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Percorso clinico organizzativo per la diagnosi e il trattamento del melanoma cutaneo Rev. 0 30/06/16 PCO bozza Pag. 3/43

1. Premessa e scopo Il melanoma cutaneo è un tumore maligno che origina dai melanociti della cute, delle mucose e, più raramente, dai melanociti di sedi extracutanee (occhio, orecchio interno, meningi, ecc.). Colpisce prevalentemente soggetti di razza bianca, con uguale distribuzione nei due sessi. L'incidenza del melanoma è in rapido aumento, mentre i tassi di mortalità si sono stabilizzati. Non esistono stime epidemiologiche sicure in Italia, Abruzzo compreso. Uno studio epidemiologico condotto dalla Clinica Dermatologica dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti ha fornito i seguenti risultati: nel periodo in analisi (2002-2005), sono stati diagnosticati 585 casi di melanoma maligno primitivo (58,8 % uomini e 41,1 % donne) su una popolazione totale di 1.185.263 abitanti con un’incidenza grezza annua di 14,1 casi per 100.000 abitanti. Dal 2002 al 2005 si è assistito a un incremento del 27% circa di nuovi casi per anno con un picco di 163 casi nel 2004. Oltre il 99% dei pazienti che muoiono per melanoma presentano il coinvolgimento di più organi. I principali fattori di rischio per l’insorgenza del melanoma sono: 1) esposizione acuta ed intermittente al sole e/o a fonti di UV estetiche con scottatura; 2) ustioni solari ripetute nella prima infanzia; 3) numero di nevi e nevi atipici; 4) storia familiare di melanoma; 5) caratteristiche fenotipiche (fototipo). Lo scopo di questo percorso è di definire le migliori modalità cliniche ed organizzative all'interno della ASL di Lanciano-Vasto-Chieti alla luce delle best practice ad oggi conosciute, a garanzia della sicurezza del paziente, relativamente alla diagnosi e al trattamento del melanoma.

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2. Ragionamento clinico

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3. Descrizione delle attività Individuazione

A. Fase di Prevenzione: è di competenza del dermatologo specialista in patologia pigmentaria, prendendo in considerazione i fattori di rischio per lo sviluppo del melanoma (fattori di rischio legati all’ospite e all’ambiente).

B. Fase di diagnosi precoce: è di competenza del dermatologo attraverso la visita specialistica dermatologica integrata dallo studio delle lesioni pigmentate con microscopio ad epiluminescenza (dermatoscopia). Il sospetto di melanoma deriva dall’osservazione di una lesione nevica/melanocitaria con le seguenti caratteristiche:

– Assimetria; – Bordi irregolari; – Colori (più di 2); – Dimensioni (>3 mm diametro); – Recenti modificazioni morfologiche; – Lesioni nodulari a rapida crescita; – Lesioni acromiche.

In caso di dubbio diagnostico si può nuovamente osservare la lesione a distanza di 3-6 mesi valutando i parametri precedentemente selezionali o, nel caso di registrazione digitale demoscopica, confrontando le immagini. Attraverso registrazioni digitali ripetute nel tempo si possono valutare gli eventi evolutivi di specifiche lesioni pigmentate. Tale metodica è riservata a pazienti particolarmente a rischio (es. pazienti con familiarità per melanoma o n. di nevi > 30,o altri fattori di rischio). In presenza di un sospetto clinico/dermoscopico di melanoma verrà programmata una biopsia escissionale della lesione. I criteri per la biopsia escissionale sono i seguenti:

• margine di resezione chirurgica di 2mm dalla lesione clinicamente evidente, comprendente tutto il derma come margine profondo; l’escissione deve essere condotta in maniera ellittica, formando una losanga intorno alla lesione (evitando la mobilizzazione di lembi o effettuazione di omoinnesti);

• biopsia incisionale limitatamente ai seguenti casi: – presenza di ampie lesioni (es.: lentigo maligna); – sedi impraticabili da un punto di vista chirurgico (es.: volto).

Al termine dell’intervento il tessuto prelevato verrà inviato al servizio di anatomia patologica.

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Criteri istopatologici In presenza di un sospetto melanoma, l’esame istologico dovrà essere refertato seguendo i parametri istopatologici AIDEPAT di seguito descritti. Istotipo Melanoma in situ di tipo:

− a diffusione superficiale (superficial spreading melanoma); − lentigo maligna (lentigo maligna melanoma); − acro-lentiginoso (melanoma “acro-lentiginoso”); − altri istotipi di melanoma rari; − istotipi a malignità dubbia.

Melanoma invasivo: Privo di componente intraepidermica (melanoma nodulare). Con componente intraepidermica di tipo:

− a diffusione superficiale (superficial spreading melanoma); − lentigo maligna (lentigo maligna melanoma); − acro-lentiginoso (melanoma “acro-lentiginoso”); − indeterminato.

Profondità di invasione secondo Breslow. Livello di invasione secondo Clark. Ulcerazione: assente / presente (>3 mm di lato). Mitosi: numero/mm2. Pattern di crescita : superficiale o verticale. Infiltrazione linfocitaria intratumorale (TIL):

− assente/ presente, lieve (“non-brisk”); − presente, marcata (“brisk”).

Reazione linfoide peritumorale: lieve/assente / marcata. Regressione: assente / presente. Infiltrazione linfovascolare: assente / presente. Satellitosi: assente / presente. Valutazione dei margini chirurgici: Margini laterali:

− liberi (indicare la distanza minima valutata all’osservazione microscopica); − focalmente/direttamente interessati dalla neoplasia.

Margini profondi:

− liberi da neoplasia; − interessati dalla neoplasia.

Nevo associato al melanoma di tipo: “usuale”/congenito/displastico (Clark).

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In presenza di una diagnosi istologica di melanoma si dovrà procedere al completamento del trattamento chirurgico in base allo spessore di Breslow, alla presenza o meno di ulcerazione o di mitosi in numero >1 per mm2:

– la lesione cutanea maligna asportata necessita obbligatoriamente di un nuovo trattamento chirurgico di radicalizzazzione per evitare possibili recidive della malattia;

– il paziente dovrà seguire un follow-up clinico-strumentale presso un centro specializzato nella diagnosi e la cura del melanoma.

Nel caso in cui il referto istologico sia ritirato dal paziente stesso presso il laboratorio di anatomia patologica, il referto istologico dovrà essere accompagnato da un secondo foglio contenente le seguenti informazioni per il paziente:

− forte raccomandazione ad effettuare un nuovo trattamento chirurgico di radicalizzazione per evitare possibili recidive della malattia;

− indicazioni per eseguire follow-up clinico-strumentale presso un centro specializzato nella diagnosi e la cura del melanoma.

Patogenesi e criteri di classificazione molecolare La patogenesi del melanoma, come succede per quella di altri tumori, è sotto il controllo di diverse pathways molecolari fra loro funzionalmente correlate. Le diverse pathways possono, secondo un modello sequenziale essere attivate/alterate nelle diverse fasi di sviluppo del tumore dal nevo melanocitario fino al melanoma franco. I geni maggiormente coinvolti nella patogenesi del melanoma fino ad ora conosciuti sono CDKN2A (p16CDKN2A-CDK4-RB e p14CDKN2A-MDM2-p53 pathway), NRAS-BRAF (MAPK e PI3K-AKT pathway), cKIT e MITF. Il numero dei geni coinvolti dimostra quanto ipotizzato negli ultimi anni cioè che il melanoma è caratterizzato da una spiccata eterogeneità molecolare, notevolmente maggiore a quella finora evidenziata dal punto di vista istopatologico. Pertanto diventa sempre più impellente la necessità di ottenere una classificazione dei vari sottotipi di tumori con distinte caratteristiche genetiche e molecolari, abbandonando definitivamente il concetto che il melanoma sia, dal punto di vista biologico, una singola malattia. Tale classificazione risulta oggi in parte possibile grazie alle tecniche di biologia molecolare. Considerando invece la sede cutanea di insorgenza del melanoma primitivo, si possono così sintetizzare le principali alterazioni genetico-molecolari più frequentemente osservate:

– melanoma acrale: mutazioni + amplificazione di c-KIT; amplificazione di CDK4 o CCND1 (associata ad aumento dei livelli di espressione delle relative proteine); amplificazione delle regioni genomiche 11q13, 22q11-13 e 5p15;

– melanoma della regione testa-collo e delle aree cutanee esposte cronicamente al sole (CSD): amplificazione di CDK4 e/o CCND1; aumento dei livelli di espressione della proteina p53; mutazioni + amplificazione di c-KIT (in circa il 5% dei casi);

– melanoma del tronco e delle aree cutanee non esposte cronicamente al sole (non-CSD): mutazioni di BRAF o NRAS, con eventuale coesistenza delle alterazioni molecolari associate alle mutazioni BRAF (vedi sopra);tendenza alla riduzione di espressione della proteina p53; presenza di specifiche variazioni polimorfiche del gene MC1R;

– melanoma delle mucose: mutazioni + amplificazione di c-KIT; amplificazione di CCND1; mutazioni di BRAF (in meno del 10% dei casi);

– melanoma uveale: mutazioni + amplificazione di c-KIT; mutazioni di GNAQ e/o GNA11.

