storia della lingua greca

166
-1- Lingua Neogreca I Lunedì 20.2.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato GRECIA - ELLAS - ELLADA Dove si parla greco e dove si parlava greco: quadro storico-geografico della lingua greca. Breve profilo storico della lingua greca dalle sue origini. Tavoletta in Lineare B, scrittura sillabica, scritta circa 3500 anni fa e rinvenuta a Pylos (PY Ta 722): Ta-ra-nu a-ja-me-no e-re-pa-te-jo i-qo qe po-ru-po-de qe po-ni-ke qe (pronuncia e trascrizione fonetica -non secondo le regole ufficiali: thranus aiamenos elefanteioi (dativo) anthropoi (dativo) ikkoi kai polupodei kai foinikei kai...) Greco del V secolo: qranivon, ejlefavntino", a[nqrwpo", i{ppo", poluvpou", foivnix greco attuale: qranivo, elefavntino", avnqrwpo", ivppo", poluvpoda", foivnika" Dialetti greci. Dialetti e lingua letteraria. La lingua della produzione greca letteraria antica. Koiné ellenistica. La lingua dei Vangeli. Il greco in età romana. La nascita di Costantinopoli e della civiltà cosiddetta "bizantina". La lingua greca a Costantinopoli. La nascita del greco volgare. La produzione letteraria in volgare e le sue evoluzioni. Diglossia e bilinguismo. Lingua scritta e lingua parlata. Lingua Neogreca I Martedì 21.2.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Dialetti greci. Dialetti e lingua letteraria. La lingua della produzione greca letteraria antica.

Upload: topolino

Post on 26-Dec-2015

317 views

Category:

Documents


14 download

DESCRIPTION

una storia del greco

TRANSCRIPT

Page 1: Storia Della Lingua Greca

- 1 -

Lingua Neogreca I Lunedì 20.2.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato GRECIA - ELLAS - ELLADA Dove si parla greco e dove si parlava greco: quadro storico-geografico della lingua greca. Breve profilo storico della lingua greca dalle sue origini. Tavoletta in Lineare B, scrittura sillabica, scritta circa 3500 anni fa e rinvenuta a Pylos (PY Ta 722): Ta-ra-nu a-ja-me-no e-re-pa-te-jo i-qo qe po-ru-po-de qe po-ni-ke qe (pronuncia e trascrizione fonetica -non secondo le regole ufficiali: thranus aiamenos elefanteioi (dativo) anthropoi (dativo) ikkoi kai polupodei kai foinikei kai...) Greco del V secolo: qranivon, ejlefavntino", a[nqrwpo", i{ppo", poluvpou", foivnix

greco attuale: qranivo, elefavntino", avnqrwpo", ivppo", poluvpoda", foivnika" Dialetti greci. Dialetti e lingua letteraria. La lingua della produzione greca letteraria antica. Koiné ellenistica. La lingua dei Vangeli. Il greco in età romana. La nascita di Costantinopoli e della civiltà cosiddetta "bizantina". La lingua greca a Costantinopoli. La nascita del greco volgare. La produzione letteraria in volgare e le sue evoluzioni. Diglossia e bilinguismo. Lingua scritta e lingua parlata.

Lingua Neogreca I

Martedì 21.2.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Dialetti greci. Dialetti e lingua letteraria. La lingua della produzione greca letteraria antica.

Page 2: Storia Della Lingua Greca

- 2 -

Koiné ellenistica. La lingua dei Vangeli. Il greco in età romana. La nascita di Costantinopoli e della civiltà cosiddetta "bizantina". La lingua greca a Costantinopoli. La nascita del greco volgare. La produzione letteraria in volgare e le sue evoluzioni. Diglossia e bilinguismo. Lingua scritta e lingua parlata.

Analisi del frammento 31 di Saffo, tramandatoci dall’Anonimo del Sublime (10, 1-3), ricordato da varie fonti e oggetto di numerosissime traduzioni, imitazioni, adattamenti (Catullo LI, Teocrito II, 82-85, 106-108; Lucrezio III 154 e segg., Orazio Carmina I, 22, 23-24)… Si tratta come è noto dell’ode più letta ed amata della poesia arcaica. Wilamowitz e Snell supposero che si trattasse della descrizione di un banchetto nuziale, durante il quale Saffo, vedendo la fanciulla amata sorridere dolcemente allo sposo, veniva colta da un turbamento fisico determinato dalla gelosia. Vorrei qui ricordare solo per inciso che il poeta Athanasios Christòpulos, contemporaneo di Leopardi, e allievo di Melchiorre Cesarotti a Padova, uno dei poeti greci più amati nel corso dell’Ottocento, non solo dai greci, che lo hanno salutato come Novello Anacreonte, ma anche dagli italiani filoellenici e filolibertari della prima metà dell’Ottocento (come dimostrano le numerose traduzioni delle sue poesie esistenti nella nostra lingua), ha tradotto questi versi in decapentasillabi, cioè il metro “nazionale” della poesia greca moderna (qualcosa, dal punto di vista “ideologico e culturale” come il nostro endecasillabo). faivnetaiv moi kh``no" i[so" qevoisin e[mmen j w[nhr, o[tti" ejnavntiov" toi ijsdavnei kai; plavsion a\du fwneiv- sa" ujpakouvei kai; gelaivsa" ijmevroen, tov m j h\ ma;n kardivan ejn sthvqesin ejptovaisen: wj" ga;r e[" s j i[dw brovce j, w[" me fwvnai- s j oujd j e]n e[t j ei[kei, ajlla; ka;m me;n glw``ssa mj ea[ge, levpton d jau[tika crw/`` pu`r upadedrovmhken, ojppavtessi d j oujd j e]n o[rhmm j, ejpirrovm- beisi d' j a[kouai, kavd j de; m j i[drw" kakcevetai, trovmo" de; pai``san a[grei, clwrotevra de; poiva" e[mmi, teqnavkhn d j ojlivgw jpideuvh" faivnom j e[m j au[ta. ajlla; pa;n tovlmaton, ejpeiv ... kai; pevnhta..

traduzione Sotiris Kakisis VIdioı qeovı mou faivnetai autovı apevnantiv sou Pou se prosevcei ovtan esuv glukav tou yiqurivzeiı

Page 3: Storia Della Lingua Greca

- 3 -

Ki ovtan gelavseiı truferav. Ma emevna h kardiav mou skivzetai mevsa sta sthvqia. Kai movliı s j antikruvzw, cavnw tovte th fwnhv Kai sbhvnetai h laliav mou, kai h glwvssa mou tsakivzetai, kai to kormiv mou amevswı sigopernavei mia fwtiav Ta mavtia mou qampwvnoune Bouivzoune t jautiav mou Idrwvnw, trevmw xafnikav, pio pravsinh apov to covrto

givnomai, kai apov to qavnato livgo moiavzw n japevcw. Ma s j ovla prevpei na tolmwv evtsi ftwciav pou eivmai

Mi sembra uguale ad un dio chi ti siede accanto, e ti guarda con attenzione quando dolcemente gli parli all’orecchio e quando sorridi affettuosamente. A me il cuore si strappa dentro il petto, e appena ti vedo perdo la parola e mi si spegne la voce, la lingua mi si spezza, e una fiamma sottile attraversa il mio corpo. Gli occhi mi si offuscano, sento fruscii dentro le orecchie, sudo, tremo improvvisamente, divento più verde dell’erba, mi sembra di essere poco lontana dalla morte. Ma in tutto bisogna osare, visto che sono povera.

Lingua Neogreca I Mercoledì 22.2.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Ripresa dei versi di Saffo, poetessa di Lesbo del VII a. C., (la quale scriveva in dialetto eolico), nella traduzione greca moderna di Sotiris Kakisis1.

1 Poeta fuori dagli schemi ed estraneo alle caratterizzazioni (sempre un po' generiche) delle cosiddette “generazioni letterarie”, Sotiris Kakisis (Atene 1954) è assiduamente presente sulla scena editoriale greca sin dal 1978, quando ha dato alle stampe la sua prima raccolta di testi poetici, Ta; suvrmata (I fili). Da allora ha al suo attivo più di una cinquantina di libri, stampati presso alcune delle più prestigiose e serie case editrici ateniesi (Ikaros, Eratò, Odysseas, Nefeli, Exantas, Gnosis). Kakisis, infatti, si è imposto non solo grazie ad un'intensa e sorprendente produzione poetica (Savhlent Gouvman - Silent woman, Gou``ne" Gunai``ke" jArwvmata - Pellicce Donne Profumi, Nav jsai Gatouvla - Sia tu una Gattina, Crusavfi stovn jAevra! - Oro al vento!, Ekatommuvria Mikrav Paidiav - Migliaia di Piccoli Bambini, Mhv mev zhleuvei", Non invidiarmi!, Devn Cavlase oJ Kovsmo"! - Non è cascato il mondo!, JO jIdiokthvth" th``" JEllavda" - Il Proprietario della Grecia, (sunecivzetai) - (continua), Tuvch Bounov! - Fortuna Pazzesca!) ed alla altrettanto originale produzione in prosa di breve respiro (solo per citare alcuni titoli Mevrh pou cavsane thn mageiva

Page 4: Storia Della Lingua Greca

- 4 -

tou" - Luoghi che hanno perso la loro magia, Paramuvqia savn jAstei`a [Astra - Favole come Astri Ridicoli, OiJ Xanqev" tov Glenta``ne - Le Bionde se la spassano, OiJ Kalev" Gunaivke" - Le buone donne, Lai>kev" jAgorev" - Mercati rionali in collaborazione con il pittore Alekos Fasianòs), ma si è altresì fatto apprezzare per la ricca e variegata attività di traduttore letterario. Il suo dialogo con le altre lingue, con la lingua altrui, diventa strumento privato e personale, ed è forse uno degli aspetti più interessanti della sua attività intellettuale. Kakisis infatti ha modellato i testi da lui tradotti non secondo rigidi canoni della trasposizione “filologicamente corretta”, ma secondo altrettanto serie e accurate regole di mediazione linguistica che egli stesso si è imposto: egli sceglie di parlare a tu per tu con i poeti della tradizione greca antica, senza quel sacro timore e quella religiosa riverenza che spesso ingessa e fossilizza la fruizione dei testi poetici classici. Persuaso che dietro (e dentro) i frammenti di Alceo, Saffo, Ibico, Alcmane (e degli altri poeti della Grecia antica) si possano intravedere e rinvenire non solo le tracce di una gloriosa e venerabile civiltà ma anche le arterie sanguigne, le macchie sulla pelle e le emozioni di persone che furono reali e in carne ed ossa, Sotiris Kakisis mette a nudo quanto di umano si riesce ancora a rinvenire in quelle parole spezzate, in quei versi monchi e privi del loro contesto complessivo e del loro apparato musicale. Dalle briciole della poesia greca antica giunta fino a noi, grazie al suo personale codice espressivo, i poeti dell'antichità non soltanto riprendono voce, ma riacquistano al contempo una specie di carnalità poetica. I suoi versi diventano interpretazioni personali: chi rimprovera a Kakisis che il suo Alceo è più Kakisis che Alceo, ha ragione e colpisce nel segno. Ma Kakisis intende operare proprio tal genere di traduzione-assimilazione, di traduzione-integrazione, di traduzione-digestione. Le sue, se vogliano, sono riscritture poetiche e non traduzioni strictu sensu,riscritture poetiche nel registro linguistico che Kakisis ha scelto e che, fedele a se stesso, ha mantenuto nel corso di un quarto di secolo di scrittura (lo scrittore ha già compito le sue “nozze d'argento” con la stampa: come già detto, la sua editio princeps è del 1978). Kakisis non ha tradotto soltanto poeti greci antichi: sono stati sottoposti al torchio della sua macina ricreatrice anche autori molto diversi tra loro, ma unificati dall'unico comune denominatore della sua fantasia: Woody Allen, Louis Carrol, Marcel Proust, Carlo Collodi, ed altri. Se volessimo trovare necessariamente un legame tra questi scrittori così distanti si potrebbe individuare un'unità nell'inappagato desiderio di ritorno all'infanzia, nel bisogno indicibile di recupero del passato, nella urgenza impellente di riannodare quei fili della tradizione che quotidianamente si ingarbugliano. Mimnermo e Paolo Silenziario, insieme a Eronda, Saffo Alceo ed altri, Woody Allen e Marcel Proust, Carlo Collodi in compagnia di Maria Callas (protagonista del libro di Kakisis, Gia Mevna hJ Kavlla" - Per me la Callas), Buster Keaton e John Wayne (altre passioni di Kakisis) appartengono tutti nell'immaginario creativo di Kakisis allo stesso contesto poetico ed espressivo: sono tutti i compagni di strada. In questo percorso articolato, senza confini di tempo e di spazio, Kakisis ha istaurato con tutti loro un dialogo interiore aperto però anche ai suoi lettori (o ascoltatori, o spettatori). Nella scelta di questi interlocutori ideali Kakisis ha effettuato una selezione preziosa: ha scelto l'ironia, ha chiamato accanto a sé anche personaggi e situazioni che sanno far uso dell'umorismo, del sale della vita. Nei suoi versi domina con stupore un necessario ed indispensabile colpo d'ala che determina un sorriso (talvolta quasi una risata). Perché Kakisis è disposto a farsi carico di tutti i mali del mondo, è consapevole di tutte le storpiature e brutture che gli uomini sanno provocare a loro stessi e a chi sta a loro vicino. Ed è perfettamente lucido quando descrive le crudeltà inflitte e quelle subite dagli uomini e dalle cose. Ma, nello stesso tempo, è alla ricerca di quel ragazzino che un tempo viveva in un paese delle meraviglie e che sapeva ancora ridere, sorridere e giocare con le lucertole. Quel ragazzo non è nascosto dentro il poeta di oggi, ma è lo stesso poeta di oggi, nel quale convivono, visibili ed invisibili, migliaia di complesse sfaccettature: il lettore colto di poesia classica ed il fruitore appassionato di notizie sportive, il giornalista mondano che indaga nelle pieghe dei personaggi di spicco (Kakisis periodicamente collabora come intervistatore con vari giornali ateniesi) ed il melomane raffinato, il conoscitore di film di cassetta e l'innamorato di Fellini e Renoir, il cantante stonato che scrive versi per canzonette semplici e orecchiabili, il tecnico della parola e il giocoliere del testo, lo sceneggiatore di M j ajgapa``" - Mi ami?, film presentato una decina di anni fa alla Mostra del Cinema di Venezia e il “vignettista” (insieme a Alekos Fasianos, Ghiorgos Stathopulos e Nikos Chuliaràs ha co-firmato alcuni dei suoi libri più belli), il reporter in pantofole dei più cruenti ed estremi conflitti d'amore ed il fotografo di una città interiore non visibile ad occhio nudo. Nella produzione poetica di Sotiris Kakisis è inutile cercare punti di riferimento in chiave tradizionale. È inutile tentare di trovare punti di appiglio: nei suoi versi non ci imbatteremo in Atene, la città tentacolare nella quale si muovono, scrivono e litigano i poeti greci viventi (tra le ombre ingombranti dei poeti greci del passato recente e remoto); non incapperemo nel complesso di Edipo, che continua a tormentare quanti scrivono in greco, sempre combattuti dal desiderio di esser diversi dalla madre (dalla lingua-madre, o dalla madre-lingua), e continuamente attratti ed assorbiti dal peso di una tradizione ininterrotta di parole e immagini, parole e immagini create dalla stessa lingua. La lingua greca, che nonostante tutte le sue trasformazioni, ha mantenuto integro il suo DNA che, riconoscibile in tutta la produzione letteraria greca, di ieri e di oggi, continua a riprodursi e a generare poesia. Perché è una lingua geneticamente “poetica”, nel senso etimologico della parola che si riconnette alla radice del verbo poievw, fare, realizzare, creare. Manca nella poesia di Kakisis anche qualsiasi immagine riconoscibile che appartenga al patrimonio tradizionale o colto, manca il tributo alla parola poetica dei padri, manca la sapiente maschera in filigrana con la quale altri poeti ateniesi di questi anni amano celare la loro formazione poetica, imbevuta di letture ed esperienze straniere. Manca il ritmo, nessun eco del rapporto canto-poesia che un ruolo così forte ha sempre avuto nella produzione poetica greca; manca il verso tradizionale o il verso libero, manca lo spazio consueto riservato al bianco nella pagina sulla quale è impressa un testo poetico, manca la punteggiatura scolastica, il rispetto elementare delle forme, manca ogni possibile connessione critica.

Page 5: Storia Della Lingua Greca

- 5 -

Sui rapporti tra i greci moderni ed il patrimonio letterario e linguistico greco antico. Sulla consapevolezza nazionale dei greci. La koiné come lingua ufficiale in età ellenistico-romana (reazioni dotte alla koiné: Asianesimo e Atticismo; poesia ellenistica). Scompare il duale, l'ottativo rimane solo in testi letterari, l'accusativo tende a prendere il posto del dativo, l'infinito inizia ad essere sostituito con forme perifrastiche (fenomeno che si individua anche in altre aree balcaniche), uso frequente di dimostrativi e possessivi, verbo non alla fine del periodo, formazione dei tempi passati in forma perifrastica: evcw + perfetto Differenze fonetiche, confusioni in morfologia Bilinguismo: prestiti e calchi dal latino nel greco (nomi dei mesi, terminologia per indicare funzionari statali o militari, praivtwr, kentourivwn, ouetranov").

Page 6: Storia Della Lingua Greca

- 6 -

Lingua Neogreca I Lunedì 27.2.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato greco antico - greco bizantino - greco moderno Il greco a Bisanzio, impero multietnico e multiculturale, come lingua franca. Greco attico utilizzato dagli scrittori colti (come Anna Comnena, 1083-c.1153, figlia dell'imperatore Alessio I Comneno, morto nel 1118). Prime attestazioni del volgare in aree periferiche dell'impero (XI-XII sec.): ballata nota come Canto di Armuris (in decapentasillabi non rimati), poemi di Ptochoprodromos e Michaìl Glykàs. Cronache storiche in versi: Cronaca dei Tocco, signori dell'Epiro e Cronaca di Morea. La diffusione in Occidente dell'uso del volgare nel XII-XIII sec. ha contribuito ad un analogo fenomeno nelle terre nelle quali si parlava greco. Greco accademico (Eustazio di Tessalonica, XII sec., Massimo Planude, c. 1255-1305, età degli imperatori Paleologi - ultima dinastia bizantina) Greco ecclesiastico, greco ufficiale ed amministrativo. Greco della produzione agiografica. Koinè del tardo impero e formazione perifrastica del futuro, fenomeno che coinvolge anche altre lingue balcaniche di origine slava, sin dall'XI sec. Iscrizioni protobulgariche del IX, documenti militari composti da parlanti greco non di madrelingua. Origine del decapentasillabo, o verso politico. B. Lavagnini, Alle origini del verso politico, Quaderni dell'Istituto di Studi Bizantini e Neoellenici, 11, Palermo 1983

Page 7: Storia Della Lingua Greca

- 7 -

Incipit dell'Iliade e alcune sue traduzioni in greco volgare e moderno 1 Mh``nin a[eide, qeav, Phlhiavdew jAcilh`o" oujlomevnhn, h} muriv j jAcaioi``" a[lge j e[qhke, polla;" d j ijfqivmou" yuca;" [Aidi proi?ayen hJrwvwn, aujtou;" de; eJlwvria teu``ce kuvnessin 5 oijwnoi``siv te pa``si (dai``ta) ˘ Dio;" d j ejteleiveto boulhv ˘

ejx ou| dh; ta; prwvta diasthvthn ejrivsante(") jAtrei?dh" te a[nax ajndrw`n kai; di`o" jAcilleuv". Tiv" tavr sfwe qew``n e[ridi xunevhke mavcesqai… Lhtou``" kai; Dio;" uiJov" ˘ ... Nikolaos Lukanis, Venezia 1526 1 Th;n ojrgh;n a[de kai; levge w\ qeva mou Kalliovph tou`` Pelivdou jAcillevw" pw``" ejgevneto ojleqriva, kai; polla;" luvpa" ejpoivhse eij" tou;" jAcaivou" dh; pavnte" kai; polla;" yuca;" ajndreiva" pw``" ajpevsteilen eij" {A/dhn 5 kai; kusi; kai; toi``" ojrnevoi" pro;" bora;n e[doke touvtou" oJ ga;r Zeu;" h[qele ou{tw" ajfou; gou``n filoneikouvntai ejcwrivsthkan ajllhvlwn o{te basileuv" ajtreivdh" kai; oJ jAcilleuv" tacuvpou" tiv" ejk tw``n qew``n w\ mou``sa, ai[tio" uJphvrce tovte nav tou;" bavlh eij" tovshn mavchn 10 levgeto tou`` poihtou`` sou. jApekrivq j hJ Kalliovph, k j ei\pe pro;" to;n ejrwtw``nta ˘

th``" Lhtou``" pai``" th``" ejndovxou, kai; Dio;" tou` pansebavstou

Page 8: Storia Della Lingua Greca

- 8 -

oJ jApovllwn oJ toxovth"...

Il confronto rivela immediatamente le soluzioni adottate e il timbro espressivo scelto dal traduttore: 1) sin dalla scelta del sostantivo ojrghv che rende l'omerico mh``nin si può osservare che Lukanis non ignorava gli scoli dell'Iliade, come conferma la soluzione ojleqriva per tradurre oujlomevnhn, ed ancora luvpa" per a[lge j . a[eide › a[de kai; levge, come nelle Lexeis Homerikai e negli Scholia D, che sicuramente Lukanis conoscevai;2) il nome della musa viene espresso ed è accompagnato dall'aggettivo possessivo mou secondo l'uso frequente del greco demotico e moderno; 3) in Lukanis I, 3-5 (d'ora in avanti: I, 3-5 Luk.) troviamo kaiv iniziale in tutti e tre i versi, come è frequente incontrare in altri testi in greco medievale; 4) il borav" I, 5 Luk. rivela che il traduttore aveva dinnanzi a sé un manoscritto in cui era accettata la lectio di Zenodoto dai``ta e che non seguiva la tradizione di Aristarco: pa``si , affermatasi poi anche nella Vulgata;5) I, 6 Luk. amplifica il Dio;" d j ejteleiveto boulhv del testo di partenza; 6) il raro esempio di interrogativa retorica (eine rhetorische Frage)ii rivolta dal poeta dell'Iliade (Il., A, 8) alla dea Tiv" tavvriii sfwe qew``n e[ridi xunevhke mavcesqai… viene posto diversamente in Lukanis ed assume un tono più colloquiale ed esplicito (I, 8-11 Luk.): tiv" ejk tw``n qew``n w\ mou``sa, / ai[tio" uJphvrce tovte nav tou;" bavlh eij" tovshn mavchn / levgeto tou`` poihtou`` sou. jApekrivq j hJ Kalliovph, / k j ei\pe pro;" to;n ejrwtw``nta. 7) Lukanis, per rendere più facilmente accessibile il mondo omerico al suo lettore avverte l'esigenza di presentare gli dei genitori di Apollo (I, 11 Luk.) con appellativi che mancano in Omero, di nominare nuovamente la dea, e di fare apertamente il nome di Apollo in modo che il lettore della traduzione possa individuare di quale divinità si tratti; 8) nella traduzione è la stessa dea in persona a chiamare in causa Apollo. Tale espediente rende il testo di Lukanis più facilmente fruibile al lettore cui l'opera è destinata.

Page 9: Storia Della Lingua Greca

- 9 -

i Lukanis aveva studiato presso il Ginnasio Romano nel periodo in cui Laskaris diede alle stampe l'editio princeps (1517) degli Scholia D. Una nuova edizione degli Scholia prepara Montanari, 1989: 227-228; Id., 1994: 475-481 (dove anche bibliogr. preced.). ii Wilamowitz, 1920: 246. iii Accetto la lectio ta[r tradita dal codice Veneto A dell'Iliade accolta da Mazon nell'edizione Les Belles Lettres invece di t j a[r accolta da altri editori, fondandomi anche su Pagliaro, 1955: 39-40.

Lingua Neogreca I Martedì 28.2.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Alcune trasformazioni fonetiche, grammaticali, sintattiche e morfologiche sono attestate sin dalla tarda antichità ma è in età bizantina, dal VII-VIII sec., e poi in maniera sempre più ampia nei secoli successivi che tali modifiche diventano sempre più evidenti. - Formazione dei dialetti greci moderni - Il dialetto cretese e la produzione letteraria cretese - Età degli imperatori Paleologi (XIV-XV sec.) ed il ruolo della presenza franca - Le cronache in versi, i romanzi, le traduzioni - ROMANZO DI TROIA Il fondamentale contributo alla sopravvivenza di Omero apportato dai dotti bizantini esula dal campo di indagine di questo studio, che è limitato solo ai testi in greco demotico di età tardobizantina e postbizantina (XIV-XVI secc.) nei quali si individua qualche traccia della materia poetica derivante dall'Iliade e dalla sua rielaborazione parodicaiii. Pertanto verrà tracciata una sintetica panoramica delle opere in demotico di

Page 10: Storia Della Lingua Greca

- 10 -

età tardobizantina e post-bizantina (dal XIV al XVI sec.) nelle quali vi sono elementi di “ambientazione” troiana (paromerica e pseudomerica) per offrire un primo repertorio di notizie per quanti non frequentano di solito i testi letterari composti in greco demotico. Alcune delle tappe più significative del viaggio ideale di Achille nella letteratura greca bizantina non verranno sfiorate (se non marginalmente) in questo lavoro: mi sembra però quasi doveroso ricordare la “misteriosa” Demo, Giovanni Malala, Eudocia, Eustazio di Tessalonica, Isacco Comneno, Manuele Moscopulo, Giovanni Tzetze, Costantino Manasse, Michele Psello, Niceta Coniata, l'amanuense del Veneto Aiii,perché alla loro pazienza, alla loro sensibilità interpretativa, alla loro fantasia e dottrina si deve la straordinaria sopravvivenza di Omero.

In età tardobizantina i confini tra la hochsprachliche Literatur e la volksprachliche Literatur sono forse meno marcati di quanto non sembri a prima vista: Omero fu conosciuto, imitato ed amato, in modo quasi incondizionato, sia dagli autore colti, che da quelli “volgari”. Eppure l'anonimo della redazione G del Dighenìs Akritisiii, prima opera bizantina in greco volgare pervenutaci (IX-X sec.?), sembra percorrere consapevolmente una nuova strada, mostrandosi polemico nei confronti delle opere omeriche: Pauvsate gravfein {Omhron kai; muvqou" jAcillevw" É wJsauvtw" kai; tou`` {Ektoro", a{per eijsi; yeudeva, G IV, 27-28 e dichiarandosi fiero della sua diversitàiii. Un atteggiamento simile, ma forse dettato da un integralismo religioso estraneo al diaskevasta del Dighenìs G, è espresso anche da San Giovanni lo Psichaite (inizi del IX sec.), il quale non aveva bisogno th`" JOmhvrou fluariva"iii, mentre Ptochoprodromos lamenta l'indigenza dei maestri, dal momento che to;n {Omhron me; divdasin kai; ywvfoun ejk th;n peivnan (Ptoch. I, 322)iii. Ma anche per gli autori in demotico la conoscenza di Omero è motivo di vanto: per il poeta dell'anonimo romanzo in versi Imberio e Margarona (che attinge liberamente dall'Achilleide) il suo protagonista studia, a soli quattro anni, i libri JOmhvrou prwvtou tw``n sofw``niii.

Bisanzio ha conservato gelosamente il patrimonio omerico, rimanendo per lungo tempo l'unica vera erede, finché, tra il X e l'XI sec., la fama di Omero si è allargata

Page 11: Storia Della Lingua Greca

- 11 -

anche nelle terre dove il greco non era diffusamente conosciuto, in quelle realtà culturali dove la memoria della guerra di troiana si era in qualche modo mantenuta grazie ai testi latini di Ditti Cretese (IV sec. d. C.) e di Darete Frigio (VI sec. d. C.)iii. Nel tardo medioevo cantare le imprese della guerra decennale combattuta sotto le mura di Ilio diventa, come è noto, un fenomeno letterario “europeo”: il Roman de Troie di Benoît de Sainte-Maure (XII sec.)iii e l'Historia de destructione Troiae, compendio latino del precedente poema, composto dal messinese Guido delle Colonne (XIII sec.)iii sono solo le testimonianze più note della fortuna dei temi omerici tra la nobiltà e la borghesia mercantile occidentale, per la quale vantare origini troiane significava non solo essere di altissimo lignaggioiii ma anche trovare una giustificazione storica alla politica espansionistica verso le coste orientali del Mediterraneo. La riscoperta del mondo troiano è un felice preludio al clima umanistico e contiene larvatamente un primo tentativo di rivalutazione del passato. Non è quindi una casuale coincidenza che proprio nel momento in cui l'Oriente bizantino comincia a piegarsi sotto le armi degli Occidentali Omero ritorni ad essere “popolare”. Tra il XIV-XV sec. vengono composte anche in greco volgare alcune opere nelle quali riecheggia (in vario modo) la materia di Ilio: 1) il Povlemo" th``" Trwavdo"; 2) l'Achilleide; 3) la metaphrasis di Kostantinos Ermoniakòs; 4) la cosiddetta Iliade bizantina;

Povlemo" th``" Trwavdo" 1) L'intriguing phenomenoniii del Povlemo" th``" Trwavdo" è un compendio in decapentasillabi del Roman de Troie, adattato in greco volgare nel corso del XIV sec.iii. Il lungo poema (vv. 14401, poco meno della metà del testo di Benoît) è tramandato da cinque manoscritti e due frammenti (editio princeps Papathomòpulos-Jeffreys 1996)iii. Nell'opera, conosciuta (ed utilizzata) dall'anonimo autore dell'Achilleide e dal traduttore del Teseida di Boccaccioiii, agiscono diversi personaggi, i cui nomi sono traslitterati e “grecizzati” solo foneticamente: JErkouvlio", Koubav (Ecuba), Diavna, Mavro" (Marte), jIoupithv" (Iuppiter). Il traduttore non sembra avere particolare familiarità con la tradizione letteraria antica, ma, secondo E. Jeffreysiii, conoscerebbe l'episodio troiano narrato nella Suvnoyi" Cronikhv di Costantino Manasse, opera di grande successo, della quale esistono anche due redazioni in prosa volgareiii. L'anonimo versificatore greco rispetta nelle linee generali il testo di Benoît, sintetizzandolo senza apportare modifiche significative: le descrizioni, particolarmente dettagliate nel testo francese, sono semplificate, i discorsi diretti pronunciati dai personaggi e gli episodi di combattimento

Page 12: Storia Della Lingua Greca

- 12 -

sono quasi costantemente ridottiiii. L'esistenza di questa traduzione ed il numero di manoscritti, non insignificante per un testo in greco volgare, testimoniano un'esigenza culturale particolarmente avvertita in età tardobizantina: l'anonimo traduttore facendosi interprete di un testo occidentale, con radici greche, esprime il desiderio di riconquistare un patrimonio letterario, adeguandosi al gusto di una nuova categoria di lettori (o di pubblico) che ricorre alla produzione poetica per diletto senza preoccupazioni di natura esegetica e filologica.

Achilleide 2) L'Achilleideiii è un romanzo cavalleresco del XV sec.iii: il protagonista è un giovane Achille, il quale ha ben poco in comune con il Pelide; solo la patria, il nome ed un amico chiamato Pavndrouklo" stabiliscono qualche “parentela” tra i due eroi. Sathas (1879), con un certo compiacimento, considerava il poema come una testimonianza concreta della fedeltà dei greci alla loro tradizione letterariaiii. In realtà il romanzo, in decapentasillabi, contiene tutti quegli elementi topici della lettetura medievale: castelli, tornei, amore cortese, mirabili descrizioni, giardini, rapimenti. Achille è un prode cavaliere come Dighenìsiii, un giovane innamorato al pari degli altri protagonisti dei romanzi dell'età dei Paleologiiii. Il poema si è conservato in tre manoscritti, il più lungo dei quali (Neapolitanus III B 27, ff. 13-59) differisce nella parte iniziale (un proemio sulla forza incontenibile di Eros) e nella parte finale, dove sono stati aggiunti alcuni versi (vv. 1759-1820) tramite i quali l'anonimo rielaboratore ha voluto stabilire una maggiore pertinenza tra il poema e le vicende troiane, note attraverso la Cronaca di Costantino Manasse e forse il Povlemo" th``" Trwavdo". L'opera fu certamente nota ad altri anonimi compositori di romanzi in decapentasillabi: G. Spadaro ha convincentemente dimostrato, che il poeta di Imberio, quello di Belisario e l'autore della Dihvghsi" genamevnh ejn Troiva/ hanno attinto con liberalità dal poema di Achilleiii. Secondo Ole Smith, scomparso prematuramente mentre allestiva una nuova edizione del poema, l'Achilleide ha stretti ed innegabili legami con la cultura alta, che presuppongono un autore colto ed un pubblico capace di percepire i palesi riferimenti allo Pseudo-Codino ed a Manasseiii.

L'Iliade di Ermoniakòs 3) La metaphrasis dell'Iliade, cioè un romanzo di argomento troiano in 8799 monotones octasyllabes trocaici composto da Costantino Ermoniaco (Konstantinos Ermoniakòs)iii, è stata considerata a work of pure Byzantine pedantry iii. L'opera, scritta in un idiome artificiel, un agalgame aussi monstreux qu'arbitraire de grec ancien et de

Page 13: Storia Della Lingua Greca

- 13 -

formes vulgaires (Legrand), ha tuttavia un particolare interesse storico-letterario, testimoniato anche dalla sua tradizione manoscritta costituita da tre codiciiii. Il poema, datato nella prima metà del XIV sec.iii, narra i fatti di Troia attraverso ventiquattro mortelles rhapsodies (la prima lettera di ogni canto segue l'ordine alfabetico), nelle quali la materia è elaborata essenzialmente su fonti posteriori ad Omero (Allegorie di Tzetze, Cronaca di Manasse, Aiace sofocleo, Ecuba di Euripide). Secondo Magdalino l'opera shows considerably less exposure to western courtly romance than the contemporary or slightly earlier Kallimachos and Chrysorrhoeiii, ed in realtà la metaphrasis, pur contenendo alcuni elementi in comune con il romanzo di Benoît, conserva un carattere più spiccatamente bizantino, dal momento che appare più vicina a Tzetze ed a Manasseiii che non al Povlemo". Legrand temeva di restare l'unico lettore di questo poema, car, s'il est au monde un livre que jamais personne ne lira, c'est bien celui-ciiii, ed in parte il suo timore si è realizzato: l'opera, gravata da tale pesante considerazione, è stata stata spesso licenziata dagli studiosi con poche e frettolose affermazioniiii. Eppure l'Iliade di Ermoniakòs non dovrebbe essere sottoposta a valutazioni di carattere estetico, né l'indagine dovrebbe essere limitata all'individuazione delle fonti e delle corrispondenze, dal momento che il poema costituisce un tassello particolarmente significativo della fortuna di Omero in lingua greca. Ermoniakòs sarà stato pure un poetastro, ma non si può negare che la sua composizione ebbe un riscontro tra i lettori della sua età e di quella immediatamente successiva: fu ricopiata almeno tre volte ed ebbe una sopravvivenza almeno fino al XVI sec. Si deve, inoltre, con ragione supporre che fosse in circolazione anche negli ambienti colti frequentati da Nikolaos Lukanis, il quale, prima del 1526, tradusse l'Iliade in greco demotico. Per comprendere meglio lo spirito nel quale l'opera è stata composta, è opportuno analizzare i versi del prologo: 1 Th;n dihvghsin JOmhvrou metaqevsa" eujnohvtw"

ajpo; th;n ajrch;n eij" tevlo", ejk th``" a[lfa rJayw/diva" 5 e{w" ga;r to; w`` to; mevga ejx ajxivwsin despovtou Komnhnou`` jAggelodouvka

jIwavnnou .... 11 su;n th``/ sullektouvsa/ swvfrwn, .... 18 [Annh" goun th``" basilivssh"

th``" kalh``" mou gou`n kuriva"

Page 14: Storia Della Lingua Greca

- 14 -

Dopo la dedica l'autore dichiara esplicitamente lo scopo della sua fatica: rendere Omero chiaro per tutti:

ejprostavcqhn tou`` pezeu``sai ejk ta;" duskolouvsa" levxei"

25 tou`` JOmhvrou rJayw/diva" eij" pantoivan safhneivan, ejpi; to; safe;" ejpivpan:

i{na gou``n grammatismevnoi kai; mh; grafika;" paideuvsei"

30 ejdidavcqhsan ka]n o{lw" ejpeukovlw" na; noou``si: ...

35 ejsafhvnhsa kejpoi``ka ...

tw``n JEllhvnwn ta;" ajndreiva" 40 tw``n ajrivstwn kata; rJhvma.

Quindi si presenta al suo pubblico:

JO suggravya" gou``n uJpavrcei 45 Kwnstanti`no" dou``lo" touvtwn JErmoniako;" th;n klh``sin jIwavnnou kai; th``" [Annh".

Spiega poi il metodo compositivo: 50 To; prooivmion JOmhvrou suntacqe;n kat j ajlfabhvtou o{moiw" kai; rJayw/diva" e[conta" th``" bivblou o{lh" pravxei" ta;" th``" jIliavdo" e precisa che, per ottenere il suo fine, si servirà di materiale estraneo all'Iliade:56 e[con hJ grafh; ga;r au{th kai; polla; ta; pro; JOmhvrou kai; met j {Omhron tinav gar, ta; gou`n prevponta eijsfevrein pro;" th;n iJstorivan tauvthn

dichiara poi che il metro adottato è l'ottasillabo e che fa uso dell'acrostico 60 ojktwsuvllaba grafevnta. jAkrostici;" ajlfabhvtou ajparavqrauston th``" bivblouiii.

Dopo una breve sintesi del poema (vv. 64-85), si apre finalmente il primo canto (costituito da 371 vv.). Ermoniakòs afferma che, così come Mosé ha spalancato gli abissi per mostrare ciò che prima era nascosto (10 w{sper oJ Mwsh``" ga;r tovte É

Page 15: Storia Della Lingua Greca

- 15 -

thvn te a[busson ajnoivxa" É kai; ta; mh; fanevnta bavqh É ejmfanivsqhsan toi``" pa``si), allo stesso modo egli desidera rivelare le oscure parole di Omero (vv. 17-19 tav" te skoteina;" ga;r levxei" É th``" JOmhvrou rJayw/diva" É ejk tou`` bavqou" th``" sofiva"); pertanto, dopo aver trattato dell'origine del poeta e dei suoi genitori. La madre, consultando l'oracolo di Apollo, aveva saputo che il figlio sarebbe stato mevga" eij" grafa;" kai; nohmavtwn wj" oujdei;" a[llo" genevsqai (vv. 46-48), si sofferma sull'educazione e sulle tredici opere (!) da lui composte. La morte del poeta su una spiaggia dell'Arcadia (vv. 101-141)iii conclude la prima parte del prologo. Si passa quindi all'argomento dell'Iliade e delle narrazioni pre e post-omeriche sulla guerra di Troia (vv. 142-177); quindi è dato poi ampio risalto alla realizzazione della mela d'oro ed al giudizio di Paride (vv. 178--361). In ultimo viene presentato Paride-Alessandro (vv. 362-371). Per giungere al famoso incipit dell'Iliade bisogna arrivare alla VII rapsodia, dove troviamo Th; ojrgh; a[de kai; levge (v. 19) e l'argomento del primo libro del poema omerico (in totale vv. 377). Caratteristiche del poema di Ermoniakòs sono le frequenti similitudini (I, vv. 10 e segg.; III, vv. 215 e segg.; IV vv. 7 e segg.; V, vv. 109 e seg., vv. 240 e segg.; VI vv. 89 e segg., IX vv. 59 e segg., vv. 118 e segg., vv. 247 e segg., vv. 324 e segg.; X, vv. 22 e segg., vv. 99 e segg., vv. 104 e segg., vv. 175 e segg., vv. 191 e segg., vv. 273 e segg., XI vv. 100 e segg., 230 e segg., XII vv. 108 e segg., vv. 193 e segg. ; XIII, vv. 256 e segg.); la posizione critica nei confronti delle varianti del mito (ad es. nei vv. I, 351-361; il riferimento esplicito alle sue fonti, Euripide, v. I, 351; Tzetzes IV, v. 59); la quasi assoluta mancanza delle divinità (adattamento necessario per l'allontamento culturale dei lettori ai quali l'opera è destinata dal mondo pagano). Da vero poeta medievale Ermoniakòs è anacronistico (Achille, ad esempio, conduce uno stravteuma Boulgavrwn É Ou[ggrwn ga;r kai; Murmidovnwn, XIII, vv. 238-239) e pedante, tuttavia la sua Iliade non deve essere analizzata come “documento artistico” bensì come testimonianza storico-letteraria (oltre che come miniera di particolarità linguistiche e sintattiche). In tale prospettiva l'opera assume notevole interesse in quanto ci permette di conoscere più da vicino il contesto culturale e linguistico delle classi alte dell'Epiro: la divulgazione in volgare non è destinata soltanto a chi non è fornito di una buona cultura, ma è fruibile anche da chi proviene da quell'ambiente alto che (ri)produce (e consuma) letteratura in lingua dotta. Dihvghsi" genamevnh ejn Troiva/ 4) L'Iliade bizantina, cioè la Dihvghsi" genamevnh ejn Troiva/iii è un romanzo in 1166 versi politici composto presumibilmente nel XV sec. e tramandato da un unico manoscritto, il Parisinus Suppl. Gr. 926 (XVI sec.), nel quale si conserva anche la rimada di Belisario copiata dalla stessa manoiii. Il centro del poema è il

Page 16: Storia Della Lingua Greca

- 16 -

giudizio di Paride, indiscusso protagonista della prima parte del racconto. Vi è una connessione tra questo poema e l'Achilleide del manoscritto napoletano, secondo quanto evidenziato da Michailidisiii, ma - come ha convincentemente dimostrato Spadaro - i Fatti di Troia presuppongono la conoscenza diretta del poema di Achilleiii. Secondo Ch. Astruc, che ha descritto il codiceiii, e secondo gli editori del testo, Norgaard e Smith, questo poema non dipenderebbe da fonti occidentali: l'anonimo autore si sarebbe servito di modelli bizantini, quali la cronaca di Manasse (ma anche Malala, Tzetze, Ermoniakòs, Isacco Comneno) per elaborare a modo suo la narrazione dei fatti di Troiaiii. Gli elementi originali di questo romanzo sono: 1) un gusto per il romanzesco più accentuato rispetto alle precedenti versioni della caduta di Ilio; 2) la scelta di tradizioni più rare (il sogno di Ecuba è attribuito a Priamo, che avrebbe visto per ben tre volte il presagio funesto della fiaccola alla nascita di Paride); 3) una particolare sensibilità “sociale” evidente nel rapporto tra il re ed i nobili; 4) un preciso intento divulgativo; 5) una partecipazione diretta dell'autore (dichiarazione di insufficienza rispetto al compito che ha scelto di svolgere, vv. 11-13, 874-875, ed altri interventi “personali”, vv. 120-121, 170-176, 470-476, 553, ...).

Lingua Neogreca I Mercoledì 1.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Il greco nei primi testi letterari in demotico. La letteratura tardobizantina in volgare. Origini della letteratura neogreca. La produzione letteraria a Creta. * Stefanos Sachlikis (avvocato a Candia, seconda metà del XV sec.) (1331/32 prima del 1403), padre della letteratura cretese: (Arnold van Gemert): Consigli a Franciskì (fonti italiane, tra cui anche Purgat. VI, 1-9); Sugli amici; Sulla prigione; Assemblea delle puttane; Giostra delle puttane; La canzone di Potha; jAfhvghsi" paravxeno" (N. Panajotakis, Modelli italiani nella letteratura cretese delle origini, in «Sincronie» II, 3, pp. 59-107)

SUI VILLANI E GLI AVVOCATI DI CANDIA

Page 17: Storia Della Lingua Greca

- 17 -

lettura analisi e traduzione dei versi 1-55

Il greco ecclesiastico. Il greco della Controriforma

Lingua Neogreca I Lunedì 6.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

XVI secolo: Dimitrios Zinos e Nikolaos Sofianòs - Il ruolo di Dimitrios Zinos nella promozione della letteratura greca destinata ai greci e nella difesa del greco volgare (prima metà del XVI sec.) - Edizioni in volgare: La TIPOGRAFIA DEI NICOLINI DA SABBIO, - traduzioni di testi classici - dizionari - DIMITRIOS ZINOS -NIKOLAOS LUKANIS -CORONA PRECIOSA CIPRO XVII sec. CRETA 1669 EPTANESO

Page 18: Storia Della Lingua Greca

- 18 -

Lingua Neogreca I Martedì 7.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

- Il greco dei greci e il greco degli occidentali - La lingua greca ecclesiastica - La lingua del Fanar - La lingua delle isole e dell'Eptaneso - La lingua dei greci della diaspora - Produzione letteraria del XVI sec.-XVII sec. Ricchezza lessicale e presenza di termini italiani (veneziani) Cenni sui vocabolari greco volgare- italiano pubblicati a Venezia La questione della lingua La lingua greca fuori dai confini geografici: il greco dell'Italia meridionale. I dialetti del Salento e della Calabria: Griko, grecanico. La lingua greca durante la Turcocrazia. L'insegnamento del greco Il greco dei missionari cattolici nelle isole dell'Egeo, il teatro religioso. Il greco dei funzionari del Sultano, il greco dei Fanarioti La lingua greca volgare tra Sei e Settecento Illuminismo e discussioni sulla lingua Archivi di monasteri nell'Italia meridionale (XI-XIV): lingua greca volgare In atti privati in latino: firme di testimoni in greco. Nel XIII sec. grande diffusione del greco in Puglia e in Calabria La lingua greca durante la Turcocrazia. Illuminismo e discussioni sulla lingua

Page 19: Storia Della Lingua Greca

- 19 -

Seconda Venetocrazia nel Peloponneso 1685-1687 Francesco Morosini conquista per conto di Venezia il Peloponneso (fino all'inizio del '700)

Lingua Neogreca I Mercoledì 8.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Il greco dei missionari cattolici nelle isole dell'Egeo, il teatro religioso. Il greco dei funzionari del Sultano, il greco dei Fanarioti La lingua greca volgare tra Sei e Settecento Illuminismo e discussioni sulla lingua Seconda Venetocrazia nel Peloponneso 1685-1687 Francesco Morosini conquista per conto di Venezia il Peloponneso (fino all'inizio del '700), 1714 i turchi conquistano il Peloponneso - 1716 Klaqmov" Peloponnhvsou (lamento per la caduta del Peloponneso) di P. Katsaitis * Studi sul '700 greco: K. Th. Dimaràs, P. Kitromilidis, L. Marcheselli * Nel Settecento si sviluppano altri centri editoriali oltre Venezia: Vienna, Bucarest, Iasi, Costantinopoli, Parigi, Mosca, Pietroburgo (fine '700, primi giornali, fratelli Markides Puliu). Nuovo impegno politico-culturale 1708 ANQH EULABEIAS (raccolta di componimenti poetici scritti dagli allievi della scuola Flanghini di Venezia, in greco antico, latino ed italiano) (1684-1714) * Fanarioti, Fanar è il nome della parte di Costantinopoli nella quale si istallò il Patriarcato all'inizio del XVII sec. e dove si trova ancor oggi * Alexandros Mavrokordatos (Fanariota) (Chios 1641-1709), autore di riflessioni politiche (Frontivsmata politikav, Qevatron politikovn)* Nikolaos Mavrokordatos (1670-1730) (principe egemone in Moldavia) autore di un'opera (1718) intitolota Filoqevou pavrerga, una specie di romanzo nel quale si apprezza la profonda cultura europea dell'autore 1718 pace di Passarowitz: Venezia rinuncia al Peloponneso e all'Egeo; liberalizzazione del commercio tra austriaci e ottomani * 1728 Geografia di Meletios (paesi europei, Plonia, Russia, Tartaria, stati arabi e africani sul Mediterraneo, India, Cina, continente americano), 1738 Introduzione alla Geografia di Chrisanthos Notaràs * Filosofia, storia, matematica, fisica ILLUMINISMO GRECO Trattato di Kiutsoùk-Kainartzì (1774) (La Russia ottiene dai turchi il diritto di navigare nell'Egeo e di proteggere i greci ortodossi dell'impero ottomano): Voltaire, Evghenios Vulgaris (1716-1806) (alla corte di Caterina di Russia dal 1770) 1797 Trattato di Campoformio. I francesi occupano le isole dello Ionio.

Illuminismo e questione della lingua * E. Vùlgaris (convinto che solo la lingua alta può esprimere pensieri alti...)

Page 20: Storia Della Lingua Greca

- 20 -

Bucarest, Iasci, principati danubiani, Moldavia, * Iosipos Misiodax (allievo di Vulgaris, ma sostenitore della lingua volgare; insegna a Bucarest e ad Iasi, traduce in greco Ludovico Muratori; si interessa di questioni pedagogiche: Paidogwgiva, stampata a Venezia nel 1779 è basata sull'analisi dei principi educativi di John Locke; teoria della geografia, ed. 1781) * Dimitrios Katatzìs (c.a. 1725- c. a. 1800) la maggior parte delle sue opere sono rimaste inedite, ma è il più strenuo sostenitore dell'importanza dell'uso del volgare anche nei testi scritti: è autore tra l'altro di una grammatica del greco antico in greco volgare, di una grammatica del greco volgare e di un trattato di metrica neogreca. Scrisse anche diverse opere filosofiche * 1791 Gewgrafiva newterikhv scritta da due allievi di Katartzìs (Grigorios Konstandàs e Daniìl Filippidis) in lingua volgare * Filikhv Etaireiva * Rigas Velenstinlìs (1757-1798) provdromo" kai; prwtomavrtura" th``" eJllhnikh``" ejleuqeriva, nasce in Tessaglia, diventa grammatikov" ad Istanbul, nel 1790-91 si trova a Vienna, dove pubblica i suoi primi libri (1790 sei racconti di Restif de la Bretonne, Scoleivo tw``n ntelikavtwn ejrastwvn, Fusikh``" ajpavnqisma: in forma dialogica tra maestro ed allievo: spiegazione della fisica) Carta della Grecia, effige di Alessandro Magno, traduce l'Olimpia di Metastasio, e - con G. Vendotis - cura l'edizione greca di un best-seller settecentesco, il Viaggio del giovane Anancarsi in Grecia dell'abate Barthelemy, compone inoltre alcuni canti, tra i quali il notissimo Qouvrio", proclama rivoluzionario in versi, pubblicato da Claude Fauriel) traduce la costituzione francese del 1793 Suvntagma th``" JEllavdo". Per i suoi progetti rivoluzionari viene preso prigioniero a Trieste e giustiziato a Belgrado, 24.6.1798.

Lingua Neogreca I Lunedì 13.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Il greco orale in età tardobizantina, postbizantina e neogreca. Canti popolari: il canto di Armuris, i lamenti per la caduta di Costantinopoli, le ballate dei klefti, rebetika, andartika,

Gli armatolì e i klefti

Page 21: Storia Della Lingua Greca

- 21 -

La lingua greca dell'Eptaneso 1708 Testamento di Dimitrios Charitis, greco originario di un luogo imprecisato della Grecia Continentale (Rumeli), rifugiatosi a Zante in seguito a problemi sorti con i turchi nella sua patria: Afivnw tov tivpotev" mou ei" to adevrfi mou to Ghwvrgh kai qevlw me qavyh cwriv" kammiva exovdeusi kai kosmopomphv. Na mou afhvsh monavca to brakiv kai to mauvro pokavmiso kai tivpota" avllo, kai na me rivxh s j evna tafiv. Kai na dwvsh o panavgaqo" kai panoiktivrmona" Qeov" kai kapitavrh na eleuqerwqhv to dustucismevno Gevno" ma" apov ton tromerov kai antivcristo Agarhnovn, na xeqavyh ta kovkkala tou makarivtou aderfouv mou Filovqeou, pou ta evcw krummevna se miavn sakkouvla sthn sphlhavn pou egnwrivzei, kai na ta qavyh maziv kai kontav sta kovkkala twn gonhwvn ma" ei" thn ekklhsiav th" patrivdo" ma". Eptaneso 1797 occupazione francese 1799 repubblica protetta dall'alleanza russo-turca 1807 occupazione francese 1815-1863 protettorato inglese, annessione al Regno di Grecia. Dialetto veneto lingua ufficiale fino al 1851 dalla metà del XVIII sec. interesse anche per la lingua greca volgare (Antonios Martelàos, Dimitrios Guzelis)

Lingua Neogreca I Martedì 14.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Andreas Kalvos (Zante 1792-Londra 1869) - Autore solo di 20 Odi, pubblicate in due tempi: 1) Ginevra 1824, Lyra; 2) Parigi 1826, Odi nuove. Scrisse due tragedie in italiano - In strettissimi legami con Ugo Foscolo. - Italia (Livorno, Milano, nel 1821 è carbonaro); Ginevra, Parigi, Corfù, Nafplio,

Page 22: Storia Della Lingua Greca

- 22 -

Londra, - prova di traduzione dell'Iliade Per un certo periodo visse ed insegnò a Corfù. Formazione neoclassica, spirito romantico, rapporti intensi con l'Italia. Lingua parlata mescolata ad arcaismi (prestiti omerici e pindarici). Interessante dal punto di vista metrico. Rinnovare lo spirito dei greci 1888 Kostìs Palamàs lo riscopre.

