alcide de gasperi ultimo ministro dell'africa italiana

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Alcide De Gasperi ultimo Ministro dell'Africa Italiana Author(s): DORICUS Source: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Anno 9, No. 9 (Settembre 1954), pp. 238-239 Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40758078 . Accessed: 14/06/2014 10:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.96 on Sat, 14 Jun 2014 10:42:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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Alcide De Gasperi ultimo Ministro dell'Africa ItalianaAuthor(s): DORICUSSource: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africae l’Oriente, Anno 9, No. 9 (Settembre 1954), pp. 238-239Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40758078 .

Accessed: 14/06/2014 10:42

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m AFFRICA

Alcide De Gasperi ultimo Ministro dell ' Africa Italiana

di DORICUS

Nelle varie biografie di Alcide De Gasperi, pubblicate dalla stampa quotidiana, non si è qua- si mai posto in rilievo che lo scomparso statista ha rivestito anche, nei molteplici ministeri via via succedutisi sotto la sua guida e con il suo nome, la carica di Ministro ad interim per FA- frica Italiana.

Si sono rievocate molte tappe del duro calva- rio degasperiano, dai giorni delVarresto a quelli della Conferenza di Parigi, quando tra il silenzio glaciale degli ex nemici il rappresentante italia- no fu introdotto come un reo dinanzi a. un con- sesso chiamato a giudicarlo e a condannarlo, e vi fu solo una mano americana che si protese a stringer la sua. Ma non si è ugualmente ricordato che, tra le molte sue croci, De Gasperi ha dovuto sopportare anche quella di essere il titolare di un Ministero posto forzatamente in liquidazione, in seguito alla perdita délVImpero coloniale ita- liano.

Soltanto oggi Vopinione pubblica comincia a rendersi conto che nuove possibilità si dischiu- dono alle attività italiane in Africa, che nulla insomma è veramente perduto, in un mondo in rapida evoluzione, per un popolo che sia consa- pevole, attivo, capace. Ma dieci, cinque anni fa Faria non era la stessa.

Ben più amari davvero erano i tempi e gli ani- mi quando Von. Alcide De Gasperi, allora Presi- dente del Consiglio, mostrava il suo vigile inte- ressamento per il Congresso Nazionale per gli Interessi del Popolo Italiano in Africa, indetto dall'Istituto Italiano per V Africa, e dettava am- monitrici parole per la rivista Continenti, allora organo dell'Istituto stesso.

Pochi anni appresso, in occasione del grande raduno democristiano di Venezia, Fon. De Ga- speri sembrava quasi puntualizzare, nelle sue di- chiarazioni, quella che era allora ed è ancora di fatto V attività prevalente deW Istituto per V Afri- ca {necessità di corsi linguistici, et una prepara- zione specifica del lavoro italiano per Femigra- zione9 di una maggiore diffusione di tutte quelle cognizioni geografiche, storiche, politiche, sociali che som> suscettibili di favorire una maggiore in- tesa tra i popoli e una maggior valorizzazione del nostro lavoro e della nostra civiltà), tracciando delle direttive che trovavano piena rispondenza nei nostri voti e nella nostra linea ¿Fazione, anche se purtroppo non sono state sempre ugualmente seguite e appoggiate da quanti avrebbero potuto e dovuto farlo.

Tutte queste cose le abbiamo ripensate giorni or sono, mentre nella Cattedrale di Trento, sfa- villante di luci e gremita di personalità politiche

e di amici ed ammiratori delV estinto, tributava- mo un estremo omaggio a colui che aveva imper- sonato tanti anni di dolorosa vita politica ita- liana; e le abbiamo rimeditate mentre il corteo funebre si snodava per le vie della città a pie delle Alpi, tra il commosso dignitoso silènzio della gente trentina.

Qualcuno lo aveva paragonato a Giolitti e rion so fino a che punto F avvicinamento fosse felice ed esatto, daßi i tempi tanto diversi e gli Italiani tanto diversi.

Certo ambedue si erano trovati fra le mani una Italietta, ma Vit alletta delFuno era Fimma- gine capovolta delFItalietta delFaltro.

Vigorosa* confidente, patriarcale, laboriosa, F Italietta del vecchio statista piemontese era scesa vittoriosa a Tripoli e aveva finito per stabilire in Africa radici solide che sembrava dovessero, attraverso un breve braccio di mare, unire per sempre la nostra gente e i nostri destini alle genti e ai destini di quel continente. Con Giolitti FA- frica era entrata definitivamente nel cuore degli Italiani; erano nati interessi nuovi, si erano aperte vie nuove, nuovi affari, nuove prospettive di la- voro. Ed era nato di conseguenza anche il Mini- stero delle Colonie, Porgano motore destinato a regolare e stimolare la funzionalità della nostra vita in Africa.