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Sono disponibili, ad oggi, numerosi trattamenti con farmaci che vanno proprio ad interagire con alcuni dei geni o dei prodotti genici descritti precedentemente. Conoscere quindi la molecular signature di un melanoma aiuta nella terapia soprattutto delle fasi avanzate per decidere il trattamento oggi disponibile. Percorso diagnostico La stadiazione iniziale nei pazienti con melanoma è essenziale per stabilire:

− la prognosi; − la scelta terapeutica più appropriata; − il follow-up più appropriato.

L'American Joint Committee on Cancer (AJCC) ha formalmente approvato la versione finale (7th version) del sistema di staging sul melanoma. Di seguito si descrivono le principali differenze rispetto alla versione precedente della classificazione. Più avanti, in questo documento, è riportata integralmente tale stadiazione, alla quale si rimanda per ogni riferimento (Balch CM, Gershenwald JE, Soong SJ, et al. Final version of 2009 AJCC melanoma staging and classification. J ClinOncol. 2009; 27:6199.). Stadiazione post-chirurgica su T Le principali modifiche risultano essere:

− nella categoria T: lo spessore del tumore e la presenza o assenza di ulcerazione sono risultati i fattori predittivi di sopravvivenza determinanti; il livello di invasione ha un impatto significativo solo nel sottogruppo con melanoma sottile (< 1 mm);

− in presenza di malattia in stadio I/II/III si esegue una ulteriore classificazione quando la lesione primitiva è ulcerata;

− la presenza di metastasi satelliti attorno al melanoma primitivo e di metastasi in transit definisce malattia in stadio III.

Stadiazione clinica/chirurgica di N

− Nella maggior parte dei casi vale la semplice stadiazione clinica basata sull'esame obiettivo eventualmente supportato da indagini strumentali (es. ecografia linfonodale).

− La stadiazione chirurgica è definita nei casi in cui venga eseguita la ricerca del linfonodo sentinella.

− Lo studio istologico del linfonodo sentinella va effettuato obbligatoriamente anche attraverso tecniche di immunoistochimica (almeno 1 fra HMB-45, MART-1 o Melan-A).

− L'introduzione della tecnica della ricerca del linfonodo sentinella associata a linfoscintigrafia ha consentito una maggiore accuratezza diagnostica. Le informazioni derivanti dalla valutazione del linfonodo sentinella hanno un impatto determinante nell’evoluzione del melanoma. Una nuova convenzione viene impiegata per definire lo stadio clinico-patologico che consenta di considerare informazioni ottenute dall'espletamento della linfoadenectomia selettiva.

− La necessità di ottenere informazioni istopatologiche è dimostrata dalla diversità di sopravvivenza a 5 anni in pazienti con linfonodi clinicamente negativi valutati dopo

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l’effettuazione della ricerca del linfonodo sentinella con stadiazione patologica. La differenza di sopravvivenza è così evidente che l’AJCC Melanoma Committee raccomanda fortemente di espletare la linfoadenectomia selettiva al fine di consentire lo staging patologico in tutti i pazienti con melanoma in stadio clinico:

− T2N0M0 − T3N0M0 − T4N0M0

L'American Joint Committee on Cancer ha infatti identificato, nella categoria N, tre fattori determinanti:

− il numero dei linfonodi metastatici; − se i linfonodi metastatici sono clinicamente occulti o clinicamente apparenti; − la presenza o assenza di ulcerazione del tumore primitivo.

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Stadiazione del melanoma.

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TRATTAMENTO CHIRURGICO DEL MELANOMA PRIMITIVO Diagnosi di Melanoma:Screening pre-intervento defin itivo

MELANOMA IN SITU

Anamnesi e visita.

BRESLOW ≤1mm (pT1a)

Anamnesi e visita.

BRESLOW ≤1 mm con ulcerazione o con mitosi >1 mm2 (pT1b)

Anamnesi e visita. Esami di routine preoperatoria. Eventuali consulenze specialistiche, in base alle comorbidità del paziente.

BRESLOW ≥1 mm fino a 2 mm

Anamnesi e visita. RX torace + Eco addome completo + Eco linfonodi oppure TC total body in base a valutazione GICO dei fattori di rischio. Esami di routine preoperatoria. Visita anestesiologica. Eventuali consulenze specialistiche, in base alle comorbidità del paziente.

BRESLOW >2 mm Anamnesi e visita. TC total body. Esami di routine preoperatoria. Dosaggio LDH e, Prot. S100. Visita anestesiologica. Eventuali consulenze specialistiche, in base alle comorbidità del paziente.

Terapia chirurgica del melanoma primitivo Il Patologo e il Dermatologo devono mantenere una stretta comunicazione informativa, qualora la diagnosi di melanoma venga confermata. L'intervento di "radicalizzazione chirurgica" deve essere eseguito nel più breve tempo possibile. Radicalizzazione chirurgica del melanoma primitivo La terapia chirurgica è il trattamento di scelta del melanoma Tx N0 M0. La terapia chirurgica adeguata evita la recidiva locale; infatti la recidiva in sede di intervento, se la tecnica è stata corretta, è un evento assolutamente raro (<5%). I melanomi in stadio Ia andranno trattati con il solo ampliamento dei margini chirurgici intorno alla pregressa cicatrice. Tutti gli altri melanomi in STADIO IB, II oltre all’ampliamento chirurgico dei

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margini nella pregressa sede della neoplasia dovranno effettuare l’asportazione del Linfonodo sentinella. Il trattamento di radicalizzazione chirurgica della lesione primitiva, per essere efficace, deve essere eseguito mantenendo margini di sicurezza di resezione chirurgica secondo i criteri riportati in letteratura cosi riassunti: Spessore del tumore (si determina sulla base della diagnosi istologica di melanoma).

Margini di escissione (cm) Melanoma in situ 0,5cm Melanoma spessore ≤2mm 1cm Melanoma spessore >2mm 2cm L’ampiezza della escissione deve essere ridotta solo in casi particolari:

– lesioni al volto o in sedi dove l’exeresi allargata comporterebbe degli esiti invalidanti dal punto di visto funzionale oppure per lesioni del letto ungueale o delle porzioni distali delle dita delle mani o dei piedi;

– alle dita, nel caso di una localizzazione alla falange distale (es. subungueale), è prevista una disarticolazione completa del dito (eccezione per il 1° dove si deve tentare di mantenere la funzione);

– le localizzazioni alle falangi prossimali comportano, per lesioni >2 mm, la disarticolazione del metatarso (o metacarpo);

– in caso di coinvolgimento dello spazio interdigitale vanno disarticolati ambedue i metatarsi (o metacarpi) interessati.

Asportazione chirurgica del linfonodo sentinella La maggior parte dei pazienti cui viene diagnosticato per la prima volta un melanoma, si presenta con una malattia clinicamente localizzata e quindi senza metastasi linfonodali clinicamente evidenziabili. Le metastasi linfonodali, dopo il trattamento chirurgico definitivo per l'asportazione del melanoma primario, possono essere presenti nel 10-20% dei pazienti con T 1-3 e nel 30-40% dei pazienti con T4. Molti di questi pazienti potrebbero essere portatori di metastasi linfonodali microscopiche. Di recente è stata sviluppata una tecnica per scoprire la presenza di micrometastasi ai linfonodi regionali (Morton). Questa tecnica prende il nome di identificazione e biopsia del linfonodo sentinella (linfoadenectomia selettiva). Si definisce linfonodo sentinella (LS) il linfonodo che per primo drena la linfa di un territorio cutaneo specifico e finito all'interno di un bacino linfonodale. Il presupposto teorico è che la valutazione del linfonodo sentinella consenta di predire con accuratezza se il melanoma ha metastatizzato o no in quel bacino linfonodale. L'obiettivo della tecnica è quindi di determinare lo stadio istologico del bacino linfonodale, identificando ed eseguendo una biopsia del primo linfonodo drenante la linfa dalla regione cutanea in esame (linfonodo sentinella).