Dionisios Solomòs (Zante 1798-1857) Bilingue. Scrisse versi in italiano ed in latino. Apprezzò la poesia manzoniana degli Inni sacri, pronuciò in italiano un discorso funebre per Foscolo. 1823 scrive l'INNO ALLA LIBERTA', le cui prime due strofi, musicate da Mantzaros, sono diventate l'inno nazionale greco. 1824 compone un'ode per la morte di Lord Byron È autore di un importante Dialogo sulla lingua (1824) a sostegno della lingua del popolo, con tre protagonisti: un dotto (sofologiwvtato"), il poeta e un amico (l'uomo politico Spyridon Trikupis): non ho altro in testa se non libertà e lingua.

H gunaivka th" Zavkuqo" (iniziato nel 1826, pubblicata per la prima volta nel 1927). Satira violenta contro una donna (realmente esistita, ma forse è una allegoria del protettorato inglese sulle isole Ionie). In prosa ritmica. Lo ieromonaco Dionisios racconta in prima persona gli eventi: mentre ritornava a casa si era chinato per controllare il livello dell'acqua nei tre pozzi, e ringrazia Dio per la buona quantità d'acqua. Poi si mette a contare gli uomini giusti che conosce, e non riesce ad trovarne più di tre, mentre molti sono i nomi degli ingiusti. Tra questi c'è quello della donna di Zante, ripugnante anche fisicamente (mammelle come saccocce per il tabacco, il muso come una forma per fare le scarpe; sulla guancia aveva uno sfogo a volte purulento, altre avvizzito, bocca larga con denti marci, un occhio storto...). Questa donna malvagia non ha voluto aiutare le donne di Missolungi, che durante l'assedio chiedevano sostegno economico per contrastare l'assalto dei turchi. È nemica mortale della Nazione Lambros, cupa storia romantica alla maniera di Byron Il Cretese, I liberi assediati, Porfyras (poemetto su un fatto di cronaca), Carmen seculare, Tentativi di traduzione dell'Iliade; In contatto con Tommaseo. EPTANISIAKI SCHOLI Dimitrios Guzelis (1774-1843)iii: Scrittore e patriota Guzelis apparteneva ad una ricca famiglia borghese di Zante. Fu avviato alle lettere dallo zio Antonios Martelaos (1754-1819)iii, il quale gli trasmise l'amore per le lettere e per la libertà. Nel 1795 compose la commedia in versi JO Cavsh", alla quale deve la sua mediocre notorietà. Quando nel 1797 i francesi sciolsero il predominio veneziano nell'Eptaneso, Guzelis si schierò contro l'aristocrazia. Preso prigioniero durante l'invasione turco-russa (1798) rimase per un anno in carcere; in seguito, dopo un breve soggiorno a Zante, fu presto costretto all'esilio, a Trieste, e successivamente si arruolò nelle truppe napoleoniche. Nel 1817 si trasferì nuovamente a Trieste dove insegnò greco. Fu membro della Filikh;

Page 23: Storia Della Lingua Greca

- 23 -

JEtaireiva ed allo scoppio della rivoluzione si recò di nuovo a Zante. Partecipò quindi all'assedio di Methoni e di Neokastro. Nel 1807 diede alle stampe la sua traduzione della Gerusalemme Liberataiii, dieci anni dopo pubblicò, a sue spese, il poemetto sul giudizio di Paride in decapentasillabi rimati. Guzelis, nonostante i suoi sforzi, ha inciso poco nella storia delle lettere greche, tuttavia il suo personaggio appare particolarmente interessante: giovane poetastro colto infiammato dagli ideali politici filolibertari, figura esemplare della nuova situazione morale.

Lingua Neogreca I Mercoledì 15.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

cenni biografici su Dionisios Solomòs dal testo scolastico ufficiale per il III liceo, Neoellhnikhv logotecniva, p. 15 (cenni sul Cretese), p. 17 (versi dal Cretese), pp. 279-283 (biografia e cenni critici sull'opera). * 1821 * 1832 Re Ottone di Baviera * 1833 capitale Nafplio (Nauplia, Napoli di Romania) 1834 Atene capitale del Regno La scuola eptanesiaca e Valaoritis Lo stato greco, la scuola ateniese, il romanticismo greco * Makrighiannis APOMNHMONEUMATA*I fratelli Sutsos * poesia e prosa ad Atene fino al 1880 * il romanzo storico * Pavlos Kalligàs * A Nafplio, prima capitale greca, è ambientata una commedia intitolata Babilonia, di Dimitrios Vizantios, nella quale si affrontano, come indica lo stesso titolo, varie questioni legate alle differenze dialettali del greco, che - oltre ad indicare vere e proprie dvergenze linguistiche - sono spesso spie di notevoli differenze culturali ed antropologiche. (Quando il nuovo re dei greci arriva a Nafplio (Nauplia) in città non ci sono neppure sedie degne di far riposare un re, e gli armatori dell'isola di Idra, Kunduriotis, prestarono due poltrone Luigi XV per l'occasione. Gli armatori di Idra (tra cui la leggendaria Bubulina) e quelli dell'isoletta vicino Chios, Psarà, ebbero un ruolo importantissimo per il sostegno economico della lotta contro i turchi).

Page 24: Storia Della Lingua Greca

- 24 -

Lingua Neogreca I Lunedì 20.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

La scuola eptanesiaca e Valaoritis Questione della lingua Athanasios Christopulos, [Oneiro, 1810, dialogo sulla lingua: due donne nude che si stendono accanto a lui; il poeta cerca di prendere le distanze, chiede se sono zingare: una la lingua mixovarvari e l'altra è sua sorella Ortografia; siamo venute ad insegnarti a scrivere e a parlare. Il greco volgare è in strettissimo contatto con il greco antico, anzi è un dialetto del greco antico! Eolico-dorico. Vincenzo Rotolo, A. Christopulos: Teoria e prassi della lingua letteraria neogreca, in Studi Neoellenici, Palermo 1975, pp. 64-74. Ioannis Vilaràs (1771-1823): dottore in medicina a Padova nel 1797, medico personale del figlio del Pascià di Ioannina. Nel 1814 stampa a Corfù un volume contenente vari testi, intitolato Rwmevikh glwvssa: 1) traduzione del Critone platonico; 2) parte del secondo libro di Tucidide (epitafio di Pericle); 3) varie altre traduzioni; 4) poesie (Vilaràs è un poeta colto: conosce Boccaccio, Parini, La Fontaine, Monti) (sottile ma consistente vena satirica: Aerostatitikhv Sfaivra). Importante è l'introduzione nella quale prende una precisa posizione critica nei confronti della questione della lingua e propone una riforma ortografica. Lo scopo fondamentale dell'opera è il koinov ovfelo" tou Gevnou". Traduce la Batrachomyomachia.

EPTANESO 1797 occupazione francese 1799 repubblica protetta dall'alleanza russo-turca 1807 occupazione francese 1815-1863 protettorato inglese, annessione al Regno di Grecia. Dialetto veneto lingua ufficiale fino al 1851 (dalla metà del XVIII sec. interesse anche per la lingua greca volgare (Antonio Martelàos, Dimitrios Guzelis)

Lingua Neogreca I Martedì 21.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato * 1821

Page 25: Storia Della Lingua Greca

- 25 -

* 1832 Re Ottone di Baviera * 1833 capitale Nafplio (Nauplia, Napoli di Romania) 1834 Atene capitale del Regno Lo stato greco, la scuola ateniese, il romanticismo greco * Makrighiannis APOMNHMONEUMATA: (1797-1864): uno dei principali protagonisti della Rivoluzione. Analfabeta. Impara a leggere e a scrivere a 32 anni. Scrive di suo pugno senza rispettare regole ortografiche e punteggiatura. Il flusso del suo discorso narrativo è scorrevole, popolare. L'opera rimase inedita fino al 1907 quando Ghiannis Vlachoghiannis la pubblicò per la prima volta. Il premio Nobel G. Seferis lo tenne in grande considerazione.

*I fratelli Sutsos * Aléxandros Rizos Rangavìs (Costantinopoli 1809-1892). Personalità eminente della cultura e della vita politica ateniese. Da giovane fu segretario di Ioannis Koletis (fervente sostenitore della Megavlh jIdeva); professore di Archeologia all'Università di Atene, ministro degli Esteri, ambasciatore a Berlino. Scrisse di tutto e moltissimo. In una lingua più che arcaicizzante. Aveva studiato in Germania. Autore di un solo testo in lingua popolare Dhvmo" kai; JElevnh (1831). Un poema è dedicato al monumento a Lisicrate; un altro ha come protagonista gli Indiani d'America. Nelle storie della letteratura neogreca, ad es. nel volume scritto da Dimaràs, la sua sterminata ed interessantissima produzione letteraria, scientifica, storica, archeologica non è sufficientemente trattata sia ragioni linguistiche sia perché Rangavìs è spesso impreciso nelle sue affermazioni. È autore teatrale, e di romanzi storici secondo la moda europea del tempo. Nel 1850 pubblica il romanzo JO Aujqevnth" tou`` Morevw" (scritto dopo aver letto i romanzi di Walter Scott)

* poesia e prosa ad Atene fino al 1880 * La prosa ed il romanzo storico * JO Levandro" (Panaghiotis Sutsos, 1834): romanzo epistolare; JH ojrfanh; th``" Civou h] oJ qrivambo" th``" ajreth``" (Iakovos Pitsipiòs, 1839); Grigorios Paleologos, JO zwgravfo" (1842). Traduzioni da opere straniere: 1846-47 PROMESSI SPOSI - Stefanos Xenos: di Smirne, ma vissuto a lungo a Londra JHRWIDA THS ELLHNIKHS EPANASTASEWS (1852) Spyros Zambelios (1813-1891), appassionato di storia bizantina e lettore curioso di testi in greco medievale è autore di un romanzo storico ambientato durante un'insurrezione di Candia durante la Venetocrazia (fatto storico del 1570), intitolato: Le nozze cretesi (1865). Zambelios, che visse a lungo a Livorno, fu probabilmente in rapporti di amicizia con Guerrazzi. Sp. Zambelios, editore tra l'altro di un'importante silloge di canti popolari nella cui introduzione (di ben 595 pp.) affronta le complesse relazioni esistenti tra nazione, stato e religione. Individua una forte continuità tra Bisanzio e la Grecia ottomana relativa non solo alla sfera religiosa ma anche a quella poetica, nella convinzione che, durante il periodo bizantino, e poi in seguito sotto il dominio dei turchi la consapevolezza dell'e[qno" sia stata coltivata e mantenuta viva dall'Ortodossia e dalla poesia anonima e popolare dei canti cleftici. Zambelios è stato

Page 26: Storia Della Lingua Greca

- 26 -

fortemente critico nei confronti dell'impostazione storica di Gibbon, il quale, concentrando la sua attenzione essenzialmente sulla corte e sugli imperatori, non avrebbe saputo dare rilievo all'altro protagonista della storia millenaria di Bisanzio, cioè a quell'anonimo ma consistente plhvqo" che ha mantenuto strettissime connessioni con il passato. Alla ricerca di tali legami di continuità Zambelios viaggiò anche in Italia, a Napoli ed a Grottoaferrata, alla scoperta di manoscritti in demotico che testimoniassero concretamente la continuità linguistica e culturale tra l'età bizantina e quella successiva. * Pavlos Kalligàs (1814-1896): uno dei personaggi politici più importanti dell'Atene del suo tempo: deputato, ministro, professore universitario. 1855 pubblica il romanzo storico Thanos Vlekas. Pastori e rivoluzione. Tema tratto dai recenti avvenimenti politici, ambientazione realistica. L'autore condanna la cattiva amministrazione statale e il diffuso brigantaggio. Storia d'amore fra Thanos e Effrosini. Echi dei Promessi sposi.

* Emmanuìl Roidis (Siros 1836-1904): Da bambino visse a Genova. Solo nel 1863 ritornò definitivamente in Grecia. in aperta antitesi con il mondo perbenista. Romanzo ambientato nel medievo occidentale. Scatenò le ire della Chiesa. Ironia e satira sferzante. Uso alto della lingua. Autore anche di un saggio critico particolarmente significativo per la sua epoca (ed utile ancor oggi per l'analisi dell'attività poetica del secondo Ottocento): Peri; sugcrovnou eJllhnikh``" poihvsew". Per Roidis la Grecia dei sui tempi si trovava in bilico tra il passato ed il presente, tra la tradizione e l'innovazione e non era ancora matura dal punto di vita poetico. Roidis salva soltanto Valaoritis e Paraschos. Molto particolare la sua posizione nei confronti della questione della lingua: sostiene teoricamente la dimotikì e scrive in katharevusa.

* A Nafplio, prima capitale greca, è ambientata una commedia intitolata Babilonia, di Dimitrios Vizantios, nella quale si affrontano, come indica lo stesso titolo, varie questioni legate alle differenze dialettali del greco, che - oltre ad indicare vere e proprie dvergenze linguistiche - sono spesso spie di notevoli differenze culturali ed antropologiche. (Quando il nuovo re dei greci arriva a Nafplio (Nauplia) in città non ci sono neppure sedie degne di far riposare un re, e gli armatori dell'isola di Idra, Kunduriotis, prestarono due poltrone Luigi XV per l'occasione. Gli armatori di Idra (tra cui la leggendaria Bubulina) e quelli dell'isoletta vicino Chios, Psarà, ebbero un ruolo importantissimo per il sostegno economico della lotta contro i turchi).

Generazione dell'80 Ithografia nuova scuola ateniese Vikelas Viziinòs Alèxandros Papadiamandis

Page 27: Storia Della Lingua Greca

- 27 -

Kostantinos Sathas, Spiridon Lambros, Gheorghios Chatzidakis, Nikolaos Politis, Narrativa greca dopo il 1880 Questione della lingua: Ghiannis Psicharis Questione della lingua: Psicharis, Chatzidakis, Eftaliotis, Pallis * 1888 To; taxivdi mou La pubblicazione di questo libro ha il valore di una svolta epocale nella storia della lingua noegreca. Il suo autore è Ghiannis Psicharis (1854-1929), famiglia originaria di Chios, nato ad Odessa, cresciuto a Costantinopoli, a 15 anni in Francia. Studi in Germania. Dal 1885 professore di lingua neogreca presso l'École des Hautes Études a Parigi e dal 1904 successore di Émile Legrand all'École des Langues Orientales Vivantes. In stretti rapporti con Taine e Renan (di cui aveva sposato la figlia) immerso nella vita culturale parigina. Acceso assertore della dimotikì senza compromessi. Ha scritto una mole notevole di opere letterarie (non particolarmente significative dal punto di vista qualitativo) ma fondamentali per la questione della lingua. Viveva lontano dalla Grecia e non partecipava alla vita concreta e realtà del nuovo stato. Glwvssa kai; patrivda ei\nai to; i[dio I giovani scrittori accolgono con entusiasmo le sue idee. La pubblicazione del suo libro del 1888 provoca un terremoto in Grecia. Grande sostenitore dell'importanza dell'uso della demotica nella prosa.

Gheorghios Chatzidakis (1848-1941): controversia tra Chatzidakis (padre degli studi glottologici in Grecia) e Psicharis, che vivendo, come Koraìs, in Francia, nelle questioni linguistiche assunse posizioni più realistiche del re. Sia l'un che l'altro studioso consideravano il greco medievale anello di connessione tra l'antico e d il moderno, e non nutrivano i pregiudizi antibizantini di Koraìs. Per Chatzidakis i testi in greco medievale erano una mistura di forme popolari e dotte non esattamente corrispondente con la lingua parlata, mentre Psicharis riteneva che fossero una testimonianza concreta e fedele dell'evoluzione orale del greco.

Argyris Eftaliotis (Mitilene 1849-1923) (pseudonimo letterario di Kleanthis Michailidis), a Manchester per motivi commerciali insieme ad Alèxandros Pallis con il quale si trova a Bombay nel 1888 (quando viene pubblicato il libro di Psicharis). Sempre assente dalla patria, tema anche della sua poesia è il continuo esilio. Inizia a scrive sulla scia dei parnassiani; scrive anche sonetti per la moglie simili ai sonetti di Shakespeare, poi la sua musa poetica si esaurisce e scrive raccconti, bozzetti di tipo ithografico, Nhsiwvtike" iJstorive". Traduce anche l'Odissea. Lingua demotica.

Alèxandros Pallis (1851-1935) Studi letterari ad Atene poi commercio (Manchester, Bombay, Liverpool) 1889 prima raccolta di poesie: Tragoudavkia gia paidiav, 1907 Tampoura;" kai; kovpano" (poesie satiriche) Traduce in greco demotico Shakespeare, Euripide, Tucidide e Kant (per dimostrare che il greco

Page 28: Storia Della Lingua Greca

- 28 -

volgare può esprimere anche concetti complessi come quelli della filosofia kantiana). La sua traduzione dei Vangeli nel 1901 scatena rivolte di piazze; forti reazioni anche per la sua versione dell'Iliade. Per Pallis, i poemi omerici sono prodotto di poesia popolare pertanto tentò di tradurre Omero con lo stesso ritmo e tono dei canti popolari greci

Lingua Neogreca I Mercoledì 22.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

La lingua greca ad Atene tra Otto e Novecento La poesia in demotico: Kostìs Palamàs (Patrasso 1859 - Atene 1943)

Nato a Patrasso nel 1859, a soli sette anni orfano di entrambi i genitori, Palamàs cresce a casa di uno zio letterato nella cittadina di Missolunghi, lì dove - durante la guerra di liberazione dal giogo turco - vi era stata una sanguinosa resistenza al nemico ed era morto Lord Byron (1824). L'appartenere ad una famiglia di intellettuali e crescere intorno a luoghi mitici della rivoluzione greca (Palamàs ricordava ancora vivo il barcaiolo che aveva traghettato il poeta inglese morto per la libertà della Grecia) ha esercitato sul giovane poeta una forte emozione, evidente in molti dei suoi componimenti poetici, in cui ritornano sia frammenti di ricordi infantili sia cenni al glorioso passato recente della storia nazionale. Nel 1875 si reca ad Atene per iscriversi alla facoltà di Legge ed inizia a pubblicare i suoi versi (prima in katharèvusa, poi in dimotikì). Ben presto però abbandona gli studi universitari per dedicarsi esclusivamente alla poesia. Dopo aver dato alle stampe alcuni componimenti poetici in lingua dotta, nel 1886 vede la luce la sua prima raccolta, I canti della mia patria, nella quale si individuano in nuce gli elementi basilari della poesia di Palamàs. Il suo discorso poetico sarà articolato sempre su alcuni punti cardine: particolare interesse e cura per l'aspetto linguistico attraverso l'uso di lingua mista di elementi colti e popolari con una notevole propensione per le forme più demotiche; rapporto aperto e vivace con la tradizione classica e bizantina; curiosità intellettuale e scioltezza espressiva; legami con il canto popolare greco e tendenze nazionalistiche. Nel 1889 pubblica il lungo poema in decapentasillabi non rimati Inno ad Atena, che ottenne un premio letterario e critiche molto favorevoli ma che suscitò anche vivaci reazioni da parte dei puristi, turbati dall'uso della lingua volgare per un argomento così aulico. Pochi anni dopo, nel 1892, dà alle stampe la silloge Gli occhi della mia anima, il cui titolo costituisce un tributo alla poesia di Dionisios Solomòs (1798-1857), uno dei poeti-padri della letteratura neogreca. In questa raccolta Palamàs si appropria consapevolmente della lezione dei parnassiani francesi, dando però ad essa una dimensione meno eterea e stilizzata, dal momento che la realtà classica, e lo stesso Parnaso, sono per i greci un'esperienza quotidiana e un patrimonio reale e tangibile: in quanto tali sia i resti dell'antichità che i luoghi mitici della Grecia antica appaiono con tutti i rovi che la natura inclemente produce sui tempi e sulle montagne divine. Il vagheggiamento della perfezione classica (o neoclassica) è un'invenzione nord-europea, il rapporto con il mondo antico in Grecia è stato per secoli solo una “relazione familiare”, un legame di lontana parentela. Palamàs intende contribuire alla realizzazione di un reale repertorio di immagini letterarie e poetiche di ambientazione classica e greca, un album di parole non più poeticamente avulse dalla realtà concreta ma intimamente connesse con l'esperienza diretta di luoghi conosciuti. Gli occhi della mia anima vengono accolti con un favore tale da rendere Palamàs immediatamente protagonista della scena poetica ateniese: a lui si rivolge il comitato nazionale greco che organizza i primi giochi olimpici dell'età moderna per commissionargli l'inno, diventato in seguito l'inno internazionale delle Olimpiadi moderne. Dal 1897 assume servizio come segretario dell'Università di Atene, dove rimane fino alla pensione, nel 1928. Sempre nel '97 pubblica Giambi e anapesti, quaranta componimenti poetici, alcuni

Page 29: Storia Della Lingua Greca

- 29 -

dei quali vennero messi in musica dal compositore Manolis Kalomiris. La ricercatezza metrica e gli argomenti trattati in questo libro mostrano punti di contatto con la poesia di Andreas Kalvos (1792-1869), autore di soltanto venti odi, le quali però vengono oggi considerate tra le più alte espressioni poetiche in greco moderno: Palamàs fu il primo critico letterario a riconoscere l'importanza di questi testi, pubblicati nel 1824 e nel 1826 e poi quasi completamente dimenticati. I Giambi e anapesti rivelano però al lettore italiano anche l'affinità poetica con Giosué Carducci, che Palamàs leggeva ed apprezzavaiii. Tale consonanza tra Palamàs ed il nostro poeta si riscontra anche nella raccolta Tomba, composta per la morte del figlioletto Alkis di soli quattro anni, e pubblicata nel 1898, nella quale il lirismo disperato, dettato dall'esperienza drammatica del lutto, si contempera in una cristallina espressione linguistica senza sbavature. Nel marzo del 1899 pubblica sulla rivista «Techni» un sonetto Saluto a Gabriele D'Annunzio che Palamàs aveva conosciuto in occasione di una visita ateniese dello scrittore italianoiii. Del 1900 è la raccolta I saluti della figlia del Sole, figura mitica del canto popolare grecoiii che aveva avuto nel corso della prima metà dell'Ottocento appassionati estimatori come Fauriel, Goethe e Tommaseo, ed il racconto lungo Morte di un ‘pallicari’ (quasi un unicum nella produzione letteraria di Palamàs che non coltivò la narrativa)iii. Nel 1903 dà alle stampe il dramma teatrale Trisevgheni (Nobilissima), tradotto in italiano da Filippo Maria Pontaniiii. Quando, nell'anno successivo (1904), pubblica La vita immobile si consacra definitivamente poeta in lingua demotica: in un'Atene scossa dai recenti (1901 e 1903) violenti scontri e morti nelle piazze a causa della traduzione in volgare dei Vangeli e della trilogia di Eschilo, Palamàs si impone con la forza della sua scelta linguistica e poetica, come poeta nuovo ma, nello stesso tempo, come erede legittimo di una lunga tradizione di poesia in volgare, che -dall'età tardobizantina in poi-, ha una continuità ininterrotta. Con questa raccolta Palamàs si inserisce a pieno titolo nel quadro del Simbolismo europeo, diventando uno dei più significativi esponenti di questa corrente in ambito greco. La vita immobile è costituita da tre unità principali, a loro volta suddivise in altre minori: Patrie, dodici sonetti parnassiani pubblicati per la prima volta nel 1895, con protagonista la Grecia nelle sue varie fasi storiche e nei vari centri del Mediterraneo dove è stata vitale la sua civiltà; Ritorno e Versi dal suono noto, unità nelle quali il poeta trasfigura i ricordi personali e storici che covano nella sua anima come lamenti; Palma, nella quale, in ottave di tredici sillabe, le voci parlanti sono quelle dei fiori cresciuti intorno alle radici ed all'ombra di una palma immensa che, dopo un' effimera esistenza, soccombono; concludono la raccolta i componimenti definiti Cento voci, a sua volta suddivisi in varie sottounità, definite dal poeta “notti”; ed il lungo monologo poetico Ascreo, nel quale rivive la voce di Esiodo di Ascra. Qui Palamàs rielabora la materia poetica delle Opere e giorni, stabilendo un legame ideale tra la poesia del primo poeta greco del quale ci sono giunte notizie sulla vita (Omero, come è noto, è un'identità “misteriosa”) e la sua attività poetica. Come Esiodo si fece cantore oltre che di miti e di storia anche della vita quotidiana e dei lavori dei campi, così Palamàs vuole essere poeta nazionale ed epico ma anche attento interprete delle umane e quotidiane occupazioni.

Nell'unità Cento voci è facile che il lettore italiano senta echi pascoliniani: la poetica delle piccole cose, del fanciullino, dell'uomo combattuto tra il bisogno del calore domestico e il dovere dell'impegno civile, del poeta raffinato e vigile sempre attento alla compostezza formale, anche quando il tema trattato è un minimo cenno intimo dell'anima comuni ai due autoriiii. Nel primo decennio del secolo, Palamàs lavora ininterrottamente a due grandi poemi epico-storici, Il dodecalogo dello zingaro,pubblicato nel 1907, dopo una lunga gestazione (dal 1898) ed Il flauto dell' imperatore (al quale lavorò dal 1886 al 1910). Il Dodecalogo, così denominato perché suddiviso in dodici lovgoi, in dodici canti, è ambientato negli ultimi anni prima dalla caduta di Costantinopoli (1453), in una città all'orlo della crisi sociale e politica, corrotta e ormai priva di qualsiasi forza economica e militare. La scena complessiva della disfatta è osservata attraverso gli occhi di uno zingaro, di un girovago senza patria che diviene l'alter-ego del poeta. La decadenza della capitale dell'impero romano d'Oriente è simbolo dolente di ogni decadenza umana. Affascinato dalla filosofia di Nietzsche e dalle idee del socialismo, Palamàs affida al suo zingaro la difesa strenua di un ideale politico utopico, basato sulla concordia di tre elementi, ritenuti basilari per la buona amministrazione dello stato: la saggezza, il rispetto sociale e la conoscenza. In tale raccolta Palamàs indossa le vesti variopinte e lise dello zingaro per travestirsi non tanto da mendicante in cenci che rivendica giustizia, bensì da uomo libero, non asservito alle leggi dispotiche di un padrone non riconosciuto come tale. Rivendica la sua dimensione di zingaro, di uomo non integrato nelle convenzioni sociali e culturali. Il suo protagonista è interprete attivo e anonimo di un momento storico preciso, e nello stesso tempo si assume la responsabilità di ergersi al di sopra delle situazioni storiche contingenti. Il secondo poema epico di argomento bizantino, Il flauto dell'imperatore, è ambientato nel periodo tra il X

Page 30: Storia Della Lingua Greca

- 30 -

e l'XI sec. L'immagine di Basilio II il Macedone (che regnò dal 976 al 1025) con un flauto in bocca è tratta dallo scrittore bizantino Giorgio Pachimere, il quale racconta che i soldati di Michele VIII, primo imperatore della dinastia dei Paleologi, durante l'assedio di Costantinopoli, trovarono le spoglie mortali di Basilio, nella cui bocca vi era un flauto. Questo strumento diventa la voce protagonista del poema, nel quale rivive la figura dell'imperatore Basilio il Bulgaroctono, lo sterminatore dei bulgari, personaggio storico che all'inizio del Novecento veniva riscoperto dagli intellettuali greci. Nel poema di Palamàs particolare enfasi viene data ad un episodio della vita di Basilio, noto attraverso le fonti: l'imperatore aveva voluto recarsi ad Atene per pregare nella chiesa dedicata alla Vergine costruita all'interno del Partenone. L'imperatore bizantino, nel tempio della vergine Atena divenuto chiesa cristiana dedicata alla Madonna, è simbolo possente della indissolubile continuità tra il mondo greco antico e quello greco cristiano. Bisogna qui osservare che la rilettura e la rivisitazione del passato bizantino, in chiave celebrativa e di continuità storica, diventa un'urgenza ideologica concreta per i greci nati nella seconda metà del XIX sec. e cresciuti nel contesto determinato dalla prospettiva storica prevalente, aperta e sostenuta essenzialmente da Konstantinos Paparrigòpulos, che nella sua monumentale Storia della Nazione Greca (pubblicata in cinque volumi dal 1860 al 1874), considerava in modo organico la realtà bizantina come componente integrante della storia e dell'identità greca. Riappropriarsi della storia di Bisanzio significava stabilire un filo di continuità con il passato, ininterrotto dall'età antica ma articolato in due grandi fasi: la prima, classica e pagana (patrimonio anche dell'Europa occidentale) e la seconda cristiana ortodossa, della quale è erede in primis la Grecia (ma anche tutta l'Europa orientale). Agli inizi del Novecento quindi la “riscoperta” di Bisanzio (e dei suoi eroi) per i greci assume un valore non solo storico ma anche politico e culturale. Un contributo quasi inestimabile alla “popolarità” della storia bizantina in questo periodo è offerto sia da questo componimento di Palamàs, sia dal romanzo storico di Pinelopi Delta (1871-1941),iii Al tempo del Bulgaroctono, pubblicato un anno dopo il poema. Il romanzo della Delta continua ad avere in Grecia un alto numero di lettori, anche perché considerato una buona lettura per i giovani. Negli stessi anni anche altri scrittori, come Ion Dragumis, ambientavano le loro opere in questo stesso momento della storia bizantina. Il particolare interesse nei confronti di questo imperatore, noto per aver affrontato vittoriosamente gli invasori bulgari, è determinato dalle contingenze storiche: la Grecia sta vivendo un momento di grande tensione politica dovuto essenzialmente alle difficili relazioni con la Bulgaria a causa della questione macedone, questione che si aggraverà da lì a poco causando le Guerre balcaniche, prodromi della Prima Guerra Mondiale. Sono gli anni in cui la cosiddetta Megali Idea, la Grande Idea, (il sogno politico a difesa dell'elemento greco in Asia Minore - nonostante la pesante sconfitta militare del 1897 - viene coltivata e sostenuta in vari ambienti, sia politici che culturali. La difesa di tale progetto utopistico, le cui radici si intrecciano con la storia della Grecia libera dal dominio ottomano, determinerà la catastrofe politica e umanitaria del 1922, quando la popolazione di lingua greca e di religione ortodossa delle coste dell'Asia Minore sarà costretta ad abbandonare le proprie case e i propri beni. Tale avvenimento avrà conseguenze notevolissime nella vita politica e culturale greca nel corso di tutto il Novecento.

Palamàs nel 1912 pubblica due raccolte poetiche, I lamenti della laguna (nella quale è inserita l'unità Esercizi satirici) e La città e la solitudine (che comprende sia componimenti relativi ad avvenimenti storici o a questioni poetiche - come quello dedicato a Carducci - Swinburne - Mistral - sia versi dedicati ai soliloqui dell'anima); nel 1915 stampa le poesie confluite in Altari, tutte di ampio respiro sia dal punto di vista metrico che contenutistico; nel 1919 Le cose fuori dal tempo; del 1925, anno in cui ottiene anche il Premio Nazionale di Grecia per la Poesia, sono I pentasillabi; I passionali discorsi nascosti; I lupi, ispirato alla catastrofe dell'Asia Minore del 1922; Due fiori da terre straniere. Nel 1928 a Chicago escono I versi timidi e duri; dell'anno successivo è invece Il ciclo dei tetrastici, costituito da 102 sonetti; del 1931 Passaggi e saluti; e del 1935 l'ultima raccolta stampata con il placet del poeta, dal titolo evocativo Le notti di Femio. Come è noto Femio è un citarodo omerico, interprete dell'Odissea,cantore delle imprese eroiche della guerra di Troia. Palamàs-Femio canta di notte la sua condizione di uomo ormai “antico” e stanco, nell'ultima fase del giorno e della vita. Gli ultimi dieci anni del poeta non sono particolarmente fertili: la sua vena esaurita non produce versi che Palamàs ritiene degni della pubblicazione. I suoi funerali, nel 1943, in un'Atene affamata e atterrita dall'Occupazione tedesca, si svolgono in un clima di profondissima commozione e partecipazione collettiva. Anghelos Sikelianòs, che in una storica fotografia regge il feretro, pronunciò in quest'occasione alcuni suoi versi in onore del poeta. Postuma nel 1944 viene pubblicata dal figlio Lèandros la raccolta Fuochi notturni.

Kostìs Palamàs è un grande ed appassionato lettore di poesia, un critico raffinato e indipendente,

Page 31: Storia Della Lingua Greca

- 31 -

un attento osservatore dell'animo umano, un traduttore sensibile e colto. Dall’italiano, lingua che in realtà non conosceva a fondo ma che interpretava grazie alle sue conoscenze del francese, ha tradotto versi di Carducci, Pascoli, Graf e D’Annunzioiii. Sin da quando era molto giovane la lettura è per lui una gioia: Il Saul di Alfieri e l'Aristodemo di Monti sono stati per la mia felicità le prime scoperte letterarie, dopo il piacere che mi era stato procurato dalla Corinna della de Stael e i Miserabili di Hugoiii. Palamàs il primo ad accorgersi della forza poetica di Andreas Kalvos, il grande poeta greco amico e confidente di Foscolo ed uno dei primi a tradurre in esperienza personale le letture poetiche della letteratura francese, inglese ed americana a lui contemporanee. La tradizione poetica greca, e soprattutto quella del canto popolare orale, oltre che la poesia di Dionisios Solomòs diventano nell'espressione letteraria di Palamàs elementi vitali dal momento che egli sceglie di usare in poesia, con piena consapevolezza critica, la lingua demotica, la lingua della tradizione poetica orale, che pur avendo una storia secolare, era tuttavia fortemente osteggiata negli ambienti colti ateniesi, dove si preferiva l'uso della katharèvusa, una lingua artificiale e libresca la quale però sembrava più consona alla tradizione greca. Grazie a Palamàs il Parnaso francese si naturalizza in Grecia, assumendo colori e forme più mediterranee. Il poeta fonde vicende private con la vita politica: la morte del figlioletto e gli errori politici della Grecia all'inizio del secolo (che avranno come conseguenza la catastrofe del 1922), l'esaltazione del nazionalismo greco e la vita da semplice impiegato all'università, si integrano nella sua poesia in modo particolarmente riuscito, creando un amalgama compatto, una miscela chimica irreversibile. Sarcasmo, spirito elegiaco, forza visionaria, esperienze storiche, eleganza formale e stilistica, scrupolosa conoscenza della funzione e della forza del metro in poesia, uso composito della lingua sono gli ingredienti fondamentali della sua vastissima produzione poetica e letteraria, costituita da un corpus di 16 grossi volumi. La sua forza poetica è stata ben presto riconosciuta anche fuori dai confini nazionali di Grecia: già nel 1920 le sue poesie della raccolta Vita immutabile erano state tradotte in inglese da Aristidis E. Futridisiii . Bibliografia Quasi tutta la produzione letteraria, poetica, critica, teatrale e in prosa di K. Palamàs è confluita nei 17 volumi degli {Apanta (Tutte le opere). Su Palamàs la bibliografia critica è vastissima: si pensi soltanto che nel numero monografico della rivista «Nea Estìa» a lui dedicato nel Natale del 1993, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte, la rassegna bibliografica (peraltro non completa) relativa soltanto all'ultimo decennio della vita del poeta (1932-1942) a cura di K. G. Kassinis comprende 1315 titoli, (Bibliografiva K.P. 1932-1942. Prwvth katagrafhv,)(Bibliografia K.P. 1932-1942. Prima stesura), pp. 273-344. È presente nell'Enciclopedia Italiana (Treccani) s.v.; e nel Dizionario degli Autori, Bompiani, Milano 1957-1958 (voce a cura di B. Lavagnini). Si segnalano qui solo alcuni tra i contributi più importanti (oltre che una selezione di interventi fruibili in italiano): G. K. Katsìmbalis, sin dal 1932, ha iniziato a pubblicare la vastissima bibliografia di Palamàs, raccogliendo i numerosi interventi critici ed articoli scritti dal poeta (più di 2500 tra recensioni, osservazioni letterarie e filosofiche, discorsi): tutte le sue opere sono oggi raccolte nei sedici volumi di Apanda (Opere Complete), pubblicati a cura di G. K. Katsìmbalis, a cui si aggiunge un diciassettesimo volume di indici a cura di G. Keghaglioglu e G. P. Savvidis (1984). Non sono inserite in questi volumi molte delle lettere del poeta, attraverso le quali appare ancora più chiaramente la sua vastissima cultura e profonda umanità. Il contributo più importante finora pubblicato sui rapporti fra Palamàs ed i poeti francesi (Th. Gautier, Th. de Banville, L. Ménard, Leconte de Lisle ed altri) si deve ad E. Politu Marmarinù, JO Kwsthv" Palamav" kaiv oJ gallikov" Parnassismov" (sugkritikhv filologikhv melevth), (K. P. e il Parnassianesimo francese. Studio filologico comparato), che ha pubblicato la sua tesi di dottorato sull'argomento ad Atene nel 1976. Una raccolta di saggi critici e di testimonianze letterarie di intellettuali che ne ricordavano ancora la persona oltre che il poeta è stata pubblicata in occasione dei quaranta anni dalla morte di Palamàs, con il titolo jEpistrofh; sto;n Kwsth; Palama``, (Ritorno a K.P.), edizione speciale della rivista «Tetravdia Eujquvnh"» 21, Atene 1983; * K. Th. Dimaràs, Kwsthv" Palamav"Ú h poreiva tou pro" thn tevcnh, (Kostìs Palamàs: il suo cammino verso l'arte), Letteratura e critica 2, Nefeli, Atene, 19893 (in greco) (prima edizione 1947). In italiano sono usciti, nella prima metà del Novecento, alcuni contributi, oggi dimenticati e difficilmente reperibili, i quali tuttavia testimoniano l'eco giunta anche nel nostro paese, relativa alla produzione poetica di Palamàs: P. Zari, Kostìs Palamàs, «La Via», Pavia giugno 1922; A. Palmieri, Kostìs Palamàs e la sua poesia, «Lo Spettatore Italiano» Roma 1924; Id., Cronaca culturale dell'Ellenismo, «L'Europa Orientale», Roma 1926; F. M. Pontani, La Trisevjeni di Kostìs Palamàs, «Rivista di cultura greco-italiana», Roma 1940. Interventi critici

Page 32: Storia Della Lingua Greca

- 32 -

particolarmente utili si devono a G. Seferis, Kostìs Palamàs, in Le parole e i marmi, Saggi di arte e di letteratura, Il Saggiatore, Milano 1965, pp. 75-82, 231-232 (traduzione di F.M. Pontani); L. Marcheselli, Palamàs e D'Annunzio, in «Dialoghi», XVI, 6, 1966; *M. G. Meraklìs, Kostìs Palamàs, in La Poesia Greca. Antologia - Letteratura, Sokolis, Atene 1977 (19893), pp. 216-261 (in greco); P. A. Agapitos, Byzantium in the poetry of Kostis Palamas and C. P. Cavafy, in «Kampos», 2, 1994, pp. 1-20; E. Kriaràs, Kwsthv" Palamav". O agwnisthv" tou dhmotikismouv kai h kavmyh tou, (K. Palamàs. Il combattente del dimoticismo e la sua inclinazione), Atene 1997; sono in corso di stampa gli atti di un convegno internazionale su K. P. svoltosi a cura dell'Università di Cipro dal 6 all'8.6.2003, Kwsthv" Palamav". JO poihthv" kaiv oJ kritikov", (K. Palamàs. Il poeta e il critico).

Lingua Neogreca I Lunedì 27.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

sostituzione dott. Federica Ferrieri Ta neoellhnikav twn omogenwvn

******* Lingua Neogreca I

Martedì 28.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

La lingua greca ad Atene tra Otto e Novecento La poesia in demotico: Kostìs Palamàs (Patrasso 1859 - Atene 1943) Tavfo" Sto taxivdi pou; se; pavei...

Sul rapporto dei poeti greci del Novecento con la poesia omerica Raywdiva, dalla raccolta Asavleuth zwhv, in APANTA, vol. III, pp. 64-65 lettura, analisi testuale e traduzione parole composte megalovcaro smaragdosparmevno zestokopievtai kardioflogismevno

Page 33: Storia Della Lingua Greca

- 33 -

lamprovmallh zhlovftono" qalassovdarto" trivsbato" sucnoboutavei erwtokamevnh divcordh panavrcaia antilalwvnta"

Lingua Neogreca I Mercoledì 29.3.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato lezione sospesa per consiglio di Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente

Lingua Neogreca I Lunedì 3.4.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

La lingua greca tra Otto e Novecento

Ghiannis Ritsos (Monemvasià 1909 - Atene 1990)

Ghiannis Ritsos nasce il primo maggio del 1909 nel Peloponneso, nella regione della Laconia, a Monemvasià, cittadina ricca di memorie storiche ed archeologiche, ma chiusa e provinciale. La famiglia appartiene al ceto medio-alto: il padre, Eleftèrios (letteralmente Libero), proprietario terriero, è un uomo superficiale e ignorante; la madre, Elefterìa (Libertà), ama le letture poetiche, la musica classica ed ha uno spirito spregiudicato e antiecclesiastico. Per il poeta i nomi dei genitori e la data di nascita assumono la forza di un segno del destino: l'aspirazione alla libertà e il giorno dalla festa dei lavoratori coincidono con il suo ingresso nel mondo. Poeta dalla incommensurabile ricchezza espressiva, Ritsos è autore di un numero molto elevato di raccolte poetiche e di composizioni di ampio respiro che, accanto ai brevi frammenti di fulminante intuizione lirica, rendono la sua attività poetica particolarmente ampia e variegata, difficilmente inquadrabile dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Le strette connessioni tra la sua poesia e la cronaca, tra l'attività intellettuale e la vita politica; tra una dimensione mistico-ortodossa e l'ideologia comunista appaiono sempre in serena ed equilibrata sintonia anche quando sembrano collegare poli apparentemente contrastanti. L'esuberanza a volte fantastica, altre minuziosamente descrittiva e realistica del suo dettato poetico, spesso straripante in poemetti di centinaia di versi; la stringatezza di altri componimenti, sintetici al punto di esser costituiti solo da poche sillabe ora di senso immediato ora ermeticamente chiusi ad una diretta interpretazione, sono gli elementi che più hanno contribuito alla fortuna (ma anche alla “sfortuna”) del poeta, pregiudicando una equilibrata e serena valutazione critico-letteraria.

Per comprendere la poesia di Ritsos appare indispensabile considerare il legame congenito esistente tra la parola poetica greca e la musica: il poeta aveva studiato musica da bambino, da giovane fu un apprezzato ballerino, da adulto non si separava facilmente dal suo mandolino (nel 1945 lasciando Atene per motivi politici, insieme ad altri partigiani di sinistra, tra i pochissimi effetti personali prende con sé lo strumento); alcune delle sue raccolte poetiche hanno un preciso riferimento musicale nel titolo

Page 34: Storia Della Lingua Greca

- 34 -

stesso -si pensi ad esempio a La canzone di mia sorella (1936); Sinfonia di primavera (1938); La marcia dell'oceano (1939-40); Antica mazurca al ritmo della pioggia (1942); Sonata al chiaro di luna (1956)-; i suoi versi sono stati messi in musica dai più noti compositori greci ed hanno avuto un larghissimo successo popolare; in ogni suo testo poetico appare in filigrana, o in chiara evidenza, un organo musicale, una assonanza di note, una ricerca di ritmo cantabile, un tentativo di coordinare il suono con il senso. Accanto alla musica sono altrettanto importanti il disegno ed il colore: calligrafo raffinatissimo e abile pittore Ritsos considera la parola come oggetto pieno di suoni e luci, oltre che strumento di comunicazione. Fumatore incallito -nonostante avesse i polmoni indeboliti dalla tubercolosi- Ritsos non gettava i due-tre pacchetti di sigarette giornalieri: diventavano frammenti sui quali prendere appunti, scrivere frasi o tracciare disegni. Durante gli anni trascorsi in prigionia, il poeta che aveva bisogno di scrivere come di respirare, aveva imparato in maniera maniacale a risparmiare ogni possibile oggetto bianco sul quale poter incidere pensieri o immaginiiii.

Tentare pertanto di presentare in modo sintetico la produzione letteraria di Ritsos, intimamente connessa con le vicende storiche e politiche della Grecia del Novecento (dal primo dopoguerra al governo socialista del PASOK, dalle instabilità economiche e politiche degli anni Venti alla caduta del muro di Berlino) è compito non particolarmente semplice: Ritsos è infatti un protagonista attivo nella vita pubblica e letteraria della Grecia, un intellettuale impegnato, costretto a causa delle sue idee e delle sue prese di posizione, a trascorrere lunghi periodi in campi di concentramento su isole impietose.

Dipanare la matassa costituita da più di un centinaio di raccolte di versi (oggi riunite in quindici volumi di grande formato), e delineare il profilo della sua esistenza in connessione con la sua attività poetica impone una schematizzazione in periodi della sua produzione poetica. Nella consapevolezza che tale procedimento sia limitativo, appare tuttavia indispensabile procedere per tappe, le quali non comprenderanno l'opera di Ritsos nella sua interezza, ma solo nelle linee generali.

I fase (1909-1936): da Monemvasià ad Epitafio

Negli anni dell'infanzia riceve una buona educazione (studia pianoforte e pittura) ma vive in un clima domestico turbato da continue liti dovute alla smodata passione per il gioco nutrita dal padre e dallo spettro della tubercolosi, che nel 1921 gli uccide la madre ed il fratello maggiore, Dimitris. Interrotti gli studi ginnasiali nella vicina cittadina di Ghythion, nel 1925, Ritsos privo di mezzi, si reca insieme alla sorella Lula (di poco più grande) ad Atene in cerca di un lavoro. Sono anni particolarmente difficili: ad Atene si assiste ad un vertiginoso incremento della popolazione dovuto all'arrivo dei profughi dell'Asia Minore e delle migliaia di diseredati che da varie parti della Grecia si riversano nella capitale in cerca di un presente più dignitoso. Ritsos riesce a trovare lavoro come dattilografo, e poi come copista. L'anno successivo però si ammala di tubercolosi e, dal 1927, rimane ricoverato per tre anni al Sotirìa, lo stesso sanatorio nel quale si trova anche la poetessa Maria Polyduri. Lì conosce Ànghelos Sikelianòs (che, insieme a Palamàs, sarà il maestro di stile del giovane poeta) e vari sindacalisti e membri del Partito Comunista Greco (al quale in seguito aderirà), che gli fanno apprezzare la poesia di Majakovski e di Blok. In questo periodo inizia a farsi notare come poeta, grazie alla pubblicazione di suoi versi su riviste letterarie. Nel 1930, ancora non ristabilitosi, è costretto a lasciare l'ospedale e a trasferirsi in un sanatorio di Chanià, a Creta. Già nel '31 può però tornare ad Atene e lavorare come attore e ballerino; comincia a frequentare assiduamente gli ambienti di sinistra ed a collaborare con il quotidiano comunista RIZOSPASTHS (Rizospastis, Radicale). Nel 1934 pubblica, presso l'editore Govostis - con il quale in seguito collaborerà come curatore editoriale e correttore di bozze- la raccolta di poesie Traktevr (Trattore), nella quale sono stati individuati almeno due nuclei: uno individuale-autobiografico ed uno politico-propagandistico. La raccolta è costituita da ventitre componimenti, uno dei quali è dedicato a Cristo, figura rivoluzionaria e positiva molto presente nella poesia di Ritsos (si è parlato anche di cristomorfismo), mentre un altro è dedicato a Karl Marx: cristianesimo ortodosso e marxismo non sono per lui in contraddizione. La tradizione religiosa greca, con le sue feste e i suoi riti, il Cristo impegnato per un mondo migliore e più giusto e il Cristo dolente sulla Croce sconfitto nella sua dimensione umana, la Madonna straziata per la morte del figlio, sono per Ritsos simboli positivi e non ostacoli alla realizzazione del nuovo futuro socialista, basato sulla concordia e l'uguaglianza tra gli uomini. La religione cristiana è un collante di base per la sua prospettiva ideologica.

Nell'anno successivo pubblica la raccolta Puramivde" (Piramidi), poesie composte tra il 1930 e il '35: il primo nucleo è costituito da testi i cui titoli (Solitudine, Isolamento, Fuga, Esaurimento, Sventura, Fuga, Ansia) dichiarano apertamente la disposizione d'animo dell'autore; il secondo contiene un

Page 35: Storia Della Lingua Greca

- 35 -

inno alla gioia ed uno all'amore; il terzo è incentrato sull'antimilitarismo cantato in modo semplice e diretto, con l'aspirazione di esser compreso da tutti.

Del 1936 è invece il celebre EPITAFIOS (Epitafio), parola che per un greco non si riconnette esclusivamente all'iscrizione tombale, ma anche (e forse soprattutto) all' jEpitavfio" qrh``no", il lamento funebre della Madonna davanti al Cristo deposto che si canta nella Chiesa Ortodossa il Venerdì Santo. Ritsos compone quasi di getto un lungo commovente ed accorato monologo in seguito all'emozione provocatagli da una fotografia sul quotidiano Rizospastis, raffigurante una madre disperata in ginocchio accanto al figlio ucciso a Salonicco nel corso di una manifestazione politica. Il testo, più volte riscritto e corretto, è costituito -nella sua forma definitiva- da 20 canti di otto distici ciascuno (il 9 e il 20 hanno nove distici), per un totale di 324 decapentasillabi rimati. Il tono è quello del canto popolare, del mirologion (canto funebre) delle prefiche del Mani nel Peloponneso, ma presenta tracce della poesia colta cretese in demotico del XVII sec.: è un accorato canto funebre nel solco di un'interrotta tradizione poetica greca, e forse deve parte del suo successo proprio a questo, oltre che alla grande notorietà sancita da Mikis Theodorakis, che lo ha messo in musica alla fine degli anni Cinquanta: ancora oggi tutti i greci conoscono a memoria i versi di questo componimento e li ripetono cantando. Ancora una volta nella storia culturale della Grecia la cronaca diventa poesia e la poesia canto: i connotati specifici della vicenda che ha determinato la composizione poetica e musicale sfumano e diventano fatti universali, episodi di ieri e di oggi nella vita quotidiana degli uomini e delle donne. La cronaca diventa spunto per un inno universale, per una preghiera collettiva e laica: la madre ed il figlio morto sono simboli eterni della massima espressione del dolore umano.

Il 4 agosto del '36, il giorno in cui prende il potere il dittatore Ioannis Metaxàs, i versi dell'Epitafio, insieme a quelli di altri scrittori (tra i quali anche Gorkij e Anatole France), vengono bruciati pubblicamente presso le colonne del tempio di Zeus Olimpio ad Atene. II fase (1937-55): dalla Canzone di mia sorella ad Astro mattutino

Tra il 1938 ed il 1941 pubblica cinque raccolte di versi, mentre intorno a lui infuria la drammatica realtà della dittatura di Ioannis Metaxàs e l'invasione da parte italiana dell'Albania e della Grecia del Nord. Una di queste sillogi, La canzone di mia sorella (1937), è incentrata sul dramma familiare dell'amatissima sorella Lula ricoverata all'ospedale psichiatrico di Dafni, nei pressi di Atene, dove da qualche anno si trova anche il padre). Il lungo carme, costituito da 923 versi liberi, suscita l'entusiasmo di Kostìs Palamàs, che gli dedica una quartina, esclamando nell'ultimo verso Paramerivzoume, poihthv, gia; na; peravzei"! (Ci facciamo da parte, poeta, per farti passare!).

Una ripresa della tubercolosi lo costringe ad un nuovo ricovero; scrive il canto d'amore Sinfonia di primavera (1937-38); inizia le raccolte che porterà a compimento qualche anno più tardi (Note ai margini del tempo, Versi di poesie strappate, Fischi di treno); scopre Shakespeare nella traduzione greca di Vasilis Rotas, legge testi greci e stranieri del Rinascimento; si dedica alle memorie familiari (Il piccolo fratello dei gabbiani è un ricordo commosso del fratello ucciso dalla tubercolosi); compone La marcia dell'oceano, (1939-40) un lungo poema sul tempo, dalla guerra di Troia e dalle vicende di Odisseo sino al presente: il viaggio del tempo, del tempo dell'uomo nell'azzurro emiciclo dell'orizzonte diviene la misura dell'eternità, o almeno dell'aspirazione all'eternità. Mentre il poeta combatte la sua personale battaglia con la malattia, il 28 ottobre del 1940 l'Italia invade la Grecia, e nell'anno successivo la bandiera con la croce uncinata sventola sull'Acropoli. Tra il 1942 e il '50, anni durante i quali la Grecia conosce prima l'occupazione tedesca e la fame, ed in seguito l'orrore del sangue fratricida della guerra civile (1946-1949), Ritsos -pur in cattive condizioni economiche e di salute- è in febbrile attività intellettuale: appartengono a questi anni Prova (con testi composti tra il 1935 e il '43), I giorni precendenti al sole (1943), L'ultimo secolo A.(vanti) l'U.(omo) (1942, lungo poema nel quale appaiono continui riferimenti alla guerra in corso sul fronte albanese, che verrà pubblicato per la prima volta solo nel 1961); Antica mazurca al ritmo della pioggia (1942-43), Il compagno Nikos Zachariadis (1945, dedicato al comunista greco, per anni dirigente del partito, in occasione del suo ritorno dal campo di concentramento di Dachau), Il post-scriptum della gloria (inno dedicato al combattente Aris Veluchiotis, una delle figure carismatiche della sinistra greca, capo del movimento ELAS, suicida per non essere preso prigioniero dai nemici); Insonnia (Veglia), (1941-1953) articolato complesso poetico al quale appartengono diverse raccolte, tra le quali Epoca silenziosa (1941-42), Tre corali (1944-47), Romiosini-Grecità (1945-47, raccolta dal titolo intraducibileiii, ma fortemente evocativo per ogni greco, nella quale sono incluse alcune

Page 36: Storia Della Lingua Greca

- 36 -

delle poesie divenute più note al largo pubblico grazie alla resa per musica curata da Mikis Theodorakis;il poemetto Salve, Wladimir Majakovski (1953); l'opera epica La Signora delle Vigne (pubblicato solo nel 1975, tradotto in italiano da N. Crocetti, ha vinto il Premio Etna-Taormina nel 1976, poema in ventiquattro canti dedicati alla Grecia, terra personificata e resa divina da alcuni epiteti a lei rivolti identici a quelli che nella tradizione religiosa ortodossa si rivolgono alla Madre di Dio); Lettera a Joliot Curie (1950); Il fiume e noi (1951). Negli stessi anni compone Parentesi; Mio figlio la mia luna; I vecchi e il silenzio; La pignatta affumicata; e vari altri testi poetici, teatrali e saggi letterari. Alle pendici del silenzio, un romanzo di circa 900 pagine, viene ultimato in questi anni: il testo è andato purtroppo distrutto insieme ad almeno dodici opere complete, lettere della Polyduri, Sikelianòs, Palamàs, Kazantzakis, fotografie e oggetti personali di Ritsos, dal momento che la persona alla quale aveva affidato il suo archivio privato, in un periodo in cui era ricercato per le sue idee politiche, ritenne più opportuno sbarazzarsene. Nel 1945 il poeta lascia Atene insieme ad altri compagni: prende con sé (oltre al suo mandolino) un disegno dell'amico Ghiannis Tsaruchis e una lettera di Maria Polyduri.