Disfatta, sfiduciata, divisa, vinta, umiliata, mutilata era invece FItalietta che si era ritrovata fra le mani Alcidea De Gasperi. Il suo compito era doloroso ed odioso: il compito di chi, trascinato negli abissi, deve bere fino all'ultima goccia del calice amaro prinw di poter risalire la corrente. De Gasperi dovette così firmare il Trattato di pace che ci cancellò doli Africa come Potenza co- loniale, De Gasperi dovette sopprimere il Mini- stero dell9 Africa Italiana: sembrò F antitesi di Giolitti; quello il costruttore, lui il liquidatore.

E9 facile infierire contro uomini cui il destino delegò compiti così tremendi. Fu facile, soprat- tutto per alcuni di noi che alF Africa avevano dato tutto e che dell9 Africa rimasefo assertori convinti anche quando tutto contribuiva a far credere chiusa per sempre questa partita, fu facile, dicevo, cedere alla tentazione di formulare, nelF amarezza del momento, giudizi ingiusti ed impulsivi.

Si disse che De Gasperi non difese con la forza e la convinzione dovute i diritti deW Italia in Africa. In realtà per difendere con ostinatezza e fierezza una causa - il che non significa poi di- fenderla con successo - bisogna sentirla profon- damente ed aver vissuto per essa; e De Gasperi non era un africanista nato. Ma era uomo obiet- tivo, comprensivo, umano, generoso, che mai

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AFFRICA 239

nulla rinnegò di quello che il sacrificio di tanti Italiani aveva saputo creare con il lavoro, la tee- nica, la scienza e Vintelligenza nelle prossime e remote contrade ¿^oltremare.

Di fronte all'Africa il suo atteggiamento potè sembrare a volte crudo; ma era Patteggiamento di chi vede le cose daWalto9 con un certo senso di distacco, con una visione realistica dell'avve- nire. Sembrava dirci con accento quasi paterno: «Abbiate la forza, ragazzi miei, di considerare il passato come una bella pagina compiuta; non vuoi dire che dobbiamo per questo fermarci: si può voltare pagina e andare avanti. Si tratta di dare un indirizzo nuovo al nostro interesse, alla no- stra passione, ai bisogni che ci spingono ancora verso F Africa. Solo preparandoci seriamente po- tremo inserirci con successo ¿nella vivace gara in- trapresa per, la valorizzazione e il riscatto di que- sto continente; ne dalle parole, ne dalle nostal- gie possiamo attenderci qualcosa di concreto ».

Lo rivediamo salire, modesto e schivo, lo sca- lone della Consulta nei giorni in cui, mentre si- lenziosamente stava ricostruendo Vitalia, doveva pur cedere alla realtà che gli imponeva di apporre i sigilli a quel Ministero che la cattiva sorte ave- va liquidato; e non doveva sorridergli Vassolvi- mento di un compito così ingrato.

Oggi, dinanzi alla sua morte, il cuore ci tre- ma nel ricordo della tremenda eredità che que- st'uomo coraggioso, tollerante, onesto ebbe la for- za di assumersi.

Di fronte alle molte luci che circondano la sua opera, solo gli ingenerosi ë gli ingiusti potrebbe- ro soffermarsi a discutere ancora sulle poche, ine- vitabili ombre. Noi africanisti ci inchiniamo con rispetto dinanzi all'ultimo Ministro dell 'Africa Italiana.

La nuova ripartizione amministrativa della Somalia Nel quadro del rapido processo di trasformazione della

struttura politico-amministrativa della Somalia perseguito dalPAFIS si registra un'ordinanza dell'Amministratore che abolisce la terminologia finora usata per indicare le cir- coscrizioni territoriali e sostituisce ai termini « Commissa- riato Regionale » e « Residenza » i termini « Regione » e « Distretto ».

Con la stessa Ordinanza, che eleva al rango di Di- stretti le due Vice-Residenze di Dinsor e di Uanle Uen, si dispone « il ripristino degli originan nomi somali a quei capoluoghi e a quelle regioni che li avevano perduti ». Così abbiamo oggi il « Distretto del Sol », la « Regione del Hira », ecc.

Procede di pari passo il conferimento di cariche diret- tive a funzionali somali nei distretti dell'interno.

Lutti della comunità italiana in Eritrea Sono recentemente scomparsi due benemeriti italiani

d'Eritrea. L'uno, il comm. Vittorio Vergnano, era in Africa dal 1913, dov'era stato ingaggiato dalla ditta Vandetto (industria molitoria), dalla quale era poi passato (1922) alla ditta Sturli (materiali da costruzione). L'altra è Suor Anna Anacleta Spione, dell'ordine delle Figlie di Sant'Anna, che aveva dedicato 41 anni all'insegnamento in Eritrea.