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Studi randomizzati sull’asportazione del linfonodo sentinella hanno dimostrato come la sopravvivenza dei pazienti con linfonodo sentinella positivo è notevolmente ridotta rispetto ai pazienti con linfonodo sentinella negativo. (72% vs 90 %). L’uso di colloide solforoso contenente tecnenzio marcato associato a un rivelatore manuale di raggi gamma (sonda operatoria), utilizzando intraoperatoriamente, rende possibile l’identificazione del linfonodo sentinella attraverso un’incisione più piccola e migliora il grado d’identificazione fino a valori prossimi al 100% (solo colorante ~80%). I Pazienti candidati alla tecnica del linfonodo sentinella sono quelli che si considerano a rischio per la presenza di metastasi linfonodali occulte. Criteri di inclusione:

– diagnosi istologica di melanoma confermata dal patologo; – tumore primitivo con Breslow ≥0,76mm indipendentemente dalle altre caratteristiche

istopatologiche associate (T1- T4); – la biopsia del linfonodo sentinella può essere presa in considerazione anche nel tumore

primitivo con Breslow <0,76 mm in presenza di fattori di rischio (ulcerazione e/o almeno 1 mitosi/mm2 e/o regressione estesa) dopo valutazione collegiale GICO;

– presenza di regressione spontanea, indipendentemente dallo spessore secondo Breslow; – presenza di ulcerazione spontanea, indipendentemente dallo spessore secondo Breslow.

Criteri di esclusione:

– presenza di metastasi linfonodali o a distanza; – riparazione della breccia chirurgica primaria con lembi di rotazione; – escissione primaria del tumore primitivo con margine maggiore di 2 cm.

Linea operativa per la linfoadenectomia selettiva ( linfonodo sentinella) La linfoadenectomia selettiva deve essere eseguita contemporaneamente all'intervento di revisione chirurgica e ampliamento della sede del tumore primitivo. Per i casi che giungono all’osservazione successivamente all'intervento di radicalizzazione, verrà presa in considerazione l'opportunità dell'espletamento dell'indagine in base allo spessore di Breslow e agli altri indici istopatologici di gravità della lesione primitiva, compatibilmente con l'assenza di controindicazioni (vedi criteri di esclusione). In presenza di localizzazioni metastatiche nel linfonodo sentinella, anche di tipo micrometastatico, si procederà obbligatoriamente alla dissezione linfonodale completa del bacino loco regionale; in caso di presenza di Isolated Tumor Cells (ITC) nel linfonodo sentinella, la linfoadenectomia completa verrà raccomandata previa valutazione GICO e dopo dettagliata informazione al paziente circa i vantaggi e i possibili rischi di tale trattamento chirurgico. Quindi, in base al risultato dell'analisi del linfonodo sentinella (LS), si possono verificare due possibilità:

1) LS negativo: il paziente viene seguito secondo schema di follow-up descritto successivamente, considerando in particolare i caratteri istopatologici del tumore primitivo;

2) LS positivo: stadio III, il paziente viene sottoposto a TC total body ed asportazione del bacino linfonodale loco regionale.

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Tecnica della Linfoadenectomia selettiva del Linfon odo Sentinella Il successo della tecnica dipende dall'integrazione di due momenti:

1. determinazione pre-operatoria del bacino linfonodale a rischio, del numero e localizzazioni dei linfonodi sentinella all'interno del bacino; tale determinazione viene effettuata nelle 24 ore precedenti, o la mattina stessa dell'intervento, per mezzo di una linfoscintigrafia cutanea; l'uso della linfoscintigrafia pre-operatoria consente l'identificazione dei bacini a linfonodali a rischio e del numero e localizzazione dei linfonodi sentinella; la; la posizione del linfonodo sentinella viene indicativamente marcata sulla cute al termine dell'esame;

2. localizzazione intraoperatoria ed exeresi del linfonodo sentinella (linfoadenectomia selettiva); entro le 24 ore successive all'esecuzione della linfoscintigrafia si procede all'intervento chirurgico, che viene effettuato in anestesia generale, spinale o locale assistita; si iniettano in sede intradermica 1,5-2ml di colorante (Patent Blue) in prossimità delle lesione primitiva (o della cicatrice dell'esito dell'exeresi precedente); trascorso un intervallo di tempo di 5-10 minuti, tempo necessario al colorante per raggiungere attraverso i linfatici il bacino linfonodale ed accumularsi nel linfonodo sentinella, si procede all’incisione chirurgica in corrispondenza del bacino linfonodale satellite ove, il giorno prima, sono stati posti dei punti di repere cutaneo in corrispondenza del linfonodo sentinella; l’identificazione del linfonodo sentinella avviene mediante visualizzazione diretta, se questo ha assunto il colorante iniettato in precedenza, e/o con l’utilizzo di una sonda in grado di captare le radiazioni gamma emesse dal linfonodo marcato; dopo aver legato i vasi linfatici e rimosso il linfonodo, si verifica la emissione di radioattività del linfonodo lontano dal campo operatorio; con la sonda si verifica quindi che non vi siano più fonti di emissione di raggi gamma nel campo operatorio e quindi si procede con la sutura a strati della ferita.

È possibile osservare linfonodi sentinella anche in più di un campo linfonodale, soprattutto se il tumore è localizzato lungo la regione vertebrale. Tra le sedi in cui la biopsia del linfonodo sentinella può̀ essere tecnicamente difficoltosa ci sono la testa e il collo, infatti in questi siti anatomici il drenaggio linfatico avviene regolarmente verso più zone del distretto linfonodale cervicale; in queste sedi la biopsia del linfonodo sentinella necessita di personale adeguatamente preparato e pertanto l’intervento verrà effettuato da parte dello, o in collaborazione con lo, specialista Otorinolaringoiatra di riferimento. Valutazione anatomo-patologica del linfonodo sentin ella Affinché il “mapping” linfatico e la biopsia del linfonodo sentinella assicurino un’accurata ed utile tecnica di stadiazione è importante che il linfonodo sentinella sia esaminato con le tecniche più sensibili di quelle che attualmente rappresentano lo standard anatomopatologico per l’esame dei linfonodi. Tecniche più sensibili sono quelle istochimiche (tra cui Melan A, S-100 e l’HMB-45) . Queste tecniche sono più facilmente applicabili ad uno o due linfonodi sentinella, che all’intero pezzo chirurgico proveniente da una linfoadenectomia. Per il campionamento del linfonodo sentinella si adottano le linee guida EORTC Melanoma Group. Secondo l’attuale sistema di Stadiazione, il linfonodo sentinella viene considerato positivo anche soltanto in presenza di ITC evidenziate solamente con colorazioni immunoistochimiche per HMB45 e/o per Melan A/Mart1 o altri marcatori melanoma specifici.

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Vantaggi dell’esecuzione della ricerca del linfonod o sentinella Questa tecnica, minimamente invasiva, consente un approccio selettivo alla linfoadenectomia del primo linfonodo che drena linfa dalla sede del tumore primitivo e inoltre permette l’esecuzione di una linfoadenectomia precoce e selettiva, offrendo informazioni essenziali per la corretta stadiazione del melanoma. Con questa metodica possiamo selezionare quei pazienti giunti già allo stadio terzo di malattia che hanno bisogno di un trattamento chirurgico più esteso ed invasivo. Infine con questa metodica si potranno acquisire dati clinici utili a valutare quei pazienti che possono essere candidati a terapia adiuvante con IFN. Trattamento chirurgico del melanoma stadio III Il paziente affetto da melanoma con linfonodo sentinella positivo, come definito dalla precedente procedura, viene sottoposto ad esame TC Total Body alla ricerca di altre lesioni metastatiche; in caso di negatività dell'indagine TC (assenza di altre localizzazioni viscerali) il paziente viene sottoposto a linfoadenectomia radicale del bacino linfonodale interessato secondo le linee guida AIOM e inserito nel protocollo di follow-up e terapia adiuvante. Indagini cliniche e strumentali pre-operatorie melanoma con metastasi linfonodali e/o in transit (Stadio IIIA IIIB IIIC):

– Anamnesi e visita. – TC Cranio collo torace addome-pelvi con mdc (se non effettuato nei 3 mesi precedenti) o in

caso di melanoma primitivo degli arti, PET-TC total body+ RM encefalo. – esami routine preoperatori. – Visita Anestesiologica. – Eventuali consulenze specialistiche, in base alle comorbidità del paziente.