Ritsos, nel corso dell'Emfilios Pòlemos (Guerra Civile), è coinvolto in prima persona: a causa del suo impegno politico viene costretto all'esilio nell'isola di Limnos nel 1948 (Lemno era l'isola nella quale era stato confinato Filottete, il solitario eroe della tragedia antica, che diventa interprete-protagonista silenzioso di uno dei poemetti della raccolta Quarta Dimensione). Nell'anno successivo è rinchiuso nell'isola di Makrònissos (ed in seguito trasferito nel campo di Ai. Stratis): l'esperienza dei campi di concentramento è riprodotta in poesie come Diari d'esilio I, II, III, Le poesie d'occasione ( jEpikairika)v (raccolta che, in seguito, dà il nome ad un gruppo di poesie scritte fra il 1945 ed il 1969); (Le storie di Makronisos) (Makronhsiwvtika); I quartieri del mondo (poema-fiume di più di cinquemila e cinquecento versi, cronaca appassionata di un decennio, composto tra il 1949-1950, in parte messo in musica da Theodorakis); Tempo di pietra (1949) (24 poesie scritte durante l'esilio salvatesi perché seppellite sotto la sabbia dentro bottiglie); Il fiume e noi, L'uomo con il garofano (dedicato al comunista greco N. Beloghiannis, condannato a morte nel 1952, e presentatosi davanti al plotone d'esecuzione con un disegno di Picasso - a lui dedicato- raffigurante un garofano). Nel 1952 il poeta rientra finalmente ad Atene (grazie anche agli interventi in suo favore di numerosi intellettuali stranieri, tra i quali anche Aragon, Neruda e Picasso), portando con sé, nel doppiofondo della valigia, poesie, acquarelli, fotografie e lettere di compagni di prigionia; compone il poema Città indomabile (1952), si sposa (1954) con Falitsa Gheorghiadi, medico di Samos, ed ha una figlia, Elefterìa (Eri), per la quale compone nel 1955 Stella mattutina. Piccola enciclopedia di diminutivi per la mia figlioletta, (Prwino; a[stro), entusiastico canto d'amore per il miracolo della paternità, dialogo affettuoso con una bambina che crescerà e che deve conoscere ancora la gioia della vita, ma anche la tragedia della bomba atomica scoppiata ad Hiroshima (il padre ha fretta di informarla). III fase: dal 1956 al 1967 da la Sonata al chiaro di luna all'avvento dei colonnelli

Nel periodo felice dell'equilibrio familiare Ritsos compone uno dei suoi testi più noti, la Sonata al chiaro di luna (1956) (che dal 1972 è inserita in Quarta dimensione), lungo poema che ha avuto un larghissimo successo ed ha contribuito alla fama internazionale di Ritsos. L'opera è ambientata in una grande stanza di una vecchia casa, nella quale si trova una donna anziana vestita di nero. Dalle finestre filtra un fascio di luce lunare. Il suo lungo monologo viene pronunciato alla presenza di un giovane che rimane in silenzio: in uno scenario semioscuro si svolge uno psicodramma esistenziale in chiave lirico-elegiaca per cantare la fine di una civiltà oltre che di una vita umana. La Sonata al chiaro di luna ottiene il premio nazionale di poesia e viene pubblicata in Francia con una introduzione di Louis Aragon. Del 1957 sono Trasparenza invernale (contrasto stridente fra la pacifica vita di ogni giorno nella provincia greca isolana e il ricordo delle ore drammatiche durante la deportazione per motivi politici, poemetto di poco meno di 200 versi, confluito poi nella raccolta Quarta dimensione); Cronaca, mito tragico-comico ambientato nell'isola di Samos, un tempo prospero centro commerciale, diventata in seguito pigro e desolato povero borgo lontano dal palpito della vita (isole greche impoverite, prima dell'esplosione turistica degli ultimi decenni); Saluto, dedicato ad un pantheon personale del quale fanno parte, tra gli altri, i grandi poeti e maestri della stirpe ellenica: Dionisios Solomòs, Andreas Kalvos, Kostìs Palamàs, Ànghelos Sikelianòs; Idria-Elegia per una breve primavera. Negli anni immediatamente successivi scrive i poemetti Urna (jAnafullhtov) (per la morte di una bambina figlia di amici carissimi del poeta); Quando viene lo Straniero; Schema dell'assenza (ancora sul tema della morte precoce); La guida dell'ascensore; Il guardiano del faro; Elena al cimitero; il dramma epico Oltre l'ombra dei cipressi,

Page 37: Storia Della Lingua Greca

- 37 -

pubblicato per la prima volta nel 1958; Le vecchie e il mare, (1959); La casa morta, testi poi confluiti, insieme ad altri composti nello stesso periodo, nella raccolta Prova generale (1956-59) o in Quarta Dimensione (1972). Negli anni 1956-58 visita di frequente i paesi dell'Europa dell'Est, inviando corrispondenze per il quotidiano di sinistra Avghì, e cura un'antologia di poesia romena. I ricordi poetici di questi viaggi sono raccolti in Architettura degli alberi e in Uomini e luoghi. Altre testimonianze poetiche delle visite culturali e politiche nell'Europa Orientale sono le raccolte L'albero della prigione e le donne (scritto a Praga nel 1962), e il lungo poema Ostrava (dal nome di una città industriale della Cecoslovacchia dove il poeta trascorre un lungo periodo a causa di una ripresa della tubercolosi).

La casa morta, che riporta come sottotitolo Fantastica e autentica storia d'una vetusta famiglia greca (1959-60), è ritenuta una tappa importante nel percorso evolutivo della poesia di Ritsos: è il primo di una serie di tredici componimenti nei quali viene rivisitata la tragedia classica. L'ambientazione nel palazzo degli Atridi, fantastica e realistica nello stesso tempo, mescola elementi della tradizione greca con esperienze e ricordi personali e familiari del poeta (che proviene da una parte della Grecia molto vicina geograficamente al territorio di Argo e Micene). La straordinaria figura di Elettra, la sorella folle, riveste fedelmente i panni del mito, assumendo nel contempo i connotati di Lula, la sorella impazzita, già disperatamente delineata da Ritsos nella Canzone di mia sorella. Il personaggio di Elettra sarà ancora protagonista di un lungo poema scritto nel 1960, Sotto l'ombra del monte: confessione di una donna ormai oltre i settanta, che si prepara a morire, che ripercorre la sua esistenza alla presenza muta della vecchissima nutrice, Nena, la quale - come del resto anche il destinatario del componimento - conosce perfettamente la storia. Nonostante ciò, Elettra-Ritsos ha bisogno di ripetere ancora una volta le vicende, con altre parole, con altre immagini che si sovrappongono a quelle già viste, ha bisogno di riprendere il discorso mille volte già narrato per raccontare gli stessi fatti, avvenuti sotto l'ombra imperturbabile del monte.

Nell'estate del 1960 Ritsos compone il lungo e complesso poema drammatico Il corale dei raccoglitori di spugne, articolato - con un prologo ed un epilogo - come un testo teatrale ed ambientato in povero contesto isolano dove si commemora la morte per embolia di un giovane pescatore. Il sacrificio del ragazzo è intessuto di elementi che ricordano i rituali della Pasqua ortodossa: i lunghi lamenti funebri ora inneggiano ora denigrano il mare, che dà la vita ma anche la toglie. I vecchi, il padre, le donne, che innalzano preghiere, lamenti e parole di conforto sono protagonisti secondari del poema: interpreti principali sono la morte ed il silenzio impossibile del mare. Nel 1961 vengono pubblicati Poesie 1930-1960 I, e Poesie 1930-1960 II, primo volume (528 pp.) e secondo volume (480 pp.) nei quali sono raccolte le poesie composte nell'arco di un trentennio (edite ed inedite).

In Testimonianze I sono raccolti 80 componimenti poetici di varia natura e di svariati argomenti scritti tra il 1957 e il 1963. Nel 1963 Ritsos pubblica anche le sue Dodici poesie per Kavafis: interessante saggio poetico in versi sulla produzione dell'Alessandrino, tanto diverso nella sua stringatezza espressiva dal poeta di Monemvasià. Testimonianze II contiene invece 110 brevi poesie composte durante il periodo tra il 1964 e il 1965. I primi anni Sessanta sono caratterizzati in Grecia da una grande incertezza politica: nel corso di quattro anni (1961-64) si svolgono ben tre tornate elettorali e, nel biennio 1965-67, si alternano quattro primi ministri. L'assassinio del deputato Grigorios Lambrakis nel maggio del 1963 (fatto che avrà una dimensione internazionale anche grazie al romanzo di Vasilis Vasilikòs, divenuto film-culto negli anni Sessanta-Settanta, (Zeta, l'orgia del potere, del regista Costas Gavras) viene cantato anche da Ritsos, il quale interpreta il suo sgomento nel Lamento funebre di Maggio. Tale situazione preparò il terreno e favorì l'avvento al potere della giunta militare, il 21 aprile del 1967. Ritsos di nuovo è costretto a subire l'umiliazione dell'esilio, inizialmente nella desolata e ventosissima isola di Ghiaros, quindi a Leros ed in ultimo a Samos. IV fase: dal 1967 al 1990. Dagli anni della dittatura alla morte

Ritsos affronta questa ulteriore sventura a testa alta, sopportando i soprusi e continuando ad usare la penna ed il pennello come unica arma contro ogni forma di privazione della libertà. Negli anni Settanta ed Ottanta, grazie anche al clima generale creatosi in seguito al Maggio francese, la sua fama raggiunge anche molti paesi stranieri e gli vengono attribuiti diversi premi e riconoscimenti internazionali. Nonostante le dure condizioni imposte dall'esilio, Ritsos riesce a essere particolarmente produttivo: le poesie di questo periodo costituiscono ben 35 raccolte. Per ricordare solo alcuni dei testi più noti di questi anni: Diciotto canzonette per la patria amara (più volte tradotte anche in italiano, in distici di decapentasillabi non rimati, scritte a Leros in un unico giorno, il 16 settembre 1968, dopo aver ricevuto un messaggio da parte di Theodorakis che lo pregava di scrivere qualcosa di nuovo per la sua

Page 38: Storia Della Lingua Greca

- 38 -

musica: queste brevi poesie grazie alla musica sono diventate per i greci dell'ultimo scorcio del Novecento un specie di “inno nazionale” contro la dittatura dei colonnelli); crea i componimenti che rivisitano i miti greci antichi, poi confluiti in Quarta Dimensione, come Agamennone; Aiace; Elena; Ismene; Il ritorno di Ifigenia; Crisotemi; Filottete; Oreste; Fedra. Uno dei poemetti più significativi è La distruzione di Milos, scritto a Samos nel 1969 e pubblicato ad Atene nel 1974, inserito nella raccolta di vari autori intitolata 18 NUOVI TESTI, antologia di autori dissidenti contro il regime militare, nel quale Ritsos rivive il famoso evento storico dell'annientamento della popolazione di Milos operato dagli ateniesi colti e civili del 416 a. C.: la storia si ripete e Ritsos sembra tra l'altro prevedere l'imminente catastrofe dell'invasione turca di Cipro (del 1974), anticipando quanto scriverà per l'occasione in Inno e lamento per Cipro ( {Umno" kai; qrh``no" gia; th;n Kuvpro); si dedica alla stesura de La rete, lungo poema composto a Samos tra l'agosto ed il settembre del 1970; ed ancora scrive le poesie poi raccolte in Corridoio e scala (1970); Portineria (1971)iii; Le poesie di carta; Cenni; Il muro dentro lo specchio; compone i centoventi poemetti di argomento classico della raccolta Ripetizioniiii, che fa parte del trittico Pietre, Ripetizioni, Sbarre; i lunghi poemi dal senso oscuro ma dal febbrile ritmo fonico, traboccanti di immagini concrete perfettamente immerse in contesti reali (o realistici) intitolati Campanile (circa 370 versi) e Graganda. Quest'ultima opera, composta nel 1972, ha come titolo una parola inventata ed incomprensibile: criptico rimane anche il senso generale del poema, volutamente articolato in immagini, suoni, connessioni di tipo surrealistico ed immaginifico, un fiume in piena di parole, uno stridente contrasto tra le immagini cristalline ed il senso fangoso dell'insieme. Ritsos presumibilmente desidera rendere evidente quanto sia impossibile e necessario parlare ed esprimersi anche durante gli anni di severa, cieca ed ignorante censura, ed intende continuare a parlare comunque, anche a costo di servirsi di immagini forzate e travestite, anche a costo di sembrare un interprete di sogni o un predicatore nel deserto. Una delle raccolte più importanti di questo periodo è intitolata Givgnesqai (presente dell'infinito givgnwmi = essere, diventare, forma non in uso nel greco moderno, ma perfettamente comprensibile ad ogni greco anche di poca cultura, dal momento che è rimasta nel greco ecclesiastico). Vi sono compresi testi come Il capolavoro mostruoso -memorie di un uomo tranquillo che non sapeva nulla, costituito da più di 1200 versi, dedicato ad Aragon, opera considerata come poema autobiografico, una sorta di curriculum poetico, una specie di storia spirituale di una generazione. In questo caso il lettore non è costretto ad interpretare codici cifrati: Ritsos parla apertis verbis cercando la complicità di chi ha vissuto le stesse esperienze ed è stato spettatore o interprete degli stessi eventi storici. Tuttavia proprio perché il terreno è quello della memoria e del ricordo, anche qui le immagini appaiono talvolta connotate da un vago alone onirico.

Dopo la dittatura ottiene vari riconoscimenti all'estero (si ricordino tra gli altri il Premio Taormina nel 1976 e il Premio Lenin a Mosca del 1977); ma anche in Grecia riceve onori ufficiali (la laurea honoris causa ad Atene nel 1987 si aggiunge a quelle già conseguite presso le Università di Salonicco, Birmingham e Lipsia). Ritsos viaggia anche in Italia (alcuni dei suoi ricordi dei viaggi in Sicilia, Firenze, Siena, Venezia, Costa Amalfitana, Roma e Milano, si trovano nel Trittico italiano: Trasfusione (premiato nel 1978 a Mondello); Il mondo è uno (dedicato a Nicola Crocetti)iii; La statua nella pioggia, pubblicato nel 1981), nel 1980 escono in Italia (in un'edizione bilingue “All'insegna del pesce d'oro”) i versetti Monocordi, che pochi mesi dopo verranno pubblicati anche in Grecia. Nel 1984 viene pubblicata la raccolta Epinici, alla quale appartiene il poema Il funambolo e la luna, composto nel 1982.

Ritsos ha avuto un rapporto particolarmente stretto con l'Italia: pur non essendo un gran viaggiatore all'estero (solo alcune visite nei paesi dell'Europa dell'Est e a Cuba e in Inghilterra in occasione della laurea honoris causa all'Università di Birmingam) ha visitato più volte il nostro paese, grazie alla grande amicizia che lo legava a Nicola Crocetti. La notorietà in patria lo aveva reso riconoscibile per la strada: in Italia Ritsos poteva godersi il piacere di passeggiare anonimamente tra la folla, come un turista comune (anche se, come ricorda Crocetti, anche qui gli studenti greci lo riconoscevano e lo salutavano). Accanto alla produzione in versi Ritsos è autore anche di una poderosa opera narrativa (nove volumi sono quasi un'unica opera come lo stesso titolo complessivo dichiara: Iconostasi di Santi Anonimi, 1983-86), di vari saggi critici sulla poesia di Hikmet, Éluard, Majakovski, di alcuni libri per bambini, di traduzioni poetiche, di rendiconti di viaggi, di articoli giornalistici.

Ghiannis Ritsos muore l'11 novembre 1990 ad Atene, un mese prima che l'Unione Sovietica cessi ufficialmente di esistere. La raccolta postuma Tardi, molto tardi nella notte, l'ultima con la revisione dell'autore prima della pubblicazione, è arrivata in libreria nel 1991. Ha lasciato cinquanta raccolte

Page 39: Storia Della Lingua Greca

- 39 -

inedite, alcune delle quali sono state pubblicate negli ultimi anni. Postumi sono stati editi anche gli tre ultimi volumi delle Poesie, 1972-74; 1975-1976; 1976-1977.

Poeta molto amato e molto discusso, molto fecondo e troppo vasto per esser compreso a pieno, Ghiannis Ritsos è una delle voci della poesia greca del Novecento più conosciute all'estero. Come già accennato, hanno contribuito alla sua fortuna l'impegno politico, la quasi inesauribile vena poetica, la musica di Mikis Theodorakis. Parallelamente questi stessi elementi sono stati (e sono tuttora) anche causa di critiche negative. La sua produzione poetica è costituita fino ad oggi da 15 volumi, per un totale di più di cinquemila pagine di grande dimensione. Quando verrà ultimata la pubblicazione dei suoi inediti (se la poesia si potesse contare a migliaia di pagine) dovrebbe superare le 6500 pagine, alle quali bisogna aggiungere diversi romanzi, ed un numero ancora imprecisato di interventi su giornali e riviste. Affrontare quindi un discorso introduttivo sull'attività letteraria di Ritsos non è un'impresa semplice: un tale oceano di parole sgomenta e affascina anche il più appassionato dei suoi interpreti. Nel momento in cui sembra che la sua produzione poetica abbia raggiunto un'unità appare improvviso un altro scenario, un'altra piega dell'anima, un'altra combinazione di immagini e suoni. Per capire (nel senso etimologico del verbo, da capio), per comprendere la produzione poetica di Ritsos inoltre non è sufficiente solo inoltrarsi nel vasto fluire delle sue parole ma bisogna anche aver visto qualche suo manoscritto: la sua calligrafia è una rivelazione, tanto quanto la scoperta della sua poesia. Ritsos infatti aveva un modo raffinatissimo e complesso di vergare le lettere, un articolato ed arzigogolato ductus della penna, che ad occhio inesperto può sembrare quasi un disegno. Anche le pietre che dipingeva durante gli anni in esilio sono una significativa manifestazione artistica di un animo traboccante. Negli ultimi anni della sua vita Ritsos non appariva rassegnato al trascorrere del tempo: debole, rugoso, visibilmente provato dalle varie malattie e dalle difficoltà che la vita gli aveva imposto, il poeta non voleva dimenticare di esser stato anche un bell'uomo e un ballerino. La sua fragilità si manifestava in una debolezza da piccolo borghese: barba e capelli mostravano evidenti tracce di tintura. Un modo quasi commovente di ingannare sé stesso, gli altri e soprattutto il nemico feroce del tempo che scorre. Il poeta impegnato, simbolo di una sinistra combattuta e ostacolata, protagonista di eventi storici drammatici, era attratto da piccole ed insignificanti cose di gusto discutibile.

Non tutti però, negli ultimi anni della sua vita, manifestavano benevolenza nei suoi confronti, anzi talvolta qualcuno riteneva ridicolo il suo travestirsi ancora da “bardo della sinistra”, soprattutto in un'epoca in cui la Grecia cambiava vertiginosamente, tentando di integrarsi il più possibile nell'occidente, e cercando di livellare e di smussare le asprezze politiche e storiche che avevano creato un'assoluta incomunicabilità tra le parti politiche fino a poco più di un decennio prima, durante la dittatura. In un periodo in cui la destra cercava di crearsi una nuova verginità politica, presentandosi come una fazione liberale e conservatrice e la sinistra prendeva nettamente le distanze dall'area integralista comunista, Ritsos appariva fuori dalla realtà ed ancorato ad un passato, ancora vivo e troppo recente per esser sopito, ma troppo ingombrante per essere completamente e serenamente accolto. Se non si mette in discussione il ruolo primario di Ritsos nella storia letteraria greca del Novecento è essenzialmente perché egli si è imposto grazie anche alla tradizione orale dei suoi versi che, con il sostegno della musica, appartengono alla memoria collettiva di intere generazioni. Cantore della libertà Ritsos mantiene tuttavia il suo posto come poeta politico, e tale etichetta grava su una serena e complessiva valutazione critica della sua attività letteraria.

Lingua Neogreca I Martedì 4.4.2006 Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lezione di Lucia Marcheselli Loukas: La questione della lingua in Grecia tra Otto e Novecento.

Lingua Neogreca I Mercoledì 5.4.2006 Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Page 40: Storia Della Lingua Greca

- 40 -

I prestiti dal francese e dall'inglese nel neogreco di oggi. Riepilogo generale sulla questione della lingua. Criteri per esami e prove

Criteri per valutazione conoscenza linguistica I livello: capire una conversazione di base fra due parlanti naturali, un testo semplice con temi conosciuti, diversi annunci sulla stampa, alla radio, alla televisione o in ambienti pubblici, comunicare o scambiare informazioni di base, essere in grado di scrivere semplici e brevi testi. Scrivere sotto dettatura un testo semplice (controllo ortografia). Tradurlo in italiano. Compilare alcuni esercizi di grammatica. Rispondere a semplici domande usando terminologia studiata in classe (famiglia, studio-lavoro, provenienza, condizioni climatiche, orari, agenzie di viaggio, mercato, informazioni stradali...) e creare dialoghi immaginari in forma orale. Leggere un breve testo su argomenti trattati in classe ed essere in grado di riprodurne sinteticamente il contenuto in greco. Uso attivo delle forme grammaticali affrontate nel corso delle esercitazioni linguistiche II livello: Capire dialoghi fra due o tre persone; oltre alle abilità indicate nel primo livello, bisogna capire i particolari di alcuni temi specifici, annunci su giornali, informazioni per l'uso di particolari strumenti (elettrodomestici, ricette, bugiardino...), essere in grado di scrivere una lettera di carattere privato, di scrivere sotto dettatura un testo breve, corretto dal punto di vista ortografico (e di tradurlo in italiano); essere in grado di esprimere le proprie necessità, di affrontare verbalmente diverse specifiche situazioni (a livello amichevole e a livello ufficiale), esprimere opinioni personali in forma scritta ed orale. Compilare in forma corretta alcuni esercizi di grammatica su argomenti trattati in classe. Leggere un breve testo ed essere in grado di riassumerlo oralmente. Uso appropriato delle forme passive III livello Capire conversazioni fra diverse persone; sostenere conversazioni su diversi argomenti esponendo le proprie idee e il proprio punto di vista; dare informazioni personali e ufficiali; tradurre in italiano un testo breve tratto da un libro o da un giornale; essere in grado di usare, sia in forma scritta che in forma orale, un lessico ampio e specifico; comporre un breve testo su un argomento di vita quotidiana, su una fatto di cronaca, su una figura storica o letteraria, su esperienze personali, ecc. Valutazione grammatica= valutazione dell'assimilazione e precisione nell'uso lessico = considerazione dell'uso appropriato delle parole abilità nel gestire il discorso (scritto e orale) capacità di interagire =con il testo scritto, in una conversazione uso fluente e scorrevole del discorso scritto e orale pronuncia leggere, scrivere, parlare e ascoltare

schema valutazione

Page 41: Storia Della Lingua Greca

- 41 -

insufficiente sufficiente 18-22 mediocre 22-25 buono 26-27 molto buono 28-29 ottimo 30 e 30 e lode sviluppo delle 4 abilità: leggere, scrivere, ascoltare e parlare capacità di organizzare un discorso usando le conoscenze teoriche e culturali (cioè contenuti della disciplina).

Lingua Neogreca II e III

Lunedì 20.2.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Formazione della lingua greca Lettura, analisi, traduzione e commento del capitolo H diamovrfwsh th" ellhnikhv" glwvssa", di A. F. Christidis, dal volume ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS, III ed., a cura di M. Z. Kopidakis, ELIA, Atene 2000

Uso del passivo, proposizioni causali, numerali ed ordinali, le date, superlativi, congiuntivi, lessico. diamorfwvqhke 13o ai. p. C.

na shmeiwqeiv

uposthrivcqhke

.... tevtoia" evktash" wvste ...

apwvtath

Page 42: Storia Della Lingua Greca

- 42 -

aparchv na topoqethqeiv

Lingua Neogreca II e III

Martedì 21.2.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Formazione della lingua greca Continuazione della lettura, analisi, comprensione testuale, traduzione e commento del capitolo H diamovrfwsh th" ellhnikhv" glwvssa", di A. F. Christidis, dal volume ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS, III ed., a cura di M. Z. Kopidakis, ELIA, Atene 2000 Il greco in età classica Il greco in età romana. Il greco dei Vangeli. I neutri in o", (gevno", lavqo", gegonov", evqno") I comparativi. Il condizionale (qa prevpei... L'apofonia. Il verbo -POIEW, la sua evoluzione in greco moderno ed i suoi composti (pistopoiwv, crhsimopoiwv...)

Page 43: Storia Della Lingua Greca

- 43 -

L'aggettivo sostantivato. La formazione del nominativo singolare NG dall'accusativo singolare GA.

Lingua Neogreca II e III

Mercoledì 22.2.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

H diamovrfwsh th" ellhnikhv" glwvssa", di A. F. Christidis, dal volume ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS, III ed., a cura di M. Z. Kopidakis, ELIA, Atene 2000, pp. 20-21 escluso l'ultimo paragrafo (sulle particolarità del greco all'interno della famiglia linguistica dell'indoeuropeo). Lessico fondamentale, principali strutture sintattiche.

Il greco come lingua comune durante i primi secoli del cristianesimo: la traduzione dei Settanta e il greco del Nuovo Testamento. Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale della voce H koinhv diaqhvkh, di M. Paputsakis, pp. 110-111 in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS. Confronto tra il passo del Vangelo di Marco 15, 34-35 e Matteo 27, 46-47.

Page 44: Storia Della Lingua Greca

- 44 -

Lingua Neogreca II e III

Lunedì 27.2.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale della voce H Kainhv Diaqhvkh, di M. Paputsakis, pp. 110-111 in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS.

La lingua greca dei Settanta e dei Vangeli.

Introduzione alla questione della pronuncia erasmiana.

Lingua Neogreca II e III

Martedì 28.2.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Page 45: Storia Della Lingua Greca

- 45 -

Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale della voce H Erasmiakhv Proforav, di Ch. Charalambakis, pp. 124-125 in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS.

Erasmo da Rotterdam La trascrizione del greco in latino Le semplificazioni fonetiche Ortografia schema pronuncia Pronuncia itacista o pronuncia iotacista

Lingua Neogreca II e III

Mercoledì 1.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale della voce H Erasmiakhv Proforav, di Ch. Charalambakis, pp. 124-125 in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS. * Adamantios Koraìs (Smirne 1748-Parigi 1833): il padre Ioannis è un mercante colto, il nonno materno possedeva una ricca biblioteca; 1771 Amsterdam, l'Olanda dell'epoca è una potenza economica e un centro intellettuale molto vivace, vi si

Page 46: Storia Della Lingua Greca

- 46 -

pubblicavano libri che altrove erano vietati. Nel diario di un mercante greco (Ioannis Prinkos) ad Amsterdam si legge una invocazione alla liberazione del Gevno": ajshvkose Qeve evnan avllo Alevxandron. Informazioni sulla vita giovanile dall'amico Stamatis Petru. 1777 lascia Amsterdam e si reca a Lipsia, Vienna, Trieste, Venezia. Ritorna per un periodo di quattro anni a Smirne. 1782 a Montpellier per studiare medicina. Studia filosofia ed i classici greci. Nel 1788 si reca a Parigi con la laurea di dottore in medicina. - 1796 lavora all'edizione dei Caratteri di Teofrasto (pubblicati nel 1799): l'edizione viene dedicata agli insorti delle isole Ionie e all'entusiasmo per l'arrivo di Napoleone; 1800 Ippocrate. - Traduce Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (pubblicata nel 1802) - Dialoghi: Tiv prevpei na; kavmwsin oiJ Graikoi; kata; ta;" parouvsa" peristavsei" Diavlogo" duvo Graikw``n, o{tan h[kousan ta;" lampra;" nivka" tou`` aujtokravtoro" Napolevonto" (esorta i greci a sostenere le imprese di Napoleone) - 1804 pubblica le Etipioche di Eliodoro, 1805 inizia a dare alle stampe l'Ellinikì Vivliothiki.- Esopo, Marco Aurelio, Aristotele, Longo Sofista, Polieno, Iliade (Papatrechas). - 1821 per Koraìs la rivoluzione scoppia troppo presto (pro; tou`` prevponto" kairou``): egli è contrario alla "rivoluzione" avrebbe preferito una anakaivnish, cioè un rinnovamento (un rinascimento) - Koraìs studia i testi in greco medievale (Ptochoprodromos, edizioni a stampa cinquecentesche, romanzi) per interesse essenzialmente linguistico. - Grande importanza l'educazione e la formazione, crede infatti che persino la virtù si possa insegnare ed apprendere attraverso lo studio di testi appropriati. - Koraìs crede che il nuovo teatro greco alimenta negli animi il desiderio di rinascita della Grecia, - Importanza della formazione e della scuola, di ogni genere di scuolaiii.- Ispira la pubblicazione della prima rivista letteraria greca LOGIOS ERMHS (Vienna) - Posizioni relative alla lingua: La lingua è possesso dell' evqno". Di questo patrimonio godono tutti i membri del popolo con uguaglianza democratica. Apo; to; kth``ma tou``to metevcoun ovla ta mevlh tou evqnou" me dhmokratikhv isovthta. Lingua dotta e lingua popolare: né conservatorismo né innovazione: via di mezzo lingua parlata epurata ed arricchita (=lingua artificiale=kaqareuvousa)Traduce Tirteo, ma si sente troppo vecchio per l'azione. Grande raccolta di lettere (ce ne sono rimaste solo 1300: affronta problemi di natura filosofica, lingusitica, storica, storica-letteraria, politica): scrive in modo appassionato, con uno stile ricco e vivace, con buone dote narrative ed espositive O PAPATRECAS, satira contro i cattivi sacerdoti, una specie di romanzo, scritto come introduzione alla sua edizione dell'Iliade. Viene considerato uno dei primi

Page 47: Storia Della Lingua Greca

- 47 -

"romanzi" neogreci Autobiografia (scritta all'età di ottant'anni): essenziale, senza fronzoli retorici, schietta. Corrispondenza

Lingua Neogreca II e III

Lunedi 6.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale della voce H koinhv laliav, p. 102 in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS.

Rapporti fra Arabi e Greci: cultura e lingua. Elisavet Zachariadu

Page 48: Storia Della Lingua Greca

- 48 -

Lingua Neogreca II e III

Martedì 7.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Il lessico della Koinè. Variazioni semantiche. Etimologie. Origine della parola "arabo". Cenni sui rapporti storico-culturali, linguistici, tra Bisanzio e gli arabi. Mediazioni linguistiche e prestiti di ritorno Quali parole filtrano da una lingua ad un'altra e perché. Quando ed in quali circostanze il greco ha accettato trasformazioni e importato parole straniere. Rapporti tra Bisanzio e gli slavi Bisanzio e i franchi Bisanzio e i turchi

Page 49: Storia Della Lingua Greca

- 49 -

Lingua Neogreca II e III

Martedì 8.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale del capitolo sui rapporti storico-linguistici e culturali tra i greci e gli arabi in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS. Incerta etimologia della parola Arabo, Arabia. Prime testimonianze del termine. Presenza di parole di origine greca in arabo e ritorno delle parole greche "arabizzate" nel greco tramite la mediazione turca Le Mille e una notte Sintipas il marinaio (Sinbad): edizione in italiano a cura di Fabrizio Conca, Novelle bizantine, edizioni Bur, Rizzoli, Milano 2004-5

Importanza degli arabi per la trasmissione in Occidente del pensiero scientifico

Lingua Neogreca II e III

Page 50: Storia Della Lingua Greca

- 50 -

Mercoledì 9.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale del capitolo sui rapporti storico-linguistici e culturali tra Bisanzio e gli slavi in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS: To Buzavntio kai oi Slavboi, pp. 172-173 a cura di Magdalinì Parcharidu. Reciproche influenze linguistiche. Parole slave nel lessico greco (Costantino)-Cirillo e Metodio Nell'863, sotto gli auspici del patriarca FOZIO, l'imperatore MICHELE III Convocati a Roma dal papa Costantino-Cirillo vi morì, mentre il fratello partì per evangelizzare le popolazioni di lingua slava. Morì a Costantinopoli nell'885. *******

Lingua Neogreca II e III Lunedì 13.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale del capitolo sui rapporti storico-linguistici tra il greco ed il turco in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS: To Buzavntio kai oi Slavboi, pp. 176-177 ******

Lingua Neogreca II e III Martedì 14.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale del capitolo sui rapporti storico-linguistici tra il greco ed il turco in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS

Lingua Neogreca II e III Mercoledì 15.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Page 51: Storia Della Lingua Greca

- 51 -

Lettura, analisi, commento linguistico e grammaticale del capitolo sui rapporti storico-linguistici tra il greco ed il turco in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS

Tsigkouvnh" sictivr sictirivzw casiklhv" casiklouv

cativri catzilivki cagiavti cavzi cazov" cazeuvw cazomavra cazompampav" cazobiovlh"

calbav"

caliv

cavli cavlia

camavlh"

Lingua Neogreca II e III Lunedì 20.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Ancora su Solomòs e la lingua dell'Eptaneso

Page 52: Storia Della Lingua Greca

- 52 -

Lettura analisi e traduzione della voce D. SOLOMOS KAI EPTANHSIAKH LOGOTECNIA in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS, pp. 252-253, a cura di G. Kechaghiglou.

La lingua letteraria ad Atene in seguito alla formazione del Regno di Grecia.

Lingua Neogreca II e III Martedì 21.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Povsh kaqareuvousa epitrevpei h dhmotikhv… articolo tratto dal giornale TO BHMA.

Page 53: Storia Della Lingua Greca

- 53 -

Elementi di kaqareuvousa presenti nel greco standard di oggi. Rapporti tra lingua dotta e lingua popolare. Cenni sull'evoluzione storico-linguistica del greco

Lingua Neogreca II e III Mercoledì 22.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

La letteratura dello stato libero La lingua della scuola di Atene Lettura analisi e traduzione della voce H GLWSSA THS AQHNAI>KH SCOLHS, in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS, pp. 256-257, a cura di N. Vaghenàs

Page 54: Storia Della Lingua Greca

- 54 -

Lingua Neogreca II e III Lunedì 27.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

sostituzione dott. Federica Ferrieri Il caso letterario di G. P. Pelecanos

Lingua Neogreca II e III Martedi 28.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Lettura analisi e traduzione della voce O Giavnnh" Yucavrh" kai o Dhmotikismov" in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS, a cura di A. Dimaràs

Ghianni Psicharis (nato ad Odessa 1854) di origine chiota, cresciuto a Costantinopoli, studia in Germania, diventa professore di glottologia a Parigi. Visita la Grecia per la prima volta nel 1886.

Lingua Neogreca II e III Mercoledi 28.3.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lezione sospesa per Consiglio di Dipartimento Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente

Page 55: Storia Della Lingua Greca

- 55 -

Lingua Neogreca II e III Lunedì 3.4.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Le traduzioni in volgare all'inizio del Novecento e le loro conseguenze. Le cinque (o sei) diverse forme di lingua greca tra le due Guerre mondiali, a cura di D. Gheorgudis, in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS,, pp. 276-277 Il sistema monotonico I prestiti del francese e dell'inglese nel greco di oggi. ***** Manolis A. Triandafillidis, Piccola Grammatica Neogreca (tit. orig. Mikrhv Neoellhnikhv Grammatikhv ) traduzione a cura di Maria Caracausi, Università Aristotele di Salonicco, Istituto di Studi Neogreci (Fondazione Manolis Triandafillidis), Salonicco 1995, pp. XV+268. Nel 1949 Manolis A. Triandafillidis (1883-1959, professore di Glottologia all'Università di Salonicco dal 1926 al 1932) diede alle stampe la Mikrhv Neoellhnikhv Grammatikhv, pubblicata anche in italiano con qualche indispensabile modifica. Il volume è un compendio della Grammatica della Lingua Greca Demotica, la cui prima edizione, del 1941, era stata curata da un gruppo di studiosi sotto la guida dell'illustre glottologo. L'opera di Triandafillidis non venne accolta semplicemente come uno strumento per lo studio della lingua, ma costituì un preciso e coraggioso atto politico. Potrebbe sembrare strano che una grammatica abbia svolto tale ruolo soltanto se non si prende in considerazione il contesto storico-culturale della Grecia moderna: la questione della lingua, come è noto, ha assunto fino ai nostri giorni una forte valenza politica. Il problema dell'uso della lingua (katharevusa o dimotikì, lingua dotta ed epurata o lingua

Page 56: Storia Della Lingua Greca

- 56 -

parlata e volgare) non ha coinvolto solo un ristretto gruppo di intellettuali o di filologi, bensì è stata una vera questione, quasi una “guerra” con due avversi schieramenti. Impossibile, in una breve scheda bibliografica, tentare una se pur minima ricostruzione della complessa situazione linguistica del greco (basti solo pensare a parole come “dialetti”, “koinè”, “diglossia”) o analizzare in sintesi il glwssikov zhvthma. In maniera sommaria si può soltanto accennare allo stato della questione della lingua nel nostro secolo, ricordando alcune date significative: all'inizio del '900 la traduzione in demotico del Vangelo provoca disordini in piazza; nel 1907 Gheorghios Skliròs (pseudonimo di Gheorghios Tangopulos) nel suo saggio To koinwnikov ma" zhvthma discute la questione della lingua all'interno di una prospettiva socio-politica di stampo marxista; nella Costituzione del 1911 la katharevusa venne proclamata lingua ufficiale in chiara opposizione alla lingua demotica, lingua della prosa e della poesia nazionale; nel 1916 il Primo Ministro, Elefterios Venizelos, affida ad una commissione di glottologi (Glinòs, Delmuzos e Triandafillidis) un programma di riforme per introduzione dello studio scolastico della dimotikì, subito dopo la Prima Guerra Mondiale il progetto, solo in parte avviato, dovette essere sospeso; sotto la dittatura di Pànkalos (1925-26) i professori dimoticisti vengono perseguitati, alcuni anche irradiati dall'insegnamento; nel periodo successivo, fino all'avvento della dittatura di Metaxàs nel 1936, i sostenitori della lingua demotica vengono ritenuti tout court “comunisti” (il dittatore, però, diede incarico a M. Triandafillidis e ai suoi collaboratori di compilare una grammatica della dimotikì.); durante l'occupazione tedesca, nel 1942, l'illustre filologo Ioannis Kakridìs viene processato per aver stampato saggi in greco demotico; dopo la Seconda Guerra Mondiale seguono gli anni difficilissimi della Guerra Civile, in cui la questione della lingua -pur mantenendo la sua vitalità- assume un ruolo non predominante nella vita collettiva del Paese. Solo nel 1957 viene stabilito che nelle scuole venisse insegnata sia la katharevusa che la dimotikì. Nel 1964-65 caduta la Destra, e salito al potere il Centro-Sinistra guidato da Gheorghios Papandreu, la dimotikì viene considerata “mezzo espressivo di tutti i greci” e lingua nella quale doveva essere impartito l'insegnamento a tutti i livelli. Tale mutamento politico fu di brevissima durata e non poté essere avviato: il colpo di stato del 21 aprile 1967 fece cambiare nuovamente rotta. Durante la dittatura dei colonnelli guidati da Papadòpulos (1967-1974) la katharevusa è ancora una volta la lingua ufficiale ancora in tempi a noi piuttosto vicini; ristabilito il regime democratico, la legge 309 del 23.1.76 sancisce la legittimità della lingua demotica nell'insegnamento; nel 1982, con Decreto Presidenziale, viene adottato il sistema monotonico, cioè il nuovo sistema accentuativo:

Page 57: Storia Della Lingua Greca

- 57 -

gli spiriti dolci ed aspri e gli accenti circonflessi scompaiono per legge dai testi della Pubblica Amministrazione e da quelli degli Istituti di Istruzione. Dal 1985 poi è stata avviata la traduzione in demotica della legislazione greca: la storia infinita fra katharevusa (greco basato non sulla grammatica della lingua parlata ma sul greco antico) e dimotikì è stata, almeno formalmente, risolta a favore di quest'ultima. Tuttavia, come si osserva anche attraverso l'incompleto e succinto quadro presentato, la soluzione definitiva di una così lunga querelle non può essere trovata con disposizioni di leggeiii.

Da questa breve sintesi della questione si può desumere che, per i greci, la Grammatica di Triandafillidis, prima di essere un manuale nel quale sono codificate le regole della lingua, è un libro “storico”. Dalla sua pubblicazione ad oggi è stato il testo base del greco moderno, il punto di riferimento per la codificazione del greco parlato, del greco vivo. Il volume, con qualche modifica, è tuttora utilizzato nel sistema della pubblica istruzione greca. L'Istituto di Studi Neogreci dell'Università di Salonicco, oggi intitolato alla memoria di Manolis Triandafillidis, ha approvato un piano per la diffusione della lingua greca moderna ed ha finanziato la traduzione dell'opera che, prima e meglio di ogni altra, ha contribuito alla corretta diffusione della lingua greca moderna nella stessa Grecia. La traduzione di Maria Caracausi si aggiunge quindi alle altre traduzioni dell'opera già pubblicate o in preparazione (in albanese, bulgaro, francese, georgiano, inglese, rumeno, russo, serbo, spagnolo, tedesco). La Piccola Grammatica è stata ideata per agevolare i giovani greci nel corretto apprendimento della loro lingua madre, pertanto, una sua trasposizione in lingua straniera non risulta sempre facile, dal momento che il destinatario della traduzione ha un background culturale del tutto diverso da quello del testo greco. Nell'edizione greca vi è, infatti, un'introduzione allo studente nella quale si legge testualmente: Il libro che tieni in mano è la Grammatica della lingua che senti dovunque: a casa, tra i tuoi compagni, a scuola. Anche tu parli questa lingua: con essa esprimi la tua gioia, i tuoi dispiaceri, i tuoi pensieri. È una lingua piena di forza e di vita. La stessa che parlarono i nostri padri e i padri dei padri... Le sue origini si perdono nel profondo della nostra storia. ...iii. Risulta chiaro, quindi, che il libro è nato come sussidio per la formazione scolastica greca di grado elementare e medio. La traduzione italiana si rivolge invece essenzialmente ad adulti che intendono conoscere come seconda lingua il greco moderno. Il volume è quindi un ottimo sussidio normativo, tuttavia, senza il supporto di altri strumenti, non consente di imparare in maniera attiva il greco moderno. L'opera,

Page 58: Storia Della Lingua Greca

- 58 -

preziosa per chiunque nutra interessi nei confronti della lingua greca, è così strutturata: dopo le introduzioni (a cura dell'Istituto di Studi Neogreci dell'Università di Salonicco, dello stesso Triandafillidis all'edizione del 1949, e della curatrice) viene presentato un sintetico quadro storico-linguistico. Segue quindi la prima parte in cinque capitoli (suoni e lettere pp. 9-16; parole e sillabe pp. 17-19; accento pp. 20-25; segni ortografici pp. 26-37; fenomeni fonetici pp. 38-49). Il capitolo relativo all'accento è stato riadattato dall'Istituto di Studi Neogreci in seguito alla riforma ortografica del 1982, che ha abolito il sistema “politonico” imponendo quello “monotonico”. Nella seconda parte, costituita da otto capitoli, si affronta la parola nei suoi diversi aspetti: origine delle parole (pp. 50-53); formazione delle parole (pp. 54-56); derivazione (nozioni generali, parole derivate e parole composte, capp. III, IV, V pp. 57-96); significato (cambiamento di significato, omonimi, paronimi, sinonimi, equivalenti, idiotismi, detti proverbiali e nomi propri, capp. VI, VII, VIII, pp. 97-108). La morfologia occupa la terza e più consistente parte del manuale (pp. 109-249). La materia della terza parte è suddivisa nelle due sezioni di base: parti variabili (articolo pp. 112-113; sostantivo pp. 114-149; aggettivo pp. 150-181, verbo pp. 182-235) e parti invariabili del discorso (avverbi pp. 237-242; preposizioni pp. 243-245; congiunzioni pp. 246-247; interiezioni pp. 248-249). Seguono gli indici dei termini grammaticali (italiano pp. 253-260, greco pp. 261-268). Maria Caracausi, grazie alle sue conoscenze del greco sia moderno che antico, ed alla sua esperienza didattica, è riuscita in maniera eccellente ad offrire agli italiani un testo fondamentale per la conoscenza delle strutture grammaticali del greco moderno. La T. ha aggiunto, quando lo ha ritenuto opportuno, alcune note (si veda ad esempio la giustificazione delle scelta di sinalefe, sinizesi e sinecfonesi : la T. dice che per una maggiore aderenza al testo ha adoperato tali termini anche se non corrispondono esattamente alla terminologia italiana usata per la prosodia classica pp. 38-39). A p. 110 traduce con “caratteristica” il termine carakthvra", usato in greco per indicare l'ultimo suono del tema. In nota viene osservato che “caratteristica” non assume in italiano tale accezione. Si poteva forse tradurre in modo diverso?

Lingua Neogreca II e III Martedì 4.4.2006 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lezione di Lucia Marcheselli Loukas su La questione della lingua in Grecia tra Otto e Novecento.

Page 59: Storia Della Lingua Greca

- 59 -

Lingua Neogreca II e III Mercoledì 5.4.2006 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Lettura analisi e traduzione della voce H glwvssa shvmara. Davneia th" neoellhnikhv", in ISTORIA THS NEOELLHNIKHS GLWSSAS, a cura di Anna Anastasiadi Simeonidi, pp. 332-333 presentazione criteri per gli esami e riepilogo generale del programma svolto.

Criteri per valutazione conoscenza linguistica I livello: capire una conversazione di base fra due parlanti naturali, un testo semplice con temi conosciuti, diversi annunci sulla stampa, alla radio, alla televisione o in ambienti pubblici, comunicare o scambiare informazioni di base, essere in grado di scrivere semplici e brevi testi. Scrivere sotto dettatura un testo semplice (controllo ortografia). Tradurlo in italiano. Compilare alcuni esercizi di grammatica. Rispondere a semplici domande usando terminologia studiata in classe (famiglia, studio-lavoro, provenienza, condizioni climatiche, orari, agenzie di viaggio, mercato, informazioni stradali...) e creare dialoghi immaginari in forma orale. Leggere un breve testo su argomenti trattati in classe ed essere in grado di riprodurne sinteticamente il contenuto in greco. Uso attivo delle forme grammaticali affrontate nel corso delle esercitazioni linguistiche II livello: Capire dialoghi fra due o tre persone; oltre alle abilità indicate nel primo livello, bisogna capire i particolari di alcuni temi specifici, annunci su giornali, informazioni per l'uso di particolari strumenti (elettrodomestici, ricette, bugiardino...), essere in grado di scrivere una lettera di carattere privato, di scrivere sotto dettatura un testo breve, corretto dal punto di vista ortografico (e di tradurlo in italiano); essere in grado di esprimere le proprie necessità, di affrontare verbalmente diverse specifiche situazioni (a livello amichevole e a livello ufficiale), esprimere opinioni personali in forma scritta ed orale. Compilare in forma corretta alcuni esercizi di grammatica su argomenti trattati in classe. Leggere un breve testo ed essere in grado di riassumerlo oralmente. Uso appropriato delle forme passive III livello Capire conversazioni fra diverse persone; sostenere conversazioni su diversi argomenti esponendo le proprie idee e il proprio punto di vista; dare informazioni personali e ufficiali; tradurre in italiano un testo breve tratto da un libro o da un giornale; essere in grado di usare, sia in forma scritta che in forma orale, un lessico ampio e specifico; comporre un breve testo su un argomento di vita quotidiana, su una fatto di cronaca, su una figura storica o letteraria, su esperienze personali, ecc. Valutazione grammatica= valutazione dell'assimilazione e precisione nell'uso lessico = considerazione dell'uso appropriato delle parole abilità nel gestire il discorso (scritto e orale) capacità di interagire =con il testo scritto, in una conversazione uso fluente e scorrevole del discorso scritto e orale

Page 60: Storia Della Lingua Greca

- 60 -

pronuncia leggere, scrivere, parlare e ascoltare

schema valutazione insufficiente sufficiente 18-22 mediocre 22-25 buono 26-27 molto buono 28-29 ottimo 30 e 30 e lode sviluppo delle 4 abilità: leggere, scrivere, ascoltare e parlare capacità di organizzare un discorso usando le conoscenze teoriche e culturali (cioè contenuti della disciplina).

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 Mercoledì 26.4.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Storia bizantina (fino al 1453) (varie monografie in italiano, la più documentata è a cura di Ostrogovsky, Einaudi, si veda anche Bisanzio a cura di A. Ducellier, Einaudi 1988), storia dell'Impero Ottomano (fino al XX sec.) (a cura di R. Mantran, Argo 2005), storia di Venezia (fino al XVIII sec.) (varie monografie), Storia dei paesi balcanici (monografia di E. Hösch, Einaudi, Torino 2005), Storia del Mar Nero, dalle oorigini ai nostri giorni, C. King, Donzelli, Roma 2005. Per la storia più recente si vedano ad esempio le traduzioni italiane dei romanzi di Nikos Themelis (pubblicati da Crocetti). Cenni storici (millennio bizantino dalla fondazione della città 330 d.c. al 1453): Giustiniano, Eraclio VII sec. (610-641): i confini dell'impero vanno da Gibilterra all'Eufrate (periodo di massima espansione). Arabi e Bulgari minacciano l'impero. Iconoclastia dal 726-843 (con una breve interruzione). Età degli Imperatori Macedoni: Basilio II (976-1025). 1071 sconfitta delle truppe bizantine da parte dei Turchi Selguichidi a MANZIKERT (a sud di Trebisonda sul Mar Nero). In questo stesso anno anche l'ultimo possedimento bizantino in territorio italiano cade in mano ai Normanni.

Page 61: Storia Della Lingua Greca

- 61 -

Età degli imperatori Comneni. 1054 SCISMA. 1096 I Crociata. Cipro, la Morea Orientale, principato di Acaia, ducato di Atene,... ed altre regioni abitate da popolazioni di lingua greca sono sotto la dominazione straniera. 1204 IV Crociata: Costantinopoli viene assediata e occupata. Nel 1261 gli Occidentali vengono scacciati da Bisanzio. Ultima fase della storia di Bisanzio: imperatori Paleologi. 1453 Maometto II conquista Costantinopoli: impero Ottomano fino al 1924. 1461 cade Mistrà; 1522 Rodi, Adriatico-Ionio: arterie veneziane 1571, caduta di Cipro e Battaglia di Lepanto

1669 Creta passa al potere ottomano Questione d'Oriente. Espansione dell'Impero Ottomano nell'Europa Orientale fino al 1795. Ruolo della Russia in difesa delle rivolte balcaniche contro il potere ottomano. Importanti trattati di pace Carlowitz (1699), Passarowitz (1718) Kücük Kaynarci (1774)(il sultano rinuncia a possidementi alle foci del Don ed in altri territori della Russia meridionale e concede a Caterina II un accesso al Mar Nero). Principati danubiani. 1797 trattato di Campoformio Nazionalismo, rivoluzione greca 1821 1830 indipendenza della Grecia: Ottone I, Atene capitale, l'annessione delle isole Ionie, Megali Idea, Tessaglia, Creta, Salonicco. Elefterios Venizelos, Guerre Balcaniche, Prima Guerra Mondiale, Catastrofe dell'Asia Minore 1922, Seconda Guerra Mondiale, Occupazione, Guerra Civile, 1947 il Dodecanneso viene annesso alla Grecia; Anni Cinquanta, Ghiorgos Papandreu, Dittatura militare 1967-1974, 1981 Grecia in Europa. ****** Quando inizia la letteratura neogreca?

