumere il Film stesso? Pellicola semplice, ma non troppo. non un’inquadratura fuori posto. La protagonista principale non è la protagonista principale e non appena ci affezio-

niamo a lei già la perdiamo. A quelli che vi chie-dono cosa serva l’arte fategli vedere la scena della doccia che tutti conosciamo ma nessuno ha visto, parlategli del cut che diventa ferita, ta-glio, raccontategli di norma(n) bates, con quella faccia da angelo costipato, di Anthony Perkins e di quel fotogramma in cui si individua in lui il teschio della madre, solo per una frazione di

tempo tendente allo zero (Il Punto Omega direbbe De-Lillo). Gli chiederei se quella goffaggine che si scorge in alcuni momenti della pelli-cola, quasi una distensione o rilassamento o un’anacro-nistica visione di sottrazione della violenza, sia voluta. Se non sapessi già la rispo-sta. basta guardare il trailer completo per accorgersi che si può introdurre il più nero pozzo dell’anima umana con

un sorriso perché, in fondo, non è altro che un consumistico prodotto di massa. O non più? Un prodotto di massa tramutato in un classico d’autore. Mi sovvengono i tentativi di Calvino di redigere una definizione sul classico cartaceo: “I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti”. Definizione che si sposa alla perfezione con Psycho (1960). E se ancora non bastasse: Hitchcock ci mostra per la prima volta sul gran-de schermo un reggiseno nero! E una tazza del water! “È classico ciò che tende a relegare l’attuali-tà al rango di rumore di fondo, ma nello stes-so tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno”. Guardate il Tg e poi vediamo se norma(n) bates non vi sta guardando negli oc-chi mentre racconta delle sparatorie in Sudafrica e poi del nuovo ballo dell’estate.

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Il futuro dei mieiUn bel racconto di Alessandro Ghebreigziabiher, scrittore. Un dia-logo fra zio e nipote su una carretta del mare, che può aiutarci a dare un signi-ficato diverso alle parole extracomunitario, immigrato, clandestino.

non ci restano che le Storie...

di A.D.CULTURE

Su una nave. In mare. Da qualche parte.«Zio Amadou?».«Sì...»«Zio?».«Sì?».«Mi senti?».«Sì che ti sento...».«Ma non mi guardi.. .».L’uomo si volta ed accontenta il nipote. «Stai tranquillo, gli dice inarcando il sopracciglio sinistro, le mie orecchie funzionano bene anche senza l’aiuto degli occhi...». E si volta a studiare le onde.Il ragazzino, poco più di sei anni, lo osserva dubbioso, tuttavia si fida e riattacca: «Zio... Tu conosci bene l’Italiano?» .«Certo, laggiù ci sono già stato due volte».«Conosci proprio tutte le parole?»«Sicuro,Ousmane».Il nipote si guarda in giro, come se avesse timore di essere udito da altri, e arriva al sodo: «Cosa vuol dire extracomunitario?».L’uomo, alto e magro, ha trent’anni, ma la barba grigia gliene aggiunge almeno una decina. Non appena coglie l’ultima pa-rola del bambino, si gira di scatto e fissa i propri occhi nei suoi.Trascorre un breve istante che tra i due sa di eternità, possibile solo in un viaggio in cui è in gioco la vita.«Extracomunitario, dici?, ripete abbozzando un sorriso since-ro, extracomunitario è una bellissima parola. I comunitari sono quelli che vivono tutti in una stessa comunità, come gli italiani, e l’extracomunitario è colui che entra a farne parte arrivando da lontano. Non appena i comunitari lo vedono capiscono subito che ha qualcosa che loro non hanno, qualcosa che non hanno mai visto, un extra, cioè qualcosa in più. Ecco, un extracomu-nitario è qualcuno che viene da lontano a portare qualcosa in più».«E questo qualcosa in più è una cosa bella?».«Certamente!, esclama Amadou accalorato, tu ed io, una volta giunti in Italia, diventeremo extracomunitari. lo sono così così, ma tu sei di sicuro una cosa bella, bellissima».L’uomo riprende a far correre lo sguardo sulla superficie dell’acqua, quando Ousmane lo informa che l’interrogatorio non è ancora terminato: «Cosa vuol dire immigrato?».Lo zio stavolta sembra più preparato e risponde immedia-tamente: «Immigrato è una parola ancora più bella di extra-comunitario. Devi sapere che quando noi extra comunitari arriveremo in Italia e inizieremo a vivere lì, diventeremo degli

immigrati».«Anche io?».«Sì, anche tu. Un bambino immigrato. E siccome sei anche un extracomunitario, cioè uno che porta alla comunità qualco-sa in più di bello, tutti gli italiani con cui faremo amicizia ci diranno grazie, cioè ci saranno grati. Da cui, immigrati. Chiaro?».«Chiaro, zio. Prima extracomunitari e poi immigrati».

«Bravo», approva Amadou e ritorna soddisfatto ad ammirare il mare che abbraccia la nave.Ciò nonostante, non ha il tempo di lasciarsi rapire nuovamen-te dai flutti che il bambino richiama ancora la sua attenzione: «Zio...».«Sì?», fa l’uomo voltandosi per l’ennesima volta.«E cosa vuol dire clandestino?».Questa volta Amadou compie un enorme sforzo per sorride-re, tuttavia riesce nell’impresa: «Clandestino... Sai, questa è la parola più importante. Noi extracomunitari, prima di diventare immigrati, siamo dei clandestini. I comunitari, come quasi tutti gli italiani che incontrerai di passaggio, molto probabilmen-te ancora non lo sanno che tu hai qualcosa in più di bello e qualcuno di loro potrà al contrario insinuare che sia qualcosa di brutto. Tu non devi credere a queste persone, mai. Promet-tilo!». Il tono dell’uomo diviene all’improvviso aggressivo, malgrado Amadou non se ne accorga.«Lo prometto!» si affretta a rispondere il bambino, sebbene non sia affatto spaventato.«Per quante persone possano negarlo, prosegue lo zio, tu sei qualcosa in più di bello e questo a prescindere se tu diventi un immigrato o meno, a prescindere da quel che pensano gli altri. E lo sai perché?».«Perché?».«Perché tu sei un clandestino. Tu sei il destino del tuo clan, cioè della tua famiglia. Tu sei il futuro dei tuoi cari...».L’uomo riprende ad osservare il mare.Ousmane finalmente smette di fissare lo zio e si volta anch’egli verso le onde.Mi correggo, il suo sguardo le sovrasta e punta oltre, all’oriz-zonte. «Sono il futuro dei miei...», pensa il bambino. Le parole si mescolano ad orgoglio e commozione, gioia e fierezza. E chi può essere così ingenuo da pensare di poterlo fermare?