L'Etiopia e X Occidente E9 stato annunciato ufficialmente che, dietro invito della

Regina Elisabetta, i Sovrani d'Etiopia si recheranno in visita ufficiale a Londra il 14 ottobre prossimo. La visita ufficiale avrà la durata di due giorni, ma il soggiorno in Inghilterra si protrarrà per un tempo imprecisato in forma privata. Si prevede che essi sosteranno anche in altre capi- tali d'Europa.

Così, dunque, dopo poco più di due mesi dal suo ritorno in Etiopia, l'Imperatore Hailè Sellassiè riprenderà il suo giro di contatti con i Paesi dell'Occidente, questa voka accompagnato dalla consorte.

Nel radiomessaggio rivolto il 6 agosto alla nazione, l'Im- peratore ha potuto presentare un bilancio positivo dei ri- sultati della visita che* tra la fine di maggio e la fine di luglio 1954, egli ha compiuta negli Stati Uniti, nel Canada, nel Messico, in Jugoslavia e in Greciaj, accompagnato dal figlio Principe Sahlè, dalla nipote Principessa Sibil Desta, dai Ministri degli Esteri e della Guerra. Nel suo radio- messaggio egli ha rilevato come, a prescindere dalle acco- glienze ufficiali, vi siano state dovunque cordialissime ma- nifestazioni popolari di amicizia, e come la sua visita abbia suggellato un rafforzamento dei rapporti dell'Etiopia, sul piano politico come su quello economico e culturale, con i Paesi visitati.

Molto cordiali furono le accoglienze del Presidente Ei- senhower, che lo ebbe ospite dal 26 al 28 maggio. A New York l'Imperatore d'Etiopia partecipò ad una colazione e ad un banchetto offerti in suo onore rispettivamente dal Sindaco della città e dal Segretario Generale delle N. U. L'università di Colombia gli conferì il dottorato in legge «honoris causa». Giuseppe Prezzolini, che lo avvicinò in tale occasione e che certamente non è tenero nei confronti della «moda» filo-africana degli americani, riconosce nelle sue corrispondenze da New York, l'effetto esercitato sul- l'opinione pubblica dal tratto, dal modo di vestire, dalla finezza psicologica e politica dell'Imperatore. «E' indub- biamente una mente politica», scrive Prezzolini. «Non ci foss'altro, per giudicarlo tale, l'invio da lui fatto di un battaglione di soldati etiopici in Corea che, così era da aspettarsi, sono stati molto bravi». (E qui, tra il serio e il faceto, Prezzolini fa un curioso accostamento fra il Negus e Cavour, tra la Corea e la Crimea). In tutte le cerimonie si espresse in lingua amarica («era un'afferma- zione nazionale»); in pubblico adottò «l'abito blu a dop- pio petto con fazzoletto a punta che sbuca dal taschino, tipico degli executives americani», escluse ogni cerimo- niale esotico e - è sempre Prezzolini che parla - «il giorno in cui fece una visita in Harlem, si calcola che 250.000 persone si affollassero lungo le strade dove doveva passare la sua nera e chiusa limosina».

Noi non abbiamo mancato di sottolineare l'importanza che l'amicizia e la collaborazione dell'Etiopia rivestono per il mondo occidentale; amicizia e collaborazione tanto più valide quanto più l'Etiopia sarà posta in grado di svi- luppare le risorse naturali e morali di cui dispone. E' sotto questo profilo che va valutato nella sua reale importanza il viaggio dell'Imperatore Hailè Sellassiè negli Stati Uniti, cui hai conferito particolare significato la presenza dei Mi- nistri degli Esteri e della Guerra. In margine alle cerimo- nie ufficiali si sono svolte infatti trattative per la conces- sione all'Etiopia da parte degli USA di un prestito di 100 milioni di dollari, destinato alla valorizzazione delle risorse economiche del Paese; trattative per l'istituzione di basi aeree americane in Etiopia, trattative per aiuti militari USA sotto forma di fornitura di materiale bellico moderno (pare di fabbricazione tedesca) alle forze armate etiopiche ; ac- cordi per l'assistenza tecnica, specie ai fini di accelerare la formazione di una classe di tecnici etiopici (e a questo proposito giova ricordare il progetto di istituire ad Addis Abeba una moderna scuola di ingegneria). Anche il settore minerario e le prospettive di un possibile sfruttamento di risorse d'uranio dell'Etiopia hanno richiamato l'attenzione americana.

La visita dell'Imperatore nel Canada e nel Messico sembra aver avuto sopratutto carattere di manifestazione di amicizia, da mettersi in relazione con l'appoggio che,

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