La questione delle origini della letteratura neogreca è strettamente connessa con almeno altre tre questioni: 1) cosa si intende con storia della letteratura (e quali sono i principali strumenti per

lo studio della letteratura neogreca. Si ricorderà che ogni strumento è frutto di una precisa scelta individuale dell’autore);

2) cosa si intende con l’aggettivo “neogreco”3) quanta importanza ha la storia, cioè i fatti storici, nella definizione della storia della

letteratura e quanta ne ha invece la lingua, cioè l’uso di un determinato strumento linguistico messo al servizio dell’espressione artistica (in versi e in prosa)

Elementi importanti:

1) alcune date: (fondazione di Costantinopoli 330 d. C.); XI sec., 1204, 1453, 1669, 1821, 1863-4, 1922, (per Savvidis forse va aggiunto il 1509);

Page 62: Storia Della Lingua Greca

- 62 -

2) lingua greca ha una tradizione scritta e parlata millenaria che va dall’età micenea ai nostri giorni e che la storia della lingua greca e la “questione della lingua” (to glwssikov zhvthma) (si rimanderà al recente volume di Geoffrey Horrocks, Greek: A History of the Language and its Speakers, London-New York, Longam Linguistic Library 1997) e lessicografia;

3) oralità e tradizione manoscritta: esiste un dibattito molto vivace sull’oralità e sulla trasmissione della letteratura di età medievale;

4) decapentasillabo 5) territorio e diaspora.

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 Giovedì 27.4.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Letteratura (tardo)bizantina in volgare; letteratura postbizantina in demotico; letteratura greca medievale; letteratura neogreca delle origini; letteratura protoneoellenica Gli strumenti per lo studio della letteratura neogreca Dopo il 1204 non si può più parlare (per i testi in demotico) di letteratura bizantina dal momento che diverse regioni nelle quali si parla in greco non sono più sotto il controllo politico degli imperatori bizantini. Attenzione anche al termine VOLGARE Nuovo contesto, nuova prospettiva, nuovo uso della lingua, nuovi generi letterari (invocazioni all'imperatore: Ptochoprodromos; consigli al giovane principe: Spaneas; storie di animali: Pulologos, Opsarologos, Dihvghsi" twn tetrapovdwn twn zwvwn...; canti storici o thrini; poemetti didascalisci, romanzi in versi...)

Page 63: Storia Della Lingua Greca

- 63 -

In tedesco 1971 ed in greco 1988, H. G. Beck, Istoriva th" dhmwvdou" buzantinhv" logotecniva" Monografia in greco * Storia della Letteratura neogreca a cura di K. Th. Dimaràs, apparsa per la prima volta nel 1948 e ancora oggi ripetutamente ristampata: lo studioso pone all’inizio della sua storia un capitolo sul dhmotikov tragouvdi, Canto popolare greco, introdotto da un significativo “motto” iniziale: Gli antichi vivono ancora (Oi arcaivoi zoun akovmh); Lo studioso affronta i temi ed i motivi principali di questi canti anonimi e mette in guardia gli studenti dalle raccolte. (Sottolinea quindi l’importanza di questa tradizione orale e musicale, che segna un filo rosso di continuità con il mondo antico). Nel secondo capitolo entra nel vivo della questione con il 1 romanzo-epico di Dighenìs, poema la cui origine è molto discussa, pervenutoci

in cinque redazioni posteriori; 2 la Cronaca di Morea (poema storico del XIV sec. che narra l’occupazione

franca del Peloponneso); l’Achilleide, un poema epico-cavalleresco, databile secondo D. all’inizio del XV sec., in cui il protagonista ha in comune con l’eroe omerico quasi esclusivamente il nome ed un amico di nome Patroclo, mentre ha molte caratteristiche in comune con il personaggio di Digenìs;

3 ed i cinque romanzi cavallereschi in decapentasillabi, dell’età degli imperatori Paleologi, (XIV-XV sec.)

Particolare importanza viene data nell'opera al periodo tra la fine del XVII secolo e il XVIII sec.: l'autore di formazione francese avverte come fondamentale nello sviluppo storico letterario greco la produzione di testi di stampo illuministico composti da greci della diaspora Monografia in greco 4 Storia della letteratura neoellenica a cura di Linos Politis, pubblicata per la

prima volta in inglese nel 1973 (ampliamento di una precedente presentazione della letteratura neogreca pubblicata nel 1968) e poi nell’edizione greca nel 1978. Nell’introduzione Politis dice che spesso, soprattutto all’estero, l’inizio della letteratura neogreca viene fatto coincidere con l’età tardobizantina, e pur non accettando che la storia culturale possa avere date precise come quelle dei fatti storici ritiene proprio questo il momento in cui si comincia a sviluppare qualcosa di nuovo, definibile già “neoellenico”.

Politis espone in una lunga e ben articolata introduzione il suo punto di vista: egli ritiene che, sin dagli ultimi secoli di Bisanzio esistono elementi che possono essere definiti “neoellenici”, pertanto la cosiddetta “letteratura tardo-bizantina”, o almeno una parte di essa – quella scritta in lingua demotica – è già letteratura neoellenica. (Definisce pertanto “neoellenica” quella parte della letteratura bizantina che già dall’XI sec. contiene questi elementi nuovi e rifiuta per la letteratura scritta in greco dopo la caduta di Costantinopoli (1453) la definizione di “letteratura post-bizantina”). Il primo capitolo della sua storia letteraria è dedicato alla “letteratura prima della caduta” (11-15 secolo), e all’epos di Dighenìs.

Monografie in italiano

Page 64: Storia Della Lingua Greca

- 64 -

* Storia della letteratura neoellenica di Bruno Lavagnini 19693. Anche in questo manuale, ancora utile soprattutto per lo studio della prima parte di quella che viene generalmente considerata la Letteratura neoellenica, si affrontano nell’introduzione l’eredità di Bisanzio, il problema della lingua, le tendenze innovatrici e conservatrici nella letteratura greca, il verso politico. Il primo capitolo descrive la Letteratura neogreca dell’età bizantina dal 1000 al 1204 (data fondamentale che segna la caduta di Costantinopoli durante la IV Crociata); * Anche la recente riedizione Storia della letteratura neogreca di Mario Vitti, nel solco di una tradizione consolidata, inizia dalle “Ascendenze del Medioevo bizantino” e dal Dighenìs, mettendo immediatamente in luce che gli inizi della letteratura neogreca non coincidono con l’inizio dell’era moderna, e che esiste una eredità letteraria bizantina in lingua volgare che appartiene alla “storia della letteratura neogreca”. A questo punto, sulla base quindi di questi strumenti, si potrebbe già dire che la storia della letteratura neogreca inizia in una fase storica bizantina e che i primi passi di questa letteratura dovrebbero datarsi intorno all’XI sec.

La questione comunque non è così semplice, e non si può iniziare mettendo direttamente sul banco qualche passo del Dighenìs. Sarà necessario ricordare che il problema delle origini della letteratura assilla gli studiosi molto più di quanto non accada con le altre storie letterarie europee, le quali per varie ragioni, hanno un profilo storico-letterario meglio e più facilmente definibile. Oltre ai materiali bibliografici già ricordati si farà riferimento almeno ad altri due: 1) Atti del Convegno dedicato a Kostantinos Th. Dimaràs (scomparso nel

1992) svoltosi a Salonicco dal 10 al 12 maggio del 1990 e pubblicati nel 1994, su Zhthvmata istorivaı twn neoellhnikwvn grammavtwn (cioè questioni di storia della letteratura neogreca)

2) Atti del Convegno Internazionale NEOGRAECA MEDII AEVI di Venezia, organizzato dall’indimenticabile prof. N. M. Panagiotakis dal 7 al 10 novembre 1991 e pubblicati nel 1993, proprio per discutere sulla scottante questione delle origini della letteratura neogreca. I due volumi complessivamente raggiungono un totale di più di mille pagine: è facilmente comprensibile che la questione delle origini della letteratura neogreca, non può essere facilmente liquidata.

Ma prima di passare in esame quest’ultimo e fondamentale strumento di lavoro per gli studiosi di letteratura neogreca, mi vorrei soffermare sull’intervento di Roderick Beaton intitolato Gia mia neva prosevggish sthn istoriva thıneoellhnikhvı logotecnivaı (19ou kai 20ouv aiwvna) (parentesi non insignificante), pubblicato negli Atti dedicati a Dimaràs. Il professore di Lingua e letteratura neogreca del King’s College propone di dar l’avvio alla storia della letteratura neogreca dalla rivoluzione del 1821. E la sua storia della Neovterh neoellhnikhv logotecniva pubblicata qualche anno dopo, ed esistente anche nella traduzione greca per le edizioni Nefeli, è la concreta

Page 65: Storia Della Lingua Greca

- 65 -

testimonianza di questa scelta radicale. Lo studioso ha scritto importanti contributi sulla letteratura greca in volgare di età tardobizantina, sul Dighenìs (rapporti tra il D. e la letteratura orale, tra il D. e i canti popolari, tra le diverse redazioni del D., sulla lingua del XII sec. ecc.) e sul romanzo in particolare (The Medieval Greek Romance, Cambridge 1989, tradotta anche in italiano, e curatela del volume The Greek Novel AD 1-1985, Londra 1988). Non mi posso soffermare sui contrasti sorti in seguito alla pubblicazione del suo libro sul romanzo greco medievale, scaturiti nel violentissimo “libro-recensione” di Agapitòs e Smith, pubblicato in seguito alla prima edizione perché ciò è troppo specifico e mi porterebbe troppo lontana. Insomma R. Beaton, buon conoscitore della letteratura in volgare di età bizantina, pur riconoscendo che i prodromi della letteratura neogreca siano da ricercarsi sin dalle manifestazione in volgare del XII sec., afferma che sia ormai possibile studiare la letteratura neogreca in modo nuovo, cioè fissando come data d’avvio il 1821, relegando tutto quanto è stato scritto dal XII sec. in poi (e che comunemente fa parte del patrimonio della letteratura neogreca) in un grande capitolo introduttivo, una specie di grande contenitore-tessuto connettivo per poter accedere a quella che è la “letteratura neogreca”, o meglio a quella che è la neovterh ellhnikhv logotecniva (cioè la più recente letteratura greca). Beaton adotta entusiasticamente l’affermazione di D. N. Maronitis nei 18 testi (la storia inizia da oggi), la decontestualizza dal momento storico (sotto la dittatura) e, di uno slogan efficace, fa un punto di partenza per una nuova storia della letteratura.

In qualche modo quindi, si potrebbe dire che, provocatoriamente - ed in modo non del tutto celato - il problema delle origini della letteratura neogreca si risolve per Beaton affrontando autonomamente la storia letteraria della Grecia dal momento in cui si creano i presupposti concreti per la realizzazione della nazione greca dopo la liberazione dai Turchi. Tutta la precedente produzione letteraria potrebbe essere “riassunta”, se così si può dire, in uno nuovo studio sul glwssikov zhvthma, sulla questione della lingua, in un nuovo contributo nel quale venga finalmente affrontato in una nuova prospettiva storica, critica e teorica la vessata questione della lingua greca. Senza sminuire l’importanza di una storia letteraria neogreca ininterrotta, dal XII sec. in poi, credo che si possa studiare il periodo dal 1821 in poi scientificamente senza il necessario supporto delle epoche precedenti. Si potrebbe far precedere tale trattazione (dal 1821 in poi) da uno studio introduttivo, nel quale vengano esaminate le relazioni tra la letteratura precedente e quella “neoteri”. Aggiunge inoltre che tale presentazione della letteratura dal XII sec. al XX sec. non deve avvenire in senso cronologico, ma attraverso il filo conduttore della questione della lingua.

Ma se la letteratura neogreca non inizia, come sembra volere Beaton, così tardi, né così presto, come vorrebbero gli altri, quando inizia? La domanda l’ha rivolta nel 1991 l’indimenticabile Nikolaos M. Panaghiotakis agli studiosi greci e stranieri, coinvolgendo nella discussione sia docenti con lunga esperienza scientifica e didattica sia giovani studiosi alle prime armi. Il risultato di quell’incontro fondamentale per la storia degli studi in questo campo sono i due volumi pubblicati nella serie dell’Istituto Ellenico di Venezia. Nella prima parte del primo

Page 66: Storia Della Lingua Greca

- 66 -

volume il dibattito è proprio sul problema delle origini, numerosi sono poi i contributi su testi specifici, su questioni di metrica, su problemi ecdotici ecc. L’arco temporale nel quale sono stati scritti i testi letterari in esame dai vari studiosi va dal Dighenìs Akritas alla rimada di Markada (XVII sec.), un arco molto ampio che mette in ancora più in evidenza quanto complesso e irrisolto sia ancora il problema delle origini della letteratura neogreca.

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 Venerdì 28.4.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Contributi di Panaghiotakis, Savvidis, Vitti, Eideneier ed Alexiu in Origini della Letteratura Neogreca.

Nel discorso introduttivo Panaghiotakis si chiede se è legittimo chiamare “neoellenica” la fase bizantina della letteratura in lingua volgare o quella del primo periodo della letteratura post-bizantina. Lo studioso ricorda che per i “produttori e i consumatori” di questa letteratura ELLHN significava qualcosa di negativo, pagano, ed essi si sentivano “RWMAIOI”.”.”.”. ( Ellhn -Rwmaiovı -Grai>kovı).

Panaghotakis era convinto che la letteratura europea dal Medioevo ad oggi va letta in chiave unitaria, con il supporto reciproco tra filologi romanzi e filologi “greci medievali”. In questa prospettiva, mentre era Direttore dell’Istituto Ellenico, ha convocato a Venezia gli studiosi della letteratura greca delle origini. A Venezia, che considerava “la città più bizantina d’Italia” e la “cassaforte” della cultura ellenica, desiderava che facesse il punto sulla questione delle origini della letteratura neogreca. Qualche anno più tardi ha riunito gli studiosi che si occupano di Medioevo ORIENTALE E ROMANZO, proprio perché credeva che la letteratura neogreca come le altre letterature europee affonda le sue radici nella cosiddetta età medievale.

Ma passiamo in rassegna i contributi degli studiosi convenuti al Simposio che si sono intrattenuti sul problema delle origini: l’indimenticabile Ghiorgos Savvidis, con la sua solita verve, in un intervento intitolato Povte arcivzei avrage h

Page 67: Storia Della Lingua Greca

- 67 -

neoellinikh; logotecniva, (dedicato all’amico Massimo Peri) ripropone l’edizione a stampa dell’Apòkopos come “primo testo della letteratura neogreca”. In un suo contributo del 1987 aveva proposto il 1519 (data poi rivelatesi errata) come momento di avvio della nuova letteratura, contrapponendosi così a sia ad Emmanuìl Kriaràs (autore di un preziosissimo strumento lessicografico) che tratta la letteratura in demotico dal 1000 al 1669 sia a Linos Politis che, come abbiamo visto, propone l’XI sec. come momento di inizio della letteratura neoellenica. L’Apòkopos, poemetto che ha una buona tradizione manoscritta ed uno straordinario successo editoriale, è un allegoria in decapentasillabi composta da un certo Bergadìs, che dovrebbe essere un contemporaneo di Stefanos Sachlikis e di Della Portas (scrittori cretesi del XV sec., primi autori non anonimi della produzione letteraria in greco volgare), ed una generazione più vecchio di Marinos Falieros: appartiene quindi alla storia della letteratura cretese delle origini.

Per Savvidis non è forse del tutto casuale l’assenza di questo autore dall’Oxford Dictonarium of Byzantium, ma lo studioso era troppo intelligente per affermarlo apertamente, egli preferiva la formula del “dire e non dire”, dell’ipotesi avanzata con “garbo sferzante”. L’editio princeps dell’Apòkopos, rinvenuta da Evro Layton nella biblioteca di Beatus Renanus a Selestat e pubblicata da Panaghiotakis nel 1991, datata 1509, assumerebbe il ruolo di “primo documento” della letteratura neogreca.

Più articolati ed ampi sono gli altri contributi: Eideneier, Vitti e Alexiu. Hans Eideneier si pone (pone ad altri da anni) il problema della ricerca delle

origini della letteratura neogreca ed ha dato l’avvio, come è noto, ai Convegni NEOGRAECA MEDII AEVI, “inventando” questa formula per evitare di definire “neoellenica” quella produzione in lingua greca volgare dal che va dal X-XI sec. fino almeno alla letteratura cretese. Ha scelto un ibrido, una definizione in latino, per evitare altre terminologie pericolose e cariche di conseguenze teoriche. Nel suo intervento Anazhtwvntaı tiı arcevı thı neoellhnikhvı grammateivaısostiene che:

1. gli elementi linguistici che finora hanno avuto un ruolo determinante per stabilire gli esordi della letteratura neoellenica non hanno in realtà il peso che gli è stato dato

2. la produzione poetica in lingua mista dal XII al XIV-XV sec., scritta nella cosiddetta koinhv twn poihtwvn assume uno stile più uniforme solo dal XV sec. in poi

3. la letteratura bizantina rimane bizantina anche quando sono avvenuti cambiamenti di lingua e di stile

4. tale letteratura, tal genere di poesia, non può essere definita neogreca per ragioni storiche e sociali

5. i manoscritti con le opere in volgare, come ad esempio il Marciano greco 408 (1319-1404) contengono sia opere nella koinhv grapthv come il poema di Megalèxandros sia una versione dotta della storia biblica di Susanna, e nel Const. Serail 35 del XV sec. ci sono testi come i Dwvdeka mhvneı e l’ vEpainoı thı Benetivaı che egli definisce stigmiografhvseiı (cioè trascrizioni di testi in volgare che circolavano oralmente) sia testi bizantini classici e quando dice “classici”

Page 68: Storia Della Lingua Greca

- 68 -

intende in questo caso “testi tardobizantini in volgare” Spaneas, Pulologos, Diighisis ton tetrapodon… (questi testi “classici” sono quelli che, oltre alla diffusione orale, hanno anche una loro tradizione manoscritta)

6. la nuova epoca è segnata anche per Eideneier dalla stagione della tipografia veneziana, cioè dai primi testi in volgare a stampa: tra essi non ci sono né il Dighenìs né Ptochoprodromos, né il Polemos tis Troados (ma ci sono le traduzioni in greco volgare delle favole di Esopo e la rimada di Alessandro Magno, forse per la loro connessione con il nome antico).

7. Il nuovo arriva dunque tardi nella letteratura neogreca. 8. Alla fine della sua analisi Eideneier propone comunque il rispetto per le

date fondamentali della storia letteraria greca 1204, 1453, 1669 e 1821 e suggerisce di considerare altrettanto importanti il 1054 (scisma) e il 1922 to evscato shmeivo thı ideologivaı thı MegavlhıIdevaı.

Alla ricerca degli antenati va anche Mario Vitti, che ricorda la storia letteraria di Iakovos Rizos Nerulòs (nella prima metà del XIX sec.), composta per tentare di ricostruire un passato letterario di fronte ad un pubblico di lingua francese e pubblicata a Ginevra nel 1827 nella quale 1. vi è un’aperta condanna della poesia cretese 2. un chiaro disprezzo per la poesia ionia 3. una autocelebrazione dei fanarioti. Le storie letterarie di Vutieridis e di Kambanis hanno tenuto conto come criterio discriminatorio la lingua ed hanno accettato le scadenze convenzionali.

Vitti afferma che il criterio della lingua non è sufficiente in sé, ma va analizzato alla luce della funzione letteraria svolta dal registro espressivo: se il passaggio linguistico è scelta consapevole allora si è autorizzati a ritenere il mutamento linguistico come il mutamento più significativo della pratica letteraria. La scelta del demotico in età bizantina non avviene per raggiungere una fetta più ampia di pubblico. Ciò avviene solo nel Cinquecento. Altro problema affrontato da Vitti è quello relativo alla storia della letteratura affrontato per generi letterari, e si chiede se l’analisi del romanzo o della satira possono servire per definire meglio i passaggi e i mutamenti letterari. Ma le questioni sono poste come interrogativi e lo stesso studioso sembra attendere da altri la, o meglio le, risposte.

La questione delle origini della letteratura neogreca è anche una questione di “terminologia”, di “definizioni”, così come afferma Stilianòs Alexiu nel suo contributo: H orologiva twn periovdwn thı logotecnivaı maı.

Page 69: Storia Della Lingua Greca

- 69 -

La definizione prwtoneoellhnikav usata da Panaghiotis Mastrodimitris, per la prima produzione di poesia in volgare di età bizantina (l’antologia di testi poetici in demotico dal X al 1453 presentati da M. per la prima volta nel 1984 è intitolata H poihvsh twn prwtoneollhnikwvn crovnwn) non è del tutto inesatta.

Mastrodimitris si muove sulla scia di Kriaràs, che definisce la letteratura in demotico dal 1204 al 1669 usterobuzantinhv usteromesaiwnikhv prwtoneollhnikhv. La definizione “protoneoellenica” non era piaciuta affatto al sempre caustico Savvidis, che aveva parlato di “generazione di mostri” “teratogoniva orwvn” su MANDAFOROS 25-26 del 1987 riferendosi alla definifizione prwtoneoellhnikovı.

Per Politis invece dal Digenìs in poi si parla sempre di letteratura neoellenica.

Alexiu dice che la realtà storica ci impedisce di considerare neogreci testi come il canto di Armuris, o lo stesso Akritis o ancor di più il componimento didascalico Spaneas (che rappresenta bene la mentalità bizantina).

La satira di Ptochoprodromos, i miti sugli animali, i romanzi cavallereschi sono testi medievali e che non si possono considerare neogreci solo sulla base della lingua e sulla considerazione che uno studente universitario greco di primo anno, prima che gli vengano insegnati questi testi, riesca a capirli abbastanza bene. Inoltre per Alexiu è significativo che le letterature francesi o spagnole abbiamo inserito la Chanson du Roland e il Cid nell’età medievale, ben distinto dalla letteratura moderna. Secondo Alexiu dunque, anche se è legittimo che i manuali di letteratura neogreca inizino dall’XI secolo, dalla poesia in volgare dell’undicesimo-dodicesimo secolo fino alla poesia di Cipro e di Creta sarebbe opportuno usare la terminologia proposta dal padre della filologia bizantina moderna Karl Krumbacher Letteratura greca medievale obyzantinische Volksliteratur proposta da Hans Georg Beck. Ancora meglio secondo Alexiu sarebbe parlare di buzantinhv logotecniva se dhmwvdh glwvssa perché in realtà non si tratta di una letteratura bizantina “popolare”, bensì in lingua “popolare”.

La letteratura in demotico del XII sec. appartiene al periodo bizantino di mezzo, mentre dopo il 1204 si assiste ad un cambio di prospettiva e di temi e si può parlare di letteratura tardobizantina che finisce nel 1453, anche se continua con i lamenti per la caduta di Costantinopoli e nelle opere di Gheorghios Chumnos, nella satira dell’asino, ecc.

La vera rinascita della letteratura, la svolata effettiva si ha tra la fine del XVI sec. e gli inizi del XVII con il teatro cretese e con l’Erotòkritos.

Alexiu conclude che difficilmente si può far iniziare la letteratura neogreca nel XI o nel XII sec., così come non possono essere accettate le date 1669 o 1821 e conclude riferendo una frase di Seferis, tratta dalle Dokimevı H shmerinhv ellhnikhv poihvsh arcivzei apov ta crovnia thı krhtikhvıAnagevnnhshı. Lo studioso affida al poeta premio Nobel per la letteratura (1963) la responsabilità di una indicazione (che condivide).

Page 70: Storia Della Lingua Greca

- 70 -

In una recensione agli Atti del congresso di Venezia, pubblicata da Nasos Vaghenàs su TO BHMA e ripubblicata di recente nel volume Shmeiwvseiı gia to tevloı tou aiwvna, lo studioso - dopo aver passato in rassegna le diverse posizioni sulla questione delle origini della lingua greca - propone anche la sua soluzione al problema. Vaghenàs indica nella grammatica di Nikolaos Sofianòs, composta intorno al 1540, ma pubblicata solo alla fine dell’Ottocento da Èmile Legrand, il testo “principe” della letteratura neogreca. Quando inizia dunque la letteratura neogreca? Inizia quando appaiono le prime testimonianze letterarie in una lingua che non è più quella dotta? Nell’undicesimo secolo come vorrebbe Politis? Intorno al 1000 come vorrebbe Kriaràs? Nel XII sec. come vorrebbero Michael Jeffreys e Viki Dulavera con la loro bibliografia generale (con 4000 lemmi) della prwi?mh neoellhnikhv logotecniva (ma questo repertorio di studi sulla letteratura greca delle origini parte dal 1100 ed arriva fino al 1700)? Nel 1453 dopo la caduta di Costantinopoli? Nel 1509 come vorrebbe Savvidis? Con l’Erotòkritos, all’inizio del XVII sec., come suggerisce Seferis? O nel 1821 come vorrebbe Beaton? Suggerisco la via tradizionale per conoscere la letteratura neogreca, sin dagli inizi del suo percorso all’interno della età bizantina. Secondo la consuetudine bisogna considerare l’importanza dell’uso della lingua volgare e del decapentasillabo come elementi significativi e precise scelte espressive. La letteratura neogreca inizia quando la lingua usata per la produzione artistica non è più soltanto quella scritta ma è anche testimonianza di una lingua viva.

Pertanto la letteratura neogreca inizia con una questione che assomiglia ad una “questione omerica”, con il Dighenìs o meglio con i Dighenìs, con le varie redazioni di questo poema epico cavalleresco, con la cronologia dell’epos e con la storia della sua tradizione manoscritta, con le edizioni finora pubblicate del poema e con le questioni relative ai rapporti tra il poema ed i canti akritici. Inizia con la riscoperta ottocentesca di questo epos e con l’analisi dei poemi satirici di Ptochoprodromos, con le fyllades, con i bestiari, i romanzi cavallereschi, le rivisitazioni del mondo antico e con quel repertorio di testi in volgare che aspettano di essere ripubblicati dopo le entusiastiche edizioni ottocentesche di G. Wagner, K. Sathas ed È. Legrand.

Page 71: Storia Della Lingua Greca

- 71 -

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 Martedì 2.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Questioni relative alle origini della letteratura neogreca. Periodi della letteratura neogreca: suddivisione convenzionale Letteratura tardobizantina in demotico (o in volgare); Letteratura protoneoellenica; Letteratura greca medievale; Letteratura neogreca delle origini: 1) - dal Digenìs Akritis all'Erotòkritos (romanzi cavallereschi in decapentasillabi,

opere didascaliche, cronache in versi, rivisitazioni di testi classici, storie di animali, esperienza letteraria di Creta veneziana, canzoniere cipriota ecc.) 2) - dal XVII sec. alla rivoluzione greca (letteratura religiosa, testi geografici, Rigas (e le

sue traduzioni), canti popolari, poesia eptanesiaca, Solomòs, Kalvos, fanarioti) 3) - la letteratura di Atene capitale (prosa e poesia) 4) - la poesia greca del Novecento 5) - la prosa greca del Novecento.

Letteratura tardobizantina in demotico (o in volgare); Letteratura protoneoellenica; Letteratura greca medievale; Letteratura neogreca delle origini

I - Le edizioni critiche dei testi greci medievali: - I manoscritti; Le edizioni a stampa; La trasmissione orale Karl Krumbacher, Geschichte der byzantinischen Literatur von Justinian bis zum Ende des oströmischen Reiches, Monaco 1892, H. Hunger, Die hochsprachliche profane Literatr der Byzantiner, Monaco 1978, letteratura tardo bizantina in demotico (H. G. Beck) Il decapentasillabo * Storie letterarie: Iakovos Rizos Nerulòs, Vutieridis, Dimaràs, Politis, Lavagnini, Vitti, Beaton * La poesia bizantina: dalla fondazione di Costantinopoli alla fine della Turcocrazia,di Konstantinos A. Trypanis, Guerini e associati, Milano 1990 * alcune date di riferimento: X sec. Areta di Cesarea, allievo del patriarca Fozio, fa riferimento ai "maledetti Paflagoni" katavratoi Paflagovne" che cantavano, dietro ricompensa le imprese valorose degli "acriti" X-1204 (dalla testimonianza di Areta alla IV Crociata) 1204-1453 (dalla IV Crociata alla caduta di Costantinopoli) 1453-1669 (dalla caduta di Costantinopoli alla caduta di Creta)

Page 72: Storia Della Lingua Greca

- 72 -

1669-1821 (Turcocrazia, dalla caduta di Creta alla rivoluzione greca) 1821 (dal Regno di Grecia ad oggi) * primi testi in volgare: iscrizioni protobulgariche dell'813 * primi testi letterari in greco demotico (dal XII secolo in poi, secondo Beck, anche se è noto che l'epos del Dighenìs è anteriore, tuttavia non abbiamo informazioni precise relative alla forma linguistica di questi canti) - Dighenìs Akritis: sei diverse redazioni (fortuna anche in turco ed in proto-russo) G (Grottaferrata): traduzione italiana di Paolo Odorico, edizioni Giunti

E (Escorial): traduzione italiana di Francesca Rizzo Nervo, su testo critico di S. Alexiu prima edizione dell'epos: 1877: Sathas e Legrand pubblicano la redazione di Trapezunte

canti acritici corte degli imperatori Comneni (metà del XII sec.): poesie prodromiche, Spaneas, Michaìl Glykàs L'esempio più significativo della letteratura bizantina in demotico del XII sec. è costituito dai quattro poemetti satirici attribuiti a Teodoro Prodromo. Il primo è conservato in un solo manoscritto, Paris. 396, datato XIII-XIV sec., ed è costituito da 274 versi decapentasillabi. Il poeta, dopo la dedica all'imperatore Giovanni II Comneno, si lamenta per le sue tristi condizioni di vita, determinate dalla moglie di difficile carattere e di molte pretese. Nello stesso manoscritto vi è anche il secondo componimento, costituito da 117 vv., che si trova anche in altro manoscritto Hieros. Sabait. 415. Espone all'imperatore i suoi problemi e tutto ciò che manca nella sua casa. Il terzo componimento è la nota satira sulla vita monastica. È costituito da 400 vv. ed è tramandato da sette manoscritti: Hieros. Sabit. 415, Coisl. 382, Paris. suppl. gr. 1934, Ginnasio di Adrianupoli 1237, Paris. gr. 1310, Vatic. gr. 375, Costant. Serail 35. I manoscritti sono di epoche diverse. Il quarto componimento, Paris. gr. 396, sulle disgrazie di chi impara le lettere. SIitrova anche in altri codici: Paris. suppl. gr. 1034, Paris. gr. 1310, Adrianupoli 1237. Teodoro Prodromo, nato prima del 1110 e morto tra il 1156-58. Spaneas Problemi sul titolo, attribuito ad Alessio Comneno. Tramandato da circa 20 manoscritti, tra i quali il Paris. gr. 396, il Vatic. Palat. 367, il Vindob. suppl. gr. 77, l'Oxon. Bodl. Misc. 284, il Vindob. theol. gr. 244. Il testo si trova anche in un manoscritto marciano del XIII sec. il Marc. VII 51, in lingua più colta, mentre il cod. del XV sec. Marc. gr. XI, 24 contiene una versione più volgare. Alcuni di questi codici sono pubblicati, mentre altri non sono ancora stati pubblicati (Grottaferrata Z a 44 del XIV sec., Constant. Serail 35, Neapol. III A a 9 del XVI sec.). Di questo testo sono note anche due redazioni in lingua slava. Michaìl Glykàs Della seconda metà del XII sec. Autore dotto che per qualche ragione venne messo in carcere dall'imperatore Manuele I Comneno. Lamenta le tristi condizioni del carcerato.

Page 73: Storia Della Lingua Greca

- 73 -

Il poema costituito da 581 è conservato in un unico codice del XIII sec., Paris. gr. 228. Un altro codice è andato perduto. Un altro componimento di Gl. sono una raccolta di proverbi commentati. Il poema sul carcere è stato edito da Èmile Legrand, nel 1880. Francocrazia (dalla conquista da parte dei crociati della città di Costantinopoli, 1204, 1261 Costantinopoli ritorna "bizantina", ma la presenza degli Occidentali nello Ionio e nell'Egeo è sempre più consistente):

Cronaca di Morea, romanzi cavallereschi, Apollonio di Tiro, Povlemo" th" Trwavdo", Achilleide, Il vecchio cavaliere, il romanzo di Alessandro, Teseida, Dihvghsi" Belisarivou satira (Spanòs e Ptochoprodromo)poemetti allegorici

Poemetti con protagonisti gli animali: Pulologos, Diigisis ton tetrapodon zoon, Opsarologos, Physiologos

Psicharpax, Rubabriciole, il topo protagonista del poemetto pseudomerico Batrachomyomachia, l'alter ego parodico di Achille, ha continuato, durante il millennio bizantino, e nel primo secolo dopo la caduta di Costantinopoli, a farsi onorevolmente strada nella letteratura neogreca, con una tenacia tale da meritare sicuramente la nostra attenzione. Se i personaggi omerici hanno viaggiato attraverso i secoli - ed attraverso i testi - compiendo vari percorsi e seguendo un itinerario “bilaterale”, che si snoda lungo la via maestra della tradizione “ufficiale” e lungo i sentieri secondari della tradizione “parallela”, anche quelli creati dalla fantasia del cosiddetto Omero minore sono rimasti vivi e vegeti fornendo modelli letterari degni di essere studiatiiii. In età tardomedievale, poi, sia in Occidente che nelle terre nelle quali si continuava a parlare greco, i protagonisti dell'Iliade e della Batrachomyomachia, hanno conquistato una loro autonoma vitalità. Numerosi manoscritti trasmettono la Batrachomyomachiaiii, la quale per secoli è stata non solo un vero e proprio best selleriii ma anche l'autorevole prototipo per componimenti satirici in greco volgare con protagonisti gli animali, come La contesa degli uccelli, il Poulolovgo" (tramandato da diversi manoscritti e datato tra il XII e il XIII sec.)iii, e la Contesa dei pesci, l' jOyarolovgo"iii, (conservatosi in un unico manoscritto escorialense del XVI sec., Scorial. Y IV 22). Poulolovgo" (circa 670 vv.) festa di nozze del figlio dell'aquila reale. 14 coppie di uccelli si insultano tra di loro. (Il testo è pervenuto in sette manoscritti, molto diversi tra di loro). La Batrachomyomachia, largamente utilizzata durante l'età bizantina come sussidio didattico per l'apprendimento della lingua e del metro di Omero, era nota a chiunque avesse frequentato le scuole anche solo per poco tempo, non è dunque strano che ne sia rimasta traccia nella filigrana di alcuni componimenti satirici tardobizantini. Nel Timarioneiii pseudolucianeo (XII sec., attribuito a Teodoro Prodromo, a Nicola

Page 74: Storia Della Lingua Greca

- 74 -

Callicle o a Michele Italico), ad esempio, l'omonimo protagonista racconta all'amico Kydione la sua terribile esperienza: condotto nell'Ade in seguito ad una grave malattia, grazie al verdetto dei medici infernali, Ippocrate e Asclepio, gli era stato concesso di ritornare sano e salvo in vita. Di quella paurosa esperienza Timarione presenta un dettagliato e divertente rendiconto (nell'aldilà infatti la vita scorre più o meno con le stesse beghe dell'aldiqua), tuttavia deve riconoscere che il regno dei morti è davvero indesiderabile proprio per la presenza dei topi: [...] Tali cose disse l'ospite, e a me che volgevo in giro gli occhi, caddero sotto lo sguardo due topi grassi, grossi, lisci all'apparenza, simili a porci domestici, di quelli che si allevano con farina e crusca. Sospirai verso quel probo per la novità dello spettacolo: “Carissimo tutto ciò che riguarda l'Ade mi sembra affatto odioso ed esecrando, ed anche tra i vivi è spesso oggetto di maledizioni. Ma che presso di voi vi siano anche topi, questa fra tutte le cose è la più fastidiosa. Essi infatti mi sono odiosi sopra ogni altra cosa odiosa, e mi sembra un sollievo del viaggio essere privo del loro fastidio. Se anche qui bisogna combattere con loro, desidero un'altra morte e una seconda discesa in non so quale Ade”. Dopo un po' il mio ospite benevolo prese la parola e disse: “Mi meraviglio, caro, della tua ingenuità e della tua ignoranza delle cose. Non sai forse che i topi sono generati tutti dal ventre della terra e che, spaccandosi per la siccità, ne salgono su a migliaia? Perciò è molto più naturale che essi siano sotterranei e che abbondino nell'Ade più che nel mondo e nella vita di sopra. Infatti non da lì vengono a noi, ma da noi e dal fondo della terra salgono alla superficie. Perciò non meravigliarti se topi vi sono presso di noi, ma se mai meravigliati di come sono abituali compagni nostri, incuranti del toporagno mugalh`` (della migale specie di ragno peloso di grandi dimensioni, mu``" galh`` donnola) e dei suoi terrori. Non vedi come godono vedendo quel vecchio che mangia? Anzi esultano, fanno risuonare le mascelle e si leccano le labbra con la lingua come se fossero loro, invece del vecchio, a riempirsi di grasso”. Era vero quel che diceva, come io notavo guardando i topi. Poi aggiunse: “Vedi come guardano la barba del vecchio ed attendono che si addormenti? Appena ne odono il poderoso russare nel sonno, avvicinatisi, gli leccano il mento unto di grasso sugo, e mangiano a sazietà le briciole che vi sono attaccate, vivono di quello, ingrassando così come vedi” iii . Il riferimento ai topi che attendono il sonno dell'uomo per mettersi in azione è in aperta connessione con la Batrachomyomachia, ed in particolare con i vv. 44-47 (Allen): Non ho paura dell'uomo, che pure ha un corpo imponente / saltando sul letto gli mordo la punta del piede / e mi aggrappo al tallone; l'uomo non ne risente / non fugge il sonno ristoratore mentre io lavoro.

Alcuni considerano questo passo una interpolazione bizantina: non entro nella questione, a me qui interessa soltanto notare che l'autore del Timarione conosceva il poemetto tramite un manoscritto appartenente a quel ramo della tradizione in cui esistono i vv. 43-46 (ed. Allen)iii, ritenuti spuri. Nel Fisiologos, componimento in lingua demotica costituito da 1131 decapentasillabi, tramandato da due manoscritti (Paris. gr. 929, ff. 325-403 e Paris. gr. 390, ff. 71-104)iii, il topo viene ucciso dal suo nemico mortale, il gatto, con un espediente da “guerra chimica” (vv. 448-451): (ènemico dei topi il furetto:se quello riesce a sfuggirgli e a mettersi in salvo nel buco, lui lo raggiunge, fa una forte scorreggia e il topo muore soffocato per la puzza terribile). Aujth; ejcqro;" tw``n pontikw``n uJpavrcei hJ numfivtsa,É a]n swvsh/ ki j apofuvgh/ thn kai; e[mph eij" th;n truvpan, É stevketai, klavnei dunata; ajpevsw eij" th;n truvpan, É kai; pnivgetai oJ pontiko;" ejk to;n polu;n to;n brw``mon.

Il Fisiologos è costituito da 49 lemmi, che spesso nella parte finale contengono una "massima" per l'interpretazione allegorica e didascalica. I manoscritti sono datati tra il XIV ed il XV sec. Con il sostantivo pontivkin viene indicato anche il pipistrello, che seguendo la tradizione popolare greca sarebbe stato fornito di ali da Dio per punizione, dal momento che in qualità di topo aveva rubato dall'altare offerte religiose.

Page 75: Storia Della Lingua Greca

- 75 -

Il pontivkin - pipistrello si trova anche nel Pulologosiii La battaglia delle rane e dei topi è stata altresì un modello per altri componimenti tardobizantini con protagonisti gli animali, nei quali si aggirano temibili topi come, gli Scevdh tou`` muov", JO kavth" kai; oiJ pontikoiv, la Galeomaciva attribuita a Teodoro Prodromo (editio princeps 1494); e la Dihvghsi" tw~n tetrapovdwn zwvwn (La storia dei quadrupedi). Questo straordinario successo si deve anche al fatto che il poemetto pseudomerico, e le opere ad esso ispirate, svolsero anche il ruolo di satira politica e sociale: possono quindi, a buon diritto, essere ritenuti testi didattici d'uso strumentaleiii. Come si nota anche dai titoli di due di queste opere in questo genere di componimenti, in età tardobizantina, i topi sono identificati sia con il sostantivo antico mu`ı sia con quello poi divenuto il sostantivo ancora oggi in uso pontikov". Scevdh tou`` muov" 1) Gli Scevdh tou`` muov"iii sono modelli di composizione scolasticaiii di incerta attribuzione. L'opera, la cui esatta cronologia non è nota, è tramandata da cinque manoscritti (il più antico dei quali, il Vatic. Gr. 711, della fine del XIV sec.). Almeno per il momento deve essere ritenuta anonima visto che le indagini non danno conferme sicure sulla presunta paternità di Teodoro Prodromo, sostenuta da quasi tutti gli studiosi (Boissonade, Sathas, Mass, Hunger) e da ultimo ripresa da Papathomòpulosiii. Il componimento, in prosa, è un divertente gioco letterario: un topo, spaccone e superbo, viene catturato con astuzia da una gatta. Il malcapitato, per tentare la salvezza, dichiara di essere un abate (!) e si rivolge alla pietà della sua aguzzina, giurando che i suoi monaci pregheranno per lei. In tale contesto satirico e anticlericale l'autore fa uso delle sue conoscenze bibliche per rimproverare i “funzionari” di Dio, ed i monaci in particolare. L'opera è un impasto tipicamente bizantino di elementi di varia natura, un esercizio per la scuola, un testo per favorire l'apprendimento a memoria, un divertito attacco ironico (e morale) contro l'habitus di alcuni monaci. Dal punto di vista stilistico si osserva anche la presenza di liste di parole (un repertorio di vocaboli relativo ai pasti, uno ai nomi di animali, un altro alle parti del corpo, un insieme di sinonimi, un elenco di nomi mitologici) ed un uso sapiente delle fonti sacre (Salmi, Antico Testamento) ed antiche (tra le quali la Batrachomyomachia). L'anonimo autore conosce anche la cosiddetta Ecphrasis telluris di Costantino Manasse. Il tono del componimento è nello stesso tempo colto e scanzonato, il contenuto è funzionale alla sua destinazione scolastica. JO kavth" kai; oiJ pontikoiviii 2) Il codice Vatic. Gr. 1139 (XVI sec.), contenente diversi testi in greco demotico, conserva un breve componimento di 114 decapentasillabi rimati i cui protagonisti sono i classici nemici del mondo animale, il gatto ed i topi. Il poemetto, dello stesso genere parodico-didattico della Batrachomyomachia, ha avuto una grande fortuna popolare, dal momento che nei canti popolari cretesi (raccolti nel secolo scorso) ne è rimasta una traccia labile ma, a quanto pare, sicuraiii. La trama di questa operetta è semplice: un gatto cerca di conquistarsi l'amicizia dei topi e di stipulare con loro un patto di alleanza, ma alla fine, dopo una morte apparente ed un funerale allestito dai topi per il gatto, l'epilogo è a sfavore del topo credulone che si è fidato dell'amicizia di un astuto nemico. Senza troppe perplessità direi che questo componimento (forse di origine cretese)

Page 76: Storia Della Lingua Greca

- 76 -

potrebbe benissimo essere un antecedente di Tom e Jerry. Il componimento è stato recentemente pubblicato da Cristiano Luciani sulla Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici dell'Università La Sapienza di Roma. 3) Un altro componimento ispirato alla Batrachmyomachia pseudomerica è la Galeomacivaiii, un dramma satirico in 384 dodecasillabi con protagonisti i topi in guerra contro il gatto (indirettamente presente in tutto il poema). Si tratta di un poemetto colto e di fattura così elaborata e sapiente da far ritenere verosimile l'attribuzione a Teodoro Prodromo, avanzata sulla base dell'inscriptio di uno dei codici, il Marc. Gr. 524. L'autore usa in modo parodico il linguaggio tragico ed intesse il suo discorso di altri riferimenti colti (quale, ad esempio il richiamo alla IV epistola di Gregorio Nazianzeno a Basilioiii). La tradizione manoscritta della Galeomaciva, costituita da venti testimoniaiii, è in parte legata a quella della Batrachomyomachia (con glosse interlineari). Quasi tutti i codici con entrambe le opere sono di ambiente cretese (e si ricollegano ad Andrea Donoiii). L'editio princeps, pubblicata a Venezia per i tipi di Aldo Manuzio nel 1494, venne curata da Arsenios Apostolis, il quale, nell'introduzione, ricollega senza dubbio alcuno l'opera alla Batrachomyomachia, composta da Omero per avviare piacevolmente i giovani allo studioiii. La Galeomachia ebbe un notevole successo editoriale e venne pubblicata ripetutamente nel corso del XVI sec.iii per soddisfare una precisa esigenza didattica, come è evidente anche dal fatto che veniva stampata insieme alla Batrachomyomachia, alle favole di Esopo e di Babrio, all'epitafio di Omero di Antipatro di Sidone, all'Ero e Leandro di Museo (con l'introduzione di Marco Musuro), al De officio regis di Agapeto Diacono ed al giuramento di Ippocrate. La finalità scolastica è ribadita dal primo editore nel prologo: attraverso le peripezie dei topi i giovani greci imparavano ad usare il linguaggio tragico. Il componimento è intessuto di elementi tipici della tragedia classica, che probabilmente servivano per educare i giovani alla lettura critica dei testi di Eschilo, Sofocle ed Euripideiii. Secondo uno dei suoi ultimi editori (Herbert Hunger), la Galeomachia, al pari del suo “prototipo”, avrebbe anche un carattere di garbata satira politica, tuttavia gli strali del poeta non sono mirati contro un preciso personaggio o una determinata condizione storico-politica (come invece avviene nel Timarione, o nello Spanòsiii) ma sono genericamente destinati alla condanna dei soprusi dei potenti. La tragedia dei topi, continuamente minacciati dal gatto, serve inoltre come scenario per rappresentare le catastrofiche conseguenze della guerra contro nemici più abili e più forti. La funzione di questo componimento è essenzialmente educativa e morale. Attraverso le avventure pericolose dei topi i giovani (e forse anche i meno giovani) imparavano a leggere Omero, a scandire i versi metricamente e, nello stesso tempo, a riconoscere i giochi violenti del potere per potersene salvaguardare. Dihvghsi" tw~n tetrapovdwn zwvwn 4) La Batrachomyomachia è nota anche all'anonimo autore della Storia dei quadrupedi, la Dihvghsi" tw~n tetrapovdwn zwvwniii (poemetto di 1082 decapentasillabi, datato intorno al XIV sec. e conservata in cinque manoscritti vergati tra il XV ed il XVI sec.). Il leone convoca un'assemblea di animali presieduta da lui stesso (segratario l'elefante). Lo scopo dell'incontro è sancire la pace perpetua nel regno animale. I sudditi del regno, i quadrupedi, vengono convocati dagli ambasciatori del leone (un topo e un gatto), ma temono che possa esserci qualche inganno perché, come si sa gli animali si divorano tra di loro. Inviano quindi il cavallo e l'asino come

Page 77: Storia Della Lingua Greca

- 77 -

rappresentanti. Tutti giurano pace e amicizia. All'inizio dell'assemblea ogni animale lamenta la propria triste condizione e accusa altri animali di essere i responsabili delle loro disgrazie. Il gatto e il topo litigano, il cane e il gatto pure, la volpe e il cane si azzuffano... Alla fine piuttosto che una pace perpetua scoppia un putiferio. Secondo lo schema tipico dei componimenti che hanno per protagonisti gli animali in lotta tra di loro, nel testo vi è un discorso del gatto, tracotante come Psicharpax, che biasima il topo (vv. 125-146) per la dieta seguita: Fichi, uvetta, latte acido, carne di prima scelta, pesce, tutte queste cose genuine, grano, legumi e tutti gli altri cibi di cui si nutrono gli uomini, sì, disgraziato, tutto questo mangi, e poi espelli tutto e impiastricci ogni cosa con le zampe...ta; su``ka, ta; stafivdia, t j ojxuvgalon, to; gavla É kreva", ojyavrin kai; ajgna; kai; o{sa ta; toiau``ta É sitavrin kai; o[spria kai; o{sa touvtwn ei[dh É kai; a[lla pavmpolla kala; ta; trwvgoun oiJ ajnqrwvpoi É ta; me;n ejsqivei", musarev, ta; de; oujrei``" kai; cevzei" É ta; d ja[lla me; tou;" povda" sou skorpa``" kai; katacuvnei".... (vv. 132-137)iii.

Quando poi il topo passa al contrattacco, risponde per le rime (vv. 152-178), esordendo secondo lo schema di risposta offerto dal protagonista pseudomerico: v. 152 megavlw" uJperaivresai, megavlw" kai; kauca``sai v. 57 (Batrach.) xei``ne, livhn aujcei``" ejpi; gastevri ˘ e[sti kai; hjmi``n v. 107 (Batrach. Zinos) polla; kauca`sai, fivle mou, ejsu; sth;n laimargivan. L'anonimo autore di questo componimento fissa come data dell'assemblea il 1365. Il motivo di questo limite cronologico non è noto. Un manoscritto dell'opera che apparteneva al cardinale Sirletus si considera definitivamente perduto. Il testo è tramandato da cinque manoscritti: Paris. gr. 2911 (fine del XV sec., lingua più alta rispetto agli altri); Vindob. theol. gr. 244, Serail 35 (datato 1461), Petrop. 202 (XVI sec.), Petrop. 721 (proveniente dall'isola di Lesbo, del 1615).

I contrasti fra gli animali sono determinati essenzialmente dalle diversità alimentari, ed anche in altri passi (vv. 436-449, 665-684, 820-824...) il modello è chiaramente quello della Batrachomyomachia. Nella parte finale del poemetto i vv. 1075-1078 costituiscono una precisa mimesis degli ultimi versi del componimento pseudomerico. La Storia di quadrupedi si conclude quando: Il sole tramontò e si diffuse l'oscurità della notte che pone fine ad ogni cosa.... iii così come la guerra di un sol giorno della Batracomyomachia: ejduveto d j h[lio" h[dh kai; polevmou teleth; monohvmero" ejxetelevsqe vv. 302-303 Batrac. ej" de; fuvgh;n ejtravponto ˘ ejduveto d j h[lio" h[dh kai; polevmou teleth; monohvmero" ejxetelevsqeiii.

Synassario dell'asino onorato (393 decapentasillabi) e rielaborazione in decapentasillabi rimati Gadavrou, luvkou kai alepouv dihvghsi" wraiva in 540 vv., pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1539. Porikologos, componimento in prosa, con protagonisti i diversi frutti in competizione tra di loro (con una ricca tradizione manoscritta (almeno sette).