da www.alessandroghebreigziabiher.it

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Città, città, ancora città. Città che cre-sce, città nata per essere soltanto dormito-rio di una popolazione addetta alle industrie, come grandi falansteri moderni, città che assorbe terreno circostante per accogliere una popolazione sempre maggiore. non si tratta né di una previsione condot-ta da qualche team di ricercatori, né l’unica realtà che ho avuto modo di considerare in Turchia quest’estate. Il viaggio attraverso le città principali della Turchia mi ha però permesso di fare qualche considerazione. A giugno si era parlato di smart cities, non solo in termini di fondi europei stanziati per il loro sviluppo, ma anche come possibilità evolutiva preferibile per una città. La do-manda che mi sono posto è stata quanto questo dibatti-to sia percepito, in termini di azioni attuate sulle città, al di fuori dei confini europei. Se si fa un’eccezione per Istanbul, una metropoli svi-luppata longitudinalmente per 150km, che conta tra i 15 e i 20 milioni di abitanti, che costituisce da sola un caso emblematico difficil-mente comparabile con altre città turche, rimane piutto-sto interessante analizzare lo sviluppo delle altre grandi città. L’urbanistica sembra pre-vedere soprattutto ampliamenti, vale a dire la logica che in Italia è stata condotta fino al secondo conflitto mondiale. Quartieri re-sidenziali però, che vedono la presenza al contempo di pochi servizi, più accentrati, e di moschee che sembrano sollevare un’im-magine fortemente orientata ma non altret-tanto condivisa. Si registrano anche segni molto forti: ad An-kara, la capitale che ha visto negli anni ’50

una crescita urbana improntata all’abusivi-smo edilizio, si sta procedendo alla bonifica edilizia di questi quartieri. Che vengono rasi al suolo e riedificati con edilizia conforme alle normative appositamente per conferire alla città capitale un volto meno sovversivo.All’esterno di queste città si estendono poi chilometri di strade, poche autostrade, gra-tuite al Sud ma non al nord dove il traffi-co tra le città capitali è più intenso, tutte quante dimezzate temporaneamente nelle dimensioni per poterne raddoppiare la por-tata. Collegamenti pubblici che si svolgono interamente su gomma, vista la scarsa pre-senza di treni che colleghino tra loro i grandi centri, principali conglomerati urbani in uno

Stato dove l’accentramento sembra giocar-la da padrone. Quanto sono smart queste città? Poco, e a giudicare dalla strada intrapresa dai can-tieri aperti in ogni dove, forse anche meno. Perché smart city vuol dire innanzitutto città a misura d’abitante, il primo soggetto coinvolto, che rischia invece di essere sem-pre più disorientato in città stravolte dalla crescita fuori controllo.

A r te&Arch i t e t tu ra A cura di Michele F. barale

ARTE

dopo un viaggio in turChia...

Come crescono i nostri “vicini”Mese di LugLio-agosto 2012

Delibere della Giunta comunale

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Mese di LugLio-agosto 2012

Delibere della Giunta comunale

A cura di Silvio Ferrero

P i ne ro loDOCUMEnTI

Delibera n. 209 del 11.07.2012-Edilizia resi-denziale pubblica legge 23/12/1998 n. 448, art. 31 dal comma 45 al comma 50 - sosti-tuzione convenzione stipulata per la cessione del diritto di proprietà zona Cp2 lotto L12.Delibera n. 210 del 11.07.2012 nomina agente contabile presso il settore urbanistica.Delibera n. 211 del 11.07.2012 Valorizza-zione del civico museo di scienze naturali per l’anno 2012.Delibera n. 212 del 11.07.2012 Valorizza-zione del civico museo di archeologia e antro-pologia per l’anno 2012.Delibera n. 213 del 11.07.2012 Valorizzazione della collezione civica d’arte per l’anno 2012.Delibera n. 214 del 11.07.2012 Valorizzazione del civico museo etnografico per l’anno 2012.Delibera n. 215 del 11.07.2012 Rifacimento e dualizzazione rete fognaria in via bignone comune di Pinerolo - 1° stralcio. Presa d’atto progetto esecutivo dell’Acea.Delibera n. 216 del 18.07.2012 Appello av-verso la sentenza n. 80/12 pronunciata dal tribunale di pinerolo - sez. Lavoro - sul ricorso proposto da … omissis … (indennita’ di turno).Delibera n. 217 del 18.07.2012 Vespa club pinerolo - gran circuito del Sestriere 21/22 lu-glio 2012. Concessione collaborazione, occu-pazione suolo. Materiale comunale.Delibera n. 218 del 18.07.2012 Proposta nuova dotazione organica.Delibera n. 219 del 18.07.2012 Approvazio-ne relazione finale al piano della performance 2011.Delibera n. 220 del 18.07.2012 Realizza-zione di cellette cinerarie prefabbricate. VIII ampliamento cimitero urbano. Approvazione progetto.Delibera n. 221 del 18.07.2012 Sospensio-ne pagamento zona blu nel periodo 6 agosto 2012 - 27 agosto 2012.Delibera n. 222 del 25.07.2012 Organizzazio-ne mostra fotografica per raccolta fondi a favore