Terapia chirurgica delle metastasi linfonodali: dis sezione linfonodale loco regionale La dissezione linfonodale locoregionale profilattica non viene più eseguita. Diversi studi randomizzati finora condotti non hanno dimostrato una differenza significativa in termini di sopravvivenza. Si ricorre pertanto alla dissezione terapeutica solo in caso di positività del linfonodo sentinella In caso di mancata identificazione del linfonodo sentinella si procederà alla linfoadenectomia radicale solo dopo approfondita valutazione del GICO dei parametri istologici e prognostici del caso in esame e dopo dettagliata informazione al paziente circa i vantaggi e i possibili rischi di tale trattamento chirurgico. La dissezione linfonodale terapeutica viene espletata dopo valutazione congiunta con il chirurgo di riferimento, nei seguenti casi:

– in caso di positività del linfonodo sentinella per micrometastasi o ITC; – in caso di metastasi linfonodale documentata biopticamente o con agoaspirato thin-prep o

microistologia

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Linfoadenectomia radicale L’intervento chirurgico di linfoadenectomia regionale è un intervento che necessita di tempi precisi, di accuratezza da parte del chirurgo ed è gravato da complicanze non trascurabili a seconda del bacino linfonodale sottoposto ad exeresi completa. I distretti linfonodali che possono essere interessati dal trattamento di exeresi, in relazione alla sede del tumore primitivo sono i seguenti:

1) inguinale-iliaco-otturatorio, l’inguinale superficiale e profondo non è ritenuto sufficiente come estensione;

2) ascellare; 3) latero-cervicale; 4) poplitea (stazione linfonodale intermedia – rara); 5) epitrocleare (stazione linfonodale intermedia – rara).

L’estensione della dissezione è in rapporto alla regione anatomica da sottoporre a linfoadenectomia; la descrizione dell’estensione della dissezione e il numero dei linfonodi esaminati definiscono l’adeguatezza della dissezione stessa e la conseguente efficacia terapeutica. I risultati dell’analisi di una recente casistica IMI, consigliano di asportare il seguente numero minimo di linfonodi, a seconda della sede della dissezione: 7 linfonodi per quella latero-cervicale (<= 3 livelli),14 linfonodi per quella laterocervicale (>=4 livelli), 12 per quella ascellare (3 livelli), 6 per la sola dissezione inguinale e 13 per quella inguino-iliaco otturatoria. Casi particolari: sede mediastinica, sede addominal e. Il trattamento di eventuali linfoadenopatie in sede atipica o rara (mediastinica, polmonare e/o addominale) in condizioni di assenza di altre sedi metastaticheverrà valutata singolarmente caso per caso in collaborazione tra chirurghi ed oncologi, previo studio PET/TC. Le stazioni maggiormente coinvolte per il torace sono le stazioni mediastiniche anteriori, le stazioni periaortiche, le stazioni mediastiniche inferiori e le stazioni prettamente polmonari. I distretti addominali coinvolti più frequentemente, possono essere quelli del tripode (linfonodi dell'epatica, della gastrica sinistra, della splenica), i distretti dell'arteria mesenterica superiore (ventaglio mesenterico, territorio della ileo colica e della colica destra e della colica media), i distretti della mesenterica inferiore (territorio della arteria colica sinistra, della sigmoidea e delle rettali), i distretti pelvici mesorettali. Complicanze Mentre nei lavori pubblicati negli anni ‘80 le percentuali relative ad ogni complicanza segnalata risultavano particolarmente significative, la standardizzazione della metodica e l’acquisizione di ulteriore esperienza hanno fatto sì che le complicanze siano ora accettabili. In particolare l’infezione della ferita ha in letteratura frequenza compresa tra il 9% e il 20%; la necrosi cutanea 0-15%; la comparsa di linfocele e/o linforragia 6-17%; mentre la complicanza tardiva più temibile ed invalidante, il linfedema, appare significativamente frequente per il grado lieve-moderato (19-44%), ma molto meno per il grado severo (inferiore al 7%).

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Trattamento della recidiva locale su cicatrice :

1. diagnosi mediante esame istologico su biopsia incisionale; 2. ristadiazione del paziente mediante esami strumentali adeguati; 3. trattamento di elezione mediante exeresi chirurgica con 2 cm di margine.

Per il paziente, opportunamente ristadiato e dopo l’intervento chirurgico, in assenza di altri segni di malattia evidenti alle indagini strumentali di follow-up si valuterà, come prima scelta, la possibilità di trattamento adiuvante con IFN a basse dosi. Il paziente continua il follow up come stadio III.

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Follow-up dei pazienti affetti da melanoma primario STADIO I-II-III I Pazienti affetti da melanoma primario trattato chirurgicamente, dovranno essere sottoposti ad un follow-up clinico-strumentale per la diagnosi precoce di eventuale progressione di malattia che sarà effettuato presso l’ambulatorio di Dermatologia Oncologica e/o di Oncologia Medica, a seconda dello stadio della malattia, seguendo i criteri riportati in letteratura e in particolare quelli stabiliti dalle Linee Guida AIOM. La visita ha lo scopo di evidenziare precocemente l’insorgenza di una ricorrenza trattabile, attraverso un accurato esame obiettivo clinico e dermatologico e la valutazione dei dati radiologici previsti. Inoltre, attraverso l’esame di epiluminescenza si cercherà di rilevare precocemente la presenza di un ulteriore melanoma primario o di identificare altra patologia tumorale cutanea non-melanoma, dato che in soggetti che hanno anamnesi positiva per melanoma sussiste un rischio pari al 4-8%di sviluppare un secondo melanoma. Il follow-up dei pazienti con precedente diagnosi di melanoma deve essere effettuato per 8-10 anni a seconda dello stadio clinico della neoplasia ed è giustificata una visita specialistica della cute annuale per il resto della vita, in soggetti che hanno anamnesi positiva per melanoma.

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L’impiego di esami strumentali sarà rapportato alla gravità prognostica del melanoma primario come raccomandato dalle linee guida AIOM.

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Melanoma in situ Controllo clinico annuale. Anamnesi e visita. Esame di epiluminescenza.

Breslow ≤0,75 mm (pT1a)

Controllo clinico semestrale (per 8 anni). Anamnesi e visita. Esame di epiluminescenza. Ecografia stazioni linfonodali laterocervicali, sovraclaveari, ascellari, inguinali (annuale, opzionale).

Breslow ≥0,76 mm con ulcerazione (pT1b), Breslow 1,01-2,00 m m (pT2a)

Controllo clinico semestrale (per 8 anni). Anamnesi e visita. Esame di epiluminescenza. Ecografia addome (ogni 12 mesi). Radiografia del torace (ogni 12 mesi) Ecografia stazioni linfonodali (ogni 8 mesi per melanomi con Breslow ≥0,76 < 1 mm.; ogni 6 mesi per melanomi con Breslow 1,01-2,00mm).

Breslow 1,01-2,00 mm con ulcerazione o mitosi >1 mm 2 (pT2b), Breslow 2,01-4,00 mm (pT3a) senza ulcerazione

Controllo clinico ogni 4-6 mesi (per 8 anni). Anamnesi e visita. Esame di epiluminescenza. Ecografia addome e stazioni linfonodali (ogni 6 mesi). Radiografia del torace (ogni 12 mesi) (Tc Total Body Pet-Tc, in casi selezionati previa valutazione multidisciplinare). Dosaggio LDH, Proteina S100 (ogni 6 mesi).