Page 78: Storia Della Lingua Greca

- 78 -

da Poeti bizantini, di Raffaele Cantarella, (a cura di Fabrizio Conca, Milano, BUR, 1992: Spaneas, pp. 853-857; Michele Glykàs, pp. 859-861

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 Mercoledì 3.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Le cronache in versi: La Cronaca di Morea. Opera sulla presenza dei conquistatori franchi nel Peloponneso. (1095 I Crociata). La cronaca è narrata dal punto di vista di un occidentale. Forte spirito antibizantino. Nel XVII sec. Meursius, C. Du Cange e Leone Allati conoscono l'opera. Il testo si conserva anche in redazioni scritte in altre lingue occidentali (francese, italiano, aragonese) (G. Spadaro, Studi introduttivi alla Cronaca di Morea, in “Siculorum Gymnasium” 12, 1959, pp. 125-152). J. Buchon ha dato notizia di una cronaca di Morea in francese: Livre de la conqueste de la princée de l'Amorée. (1320-30), che potrebbe essere il modello del testo in greco volgare. La redazione in greco deve essere di qualche decennio posteriore. Il manoscritto più antico di quest'opera risale alla seconda metà del XV sec. Hopf ha individuato nella redazione italiana della cronaca la stretta connessione con il testo greco. Ma quale delle due venne scritta prima? La redazione aragonese, scritta nell'ultimo decennio del XIV sec., sulla base del testo francese, sembra allestita da qualcuno che conosceva anche il testo in greco. Il miglior codice di quest'opera si conserva a Copenhagen, Havniensis 57, della fine del XIV sec., da questo codice deriva un altro manoscritto conservato a Torino, Taurinensis B II, 1 del XVI sec. Altri codd. sono Paris. gr. 2898, del XVI sec., Paris. gr. 2753, Bern. 509 del XVI sec. La Cronaca dei Tocco: Cronaca in versi (3923) decapentasillabi, in demotico sui signori dell'Epiro dalla morte di Leonardo Tocco (1375-77) all'inizio della guerra tra i Paleologi e i Tocco nel 1426-27. Epica familiare, composta da un autore vicino alla famiglia dominate. Si conserva in un manoscritto Vaticano, Vat. gr. 1831, scritto nel 1429. Il Vat. gr. 2214 che riporta il poema è una copia con poche varianti del manoscritto Vat. gr. 1831. L'edizione critica si deve a Giuseppe Schirò. La Cronaca del dolce paese di Cipro: Scritta da Leontios Macheràs (nato intorno al 1365-1432) appartenente ad una ricca famiglia greco cipriota, ortodossa. Il testo narra vicende avvenute durante il dominio dei Lusignano, in particolare affronta il periodo tra il 1359 e il 1432), in dialetto cipriota. I codici che conservano il testo sono il Marc. gr. VII, 16 (XVI sec.), Bodl. Seld. supra 14 (anno 1555), cod. 187 biblioteca Classense di Ravenna del XVII sec. Gheorghios Vustronios, (Tzortìs Pustrùs, Frangkos) scrive tra il XV e il XVI sec. una cronaca di Cipro in greco volgare, conservatosi in tre manoscritti (Marc. gr. VII, 16 -lo stesso che conserva anche Macheràs, Marc. gr. 17 del XVI sec. e il cod. Brit. Museum Aundel, del XVI sec., dove vi sono aggiunti due brevi capitoli scritti in epoca successiva da un'altra mano. Macheràs è stato pubblicato nel 1873 da

Page 79: Storia Della Lingua Greca

- 79 -

Konstantinos Sathas, e nel 1932 dallo studioso R. M. Dawkins. Michalis Pierìs sta lavorando ad una nuova edizione dell'opera. Creta 1211-1669 (dominio veneziano) Letteratura cretese delle origini * Stefanos Sachlikis (avvocato a Candia, XV sec., 1330- dopo il 1391), padre della letteratura cretese: (Arnold van Gemert): La canzone di Potha; Consigli a Franciskì (fonti italiane, tra cui anche Purgat. VI, 1-9); Sugli amici; Sulla prigione; Assemblea delle puttane; Giostra delle puttane; jAfhvghsi" paravxeno" (N. Panajotakis, Modelli italiani nella letteratura cretese delle origini, in «Sincronie» II, 3, pp. 59-107). Descrizione vitale di una società scampata alla terribile peste del 1348-50 * Leonardos Dellaportas (avvocato a Candia, c.a. 1330-1410/20): edizione critica dei componimenti poetici 1403-1411 a cura di M. Manussakas 1995 (1953, un unico ms sul Monte Athos): JErwthvmata kai; ajpokrivsei" xevnou kai; ajlhqeiva" (3166 vv.); Lovgo" peri; ajntapodovsew" (vv. 168); Stivcoi eij" to;n ejpitavfion qrhvnon (vv. 792); Lovgoi paraklhtikoi; pro;" to;n Cristo;n kai; th;n Qeotovkon

* Marinos Falieros (1395-1474): Sogno amoroso; Rime consolatorie; Lamento sulla Passione; Consigli di un padre ad un figlio; JIstoriva kai; o[neiro (dialogo tra poeta, l'amata, la Moira e l'Amore) (allegorie) (lettore di Dante) (Contrasti d'amore, poesia in voga a Venezia, Leonardo Giustinian 1385-1446). Lamento per la Passione e la Crocifissione di nostro Signore Gesù Cristo. * Gheorgios Chumnos (notaio a Candia, seconda metà del XV sec.): Cosmogenisis (2800 vv.) (ed. critica Megas 1975) (racconto poetico di Genesi ed Esodo) * Anonimo, Palaia; kai; Neva Diaqhvkh (5329 vv.) * Manolis Sklavos, Sumfora; th``" Krhvth" (terromoto del 1508) * Bergadìs, Apòkopos (composto dopo il 1420, stampato a Venezia nel 1509) Fino a qualche anno fa si credeva, sulla base di un'informazione fornita dal bibliofilo francese Michael Maittaire (vissuto in Inghilterra nel XVIII secolo), che il primo libro neogreco, l'Apòkopos di Bergadìs, fosse stato stampato nel 1519. Nessun esemplare di tale ipotetica edizione è però stato mai rinvenuto, di conseguenza numerose sono state le ipotesi degli studiosi sia sulla datazione che sul nome dell'editoreiii. Da ultimo, la studiosa americana Evro Layton, grazie alle sue scrupolose ed accurate ricerche in varie biblioteche europee e degli Stati Uniti, ha risolto definitivamente ogni dubbio relativo al primo libro neogreco a stampa, riportando alla luce l'editio princeps della letteratura greca moderna. Un caso fortunato le ha consentito di rinvenire nella biblioteca di una piccola città dell'Alsazia, Sélestat, una preziosa edizione dell'Apòkopos, appartenuta alla

Page 80: Storia Della Lingua Greca

- 80 -

biblioteca umanistica di Beatus Rhenanus. La stampa conferma in parte le notizie tramandateci da Maittaire: il nome dell'editore (Nikolaos Kallierghis) è proprio quello da lui indicato, ma il colofone rivela un'insospettabile novità: una cronologia diversa da segnata dal bibliografo francese e finora universalmente accolta, (sebbene con qualche riserva). L'anno della prima edizione non è il 1519 bensì il 1509iii. La storia della stampa neogreca, quindi, ha fatto da poco un passo di dieci anni indietro nel tempo. Fatto di rilievo e carico di conseguenze ed interrogativi. L'Apòkopos, stampato certamente a Venezia, è stato edito dal figlio di Zacharias Kallierghis, editore e copista molto noto a chi si occupa dei greci dell'età rinascimentaleiii. All'epoca dell'edizione del poemetto, Nikolaos doveva essere un giovane volitivo ed intraprendente, dotato di una buona cultura. Di più per il momento non sappiamo. Non è escluso che l'assenza di ulteriori notizie sulla sua vita ed attività editoriale sia dovuta al fatto che sia morto poco dopo l'edizioneiii.Il testo del primo Apòkopos ci è stato fornito da Nikolaos Panaghiotakis, con l'aggiunta di numerose note che consentono alla comunità scientifica di confrontare l'editio princeps con le successive ristampe del poemaiii. Il poemetto fu uno dei libri neogreci più amati dal pubblico e venne più volte pubblicato. Secondo Panaghiotakis, Nikolaos Kallierghis, dopo una revisione filologica ed una rielaborazione testuale dei 558 vv. decapentasillabi politici del poemetto, lo avrebbe stampato non a scopi propagandistici, economici o didattici, ma perché era un testo di suo gradimento. Tale edizione, frutto di giovanile entusiasmo, apre un nuovo capitolo nella storia letteraria greca e diventa pietra miliare, segnale del passaggio definitivo alla storia della letteratura neogreca. Sancisce, infatti, ufficialmente la nascita della stampa greca destinata a quel nuovo pubblico di lettori, costituito non solo da dotti e studenti, bensì anche da persone di modesta cultura. La rivoluzione del libro a stampa, che ha provocato un vero e proprio terremoto culturale tra il XV e XVI sec., comincia a fare proseliti anche tra i greci. Il libro, il testo scritto, diventa uno strumento nelle mani di un pubblico sempre più numeroso e via via sempre più esigente; diventa prodotto commerciale, merce dalla quale si può ricavare anche un certo vantaggio economico, e nello stesso tempo è il mezzo più veloce per una rapida diffusione e circolazione di idee e propagande politiche e religioseiii. Dopo il 1509 bisognerà aspettare quindici anni prima che un altro testo demotico abbia l'onore di essere sottoposto ai torchi della stampa. La maggior parte dei greci impegnati nel mondo delle lettere lavorò e produsse eccellenti edizioni per i dotti occidentali e solo nel corso della prima metà del Cinquecento un piccolo gruppo di greci si impegnò con passione per la realizzazione di stampe destinate ad un pubblico greco “volgare”. Quanto significativa ed incisiva sia

Page 81: Storia Della Lingua Greca

- 81 -

stata l'attività di questi greci negli anni in cui diedero vita al loro programma culturale non è dato di sapere con certezza. Le informazioni al riguardo sono ancora piuttosto frammentarie e non del tutto sufficienti per comprendere quale sia stata la diffusione e la ricezione del libro tra i greci di scarsa cultura sin dalle prime edizioni in demotico. Soltanto attraverso fonti della fine del XVI sec. è possibile supporre quale fosse la situazione iniziale. Una di esse è il cosiddetto Portolano di Dimitrios Taghias, dal cui epilogo, in decapentasillabi, si traggono alcune interessanti informazioni sul pubblico delle edizioni demotiche, sulla diffusione di esse e sugli intenti di chi si assumeva l'impegno di stamparleiii. In questo caso l'editore è Agostino Zemellis, il quale aveva sposato una figlia di Andreas Kunadis (uno dei collaboratori della tipografia dei da Sabbio). L'autore del testo scrive: Stou;" civliou" pentakovsiou" penhvnta ojktw; kai; miva [...] sto; cevri mou h\rqe to; loipo;n tavci kai; o[ci bravdi

ejmevna tou`` Dhmhtrivou Tavgia wJ" me; levsi ki ejm Pavrga e\mai to; loipo;n to; cevri mou ei\ce pevsei... [...] Kai; eij" to; nou`` mou e[bala t j hJ stavmpa de;n to;n e[cei, oujde; ojlivg j oujde; polu; xe; tou``to na; metevch/. Levgw: sth;n stavmpa a]" balqh/`, kanevna" na; maqaivnh/ gia; th;n timhv tou oJ kavqe ei|" o{pou kai; a]n tucaivnh/. Giati; polloi; to;n ei[casi krummevnon, fulammevnon, eij" th;n kassevla dunata; kai; katakleidwmevno. Pw;" na; to;n e[coun movn j aujtoi; na; faivnwntai megavloi, na; to; kratouvsine yhla;, tavca pw;" ei\n j kefavli. Ma; pw`" h\rqen eij" to; cevri mou, levgw: a]" tovne dwvsw

Page 82: Storia Della Lingua Greca

- 82 -

sth;n stavmpa, na; to;n pojkthsth/`` kavqe a[nqrwpo" wJ" tovso. Movn j na; xevrei gravmmata w{ste pou; na; diabavzh/ a]n e[ch/ kai; to;n fivlo tou, konta; a]" to;n kravzh/. Kai; o{poio" de;n xevrei gravmmata, nai; a]" to;n ajgoravzh/ kai; a]" bavlh/ a[llon suvntrofon, kai; a]" tou` to;n diabavsh/ kai; na; maqaivnh/ na; grika``/ kai; na; mhde;n nustavzh/iii. [...]

L'edizione oggi posseduta risale al Zugno del 1573, ma quasi certamente non si tratta dell'editio princeps, dal momento che nel prologo infatti si trova indicata una cronologia relativa al 1559 (Stou;" civliou" pentakovsiou" penhvnta ojktw; kai; miva). Nel 1967 St. Makrymìchalos pubblicato il documento che attesta la licenza alla stampa del portolano ottenuta nell'ottobre del 1561iii. Da un atto successivo (29 novembre 1561) siamo informati che Augustin di Zemelli, e niun altro che lui, ottiene il permesso di stampare per il spazio di anni X ... il novo Portolano greco volgare raccolto da lui... Dieci anni dopo, il 12 maggio 1572, viene nuovamente concesso l'imprimatur al portolano scritto in greco volgare iii. Del manuale per la navigazione di Taghias, destinato a o{poio" delektavrei / kai; o{poio" nautikh; ajgapa`` gero;" kai; pallikavri (vv. 9-10), sono oggi noti, almeno per il momento, solo tre esemplari. §

Apòkopos 1509 - 1534 - 1543 - (1553 -1595)iii L' jApovkopo" è uno dei più diffusi e popolari componimenti in greco

demotico (pubblicato ripetute volte fino al 1855)iii. Del suo autore sappiamo solo il cognome Bergadìs, una forma ellenizzata del cognome veneziano "Bragadin", testimoniato a Creta sin dal 1311iii. Secondo Ghiorghos Kechaghioglu l'opera è antecedente alla caduta di Costantinopoli, e dovrebbe datarsi nel primo ventennio del XV sec.iii. Il testo presenta un grande interesse, non solo come testimonianza storico-letteraria, ma anche per la sua articolata struttura interna. È, infatti, il racconto di un sogno, narrato in prima persona in 556 vv. politici. Il primo verso (Mia;n ajpo; kovpon ejnuvstaxa, na; koimhqw`` ejqumhvqhn) introduce il lettore

Page 83: Storia Della Lingua Greca

- 83 -

nel mondo onirico del narratore, il quale sogna di essere a cavallo e di rincorrere una cerbiatta, che riesce a dileguarsi. L'uomo si ritrova quindi solo in un prato e decide di salire su un albero per attingere miele da un favo, ma due topi rosicchiano il tronco ed egli si ritrova nel profondo di un abisso, ai margini dell'Ade. Si imbatte quindi in una folla di morti e, da due di essi, viene interrogato sulla sua identità e provenienza. Costoro, inoltre, desiderano sapere notizie sulla vita dell' "al di qua" e se vengono ricordati dai vivi. Il protagonista comunica loro che i vivi dimenticano subito i defunti sostituendoli con nuovi amori. Solo le madri ricordano i figli scomparsi. Quindi è lo stesso narratore a chiedere alle due ombre notizie sulla loro identità e sulle cause della loro morte. Dopo qualche esitazione i due narrano quanto segue: sono figli di un nobile, provengono da una ricca città, e sono morti vittime di un naufragio quando erano stati inviati dal padre in visita la sorella sposata in terra straniera. Il loro percorso verso l'oltretomba è iniziato nello stesso momento in cui anche la sorella moriva insieme con il bambino che stava dando alla luce. Udita la dolorosa vicenda il protagonista ha fretta di ritornare alla vita, ma i giovani lo invitano a restare ancora, e chiamano a gran voce le altre ombre, che arrivano a frotte, gridando ed inviando messaggi (orali o scritti) per i loro cari ancora in vita. Uno studio dei motivi topici della letteratura medievale presenti nell'opera è stato recentemente effettuato da Cristiano Luciani; un'analisi dettagliata delle varie parti del poema si deve a Panos Vasilìuiii. Il tema del viaggio nell'oltretomba, diffusissimo come è noto in età medievale, è presente anche in un'altra opera della letteratura greca demotica dell'inizio del XVI sec.: la Rivma qrhnhtikh; eij" to;n pikro;n kai; ajkovreston {A/dhn del cretese Ioannis Pikatoros di Rethymnos in 563 decapentasillabi rimati, con la quale il poemetto è stato più volte confrontatoiii. Il motivo del sogno, la cui prima testimonianza nella letteratura greca demotica è offerta da questo poemetto, verrà poco dopo ripreso da Marinos Falieros nell' JIstoriva kai; o[neiro (758 decapentasillabi rimati) e da "Tzamplakos"iii. Quest'ultimo, come ha suggerito K. Dimaràs, è una vera e propria imitazione dotta dell'Apòkopos, dal quale attinge, oltre che il tema, anche numerosi versi. Altri poemi cretesi sul tema della discesa agli Inferi sono stati studiati da Arnold van Gemert, il quale protende a favore dell'origine cretese del componimento, mentre Lampakis sottolinea alcuni elementi eptanesiaciiii. L'Apòkopos è stato tramandato da due manoscritti e da diverse edizioni a stampa. I codici sono il Vindob. theol. gr. 244 (degli inizi del XVI sec., noto a tutti gli studiosi di letteratura greca medievale perché contiene la più importante raccolta di testi in demotico), ff. 98-103, e un antigrafo di un'edizione a stampa, il Vatic. gr. 1139 (11 aprile 1540) ff. 86 -132iii. Le edizioni del

Page 84: Storia Della Lingua Greca

- 84 -

Cinquecento risalgono anni 1509, 1534, 1543, 1553. Di un'altra cinquecentina veneziana è incerta la collocazione cronologica: 1565 o 1595. A favore di quest'ultima datazione si è espressa recentemente E. Layton, sulla base di un documento reso noto da Filippos Iliù (1975) in cui viene riferito che l'editore Emmanuìl Glyzunis, quando morì nel 1596, lasciò in magazzino 3.160 copie dell'Apòkopos iii. Èmile Legrand (sulla base dell'edizione veneziana del 1667) ha curato la prima edizione critica (1870) del testo e successivamente (1881) lo stesso studioso ha pubblicato il poemetto basandosi sull'edizione del 1543 e registrando in apparato le varianti presenti nel cod. Vindob.iii.

L'ultima edizione critica del testo si deve allo studioso cretese Stilianòs Alexìuiii.Nikolaos Panaghiotakis, come già visto, ripubblicando il testo dell'edizione 1509, ha effettuato anche un confronto sistematico e preciso tra l'editio princeps e le successive edizioni cinquecentesche. Poemi allegorici sul viaggio nell'Oltretomba: Durante i secoli della Venetocrazia e Turcocrazia l'Apòkopos fu un testo molto apprezzato, ed almeno 10 sono le edizioni a stampa del poemetto. Il sogno è diviso in tre unità: vv. 5-66 il protagonista (che parla in prima persona) si trova in un prato a caccia; a mezzogiorno l'animale cacciato sparisce e l'uomo si riposa sotto un albero, tra le cui foglie vi è un favo ricco di miele. Sale sull'albero e si mette a mangiare ma improvvisamente l'albero inizia a scuotersi. Si rende conto che l'albero non è più al centro di un campo ma sull'orlo di un precipizio, nel quale si trova un drago con le fauci spalancate. L'uomo cade e si ritrova nel profondo dell'Ade. vv. 67-257: dialogo tra il protagonista e le ombre di due giovani (nere e ricoperte di ragnatele, secondo la tradizione popolare greca, come ha individuato G. Saunier). I morti chiedono al vivo notizie sulla vita terrena, e su come i vivi hanno reagito alla loro scomparsa. Dopo qualche esitazione l'uomo risponde con un attacco alle vedove e ai sacerdoti (secondo un topos della letteratura medievale). Solo le madri quasi sempre piangono ancora la morte dei figli. vv. 277-452: i due giovani, interrogati dal protagonista, raccontano la loro storia. Naufragio durante un viaggio intrapreso per incontrare la sorella sposata in terra straniera. La sorella sarebbe morta di aborto proprio mentre loro due affogavano, perché aveva visto la scena in sogno. Ultima parte dell'opera: i morti non vorrebbero più far andar via il protagonista del poema, il quale però riesce a scappare. (Allegorie: topi, radici dell'albero, precipizio e drago deriverebbero dal quarto racconto di provenienza orientale Barlaavm kai Iwsafavt). Nell'opera sarebbero inoltre confluiti alcuni motivi orali presenti nei canti popolari. Poema sulla vita e sulla morte, all'interno di un genere letterario ben rappresentato in Occidente e in opere in versi in greco volgare. Secondo van Gemert l'opera è un componimento contrario alle manifestazioni poetiche etico-didattiche sul mondo dell'oltretomba, un sogno antitradizionale, con molti elementi realistici, una specie di invito al carpe diem: il poeta ama la vita in tutte le sue manifestazioni.

Page 85: Storia Della Lingua Greca

- 85 -

Ioannis Pikatoros: Rivma qrhnhtikhv ei" ton pikrovn kai akovreston vAdh. 563 decapentasillabi (che si interrompono bruscamente): viaggio nell'Ade con Caronte come compagno. Come nell'Apòkopos vi è solo un cenno al sogno. Nella oscura valle in cui si trova il protagonista ci sono tanti animali feroci, tra cui un drago. Viene attraversato un fiume pieno di teschi. È il regno di Caronte. Attraverso una grotta e le fauci del mostro si entra poi nell'Ade, dove Caronte si aggira vestito come un cavaliere insanguinato. Dialogo tra il cavaliere e il visitatore. Inizia il viaggio nel regno dei morti. L'opera si interrompe appena inizia la descrizione del paradiso terrestre. Una studiosa franco-tedesca (Marie-Espérance von Schwatz) nel 1873 trascrisse a Creta un canto popolare orale nel quale i protagonisti, Caronte e Cerbero, ripetono versi di questo componimento La prima edizione a stampa è a cura di W. Wagner 1874). Esistono dialoghi in versi popolari tra Caronte e l'uomo. L'opera è conservata solo in un manoscritto (Vindob. theol. gr. 244).

Omiliva tou nekrouv basiliav, della seconda metà del XV secolo, sogno in 137 vv. decapentasillabi non rimati; gli ultimi 47 dei quali sono una aggiunta successiva: lo scheletro di un re, che il poeta incontra in una chiesa abbandonata, dialoga con il poeta. Tutte le gioie terrene sono effimere. Si conserva in un codice Marciano, II 99 (coll. 1261) (è stato pubblicato nel 1963 da Manussos Manussakas). Poivhma tou Tzamplavkou Chronos dice al poeta di ubbidire al volere di Dio. Qui il dialogo è tra il poeta e il Tempo. Sembrano esserci chiari riferimenti all'Apòkopos. 106 versi rimati, di incerta cronologia. Il nome Tzamblakos e la lingua sembrano indicare il nord della Grecia come luogo nel quale questo poemetto sarebbe stato composto, tuttavia alcune caratteristiche linguistiche si potrebbero considerare proprie del dialetto occidentale di Creta, così come l'uso della rima, che aveva un larga diffusione nell'isola. L'opera dovrebbe risalire al XV sec. Si conserva in un unico manoscritto sul monte Athos (Athos 3293). * Antonios Achelis (seconda metà del XVI sec.): Assedio di Malta * Rimada della fanciulla e del giovane, fyllada dell'asino..., romanzi in versi (Libistro e Rodamne)... rimada di Belisario, Imberio e Margarona * Anonimo (nel cod. Vindobon. theol. gr. 244, ff. 115-116, ed in altri codd.): Dihvghsi" th``" foumisth;" Benetiva" (85 vv., l'ultimo recita: Te;" bavrke" e[coun a[loga kai; ta; kanavlia stravte"). * Alfabeto XV sec., Peri; xeniteiva"

* Letteratura cretese del Rinascimento 1570-1669 * G. Chortsatsis (di Rethymno, contemporaneo di Shakespeare e di El Greco): ricerche di S. Evanghelatos negli Archivi di Stato di Venezia * Teatro (pubblicazione di K. Sathas) - Erofili (fine XVI sec.-inizio XVII se.) (editio princeps Venezia 1637) (Orbecche di G. Giraldi Cinzio, 1547): Erofili, figlia del re Filogonos, sposa di nascosto Panaretos. Quando il padre lo viene a sapere, fa uccidere il giovane e manda in dono alla figlia una vaschetta d'oro nella quele sono contenuti i miseri resti mortali di P.

Page 86: Storia Della Lingua Greca

- 86 -

Erofili sconvolta si suicida. - Katzurbos (1595-1600) due innamorati Nicolò e Kassandra vengono allontanati perché la nutrice dà la fanciulla al vecchio Armenis. Si scopre poi che la ragazza è figlia di A. Commedia dell'arte, satira, doppi giochi, pastiche linguistico. - Panoria (commedia pastorale Calisto di L. Groto) autore Chortatsis?

Guvparh" - Panwvria - Intermezzi (T. Tasso, Gerusalemme liberata)* Ioannis Andreas Troilos, di Rethymnos: Re Rodolino (editio princeps Venezia 1647) (Tasso, Re Torrismondo)* (Anonimo): Zinon (tragedia del gesuita inglese Joseph Simon, ambientazione bizantina) * (Chortatsis?) Stathis (edizione critica a cura di Lidia Martini) * Markos Antonios Foskolos: Fortunatos (1655): si conserva l'autografo del poeta, morto nel 1662 (Alfred Vincent) * Poesia satirica - Sunaxavrion tw``n eujgenikw``n gunaikw``n kai; timiwtavtwn ajrcontissw``n, Qrh``no" tou`` fallivdou, JO kavth" kai; oiJ pontikoiv.

* Poesia pastorale * Boskopouvla (editio princeps 1627): in 498 endecasillabi * traduzioni del Pastor fido di Giovambattista Guarini * Poesia sacra - Andreas Sklentzas, anonimi, Chumnos, Qrh``no" th``" Qeotovkou di G. Plusiadinòs (1429-1500, metropolita di Monemvasià ed autore di componimenti in lingua dotta)

* Dramma religioso * Qusiva tou`` jAbraavm (V. Kornaros ?), Isach di L. Groto, 1635? (editio princeps 1696)

* Poemi sulla storia coeva * Krhtiko;" Povlemo" di Marinos Tzanes Bunialìs, 12.000, editio princeps 1681. * Poema epico-cavalleresco * Vintsentsos Kornaros:: Nell'epilogo (libro V, vv. 1543-1548) il poeta presenta se stesso, dicendo di esser nato a Sitìa e di essersi sposato a Candia. Ma chi è questo Vincenzo Kornaros? Panagiotakis e Ioannis Mavromatis ritengono che si tratti di un Vincenzo nato il 26.3.1556 fratello di Andreas, autore di testi poetici in italiano) sposatosi a Candia con Marietta Zeno nel 1590 e morto nel 1613/4. Questo Vintsentsos è autore anche di componimenti in italiano (uno di questi dedicato a Basile). Non tutti (Stefanos Xanthudidis, Linos Politis e Spiros Evangelatos) concordano con questa cronologia alta (1646?, prima del 1669), Per Stilianòs Alexiu, Nikos Panagiotakis e Ghiannis Mavromatis il poema è stato

Page 87: Storia Della Lingua Greca

- 87 -

scritto intorno al 1610 (forse la sua prima stesura potrebbe addirittura risalire all'ultimo decennio del XVI sec.). L'autore conosceva l'Orlando Furioso di Ariosto e l'Orlando Innamorato di Boiardo. L'opera è divisa in cinque parti ed è narrata in terza persona (tranne ovviamente nei dialoghi). I canti I, III e V hanno come tema principale l'amore, mentre il II e il IV sono incentrati sul torneo e sulla guerra tra Atene e la Vlachia. Quale fu il modello? Se il modello è il Paris et Vienne nell'adattamento italiano di Albani (pubblicato a Roma nel 1626) allora non è possibile ritenere che il Kornaros nato alla metà del XVI sec. sia l'autore Panagiotakis però ha individuato altre elaborazioni del romanzo sia a stampa che manoscritte che precedono la stampa del testo di Albani. Massimo Peri, Malato d'amore. La medicina dei poeti e la poesia dei medici, Soveria Mannelli-Messina, Rubbettino 1996. Saggio sulla malattia d'amore effettuato attraverso l'Erotòkritos (alla lettera malato d'amore). Amore contrastato, rielaborazione del rifacimento metrico di Angelo Albani Innamoramento di dui fidelissimi amanti Paris e Vienna, a sua volta dipendente da un romanzo medievale Paris et Vienne (fine del XIV sec. Pierre de la Cépède, il quale a sua volta dipendeva da più antichi romanzi). La vicenda si svolge in un'Atene antica (ma senza precise indicazioni cronologiche) dove il re Iraklìs e la regina Artemi hanno una figlia, Aretusa, amata da Erotokritos, figlio di un consigliere del re. A causa della differenza sociale fra i due, il giovane manifesta nascostamente la sua passione alla fanciulla con serenate notturne, la quale si innamora follemente del suo ignoto ammiratore. Erotokritos si allontana volontariamente da Atene per tentare di dimenticare la principessa ma durante la sua assenza Aretusa scopre casualmente l'identità del suo innamorato. Nel frattempo il re organizza una giostra per trovare un degno sposo per la figlia: la vittoria è, ovviamente, di Erotokritos. Il sovrano, però, nega le nozze. Il giovane va in esilio e torna solo dopo tre anni per combattere contro i nemici che assediano Atene. Questa vittoria sull'invasore gli consentirà di ottenere la mano della principessa. Nonostante il carattere convenzionale della narrazione, che si svolge secondo schemi narrativi fissi (amore contrastato, riconoscimenti, viaggi, avventure, malattie, morti presunte, travestimenti ecc.), il poema è scritto con grande raffinatezza: il poeta non ha solo una perfetta conoscenza della letteratura d'amore del Rinascimento ed un'apprezzabile abilità compositiva ma ha anche salde conoscenze medico-scientifiche. Editio princeps Venezia 1713. Un solo ms, al British Museum del 1710. Il poeta Cesario Dapontes nel 1766 scrive che molti tenevano il poema sotto il cuscino.

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2

Page 88: Storia Della Lingua Greca

- 88 -

lunedì 8.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Conferenza di D. N. Maronitis °°°°°

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 martedi 9.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Erotòkritos: (Saggio di Ghiorgos Seferis ) L’autore si deve molto probabilmente identificare con il Vintsentsos Kornaros nato a Sitia nel 1553, sposatosi a Candia nel 1590, fratello di Andrea Cornaro (poeta in lingua italiana e fondatore dell’Accademia degli Stravaganti). I protagonisti del romanzo sono il malato d’amore e Aretusa (Virtuosa). La trama deriva da qualche rifacimento italiano di un romanzo francese, Innamoramento delli nobilissimi amanti Paris e Viene. Contemporaneo di Dominikos Theotokòpulos, El Greco (1540-1614) e del musicista Frankiskos Leontaritis (1518-1572) Il narratore nel prologo dichiara che le alterne vicende della ruota della Fortuna lo hanno spinto a narrare la storia a lieto fine di due amanti fedeli. La storia si svolge in una Atene pagana priva di precise connotazioni temporali dove il re Iraklìs e la regina Artemi sono i genitori di Aretusa. Rotokritos è figlio di un consigliere e nonostante la differnza sociale che lo separa dalla principessa ne è follemente innamorato ed intenderebbe sposarla. Di notte il giovane canta serenate per la sua bella e la fanciulla si innamora del suo ignoto ammiratore. La nutrice tenta di distogliere la fanciulla da questa passione ed anche il giovane tenta di vincere il suo sentimento allontanandosi da Atene. Durante questa assenza Aretusa scopre casualmente l’identità del giovane e al suo ritorno Erotokritos scopre di essere corrisposto. Nel frattempo il re organizza una giostra per trovare alla figlia uno sposo degno del suo lignaggio. Arrivano 14 cavalieri che dovranno battersi il 25 aprile in singolar tenzone. La giostra è vinta da Erotokritos che riceve dalle mani della sua amata il premio. I due cominciano ad incontrarsi di notte e a parlarsi d’amore, e il giovane trova il coraggio di chiedere in sposa la fanciulla. Ma il re si oppone per la differenza sociale tra i due e manda in esilio E. Aretusa dona ad E. un anello e gli giura amore eterno. Iraklìs teme che la figlia corrisponda questa amore, pertanto si affretta a combinare le nozze con il re di Bisanzio. La fanciulla nega il suo consenso ed il padre la fa rinchiudere in prigione. Dopo tre anni di esilio, E. ritorna mentre i Vlachi assediano la città e travestito in modo irriconoscibile riesce a sconfiggere i nemici. E. si batte a duello contro il re dei Vlachi e lo vince, salvando così il regno di Iraklìs. E. è ferito e ancora sotto false spoglie. Il re decide di dargli il potere della città ma il giovane rifiuta dicendo che vuole soltanto sposare la fanciulla. Con il permesso del re si re nella prigione sotterranea dove è rinchiusa A. e le chiede la mano. Ma la fanciulla, che non lo riconosce, rifiuta, perché le avevano fatto credere che il suo innamorato era morto. Ma E. riesce a farsi riconoscere e finalmente i due possono coronare il loro sogno d’amore. Nell’epilogo il poeta rivela il proprio nome e cognome.

Page 89: Storia Della Lingua Greca

- 89 -

1669 Caduta di Creta 1684-1714 Seconda Venetocrazia nel Peloponneso - vAnqh eulabeivaı 1708 a Venezia dagli studenti del collegio Flanghini (epigrammi latini, in greco antico, in greco volgare e in italiano composti dagli studenti greci di Venezia) -Petros Katsaitis (1660/65-1738/42): di Cefalonia. Storico, poeta ed autore di tragedie. Nacque in territorio dominato da Venezia qualche anno prima della caduta di Creta. Partecipò attivamente alla guerra veneto-turca (1684-1699, conclusasi con il famoso trattato di Karlowitz). In seguito a questa guerra i Veneziani presero pieno possesso del Peloponneso, di una parte della Grecia occidentale continentale, di Leucade. Si stabilì nel Peloponneso dove visse fino al 1715, quando scoppia una nuova guerra con i Turchi, i quali riescono nuovamente ad impossessarsi di parte del Peloponneso e della città di Nauplia (9 luglio 1715). Katsaitis viene preso prigioniero, portato a Candia e venduto come schiavo. Gli fu comunque concesso di ritornare a Cefalonia e pagare il riscatto per la sua libertà. Durante la sua schiavitù compone il poema storico intitolato Lamento per la caduta del Peloponneso (KlaqmovıPeloponnhvsou proı Ellavda) finito nel 1716 (anno in cui i Turchi assediano senza successo l’isola di Corfù). 1718 trattato di Passarowitz nuova egemonia di Venezia nello Ionio. 1720 compone l’Ifigenia e nel 1721 il Tieste. Forse fu l’autore anche di un componimento oggi perduto e conservatosi solo nella versione italiana: Sfioramento cronologico intorno l’isola di Cefalonia. Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Cefalonia. Nel 1976 Spyros Evanghelatos ha avuto la fortuna di trovare atti notarili su P. K. Nel 1983 A. Politis pubblica un poema (in decapentasillabi, circa vv. 1100) fino ad allora rimasto sconosciuto agli studiosi intitolato Neva Istoriva Aqevsqh Kuqhrevou conservatosi in un’unica stampa veneziana del 1749 (tipografia A. Bortoli –la stessa che pubblica l’Erotòkritos-). Si tratta di una rilaborazione-traduzione di un testo originariamente scritto in italiano pubblicata dopo la morte del traduttore. Si può supporre per una serie di motivi che l’autore possa essere stato proprio K. Sebbene Alexis Politis non sia del tutto sicuro di questa identificazione Spyros Evanghelatos non sembra aver dubbi. Le opere sicuramente scritte da K. ci sono pervenute in un unico manoscritto acefalo. Il codice apparteneva alla raccolta privata di N. Politis, il quale lo aveva trovato a Cefalonia, e adesso (dal 1925-1926) si trova presso la biblioteca dell’Università di Salonicco. La prima notizia su questo manoscritto si deve a Fokos Politis, figlio di Nikolaos, regista e studioso della storia del teatro. L’edizione critica si deve a E. Kriaràs, che pubblicò nel 1950 le tre opere del poeta di Cefalonia. Kriaràs per primo si accorse che le tragedie di K. sono rielaborazioni di tragedie di Lodovico Dolce (1508-1568). Pochi gli studi su questo autore: Kriaràs, Puchner, Thodoros Grammatàs e S. Evanghelatos (che ha messo in scena le due tragedie – 1964 Tieste, 1979 Ifigenia). Prwtopovroı: sente la continuità storica della Grecia con il suo glorioso passato. Il Lamento per la caduta del Peloponneso è costituito da 2994 vv. L’opera è dedicata a un conte Metaxàs (forse si tratta di Andreas, figlio di Athanasios Metaxàs morto nel 1714). Poema storico. Il Peloponneso (in greco di genere femminile) piange la caduta nelle mani dei turchi e si rivolge alla sorella Grecia. Supplica alla Madonna (90 vv.); Dedica al conte Metaxàs (102 vv.); Discorso al Lettore (56 vv.) (presentazione dell’opera e dell’autore). Prologo: Il Peloponneso si rifugia su un monte per piangere la sua sconfitta. Arriva la sorella Grecia per consolarla (79). Prima parte: La Grecia ricorda al Peloponneso che non è la prima volta che gli stranieri occupano il suo suolo e che non era ben difesa per contrastare l’attacco. La Grecia quindi racconta le vicende della guerra descrivendo la caduta e la conquista di Corinto e quella di Nauplia. Il Peloponneso non viene confortata dalle parole della sorella e continua il suo pianto, pensando agli anni felici ormai definitivamente perduti. La colpa di tale disfatta si deve agli abitanti che non hanno saputo difendere la propria terra. Sperava nella difesa di Nauplia, caduta però in seguito ad un tradimento (904). Seconda parte: Il Peloponneso racconta nei particolari la caduta di Nauplia. Riferisce quindi notizie relative agli assedi di Patrasso, Metone e Monenvasia. Causa della sconfitta è l’indifferenza degli abitanti e l’incapacità dei governanti (944). Terza parte: Il Peloponneso lamenta l’indifferenza nei suoi confronti manifesta dal resto dell’Europa e ringrazia la Grecia per aver

Page 90: Storia Della Lingua Greca

- 90 -

offerto rifugio ai suoi profughi. Ringrazia anche Costantinopoli e Chios ma disprezza la non partecipazione di Creta. Chiede consiglio alla sorella Grecia sul modo di affrontare la disgrazia. La Grecia consiglia di aver pazienza, perché tutto è destinato a cambiare nel tempo e di lasciare il rifugio di montagna per tornare tra la popolazione. La Grecia e il Peloponneso si abbracciano e si salutano (736). Preghiera alla Madonna: dodici strofe di sei versi endecasillabi (72). Orazione del poeta al lettore: informazioni biografiche (11) Età dell’Illuminismo All’inizio del Settecento vi sono figure di intellettuali importanti come Alèxandros e Nikolaos Mavrokordatos (idee nuove, “rivoluzionarie”, lingua arcaicizzante). Uno sguardo ai paesi dell’Europa orientale. Vienna. Parigi. Bucarest, Iasi, Costantinopoli, Parigi, Mosca, Pietroburgo (fine 700, primi giornali, fratelli Markides Puliu) * Dimaràs, Kitromilidis, Marcheselli, IV Congresso Nazionale di Studi Neogreci, Napoli 1997 Seconda Venetocrazia nel Peloponneso (1684-1714) 1685-1687 Francesco Morosini conquista per conto di Venezia il Peloponneso 1714 i turchi conquistano il Peloponneso * Fanarioti, Fanar è il nome della parte di Costantinopoli nella quale si istallò il Patriarcato all'inizio del XVII sec. e dove si trova ancor oggi: Alexandros Mavrokordatos (Fanarioti) (Chios 1641-1709), autore di riflessioni politiche (Frontivsmata politikav, Qevatron politikovn); padre di Nikolaos Mavrokordatos (1670-1730) (principe egemone in Moldavia) autore di un'opera (1718) intitolota Filoqevou pavrerga, una specie di romanzo nel quale si apprezza la profonda cultura europea dell'autore: uso della lingua alta (ajrcai?zousa)1718 pace di Passarowitz: Venezia rinuncia al Peloponneso e all'Egeo; liberalizzazione del commercio tra austriaci e ottomani* 1728 Geografia di Meletios (paesi europei, Polonia, Russia, Tartaria, stati arabi e africani sul Mediterraneo, India, Cina, continente americano), 1738 Introduzione alla Geografia di Chrisanthos Notaràs; Filosofia, storia, matematica, fisica ILLUMINISMO GRECO trattato di Kiutsoùk-Kainartzì (1774): La Russia ottiene dai turchi il diritto di

navigare nell'Egeo e di proteggere i greci ortodossi dell'impero ottomano. Voltaire, Evghenios Vulgaris (1716-1806) (alla corte di Caterina di Russia dal 1770) * Bosporomaciva 1766, Momars, medico ed interprete * Kesarios Konstantinos Dapontes (1714-1784): Kh``po" carivtwn, Kaqrevpth" gunaikwvn, Travpeza pneumatikhv) Dal 1770 (sconfitta dei fratelli Orloff) alla Rivoluzione del 1820: età di Pietro il Grande (1682-1725) e di Caterina II di Russia; 1797 Trattato di Campoformio. I francesi occupano le isole dello Ionio. Illuminismo e questione della lingua * 1791 Gewgrafiva newterikhv scritta da due allievi di Katartzìs (Grigorios Konstandàs e Daniìl Filippidis) in lingua volgare * Filikhv Etaireiva - I. Misiodax (1730-1790), (allievo di Vulgaris, ma sostenitore della lingua volgare; insegna a Bucarest e ad Iasi, traduce in greco Ludovico Muratori; si interessa di questioni pedagogiche: Paidogwgiva, stampata a Venezia nel 1779 è basata

Page 91: Storia Della Lingua Greca

- 91 -

sull'analisi dei principi educativi di John Locke; teoria della geografia, ed. 1781) - Dimitrios Katatzìs (c.a. 1725- c. a. 1800) la maggior parte delle sue opere è rimasta inedita, ma è il più strenuo sostenitore dell'importanza dell'uso del volgare anche nei testi scritti: è autore tra l'altro di una grammatica del greco antico in greco volgare, di una grammatica del greco volgare e di un trattato di metrica neogreca. Scrisse anche diverse opere filosofiche. L’edizione delle sue opere non è ancora completa: alcuni testi sono stati curati da Dimaràs. - Rigas Velenstinlìs (1757-1798) provdromo" kai; prwtomavrtura" th``" eJllhnikh``" ejleuqeriva, nasce in Tessaglia, diventa grammatikov" ad Istanbul, nel 1790-91 si trova a Vienna, dove pubblica i suoi primi libri (1790 sei racconti di Restif de la Bretonne, Scoleivo tw``n ntelikavtwn ejrastwvn, Fusikh``" ajpavnqisma:: in forma dialogica tra maestro ed allievo: spiegazione della fisica) Carta della Grecia, effige di Alessandro Magno, traduce l'Olimpia di Metastasio, e - con G. Vendotis - il Viaggio del giovane Anancarsi in Grecia dell'abate Barthelemy, Esprit des lois Montesquieu, scrisse diversi canti tra i quali il Qouvrio", proclama rivoluzionario in versi, pubblicato nella raccolta di Claude Fauriel); traduce la costituzione francese del 1793 Suvntagma th``" JEllavdo". Trieste. Belgrado, 24 .6.1798. - Adamantios Koraìs (Smirne 1748-Parigi 1833); 1771 Amsterdam. Informazioni sulla vita giovanile dall'amico Stamatis Petru. 1777 lascia Amsterdam e si reca a Lipsia, Vienna, Trieste, Venezia. Ritorna per un periodo di quattro anni a Smirne. 1782 a Montpellier per studiare medicina. Studia filosofia ed i classici greci. Nel 1788 si reca a Parigi con la laurea di dottore in medicina. - 1796 lavora all'edizione dei Caratteri di Teofrasto (pubblicati nel 1799); 1800 Ippocrate. - Traduce Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (pubblicata nel 1802) - Dialoghi: Tiv prevpei na; kavmwsin oiJ Graikoi; kata; th;n parouvsa" peristavsei" Diavlogo" duvo Graikw``n, o{tan h[kousan ta;" lampra;" nivka" tou`` aujtokravtoro" Napolevonto" (esorta i greci a sostenere le imprese di Napoleone) - 1804 pubblica Eliodoro, 1805 inizia a dare alle stampe l'Ellinikì Vivliothiki. Editore di Esopo, Marco Aurelio, Aristotele, Longo Sofista, Polieno. 3) 1821 per Korais la rivoluzione scoppia troppo presto (pro; tou``

prevponto" kairou``): egli è contrario alla "rivoluzione" avrebbe preferito una anakaivnish,

- Koraìs studia i testi in greco medievale (Ptochoprodromos, edizioni a stampa cinquecentesche, romanzi) per interesse essenzialmente linguistico. - Grande importanza l'educazione e la formazione, crede infatti che persino la virtù si possa insegnare ed apprendere attraverso lo studio di testi appropriati. - Koraìs crede che il nuovo teatro greco alimenta negli animi il desiderio di rinascita della Grecia, - Importanza della formazione e della scuola, di ogni genere di scuola.- Ispira la pubblicazione della prima rivista letteraria greca LOGIOS ERMHS (Vienna) - Posizioni relative alla lingua: La lingua è possesso dell' evqno". Apo; to;

Page 92: Storia Della Lingua Greca

- 92 -

kth``ma tou``to metevcoun ovla ta mevlh tou evqnou" me dhmokratikhv isovthta. Lingua dotta e lingua popolare: né conservatorismo né innovazione: via di mezzo lingua parlata epurata ed arricchita (=lingua artificiale=kaqareuvousa)Traduce Tirteo, ma si sente troppo vecchio per l'azione O PAPATRECAS, satira contro i cattivi sacerdoti, una specie di romanzo, scritto come introduzione alla sua edizione dell'Iliade. Viene considerato uno dei primi "romanzi" neogreci Autobiografia (scritta all'età di ottant'anni): essenziale, senza fronzoli retorici, schietta. - Ioannis Vilaràs (1771-1823) (trad. italiana della sua Batrachomyomachia a cura di F. Morana, edizioni L’epos, Palermo) - Athanasios Christòpulos (Kastorià 1772-Bucarest 1847) Fanariota, di famiglia nobile; liriche (stampate insieme alle odi di Kalvos) (nuovo Anacreonte), ERMIS, E. Tsantsanoglu; l'opera di Christopulos può essere divisa in quattro sezioni: poesia, lingua, filosofia, traduzione.- Le prime due parti in gioventù, poi il pensiero e in età avanzata traduzione. - 1812 fine periodo poetico, mise in musica i suoi versi - l'Achille, che conclude la sua fase poetica, è l'unica opera teatrale. Venne più volte rappresentato a Bucarest; Aijolodwrikhv Grammatikhv, Interessi pedagogici - Il pensiero muove dall'Illuminismo e dalle sue conversazioni con Katartzìs - Nel dialogo sulla lingua Solomòs fa riferimento a Christòpulos, e non solo per motivi onorifici, ma anche per un riconoscimento ufficiale: Christòpulos è per Solomòs ogennaivo". Solomòs è contrario alle idee sulla lingua di Koraìs - Versione fatta dal greco di tre canzonette di Atanasio Cristopulos, Venezia tipografia Alvisopoli, traduzione di Emilio Tipaldo (La primavera, la catena, il dono) 1831. Traduzione di alcuni componimenti lirici di Atanasio Cristopulo, Zante dai tip. di Cos. Rossolimo, 1847, trad. di Niccolo Volterra Canzoncine di Atanasio Cristopulos, Venezia 1865 trad. Emilio de Tipaldo Canti neoellenici, traduzione di Adolfo Gemma 1881 - amico di Iakovakis Rizos Nerulòs al quale dedica il componimento [Erwto" jApologouvmeno" - traduttore del primo canto dell'Iliade - tragedia Achille: Acilleuv", dravma hrwi>kovn ei" thn aiolodwrikhvn diavlekton (totale 1731 vv.). L'argomento è relativo al primo libro dell'Iliade (in decapentasillabi rimati ed in eptasilllabi rimati) ****** I canti popolari: le raccolta di Claude Fauriel (1824-1825, inserisce anche il Thurios di Rigas), Niccolò Tommaseo

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 mercoledi 10.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino

Page 93: Storia Della Lingua Greca

- 93 -

Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato La riscoperta della Grecia nel XIX sec. Neoclassicismo e Romanticismo. Percy B. Shelley, Hellas. Filoellenismo Europeo. La letteratura e la vita culturale a Atene dal 1830 al 1880. La svolta degli anni '80. Il romanzo storico ad Atene. I concorsi poetici. ALEXANDROS PAPADIAMANDIS La guaritrice

Quella notte ero salito di nuovo in montagna per incontrare la cugina Machula. Non ero sicuro che l'avrei vista, tuttavia, spinto da una specie di malessere, mi arrampicavo verso il luogo sacro, avvertendo la necessità di riaccendere antichi ricordi. È stata l'ultima volta che ho visto, in quei luoghi solitari, mia cugina Machula. La prima volta, vent'anni fa, l'avevo incontrata nel profondo del bosco, vicino ad un immenso albero di fico e ad un recinto sacro dove vi erano i resti di un gigantesco tempio di marmo dell'epoca precedente a Prometeo. Presso quello strano edificio, dall'aspetto misterioso come il volto della Sfinge, c'era una chiesetta piccola e malmessa, dedicata a Santa Anastasia Martire. Lì avevo incontrato per la prima volta, venti anni fa, mia cugina Machula, che, verso la fine dell'autunno era andata al tempio insieme con il papàs per celebrare la liturgia. Dopo la funzione, il papàs aveva bevuto un caffè ed un grappino, proprio fuori della porta della chiesa, all'aperto, vicino al fuoco acceso per il servizio ecclesiastico e per la celebrazione religiosa, e poi, dopo aver salutato la donna, se n'era andato. Mia cugina Machula, invece era rimasta lì, insieme alla sua bambina di sette anni e ad altre due donne, sue vicine di casa, che l'avevano accompagnata nel pellegrinaggio e che se ne andavano in giro sulle alture e presso i corsi d'acqua, nelle vicinanze del tempio a raccogliere verdura e funghi. Mia cugina Machula invece si occupava d'altro: accendeva sette candele nei due candelabri della chiesa, davanti alle icone di Cristo, della Madonna, di San Giovanni Battista e di Santa Anastasia. Sembrava che, andato via il papàs, volesse svolgere una nuova funzione, più misteriosa. Dal suo enorme cesto prese un filo sottile, lunghissimo, più di cento orghiès, giallo, profumato e ricoperto di cera. Una miccia gigantesca di cotone, che aveva intrecciato da sola con le sue mani, e con le sue stesse mani, ricoperto di cera d'api nuova. Dunque legò questo lungo filo incerato alla serratura della vecchia porta fradicia del tempio, poi iniziò a tirarlo per svolgerlo a poco a poco dal cesto, dove stava come un gomitolo avvolto con arte e facile a svolgersi, e lo trascinava fuori del tempio per adattarlo in basso presso il muro, in un primo momento presso la parte del muro ad ovest, poi lungo il lato sud-ovest, e poi lungo la curva ad angolo del lato sud-orientale, e poi di nuovo sulla parete orientale lungo la sua larghezza, per tutta la curva che formava l'arsella dell'altare e poi avvolse il lato sinistro, lo rigirò lungo la parete a nord e attraverso l'angolo nord-occidentale fece ritorno verso l'ingresso del tempio. Dopo compì un altro giro, uguale al primo, ed adattò il nuovo viluppo del filo cerato parallelamente e più vicino al primo. Quindi il terzo giro ed il quarto e così via fino al settimo. Per sette volte intorno all'edificio. Mia cugina Machula avvolse tutta la chiesetta con sette viluppi di filo cerato. Quando le altre donne ritornarono con i canestri pieni di verdura e funghi, si fecero il segno della croce, e si avvicinarono dicendo: «La Guaritrice mostri il suo miracolo! Aiuto...»

Santa Anastasia la Guaritrice libera dai sortilegi e sfata ogni incantesimo ordito con cattiveria da qualche nemico. Per me, che mi trovavo per caso lì, la cosa fu strana, quanto sarebbe sembrata strana ad uno scolaro di una terza ginnasio di provincia, che marinava la scuola sin dalla prima ora delle lezioni a metà anno scolastico. Ma mia cugina Machula sapeva cosa stava facendo. Aveva solo un figlio maschio. E quattro figlie piccole, la maggiore delle quali aveva già sedici anni. Il figlio era il maggiore ed aveva già quasi vent'anni. E aveva perso la testa e chiedeva di sposarsi. Le donne di Pera Machalàn lo avevano stregato e gli avevano fatto alzare la cresta. Chissà che fattura gli avevano fatto, cosa gli avevano dato da bere. Quelle erano esperte di magie... Ed amava una ragazza più grande di lui, e voleva sposarla. «O me la sposo, mamma, o mi ammazzo!» Non c'erano discussioni. Era innamorato perso. Quindi cosa avrebbe dovuto fare mia cugina Machula? Lasciare il figlio nel suo tormento, tanto giovane e rimanere a contemplare le quattro figlie non sposate? Quale genitore avrebbe potuto accettarlo?

Page 94: Storia Della Lingua Greca

- 94 -

Si lasciò prendere dalle cose divine. Frequentava molte funzioni sacre, pregava, supplicava. Prendeva i vestiti del figlio e lì poggiava sull'altare perché vi si svolgessero sopra le funzioni. Tormentava se stessa con digiuni, veglie e percorsi in ginocchio. Ed in ultimo si era rivolta a Santa Anastasia la Guaritrice. Perché questa Santa aveva ricevuto da Dio la grazia di sciogliere le magie e i sortilegi. Ragion per cui andò, seguì la funzione, circondò il tempio sette volte con il filo ricoperto di cera, lungo cento orghiès, preparato con le sue stesse mani, (svolgendo tale cerimonia da sola spinta dall'amore materno) e pregava la Santa affinché liberasse il figlio dall'incantesimo, e lo facesse rinsavire, quel figlio innamorato perso, stregato, perché non perdesse il senno ingiustamente...