delle popolazioni terremotate dell’Emilia Roma-gna, in collaborazione con l’associazione “Imma-ginando”. 28-29 luglio 2012 - Piazza Facta.Delibera n. 223 del 25.07.2012 Rinnovo convenzione con l’ente gestore dell’asilo in-fantile “Umberto I” di Pinerolo. Anni scolastici dal 2012/13 al 2016/17.Delibera n. 224 del 25.07.2012 Adesione al progetto “citta’ di charme” anno 2012.Delibera n. 225 del 25.07.2012 Lavori di ampliamento del complesso scolastico di Abbadia Alpina per nuove aule di scuola ele-mentare. Codice cup: f 13 b 05 00001 006. Approvazione atto di transazione.Delibera n. 226 del 25.07.2012 Concessio-ne area comunale sita in Pinerolo via Michele bravo alla ditta Giordano.Delibera n. 227 del 08.08.2012 Ricorso al t.a.r. Piemonte proposto da …omissis … contro il Comune di Pinerolo ed altri (progetto preliminare dei lavori di realizzazione di viabili-ta’ esterna in uscita dalla discarica in localita’ torrione). Costituzione in giudizio.Delibera n. 228 del 08.08.2012 Edilizia resi-denziale pubblica legge 23.12.98 n. 448, art. 31 dal comma 45 al comma 50. Cessione in proprietà di aree concesse in diritto di superfi-cie - Cp2 lotto l 3.Delibera n. 229 del 08.08.2012 Concessio-ne patrocinio al Club alpino italiano - sezione di Pinerolo per il calendario eventi nel Rifugio Melano - Casa Canada.Delibera n. 230 del 08.08.2012 Manifesta-zione “Animal day” - patrocinio e autorizza-zione utilizzo logo citta’ di pinerolo.Delibera n. 231 del 08.08.2012 Programma-zione triennale fabbisogno di personale 2012-2014.Delibera n. 232 del 08.08.2012 Gestione associata sportello unico attività produttive. Rinnovo convenzione comune di bricherasio e parere favorevole adesione comune di Casta-gnole P.te.

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gruppo giovani aMnesty internationaL pineroLo

Sentenza Pussy RiotIl commento di Amnesty: “un duro colpo alla libertà d’espressione in Russia”

Visibili & Invisibili

La sentenza emessa il 17 agosto da un tri-bunale di Mosca, che ha condannato a due anni di carcere tre componenti del gruppo punk Pussy Riot, colpevoli di “teppismo per motivi di odio religio-so”, è secondo Am-nesty International un duro colpo alla libertà d’espressione in Russia. A febbraio, Maria Alekhina, Ekaterina Samutsevich e na-dezhda Tolokonnikova avevano intonato un brano di protesta all’in-terno della principale chiesa ortodossa di Mosca. Amnesty International ritiene che il procedi-mento sia stato motivato politicamente e che le tre Pussy Riot siano state ingiustamente processate per quella che è stata una legit-tima, per quanto potenzialmente offensiva,

azione di protesta. L’organizzazione per i diritti umani considera Maria Alekhina, Ekaterina Samutsevich e na-dezhda Tolokonnikova prigioniere di coscien-

za e chiede alle autorità russe di rilasciarle immediatamente e senza condizioni. “In risposta all’ondata di pro-teste che hanno accompagna-to le recenti elezioni parlamen-tari e presidenziali, le autorità russe hanno introdotto varie misure che limitano la libertà d’espressione e di riunione. Il processo alle Pussy Riot è un ulteriore tentativo del Cremlino

di scoraggiare e delegittimare il dissenso. Un tentativo che è destinato al fallimento” - ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Pro-gramma e Asia centrale di Amnesty Interna-tional.

www.amnesty.it/sentenza-Pussy-Riot

Ancora una volta ci trovia-mo a celebrare l’anniversario della morte di un uomo, che ha dato la propria vita nella speranza di migliorare quella

dei suoi figli, nipoti, ecc... Questa volta il protagonista è il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia il 3 settembre del 1982 a Palermo. Egli fu educato fin da piccolo alla legalità, poiché era figlio di un carabiniere. Ebbe incarichi im-portanti un po’ in tutta Italia, ma in modo particolare dobbiamo ricordare il suo im-pegno in Piemonte contro le brigate Ros-se, dove nel 1973 fu promosso al grado di generale di brigata. E poi il suo impegno in Sicilia, dove torna nel 1982 con la ca-rica di prefetto di Palermo. Qui egli tentò di ottenere gli stessi risultati che aveva ottenuto contro le brigate rosse. Iniziarono quindi numero-si arresti, ma emblematica resta la frase in cui af-fermò. “Mi mandano qui a Palermo, con gli stessi

poteri del prefetto di Forlì”; infatti lamentò spesso la mancanza di assistenza da parte dello Stato. Dopo la strage di via Ce-rini, in cui persero la vita il Generale, la moglie e un

agente della scorta, il figlio nando Dalla Chiesa ha scritto un libro, “Delitto imperfetto”, in cui riporta una frase pronunciatagli dal padre: “...ci

sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per poter continuare a guardare serenamente negli occhi i propri figli e i fi-gli dei propri figli. C’è troppa gente onesta, tanta gente qualunque, che ha fiducia in me. Non posso deluderla”. E’ dunque stata l‘eccessiva importanza attribuita al ruolo da lui ricoperto a portarlo

a perdere la vita? no, è stato ancora una vol-ta uno Stato incapace di combattere la mafia e di sostenere passo dopo passo i suoi uomini più validi!