Breslow 2,01-4,00mm con ulcerazione o mitosi >1mm 2 (pT3b) Breslow >4mm (pT4a o b), Melanoma nodulare (pT1b-4)

Controllo clinico ogni 4 mesi (per 2 anni) ogni 6 mesi (dal 3° al 5° anno) e poi annuale (per i successivi 5 anni). Anamnesi e visita. Esame di epiluminescenza. Ecografia addome e stazioni linfonodali (ad ogni controllo clinico). Radiografia del torace (ogni 6 mesi). (Tc Total Body o Pet-Tc, in casi selezionati previa valutazione multidisciplinare). Dosaggio LDH, Proteina S100 (ogni 4 mesi).

Melanoma con metastasi linfonodali e/o metastasi in transit (IIIA IIIB IIIC)

Controllo clinico ogni 3 mesi. Anamnesi e visita. Esame di epiluminescenza (ogni 6 mesi). Tc cranio, collo, torace e addome (ogni 6 mesi) o Pet-Tc + RM encefalo (ogni 8 mesi) Dosaggio LDH, Proteina S100 (ad ogni controllo clinico).

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Melanoma IV stadio

Esami e controlli secondo protocolli terapeutici oncologici. Le visite di follow-up dovrebbero essere più frequenti per pazienti con melanoma familiare (presenza di melanoma in due o più parenti di primo grado). La diagnosi di melanoma familiare non significa ereditarietà, ma identifica congiunti che possono essere valutati per una maggior probabilità di sviluppare il tumore. Infatti alcuni soggetti presentano un aumentato rischio di sviluppare melanomi o nevi atipici (cd. nevi displastici, il termine appartiene alla definizione istologica). I parenti di primo grado dovrebbero essere informati di questo aumentato rischio e visitati per escludere la presenza di melanoma o di precursori. Terapia del melanoma stadio IV Le lesioni metastatiche cutanee, linfonodali o viscerali singole, sono candidate ad intervento chirurgico se tecnicamente operabili o a trattamenti di radiologia interventistica, ma spesso sono soggette a recidive locali e/o a distanza. Attualmente si assiste alla comparsa di nuovi trattamenti biologici in grado di offrire buone risposte, sia come disease free interval (DFI) che come overall survival (OS), pertanto andranno valutate caso per caso le probabilità di recidiva e le possibili complicanze dopo trattamento chirurgico, confrontando le percentuali di risposta ai trattamenti disponibili in quel determinato momento per quello specifico paziente. Sarà compito del gruppo multidisciplinare effettuare per ogni singolo caso una valutazione specialistica multidimensionale per personalizzare il trattamento di questi pazienti. Terapia chirurgica del melanoma stadio IV La chirurgia del melanoma al IV stadio deve essere intesa solo ad intento radicale e può essere riservata come opzione terapeutica di scelta in pazienti che hanno un singolo secondarismo viscerale o una malattia oligometastatica (coinvolgimento di 1 o 2 organi) in particolare a livello dei tessuti molli e/o linfonodi distanti (M1a), o a livello polmonare,(M1b), valutando l’outcome a distanza. Generalmente la sopravvivenza a 5 anni in soggetti con secondarismi resecati a livello polmonare o tessuti molli oscilla tra il 14 e il 33%, e circa il 30 % nelle resezioni epatiche (M1b). Non vi sono differenze statisticamente significative tra resezione chirurgica ed altre forme di ablazione delle metastasi. In questi pazienti va sempre valutata la presenza di una mutazione B-RAF, NRAS o C-kit. In soggetti resi liberi da malattia dopo chirurgia deve essere considerato un trattamento medico adiuvante. In caso di fallimento di un trattamento loco-regionale deve essere considerato un approccio terapeutico sistemico. Terapia medica della malattia metastatica (IV stadi o): Il trattamento medico del melanoma metastatico è stato fino a pochi anni fa caratterizzato da una estrema povertà di opzioni. Incentrato prevalentemente sull’uso della dacarbazina, sia in monoterapia sia in combinazione con fotemustina e platino-derivati, ma sempre con scarse possibilità di miglioramento dell’outcome clinico.

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A partire dal 2010, la migliore comprensione della biologia della malattia e dei meccanismi patogenetici alla base della sua evoluzione ha consentito di sviluppare farmaci specifici per il melanoma metastatico, capaci di assicurare una maggiore efficacia del trattamento con ottimi risultati sia riguardo al tempo libero da malattia sia in termini di sopravvivenza. Gli schemi terapeutici sono in continua evoluzione, a mano a mano che si ottengono i risultati dei numerosi protocolli di studio in fase III-IV attualmente in corso. Al momento attuale, e sulla base delle conoscenze ad oggi maturate, le opzioni mediche per il melanoma metastatico fanno riferimento a due grandi capitoli terapeutici: gli inibitori di B-RAF/MEK e l’immunoterapia. Inibitori di B-RAF Il 40-60% dei melanomi esprime mutazioni a carico del proto-oncogene B-RAF che si traducono in proteine attivate importanti per la proliferazione cellulare in assenza di fattori di crescita, normalmente fondamentali per la replicazione cellulare. Nei pazienti con mutazioni di BRAF, l’uso degli inibitori di BRAF ha dimostrato un beneficio preclinico e clinico. Due studi di fase III randomizzati, che prevedevano l’utilizzo di due potenti e specifici inibitori di BRAF, vemurafenib o dabrafenib, hanno raggiunto una risposta parziale o completa nella metà dei casi, ma soprattutto un significativo aumento in sopravvivenza rispetto alla dacarbazina, chemioterapico riconosciuto fino a pochi anni fa come il “gold standard” mondiale nel trattamento del melanoma metastatico. L’efficacia di Vemurafenib è stata valutata nello studio clinico di fase III (studio BRIM3) condotto in pazienti mai pretrattati con chemioterapia, esprimenti mutazione a livello di BRAF V600 ed assegnati casualmente a ricevere Vemurafenib 960 mg due volte/die oppure Dacarbazina 1000 mg/m2 ogni 3 settimane con miglioramenti significativi degli obiettivi co-primari di OS (p < 0.0001) e PFS (p < 0.0001), ottenendo un tasso di risposte globali del 48.4% vs 5.5%, benché tuttavia gli aggiornamenti successivi dei dati abbiano registrato la variazione dell’ Hazard Ratio da 0.37 a 0.70, si tratta sicuramente di un successo mai ottenuto in precedenza con le terapie convenzionali. Risultati analoghi sono stati raggiunti con Dabrafenib nello studio BREAK-3. Evidenze successive hanno dimostrato che i pazienti in trattamento con Vemurafenib o Dabrafenib, sviluppano mutazioni dei geni NRAS15 o MEK34, che sembrano potenziare il segnale attraverso la via RAS-MEK-ERK da riattivazione di MEK. Questa osservazione ha portato al suggerimento che la combinazione di inibitori di BRAF e MEK possa potenziare l’inibizione della crescita cellulare tumorale. Gli studi implementati per confermare tale ipotesi (BRIM-7 e COMBI-D) hanno validato l’utilizzo della combinazione inibitori di B-RAF + inibitori di MEK come opzione di riferimento per i pazienti B-RAF mutati, e pertanto nei pazienti affetti da melanoma inoperabile o metastatico (stadio IIIc o IV) in presenza di mutazione BRAF V600, si dovrebbe considerare il trattamento con BRAF inibitore + MEK inibitore. Gli inibitori di MEK sono attualmente disponibili solo tramite le procedure di expanded access (EAP), in attesa dell’approvazione AIFA. Immunoterapia Il melanoma metastatico è stato il primo banco di prova per una nuova strategia terapeutica volta a stimolare l’immunità anti-tumorale e a contrastare quella che è sempre stata una delle principali caratteristiche del cancro, ovvero la fuga dalla sorveglianza immunitaria. L’ipilimumab, un anticorpo monoclonale IgG1, umanizzato, diretto verso CTLA-4, un recettore presente sui linfociti T attivati, che regola normalmente la risposta immunitaria, è stato il primo farmaco ad essere registrato per il melanoma metastatico. Il legame tra ipilimumab e CTLA-4 si traduce in un potenziamento della difesa immunitaria ed una riduzione della tolleranza verso antigeni tumore-associati; i risultati di diversi studi clinici hanno dimostrato che i pazienti che sono