Tutte queste cose mi ritornavano in mente e mi si ripresentavano come se fossero successe ieri, ma da allora erano trascorsi più di vent'anni. Ero giunto al tramonto, e mi ero spinto fino al vallone del Drago, dove inizia la ripida salita di Varantàs. La luna non era ancora sorta, perché ci volevano ancora due o tre giorni per il plenilunio. Nella valle si udiva lo scroscio del torrente della neve sciolta da poco. Di fronte a me un'alta rupe nera e misteriosa nel buio. Era marzo. Il ruscello scorreva fragorosamente, si rompeva in due cascate e signoreggiava nel silenzio della notte. Quel rumore mi metteva paura nell'anima, la quale si identificava con quella corrente. Ero dominato da un tormento subdolo, così come la corrente profonda ed il silenzio erano avvolti da un sordo frastuono. Con difficoltà distinguevo il sentiero tracciato tra i folti cespugli ed il muschio. Poi, di fronte a me, sul declivio scosceso, intravidi un bagliore. I primi raggi della luna inargentavano le chiome degli alberi. Giunsi ai piedi del monte ed iniziai la salita. E mentre salivo per quel difficile percorso, affrettandomi ed ansimando, scorsi in lontananza, di fronte a me, la luna, lì sulla collina alberata che mi chiudeva l'orizzonte. Vidi la luna che sorgeva tra la montagna di fronte, una montagna lontana, dove per alcuni momenti sembrò aver dato fuoco ad un albero isolato, ritto sulla vetta dell'alta montagna che chiudeva il porto: l'albero apparve in fiamme; poi Ecate, lasciando l'albero arso nero e buio, risaliva lenta e immersa nel bagliore, raggiungendo la cima. Arrivato sulla vetta, mi incamminai verso la vallata alla luce della luna. Raggiunsi poi il declivio opposto, dove di nuovo incontrai ombre e luoghi paurosi pieni di alberi davanti a me. Lì, più oltre, c'era la casetta di Ghiannis Stoghios, un mio amico, un semplice contadino. Superai il muretto basso, giunsi nel cortile e bussai alla porta. Stoghios non si era ancora addormentato, si vedeva la luce accesa dal lucernario. Lo chiamai per nome. Riconobbe la mia voce e venne ad aprirmi. Mi offrì volentieri ospitalità e riparo. Ma io non sapevo perché avessi bussato, dal momento che non avevo per nulla sonno. Quando poi si addormentò, presi il bastone ed il cappello ed uscii gridandogli che, se voleva, poteva chiudere la porta. Quegli, che dormicchiava molto leggermente, mi rispose con un gemito tranquillo tra il sonno. Scesi ancora più in basso lungo il monte. La luna era già nel mezzo e splendeva per tutto il declivio. Nei prati si sentivano cinguettare gli uccelli. Giunsi in uno stretto luogo alberato, girai a sinistra e mi ritrovai presso il tempio solitario di Santa Anastasia. .... E adesso dopo venti anni, quando avevo ormai iniziato a perdere la freschezza della giovane età ed avevo già abbondantemente assaporato tutta la feccia e l'amarezza della vita, io stesso desideravo andare al tempio della Martire con un cero. Non mi era stato possibile trovare un solo cero puro perché, da molto tempo ormai, i cerai vendono soltanto ceri non puri e gli stessi apicoltori hanno imparato a rendere impura la cera prima di venderla. Il tempio della Santa si era degradato ed era in pietoso stato di abbandono, dopo che la devozione era grandemente decaduta. Esistevano soltanto due icone lerce d'olio e rovinate sul peplo marcio, l'immagine di Cristo Salvatore a destra ed a sinistra quella della sua agnellina,rivolta verso di lui come se dicesse “desidero te, mio sposo”. Le icone della Madonna e del venerabile Battista erano scomparse. Forse le aveva sottratte la mano avida di qualche appassionato di arte bizantina.... C'erano solo due ceri mezzi rotti o inclinati, la porta settentrionale del tempio priva di ante, l'unica finestra nel lato sud del tempio senza imposte, il tavolo delle offerte vuoto e non apparecchiato, pieno di polvere. Il tempio che era stato circondato per sette volte e per sette volte santificato non era più in uso. Né sacrifici, né incensi, né luogo di offerte. E la funzione mistica, compiuta molti anni prima intorno ai suoi muri dall'affettuosa Machula, mia cugina, non si svolgeva più da molto tempo. Sette volte solamente? ... Settecento sette volte avrei avuto bisogno di circondare il tempio di Santa Anastasia. Tante volte aveva, infatti, circondato il mio cuore l'acanto dell'amore amaro, tante lo aveva soffocato la passione strisciante, l'ingannevole.... Temevo di dirlo alla Santa, mi vergognavo di confessare a me stesso, che, maturo ormai negli anni, ero in preda della passione, un relitto... Ma perché avrei voluto offrire un cero e

Page 95: Storia Della Lingua Greca

- 95 -

incenso, per cosa avrei circondato di ceri il tempio? La Santa poteva forse guarirmi, ma io non desideravo essere guarito. Avrei preferito bruciare a fuoco lento.... Esistono in paradiso Santi che accolgono le preghiere degli amanti? … Per caso, lì, presso la chiesetta della Guaritrice, presso quell'immenso edificio misterioso di marmo, c'era forse stato anticamente un tempio di Afrodite, c'era stato un altare di Eros? Oh! Eppure mi consumavo di ora in ora desideravo, se possibile, essere guarito. Aiutami, Santa Anastasia!

Mentre guardavo con curiosità il tempio si era già fatto giorno. Le ore erano trascorse senza che me ne accorgessi, ed io nel sonno e nel torpore, senza sentire freddo, avevo trascorso quasi tutta quella notte di marzo all'aperto. Mi allontanavo dalla chiesetta sentendo un sollievo involontario, tranquillo per il fatto che la Santa non avrebbe più voluto salvarmi. Lì, senza che me l'aspettassi, incontrai mia cugina Machula.... Era tale e quale a quella di venti anni prima, il suo volto non si era quasi per nulla trasformato né aveva un solo capello bianco in testa, né una ruga in viso. Era come quelle donne che hanno una seconda giovinezza, più splendente della prima. Pallida e ingenua e lieve, sembrava a prima vista brutta, ma dopo il suo volto mostrava un'indicibile dolcezza. Era ninfa e sacerdotessa e donna. «Che ci fai da queste parti, cugino?» mi dice. Mia cugina Machula aveva un uliveto in quella zona. Quell'anno c'era un raccolto molto ricco, e anche se eravamo già a marzo, il piccolo cestino che portava al braccio destro era pieno di olive belle e succose: le ultime olive cadevano dagli alberi ancora alle porte della primavera. Considerava sua tutta quella zona, e per questo diceva: «Che ci fai da queste parti». La salutai e mi sedetti su una pietra sotto un albero di ulivo, sul bordo dell'uliveto. Lei, avvicinandosi, posò il cesto accanto a me, e dopo essersi rimessa a posto con le mani il vestito, si sedette un po' più in là. «Ne vuoi, cugino?» «Cugina -dissi io, senza rispondere alla sua gentile offerta- ricordi quel tempo quando io ero bambino quando circondasti di cera tutto il tempio di Santa Anastasia?» «Lo ricordo», rispose. «Dimmi - come se io non lo sapessi - perché lo hai fatto?» «Avevo fatto un voto, perché il mio Manolakis era innamorato; Santa Anastasia libera dalle magie e, grazie a lei, salvai mio figlio. La pregai di sciogliere il sortilegio, qualora ne fosse stato colpito». «E poi cosa avvenne? Dimmi tutto, come se fossi un confessore, perché io, sai la maggior parte del tempo sono stato lontano dalla patria e non ho seguito bene le vicende». «Sembra che non gli avessero fatto dei sortilegi e che fosse volontariamente caduto nell'amore, perciò la Santa, dal momento che non vi erano state magie, non poteva fagli cambiare testa, perché da solo si era messo quest'insana passione nel cuore. Dunque la Santa mostrò il suo miracolo in un altro modo: quando feci il mio voto la fanciulla si fidanzò con un altro e dopo poco tempo avvennero le nozze. Allora per paura che mio figlio impazzisse o si ammalasse di tisi lo offrii in voto alla Madonna che culla il bambino, che sia benedetta, perché lo liberasse dalla follia e dalla malattia..... Gli costò molto, soffrì, perse l'appetito, impallidì come la cera, uscì dal mondo. Comunque la Madonna accolse il voto ed il ragazzo non impazzì né si ammalò.... In poco tempo ritornò in sé». «E adesso che fa?» «Adesso naviga con la nostra goletta presso le coste dell'Oriente... Ha preso il diploma di capitano e lui stesso regge la barca perché il padre è invecchiato e rimane a terra.... Sembra che si sia un po' messo a bere, ma non credo che esageri... Si è incanutito ma non vuole sposarsi. Per me è meglio, cugino. Mi aiuta anche economicamente le due ragazze: adesso ne ho altre due. Meglio che sia così scampato dalle pene. Non è utile che il mondo si moltiplichi così tanto. Il mio vicino, Konstantìs Rigas, uomo intelligente e che ha molto girato, se vede nascere qualche maschietto nel quartiere, ed i parenti e le donne tutti contenti, dice: ma che vi rallegrate, è nato un altro scaricatore di porto». Poi chiesi a mia cugina se fossero per caso accadute altre cose strane relative a questa questione. Machula mi rispose: «Una sera, in quel tempo, mentre ritornavo a casa dall'uliveto, passai da Santa Anastasia per farmi la croce e per accendere qualche cero, e mentre si faceva notte, sentii certi rumori, rumori strani in quell'edificio di marmo accanto, quell'edificio che dicono sia stregato. E poi una notte sognai di trovarmi nella chiesetta della Santa, e lì vidi qualcosa di molto strano, che si spingeva avanti, usciva e si riversava

Page 96: Storia Della Lingua Greca

- 96 -

fuori di quell'edificio stregato. Mi sembrò che si avvicinasse una fanciulla bella, molto bella, con il volto splendente, la quale mi diede un fiore bianco, profumato dicendomi: dallo a tuo figlio, che lo odori, è un fiore del paradiso. Improvvisamente, ritorna indietro quella cosa strana, nera e rossa, che era saltata fuori dell’edificio antico, ritorna indietro tagliata e si getta su di me cercando di strapparmi dalle mani il fiore datomi dalla bella fanciulla, che forse era Santa Anastasia. Nello stesso momento appare di nuovo la Santa, come se venisse fuori della porta Santa del tempio, con un ramoscello di palma e gli dà un colpo che gli taglia la mano, quella mano maledetta, che cercava di strapparmi il fiore. Vidi queste cose».

Per tutto il giorno vagai presso i ruscelli e la spiaggia, lungo quella spiaggia selvaggia e battuta dal mare, e soltanto al tramonto ritornai al ricovero di Stoghios per dormire un po'. Quando mi risvegliai la luna era spuntata, ma avevo perso il sonno per tutta la notte. I passi mi riportarono nuovamente al tempio di Santa Anastasia. Accesi un pezzo di cero abbastanza impuro comprato il giorno precedente nella cittadina, e che avevo tagliato in quattro pezzi per comodità, avvolto tra la carta e deposto nel mio sacco. La notte precedente l’avevo dimenticato nel sacco. Dopo aver messo il cero nel candeliere mi sedetti su un gradino per riposarmi. Poi volli inginocchiarmi per pregare, ma ero stanco. Chiusi gli occhi, cercando di dormire, ma la sofferenza mi teneva sveglio. Nelle ore di solitudine di quella notte, delle preghiere sconnesse e delle bestemmie involontarie, navigavo in sogno verso un altro mondo. Sentivo suoni, sussurri e voci. Mi sembrava che i ricordi mi bombardassero le orecchie come uno sciame infinito di anime volanti, osservavo l'icona della Santa, e mi sembrava bella come era apparsa in sogno alla cugina Machula. Poi ebbi l’impressione che un'altra figura si sovrapponesse a quella, coprendola. In quel momento sentii un gran rumore fuori, a destra del tempio, lì verso quell'antico edificio, quello “stregato”. Subito mi venne in mente il racconto di mia cugina. Presi il cero ed uscii dal tempio. Soffiava un vento pungente che poteva far spegnere il cero. Poiché proteggevo la fiamma con il palmo della mano, non vedevo nient'altro oltre il muro della chiesa. La luna era coperta dalla nubi. Distinguevo nell'ombra l'edificio di marmo, e non pensavo a nulla (o non capivo nulla). Mi sembrò che qualche cosa saltasse fuori del muro e si volgesse in fuga: forse era un gatto selvatico o una donnola che cacciava al buio. Ritornai al tempio e mi feci la croce. Mi sedetti nuovamente sul gradino. La figura che mi sembrava stesse lì, quella che portava la purezza negli occhi rivolti in basso, e la dolcezza sulle labbra rosse e dolci, mi parve scambiare dei cenni con l'icona della Santa. Le sue labbra supplicavano e lo sguardo dell'icona accennava consenso. Allora fui colto dal sonno, lì sul gradino dove ero seduto. Un sonno senza sogni, i sogni erano stati cancellati dall'eccitazione. Solo nel profondo della mia coscienza una voce, che somigliava ad un oracolo, mi sussurrò vagamente: "Va’, inguaribile, il dolore sarà la tua vita...".Mi svegliai. Mi alzai e me ne andai. Sentivo una gioia selvaggia, perché la Santa non aveva esaudito la mia supplica.

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 lunedi 15.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Narrativa greca dopo il 1880 romanzo borghese: Grigorios Xenòpulos (Zante 1867-1951): scrittore professionista,Ioannis Kondilakis (1861-1920): OiJ a[qlioi tw`n jAqhnw``n (1894)

Page 97: Storia Della Lingua Greca

- 97 -

Ithografia: M. Vitti, jIdeologikh; leitourgiva th`" eJllhnikh``" hjqografiva", Atene, Kedros, III ed. 1991; AA. VV., a cura di Nasos Vaghenàs, Apov to Levandro ston Loukhv Lavra, edizioni Università di Creta. Gheorghios Viziinòs (1849-1896): autore di sei racconti, tutti (tranne uno) pubblicati sulla rivista ESTIA tra il 1883 ed il 1884. Nelle sue storie c'è sempre una dose di mistero. Narrazione in prima persona. Alèxandros Papadiamandis (Skiathos 1851-1911): figlio di un pope; scrittore di professione, scrive per guadagnare. Abbandona gli studi. Traduce opere straniere. JH fovnissa (1903) (Dostojevski). Scrive in katharevusa. Fotis Kondoglu (nel 1979) ha affermato che Papadiamandis è la Grecia e l'Ortodossia. In Papadiamandis osserviamo un "ellenismo greco" diverso dall'"ellenismo europeo" dell'epoca. Mescola sapientemente l'antico, il moderno, il bizantino, l'ecclesiastico, il folkoristico, l'esperienza pratica ed intellettuale, le conoscenze letterarie.Fatalismo, irreversibilità: le azioni umane sono determinate da forze fisiche naturali, estranee alla volontà, l'uomo involontariamente si trova coinvolto in fatti e situazioni imprevedibili ed inesorabili. Ha tradotto in greco Delitto e castigo.

Parentesi.... Il piacere, Gabriele D'Annunzio 1889 Poemi conviviali , Giovanni Pascoli 1904, 1903-1907 Corazzini, Govoni, Palazzeschi, Gozzano, avanguardie ed espressionismo futurismo (Salonicco) riviste letterarie

Nuova scuola ateniese: Kostìs Palamàs (Patrasso 1859-Atene 1943): (contemporaneo di Pascoli e Carducci); rinnovamento linguistico ed estetico. orfano in tenera età, cresce a Missolungi, poi ad Atene per studiare giurisprudenza. Non completa l'Università. Segretario dell'Università. Vita semplice, modesta dimora, nessun viaggio: sterminata cultura, ricchissima produzione letteraria. Ad Atene vi sono accesi dibattiti sulla lingua: Palamàs sostiene la demotica. Palamàs è la coscienza più fedele della situazione greca dei suoi tempi (M. Vitti, Poesia greca del Novecento, Milano, Guanda 1957, II ed. 1966). Simbolismo, decadentismo. Prima raccolta: I canti della mia patria (1886). 1888 Inno ad Atena (opera premiata); 1890: Gli occhi della mia anima (il titolo è tratto da un verso di Solomòs; ottiene un premio letterario); 1891 racconto: Morte di un pallikari; 1895: scrive l'inno per i giochi Olimpici di Atene; 1897 Giambi e anapesti (su metri tratti da Kalvos, poeta che Palamàs rivalutò dandogli il posto d'onore che tuttora K. occupa nella storia letteraria greca); 1898 Tafos (per la morte del figlio... L'albero a cui tendevi la pargoletta mano...); 1900 OiJ cairetismoi; th``" JHliogevnnhth"; 1903: unica opera teatrale: Triseugevnh (tradotta in italiano da Pontani); 1904: JH jAsavleuth zwhv (evkatov fwnev", Askraivo":drammatico monologo di Esiodo; rivistazione delle Opere e giorni). 1907: JO dwdekavlogo" tou`` guvftou: poema in dodici canti con dimensione epica cui P. affida il suo credo spirituale, ribellione contro la vile sorte della Grecia, fede nella

Page 98: Storia Della Lingua Greca

- 98 -

Sapienza, nella scienza, nel progresso e nella capaacità maieutica della poesia. Ambientato a Costantinopoli negli anni in cui sta per avvenire l'irreparabile (1453). Lo zingaro si scaglia contro la corruzione della città, male principale e causa della sua debolezza nei confronti del nemico. Nuovo ordine: patria e amore. Moltissimi temi affrontati con spirito vigile e con accesa passione. Grande varietà metrica, straripante abbondanza lessicale. 1910 JH flogevra tou`` basiliav: il protagonista è l'imperatore bizantino della dinastia macedone Basilio II (962-1025). Palamàs ritenva che questa fosse la sua opera più significativa; 1912 OiJ kahmoi; th``" limnoqavlassa" JH Politeiva kai; hJ monaxiav§ 1915 Bwmoiv 1919 Ta; Paravkaira Ta; dekatetravstika 1925 OiJ pentasuvllaboi, Paqhtika; krufomilhvmata 1928 OiJ deiloi; kai; sklhroi; stivcoi 1929 JO kuvklo" tw``n tetravsticwn 1931 Peravsmata kai; cairetismouv" 1935 OiJ Nuvcte" tou`` Fhvmiou Critico letterario (circa 2500 contributi): Venetìa Apostolidu, O Kwsthv" Palamav" istorikov" th" neoellhnikhv" logotecniva", Atene, Themelio 1992.

Critica K. Sathas, S. Lambros, Chatzidakis, N. Politis Agoni poetici: arte per arte, estetismo estremo. Parnassianesimo: Ioannis Papadiamandòpulos (1856-1910) = Jean Moréas, Gheorgios Drossinis (1859-1951) elegiaco

Poesia greca dopo il 1880 Lambros Porfyras (1879-1932): pseudonimo di Dimitrios Sìpsomos. Poeta che amava aggirarsi tra i pescatori del Pireo, paesaggi autunnali, vita essenziale fatta di piccole cose Lorenzo Mavilis (1860-1912), poeta colto e raffinato, nella tradizione del cesello parnassiano, autore di sonetti. Di formazione tedesca. Un ritratto dell'uomo e dell'artista in Narrate uomini la vostra storia di Alberto Savinio.

Prosa: (in Italia: Verga, Svevo, primo Pirandello) * Konstantinos Chatzòpulos (1886-1920) poeta e narratore: simbolismo francese. Autore di due romanzi significativi per comprendere il clima generale dell'epoca: JO puvrgo" tou jAspropovtamou (tre ragazze orfane cresciute in una casa un tempo ricca ma adesso in decadenza, estranee al mondo esterno. Realismo crudo ed amaro. Fqinovpwro (1917) una storia d'amore senza inizio né fine si svolge nella sua normale banalità in una cittadina nei pressi del mare. Il vero protagonista è l'autunno. * Konstantinos Theotokis (1877-1923) di nobile famiglia corcirese, studiò in Germania realismo verghiano, narratore robusto. Socialista. Rappresentazione della vita

Page 99: Storia Della Lingua Greca

- 99 -

contadina senza spirito bucolico. Romanzo sociale. * Pinelopi Delta (1874-1941) autrice di romanzi storici di ambientazione bizantina e di romanzi molto diffusi tra i giovani. La più nota scrittrice di libri per ragazzi, ha contribuito non poco alla fortuna poplare di Bisanzio nella Grecia del XX secolo. "Volgarizza" la storia in una visione etnocentrica. Kondilakis, Karkavitsas, Xenopulos, Christomanos Problemi sociali

* Anghelos Sikelianòs (Leucade 1884-Atene 1951) poeta vate salvatore. Isadora Duncan, Eva Palmer (Savinio, Narrate uomini la vostra storia) *jAlafroi?skiwto" (1909) (Il visionario) (parola tratta dai Liberi assediati di Solomòs) nello stesso clima del Dodecalogo di Palamàs. Costituisce il primo libro della sua attività poetica che sarà raccolta in vari volumi: Lurikov" bivo". Ritmo diverso, verso quasi libero, armonia negli istinti (D'Annunzio). Rapporto vivo e dinamico nei confronti del mondo antico. Pan, Orfeo, Dioniso. Entusiasmo. Idea delfica 1927-1930 Festival di Delfi.

Kostantinos Karyotakis Maria POLYDURI Nikos Kazantzakis Kostas Varnalis

1922: Poesia dopo Palamàs

1930 LA GENERAZIONE DEL TRENTA SVOLTA

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 martedi 16.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Il surrealismo in Grecia Nikos Engonòpulos nasce ad Atene il 21 ottobre del 1907iii, secondogenito di Panaghiotis Engonòpulos e di Errieta Ioannidi. La madre è figlia di Pinelopi Smitt, una delle quattordici figlie di Dimitris Friderikos, il capo giardiniere alla Corte reale di Grecia, cresciuta in un contesto familiare multilingue: greco, tedesco

Page 100: Storia Della Lingua Greca

- 100 -

e albanese (parlato dalla madre arvanitissa, greca-albanese), si mescolavano correntemente in un linguaggio a volte comprensibile solo all'interno delle mura domestiche. Di questo lessico familiare, particolarmente variegato, a volte misterioso, è rimasta traccia anche nella poesia di Engonòpulos, che ricostruisce suoni ed immagini non sempre facilmente percepibili. La lezione del surrealismo non sarà l'adesione ad un movimento culturale straniero, ma nasce da un fertile ambiente familiare abituato alle più colorate e impossibili combinazioni linguistiche ed espressive. Nell'estate del 1914, dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la famiglia si trasferisce a Istanbul, città d'origine del ceppo paterno. In seguito il giovane Engonòpulos si ritrova a Parigi (dal 1923 al 1927) dove frequenta il liceo: durante questi anni, oltre a familiarizzare con la lingua e la cultura francese, scopre un testo letterario in greco che leggerà con sorpresa e con passione. Si tratta dell'Alipashada, un lungo poema epico in volgare, parzialmente pubblicato dal filologo Konstantinos Sathas nel 1869. L'opera, composta all'inizio dell'Ottocento da un non meglio conosciuto Chatzì-Sekret, suddito albanese musulmano, celebra le imprese di Alì Pashà (1744-1822), governatore di Ioannina dal 1788 al 1822, personaggio storico dalle caratteristiche romanzesche. Il poema è scritto in una lingua greca volgare, corretta e scorrevole, intarsiata di prestiti orientali e albanesi. È un testo letterario greco in prospettiva politica e culturale ottomana. Per Engonòpulos la scoperta della poesia di Chatzì-Sekret assume un significato simbolico e scardina le certezze e i dogmi della conoscenza cartesiana e razionalistica che la scuola di tipo francese gli ha trasmesso. Scopre infatti che dominare, parlare, esprimersi in una determinata lingua non coincide necessariamente con identità culturale. Comprende che lingua e nazione non sempre coincidono perfettamente: viene intaccato così uno degli assiomi principali della cultura greca. Per un greco, e soprattutto per un poeta greco, artefice di lingua e parole, tale intuizione acquista una valenza molto complessa: la questione della lingua greca, vivacemente dibattuta da tutti i greci (intellettuali e no) ha tra gli esponenti principali il linguista e letterato di formazione francese Ghianni Psicharis. Il difensore della dimotikì aveva affermato, proprio nell'incipit del suo libro più famoso (Il mio viaggio 1888), che la lingua e la nazione sono, per un greco, la stessa cosa. La scoperta della straordinaria vivacità linguistica ed espressiva dell'Alipashada, poema negletto e sottovalutato dagli studiosi, scardina nel giovane poeta le certezze dogmatiche, esercita nella sua fantasia un fascino intenso e contribuisce alla sua formazione letteraria e linguistica in modo significativo anche se ancora non pienamente studiato a causa delle ragioni storico-politiche che hanno impedito una serena valutazione critica del poema su Alì Pasha di Ioannina. L'opera assume per il poeta una carica fortemente evocatrice della variegata realtà culturale greca, policentrica e multiforme. Tornato in Grecia dal 1927 al 1928 presta servizio nell'esercito; dal 1928 al 1930 lavora come traduttore presso una banca e come impiegato all'Università di Atene, contemporaneamente frequenta le scuole serali per completare gli studi superiori ed ottenere un diploma valido in Grecia. Dal 1929 comincia a pubblicare i suoi disegni e a collaborare saltuariamente con l'Ufficio progettazione del Ministero dei Lavori Pubblici. Nel 1932 si iscrive all'Accademia delle Belle Arti ed è allievo di Konstantinos Parthenis, uno dei pittori più noti della Scuola Ateniese del primo Novecento, epigono raffinato e colto dell'Impressionismo francese. Contemporaneamente frequenta l'atelier di Fotis Kòndoglu, narratore e pittore, abile nel rivisitare la rigida pittura tradizionale religiosa, capace di creare immagini ed emozioni nuove nel rispetto del solco ortodosso e delle scelte cromatiche fisse della iconografia di tradizione bizantina. Nel 1934 è impiegato alla sezione topografica del Ministero dei Lavori Pubblici: nello stesso anno l'amico Andreas Embirikos gli dedica la poesia Stear della raccolta Entroterra. Nel 1938 è in piena attività intellettuale: espone le sue prime opere pittoriche, collabora con Dimitris Pikionis (l'architetto al quale si deve la geniale progettazione e realizzazione dell'accesso all'Acropoli di Atene); traduce poesie di Tristan Tzara; pubblica la sua prima raccolta di poesie, Non parlate al conducente; disegna le scene e i costumi per una rappresentazione teatrale di Plauto ed illustra il volume del poeta Apòstolos Melachrinòs, Apollonios. Nel settembre dell'anno successivo pubblica Iclavicembali del silenzio. Durante la dittatura di Metaxàs coloro che erano definiti “intellettuali” venivano immediatamente considerati pericolosi, personae non gratae alle quali spettava di combattere sul fronte più esposto. Engonòpulos si ritrova in prima linea sul fronte albanese contro gli italiani (stessa sorte tocca anche ad O. Elytis). La maggior parte di loro non erano più giovanissimi ed erano del tutto inesperti di arte militare. Nel 1941 viene preso prigioniero, ma riesce a scappare. Ritornato ad Atene, nel 1942, espone i suoi quadri ed inizia a scrivere il lungo poema dedicato all'eroe dell'America latina Bolivàr, testo che, ancor prima di esser pubblicato, appare particolarmente sospetto ai collaborazionisti greci al soldo dei tedeschi: per evitare problemi, Engonòpulos si nasconde a casa di Andreas Embirikos, il quale, appartenendo ad una delle famiglie più ricche e potenti di Grecia, aveva un trattamento di favore da parte delle forze nemiche. Nell'anno successivo (1945) Andreas Embirikos dedica alcune pagine ad

Page 101: Storia Della Lingua Greca

- 101 -

Engonòpulos sulla rivista «Tetravdio » (Quaderno): Nikovlao" jEggonovpoulo" h} to; qauvma tou jElmpasa;n kai; tou`` Bospovrou (Nikòlaos Engonòpulos, o il miracolo di Elbasàn o del Bosforo): «Questo poeta dell'eterno pathos estremizzato, prende le misure per un attimo, o due, e poi spicca il volo in modo determinato e improvviso, e in planata, afferra tra le grinfie una qualsiasi colomba, ed ecco che -da candida- la fa diventare rossa, come un'aquila che afferrando la preda la strazia, e piena di gioia e d'impazienza la sventra nell'aria, così lui vola sempre in alto, e -vorrei aggiungere- sempre cinto d'alloro nell'opera e nella vita... Nikòlaos Engonòpulos, in questo mondo due sono gli elementi più preziosi: l'amore e la spada. Tutti gli altri vengono dopo, e ultimo fra tutti la critica. La grande poesia è fatta fondamentalmente da questi elementi primordiali ed estremi. Tu sei un grande poeta, e lascia dire agli altri quello che vogliono». Nel 1944 aveva pubblicato alcune poesie (che in seguito entreranno a far parte della raccolta Il ritorno degli uccelli) sulla rivista «Ta; Neva Gravmmata», e il poema Bolivàr. L'anno dopo lascia il Ministero dei Lavori Pubblici per andare a prestare servizio con un mandato al Politecnico come assistente di Dimitris Pikionis (nel 1956 diventerà ufficialmente insegnante di Decorazione e Disegno Libero, dal 1957 lavorerà alla cattedra di Storia dell'Arte). Nel frattempo stampa poesie su varie riviste e disegna le scene e i costumi per un'opera teatrale (Kapodistrias) di Nikos Kazantzakis. Nel 1946 vede la luce la raccolta di poesie Il ritorno degli uccelli e due anni dopo (1948) pubblica Eleusi e partecipa a varie esposizioni artistiche. Nel 1954 stampa il poema Atlantico ed è scelto come unico artista per rappresentare la Grecia alla 27sima Biennale di Veneziaiii; nel 1957 porta in tipografia la raccolta In un fiorente discorso greco che ottiene il Premio Nazionale di Grecia per la poesia (1958). Nel corso dei primi anni Sessanta partecipa a varie mostre e cura diversi allestimenti teatrali; nel 1968 viene pubblicata la versione musicale del poema Bolivar, realizzata sotto forma di cantata popolare dal musicista Nikos Mamankakis. Nel corso del decennio 1968-1978 è attivo in varie attività pittoriche e poetiche, nel 1978 pubblica la raccolta di poesie Nella pianura con le rose, con venti tavole ed un disegno: raccoglie poesie composte nel corso degli ultimi venti anni. Il volume gli fa ottenere l'ambito premio nazionale di poesia (per la seconda volta a lui assegnato) nel 1979. Nel 1985 muore d'infarto ad Atene. Postumi vengono editi nel 1987 alcuni testi in prosa; la moglie Lena ha pubblicato la loro corrispondenza privata S j ajgapavw paravfora (Ti amo alla follia), provocando numerose critiche per il carattere prettamente intimo dello scambio d'amore tra il poeta e la donna amata. Poeta e pittore surrealista Nikos Engonòpulos ha lasciato una traccia profonda nella realtà culturale greca, sebbene la sua produzione non sia quantitativamente considerevole. Nelle raccolte poetiche degli autori greci più giovani (quelli, per intenderci, che hanno iniziato a pubblicare dopo la caduta del regime dei colonnelli) le tracce della sua poesia sono consistenti e, tra le righe delle più recenti composizioni poetiche, si individua spesso l'eco cantilenante e divertita dei suoi versi. La sua è una poesia spigolosa, improvvisa (ma non improvvisata), fatta di parole e suoni che si mescolano seguendo ritmi e fluidi della fantasia e del pensiero, rincorrendo immagini sempre raggiungibili ma mai conquistate. I versi, costituiti spesso da un solo termine, o da una semplice congiunzione, sono catene intricate che il lettore snoda con curiosità. L'intreccio si ricostituisce a lettura ultimata, quando delle parole e dei suoni rimangono solo immagini evanescenti a tinte forti e preponderanti (le poesie si vivono, non si scrivono). Engonòpulos utilizza le parole come strumenti, come colori che, attraverso un processo disinibito, determinano varie gradazioni, emozioni, perplessità. Il ritmo, a volte apparentemente narrativo, viene continuamente scandagliato da termini inaspettati, suscitando nel lettore un sereno stupore. Nessuna ansia, nessun incubo sembra incombere tra le vivaci combinazioni della sua poesia, eppure si insinuano, come vaghe presenze, l'irreversibile e l'inesprimibile. Analoga intensità si ritrova nelle sue opere pittoriche: E. ama infatti rappresentare figure prive di occhi, prediligendo colori corposi e decisi. Rossi, azzurri, verdi, neri. La scelta di colori pieni, senza sfumature o gradazioni, gli consente di dar vita a scene in cui il reale ed il fantastico interpretano lo stesso ruolo. Per lui, il legame tra la parola e l'immagine è volutamente uno, e pertanto la sua ricerca spirituale ed artistica mira costantemente a un unico obiettivo. Il tono prevalente dei suoi versi e la dinamica delle figure nella sua pittura sono sostanzialmente sempre gli stessi. Ciò non significa, comunque, che egli sia stato un autore statico o ripetitivo. È stato, invece, un intellettuale vitale e impegnato, che ha fatto della sua arte un'arma variopinta contro l'ipocrisia borghese della Grecia. E nello stesso tempo è stato un artista schivo e riservato, un uomo che ha

Page 102: Storia Della Lingua Greca

- 102 -

mantenuto, nel corso della sua esistenza, un preciso filo conduttore. Pochissime sono le interviste che ha concesso, scarsi i particolari della sua vita che hanno valicato il confine privato e personale (Non ho mai avuto interesse per la fama, per la gloria).

Dal 1938 anno in cui fu pubblicata la sua prima raccolta di versi, Non parlate al conducente, al 1985 anno della sua scomparsa, Engonòpulos ha condotto una vita semplice e riservata, prima come traduttore in una banca, poi come impiegato all'università e al ministero dei lavori pubblici, infine come docente di disegno al Politecnico di Atene. Durante questi anni mantenne un rapporto assiduo e fruttuoso con la poesia e la pittura, centellinando i suoi versi scarnificati fino all'osso e dipingendo i suoi manichini rivestiti di tuniche pesanti o quasi completamente nudi. La realtà culturale del primo Novecento gli era familiare: dai dieci ai diciotto anni aveva studiato a Parigi e della capitale francese aveva assorbito profondamente la lingua e il clima culturale. Il contatto proficuo con la poesia di Apollinaire e di Èluard, di Rimbaud e di Mallarmé, e il fascino esuberante esercitato su di lui dal surrealismo sono stati linfa vitale per la sua arte, che si addentra con entusiasmo e severità nei variopinti scenari della mente, consentendogli di realizzare versi e dipinti di grande incisività. Sin dalla sua prima apparizione sulla scena letteraria greca, Engonòpulos si distingue come autore dalla penna fortemente corrosiva. I critici conservatori gridano allo scandalo, mentre i più progressisti preferiscono ignorarlo. Su «Ta; Neva Gravmmata» non si fa cenno a Non parlate al conducente. “Si può parlare che egli, vivendo in uno stato di sfida con la borghesia benpensante, ha praticato una polemica sociale”, scrive Mario Vitti, nella sua Storia della letteratura neogreca. Ma la valenza politica della poesia di Engonòpulos non è mai urlata, bensì appare mascherata, in una specie di carnevale di parole e di suoni. Nei suoi versi c'è infatti un'ironia garbata, uno sguardo divertito sul quotidiano che assume, ai suoi occhi, il colore verde dei capelli di Eleonora, la sua musa ispiratrice. In prima fila al fronte nella guerra d'Albania, Engonòpulos, come già detto, fu fatto prigioniero dai tedeschi ma riuscì a fuggire e a ritornare ad Atene. Il suo spirito libero gli dettò i versi accorati di Bolivar, un poemetto epico scritto nell'inverno '42-43, in piena occupazione nazifascista. In quest'opera vibra l'anelito libertario: l'eroe latinoamericano viene identificato con Odisseos Andrutsos, eroe dell'indipendenza greca, della rivoluzione contro i turchi scoppiata nel 1821. Nella lotta per la libertà si perdono le distinzioni: Bolivar e Andrutsos si confondono, il sud America e la Grecia diventano un unico paese: i luoghi e i colori filtrano nei versi con la stessa potenza espressiva. Engonòpulos è un poeta colorato. La vita è per lui un percorso arduo, complesso, l'esistenza è una pienezza da ricercare e da conquistare, la morte l'unica signora e padrona dei nostri istanti. Tuttavia, sebbene la morte aleggi sopra le nostre teste, esistono comunque modi per eluderla e ingannarla: si può amare e perdersi nei capelli verdi di Eleonora, si può dipingere, scrivere versi, ascoltare, respirare.... Perdere tempo per disarmarla, per farla apparire più umana (non piangere, non piangere cara, per i giorni che sono passati...), per renderla più reale e concreta. Non esiste disperazione o dolore, bensì una sorta di pacata rassegnazione raggiunta attraverso un consapevole percorso intellettuale e sentimentale. La vita e la morte diventano la “visione anteriore” e la “visione posteriore” dello stesso fenomeno: le parole determinano oggetti precisi che perdono i loro contorni nel contesto in cui vengono inseriti. Il baratro, il vuoto, il silenzio diventano elementi dinamici e vitali. Aggettivi inadeguati sono collocati accanto a sostantivi che logicamente non li reggono, il significato reale dei termini e chi siano gli “Zighioti” non ha poi molta importanza. È importante invece che Eleonora sia in “parte un pino e in parte un ascensore”. È significativo che questa figura di donna svetti nel cielo e nella realtà quotidiana, che si erga imponente in casa e fuori.Eleonora è una ragione di vita: la sua capacità di elevazione dà senso all'esistenza, offre un conforto, allontana e scongiura la morte. Allievo di importanti pittori greci, come Fotis Kòndoglu (narratore oltre che autore di dipinti in cui si perpetua e si rinnova la tradizione iconografica bizantina) e di Konstantinos Parthenis, al quale si devono alcuni notissimi paesaggi di isole greche, Engonòpulos ha nella sua pittura tratti vigorosi e originali, nonostante i richiami più o meno voluti a espressioni artistiche altrui, e soprattutto a Giorgio De Chirico di L'enigma di un pomeriggio d'autunno, Ettore e Andromaca, e delle Muse inquietanti... In risposta a chi gli rimprovera un'eccessiva somiglianza con il nostro pittore, Engonòpulos scrive due poesiole comprese sotto il titolo I pittori e i loro luoghi. 1. L'allievo di Konstantinos Parthenis Nikòlaos Engonòpulos

Page 103: Storia Della Lingua Greca

- 103 -

se vuoi fare una copia di El Greco tieni bene a mente i monti di Creta. 2. “Le fils de l'ingénieur” Giorgio De Chirico quando vorrai copiare Giorgio De Chirico non dimenticare le spiagge della Tessaglia. Per comprendere il riferimento al titolo della seconda unità di questo componimento, si ricordi che il padre di De Chirico aveva lavorato in Grecia all'inizio del Novecento come ingegnere addetto alla realizzazione della rete ferroviaria, e i suoi figli erano nati a Volos, in Tessaglia. Ma se nell'opera del pittore italiano le evoluzioni intellettuali e stilistiche sono frequenti e motivate, nella pittura di Engonòpulos prevale un tono monocorde che dura negli anni. L'unità dell'espressione, tuttavia, non deve essere considerata ripetitività dovuta a mancanza di ispirazione e di fantasia: è semmai una scelta, una convinzione profonda accolta con totale abbandono negli anni della giovinezza e mantenuta con fedeltà durante tutta la vita. Ed è inoltre anche grazie a questa sua costanza che sono filtrate in Grecia le esperienze europee degli anni Trenta del Novecento. Insieme con Andreas Embirikos, con Odisseas Elytis e gli altri intellettuali che ruotavano intorno a «Ta; Neva Gravmmata», Engonòpulos è uno dei massimi interpreti greci del surrealismo. Nei suoi versi e nei suoi dipinti il mistero si confonde con il tangibile immergendosi in un realismo magico, e il possibile si affida al sogno acquisendo nuove dimensioni. Resta tuttavia consistente in lui la presenza della grande tradizione greca, con tutto il peso della classicità e del patrimonio storico e folkoloristico. Engonòpulos conosceva bene i classici greci, ma anche le opere in greco demotico di bizantini e tardobizantini, e da essi ha tratto ispirazione per il suo canto. Persuaso della consistenza unitaria e indissolubile della lingua greca, egli compie scelte lessicali integraliste e -nella ferma ed appassionata convinzione che la lingua greca sia essenzialmente una sola, respinge la tradizionale suddivisione in greco antico, katharèvusa edimotikì prendendo così posizione nella spinosa questione della lingua. La sua arte è una sorta di altalena tra il sublime e l'ovvio, tra il colore e il buoi, tra il silenzio e il grido. E tutto ciò non è né casuale né spontaneo: le sue canzoni (come egli stesso preferiva definire i suoi versi) e le sue tavole a olio sono permeate di quella che per Breton è una sorta di realtà assoluta, di surrealtà, se così si può dire.

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 mercoledi 17.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Metaforev": osservazioni sulla traduzione poetica dal neogreco in italianoiii I - Traduzioni in italiano dei testi letterari in greco volgare dal XVI al XIX sec.: la letteratura neogreca non ha avuto incidenza nella letteratura italiana. Breve storia di un'assenza, piccola rassegna di testimonianze.

Ormai più di dieci anni fa (nel 1993), a Viterbo, gli studiosi italiani di Lingua e letteratura straniera si sono incontrati per discutere della fortuna dei testi italiani in Grecia: gli atti del IV Convegno Nazionale dell'Associazione Italiana di Studi Neogreci - ed altri studi pubblicati in Italia ed in Grecia - tracciano una storia ampia, complessa e ben documentata delle relazioni tra la nostra letteratura e i suoi sviluppi in lingua greca,

Page 104: Storia Della Lingua Greca

- 104 -

tra la produzione poetica italiana e i suoi esiti in greco. Il quadro che rappresenta le testimonianze letterarie italiane nella storia letteraria neogreca -per quanto ancora non completo e ben definito nei suoi particolari- ha già comunque una sua fisionomia ed una sua cornice. Quanto sia ampio, complesso, variegato, il capitolo relativo alle traduzioni, rielaborazioni, ai liberi rifacimenti ed adattamenti dall'italiano in greco è ben noto a quanti si occupino di letteratura greca moderna: sebbene non vi sia un repertorio completo delle opere e della fortuna bibliografica dei testi greci tradotti dall'italiano, la situazione appare comunque abbastanza chiara e documentata.

Considerando la grande fortuna della nostra produzione letteraria in area di lingua greca nei secoli della cosiddetta Venetocrazia, si potrebbe addirittura parlare, per alcune opere della letteratura cretese o eptanesiaca, di letteratura italiana in lingua greca demotica. Si tratta infatti di opere che rientrano nella tradizione italiana dell'epoca e che sono espressione di una mentalità e di un contesto storico fortemente occidentalizzato: sono però scritte nella lingua volgare delle popolazioni sottomesse al potere politico ed amministrativo della Serenissima. Una storia letteraria, quella greca moderna, che nasce, si sviluppa e progredisce dal grembo fertile della nostra letteratura. Anche quando la storia politica ed economica delle terre di lingua greca ha provocato cambiamenti di rotta, rallentando i contatti e le connessioni culturali con la realtà italiana, gli autori italiani hanno continuato ad avere uno spazio ed un ruolo non secondario nella vita culturale delle popolazioni di lingua greca: ancora oggi i nostri scrittori occupano uno spazio considerevole sui banchi dei librai greci. Ben diversa invece, come sappiamo, è invece la rotta al contrario, il viaggio della letteratura greca in demotico e in lingua moderna verso il pubblico di lingua italiana: poche (e spesso casuali) sono infatti le testimonianze della fortuna dei testi letterari greci in volgare (o in greco moderno) in traduzione italiana.

Prima del XX sec., prima che sorgesse in Italia l'interesse scientifico ed accademico nei confronti del greco volgare e moderno, le testimonianze esistenti di traduzioni da questa lingua in italiano sono numericamente poche, spesso dimenticate, talvolta anche dagli specialisti. Nulle (o quasi nulle) sono poi le interferenze di testi greci nella nostra letteratura: nell'ormai lontano 1945 Henry e Reneé Kahane avevano supposto che nel Teseida di Boccaccio, il nome di uno dei protagonisti, Arcita, avrebbe potuto indicare una relazione con Acrita, dal poema in greco volgare che Boccaccio avrebbe conosciuto a Napoliiii. Ipotesi affascinante ma con ogni probabilità infondata, anche se è stata ripetuta ed accolta senza ulteriori verifiche: il nome del personaggio -che non ha niente a che fare con il nostro Dighenìs- deriva invece da una fonte sicura di Boccaccio, la Tebaide del poeta latino Stazio.

Cambiando a volo d'uccello secolo ed ambiente culturale si potrebbe far un cenno agli studi di Bruno Lavagnini, il quale ha individuato echi di provenienza neogreca in opere di D'Annunzioiii: lo scrittore italiano, che viaggiò in Grecia nel 1899, si accostò alla letteratura greca volgare medievale grazie alla sua curiosità nei confronti dell'esotismo (e forse dell'orientalismo), prendendo spunto dai alcuni testi in greco demotico con spirito eclettico e curioso e contaminando il suo discorso letterario con elementi neogreci per impreziosirlo. Si tratta di tracce significative ma secondarie e di importanza documentaria: il dato certo, è che non abbiamo importato negli ultimi quattro-cinque secoli la produzione letteraria scritta in greco volgare, mentre invece i nostri componimenti in volgare sono stati tradotti, letti, amati, rielaborati, usati...

Page 105: Storia Della Lingua Greca

- 105 -

La letteratura greca in età ottomana, e la produzione in volgare prodotta nell'Eptaneso, non mi risulta abbia suscitato particolare interesse in Italia se non nei primi decenni del XIX sec., quando cambia la prospettiva storica e vi è una riscoperta della Grecia. In tale riconquista romantica della patria ideale della democrazia apparvero come una rivelazione i canti popolari greci, che entusiasmarono gli intellettuali d'Occidente. Sulla rivista milanese «L'ape italiana», del 1820 (qualche anno prima quindi dell'edizione dei canti a cura di Claude Fauriel (1824) -che sancì la diffusione dei canti negli ambienti intellettuali europei)-, ho trovato la traduzione anonima di un canto popolare d'amore ed una rapida ed inclemente rassegna critica sulla produzione letteraria in greco volgare. Solo per inciso, perché il discorso mi porterebbe troppo lontano vorrei ricordare Tommaseo e le sue traduzioni dei canti popolari, i suoi vari interventi sulla lingua, il metro e la letteratura dei greci moderni;Emilio Tipaldo e le sue traduzioni di alcune poesie di Athanasios Christòpulos e di Aristotelis Valaoritis (traduzioni quest'ultime offerte A Giuseppe Patella, nel di che la figlia Elena va sposa al signor Giovanni Scola, Venezia 1863- altre traduzioni di Valaoritis si devono a N. Tommaseo, e a Vito Palumbo); i traduttori italiani del Giuramento di Marcoràsiii; la traduzione delle prime sei lettere fittizie del romanzo epistolare Leandros di Panaghiotis Sutsosiii; Angelica Palli, che tradusse anche il Lambros di Dionisios Solomòs, rimasto inedito fino ad oggi... Ma qui si entra nel territorio del filoellenismo, che meriterebbe almeno una sezione a parte in questo studio (ed una nuova stagione di studi e di ricerche in collaborazione con specialisti di altre discipline, ed in particolare storici e italianisti).

Chiudo qui la lista. Eppure sarebbe interessante tentare una ricerca del genere, la quale oggi, grazie al sussidio della rete telematica, risulta meno gravosa, anche se certamente rimane un'indagine impegnativa e complessa, anche perché credo sarebbe interessante per noi neogrecisti poter disporre di una rassegna più ampia, che raccolga anche le traduzioni apparse in riviste, una specie di data-base da aggiornare. Uno strumento bibliografico del genere ci consentirebbe di comprendere meglio il panorama della diffusione della letteratura neogreca nel nostro paese e di avere un quadro storico-letterario sulle relazioni tra le due culture più ampio. Per le opere neogreche tradotte in italiano dal 1945 sempre utile risulta la rassegna fatta da Amalìa Kolonia, che mi auguro venga continuamente aggiornata e completata, ed eventualmente integrata, senza la pretesa di completezza, con le traduzioni apparse su riviste. Quando potremo disporre di strumento bibliografico completo, avremo un'ulteriore conferma che la letteratura neogreca non ha lasciato tracce significative sulla nostra produzione letteraria. Il viaggio dei testi è stato, per ragioni di natura storica, essenzialmente un viaggio dall'Italia alla Grecia. E questa affermazione non è un giudizio di merito, bensì una semplice constatazione. II - La traduzione come fotografia in bianco e nero

Per entrare adesso nello specifico e per restringere il campo, partirò da una considerazione generale, valida per ogni traduzione letteraria: tradurre significa fotografare un testo in bianco e nero. L'immagine fotografica altera comunque la realtà, appiattendo definitivamente la tridimensionalità e escludendo il contesto generale. I colori del testo di partenza (la lingua, lo stile, la struttura testuale) si perdono per sempre nella riproduzione linguistica di un testo letterario in un altro contesto culturale e linguistico. Soprattutto quando tra testo di partenza e testo di arrivo ci sono oltre che differenze linguistiche e culturali anche secoli di distanza. La distanza temporale oltre che culturale e linguistica è uno degli elementi che maggiormente determinano la resa alterata del testo di partenza nel testo di arrivo.

Page 106: Storia Della Lingua Greca

- 106 -

Considerando per comodità la metafora della fotografia voglio dire che se il soggetto da fotografare è il Partenone, la Cappella Sistina -la Divina Commedia, l'Erotòkritos, (o qualsiasi opera nella quale spicca senza dubbio alcuno la genialità del suo ideatore)-, anche con una macchinetta usa e getta (cioè con una competenza linguistica limitata e non raffinata) si riuscirà a riprodurre un'idea della grandiosità del modello: ne verrà fuori un'immagine in bianco e nero, più piccola e piatta, che comunque manterrà alcuni germi vitali dell'opera artistica dalla quale proviene. Se invece il soggetto da fotografare, da riprodurre per un pubblico diverso da quello del testo di partenza, ha un valore artistico meno impegnativo, oppure è semplicemente un soggetto come “la zia Luisa, o il vecchio vicino di casa, il nostro gatto o il nostro giardino”, l'immagine che la stessa macchinetta potrà fornirci avrà esclusivamente un valore affettivo per noi, e per i nostri amici e parenti, ma sarà insignificante per un estraneo. Perché la zia Luisa, il signor Pinco Pallino, il nostro gatto e il nostro giardino, insomma perché un testo letterario e poetico meno importante dell'Iliade, della Divina Commedia, dell'Erotòkritos, abbia senso anche in un'altra lingua ed in un altro contesto temporale, sociale e culturale è ancor più necessario che il fotografo-traduttore sia un vero esperto della sua arte, che sia dotato di una macchina di qualità, e che abbia occhio-orecchio e sensibilità. Non credo però che durante un viaggio in Grecia si debba fotografare solo il Partenone, né che quello sia l'unico ricordo che ci si porta dietro al rientro. Per tradurre poesia neogreca, dunque, per portare nel nostro paese e nella nostra lingua la poesia dei greci moderni credo che sia necessario dotarsi degli strumenti tecnici adeguati; rassegnarsi al bianco e nero; saper apprezzare le rughe della zia e del vicino, le venature del pelo del gatto oppure essere in grado di fornire una corretta angolazione ed una efficace illuminazione alle opere letterarie di maggiore respiro. Per essere più chiara: quando il testo di partenza è una poesia da premio Nobel o Kavafis anche con la macchina usa e getta riusciamo comunque a trasmettere qualcosa ai nostri interlocutori (anche se per un uso interno e privato). Quando invece si tratta di opere meno prestigiose sarà ancora più importante avere in mano gli strumenti del mestiere di letterato per individuare -oltre che il mezzo espressivo-, anche il soggetto giusto da riprodurre nella pletora dei poeti e dei narratori greci. Nella traduzione, in questa fotografia letteraria qualunque sia il soggetto e l'abilità del traduttore, si perdono comunque, per sempre e definitivamente, le parole del testo originale, la sua musicalità, le assonanze, le eventuali rime e anafore, le forme e l'impalcatura complessiva pertanto è indispensabile che il traduttore legga e studi autori che hanno scritto (nella lingua di arrivo) opere letterarie nello stesso periodo e nello stesso stile e genere. Voglio dire per tradurre bene ad esempio Sikelianòs, oltre a conoscere bene il greco e l'italiano, bisognerebbe tenere sul tavolo anche le poesie di D'Annunzio, Pascoli e Carducci; per Seferis Montale, Quasimodo e forse anche Penna; per Karyotakis Gozzano, Corazzini e Corrado Govoni. Nelle parole di questi poeti italiani si celano soluzioni interpretative non solo di tipo linguistico, ma anche di stile e di forma.

III - Conoscenze metalinguistiche di base per tradurre poesia greca moderna: 1) rapporto poesia-musica; 2) funzione sociale e pubblica della poesia in Grecia: la poesia in Grecia canta

la cronaca e la storia; 3) questione della lingua. Entrando adesso nella questione specifica della traduzione poetica dal greco in italiano, vorrei riflettere su alcuni punti di partenza necessari per dare l'avvio ad una tale attività letteraria. Il traduttore, oltre alla consapevolezza della sua funzione di fotografo, saprà anche che:

1) la poesia greca ha tradizionalmente (sin dall'antichità) un rapporto intimo e inscindibile con la musica e con il canto, mentre tale commistione non è così ovvia nell'esperienza poetica in lingua italiana;

2) la poesia in greco è un fatto concreto, come il sostantivo stesso dichiara con il suo etimo, ed è un fatto concreto a volte connesso con l'esperienza religiosa: i canti liturgici della chiesa ortodossa hanno un ruolo importante nel patrimonio linguistico ed evocativo del poeta greco moderno;

3) la poesia greca moderna ha una funzione sociale e pubblica diversa da quella che la poesia svolge nel nostro paese;

Page 107: Storia Della Lingua Greca

- 107 -

4) la lingua neogreca, apparentemente di facile trasposizione in italiano, non coordina sintatticamente come succede in italiano, pertanto la paratassi essenziale dei testi neogreci nella resa in italiano può snaturare il testo in modo, facendogli perdere non solo il colore e la dimensione ma anche addirittura la forma.

III - 1) rapporto poesia-musica; 2) rapporto poesia-esperienza religiosa

Per non dilagare a macchia d'olio focalizzo i tre punti poco prima indicati: Poesia e musica. Nella tradizione poetica neogreca esiste una strettissima connessione con l'elemento musicale, connessione che è uno degli elementi più significativi della continuità ed unità culturale dei greci nel corso dei millenni. Musica e poesia sono strettamente connesse anche perché la musica aiuta alla memorizzazione di un testo: la poesia in Grecia si canta, si trasmette a memoria, ora come allora... o quasi. Ancora oggi le trasposizioni musicali di testi poetici greci sono una realtà concreta e poeti affermati (si pensi non solo a Gatsos ma anche a Michalis Ghanàs) scrivono dietro compenso testi per canzoni. Pensiamo ai canti popolari, al Thurios e a Rigas, a Dionisios Solomòs e all'inno nazionale, al Flauto dell'imperatore di Kostìs Palamàs, ai Clavicembali del silenzio di Nikos Engonòpulos, alla Canzone di mia sorella, alla Sinfonia di primavera (1938), alla Marcia dell'Oceano (1939-40)alle Antica mazurca al ritmo della pioggia (1942) e Sonata al chiaro di luna (1956) di Ghiannis Ritsos-, insomma pensiamo a testi poetici dell'Otto e del Novecento e noteremo quanti riferimenti esistono, non solo nei titoli, alla musica e agli strumenti musicali. Pensiamo inoltre alla straordinaria fortuna di testi poetici greci grazie alle interpretazioni musicali di Theodorakis Chatzidakis, Mikrutsikos e di interpreti meno noti per noi italiani non specialisti di musica greca.