30 anni dalla morte di Alberto DallaChiesa

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DIRITTI UMAnI

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Il motto potrebbe essere: l’unione fa la forza, ma anche il risparmio e la solidarietà.Il risparmio virtuoso, un nuovo modo di fare impresa, viene lanciato nel 2010 da An-drea Garbini, imprenditore marchigiano con esperienza nel settore dirigenziale negli ac-quisti: «Dopo avere lavorato in un’azienda di famiglia nel campo agro-alimentare, per tre anni sono stato nella direzione acquisti in un’altra società», racconta Garbini. nel 2004 l’imprenditore fonda a Castelplanio (Ancona) la Garbini consulting Srl (di cui è amministratore unico), società specializ-zata nella gestione degli acquisti di imbal-laggi, energia e telefonia. La sua missione: costituire un’aggregazione di aziende “vir-tuose” alle quali viene garantito un signifi-cativo risparmio sugli acquisti di categorie merceologiche comuni, facendo valere la forza contrattuale delle aziende clienti.«Facciamo un esempio: se un prodotto che si compra a 100 euro noi lo compria-mo a 80, il 20 risparmiato viene diviso tra noi e l’azienda. Se un cliente comincia a risparmiare, può incrementare il risparmio segnalandoci altre aziende da inserire nel network. Su quella segnalazione una per-centuale dei nostri ricavi torna al cliente

segnalatore, un’altra percentuale viene de-voluta ad attività benefiche»».Il progetto solidale si è già concretizzato: «Abbiamo già inviato quattro bonifici a ca-denza trimestrale all’Istituto Magnificat di Gerusalemme: siamo arrivati a quota 10 mila euro, una cifra non enorme, ma già un buon passo, soprattutto perché a ogni bonifico au-mentiamo l’ammontare». Circa un anno fa Andrea Garbini ha avuto l’occasione di an-dare a Gerusalemme e visitare la scuola di musica del conterraneo padre Pierucci.«Diamo la possibilità alle nostre aziende clienti di decidere di devolvere una parte a un progetto solidale che scelgono loro, l’al-tra parte comunque deve essere destinata al progetto scelto da noi, in questo caso l’Istituto Magnificat. Di solito si vendono prodotti. noi vendiamo il risparmio. Abbia-mo voluto lanciare un modello imprendito-riale innovativo, che permette di eliminare gli sprechi - un tema molto caro al mondo industriale in tempi di crisi -, di ottimizza-re le risorse e di devolvere finanziamenti in progetti benefici. Questa è la filosofia del risparmio virtuoso: ovvero, risparmiando si promuovono efficienza e solidarietà». da Famiglia Cristiana, n.34, agosto 2012

La storia imprenditoriale di Andrea Garbini

“Di solito si vendono i prodotti,ma noi vendiamo anche i risparmi”“non solo si guadagna, ma si finanziano anche progetti benefici”

Ideelavoro per la città

A cura di Maria Anna bertolino

SOCIETà

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una propria attività, nonostante La Crisi

Manuela Beux, estetista

Giovan i&Lavo roA cura di Giulia PussettoSOCIETà

In questo periodo di crisi che spaventa tutti e sembra non dare speranze soprattutto ai giovani, c’è chi osa e avvia una propria impresa. Così Manuela beux, una giovane ragazza di 28 anni di Piscina che ha de-ciso di aprire un’attività tutta sua. «Ho sempre avuto la pas-sione per il trucco sin da bam-bina. Dopo aver studiato per diventare operatore turistico ho capito che quello non sarebbe stato il lavoro della mia vita. Ho lavorato una stagione come came-riera ad Aosta, ma dopo questa esperienza ho deciso seriamente di entrare nel mondo del trucco e dell’estetica. Mi sono iscritta ad una scuola privata per estetista di Torino e per 8 anni ho lavorato in centri estetici. Ho truccato per case come Guerlain, Deborah occupando-mi della “beauty” in vari negozi. Ho lavorato per aziende di make up, una delle quali però ha poi chiuso. Mi è poi capitato diverse volte di collaborare con fotografi. Gli orari che facevo però erano molto difficili. Ho deciso così dopo la famosa gavetta di aprire un negozio gestito da me. Dopo essermi informata sugli affitti a Pinerolo ho preferito Piscina non solo per un di-scorso economico ma anche perché è il luogo dove vivo. Inoltre la posizione è centrale. Sono contenta della mia scel-ta. Il percorso di uno studente o quello di una persona che si indirizza direttamente verso un mestiere sono entrambi difficili. Forse in certi campi come il mio ci sono più vantaggi perché è un tipo di mestiere che va mol-to: la cura della persona è qual-cosa che sembra non tramonta-re mai. Il mio campo è sempre in evoluzione, bisogna sempre seguire corsi di aggiornamento. Per qualcuno può essere una

scocciatura ma io ad esempio lo tro-vo stimolante perché mi piace segui-re la moda e le ultime novità. Questa è la mia prima esperien-za nel gestire un negozio anche se quando lavoravo come dipendente in altri centri avevo avuto occasione di prendere in mano responsabilità di gestione e mi è sempre stata data grossa fiducia. La decisione di apri-re questa attività è stata una scelta meditata e ho aspettato di sentirmi

veramente pronta e preparata. Se dovessi dare un consiglio a chi desidera entrare in questo mondo consiglierei innanzi-tutto di scegliere una scuola seria che possa dare ottime basi, poi ovviamente più esperien-za si fa e meglio è. È importante osservare e prendere esempio da chi il mestiere lo conosce bene, quindi dalla titolare o dalle altre colleghe. So che questo è un momento duro per via della crisi, ma io ho deciso di intraprendere questa via, accertandomi prima però di ave-re le basi giuste sia a livello professionale che economico. Sono felice di questa scelta, perché il mio lavoro mi permette di stare a contatto con altre persone e spesso con le clienti si instaurano rapporti di confidenza e amicizia che mi per-mettono di trarre ancora più soddisfazione da quel che faccio».