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stati trattati con ipilimumab rispetto a quelli trattati con dacarbazina hanno dimostrato un netto miglioramento nella sopravvivenza globale. In particolare tassi di sopravvivenza maggiore sono stati osservati a un anno (47.3% vs 36.3%), due anni (28.5% vs 17.9%) e tre anni (20.8% vs 12.2%). Nivolumab è un anticorpo IgG4, completamente umanizzato, che blocca il recettore per la morte cellulare programmata (PD-1) determinando una riattivazione del sistema immunitario. Gli studi alla base dell’approvazione di nivolumab (avvenuta nel luglio 2015 a livello europeo) hanno evidenziato nei casi di melanoma avanzato, un tasso di sopravvivenza ad un anno “superiore al 70%, con una riduzione del rischio di morte del 58%. Sono in corso studi per valutare efficacia e tollerabilità della combinazione immunoterapica (ipilimumab + nivolumab), ma ad oggi Nivolumab rappresenta sicuramente l’opzione terapeutica immunoterapica principale, a partire dalla prima linea di trattamento. Dato il continuo e rapido aggiornamento degli schemi terapeutici che si registra in questa tipologia di pazienti con melanoma metastatico, sulla base delle esperienze cliniche maturate nel corso di questi ultimi anni, al momento attuale non è possibile stabilire univoche e precise strategie terapeutiche, soprattutto per quanto attiene al paziente portatore di mutazione di B-RAF. Per tale motivo dovrà essere l’Oncologo di riferimento a personalizzare la strategia terapeutica più efficace per il singolo paziente, alla luce delle più recenti acquisizioni della letteratura, dei farmaci disponibili e di un’adeguata valutazione costo/efficacia. Il follow-up di questi pazienti è dipendente dal tipo di terapia medica instaurata e pertanto andrà effettuato in collaborazione tra il dermatologo competente ed il referente oncologo medico che ha in trattamento il paziente Terapia delle metastasi in transit Le metastasi in transit sono localizzazioni cutanee e sottocutanee comparse tra la sede di origine del melanoma e la stazione linfonodale satellite. Per i pazienti che si presentano con un primo episodio singolo di secondarismo in transit o satellitosi vi è indicazione ad eseguire una resezione chirurgica con margini istologicamente liberi . Nei pazienti in cui viene asportato un secondarismo in transit deve essere considerata l’opzione della tecnica del linfonodo sentinella essendo elevata la probabilità di secondarismi linfonodali occulti se la ripresa evolutiva avviene almeno dopo un intervallo libero da malattia (Disease-free survival – DFS) di 6-12 mesi dall’ultimo episodio di trattamento chirurgico per melanoma primario o secondario. Salvo poche eccezioni, il trattamento della metastasi in transit non sono di competenza esclusivamente chirurgica. Andranno valutati dal gruppo GICO il volume neoplastico e l’efficacia delle terapie mediche disponibili, personalizzando la condotta terapeutica. In caso di fallimento di un trattamento chirurgico loco-regionale deve essere considerato un approccio terapeutico sistemico.

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Terapia adiuvante con interferone nei melanomi ad a lto rischio (stadio II-IIIA/B/C) Due metanalisi hanno dimostrato che il trattamento adiuvante con interferone (IFN) procura un beneficio assoluto in termini di sopravvivenza del 3% con una riduzione del rischio relativo del 18% sulla DFS e dell’11% sulla sopravvivenza totale (Overall Survival – OS). Queste osservazioni rappresentano la base della discussione sull’uso dell’IFN adiuvante nel melanoma. Queste percentuali, in particolare quella relativa al beneficio assoluto, sono simili alle percentuali ottenute dai trattamenti adiuvanti più importanti usati in oncologia in altre neoplasie come mammella, colon-retto ed ovaio; la diversità di significatività dei singoli studi è sostenuta dalla numerosità e dalla omogeneità di selezione dei pazienti, più che dalla attività intrinseca del trattamento. Poiché al momento non esiste alcun trattamento che possa dare un simile beneficio in termini di OS, l’IFN può essere proposto, al di fuori delle sperimentazioni cliniche, ai pazienti ad alto rischio di recidiva.

Nello stadio I non è consigliato un trattamento adiuvante considerata la sostanziale buona prognosi della malattia. Per quanto riguarda lo stadio IIA, la scelta può ricadere sulla decisione di non trattare i pazienti a buona prognosi ed eventualmente riservare le basse dosi per 18 mesi per quelli a prognosi meno buona (indice mitotico elevato, spessore > di 1,5, sesso maschile, localizzazione al dorso o testa e collo). Nello stadio IIB è consigliabile un trattamento con 3MUI per 18-24 mesi. Negli stadi IIC-IIIA-B, sulla scorta di quanto sopra discusso, è possibile scegliere tra un trattamento con basso dosaggio ed uno ad alto dosaggio a seconda delle caratteristiche del paziente da trattare e sulla scorta dell’esperienza clinica. Negli stadi IIIC, sebbene possa essere considerato anche l’utilizzo di basso dosaggio, il trattamento con alto dosaggio sarebbe da preferire agli altri perché sembra il solo in grado di impattare in questa categoria di pazienti. Può essere proposto un trattamento postoperatorio adiuvante per tutti i pazienti sottoposti a chirurgia per malattia a distanza (IV stadio) o IIIC per secondarismi in transit. Recentemente è stata pubblicata la prima analisi dello studio EORTC 18071 che ha valutato l’efficacia in adiuvante dell’ipilimumab nel melanoma in stadio III e ha dimostrato un miglioramento

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della DFS, ma è necessario attendere i dati di OS prima di poter esprimere un giudizio sull’efficacia del trattamento in setting adiuvante. Sono in corso studi in setting adiuvante con immunoterapici, farmaci a bersaglio molecolare (BRAF e MEK inibitori) e con vaccinoterapia di cui si attendono i risultati. Pertanto si resta in attesa di risultati definitivi e di relativa approvazione da parte degli organi regolatori per l’utilizzo in adiuvante di questi nuovi farmaci biologici. Radioterapia sulle metastasi a distanza Le cellule di melanoma presentano uno spettro di radiosensibilità piuttosto variabile per cui il melanoma non dovrebbe essere considerato una patologia uniformemente radioresistente. In pazienti con secondarismi cerebrali multipli, il trattamento radiante panencefalico è considerato una opzione terapeutica in grado di palliare i sintomi anche se non modifica la sopravvivenza globale dei pazienti. Le nuove tecniche di radioterapia stereotassica, in pazienti con un numero contenuto di lesioni encefaliche (<3) del diametro inferiore o pari a 3 cm possono essere considerate un’alternativa al trattamento radioterapico standard. E’ possibile dopo radioterapia pan-encefalica considerare protocolli di sovradosaggio con tecnica stereotassica sulle lesioni di maggiori dimensioni, allo scopo di aumentare il controllo locale e la palliazione dei sintomi. Il trattamento radiante è consigliato, inoltre, in presenza di lesioni ossee sintomatiche o a rischio di frattura. Il beneficio, tuttavia, deriva da dati estrapolati da studi che comprendono lesioni ossee derivanti da differenti tumori solidi tra cui anche il melanoma. Per ogni valutazione relativa ai protocolli radioterapici, si rimanda tuttavia al parere dei Radioterapisti di riferimento del Centro.

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4. Percorso organizzativo

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5. Matrici di Responsabilità. Presso la U.O.C. Clinica Dermatologica della ASL Lanciano-Vasto-Chieti, è attivo il Centro di Riferimento per la Diagnosi e la Cura del Melanoma, presso cui Il paziente potrà seguire il percorso diagnostico, terapeutico e di follow-up del melanoma primitivo cutaneo. Centri invianti:

• U.O.C. Clinica Dermatologica Chieti-Ortona; • Chirurghi dei NOD e Ospedalieri; • Dermatologia Lanciano; • Dermatologi ambulatoriali dei NOD; • MMG.