La poesia greca antica e moderna è un fenomeno “multimediale” e d’occasione: è inimmaginabile una poesia greca (di ieri ma anche di oggi) senza musica, senza rappresentazione scenica, senza vittorie olimpiche, senza banchetti, senza funzioni sacre, senza celebrazioni, premi nazionali, dibattiti sulla stampa… La poesia è rimasta in Grecia un fenomeno concreto e “democratico” (nel senso di “popolare”), la produzione in versi è impressionante, (di buona e di scarsa qualità), il consumo di poesia è di massa. Basterebbe pensare ad alcuni numeri: in Grecia i libri di Kikì Dimulà, vendono con ogni nuova raccolta almeno 5.000 copie. Di poesia, letteratura e questioni linguistiche in Grecia affermano di intendersi un po’ tutti: tassisti, poliziotti (come il commissario Charitos, il protagonista dei romanzi di Petros Markaris), infermieri, avvocati, ecc. hanno tutti un loro personale punto di vista sulla questione della lingua e un preciso gusto letterario (più o meno raffinato, più o meno originale). Non sembri strano inoltre che i principali quotidiani dedichino molto spazio alla cultura che vengano pubblicati notevoli inserti domenicali specifici su temi e questioni letterarie, linguistiche, storiche, storico-artistiche… Non vorrei dare un quadro idilliaco, eppure è un dato di fatto che le librerie di Atene siano stracolme di libri di tutti i tipi e di traduzioni effettuate quasi in tempo reale: i nostri autori contemporanei, Lodoli, Veronesi, Santacroce (solo per fare alcuni nomi) oltre che Verga, Pirandello, Tommasi di

Page 108: Storia Della Lingua Greca

- 108 -

Lampedusa, si trovano in bella vista sui banchi. E lo stesso vale anche per gli autori francesi, tedeschi, spagnoli e ovviamente inglesi e americani.

La poesia in Grecia si canta. Anche in Italia abbiamo (avuto) cantautori (come De Andrè, Guccini, De Gregori…) che hanno scritto testi che meritano di essere presi in considerazione per la loro qualità letteraria. Alcuni anni fa su «Il Sole 24 ore» (giovedì 19.4.2001, n. 107, p. 6, a firma di Edmondo Berselli), si dava la notizia che la Società Dante Alighieri aveva lanciato un progetto intitolato “Il suono della parola e la lingua del bel canto” coordinato da Vittorio Nocenzi, anima del gruppo rock italiano “Banco del Mutuo Soccorso”, che prevedeva di allestire una antologia dei testi delle canzoni dei cantautori italiani da distribuire nelle scuole. Berselli, in “Canzonette più cultura o parolacce?” non si dichiarava particolarmente favorevole all’iniziativa perché riteneva (giustamente) che i giovani siano perfettamente in grado di scegliersi il proprio catalogo di cantanti ed interpreti senza ricorrere ad antologie confezionate da adulti. Il mondo della canzone d’autore è ormai per i giovani “archeologia della cultura”, e come tale esercita un suo fascino, ma la sua vitalità è limitata. Non mi è noto che fine abbia fatto tale progetto: è certo però che non se ne è fatto un gran parlare, né la questione della poesia in musica risulta una delle prime esigenze delle pagine culturali dei giornali italiani dare spazio alla poesia.

In Grecia il fenomeno è diverso, il legame poesia-musica ha poco a vedere con la produzione della canzone impegnata europea degli anni Settanta e Ottanta del Novecento. (Si può comunque ricordare qui che Dionisios Savvòpulos è forse l’equivalente dei nostri Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Francesco Guccini, e forse anche un po’ Lucio Battisti). È diverso il fenomeno perché il legame “poesia e musica” ha una nesso più forte. In Italia ci saranno pure state canzoni di cantautori meritevoli di essere inserite in antologie poetiche, ma non esiste la tradizione di mettere in musica le poesie di Montale, di Saba, di Sandro Penna… né tanto meno di Petrarca, Ariosto, Foscolo, Pascoli… In Grecia invece i compositori di musica popolare (compositori più o meno colti e raffinati) mettono in musica sia le poesie greche contemporanee, ma anche i componimenti d’amore dell’antologia cipriota del Cinquecento conservati in un unico codice alla Marciana di Venezia, i poemetti medievali sugli animali, l’Erotòkritos, il romanzo epico-cavalleresco di Vintsentsos Kornaros composto probabilmente tra la fine del XVI sec. e l’inizio del XVII sec., le poesie di Kavafis e quelle di Seferis, insomma tutta la produzione poetica greca viene continuamente reinterpretata con la musica. Pertanto accade talvolta che le incomprensibili nenie medio-orientali, che il turista straniero non sempre gradisce, non siano soltanto banali canzoni sull’amore tradito o canzonette di cassetta, ma anche versi di poeti che hanno vinto il premio Nobel come Seferis ed Elytis.

Le immagini poetiche raggiungono l’orecchio e la fantasia di quanti ascoltano la radio o la televisione. Il legame musica-poesia non è un fenomeno recente: pensando soltanto all’età moderna vorrei ricordare che, già nella prima metà dell’Ottocento, Claude Fauriel, durante un soggiorno durato quasi un anno a casa di Alessandro Manzoni, impressionato dalla fortuna della diffusione orale e cantata della poesia in lingua greca, raccolse canti popolari greci; che Goethe ammirava la produzione poetica greca anonima a lui contemporanea e l’uso degli strumenti musicali che l’accompagnavano; che Niccolò Tommaseo continuò l’opera di Fauriel pubblicando in italiano un’ampia antologia di canti anonimi greci. Gli studi sul dhmotikov

Page 109: Storia Della Lingua Greca

- 109 -

tragouvdi, cioè sulla canzone popolare greca, che nell’Ottocento erano sostenuti da una visione romantica della poesia come fenomeno “anonimo” e “popolare”, sono effettuati non solo da antropologi e appassionati di folkore, ma anche da filologi come Grigorios Sifakis, che ha individuato elementi di continuità tra tale produzione poetica anonima fortemente radicata ed in continua, ma lentissima, evoluzione e la produzione poetica antica (soprattutto omerica). (Lavori di Prombonàs).

(Il dialogo interrotto tra l’Occidente e il greco moderno, lo studio tutto filologico

ed accademico del greco antico, l’aristocratico convincimento che il mondo greco antico non abbia bisogno del mondo greco moderno per essere studiato ed interpretato hanno generato, a mio parere, una preziosa panoramica di studi che riguarda più l’immaginario che il reale. L’Occidente ha costruito una dimensione del classico che ancora oggi risente di un’impostazione winckelmanniana. Quello che sto dicendo è ovviamente opinabile. Le mie osservazioni sono volutamente esagerate, proprio per determinare una reazione, una riflessione. Non esageravo però poco prima quando “davo i numeri”, la sensibilità e l’interesse nei confronti del libro e della produzione letteraria sono in Grecia oggi un dato concreto ed incontrovertibile). La continuità linguistica, anche quando non immediatamente riconoscibile, e l’ininterrotto ricorso alla musica per la poesia sono fenomeni da studiare e da tenere in seria considerazione quando si è scelto di occuparsi di letteratura greca. Le traduzioni greche di Sotiris Kakisis dei frammenti di Saffo, musicate da Spyros Vlassòpulos e interpretate da Aleka Kanellidu (ed una anche da Elefteria Arvanitaki, che è oggi la cantante greca più apprezzata) e quelle di Odisseas Elytis, (premio Nobel per la poesia) nella realizzazione musicale di Anghelikì Ionatos, autrice di un’opera musicale intitolata “Saffo di Mitilene”, sono soltanto una delle tante manifestazione della vitalità della poesia per musica in Grecia oggi. Kakisis nasce ad Atene nel 1954 e studia presso una delle scuole migliori della città, il Colleghio, di impostazione americana: sin da giovanissimo, grazie anche all’amicizia con Stefanos Kumanudis, nipote dell'omonimo Kumanudis che è stato uno dei linguisti più importanti in Grecia, si interessa alla letteratura greca antica e traduce Saffo, Alceo, Mimnermo, Eronda. Queste traduzioni sono state pubblicate sia in serie economiche sia in libri di pregio con litografie fatte dai più noti pittori greci contemporanei; Kakisis è inoltre traduttore sia di Proust che di Woody Allen; esperto di musica lirica; sceneggiatore cinematografico (un film da lui scritto, M j agapav"…, è stato presentato al Festival di Venezia nel 1990); poeta; giornalista ed ex campione di pallanuoto. Si tratta di una personalità poliedrica e vivace, non convenzionale, né accademica. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati in italiano nel 1993 (II ed. nel 1997) in Nuovi narratori greci, edizioni Theoria. Le traduzioni di Kakisis sono effettuate con scrupolo filologico, con grande esperienza e libertà linguistica: Kakisis intende dimostrare la continuità dell’esperienza poetica greca, non solo dal punto di vista linguistico, ma anche dal punto di vista del contenuto. Le sue traduzioni sono rivolte al largo pubblico, pertanto gli adattamenti e le “cuciture” di vari frammenti sono effettuati senza note e richiami testuali. La sua non è un’operazione “accademica”, Kakisis rinuncia consapevolmente alle indicazioni filologiche e testuali. Il suo interlocutore ideale non è l’appassionato di lirica arcaica.

2) Il traduttore italiano di un testo poetico greco moderno deve dunque

sapere che dietro le parole di una poesia neogreca l'autore ha un repertorio di immagini, assonanze, rievocazioni che provengono dalla esperienza orale dei canti popolari e dei canti liturgici della chiesa ortodossa. Alcune immagini ardite, l'uso di termini rari e composti, l'impasto linguistico del testo di partenza tradiscono una realtà culturale molto complessa, pertanto nel riprodurre in italiano un discorso poetico greco, il traduttore deve avere nel suo bagagliaio non soltanto una buona conoscenza della lingua

Page 110: Storia Della Lingua Greca

- 110 -

del testo di partenza e una buona abilità nella propria, ma deve anche aver letto (o meglio ascoltato) canti popolari e canzoni; deve aver ascoltato e compreso le funzioni religiose ortodosse, altrimenti non potrà entrare nei meandri complessi della lingua e della poesia di Elytis o di Ritsos: si pensi soltanto a due delle opere più note, anche per le interpretazioni musicali come vAxion estiv e ad Epitavfio".

A proposito di quest'ultima opera un traduttore di poesia greca moderna saprà che il celebre Epitafio di Ritsos (1936), reca sin dal titolo una parola che per un greco non si riconnette esclusivamente all'iscrizione tombale. Il termine richiama alla memoria anche (e forse soprattutto) l' jEpitavfio" qrh``no", il lamento funebre della Madonna davanti al Cristo deposto che si canta nella Chiesa Ortodossa il Venerdì Santo. Ritsos, che compose quasi di getto il lungo commovente ed accorato monologo in seguito all'emozione provocatagli da una fotografia sul quotidiano Rizospastis, raffigurante una madre disperata in ginocchio accanto al figlio ucciso a Salonicco nel corso di una manifestazione politica, crea un amalgama di connessioni culturali, religiose, politiche, rituali. Il testo, più volte riscritto e corretto, è costituito -nella sua forma definitiva- da 20 canti di otto distici ciascuno (il 9 e il 20 hanno nove distici), per un totale di 324 decapentasillabi rimati. Il tono è quello del canto popolare, del mirologion (canto funebre) delle prefiche del Mani nel Peloponneso, ma presenta tracce della poesia colta cretese in demotico del XVII sec.: è un accorato canto funebre nel solco di un'interrotta tradizione poetica greca, e forse deve parte del suo successo proprio a questo, oltre che alla grande notorietà sancita da Mikis Theodorakis, che lo ha messo in musica alla fine degli anni Cinquanta: ancora oggi tutti i greci conoscono a memoria i versi di questo componimento e li ripetono cantando. Ancora una volta nella storia culturale della Grecia la cronaca diventa poesia e la poesia canto: i connotati specifici della vicenda che ha determinato la composizione poetica e musicale sfumano e diventano fatti universali, episodi di ieri e di oggi nella vita quotidiana degli uomini e delle donne. La cronaca diventa spunto per un inno universale, per una preghiera collettiva e laica: la madre ed il figlio morto sono simboli eterni della massima espressione del dolore umano.

III - 3) Funzione sociale e pubblica della poesia in Grecia: la poesia in Grecia

canta la cronaca e la storia Lo stretto legame poesia e musica e l'identificazione della poesia come

strumento d'uso (stessa radice del verbo poievw, fare) fa sì che in Grecia la poesia non sia fruita esclusivamente come lettura, ma che abbia una larga diffusione orale. La poesia non è patrimonio esclusivo di una ristretta cerchia di appassionati ma coinvolge anche un pubblico più ampio. Matinades, canti d'occasione, nenie funebri, ninne nanne, poesia anonima popolare, ma anche e la fortuna editoriale della poesia in Grecia sia sulle riviste specialistica che sulla stampa quotidiana, sia sui banchi dei librai che negli scaffali delle case dei greci sono una conferma concreta della mia affermazione: voglio dire che Andrea Zanzotto in Italia vende meno della Dimulà o Ghanàs in Grecia, con la differenza che qui siamo in circa 60 milioni mentre la popolazione di lingua greca è poco più di un sesto di quella italiana. La poesia è dunque in Grecia un fenomeno di “massa”, e questo il traduttore italiano deve tenerlo in conto: il poeta in Grecia ha

Page 111: Storia Della Lingua Greca

- 111 -

una funzione pubblica e sociale e la parola poetica incide nel quotidiano. Il traduttore deve saper trasmettere la grinta di questi testi, spesso scritti non solo per essere letti tra quattro mura di una stanza, ma composti con il desiderio che vengano proclamati pubblicamente.

La poesia greca, con continuità sorprendente, registra fatti di cronaca e di storia: anche senza risalire ab ovo (cioè alla vicenda di Troia, alla cronache in versi in greco volgare, al Dighenìs, ai canti per la caduta di Costantinopoli, alla rimada di Belisario, al Lamento per la caduta del Peloponneso di Petros Katsaitis), ma segnalando solo alcune esperienze poetiche più vicine a noi, come non pensare al Canto eroico e funebre per il luogotenente caduto in Albania di Elitis, agli antartikà, alla produzione di poesia cantata negli anni della dittatura militare? La storia è materia prima della poesia greca, sia la cronaca contemporanea e la rilettura del passato. Le vicende storiche della Grecia sono quindi nella filigrana della maggior parte della produzione letteraria moderna: senza una buona formazione storica, senza conoscere in modo approfondito la storia greca del periodo nel quale un testo poetico è stato composto, si può facilmente incorrere in errori di interpretazione.

III - 3) Questione della lingua Il problema relativo alla complessità della trasposizione della lingua poetica

neogreca in italiano è sicuramente uno dei nodi cruciali dell'operazione metafrastica. Ho accennato alla questione relativa alla paratassi, e avrei potuto incentrare il mio intervento anche solo su questo punto. Vorrei segnalare però ancora alcuni intoppi linguistici nel quale anche il traduttore più esperto e più scaltro si trova impelagato: uno di questi impicci è costituito ad esempio dalla tradizione poetica millenaria e dalla continuità linguistica del greco, che consente ad un autore del nostro nuovo giovane millennio di servirsi ancora di parole omeriche con assoluta naturalezza: non fa male (anzi...) al traduttore italiano di testi poetici greci avere una buona formazione in greco classico (sia linguistica che letteraria). Ma non voglio affrontare quest'aspetto: penso ancora alla complessità di rendere in italiano le assonanze, le parole composte, la consistenza delle parole, i generi dei sostantivi. Penso per esempio alla traduzione impossibile di una delle liriche di TO FWTODENTRO KAI H DEKATH TETARTH OMORFIA, L’albero di luce e la quattordicesima bellezza, (1971), di O. Elytis: Mikrh; pravsinh qavlassa, Piccolo mare verde; primo verso: Mikrh; pravsinh qavlassa dekatriw`` cronw`,

Piccolo mare verde di tredici anniiii Piccolo mare verde di tredici anni Vorrei adottarti E mandarti a scuola in Ionia Per imparare il mandarino e l'assenzio Piccolo mare verde di tredici anni Sulla torretta del faro nel pieno del mezzogiorno Per girare il sole e per ascoltare Come la sorte si può disfare e come Da collina a collina si intendono Ancora i nostri parenti lontani Che reggono il vento come statue Piccolo mare verde di tredici anni Con il colletto bianco e con il nastro

Page 112: Storia Della Lingua Greca

- 112 -

Possa tu entrare a Smirne dalla finestra E ricopiare per me i riverberi sul soffitto Dei Kyrie eleison e del Gloria E con un po' di tramontana e un po' di levante Onda su onda tornare indietro Piccolo mare verde di tredici anni Perché io ti metta nel mio letto illegale E trovare nel tuo profondo abbraccio Pezzi di pietre le parole degli dei Pezzi di pietre frammenti d'Eraclito.

Il rapporto con il mare, di genere femminile in greco, che in questo testo di Elytis assume una valenza amorosa quasi illegittima per la giovane età dell'oggetto dei desideri del poeta, si perde completamente nella trasposizione in italiano: il traduttore deve fare qui i salti mortali per tentare di trasmettere l'emozione del testo originale (oppure deve ricorrere a noiose note a pié pagina).

**** Chi traduce poesia greca in italiano deve inoltre considerare anche altri dati fondamentali,

validi per ogni traduzione, ma che nel caso del greco comporta complicazioni più serie a causa della complessa e articolata tradizione letteraria in greco:

1) distanza temporale del testo di partenza e distanza culturale; 2) pubblico e funzione della sua traduzione.

Per quanto riguarda la questione relativa alla distanza temporale e culturale si

tenga presente che se si vuole (o si deve) tradurre ad esempio l'Erotòkritos o il Libistro,un componimento di Christòpulos, o un canto popolare vale, secondo me, quello che ho accennato per Sikelianòs e D'Annunzio: bisogna che il traduttore abbia sotto mano opere poetiche italiane della stessa epoca e dello stesso genere, per dotarsi di uno specifico patrimonio linguistico ed espressivo, non per elaborare una traduzione mimetica, uno scimmiottamento della lingua dell'epoca, ma per avere qualche strumento linguistico, qualche immagine e qualche forma espressiva in più, che possano aiutarlo nella complessa attività letteraria intrapresa suggerendogli soluzioni linguistiche e formali più elaborate ed aderanti al testo di partenza. Il traduttore deve inoltre considerare il pubblico al quale è destinata la traduzione e la funzione che il testo deve avere: altro è una traduzione a fini didattici e comunicativi, altro una traduzione commerciale per un largo pubblico. Per concludere vorrei osservare che le traduzioni invecchiano, mentre i testi di partenza rimangono sempre quelli, resistono vivi e vegeti soprattutto se continuano a parlare alla sensibilità dei lettori di oggi e se continuano ad essere tradotti. L'Iliade di Monti non è più quella di Omero, ma è diventata un poema italiano dell'Ottocento: l'Iliade continua ad essere letta, tradotta e ritradotta. Anche i poeti greci moderni meriterebbero di essere tradotti e ritradotti, proposti e riproposti con altre parole e con altri suoni. Kavafis non è solo quello che Bruno Lavagnini, Filippo Maria Pontani, o Margherita Dàlmati e Nelo Risi ci hanno proposto (si veda la bella nota introduttiva sulla traduzione a quattro mani). Certo Kavafis non è neanche quello che hanno inventato Lorenza Franco (Le mura intorno, 80 poesie di C. Kavafis interpretate da Lorenza Franco, Prefazione di Giulio Guidorizzi, Edizioni La Vita Felice, Milano 1998 (libere riscritture su basi kavafiane) e da ultimo Guido Ceronetti con le sue

Page 113: Storia Della Lingua Greca

- 113 -

traduzioni pubblicate da Adelphi nel 2004. Anche Seferis, nonostante le ottime ed ormai introvabili sul mercato traduzioni di Pontani (traduzioni che hanno permesso al poeta di essere letto ed amato da autori italiani come Sereni o Giuseppe Pontiggia) può essere sottoposto a nuove traduzioni, e così Elytis, Ritsos e gli altri. Gli ostacoli linguistici, culturali, temporali, editoriali non dovrebbero scoraggiare i tentativi di traduzione. Nonostante l'errore sempre in agguato, nonostante la difficoltà dell'impresa, nonostante gli insuccessi e i tranelli, credo che sia compito di noi neogrecisti italiani arricchire la galleria di immagini, di fotografie in bianco e nero, di squarci della produzione poetica greca. Spetta a noi quindi il dovere di confrontarci continuamente con i testi e con la lingua per filtrarli e renderli disponibili e fruibili in italiano. Tale impresa, non in prospettiva nostalgica -per ricordare i tratti di chi non c'è più o non c'è mai stato (voglio dire per colmare la lacuna editoriale di Seferis o di Engonòpulos)-, ma in funzione dinamica e concreta, può consentire alla letteratura neogreca, da noi così amata ed apprezzata, di conquistarsi uno spazio sempre più significativo nell'ambito della cultura italiana ed europea.

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 lunedi 22.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato La letteratura greca moderna tra le due guerre mondiali. La generazione del Trenta La letteratura del dopoguerra. La generazione della sconfitta. La guerra civile. La dittatura dei colonnelli La generazione del 70 Gli anni 80 Situazione attuale

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 martedi 23.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Page 114: Storia Della Lingua Greca

- 114 -

Ricapitolazione generale

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 mercoledi 24.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato quadro di insieme

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 Lunedì.29.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato lezione di riepilogo complessivo

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 martedì 30.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi e traduzione delle poesie: Santorini e Elena di Ghiorgos Seferis a cura di Lucia Marcheselli Loukas

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 mercoledi 31.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Indicazioni generali per gli esami scritti ed orali. Analisi complessiva dei corsi Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Mercoledì 26.4.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato I quattro grandi poeti greci del Novecento: Kavafis, Seferis, Ritsos, Elytis. Cenni sulla vita di Ghiannis Ritsos (Monemvasià 1909 - Atene 1990): nasce il primo maggio del 1909 nel Peloponneso, nella regione della Laconia, a Monemvasià, cittadina ricca di memorie storiche ed archeologiche, ma chiusa e provinciale. La famiglia appartiene al ceto medio-alto: il padre, Eleftèrios (letteralmente Libero), proprietario terriero, è un uomo superficiale e ignorante; la madre, Elefterìa (Libertà), ama le letture poetiche, la musica classica ed ha uno spirito spregiudicato e antiecclesiastico. Per il poeta i nomi dei genitori e la data di nascita assumono la forza di un segno del destino: l'aspirazione alla libertà e il giorno dalla festa dei lavoratori coincidono con il suo ingresso nel mondo. Poeta dalla incommensurabile ricchezza espressiva, Ritsos è autore di un numero molto elevato di raccolte poetiche e di composizioni di ampio respiro che, accanto ai brevi

Page 115: Storia Della Lingua Greca

- 115 -

frammenti di fulminante intuizione lirica, rendono la sua attività poetica particolarmente ampia e variegata, difficilmente inquadrabile dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Le strette connessioni tra la sua poesia e la cronaca, tra l'attività intellettuale e la vita politica; tra la dimensione religiosa mistico-ortodossa e la formazione ideologica comunista appaiono sempre in serena ed equilibrata sintonia anche quando sembrano collegare poli apparentemente contrastanti. L'esuberanza a volte fantastica, altre minuziosamente descrittiva e realistica del suo dettato poetico, spesso straripante in poemetti di centinaia di versi; la stringatezza di altri componimenti, sintetici al punto di esser costituiti solo da poche sillabe (ora di senso immediato ora ermeticamente chiusi ad una diretta interpretazione), sono gli elementi che più hanno contribuito alla fortuna (ma anche alla “sfortuna”) del poeta, pregiudicando una equilibrata e serena valutazione critico-letteraria.

Per comprendere la poesia di Ritsos appare indispensabile considerare il legame congenito esistente tra la parola poetica greca e la musica: il poeta aveva studiato musica da bambino, da giovane fu un apprezzato ballerino, da adulto non si separava facilmente dal suo mandolino (nel 1945 lasciando Atene per motivi politici, insieme ad altri partigiani di sinistra, tra i pochissimi effetti personali prende con sé lo strumento); alcune delle sue raccolte poetiche hanno un preciso riferimento musicale nel titolo stesso -si pensi ad esempio a La canzone di mia sorella (1936); Sinfonia di primavera (1938); La marcia dell'oceano (1939-40); Antica mazurca al ritmo della pioggia (1942); Sonata al chiaro di luna (1956)-; i suoi versi sono stati messi in musica dai più noti compositori greci ed hanno avuto un larghissimo successo popolare; in ogni suo testo poetico appare in filigrana, o in chiara evidenza, un organo musicale, una assonanza di note, una ricerca di ritmo cantabile, un tentativo di coordinare il suono con il senso. Accanto alla musica nella sua parola poetica assumono importanza il disegno ed il colore: calligrafo raffinatissimo e abile pittore Ritsos considera la parola come oggetto pieno di suoni e luci, oltre che strumento di comunicazione. Fumatore incallito -nonostante avesse i polmoni indeboliti dalla tubercolosi- Ritsos non gettava i due-tre pacchetti di sigarette giornalieri: diventavano frammenti sui quali prendere appunti, scrivere frasi o tracciare disegni. Durante gli anni trascorsi in prigionia, il poeta che aveva bisogno di scrivere come di respirare, aveva imparato in maniera maniacale a risparmiare ogni possibile oggetto bianco sul quale poter incidere pensieri o immaginiiii.

Tentare pertanto di presentare in modo sintetico la produzione letteraria di Ritsos, intimamente connessa con le vicende storiche e politiche della Grecia del Novecento (dal primo dopoguerra al governo socialista del PASOK, dalle instabilità economiche e politiche degli anni Venti alla caduta del muro di Berlino) è compito non particolarmente semplice: Ritsos è infatti un protagonista attivo nella vita pubblica e letteraria della Grecia, un intellettuale impegnato, costretto a causa delle sue idee e delle sue prese di posizione, a trascorrere lunghi periodi in campi di concentramento su isole impietose.

Dipanare la matassa costituita da più di un centinaio di raccolte di versi (oggi riunite in quindici volumi di grande formato), e delineare il profilo della sua esistenza in connessione con la sua attività poetica impone la schematizzazione in periodi della sua produzione poetica. Nella consapevolezza che tale procedimento sia limitativo, appare tuttavia indispensabile procedere per tappe, le quali non comprenderanno l'opera di Ritsos nella sua interezza, ma solo nelle linee generali. I fase (1909-1936): da Monemvasià ad Epitafio

Negli anni dell'infanzia riceve una buona educazione (studia pianoforte e pittura) ma vive in un clima domestico turbato da continue liti familiari dovute alla smodata passione per il gioco nutrita dal padre e dallo spettro della tubercolosi, che nel 1921 gli uccide la madre ed il fratello maggiore, Dimitris. Interrotti gli studi ginnasiali nella vicina cittadina di Ghythion, nel 1925, Ritsos privo di mezzi, si reca insieme alla sorella Lula (di poco più grande) ad Atene in cerca di un lavoro. Sono anni particolarmente difficili: ad Atene si assiste ad un vertiginoso incremento della popolazione dovuto all'arrivo dei profughi dell'Asia Minore e delle migliaia di diseredati che da varie parti della Grecia si riversano nella capitale in cerca di un presente più dignitoso. Ritsos riesce a trovare lavoro come dattilografo, e poi come copista. L'anno successivo però si ammala di tubercolosi e, dal 1927, rimane ricoverato per tre anni al Sotirìa, lo stesso sanatorio nel quale si trova anche la poetessa Maria Polyduri. Lì conosce Ànghelos Sikelianòs (che, insieme a Palamàs, sarà il maestro di stile del giovane poeta) e vari sindacalisti e membri del Partito

Page 116: Storia Della Lingua Greca

- 116 -

Comunista Greco (al quale in seguito aderirà), che gli fanno apprezzare la poesia di Majakovski e di Blok. In questo periodo inizia a farsi notare come poeta, grazie alla pubblicazione di suoi versi su riviste letterarie. Nel 1930, ancora non ristabilitosi, è costretto a lasciare l'ospedale e a trasferirsi in un sanatorio di Chanià, a Creta. Già nel '31 può però tornare ad Atene e lavorare come attore e ballerino; comincia a frequentare assiduamente gli ambienti di sinistra ed a collaborare con il quotidiano comunista RIZOSPASTHS (Rizospastis, Radicale). Nel 1934 pubblica, presso l'editore Govostis - con il quale in seguito collaborerà come curatore editoriale e correttore di bozze- la raccolta di poesie Traktevr (Trattore), nella quale sono stati individuati almeno due nuclei: uno individuale-autobiografico ed uno politico-propagandistico. La raccolta è costituita da ventitre componimenti, uno dei quali è dedicato a Cristo, figura rivoluzionaria e positiva molto presente nella poesia di Ritsos (si è parlato anche di cristomorfismo), mentre un altro è dedicato a Karl Marx: cristianesimo ortodosso e marxismo non sono per lui in contraddizione. La tradizione religiosa greca, con le sue feste e i suoi riti, il Cristo impegnato per un mondo migliore e più giusto e il Cristo dolente sulla Croce sconfitto nella sua dimensione umana, la Madonna straziata per la morte del figlio, sono per Ritsos simboli positivi e non ostacoli alla realizzazione del nuovo futuro socialista, basato sulla concordia e l'uguaglianza tra gli uomini. La religione cristiana è un collante di base per la sua prospettiva ideologica.

Nell'anno successivo pubblica la raccolta Puramivde" (Piramidi), poesie composte tra il 1930 e il '35: il primo nucleo è costituito da testi i cui titoli (Solitudine, Isolamento, Fuga, Esaurimento, Sventura, Fuga, Ansia) dichiarano apertamente la disposizione d'animo dell'autore; il secondo contiene un inno alla gioia ed uno all'amore; il terzo è incentrato sull'antimilitarismo cantato in modo semplice e diretto, con l'aspirazione di esser compreso da tutti.

Del 1936 è invece il celebre EPITAFIOS (Epitafio), parola che per un greco non si riconnette esclusivamente all'iscrizione tombale, ma anche (e forse soprattutto) all' jEpitavfio" qrh``no", il lamento funebre della Madonna davanti al Cristo deposto che si canta nella Chiesa Ortodossa il Venerdì Santo. Ritsos compone quasi di getto un lungo commovente ed accorato monologo in seguito all'emozione provocatagli da una fotografia sul quotidiano Rizospastis, raffigurante una madre disperata in ginocchio accanto al figlio ucciso a Salonicco nel corso di una manifestazione politica. Il testo, più volte riscritto e corretto, è costituito -nella sua forma definitiva- da 20 canti di otto distici ciascuno (il 9 e il 20 hanno nove distici), per un totale di 324 decapentasillabi rimati. Il tono è quello del canto popolare, del mirologion (canto funebre) delle prefiche del Mani nel Peloponneso, ma presenta tracce della poesia colta cretese in demotico del XVII sec.: è un accorato canto funebre nel solco di un'interrotta tradizione poetica greca, e forse deve parte del suo successo proprio a questo, oltre che alla grande notorietà sancita da Mikis Theodorakis, che lo ha messo in musica alla fine degli anni Cinquanta: ancora oggi tutti i greci conoscono a memoria i versi di questo componimento e li ripetono cantando. Ancora una volta nella storia culturale della Grecia la cronaca diventa poesia e la poesia canto: i connotati specifici della vicenda che ha determinato la composizione poetica e musicale sfumano e diventano fatti universali, episodi di ieri e di oggi nella vita quotidiana degli uomini e delle donne. La cronaca diventa spunto per un inno universale, per una preghiera collettiva e laica: la madre ed il figlio morto sono simboli eterni della massima espressione del dolore umano.

Il 4 agosto del '36, il giorno in cui prende il potere il dittatore Ioannis Metaxàs, i versi dell'Epitafio, insieme a quelli di altri scrittori (tra i quali anche Gorkij e Anatole France), vengono bruciati pubblicamente presso le colonne del tempio di Zeus Olimpio ad Atene. II fase (1937-55): dalla Canzone di mia sorella ad Astro mattutino

Tra il 1938 ed il 1941 pubblica cinque raccolte di versi, mentre intorno a lui infuria la drammatica realtà della dittatura di Ioannis Metaxàs e l'invasione da parte italiana dell'Albania e della Grecia del Nord. Una di queste sillogi, La canzone di mia sorella (1937), è incentrata sul dramma familiare dell'amatissima sorella Lula ricoverata all'ospedale psichiatrico di Dafni, nei pressi di Atene, dove da qualche anno si trova anche il padre). Il lungo carme, costituito da 923 versi liberi, suscita l'entusiasmo di Kostìs Palamàs, che gli dedica una quartina, esclamando nell'ultimo verso Paramerivzoume, poihthv, gia; na; peravzei"! (Ci facciamo da parte, poeta, per farti passare!).

Una ripresa della tubercolosi lo costringe ad un nuovo ricovero; scrive il canto d'amore Sinfonia di primavera (1937-38); inizia le raccolte che porterà a compimento qualche anno più tardi (Note ai margini del tempo, Versi di poesie strappate, Fischi di treno); scopre Shakespeare nella traduzione greca

Page 117: Storia Della Lingua Greca

- 117 -

di Vasilis Rotas, legge testi greci e stranieri del Rinascimento; si dedica alle memorie familiari (Il piccolo fratello dei gabbiani è un ricordo commosso del fratello ucciso dalla tubercolosi); compone La marcia dell'oceano, (1939-40) un lungo poema sul tempo, dalla guerra di Troia e dalle vicende di Odisseo sino al presente: il viaggio del tempo, del tempo dell'uomo nell'azzurro emiciclo dell'orizzonte diviene la misura dell'eternità, o almeno dell'aspirazione all'eternità. Mentre il poeta combatte la sua personale battaglia con la malattia, il 28 ottobre del 1940 l'Italia invade la Grecia, e nell'anno successivo la bandiera con la croce uncinata sventola sull'Acropoli. Tra il 1942 e il '50, anni durante i quali la Grecia conosce prima l'occupazione tedesca e la fame, ed in seguito l'orrore del sangue fratricida della guerra civile (1946-1949), Ritsos -pur in cattive condizioni economiche e di salute- è in febbrile attività intellettuale: appartengono a questi anni Prova (con testi composti tra il 1935 e il '43), I giorni precendenti al sole (1943), L'ultimo secolo A.(vanti) l'U.(omo) (1942, lungo poema nel quale appaiono continui riferimenti alla guerra in corso sul fronte albanese, che verrà pubblicato per la prima volta solo nel 1961); Antica mazurca al ritmo della pioggia (1942-43), Il compagno Nikos Zachariadis (1945, dedicato al comunista greco, per anni dirigente del partito, in occasione del suo ritorno dal campo di concentramento di Dachau), Il post-scriptum della gloria (inno dedicato al combattente Aris Veluchiotis, una delle figure carismatiche della sinistra greca, capo del movimento ELAS, suicida per non essere preso prigioniero dai nemici); Insonnia (Veglia), (1941-1953) articolato complesso poetico al quale appartengono diverse raccolte, tra le quali Epoca silenziosa (1941-42), Tre corali (1944-47), Romiosini-Grecità (1945-47, raccolta dal titolo intraducibileiii, ma fortemente evocativo per ogni greco, nella quale sono incluse alcune delle poesie divenute più note al largo pubblico grazie alla resa per musica curata da Mikis Theodorakis;il poemetto Salve, Wladimir Majakovski (1953); l'opera epica La Signora delle Vigne (pubblicato solo nel 1975, tradotto in italiano da N. Crocetti, ha vinto il Premio Etna-Taormina nel 1976, poema in ventiquattro canti dedicati alla Grecia, terra personificata e resa divina da alcuni epiteti a lei rivolti identici a quelli che nella tradizione religiosa ortodossa si rivolgono alla Madre di Dio); Lettera a Joliot Curie (1950); Il fiume e noi (1951). Negli stessi anni compone Parentesi; Mio figlio la mia luna; I vecchi e il silenzio; La pignatta affumicata; e vari altri testi poetici, teatrali e saggi letterari. Alle pendici del silenzio, un romanzo di circa 900 pagine, viene ultimato in questi anni: il testo è andato purtroppo distrutto insieme ad almeno dodici opere complete, lettere della Polyduri, Sikelianòs, Palamàs, Kazantzakis, fotografie e oggetti personali di Ritsos, dal momento che la persona alla quale aveva affidato il suo archivio privato, in un periodo in cui era ricercato per le sue idee politiche, ritenne più opportuno sbarazzarsene. Nel 1945 il poeta lascia Atene insieme ad altri compagni: prende con sé (oltre al suo mandolino) un disegno dell'amico Ghiannis Tsaruchis e una lettera di Maria Polyduri.

Ritsos, nel corso dell'Emfilios Pòlemos (Guerra Civile), è coinvolto in prima persona: a causa del suo impegno politico viene costretto all'esilio nell'isola di Limnos nel 1948 (Lemno era l'isola nella quale era stato confinato Filottete, il solitario eroe della tragedia antica, che diventa interprete-protagonista silenzioso di uno dei poemetti della raccolta Quarta Dimensione). Nell'anno successivo è rinchiuso nell'isola di Makrònissos (ed in seguito trasferito nel campo di Ai. Stratis): l'esperienza dei campi di concentramento è riprodotta in poesie come Diari d'esilio I, II, III, Le poesie d'occasione ( jEpikairika)v (raccolta che, in seguito, dà il nome ad un gruppo di poesie scritte fra il 1945 ed il 1969); (Le storie di Makronisos) (Makronhsiwvtika); I quartieri del mondo (poema-fiume di più di cinquemila e cinquecento versi, cronaca appassionata di un decennio, composto tra il 1949-1950, in parte messo in musica da Theodorakis); Tempo di pietra (1949) (24 poesie scritte durante l'esilio salvatesi perché seppellite sotto la sabbia dentro bottiglie); Il fiume e noi, L'uomo con il garofano (dedicato al comunista greco N. Beloghiannis, condannato a morte nel 1952, e presentatosi davanti al plotone d'esecuzione con un disegno di Picasso - a lui dedicato- raffigurante un garofano). Nel 1952 il poeta rientra finalmente ad Atene (grazie anche agli interventi in suo favore di numerosi intellettuali stranieri, tra i quali anche Aragon, Neruda e Picasso), portando con sé, nel doppiofondo della valigia, poesie, acquarelli, fotografie e lettere di compagni di prigionia; compone il poema Città indomabile (1952), si sposa (1954) con Falitsa Gheorghiadi, medico di Samos, ed ha una figlia, Elefterìa (Eri), per la quale compone nel 1955 Stella mattutina. Piccola enciclopedia di diminutivi per la mia figlioletta, (Prwino; a[stro), entusiastico canto d'amore per il miracolo della paternità, dialogo affettuoso con una bambina che crescerà e che deve conoscere ancora la gioia della vita, ma anche la tragedia della bomba atomica scoppiata ad Hiroshima (il padre ha fretta di informarla). III fase: dal 1956 al 1967 da la Sonata al chiaro di luna all'avvento dei colonnelli

Page 118: Storia Della Lingua Greca

- 118 -

Nel periodo felice dell'equilibrio familiare Ritsos compone uno dei suoi testi più noti, la Sonata al chiaro di luna (1956) (che dal 1972 è inserita in Quarta dimensione), lungo poema che ha avuto un larghissimo successo ed ha contribuito alla fama internazionale di Ritsos. L'opera è ambientata in una grande stanza di una vecchia casa, nella quale si trova una donna anziana vestita di nero. Dalle finestre filtra un fascio di luce lunare. Il suo lungo monologo viene pronunciato alla presenza di un giovane che rimane in silenzio: in uno scenario semioscuro si svolge uno psicodramma esistenziale in chiave lirico-elegiaca per cantare la fine di una civiltà oltre che di una vita umana. La Sonata al chiaro di luna ottiene il premio nazionale di poesia e viene pubblicata in Francia con una introduzione di Louis Aragon. Del 1957 sono Trasparenza invernale (contrasto stridente fra la pacifica vita di ogni giorno nella provincia greca isolana e il ricordo delle ore drammatiche durante la deportazione per motivi politici, poemetto di poco meno di 200 versi, confluito poi nella raccolta Quarta dimensione); Cronaca, mito tragico-comico ambientato nell'isola di Samos, un tempo prospero centro commerciale, diventata in seguito pigro e desolato povero borgo lontano dal palpito della vita (isole greche impoverite, prima dell'esplosione turistica degli ultimi decenni); Saluto, dedicato ad un pantheon personale del quale fanno parte, tra gli altri, i grandi poeti e maestri della stirpe ellenica: Dionisios Solomòs, Andreas Kalvos, Kostìs Palamàs, Ànghelos Sikelianòs; Idria-Elegia per una breve primavera. Negli anni immediatamente successivi scrive i poemetti Urna (jAnafullhtov) (per la morte di una bambina figlia di amici carissimi del poeta); Quando viene lo Straniero; Schema dell'assenza (ancora sul tema della morte precoce); La guida dell'ascensore; Il guardiano del faro; Elena al cimitero; il dramma epico Oltre l'ombra dei cipressi,pubblicato per la prima volta nel 1958; Le vecchie e il mare, (1959); La casa morta, testi poi confluiti, insieme ad altri composti nello stesso periodo, nella raccolta Prova generale (1956-59) o in Quarta Dimensione (1972). Negli anni 1956-58 visita di frequente i paesi dell'Europa dell'Est, inviando corrispondenze per il quotidiano di sinistra Avghì, e cura un'antologia di poesia romena. I ricordi poetici di questi viaggi sono raccolti in Architettura degli alberi e in Uomini e luoghi. Altre testimonianze poetiche delle visite culturali e politiche nell'Europa Orientale sono le raccolte L'albero della prigione e le donne (scritto a Praga nel 1962), e il lungo poema Ostrava (dal nome di una città industriale della Cecoslovacchia dove il poeta trascorre un lungo periodo a causa di una ripresa della tubercolosi).

La casa morta, che riporta come sottotitolo Fantastica e autentica storia d'una vetusta famiglia greca (1959-60), è ritenuta una tappa importante nel percorso evolutivo della poesia di Ritsos: è il primo di una serie di tredici componimenti nei quali viene rivisitata la tragedia classica. L'ambientazione nel palazzo degli Atridi, fantastica e realistica nello stesso tempo, mescola elementi della tradizione greca con esperienze e ricordi personali e familiari del poeta (che proviene da una parte della Grecia molto vicina geograficamente al territorio di Argo e Micene). La straordinaria figura di Elettra, la sorella folle, riveste fedelmente i panni del mito, assumendo nel contempo i connotati di Lula, la sorella impazzita, già disperatamente delineata da Ritsos nella Canzone di mia sorella. Il personaggio di Elettra sarà ancora protagonista di un lungo poema scritto nel 1960, Sotto l'ombra del monte: confessione di una donna ormai oltre i settanta, che si prepara a morire, che ripercorre la sua esistenza alla presenza muta della vecchissima nutrice, Nena, la quale - come del resto anche il destinatario del componimento - conosce perfettamente la storia. Nonostante ciò, Elettra-Ritsos ha bisogno di ripetere ancora una volta le vicende, con altre parole, con altre immagini che si sovrappongono a quelle già viste, ha bisogno di riprendere il discorso mille volte già narrato per raccontare gli stessi fatti, avvenuti sotto l'ombra imperturbabile del monte.

Nell'estate del 1960 Ritsos compone il lungo e complesso poema drammatico Il corale dei raccoglitori di spugne, articolato - con un prologo ed un epilogo - come un testo teatrale ed ambientato in povero contesto isolano dove si commemora la morte per embolia di un giovane pescatore. Il sacrificio del ragazzo è intessuto di elementi che ricordano i rituali della Pasqua ortodossa: i lunghi lamenti funebri ora inneggiano ora denigrano il mare, che dà la vita ma anche la toglie. I vecchi, il padre, le donne, che innalzano preghiere, lamenti e parole di conforto sono protagonisti secondari del poema: interpreti principali sono la morte ed il silenzio impossibile del mare. Nel 1961 vengono pubblicati Poesie 1930-1960 I, e Poesie 1930-1960 II, primo volume (528 pp.) e secondo volume (480 pp.) nei quali sono raccolte le poesie composte nell'arco di un trentennio (edite ed inedite).

In Testimonianze I sono raccolti 80 componimenti poetici di varia natura e di svariati argomenti scritti tra il 1957 e il 1963. Nel 1963 Ritsos pubblica anche le sue Dodici poesie per Kavafis: interessante saggio poetico in versi sulla produzione dell'Alessandrino, tanto diverso nella sua stringatezza espressiva dal poeta di Monemvasià. Testimonianze II contiene invece 110 brevi poesie composte durante il periodo

Page 119: Storia Della Lingua Greca

- 119 -

tra il 1964 e il 1965. I primi anni Sessanta sono caratterizzati in Grecia da una grande incertezza politica: nel corso di quattro anni (1961-64) si svolgono ben tre tornate elettorali e, nel biennio 1965-67, si alternano quattro primi ministri. L'assassinio del deputato Grigorios Lambrakis nel maggio del 1963 (fatto che avrà una dimensione internazionale anche grazie al romanzo di Vasilis Vasilikòs, divenuto film-culto negli anni Sessanta-Settanta, (Zeta, l'orgia del potere, del regista Costas Gavras) viene cantato anche da Ritsos, il quale interpreta il suo sgomento nel Lamento funebre di Maggio. Tale situazione preparò il terreno e favorì l'avvento al potere della giunta militare, il 21 aprile del 1967. Ritsos di nuovo è costretto a subire l'umiliazione dell'esilio, inizialmente nella desolata e ventosissima isola di Ghiaros, quindi a Leros ed in ultimo a Samos. IV fase: dal 1967 al 1990. Dagli anni della dittatura alla morte

Ritsos affronta questa ulteriore sventura a testa alta, sopportando i soprusi e continuando ad usare la penna ed il pennello come unica arma contro ogni forma di privazione della libertà. Negli anni Settanta ed Ottanta, grazie anche al clima generale creatosi in seguito al Maggio francese, la sua fama raggiunge anche molti paesi stranieri e gli vengono attribuiti diversi premi e riconoscimenti internazionali. Nonostante le dure condizioni imposte dall'esilio, Ritsos riesce a essere particolarmente produttivo: le poesie di questo periodo costituiscono ben 35 raccolte. Per ricordare solo alcuni dei testi più noti di questi anni: Diciotto canzonette per la patria amara (più volte tradotte anche in italiano, in distici di decapentasillabi non rimati, scritte a Leros in un unico giorno, il 16 settembre 1968, dopo aver ricevuto un messaggio da parte di Theodorakis che lo pregava di scrivere qualcosa di nuovo per la sua musica: queste brevi poesie grazie alla musica sono diventate per i greci dell'ultimo scorcio del Novecento un specie di “inno nazionale” contro la dittatura dei colonnelli); crea i componimenti che rivisitano i miti greci antichi, poi confluiti in Quarta Dimensione, come Agamennone; Aiace; Elena; Ismene; Il ritorno di Ifigenia; Crisotemi; Filottete; Oreste; Fedra. Uno dei poemetti più significativi è La distruzione di Milos, scritto a Samos nel 1969 e pubblicato ad Atene nel 1974, inserito nella raccolta di vari autori intitolata 18 NUOVI TESTI, antologia di autori dissidenti contro il regime militare, nel quale Ritsos rivive il famoso evento storico dell'annientamento della popolazione di Milos operato dagli ateniesi colti e civili del 416 a. C.: la storia si ripete e Ritsos sembra tra l'altro prevedere l'imminente catastrofe dell'invasione turca di Cipro (del 1974), anticipando quanto scriverà per l'occasione in Inno e lamento per Cipro ( {Umno" kai; qrh``no" gia; th;n Kuvpro); si dedica alla stesura de La rete, lungo poema composto a Samos tra l'agosto ed il settembre del 1970; ed ancora scrive le poesie poi raccolte in Corridoio e scala (1970); Portineria (1971)iii; Le poesie di carta; Cenni; Il muro dentro lo specchio; compone i centoventi poemetti di argomento classico della raccolta Ripetizioniiii,che fa parte del trittico Pietre, Ripetizioni, Sbarre; i lunghi poemi dal senso oscuro ma dal febbrile ritmo fonico, traboccanti di immagini concrete perfettamente immerse in contesti reali (o realistici) intitolati Campanile (circa 370 versi) e Graganda. Quest'ultima opera, composta nel 1972, ha come titolo una parola inventata ed incomprensibile: criptico rimane anche il senso generale del poema, volutamente articolato in immagini, suoni, connessioni di tipo surrealistico ed immaginifico, un fiume in piena di parole, uno stridente contrasto tra le immagini cristalline ed il senso fangoso dell'insieme. Ritsos presumibilmente desidera rendere evidente quanto sia impossibile e necessario parlare ed esprimersi anche durante gli anni di severa, cieca ed ignorante censura, ed intende continuare a parlare comunque, anche a costo di servirsi di immagini forzate e travestite, anche a costo di sembrare un interprete di sogni o un predicatore nel deserto. Una delle raccolte più importanti di questo periodo è intitolata Givgnesqai (presente dell'infinito givgnwmi = essere, diventare, forma non in uso nel greco moderno, ma perfettamente comprensibile ad ogni greco anche di poca cultura, dal momento che è rimasta nel greco ecclesiastico). Vi sono compresi testi come Il capolavoro mostruoso -memorie di un uomo tranquillo che non sapeva nulla, costituito da più di 1200 versi, dedicato ad Aragon, opera considerata come poema autobiografico, una sorta di curriculum poetico, una specie di storia spirituale di una generazione. In questo caso il lettore non è costretto ad interpretare codici cifrati: Ritsos parla apertis verbis cercando la complicità di chi ha vissuto le stesse esperienze ed è stato spettatore o interprete degli stessi eventi storici. Tuttavia proprio perché il terreno è quello della memoria e del ricordo, anche qui le immagini appaiono talvolta connotate da un vago alone onirico.

Page 120: Storia Della Lingua Greca

- 120 -

Dopo la dittatura ottiene vari riconoscimenti all'estero (si ricordino tra gli altri il Premio Taormina nel 1976 e il Premio Lenin a Mosca del 1977); ma anche in Grecia riceve onori ufficiali (la laurea honoris causa ad Atene nel 1987 si aggiunge a quelle già conseguite presso le Università di Salonicco, Birmingham e Lipsia). Ritsos viaggia anche in Italia (alcuni dei suoi ricordi dei viaggi in Sicilia, Firenze, Siena, Venezia, Costa Amalfitana, Roma e Milano, si trovano nel Trittico italiano: Trasfusione (premiato nel 1978 a Mondello); Il mondo è uno (dedicato a Nicola Crocetti)iii; La statua nella pioggia, pubblicato nel 1981), nel 1980 escono in Italia (in un'edizione bilingue “All'insegna del pesce d'oro”) i versetti Monocordi, che pochi mesi dopo verranno pubblicati anche in Grecia. Nel 1984 viene pubblicata la raccolta Epinici, alla quale appartiene il poema Il funambolo e la luna, composto nel 1982.

Ritsos ha avuto un rapporto particolarmente stretto con l'Italia: pur non essendo un gran viaggiatore all'estero (solo alcune visite nei paesi dell'Europa dell'Est e a Cuba e in Inghilterra in occasione della laurea honoris causa all'Università di Birmingam) ha visitato più volte il nostro paese, grazie alla grande amicizia che lo legava a Nicola Crocetti. La notorietà in patria lo aveva reso riconoscibile per la strada: in Italia Ritsos poteva godersi il piacere di passeggiare anonimamente tra la folla, come un turista comune (anche se, come ricorda Crocetti, anche qui gli studenti greci lo riconoscevano e lo salutavano). Accanto alla produzione in versi Ritsos è autore anche di una poderosa opera narrativa (nove volumi sono quasi un'unica opera come lo stesso titolo complessivo dichiara: Iconostasi di Santi Anonimi, 1983-86), di vari saggi critici sulla poesia di Hikmet, Éluard, Majakovski, di alcuni libri per bambini, di traduzioni poetiche, di rendiconti di viaggi, di articoli giornalistici.

Ghiannis Ritsos muore l'11 novembre 1990 ad Atene, un mese prima che l'Unione Sovietica cessi ufficialmente di esistere. La raccolta postuma Tardi, molto tardi nella notte, l'ultima con la revisione dell'autore prima della pubblicazione, è arrivata in libreria nel 1991. Ha lasciato cinquanta raccolte inedite, alcune delle quali sono state pubblicate negli ultimi anni. Postumi sono stati editi anche gli tre ultimi volumi delle Poesie, 1972-74; 1975-1976; 1976-1977.