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Le manifestazioni che promuovono gruppi emergenti sono sempre un fertile terreno per il nascere di realtà musicali che spesso escono dagli schemi e propongo-no originalità allo stato puro.Così è stato anche per “We like indie 2012”, manife-stazione organizzata dal circolo Arci “Stranamore” alla quale ho partecipato con la mia band. Tra un sound check e la cena vengo così a conoscen-za dell’interessante proposta musicale dei before Le-mon ed inizia la nostra chiacchierata pre-show.Ragazzi, innanzitutto complimenti per il nome origina-le, ma...che significa? Il nome before Lemon cerca di esprimere ironica-mente il ruolo di reciproca dipendenza che la musica ha con le relazioni sentimentali. nessuna delle due può esistere senza l’altra. Spiegazione originale quanto criptica. Ora raccontate-mi un po’ di voi. I before Lemon nascono ufficialmente nei primi giorni del 2010, quando Lara Olivetti (voce e chitar-ra) con l’arrivo del nuovo anno decide di ricontattare Emanuela - Judy- Calindro (voce e tastiera), Federico Griso (batteria) e Marco Mussa (basso) e propone loro di suonare nuovamente insieme. Così i before Lemon abbandonano le cover e i ritmi ska con i quali avevano avuto modo di conoscersi e che li avevano accompagnati per 8 anni di concerti e iniziano un percorso sicuramente più rischioso e com-plesso: testi e musica inediti, nati dalla chitarra, dalla testa e dallo stomaco di Lara, costruiti e vestiti atten-tamente con il gruppo nella loro sala prove ricavata in un’officina - uno spazio bianco libero ritagliato nella sovrabbondanza e nel crepuscolo.

Dopo un esordio presso il circolo Pueblo di Torino nel Maggio 2010, i before Lemon partecipano e vincono in qualità di miglior band emergente in concorso Corbi-gliAtomica, giugno 2010 (Villarbasse, To) e nell’estate un altro concerto li vede protagonisti presso il Cortile del Museo Diffuso della Resistenza (Torino). Con l’ar-rivo dell’autunno i before Lemon scelgono di lavorare profondamente sui pezzi, per sviscerare a fondo tutte le sfumature che i brani contenevano; i brani cresco-no e maturano di significati, per parlare agli amici di sempre e a quelli nuovi incontrati durante il percorso.E come dei veri limoni, si presentano nuovamente con l’arrivo della primavera, come germogli, convinti che suonare non sia questione di quantità bensì di qualità.La vostra musica ha strutture e ritmiche molto interes-santi, cosa vi ispira? non esiste un unico genere, così come non esiste un unico tema. La volontà è quella di districare le matasse di una realtà fatta di emozioni, storie e contraddizioni con semplicità e poetica ironia. Il risultato sono canzoni divertenti, testi malinconici, melodie indipendenti e suo-ni improbabili in salsa pop. Ogni componente ha gusti musicali diversissimi da quelli degli altri: la sfida è quella di riuscire a conciliare nelle canzoni il rock e il jazz, l’indie pop e la tradizione cantautorale italiana e straniera. Cosa c’è nel vostro futuro? nel futuro speriamo di poter registrare una demo al più presto, migliorarci tecnicamente e musicalmente, scrivere nuove canzoni e divertirci come facciamo ora. Termina qui la nostra chiacchiereata in salsa di limoni. Orecchie tese, quindi, verso la musica dei before Le-mon che potrete ascoltare on line in vista dei prossimi live. Chissà forse in primavera come i limoni.

MusiCa eMergente

I Before Lemon

A cura di Demis Pascal e Mario RivoiroMUSICA Of f i c i ne de l suono

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intervista a Matteo Bertea di s.seCondo

Lo sport visto da chi lo gestisce

Sport A cura di Andrea Obiso

SPORT

Augurandoci di ritrovarvi ri-caricati dopo il periodo estivo, riprendiamo la nostra rubrica an-dando a parlare con chi vede lo sport da un’angolazione diversa rispetto a chi intervistiamo di solito.In un periodo in cui si invoca, senza grandi risultati, un pas-saggio di testimone fra generazioni, noi siamo andati a trovare il più giovane assessore della giunta comunale di San Secondo, Matteo bertea.

Matteo, che ruolo occupi nella giunta di San Secondo? Mi occupo di politiche giovanili, dello sport e della comunicazione. Quanti anni avevi quando hai comincia-to e soprattutto come è nato tutto? Io sono del 1989, avevo 20 anni quan-do il sindaco, che già era in carica, mi ha cercato per inserirmi nella nuova lista e seguire le riunioni precedenti le elezioni del 2009.Da lì è partito tutto e ora siamo qui, al-meno fino alle elezioni del 2014.Il tuo predecessore ha fatto un buon la-

voro o ha lasciato qualche pro-blema da risolvere? non direi, all’inizio chiaramen-te ho dovuto imparare a gestire questo ruolo, ma non ho avuto difficoltà riconducibili a situa-zioni precedenti il mio mandato.Gli impianti comunali vengono gestiti interamente dal Comu-

ne? Esiste una convenzione con una or-ganizzazione che si occupa di gestire i nostri impianti per tutto quello che ri-guarda la manutenzione.Di quanti impianti stiamo parlando? Parliamo di un impianto calcistico, un campo da calcetto, tennis, basket, be-ach volley e bocce.Un bell’impegno, nel frattempo avete anche trovato il tempo di realizzare qual-cosa?Per fortuna sì. Al campo di calcetto è stato cambiato il fondo passando all’er-ba sintetica, inoltre abbiamo spostato il campo di bocce per creare quello di be-ach volley.Abbiamo aperto il campo Cagni, un campo di calcio con le porte a norma, a

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ingresso libero, situato vicino alla scuo-la, quindi molto comodo per i ragazzi che desiderano utilizzarlo.

L’ingresso al Cagni è libero, ma i restanti impianti?I campi da gioco comunali sono a paga-mento, fatta eccezione del Cagni ovvia-mente