Diagnostica di primo livello: ambulatori dermatologici territoriali, Clinica Dermatologica Chieti, Dermatologia Lanciano e U.O. NOD Vasto. Diagnostica di secondo livello: Clinica Dermatologica Ortona, Dermatologia Lanciano e U.O. NOD Vasto, Anatomia Patologica Chieti-Ortona, Anatomia Patologica Lanciano-Vasto, Radiologie Asl Lanciano-Vasto-Chieti, Medicina Nucleare Asl Lanciano-Vasto-Chieti. Diagnostica Molecolare: Anatomia Patologica di Chieti Chirurgia: Clinica Dermatologica Chieti-Ortona, UU.OO Chirurgiche di Chieti, Ortona e Lanciano, NOD Vasto. Terapie Oncologiche: Clinica Oncologica Chieti-Ortona, Oncologia Lanciano-Vasto.

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Accesso del Paziente al percorso: valutazione I liv ello – esame obiettivo Il paziente con sospetto melanoma, oltre che per accesso diretto all’Ambulatorio Dermatologico Ospedaliero, può accedere al percorso qualora il Medico di Medicina Generale (MMG) riscontri criteri di sospetto per patologia neoplastica melanocitaria. In questi casi il MMG può contattare direttamente il GICO, tramite il Case Manager o tramite contatto telefonico con le UU.OO. specialistiche di Dermatologia del P.O. di Chieti-Ortona, Dermatologia P.O. Lanciano e Ambulatorio Dermatologico NOD Vasto.

CH

I

Attività mediche Dermatologo: raccoglie l’anamnesi, visita il paziente esegue dermatoscopia analogica e nel caso digitale con registrazione delle immagini.

Attività infermieristiche Infermiere: accoglie il paziente, predispone la documentazione clinica e coadiuva nella gestione dell’ambulatorio.

CO

SA

Esami ed interventi Visita dermatologica, dermatoscopia analogica o digitale. Valutazione di eventuali esami già effettuati. Prescrizione di eventuali altri esami. Affidamento al Case Manager.

Informazione ed educazione al paziente e alla famiglia

Educazione ed informazione durante la visita.

DO

CU

ME

NT

I

Documentazione clinica da produrre

Referto dell’ esame e della visita, refertazione dermatoscopica secondo linee guida AIDNID (Associazione Italiana di Diagnostica Non Invasiva In Dermatologia).

OB

IET

TIV

I

Traguardi sanitari Diagnosi dermatologica. Minimizzazione del tempo medio di invio del paziente per l’esame demoscopico.

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Esame bioptico.

Il prelievo viene eseguito in dermatologia/chirurgia ed il materiale viene inviato in anatomia patologica per lo studio istologico. N.B.: Nel caso in cui il referto istologico sia ritirato dal paziente stesso presso il laboratorio di

anatomia patologica, il referto istologico, se positivo, dovrà essere accompagnato da un secondo documento contenente le seguenti informazioni per il paziente: rivolgersi presso gli ambulatori della U.O.C. Clinica Dermatologica della ASL Lanciano-Vasto-Chieti, o presso altro Centro Dermatologico/Chirurgico di sua fiducia, per completare il trattamento chirurgico del melanoma (tale documento dovrà riportare anche le informazioni di contatto e le modalità di accesso al servizio).

L’esame istologico, inviato per sospetto melanoma, è refertato di norma entro 10gg lavorativi.

CH

I

Attività mediche

Dermatologo o Chirurgo: fornisce informativa al paziente, acquisisce il consenso informato, compila la richiesta per anatomia patologica, effettua la biopsia. Anatomopatologo: effettua la lettura preparato istologico.

Attività infermieristiche

Infermiere: supporto all’ attività medica gestione e organizzazione dell’ambulatorio.

CO

SA

Esami ed interventi Biopsia incisionale o escissionale. Esame istologico.

Farmaci Anestetico locale.

Informazione ed educazione al paziente e alla famiglia

Referto dell’esame istologico e relativo documento contenente le informazioni per il paziente.

DO

CU

ME

NT

I

Documentazione clinica da produrre

Referto ambulatoriale relativo alla visita. Consenso informato alla biopsia. Referto istologico.

OB

IET

TIV

I

Traguardi sanitari Diagnosi anatomopatologica del tumore primitivo o ulteriore definizione diagnostica.

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Valutazione collegiale GICO/ stadiazione/rivalutazi one Il GICO (Gruppo Interdisciplinare Cure Oncologiche) si riunisce almeno una volta al mese, presso la U.O.C. Clinica Dermatologica della ASL, per la discussione della casistica, per i meeting interdisciplinari di aggiornamento, per gli audit clinici e per eventuali proposte di revisione del PCO. Esamina la documentazione contenuta nella cartella relativa ai casi da valutare. Redige il piano clinico-terapeutico (referto collegiale) su carta intestata del GICO.

CH

I

Attività mediche

Il dermatologo, che solitamente vede per primo il paziente, presenta il caso da un punto di vista clinico; l’anatomopatologo illustra la parte di sua competenza; il radiologo e il, medico nucleare illustrano gli esami di stadiazione. I medici componenti del GICO melanoma, discutono collegialmente il caso e decidono eventuali ulteriori accertamenti diagnostici e il percorso terapeutico più appropriato per il paziente.

GICO Il Gruppo Interdisciplinare delle Cure Oncologiche si riunisce per la discussione dei casi, con cadenze concordate presso la U.O.C Clinica Dermatologica, almeno una volta al mese

Attività infermieristiche L’infermiere con funzioni di case manager funge da raccordo tra paziente, GICO e singoli specialisti e gestisce gli appuntamenti per stadiazione e ritiro esami. Partecipa alle riunioni del GICO.

CO

SA

Esami ed interventi Esami previsti per la stadiazione, riportati nel ragionamento clinico.

Informazione ed educazione al paziente e alla famiglia

Eventuale predisposizione di informativa e consenso informato all’esecuzione degli esami.

DO

CU

ME

NT

I

Documentazione clinica da produrre

Referto dell’esame istologico. Referti medicina nucleare. Referti esami radiologici. Altre indagini diagnostiche. Valutazioni cliniche. Verbale GICO.

OB

IET

TIV

I

Traguardi sanitari

Prima valutazione collegiale e stadiazione della neoplasia. Rivalutazione successiva di eventuale progressione della malattia. Coordinamento delle strategie diagnostico-terapeutiche. Protocollo terapeutico di pazienti in stadio IV.

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Intervento chirurgico – linfonodo sentinella Il limite massimo tra intervento a scopo diagnostic o e intervento di radicalizzazzione chirurgica, non deve eccedere i 45 gg. Questo limite di tempo è considerato unico ai fini del giudizio di radicalità e deve essere rispettato per tutti i pazienti operati presso strutture della ASL Lanciano-Vasto-Chieti. Gli interventi chirurgici verranno effettuati in regime di Day Surgery presso La U.O.C. Clinica Dermatologica, con l’eccezione delle neoplasie del distretto testa-collo che avendo come bacino di drenaggio i linfonodi latero-cervicali verranno trattati dalla Clinica ORL del P.O. di Chieti. Qualora fosse necessario il ricovero ospedaliero in regime ordinario, questo avverrà presso una delle UU.OO. Chirurgiche di Chieti o Lanciano e l’intervento chirurgico verrà effettuato dal dermatologo in collaborazione con il Chirurgo Generale.

CH

I

Attività mediche

Dermatologo: Valuta l’operabilità del paziente, fornisce informativa al paziente, acquisisce il consenso informato, aggiorna la cartella clinica, valuta la necessità di linfoscintigrafia esplorativa, effettua, dopo aver controllato la cartella, l’asportazione del linfonodo sentinella (non testa-collo) e la radicalizzazione chirurgica della lesione cutanea. Specialista ORL (se richiesto): esegue, in accordo con il dermatologo, l’asportazione del linfonodo sentinella nella regione testa-collo e la radicalizzazione chirurgica della lesione cutanea (con i margini chirurgici previsti dalle LG). Medico di Medicina Nucleare: Effettua l’infusione di tracciante radioattivo per la linfoscintigrafia definitiva o esplorativa e localizza attraverso sonda, il linfonodo sentinella Anestesista: valuta le condizioni cliniche Generali del pz ed il tipo di anestesia da praticare Anatomopatologo: valuta la presenza di cellule metastatiche linfonodali.

Attività infermieristiche Infermiere: accoglie il paziente nella fase di pre-ricovero e nella fase della prestazione chirurgica e coadiuva i dirigenti medici nella gestione della seduta operatoria.