San Secondo ha anche delle società sportive? Che rapporti avete con loro? A San Secondo ci sono una squadra di calcio e una di pallavolo, affittano i nostri impianti quindi i rapporti fra noi e loro sono in relazione a questoDi quali altre attività sportive ti occupi nell’ambito comunale? Annualmente la Pro Loco organizza il “Palio dei borghi”, una competizione fra gli abitanti dei quattro borghi di San Se-condo (Sopra, Sotto, nuovo e Miradolo) che per due settimane si danno battaglia in diverse discipline: calcio, tennis, pal-lavolo e molto altro.La competizione ovviamente è aperta a chiunque abiti nei borghi, è ideata per coinvolgere bambini, adolescenti, adulti e anche anziani i quali partecipano ai gio-chi di carte, bocce e altro.Oramai è una tradizione e trovo sia un bellissimo evento che stimola l’aggre-gazione fra generazioni e all’interno del paese.Come strutturate quest’anno l’imminen-

te “Porte Aperte Allo Sport”? Qualche anno fa questa manifestazione provinciale aveva una data obbligatoria, oggi è possibile per i comuni scegliere il giorno di settembre più congeniale.noi abbiamo scelto domenica 16 settem-bre perché in quei giorni organizziamo la “Sagra dij Fojòt” e abbiamo pensato fos-se carino unire le due manifestazioni con il risultato di avere tutti gli impianti attivi e gratuiti durante la sagra.Ti occupi solo di sport o lo pratichi an-che? Sarebbe difficile per me non praticare qualche sport, soprattutto ora che rico-pro questa carica, infatti pratico ciclismo a livello amatoriale.Dato che la fine del mandato è ancora di-stante hai qualche progetto per il futuro? La convenzione per la manutenzione degli impianti scade quest’anno e va quindi rinnovata, in più ci è stato propo-sto un interessante progetto riguardante i campi di calcio.Sarebbe prevista l’aggiunta di un campo di allenamento per il San Secondo Cal-cio ma sfortunatamente mancano anco-ra i finanziamenti necessari, si vorrebbe coinvolgere il Coni ma per ora è tutto fermo, purtroppo la situazione economi-ca odierna non aiuta.buon lavoro e grazie

Grazie a voi e buono sport!

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2020cosedicasanostra

Hanno detto...- Il pinerolese «È un territorio dalle enormi poten-zialità, che potrà affermarsi definitivamente quando tra gli operatori e gli amministratori si sarà formata una vera cultura turistica insieme a un grande spirito di collaborazione» Patrick Hoff-nung, direttore di Turismo Torino e provincia (o Atl unica), l’ente provinciale per il turismo, L’Eco del Chisone, 4.08.2010

- “Non dobbiamo limitarci a gestire un territorio in declino da vent’anni e rassegnatci a diventare un pezzo della cintura di Torino; dobbiamo ripartire da un pacchetto di proposte condivise dal territorio e poi chiedere a Torino di discutere il nostro ingresso nella Città metropolitana partendo da quel pacchetto”. Luigi Pinchiaroglio, segretario del Pd di Pinerolo, Eco del Chisone, 29.8.2012.

“No cash day” - Chi controlla il denaro virtuale? L’avvento dell’era del pagamento soltanto elettronico - quindi con la sparizione del contante - porterà molti vantaggi da tanti punti di vista, a partire dalla lotta all’evasione fiscale, al lavoro nero, al riciclaggio. Senza dire la comodità: grazie alla tecnologia nfc, ad esempio, potremo pagare semplicemente avvicinando il portafogli o il telefonino alla macchinetta dell’esercente, niente Pin né firme. Secondo i più entusiasti, il sistema potrebbe avere addirittura effetti benefici sulla crisi economica, stimolando un aumento dei consumi. E dal 2011 anche in Italia si celebra il “no cash day”, nel quale vengono messi in luce altri effetti collaterali negativi del contante: dal costo della stampa alla veicolazione di agenti patogeni attraverso le banconote, fino alle rapine. Tutto vero, probabilmente. Purché si sappia che la virtualizzazione completa dei pagamenti renderà ancora più potenti i giganti del settore (come Visa, MasterCard e PayPal), tutte corporation private non sempre “fair” e neutrali. Come noto, ad esempio, questi gruppi hanno fatto cartello per strangolare WikiLeaks, vietando ai donatori di usare i loro i circuiti. Ci sono voluti più di due anni perché una Corte dichiarasse illegittimo il boicottaggio: e l’associazione di Julian Assange non verrà mai risarcita di quanto ha perso in questo periodo. Insomma, ben venga la digitalizzazione definitiva del denaro, purché le democrazie e gli stati di diritto tengano bene al guin-zaglio i signori delle transazioni virtuali. www.piwonorane.it Alessandro Gilioli, L’Espresso, 16 agosto 2012

In bicicletta da Venezia a Torino lungo il fiume Po“VENTO... si chiama la pista ciclabile con 679 km di piste.

Potrebbe diventare la più lunga del sud-Europa. Il progetto: http://www.progetto.vento.polimi.it/VEnTO è un progetto di sviluppo, una concreta e stabile occasione di occupazione e rilancio economico dei territori attraversati. Questa per chi ama la bicicletta è una ciclabile lunga per muoversi, viaggiare, andare a lavorare e a stu-diare. Le ciclovie in Italia sono infrastrutture ancora allo stato embrionale, che non sono ancora pienamente entrate nella nostra cultura. VEnTO è un progetto con 679 km di ciclabile, che sono anche 679 km di green economy, di green jobs e di potenziale crescita dell’economia. I 40.000 km di ciclabili tedesche producono 8 miliardi di indotto all’anno, stabilmente. Centinaia di migliaia potrebbero essere i nuovi flussi di turisti lungo VEnTO, che diverrebbero il motore per tante economie diffuse... vere green economy: aziende agricole (14.000 sono quelle attraversate dal progetto), attività ricettive (300 per ora), attività commerciali (2.000) e tanti cittadini (oltre 1,5 milioni).

In parte VEnTO già esiste, in parte bastano un paio di accordi politici e tecnici per utilizzare gli argini e in piccola par-te deve essere realizzata e messa in sicurezza. Il tutto si potrebbe fare in tre anni: nel 2015 con l’apertura dell’EXPO si potrebbe aprire anche VEnTO, la più lunga ciclabile del sud Europa.Il progetto su www.progetto.vento.polimi.it/

Inglese-PiemonteseA-NEW-LOT: tipo di pasta ripienaBOOT-A-LEAN: persona rotondetta e di bassa staturaCNN: “Qui non c’è “CUP-LEAN: piccolo copricapoFEW-LEAN: ragazzinoFOOL-AND-RUN: zuzzerelloneHUMAN-TELL…: li abbiamo nel…LEE-MOON: limoneME-CAN’T-BEAN: io canto beneMORE-FELL: secrezione nasalePASS-TEA-SOON: persona confusionariaPAT-A-TRUCK: grosso guaioPEACE-A-CAN: fungo non commestibilePHIL-AT: taglio pregiato di carneP.SOON: persona incontinentePUMP-EAST: pane secco grattuggiatoSEA-LANCE-HE: silenzioSEEN-DICK: sindacoSOUTH-HE-SOON: salsiccione

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2121cosedicasanostra

Idrogeno: l’Italia vuole giocare da protagonista

Tra le prossime sfide italiane, quella della Puglia dove Ciaotech-Pno ha coordinato Engineering, Enel, Regione e altri partner internazionali per la realizzazione di un impianto che immagazzinerà energia verde per metterla a disposizione della società civile. Un sistema da 23 milioni di euro e a zero impatto ambientale che potrebbe diventare il più grande d’Europa. Il tutto grazie a sole, vento e celle combustibili che scompongono acqua in idrogeno e ossigeno per trasformarli in energia elettrica. A sviluppare il progetto pugliese, chiamato Ingrid, sarà un team internazionale che parte dall’idea del professor Fabrizio D’Er-rico del Politecnico di Milano. «Quello che stiamo realizzando», spiega l’ingegnere Marco Romeo, amministratore delegato di Ciaotech (Pno Group), «è un ciclo chiuso e l’idrogeno viene usato come vettore d’energia. L’energia eolica e solare alimen-terà una serie di elettrolizzatori che scompongono l’acqua in molecole di ossigeno e di idrogeno. Poi, in maniera controllata, l’idrogeno prodotto verrà stoccato e l’energia elettrica rilasciata dalle fuel cell immessa nella rete. L’energia prodotta servirà ad alimentare un parco di trasporto elettrico per i cittadini, riducendo drasticamente le emissioni di CO2.

www.cliclavoro.gov.itE’ il portale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’accesso dei cittadini ai servizi per l’occupazione erogati su tut-to il territorio nazionale. Tramite il sito web www.cliclavoro.gov.it il dicastero garantisce la circolazione delle informazioni tra tutti gli attori coinvolti nel sistema lavoro, utilizzan-do le principali piattaforme di comunicazione (web site, social network, smartphone, per favorire una reale mobilità dei lavoratori sul territorio nazionale e ad offrire servizi inte-grati a lavoratori e datori di lavoro.

IN RICORDO DI SARA BERTINETTO La sera del 7 maggio 2012, amici e conoscenti di Sara Ber-tinetto venivano sconvolti dalla notizia della sua tragica morte. La ricordano con questo scritto «La “Berta” amava le cose semplici della vita: il sole, il verde, le ciliege appena colte, il profumo della primavera, i cartoni ani-mati, i giocattoli di quando era bambina. Con tutti i suoi pregi e difetti, era unica e insostituibile. Riusciva a stringere amicizia perché sapeva acco-gliere l’altro nella sua specificità, ascoltarlo senza giudicarlo, consolarlo senza banalizzare, consi-gliarlo senza sentenziare. Sapeva suscitare risate irrefrenabili grazie a un’acuta ironia e a un’intel-ligente comicità. Rendeva le serate divertenti e spassose raccontando con disinvoltura le sue avventure strampalate (come quella volta che per alleviare il dolore della sua cagnolina appena sterilizzata le aveva messo la borsa dell’acqua calda sulla ferita, oppure quella in cui, lasciando una sigaretta accesa sul banchet-to degli origami, aveva incendiato tutto). Berta non ha mai voluto scaricare sugli altri le sue ansie e i suoi problemi, ma era molto più fragile e vulnerabile di quanto si pen-sasse. Eppure era amata da tutti quelli che conoscevano la bon-tà del suo cuore. Pertanto ci sono state molte iniziative in suo ricordo: dalla gara sportiva “Il cuore nel pallone - Memorial Sara Bertinetto”, organizzata il 16 giugno al “Barbieri” di Pinerolo, alla dedica del murales realizzato a Bricherasio, nel sottopasso che dà inizio alla pista ciclabile per Campiglione, alla cui creazione Berta aveva partecipato. Inoltre sono state effettuate dagli amici due donazioni dal totale di €650 al Canile di Bibiana e all’Associazione Italiana sulla Sin-drome di Wolf Hirshhorn».

in europa 22 aree d’eccellenza tra loro c’è anche il piemonte

Alta tecnologia Ci sono 22 perle rare nel panora-ma europeo. Regioni sparse tra Italia, Germania, Francia, Regno unito e Spagna che eccellono in tut-to. Le prime della classe per reddito, occupazione, sviluppo tecnologico. e strapazzato dalla crisi. Ma il futuro, se si riuscirà a conservare questo patri-monio, potrebbe anche non essere così nero come è apparso negli ultimi mesi. Si potrà rimanere con le splendide 22 a patto che si faccia qualcosa. L’ana-lisi è dell’ufficio studi dell’Unione industriale

«I recenti dati Eurostat fotografano questa si-tuazione ma ci dicono anche che i primati devono essere quantomeno mantenuti se non migliorati. Per far questo è necessario promuovere la ricerca e favorire la collallaborazione tra le imprese e centri di ricerca non solo in Italia,ma anche all’estero» .

VeneziaTorino

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I mercenari 2Regia: Simon West. Attori Principali: Sylvester Stallone, Jason Statham, Ar-nold Schwarzenegger, Jean-Claude Van Damme, Chuck Norris, Jet Li, Liam Hersworth, Dolph Lundgren, Randy Couture.