CO

SA

Esami ed interventi Esami preoperatori, visita anestesiologica, altri esami richiesti per lo studio del paziente per effettuare l’intervento in sicurezza, eventuale valutazione TC Total-body preoperatoria per pazienti T3-4 o Tx

Farmaci Anestetico locale/generale. Antibioticoprofilassi perioperatoria, se necessaria.

Informazione ed educazione al paziente e alla famiglia

Consenso informato all’intervento.

DO

CU

ME

NT

I

Documentazione clinica da produrre Cartella clinica; referto istologico

OB

IET

TIV

I

Traguardi sanitari Trattamento chirurgico.

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Intervento chirurgico – linfoadenectomia loco regio nale Il limite tra intervento del linfonodo sentinella e intervento di linfoadenectomia regionale, non deve eccedere i 30 gg.

CH

I

Attività mediche

Chirurgo: fornisce informativa al paziente, acquisisce il consenso informato, aggiorna la cartella clinica, procede all’asportazione dei linfonodi locoregionali Anatomopatologo: valuta la presenza di cellule metastatiche linfonodali.

Attività infermieristiche Infermiere: coadiuva il chirurgo nella gestione del paziente in preospedalizzazione e nella ospedalizzazione e nella seduta operatoia.

CO

SA

Esami ed interventi Esami preoperatori, valutazione anestesiologica, altri esami richiesti per lo studio del paziente per effettuare l’intervento in sicurezza

Farmaci Anestetico locale/generale. Antibioticoprofilassi perioperatoria, se necessaria.

Informazione ed educazione al paziente e alla famiglia

Consenso informato all’intervento.

DO

CU

ME

NT

I

Documentazione clinica da produrre Cartella clinica; referto istologico.

OB

IET

TIV

I

Traguardi sanitari Linfadenectomia radicale locoregionale (valutazione del numero di linfonodi asportati per sede).

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Terapia medica per malattia in stadio avanzato

CH

I

Attività mediche

Oncologo: prescrive il trattamento medico, sulla base dei risultati di indagini molecolari effettuate dall’anatomopatologo, riportandolo sulla scheda sanitaria del paziente, e segue il paziente nel successivo follow-up. Diagnostica e tratta le possibili complicazione acute e tardive. Fornisce supporto terapeutico palliativo, se indicato.

GICO Valutazione personalizzata del migliore schema terapeutico disponibile.

Attività infermieristiche

Accettazione del paziente, archiviazione e preparazione delle cartelle cliniche. Assistenza al paziente, prelievi per gli esami ematochimici necessari alla prescrizione della terapia. Somministra la terapia.

CO

SA

Esami ed interventi Esami di follow-up, valutazione della funzionalità di organi e apparati (emopoietico, epatico, renale, cardiaco).

Farmaci Farmaci oncologici secondo gli schemi raccomandati in letteratura al momento dell’inizio del trattamento.

Informazione ed educazione al paziente e alla famiglia

Informazione su possibili tossicità, loro precoce rilevamento e trattamento. Acquisizione del consenso informato circa la prosecuzione delle cure.

DO

CU

ME

NT

I

Documentazione clinica da produrre Prescrizione del trattamento su scheda di terapia.

OB

IET

TIV

I

Traguardi sanitari Trattamento della malattia avanzata, prolungamento della sopravvivenza globale e del tempo libero da malattia. Palliazione.

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6. Indicatori Indicatore 1 Denominazione Tempi di attesa per effettuazione visita dermatologica Razionale Il sospetto clinico precoce migliora l’efficacia dei trattamenti

successivi Numeratore Visite dermatologiche per sospetto melanoma eseguite entro 15 gg.

dalla richiesta Denominatore Visite dermatologiche totali per sospetto melanoma Target ≥90% Unità operativa Ambulatori di dermatologia DSB, Clinica dermatologica,

Dermatologia Lanciano e U.O. NOD Vasto Fonte dei dati DB ad hoc elettronici Indicatore 2 Denominazione Pazienti presi in carico dal GICO Razionale Un approccio multidisciplinare al paziente ottimizza il percorso

diagnostico e terapeutico specifico Numeratore Pazienti con melanoma valutati dal GICO Denominatore Totale pazienti con diagnosi di melanoma Target 85% Unità operativa Gruppo Multidisciplinare Fonte dei dati DB ad hoc elettronici, SDO Indicatore 3 Denominazione Fedeltà al percorso melanoma Razionale L’effettuazione di tutti i processi connessi al percorso permette un

approccio ottimizzato alla patologia e ne migliora l’outcome Numeratore Pazienti che non hanno abbandonato volontariamente il percorso Denominatore Totale pazienti entrati nel percorso Target ≥90% Unità operativa Gruppo Mulidisciplinare Fonte dei dati DB ad hoc elettronici Indicatore 4 Denominazione Tempi di refertazione biopsie Razionale La diagnosi istologica precoce migliora l’efficacia dei trattamenti

successivi Numeratore Biopsie per sospetto melanoma refertate entro 10 gg. lavorativi Denominatore Biopsie per sospetto melanoma refertate Target ≥90% Unita operativa Anatomia patologica Fonte dei dati DB ad hoc elettronici

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Indicatore 5 Denominazione Tempi di attesa per esecuzione esami di stadiazione (tc/total body) Razionale La corretta e rapida stadiazione è importante per una scelta

tempestiva e appropriata delle strategie terapeutiche successive Numeratore Esami tc/total body eseguiti entro 10 giorni dalla richiesta Denominatore Esami tc/total body eseguiti Target ≥90% Unita operativa Radiologia Fonte dei dati DB ad hoc elettronici Indicatore 6 Denominazione Tempi di attesa per esecuzione esami di stadiazione (PET) Razionale La corretta e rapida stadiazione è importante per una scelta

tempestiva e appropriata delle strategie terapeutiche successive Numeratore Esami PET eseguiti entro 10 giorni dalla richiesta Denominatore Esami PET eseguiti Target ≥90% Unita operativa Medicina Nucleare Fonte dei dati DB ad hoc elettronici Indicatore 7 Denominazione Tempi di attesa intervento chirurgico radicalizzazione e asportazione

del linfonodo sentinella Razionale La precocità dell’intervento chirurgico migliora l’outcome e riduce la

possibilità di ulteriori estensioni della malattia Numeratore Pazienti sottoposti ad intervento chirurgico entro 45 giorni dalla

biopsia escissionale della lesione melanocitaria primitiva Denominatore Pazienti sottoposti ad intervento chirurgico nei tempi previsti Target ≥90% Unita operativa Dermatologia; ORL. Fonte dei dati DB ad hoc elettronici Indicatore 8 Denominazione Tempi di attesa per la diagnosi molecolare Razionale La diagnosi molecolare è indispensabile, nella malattia metastatica,

per la migliore scelta terapeutica della malattia metastatica Numeratore Diagnosi molecolari anatomo-patologiche refertate entro 10giorni Denominatore Campioni tissutali neoplastici inviati per diagnostica molecolare Target ≥90% Unita operativa Anatomia Patologica di Chieti Fonte dei dati DB ad hoc elettronici Indicatore 9 Denominazione Tempi di attesa per terapia medica oncologica per malattia diffusa Razionale La precocità del trattamento medico oncologico aumenta i tempi di

sopravvivenza e migliora la qualità di vita nella malattia avanzata Numeratore Pazienti metastatici che hanno iniziato terapia medica oncologica

entro 10 giorni da prima visita Denominatore Pazienti metastatici che hanno iniziato terapia medica oncologica Target ≥90% Unita operativa Oncologia Fonte dei dati DB ad hoc elettronici

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Percorso clinico organizzativo per la diagnosi e il trattamento del melanoma cutaneo Rev. 0 30/06/16 PCO bozza Pag. 43/43

8. Documentazione interna di riferimento

– Procedura aziendale: profilassi antibiotica nella chirurgia d’elezione del paziente adulto (PGCIO05).

– Protocollo aziendale: test preoperatori per procedure diagnostiche e terapeutiche in elezione (PROTSQA02).

– Procedura aziendale: gestione consenso informato (PGSQA07).

– Procedura aziendale: gestione della sicurezza perioperatoria del paziente (PGSQA31).

– Protocollo aziendale per il trattamento del dolore post-operatorio (PGSQA24).