Anda re a l c i nema

di Andrea ObisoSOCIETà

Ancora insieme, devastanti, letali e spacconi.barmey Ross e i suoi mercenari questa volta sono impegnati a vendicare la morte di un loro compagno ucciso da un pericoloso criminale intenzionato ad impossessarsi di una miniera di plutonio. Esplosivo, scadente, banale, esagerato e in-credibilmente esilarante.Questi sono gli aggettivi che per primi affiorano alla mente quando si pensa a “I Mercenari 2”; un film pensato e ideato come contenitore di attempate star di action movie.nonostante il rifiuto che può causare anche il solo pensare di andare a vedere un film così, Stallone & Co. mantengono le promesse met-tendo in scena un film prevedibile ed esagerato ma paradossalmente comico.Infatti nessuno viene risparmiato dall’autoiro-nia, unico elemento godibile del film.Tolta la parte comica comunque, “I mercenari 2” va visto per scoprire come non si deve fare un lungometraggio: inquadrature approssima-tive e banali, attori costretti a comunicare a parole le proprie emozioni data l’incapacità di farlo altrimenti e per concludere, sceneggiatura quasi inesistente.Sylvester ti prego, basta. “I mercenari 2” ,tuttavia, è stata una scelta obbligata per portare l’attenzione su due temi oramai ricorrenti da anni.Il primo, prerogativa italiana, è quello di postici-pare le uscite interessanti in favore di qualche

blockbuster sicuro, a causa della scarsa affluenza nelle sale nel periodo tra giugno e agosto.Scarsa affluenza però, dettata dalla poca of-ferta proposta nelle sale, creando un circolo vizioso che solo i distributori hanno i mezzi per spezzare.Andando a coprire un periodo cinematografi-co morto infatti, si risolverebbe il problema di come rendere proficuo un trimestre ad ora fer-mo, ed in più, si scongiurerebbe l’intasamento di pellicole interessanti in altri periodi.Questa mossa consentirebbe inoltre ai distri-butori, di sfruttare meglio film che altrimenti verrebbero sacrificati in presenza di titoli più forti, e allo spettatore di non doversi allontana-re dalle sale per tre mesi, salvo poi non poter vedere tutti i film che desidera.Il secondo problema fondamentale è quello, or-mai abusato, della crisi.Anche se i blockbuster non sembrano dare cenni di cedimento il resto delle produzioni cominciano a risentire in termini di incassi e finanziamenti.Per questo motivo nell’ultimo periodo abbiamo assistito e assisteremo a un turbinio di sequel, prequel e remake (Iron Man 3, Thor 2, Posei-don, Amazing Spiderman, Superman, ecc...).Inutile dire quanto questo, per quanto garanti-sca incassi, allontani la concezione più piace-vole di cinema, ovvero quella che vede lo spet-tatore come persona da incuriosire, stuzzicare e stupire.

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Autostrada Pinerolo-Torino-Aosta, con uscita a Fenis per la suggestiva visita guidata del castello, ottimamente restaurato; passeggiata nel centro storico della città di Aosta lungo le viuzze interne indaffarate di visitatori: arco romano, antica chie-sa di S. Orso con cripta medievale, anfiteatro ro-mano, cattedrale barocca. Affascinante e fresco il percorso sotterraneo illuminato, situato vicino ad una sorta di necropoli extra moenia. Si prosegue poi lungo la strada per La Palud, piegando verso destra oltre la mondana Courmayeur fino all’incan-tevole paesino di Entrèves, ai piedi del “Gigante”. Casette curate, coperte da lose di pietra, fiori ai balconi di legno, accoglienza gentile. Essendo aper-ta la strada alle auto si fa ancora una gitarella a Val Ferret, a nord del massiccio, in un alto sentiero piano costeggiato dal torrente color ghiaccio. L’aria è frizzante, ma si cammina impavidi verso il circuito ad anello che si dirige a cascatella d’acqua sorgiva e ritorna nell’ombra dei pini verso l’ultimo campeg-gio, con alberghetto e giochi per bambini, con an-nesso allevamento di trote e storioni. notte in un hotel sotto la funivia: la camera in un caldo chalet, i mobili confezionati a mano da una ditta artigiana di Saluzzo, i copripiumini come le tende tessute con danze di scoiattoli e stambecchi, che mi ricordano a Cuelo de Luna in Ecuador un rifugio montano con le coperte coi disegni di alpaca che trotterellavano nei miei sogni. La mattina un fresco risveglio con la vista sul gigante illuminato dal sole e la deliziosa colazione di yogurt fresco, cereali, frutta, marmel-late e torte fatte in casa, bevande calde e la Fontina D’Aosta che con una certa varietà di salumi tagliati

al momento ed offerti dal padrone di casa accom-pagna il pane tostato. Si sale ben coperti nella ca-bina… fabbricata a Finale Ligure! Sosta al giardino botanico, poi, in un panorama incantevole e terso, si giunge fin sulla vetta. Il freddo è pungente ma lo spettacolo superbo. Si osservano i nomi di ogni cresta e sperone, il corno, le signorine inglesi, la spianata, le punte vermiglie e verdastre, l’altro tratto di funivia che sale da Cha-monix, i lavori in corso che si prevedono conclu-si l’anno venturo e che porteranno ancora più in alto. Foto di rito e passeggiata sul ghiaccio nevoso, osservando i bimbi che vengono accompagnati da un paziente istruttore, con ramponi e funi, e noi si cammina fin dove si presume riparta la seggiovia di Chamonix ma l’accesso vi è precluso e si torna indietro. Gli occhi sono pieni di meraviglia. Ancora due parole con una brasiliana stupefatta alla vista della neve, che proprio non poteva immaginare, e si scende verso il caldo. La vallata si riapre alla no-stra vista offrendosi in tutta la bellezza. Lungo la Statale è agevole prendere deviazioni per castelli; noi ci fermiamo a Verres, nato come fortificazione e luogo di osservazione e da cui mandare segna-li di fumo, ma edificato con acume per garantire notevoli comfort a quel tempo, un clima ottimale all’interno, oltre che il rifornimento idrico. Proprio come allora la gestione dell’acqua era in mano a qualcuno che ne conservava il privilegio, ora è in mano alle Comunità montane. Il silenzio tra le mura è terapeutico. In un’improbabile sera estiva, dove di serale c’è solamente il sole più basso sull’oriz-zonte, si rientra a Pinerolo.

SOCIETà

esCursione in vaLLe d’aosta

Lo spettacolo del gigante Bianco

Appunt i d i v i agg io A cura di Angelica Pons

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24Sono amici di Pinerolo InDialogo