Poeta molto amato e molto discusso, molto fecondo e troppo vasto per esser compreso a pieno, Ghiannis Ritsos è una delle voci della poesia greca del Novecento più conosciute all'estero. Come già accennato, hanno contribuito alla sua fortuna l'impegno politico, la quasi inesauribile vena poetica, la musica di Mikis Theodorakis. Parallelamente questi stessi elementi sono stati (e sono tuttora) anche causa di critiche negative. La sua produzione poetica è costituita fino ad oggi da 15 volumi, per un totale di più di cinquemila pagine di grande dimensione. Quando verrà ultimata la pubblicazione dei suoi inediti (se la poesia si potesse contare a migliaia di pagine) dovrebbe superare le 6500 pagine, alle quali bisogna aggiungere diversi romanzi, ed un numero ancora imprecisato di interventi su giornali e riviste. Affrontare quindi un discorso introduttivo sull'attività letteraria di Ritsos non è un'impresa semplice: un tale oceano di parole sgomenta e affascina anche il più appassionato dei suoi interpreti. Nel momento in cui sembra che la sua produzione poetica abbia raggiunto un'unità appare improvviso un altro scenario, un'altra piega dell'anima, un'altra combinazione di immagini e suoni. Per capire (nel senso etimologico del verbo, da capio), per comprendere la produzione poetica di Ritsos inoltre non è sufficiente solo inoltrarsi nel vasto fluire delle sue parole ma bisogna anche aver visto qualche suo manoscritto: la sua calligrafia è una rivelazione, tanto quanto la scoperta della sua poesia. Ritsos infatti aveva un modo raffinatissimo e complesso di vergare le lettere, un articolato ed arzigogolato ductus della penna, che ad occhio inesperto può sembrare quasi un disegno. Anche le pietre che dipingeva durante gli anni in esilio sono una significativa manifestazione artistica di un animo traboccante. Negli ultimi anni della sua vita Ritsos non appariva rassegnato al trascorrere del tempo: debole, rugoso, visibilmente provato dalle varie malattie e dalle difficoltà che la vita gli aveva imposto, il poeta non voleva dimenticare di esser stato anche un bell'uomo e un ballerino. La sua fragilità si manifestava in una debolezza da piccolo borghese: barba e capelli mostravano evidenti tracce di tintura. Un modo quasi commovente di ingannare sé stesso, gli altri e soprattutto il nemico feroce del tempo che scorre. Il poeta impegnato, simbolo di una sinistra combattuta e ostacolata, protagonista di eventi storici drammatici, era attratto da piccole ed insignificanti cose di gusto discutibile.

Non tutti però, negli ultimi anni della sua vita, manifestavano benevolenza nei suoi confronti, anzi talvolta qualcuno riteneva ridicolo il suo travestirsi ancora da “bardo della sinistra”, soprattutto in un'epoca in cui la Grecia cambiava vertiginosamente, tentando di integrarsi il più possibile nell'occidente, e cercando di livellare e di smussare le asprezze politiche e storiche che avevano creato un'assoluta

Page 121: Storia Della Lingua Greca

- 121 -

incomunicabilità tra le parti politiche fino a poco più di un decennio prima, durante la dittatura. In un periodo in cui la destra cercava di crearsi una nuova verginità politica, presentandosi come una fazione liberale e conservatrice e la sinistra prendeva nettamente le distanze dall'area integralista comunista, Ritsos appariva fuori dalla realtà ed ancorato ad un passato, ancora vivo e troppo recente per esser sopito, ma troppo ingombrante per essere completamente e serenamente accolto. Se non si mette in discussione il ruolo primario di Ritsos nella storia letteraria greca del Novecento è essenzialmente perché egli si è imposto grazie anche alla tradizione orale dei suoi versi che, con il sostegno della musica, appartengono alla memoria collettiva di intere generazioni. Cantore della libertà Ritsos mantiene tuttavia il suo posto come poeta politico, e tale etichetta grava su una serena e complessiva valutazione critica della sua attività letteraria.

Lettura, analisi e commento dal Filottete di Ghiannis Ritsos Il Filottete di Sofocle cenni sulla tragedia greca antica Sul teatro greco I monologhi di Ritsos in Quarta dimensione Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Giovedì 27.4.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Lettura, analisi e traduzione pp. 1-2 del testo critico di D. N. Maronitis, Il Filottete da Sofocle a Ritsos: il volto e la maschera. Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Venerdì 27.4.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Lettura, analisi e traduzione pp. 3-4 del testo critico di D. N. Maronitis, Il Filottete da Sofocle a Ritsos: il volto e la maschera. Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Martedì 2.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi e traduzione pp. 3-4 del testo critico di D. N. Maronitis, Il Filottete da Sofocle a Ritsos: il volto e la maschera. Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Mercoledì 3.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Page 122: Storia Della Lingua Greca

- 122 -

Lettura, analisi e traduzione del testo critico di D. N. Maronitis, Il Filottete da Sofocle a Ritsos: il volto e la maschera. Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 lunedì 8.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Conferenza D. N. Maronitis Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 martedì 9.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Saggio critico di V. Rotolo: Le maschere mitologiche di Ritsos. Quarta dimensione, «Dioniso» Rivista di studi sul teatro antico, Siracusa, LXII, 1992, II, pp. 7- 4?

Dettato da Pietre e Parole (tutto) I primi dieci monostici dalla raccolta Monocordi. Traduzione, analisi, commento Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 mercoledì 10.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Saggio critico di V. Rotolo: Le maschere mitologiche di Ritsos. Quarta dimensione, «Dioniso» Rivista di studi sul teatro antico, Siracusa, LXII, 1992, II, pp. 7- 4? Lettura, analisi e traduzione poesie di Ritsos su Venezia: da Trasfusione, Einaudi, Torino 1980, pp. 42-47. Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Lunedì 15.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Konstantinos P. Kavafis (Alessandria d'Egitto 1863 - 1933) L'Alessandria di Kavafis, quella degli angiporti, dei caffè, dei postriboli, è anche l'Alessandria della sua biblioteca personale, scampata al rogo dei millenni. Kavafis vive nel centro che diede all'Ellenismo l'aggettivo di alessandrino, metropoli di sapere papiraceo e di sordidezza luminosa. Due età si incontrano in lui. Viene riconosciuto tardi dai moderni, ma gli antichi lo hanno già accolto da tempo (Giuseppe Pontiggia)iii Alessandria d'Egitto; una ricca famiglia greca di origini costantinopolitane; ultimo di nove figli maschi; un crollo economico in seguito alla scomparsa del padre, un passato sfarzoso di sprechi vissuto nel lusso solo in età infantile e poi di riflesso nei racconti ormai mitizzati della madre; un lavoro impiegatizio da burocrate nella Società Statale delle Irrigazioni; una lingua greca parlata con accento inglese; pochi viaggi, lunghi soggiorni in Inghilterra (in età adolescenziale) e a

Page 123: Storia Della Lingua Greca

- 123 -

Costantinopoli, qualche visita ad Atene; una grande passione per la lingua e la storia greca (e greco-alessandrina e greco-bizantina, in particolare); un'assidua frequentazione degli angiporti e delle taverne di infimo grado; un centellinare la stampa delle sue poesie in fogli volanti, una produzione poetica molto ridotta dal punto di vista quantitativo, la quale però lo ha reso il poeta greco moderno più noto del Novecento.

Poche poesie ma una sterminata fortuna critica, non solo in lingua greca, ma anche in altre lingue. Pochi versi e moltissimi lettori, rielaboratori, interlocutori, rifacitori, (ma anche molti denigratori, che, incapaci di comprendere la grandezza di questa poesia, si divertirono nel parodiarla e nel presentarla sbeffeggiandola).

Eventi biografici scarni ma determinanti; parole sobrie e misurate; un groviglio di redazioni testuali, testi a stampa trattati come se fossero manoscritti con note, emendamenti, riscritture interlineari: presentare Kavafis sembra semplice, pochi dati, pochi versi. Eppure diventa un'inestricabile mole di riferimenti storici, citazioni, bibliografia, immagini. Un poderoso insieme di microscopiche sfere di assoluta distillazione poetica.

Palamàs e Sikelianòs, insieme ad una folta schiera di intellettuali e scrittori,

avviano il nuovo corso della poesia greca del Novecento, imponendo la lingua popolare (che era stata anche la lingua della letteratura in greco volgare durante la Turcocrazia) come unica lingua poetica e scardinando l'impalcatura ingessata della katharèvusa. Ipoeti che vivono ed operano essenzialmente ad Atene all'inizio del Novecento intraprendono il percorso pieno di ostacoli, ma liberatorio, di un sano e diverso colloquio con il passato, storico, linguistico, religioso, con il peso non indifferente che il passato ha in Grecia. Kavafis, invece, procede, da solo, in un'altra direzione. In un altro luogo, in un altro contesto geografico e politico, in un altro codice linguistico. In una altra storia. Atene ed Alessandria sono due mondi molto differenti: l'una gravida di un nome sinonimo di democrazia, con scheletri di un grandioso piano urbanistico ed architettonico ed un presente posticcio con nuovi edifici pubblici neoclassici che sembrano quinte teatrali, l'altra con un nome fascinoso che richiama alla memoria una fase più decadente e sfibrata della storia antica, l'età di Alessandro Magno e dei diadochi, degli Alessandrini colti e viziosi, della città della splendida e dannata Cleopatra. L'una, Atene, giovane capitale europea impegnata a dare una precisa immagine di sé al mondo esterno, decisa ad un'immagine non disdicevole, capace di essere all'altezza del carico di aspettative nutrite dagli stranieri imbevuti di un classicismo libresco, ma non in grado di rispondere alle aspettative per ovvie ragioni economiche, storiche, culturali politiche e pertanto in continua contraddizione con se stessa, combattuta tra la nobiltà dell'illustre passato e le forze inadeguate del presente. Alessandria, dal canto suo, all'inizio del secolo scorso è una città cosmopolita e plurilingue, città di porto e di passaggio, aperta alle più disparate esperienze di vita, teatro di vivaci contese politiche e religiose, in bilico tra mondo occidentale e orientale, già proiettata verso il suo imminente futuro di città egiziana, di città mediorientale e musulmana. Atene e Alessandria hanno poco da dirsi: sono realtà distanti, dove la vita scorre quasi senza reciproche interferenze. In questi contesti così vari maturano esperienze poetiche diverse: mentre per la maggior parte degli intellettuali di lingua greca dell'inizio del Novecento Atene è punto essenziale di riferimento culturale e

Page 124: Storia Della Lingua Greca

- 124 -

politico, Alessandria è, quasi esclusivamente, centro commerciale ed economico. In seguito sarà la patria e il centro del mondo di Kavafis.

Tra la fine del XIX sec. e l'inizio del XX sec. per i greci alla ricerca di un'identità e consapevolezza nazionale, toponimi come Atene e Alessandria assumevano una valenza particolarmente forte. L'eredità della tradizione riscoperta (gli studi sul mondo classico e bizantino sono, anche per i greci, una conquista moderna) diventa materiale poetico. Palamàs e Sikelianòs colloquiano con il loro passato e il loro presente (personale e collettivo) dallo scranno della capitale, Kavafis a sua volta dalla provincia. Che “provincia” e “provinciale” neanche in questo caso siano sinonimi di “inferiorità” è più che evidente.

La sintassi striminzita delle prime frasi di quest'introduzione riassume nelle linee essenziali i momenti e i modi della poesia di Kavafis. Appare comunque necessario un cenno più articolato alla biografia e produzione letteraria, per comprendere meglio quest'autore all'interno del contesto storico-letterario ed umano nel quale visse.

Konstantinos Kavafis nasce ad Alessandria d'Egitto nell'aprile del 1863 da

una famiglia di origini costantinopolitane, ultimo di nove figli maschi. Il padre Petros-Ioannis, ricco mercante di grano e cotone, dopo aver trascorso con la famiglia lunghi periodi in Inghilterra, si era trasferito per ragioni di lavoro in Egitto divenendo una delle personalità greche più in vista della città. Alla sua morte, nel 1870 a 56 anni, Konstantinos ha soltanto sette anni. Nei ricordi familiari scritti dal poeta nel periodo tra il 1909 e il 1911 leggiamo: Ad Alessandria la famiglia di Petros-Ioannis Kavafis (la mia famiglia) ha abitato dal 1860 al 1872 in una casa a due piani in via Serif (lì sono nato; la casa è andata oggi in fiamme... ogni piano aveva sei o sette stanze). Petros-Ioannis (mio padre) viveva in modo grandioso. In casa aveva un istitutore francese, una nursey inglese, quattro-cinque camerieri greci, un cocchiere italiano e uno sguattero egizio. I mobili, le carrozze, gli argenti, i vetri preziosi erano di un lusso raro per la comunità greca di allora. Il suo patrimonio tuttavia non era consistente e morendo lasciò poco. Guadagnava molto ma spendeva tutto, (...). Frequentava spesso anche la corte del rappresentante del Sultano Ismaìl Pasha. Due anni dopo la morte del padre, Konstantinos con la famiglia si trasferisce a Liverpool per due anni, e successivamente a Londra. Fallita nel 1876 la società “Kavafis”, Chariklìa e i suoi figli sono costretti a ritornare ad Alessandria (1879). Nel 1882, in seguito ai disordini politici determinati da forze xenofobe in Egitto contro gli stranieri e i cristiani, la famiglia si reca a Costantinopoli (dal nonno materno del poeta), dove si fermerà fino al 1885. In questo periodo il giovane Kavafis scrive il diario Constantinopoliad - an epic (in inglese: l'opera è dettata dall'esperienza concreta e dalla consapevolezza di far parte di un ceto sociale alto grazie ad una situazione economica un tempo molto florida oltre che dall'amara realtà del declino economico e sociale della famiglia)iii. Negli anni trascorsi a Costantinopoli comincia ad aver le sue prime esperienze sia in campo amoroso che in quello intellettuale: legge il poema Erotòkritos, si interessa della poesia di Solomòs e di Dante, scrive le sue prime poesie e i suoi primi testi in prosa, utilizzando sia il greco che l'inglese. Uno dei testi di questo periodo è la poesia, Leaving. Therapiaiii, nella quale si distinguono già l'ironia e l'amarezza per i

Page 125: Storia Della Lingua Greca

- 125 -

beni e la felicità perduta che saranno tra gli ingredienti principali della poesia di Kavafis. Nell'ottobre del 1885 ritorna ad Alessandria con la madre ed i fratelli Alèxandros e Pavlos, rinuncia alla cittadinanza inglese a favore di quella greca e dall'anno successivo (1886) collabora con il giornale Tilègrafos ed il giornale greco di Lipsia Esperos. In questi anni approfondisce i suoi studi di storia e letteratura greca antica e bizantina e si interessa alla questione della lingua greca. Nel 1891, anno cruciale per il poeta, pubblica in un unico foglio la poesia Muratori e dà alle stampe anche alcuni testi in prosa: sulla alessandrina Rivista Quindicinale di Scienze, Lettere e Arti in un articolo in inglese dal titolo Give back the Elgin Marbles, Kavafis sostiene la richiesta di Frederic Harrison a favore della restituzione dei marmi del Partenone conservati al British Museum di Londra (testo che verrà pubblicato qualche mese dopo, in forma ridotta, anche in greco sulla rivista ateniese I Ethnikì). Nello stesso anno inizia la stesura di un vocabolario di greco, che lo impegnerà almeno fino al 1917-1918, e raccoglie parole rare e neologismi; collabora con alcune riviste, pubblica poesie, un saggio su Shakespeare, un articolo sulla questione della lingua greca e una parziale traduzione di Measure for measure. Dal 1892 lavora come impiegato in un ufficio del Servizio Statale delle Irrigazioni, dove rimarrà fino al 1922: [...] quanto mi sono costati cari i miei piccoli lussi! Per acquistarli ho deviato dalla mia inclinazione naturale e sono diventato un impiegato statale (che cosa ridicola) e sperpero e perdo ogni giorno tante ore preziose (cui vanno aggiunte anche le ore di stanchezza e di prostrazione che seguono). Che danno, che danno, che tradimentoiii. Arrotonda lo stipendio con doni fattigli dalla madre e lavorando come agente di cambio alla Borsa di Alessandria (attività abbandonata nel 1902).

La stampa in cinquanta copie della poesia Muratori, nel settembre 1891, costituisce la “prima edizione autonoma” della sua opera poetica. All'inizio del 1897 pubblica, in quattro pagine, la poesia Mura con la traduzione inglese fatta dal fratello John, il quale scriveva poesie (in inglese): si tratta della prima versione in lingua straniera dell'opera poetica di Kavafis. Nello stesso anno Konstantinos e John partono per l'Europa e si fermano a Marsiglia, Parigi e Londra. Due anni dopo, nel 1899, muore la madre, alla quale il poeta era legatissimo: K. registra il dolore provocato da questa circostanza in un diario privato scritto con una precisione quasi di clinico (cinico) distaccoiii. Qualche anno più tardi, nel 1901, compie il suo primo viaggio ad Atene: l'esperienza di questo soggiorno è documentata dal diario scritto in inglese dal poeta, pubblicato per la prima volta solo nel 1963iii. Nel 1903 Kavafis visita per una seconda volta la capitale greca e in quest'occasione lo scrittore Grigorios Xenòpulos, uno dei più prolifici narratori greci dell'inizio del Novecento, pubblica sulla rivista ateniese Panathìnea la prima analisi critica dell'opera poetica dell'Alessandrino; nell'anno successivo (1904) pubblica il primo “opuscolo” in cento copie con quattordici poesie. In quest'edizione sono raccolte alcune delle sue poesie più note: Voci, Desideri, Candele, Un vecchio, Supplica, Le anime dei vecchi, Il primo scalino, Interruzione, Termopili, Che fece... il gran rifiuto, Le finestre, Aspettando i barbari, Infedeltà, I cavalli di Achille. Il secondo opuscolo di versi, stampato nel 1910 forse in duecento copie, con ventuno poesie (le quattordici già èdite ed altre sette), costituisce il primo corpus riconosciuto e nello stesso tempo la prima tacita rimozione di altre ventisette poesie rifiutate, ventitré delle quali verranno definitivamente respinte, mentre quattro verranno riscritte e inserite in nuova veste negli opuscoli che pubblicherà successivamente. Dal

Page 126: Storia Della Lingua Greca

- 126 -

1912 Kavafis inizierà a stampare le sue poesie ad una ad una, in fogli volanti, che in un secondo momento riunirà prima in ordine cronologico e poi in ordine tematico. Questa specie di manìa, questo desiderio di disperdere le poesie con un volantinaggio tra gli amici (tra i quali anche Enrico Pea), ha tormentato generazioni di critici continuando ad alimentare la sterminata produzione scientifica sulla poesia di Kavafis. Nel 1914-5 conosce ad Alessandria E. M. Forster (con il quale ebbe una corrispondenza epistolare dal 1917 al 1932)iii. Forster, al quale si deve anche una guida della città di Alessandriaiii scriverà sulla rivista londinese The Athenaeum, il 25.4.1918 un saggio intitolato La poesia di K.P. Kavafis (Alessandria dei nostri giorni è tutt'altro che una città dello spirito. Basata sul cotone, e sull'antagonismo del commercio delle cipolle e delle uova, mal costruita, mal progettata, sporca: è piena di difetti e molti di questi li riconoscono persino gli alessandrini. Comunque ad alcuni di loro, mentre camminano per le vie della città, può accadere qualcosa di straordinario, improvvisamente davanti a loro possono sentire una voce che pronuncia forte e chiaro il loro nome, una voce che non sembra attendersi una reazione da parte di chi viene chiamato, ma che intende soltanto onorare l'interlocutore. Si girano e vedono un signore greco con il capello di paglia, con lo sguardo impassibile, un greco che ha un modo tutto suo di vedere il mondo. Talvolta con le braccia aperte. Ah, Kavafis!... Sì, è Kavafis che va o da casa all'ufficio, o dall'ufficio a casa. Nel primo caso scompare subito dopo, facendo un piccolo cenno di disappunto. Nel secondo caso invece, può essere persuaso a dire qualcosa, una frase complessa ma armonica, piena di parentesi, che però non si confondono mai, (...). Talvolta questa frase finisce in mezzo alla strada, altre volte rimane soffocata nella confusione delle vie, altre continua fin sotto, ma anche dentro, la sua casa. Una frase sulle astuzie dell'imperatore Alessio Comneno nel 1096, o sul prezzo e il mercato dell'olio di semi, sulla sorte di amici comuni, o sui romanzi di George Eliot, o sui dialetti dell'Asia minore. Una frase espressa indifferentemente in greco, inglese o francese, una frase che, nonostante la sua ricchezza spirituale, la sua umanità, nonostante la matura clemenza dei suoi giudizi, è sempre in qualche modo distaccata da tutto il resto - è la frase di un poetaiii).

Il primo lavoro critico su Kavafis, con la prima antologia di testi kavafiani, viene pubblicato da Ghiorgos Vrisimitzakis nel 1917iii, l'intellettuale alessandrino amico del pittore Lorenzo Viani e di Enrico Pea, i quali lo introdussero nell'ambiente anarchico degli Apuani di Viareggio. Nello stesso anno vengono pubblicate (o scritte) alcune delle poesie più note: Ricorda corpo, Dalle nove, Grigi, Anna Comnena, Giorni del 1903, Cesarione, ed altre. Nel marzo dello stesso anno viene messa in circolazione la terza “collezione” poetica; la quarta uscirà nel 1920, anno nel quale cura anche una selezione di canti popolari greci. Poco dopo pubblica anche la sua quinta “collezione”. Nel 1922 prende finalmente congedo dall'ufficio pubblico presso il quale lavorava. Negli anni Venti continua a pubblicare su varie riviste i suoi versi, provocando non solo critiche positive, ma anche diverse reazioni ironiche. Esistono diversi disegni satirici nei quali è raffigurato il poeta alessandrino, così come è testimoniata anche una certa produzione di versi parodistici composti alla maniera di Kavafis. La sua attività letteraria viene conosciuta in ambienti sempre più vasti, e cominciano a circolare anche traduzioni dei suoi versi in inglese, francese e italianoiii.

Nel giugno del 1927 all'Odeon di Atene vengono presentate per la prima volta le 10 Inventions del musicista Dimitris Mitròpulos, variazioni musicali basate su poesie di

Page 127: Storia Della Lingua Greca

- 127 -

Kavafis, le quali però non ottengono un successo di critica e di pubblico. Nel 1929 K. Palamàs scrive sul giornale Le Figaro en Gréce un saggio su Quelques figures de la Rèpublique de Lettres grecques nel quale si esprime in modo molto positivo su Kavafis. Nello stesso anno incontra Filippo Tommaso Marinetti, il quale, due anni dopo, nel libro Il fascino dell'Egitto, ricorderà le sue impressioni su Kavafis. Anche sul giornale in lingua italiana Messaggero Egiziano del 21 dicembre 1929 vi è un resoconto dell'incontro Marinetti-Kavafis. Nello stesso anno anno iniziano a circolare anche altre “collezioni” di versi. Nel 1931 Samuel Baud-Bovy, che insegnava lingua e letteratura neogreca a Ginevra, è il primo ad interessarsi a livello accademico dell'opera di Kavafis. In questo periodo inizia ad aver i primi seri sintomi del cancro alla laringe, che lo condurranno ad Atene per analisi cliniche. Nella capitale greca Kavafis conoscerà personalmente diversi scrittori, tra i quali Pinelopi Delta, Ànghelos Sikelianòs, Kostas ed Eleni Uranis. La sua attività poetica comincia ad essere apprezzata anche in Grecia, dove la rivista ateniese Kyklos gli dedica un numero monografico. Il 2 aprile 1933 la morte lo coglie ad Alessandria nel giorno del suo sessantesimo compleanno. Nel suo ultimo passaporto (1932) la casella profession è completata dalla parola poéte. [...] Kavafis non dà consigli, dà se stesso nell'opera, e in questo modo raffigura il suo mondo. Così dà forma a un problema basilare della nostra vita con grande chiarezza. Non va proclamando convinzioni a suon di grancassa: manifesta il comportamento di determinati elementi della nostra vita. Di qui in avanti spetta a noi giudicare e dedurreiii. L'editio princeps delle 154 poesie riconosciute con l'aggiunta dell'inedita Dintorni di Antiochia (Eij" ta; perivcwra th``" jAntioceiva") viene pubblicata da Rika Sengopulu ad Alessandria nel 1935. Quest'edizione, nella quale i testi sono disposti in due unità che rispettano un ordine approssimativamente cronologico (poesie anteriori al 1911 e quelle successive), è rimasta quella canonica delle poesie e delle traduzioni straniere (ivi compresa quella di Pontani del 1961) fino al 1963, quando Savvidis pubblica la prima e finora unica edizione critica dell'opera kavafiana. L'edizione Savvidis riguarda le poesie del corpus riconosciuto ed è strutturata in cinque unità: 1) poesie raccolte per temi 1905-1915; 2) raccolta tematica 1916-1919; 3) tutte le poesie riconosciute precedenti (1896-1904) non inserite nelle raccolte del 1904-5 e del 1910; 4) le poesie riconosciute dal 1919 in poi; 5) la poesia Eij" ta; perivcwra th``" jAntioceiva" che sebbene non sia propriamente una poesia riconosciuta è tuttavia tradizionalmente inclusa nelle 154 del corpus ufficiale. Tale disposizione, in parte tematica e in parte cronologica, rispetta la prassi editoriale di Kavafis. Recentemente (1994) Renata Lavagnini ha pubblicato le poesie non finite (jAtelhv poihvmata), volume nel quale sono confluite una settantina di poesie finite ma non pubblicate, una trentina di abbozzi scritti su materiale scrittorio provvisorio, come vecchi biglietti d'invito, buste, cartoncini di pacchi di sigarette), scritti a matita, alcuni versi a metà strada tra il rifiuto e il riconoscimento. Alcune poesie erano rimaste inedite volutamente, perché nascoste (Not for publication but may remain here, segnala il poeta, in inglese). Per l'editore di Kavafis il lavoro, secondo quanto afferma Peri (1993, p. 27), impone decisioni meno drammatiche di quelle di Vario e di Tucca (gli editori di Virgilio, che pubblicarono l'Eneide, rimasta incompiuta a causa della morte dell'autore prima della stesura e revisione finale dell'opera), decisioni meno difficili, ma non per questo meno inquietanti. Bibliografia fondamentale (I titoli contrassegnati da asterisco * sono

Page 128: Storia Della Lingua Greca

- 128 -

in greco) Edizioni critiche: *Poihvmata, (Poesie), a cura di G. P. Savvidis, Atene 1963, in due voll.; *Pezav, (Testi in prosa), a cura di G. A. Paputsakis, Fexi, Atene 1963; *jAnevkdota peza; keivmena, (Testi inediti in prosa), a cura di M. Peridis, Fexi, Atene 1963; * jAnevkdota poihvmata, 1882-1923, (Poesie inedite), a cura di G. P. Savvidis, Ikaros, Atene 1968 (pubblica il cosiddetto Quaderno Sengopulos, con 75 poesie inedite, delle quali 62 del tutto sconosciute fino a quel momento); * jApokhrugmevna poihvmata kai; metafravsei", (Poesie rifiutate e traduzioni) (1886-1898), a cura di G. P. Savvidis, Atene 1983; * jAnevkdota shmeiwvmata poihtikh``" kai; hjqikh``" (1902-1911), (Note inedite di poetica e di etica), a cura di G. P. Savvidis, Atene 1983 * jAtelh; poihvmata 1918-1932, (Poesie incomplete), a cura di R. Lavagnini, Ikaros, Atene 1994; *K. P. Kavafis, Krummevna poihvmata, 1877… 1923, (Poesie nascoste 1877?-1923), edizione critica a cura di G. P. Savvidis, Atene 1993); sessantaquattro testi in prosa di K., alcuni pubblicati su riviste, altri inediti, di argomento vario (storia, questione della lingua, società, rapporti tra Chiesa e teatro, importanza di Shakespeare per la letteratura neogreca, analisi letterarie e stilistiche, ...) sono stati di recente curati da M. Pierìs, al quale si devono anche il saggio introduttivo, la cura delle traduzioni dei testi scritti in inglese da K. e il ricco apparato di note e commento, K. P. Kavafis, Pezav, (1882?-1931), (Testi in prosa), Ikaros, Atene 2003.* La recente, monumentale, bibliografia a cura di *D. Daskalòpulos,Bibliografiva K.P. Kabavfh, (Bibliografia di K.P. Kavafis), KEG, Atene 2003, costituita da ben 1269 pp. di formato A 4, dà la misura (anche se non completa) della impressionante attività editoriale e critica relativa alla produzione poetica di Kavafis. Sulla fortuna letteraria di questo autore fuori dalla Grecia si veda *N. Vaghenàs (a cura di), Sunomilwvnta" me ton Kabavfh, (Conversando con Kavafis. Antologia di poesie kavafiane di poeti stranieri), Centro della Lingua Greca, Salonicco 2000 (che raccoglie un numero molto considerevole di poesie del Novecento, composte da autori vari autori stranieri, tra i quali Montale e Brodskj, ispirate alla produzione poetica di K.P.K.). Anche Luca Canali in Inediti apocrifi di poeti moderni, Crocetti, Milano 1986, pp. 72-74 pubblica tre poesie alla maniera di Costantino Kavafis: La duplice sfida; Canto dell'esule; Rampogna. Un altro esempio della diffusione letteraria di K. anche al di fuori della produzione poetica strictu sensu è stato segnalato da P. Boitani, Ulisse 2001: Mito, Letteratura e Storia fra due Millenni, in

Page 129: Storia Della Lingua Greca

- 129 -

Ulisse da Omero a Pascal Quignard, a cura di A.M. Babbi e F. Zardini, Fiorini, Verona 2000, pp. 33-55, p. 46 scrive che la poesia kavafiana Itaca è ritenuta fonte del romanzo A Journey to Ithaca (1995) di Anita Desai (recentemente tradotto in italiano, Viaggio a Itaca, Einaudi, Torino 2005). I versi di Itaca hanno raggiunto anche il vasto pubblico americano dal momento che sono stati letti in occasione dei funerali di Jacqueline Kennedy Onassis, E. Keely, Cavafy's "Ithaca" A. D. 1994, «Odyssey», nov.-dic., 1994, pp. 55-58. Ritengo utile fornire alcune indicazioni bibliografiche di base (privilegiando essenzialmente la produzione critica in lingua italiana). I titoli contrassegnati da * sono in lingua greca. La prima monografia sul poeta alessandrino si deve a *T. Malanos, JO poihthv" K. P. Kabavfh" ( JO a[nqrwpo" kai; to; e[rgo), (Il poeta K. P. Kavafis, (l'uomo e l'opera), Govostis, Atene 1933, 19572; fondamentale per la diffusione delle 154 poesie del corpus ufficiale di K. in ambito europeo è stata la traduzione francese elaborata “a due mani” nel corso dell'estate del 1936 (e non nel 1939, come invece generalmente si ritiene) da Marguerite Yourcenar e Konstantinos Dimaràs (al quale si deve una Storia della letteratura neogreca ancora insuperata). Fu proprio Dimaràs a far conoscere la poesia di K.: (... abbiamo passato tutta un'estate... La nostra collaborazione non è stata di tutto riposo. Marguerite Yourcenar, suppongo che tutti lo sappiamo oggi, era piuttosto autoritaria. E ostinata. Io da parte mia avevo idee ben precise su quel che dovesse essere una traduzione. Idee che lei era ben lontana dal condividere. Il mio punto di vista sulla traduzione è che non deve essere affatto lassista. Non amo l'ipotesi della bella infedele. Marguerite si preoccupava esclusivamente di quel che risultasse bene in francese. E più tardi ha dato dimostrazione di come non traducesse, quando ha pubblicato “La Couronne et la Lyre”, nel quale si trovano delle poesie francesi, adattate da poesie greche, ma non delle vere e proprie traduzioni. Non è capitato con Kavafis. È proprio una traduzione. Ma le nostre dispute battevano sempre sullo stesso chiodo. Io le facevo una traduzione letterale e lei “arrangiava”...)iii. Il saggio critico della Yourcenar su K. è disponibile anche in italiano, Presentazione critica di Costantino Kavafis, (1939; 1953)iii. Tra le prime testimonianze della fortuna italiana di K. va ricordata la presentazione di A. Catraro Un poeta della nuova Grecia, in «Popolo Romano» del giugno del 1922. Gli studi letterari iniziano con il contributo di F.M. Pontani, Fonti della poesia di Cavafis, in Rivista di cultura greco-italiana, Roma, anno III, vol. IV, 1940, pp. 657-669; *G. K. Katsimbalis, protagonista indiscusso del Colosso di Marussi di Henry Miller, è autore di una prima Bibliografiva tou K.P. Kabavfh, Bibliografia di K. P. Kavafis, Serghiadis, Atene 1943 (aggiornamento 1944-1962 a cura di *Th. D. Basoghiannis, Salonicco 1978). Ancora in Italia negli anni Quaranta F. M. Pontani studia critica l'opera poetica di K. e pubblica Metrica di Cavafis, in Atti della Reale Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo, serie IV, vol. V, II, 1944-45, pp. 163-219. B. Lavagnini presenta una sua antologia personale dei testi da lui più amati di K. in Trittico neogreco: Porfyras-Kavafis-Sikelianòs. Traduzione poetica affiancata dal testo greco, Edizioni dell'Istituto Italiano di Atene, Atene 1954; *S. Tsirkas, scrittore greco alessandrino, tra i maggiori rappresentanti della prosa greca del dopoguerra, è autore di una monografia intitolata JO Kabavfh" kai; hJ ejpochv tou, (Kavafis e la sua epoca), Kedros, Atene 1958, 19712 che rimane una vivace e partecipe testimonianza non solo dell'attività letteraria ed artistica di K., ma anche della città di Alessandria nella quale, fino alla Seconda Guerra Mondiale, si era creato l'humus fertile

Page 130: Storia Della Lingua Greca

- 130 -

per una particolare ed unica dimensione culturale; G. Seferis aveva intenzione di scrivere un saggio critico complessivo sull'opera poetica di K., come afferma nei suoi Diari in vari momenti: ad un certo punto abbandona l'idea di pubblicare un testo completo e decide di dare alle stampe alcune delle sue riflessioni ed analisi critiche, alcune delle quali possono leggersi anche in italiano Kavafis e Eliot: paralleli, in G. Seferis, Le opere. Poesia - Prosa, a cura di V. Sereni, traduzioni, note e bio-bibliografia a cura di F.M. Pontani, Club degli Editori, Milano 1980, pp. 547-584 (prima edizione italiana G. Seferis, Le parole e i marmi, a cura di F.M. Pontani, Mondadori, Milano 1965) (il commentario su Kavafis che Seferis iniziò a Pretoria non venne mai portato a termine, parte dei suoi appunti su questo lavoro è stata tradotta in G. Seferis, Poesie e prose, Fabbri, Milano 1969, a cura di F.M. Pontani, Commento a Kavafis: pp. 295 e segg.: analisi delle poesie Candele, Le anime dei vecchi, Interruzione, Termopili, Che fece... il gran rifiuto, Aspettando i barbari, Selatà, Il re Demetrio, I passi, Questi è colui, Il dio abbandona Antonio, Giovani di Sidone, Babila); G. Seferis, Io e Kavafis,ibidem, pp. 585-591 (prima edizione italiana 1965); F. M. Pontani, Motivi classici e bizantini negli inediti di Kavafis, in Atti della Reale Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo, 128, 1969-70, pp. 291-319; *G. P. Savvidis, OiJ kabafike;" ejkdovsei", (Le edizioni kavafiane), (prima edizione Tachydromos 1966), Ikaros, Atene 19922; G. Lorando, L. Marcheselli, A. Gentilini, (a cura di), Lessico di Kavafis, Liviana Editrice, Padova 1970 (lessico delle 154 poesie riconosciute); M. Peri, Strutture in Kavafis, Università di Padova, Studi Bizantini e Neogreci, Quaderni 11, Padova 1970; G. Ritsos, 12 poesie su Kavafis, tradotte da F.M. Pontani, in M. Peri, Kavafis/Ritsos, Istituto di Studi Bizantini e Noegreci, Padova, 1971; *E. P. Papanutsos, Palamav" Sikelianov" Kabavfh" (Palamàs-Sikelianòs- Kavafis), Ikaros, Atene 19712; M. Peri, Quattro saggi su Kavafis. Vita e pensiero, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano 1977; negli anni Settanta scopriva la poesia di K. Guido Ceronetti, al quale si devono alcune considerazioni sulla poesia (Una lettrice di K., All'accendersi delle candele, La carta è stanca, Morbosità di Kavafis) e di recente alcune rielaborazioni in italiano di poesie (Un'ombra fuggitiva di piacere, Adelphi, Milano 2004); R. Liddell, Cavafy, a Critical Biography, Gerald Duckworth & Co., London 1974 (trad. ital. a cura di M. Lavagnini, Kavafis, una biografia critica,Crocetti,Milano 1988); M. Peri, Strutture in Kavafis, Università di Padova, Studi Bizantini e Neogreci, Quaderni 11, 1976; P. M. Minucci, Costantino Kavafis, La Nuova Italia, Firenze 1979; M. Risva, La pensée politique de C. Cavafy, Les Belles Lettres, Paris 1981; G. Raboni, Konstantinos Kavafis, in La cultura del '900, a cura di A. Berardinelli e C. Di Girolamo, Oscar Studio Mondadori, Milano 1981, pp. 133-135; E. Keeley, Modern Greek Poetry. Voice and Myth, Princeton University Press, Princeton New Jersey 1983, in particolare Voice, Perspective and Context in Cavafy, pp. 3-30; *D. Haas - M. Pierìs, Bibliografikov" odhgov" sta 154 poihvmata tou Kabavfh, (Guida bibliografica alle 154 poesie di Kavafis), Ermìs, Atene 1984; *G. P. Savvidis, Mikra; kabafikav Aæ, (Brevi saggi su Kavafis I), Ermìs, Atene 1985 e Mikra; kabafikav Bæ, (Brevi saggi su Kavafis II), Ermìs, Atene 1987; *K. Sterghiòpulos, JH JEllhnikh; Poivhsh. jAnqologiva -- Grammatologiva, (La Poesia Greca. Antologia - Letteratura), Sokolis, Atene 1980 (19903), pp. 192-229; *D. Maronitis, JO muqologiko;" Kabavfh" kai;

Page 131: Storia Della Lingua Greca

- 131 -

hJ «Priavmou nuktoporiva» (Kavafis mitologico e «Il viaggio notturno di Priamo», in Pivsw Mprov" - Protavsei" kai; uJpoqevsei" gia; th;n neoellhnikh; poivhsh kai; pezografiva, (Indietro - Avanti. Proposte e ipotesi sulla poesia e prosa neogreca), Stigmì, Atene 1986, pp. 39-57; Id., Ta; kabafika; « [Aloga tou`` jAcillevw"» (I kavafiani cavalli di Achille), ibidem, pp. 59-81; J. Brodskij, Il canto del pendolo, Adelphi, Milano 1988, pp. 277-292; R. Lavagnini, Sette nuove poesie bizantine di C. Kavafis, in «Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici» 25, 1988. Studio sull'uso della rima in Kavafis uno studio significativo si deve a Ch. L. Karaoglu, K.P. Kabavfh, Rimavrio, dhmosieuvmeno kai scoliasmevno apov to C.L. Karavoglou, (K.P. Kavafis, Rimario, pubblicato e annotato da Ch. L. K.), in «Molybdokondopektitìs», 1990, pp. 71-123;*F.M. Pontani, JEpta; dokivmia kai; melethvmata gia; to;n Kabavfh (1936-1974) (Sette saggi e studi su Kavafis 1936-1974), introd. di G. P. Savvidis e M. Peri, M.I.E.T., Atene 1991 (fondamentale il saggio sulla metrica); un saggio analitico sulla poesia di K. si deve a * M. Pierìs, Cwvro", Fw" kai Lovgo". H dialektikhv tou «mevsa» kai tou`` «evxw» sthn poivhsh tou Kabavfh, (Luogo, Luce e Parola. La dialettica del dentro e del fuori nella poesia di K.), Kastaniotis, Atene 1992; *lo stesso autore ha curato una raccolta di interventi critici M.Pierìs (a cura di), Eijsagwgh; sth;n poivhsh tou`` Kabavfh. jEpiloghv kritikw``n keimevnwn, (Introduzione alla poesia di Kavafis. Scelta di testi critici), Edizioni Universitarie di Creta, Iraklio 1994; sulla rivista «Poesia» n. 58 1993 due interventi dedicati a K.: P. M. Minucci, Costantino Kavafis riletto da cinque poeti greci, G. Ritsos, Dodici poesie per Kavafis; John P. Anton, The Poetry and Poetics of Constantine P. Cavafy. Aesthetic Visions of Sensual Reality, Harwood Accademic Publishers, Greek Poetry Archive, Tampa, Usa, 1995; E. Keeley, Cavafy's Alexandria. A Study of a Myth in Progress, Harvard University Press, Cambridge Mass., 1976, Princeton University Press 1996; E. Lorenzetti, Alle origini di Ungaretti: la scoperta di Kavafis, in «Italianistica» XXVII, 3, 1998, pp. 441-451, p. 443 n. 5: «In Vita in Egitto (di E. Pea), nella storia del giovane intellettuale greculo Nicola Zografo sembra restino tracce, per analogia, del percorso umano di Kavafis; *AA. VV., H poivhsh tou kravmato". Monternismov" kai diapolitismikovthta sto evrgo tou Kabavfh, (La poesia della miscela. Modernismo e internazionalità nell'opera di Kavafis) a cura di M. Pierìs, Panepistimiakès Ekdosis Kritis, Iraklio 2000; una pubblicazione in italiano, di fuori dal contesto universitario, è la traduzione di un ricordo dello scrittore K. Uranis, Kavafis, pubblicato da una piccolissima casa editrice, Servitium di Goerle (Bergamo) nel 2000, per iniziativa di M. Giachetti; sulla fortuna di Kavafis al di fuori della Grecia si veda l'intervento di N. Vaghenàs, Il culto universale di Costantino Kavafis, «Poesia» 150, 2001;*D. Daskalòpulos - M. Stassinopulu, Obivo" kai to evrgo tou K. P. Kabavfh, (La vita e l'opera di K. P. Kavafis), Metechmio, Atene 2002 (pp. 179-187 scelta bibliografica); una recente analisi del rapporto poetico fra Montale e Kavafis si deve a C. Luciani, Montale e la Grecia moderna, in «Premio Città di Monselice per la traduzione letteraria e scientifica» 25-26-27, a cura di G. Peron, Monselice 2002, pp. 281-329 (in appendice sono riprodotti anche gli articoli scritti da Montale per Il Corriere della Sera, 13.4.1955, Un poeta

Page 132: Storia Della Lingua Greca

- 132 -

alessandrino e Un poeta greco del 5.6.1962); R. Lavagnini, La «Seconda Odissea» di Kavafis, in Ulisse nel tempo. La metafora infinita, a cura di S. Nicosia, Saggi Marsilio, Venezia 2003, pp. 417-433. In Italia rimane a tutt'oggi un prezioso strumento di consultazione, anche se difficilmente reperibile, il catalogo della mostra KAVAFIS, promossa dal Ministero greco della Cultura e delle Scienze, dal Comune di Roma e dall'Ambasciata di Grecia in Italia, edizioni dell'Elefante, Roma 1984. In Grecia in occasione dell'anniversario dalla scomparsa del poeta nel 2003 si sono moltiplicate le iniziative commemorative e celebrative; nello stesso anno lo scrittore Fìlippos Filippu ha pubblicato un romanzo dal titolo Oi teleutaive" hmevre" tou Kwnstantivnou Kabavfh (Gli ultimi giorni di K.K.) per le edizioni Pataki di Atene: la voce narrante è quella di Filippo Tommaso Marinetti. Recentemente è stato pubblicato anche un altro romanzo (non particolarmente significativo per la qualità letteraria, ma indicativo del dialogo continuo e proficuo che i greci hanno con la loro poesia, e con Kavafis in primis) che vede come protagonista il poeta e la sua città: Katerina Karizoni, Tsavi me ton Kabavfh (Thé con Kavafis), Kastaniotis, Atene 2004. Il fenomeno della fortuna di Kavafis nella produzione poetica del Novecento è particolarmente impressionante, tra le ultime testimonianze si veda ad esempio la raccolta poetica di Remo Rapino, La profezia di Kavafis, Mobydick, Faenza 2003 (il quale, oltre a stabilire un dialogo con il poeta alessandrino rivela di conoscere anche altri autori greci del Novecento, come Seferis, Sachturis, Viron Leontaris).

Poesie di Kavafis: Qumhvsou swma Kuttavzonta" evna opavllio misov gkrivzo

Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 martedì 16.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Kabavfh" EKOMISA EIS THN TECNH OTAN DIEGEIRONTAI ETSI POU ATENISA

Page 133: Storia Della Lingua Greca

- 133 -

Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 mercoledì 17.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

EPESTREFE EN TW MHNI AQUR OSO MPOREIS POLU SPANIWS

Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Lunedì 22.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Odysseas ELYTIS (Iraklio 1911 - Atene 1996) Odysseas Elytis nasce il due novembre 1911 a Creta, dove il padre Panaghiotis,

originario di Mitilene, si era trasferito con la famiglia per avviare un oleificio ed un'industria per l'elaborazione dei grassi dell'olio (saponi, creme). L'attività rende bene ed il centro degli interessi economici degli Alepudelis (tale è il reale cognome del poeta) si spostano verso la capitale: nel 1914 la fabbrica viene trasferita al Pireo, mentre la famiglia va a vivere poco distante, al centro di Atene, in un elegante quartiere medio-alto borghese. Durante i periodi estivi la villeggiatura nelle isole è d'obbligo: la luce di

Page 134: Storia Della Lingua Greca

- 134 -

Spetses e di Lesbo come esperienza magica dell'infanzia rimarranno nella memoria del poeta come elementi connessi con il suo stesso codice genetico. Le due isole Spetses, con la sua importanza storica durante la rivoluzione del 1821 e le tracce ancora visibili di una grande potenza commerciale e marittima, e Lesbo-Mitilene, patria di Saffo e del pittore naif Theòfilos, avranno un valore simbolico nella sua produzione poetica non soltanto per la forza prorompente della luce e della natura ma anche per gli strati storici che Elytis indagherà da archeologo-poeta. Negli anni in cui lo scrittore è ancora bambino, le vicende della vita pubblica greca entrano direttamente nella sua casa: nel 1915 la famiglia dà ospitalità ad Elefterios Venizelos durante la crisi di governo scaturita dalle divergenze con il re Costantino I riguardo alla partecipazione della Grecia alla Prima Guerra Mondiale. Lo Scisma Nazionale (Ethnikòs Dichasmòs) del 1915, che determina una delle fasi più critiche della politica interna greca della prima metà del Novecento, è vissuto in famiglia come un'esperienza diretta e coinvolgente. Nel 1920, mentre Venizelos si reca in esilio in Francia, il padre di Elytis trascorrerà un periodo in carcere, dal quale uscirà piuttosto provato. Pochi anni dopo (1925) muore prematuramente. Odysseas, conclusi gli studi liceali nel 1929, dovrebbe intraprendere studi universitari di Chimica, per poter rilevare l'attività paterna con le giuste conoscenze scientifiche, ma il giovane nutre interessi esclusivamente letterari, ed ha già iniziato a dare alle stampe alcune prove poetiche (sotto pseudonimo: il cognome paterno caratterizzava in quegli anni un marchio di fabbrica troppo riconoscibile). Nel 1930 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza (che in seguito abbandonerà senza conseguire la laurea), e pochi anni dopo, nel 1934 compone la sua prima raccolta poetica, poi inserita nella silloge Prosanatolismoiv (Orientamenti). È l'anno cruciale per la letteratura greca del Novecento: 1935. Il giovane Elytis entra a far parte attiva del mondo intellettuale della capitale greca; conosce Andreas Embirikos, al quale lo legherà un'amicizia sincera durata una vita intera; trascorre un periodo a Mitilene con occhi e spirito diversi e scopre la pittura dell'artista locale Theòfilos che, in maniera essenziale ma diretta, ha rappresentato su tela gran parte della letteratura popolare greca in volgare: sia Elytis che Seferis dedicheranno pagine critiche di alta e composta prosa poetica alla trasposizione pittorica in chiave popolare, elementare ma di sicura efficacia espressiva dei principali protagonisti della letteratura greca in volgare.

Negli anni Trenta, tramite l'amico e poeta Ghiorgos Sarandaris (1907-1941)iii,impara ad amare la poesia italiana (e quella di Ungaretti in particolareiii), conosce Seferis, il critico e romanziere Gheorgios Theotokàs e il gruppo di intellettuali intorno alla rivista TA NEA GRAMMATA («Le Nuove Lettere»), diretta da Andreas Karandonis, sulla quale -firmando per la prima come Elytis - pubblica alcuni versi. La scelta di questo pseudonimo è determinata dall'esigenza di non utilizzare il nome di famiglia: il termine è forgiato in modo tale da rendere un tributo al sole (h{lio") e al poeta francese Éluard (che i greci pronunciano Eliàr). Lo pseudonimo scelto consente anche altre assonanze care al poeta: «élite» e con la parola che indica il “vagabondo”, “girovago un po' mascalzone un po' sognatore, forse un po' anche poeta”: ajlhvth" (alìtis). Ed ancora per giocare con le assonanze Elytis è consapevole che lo pseudonimo scelto riconduce alla prima sillaba di Ellàs (Grecia), Elpìs (Speranza), Elèni (Elena, personaggio mitologico, ma anche figura concreta di donna, realmente conosciuta ed amata). Nell'anno successivo (1936) conosce Andreas Gatsos, autore di un raffinato poemetto surrealista (Amorgòs), sensibile conoscitore di letteratura, abile autore di versi

Page 135: Storia Della Lingua Greca

- 135 -

che diverranno testi molto popolari della canzone d'autore greca del Novecento; stampa alcune traduzioni di poesie di Paul Éluard e presta servizio militare. Nel 1940 pubblica la sua prima raccolta poetica Prosanatolismoiv (Orientamenti) ed alcune delle sue poesie escono anche in traduzione francese; in seguito al 28 ottobre 1940, dopo il famoso NO alle richieste degli italiani, Elytis viene inviato sul fronte albanese: l'esperienza drammatica della guerra combattuta in prima linea rimane nella raccolta {Asma hjrwi>ko; kai; pevnqimo gia; to;n camevno jAnqupocago; th``" jAlbaniva" (Canto eroico e funebre per il sottotenente caduto in Albania), pubblicato nel 1945 (qualche anno più tardi -1952- il poemetto esce anche nella traduzione italiana di Mario Vitti, Poesie precedute dal Canto eroico per il sottotenente deceduto in Albania). L'opera, in quattordici unità liriche, è dedicata al giovane Athanasios Diakos, morto al fronte: una semplice vita spezzata diventa il simbolo eterno di ogni morte insensata e violenta. La responsabilità di questa morte va indagata nei disegni delittuosi, oscuri ed inspiegabili, di chi ordisce conflitti tra gli uomini. Nella devastante realtà della guerra, dell'odio, della cecità dell'uomo il protagonista ascende al Cielo, come un nuovo redentore, in una nuova Pasqua, in una speranza di primavera. Il testo prende spunto da un dato storico reale, concretamente vissuto, si articola nel solco della millenaria tradizione poetica greca che vuole mantenere la memoria degli eroi attraverso la celebrazione in versi, diventando un mirologion (canto funebre della tradizione popolare greca. La religiosità ortodossa, la forza della natura greca e la grandiosità del mistero della resurrezione, che per i cristiani d'Oriente è il momento più alto della presenza del Divino, trasformano questo canto drammatico in una complessa sinfonia nella quale non sono escluse alcune note vivaci. Elytis, anche nella cupa e sanguinosa realtà della guerra, riesce ad intuire la possibilità di uno spiraglio benefico di luce.

In questo periodo lavora anche all'opera Albaniada, che non vedrà la luce nella sua stesura definitiva (una parte dell'opera verrà pubblicata nel 1962), anch'essa dettata dall'esperienza della guerra italo-greca del 1940. Anche qui, come nell'epica eroica degli antichi, si cantano le imprese coraggiose dei combattimenti corpo a corpo, qui però il nemico è osservato con uno stupore nuovo: gli eroi greci del V sec. erano stati capaci di sconfiggere l'esercito persiano per difendere la libertà; i rivoluzionari greci del 1821 avevano affrontato il turco, che nonostante secoli di invasione non era riuscito ad annientare la loro identità linguistica, culturale e religiosa. Qui invece il nemico è più infido, è un nemico nascosto, travestito da ragazzo con la stessa faccia del greco, un nemico aggressivo, eppure è un nemico con troppe affinità: nei versi rintoccano come lugubri campane i nomi dei greci, intercalati da quelli degli italiani. Richiami diversi ed uguali. Lo sconcerto diventa maggiore e più inquietante: questo nemico ingiusto, che porta morte e desolazione, ha un aspetto troppo fraterno.

Ammalatosi di tifo durante lo scontro armato nelle terre d'Albania e nel nord della Grecia, Elytis ritorna ad Atene dove inizia a comporre {Hlio" oJ prw``to" (Sole il primo), che verrà pubblicato nel 1943 (esce in edizione integrale in italiano nel 1979 a cura di Nicola Crocetti, Guanda). Epicentro poetico della raccolta è la commistione tra vita, amore, natura e paesaggio greco, elaborato in un linguaggio ardito ma accessibile e filtrato attraverso l'esperienza colta del surrealismo francese, rivissuto in chiave concretamente ellenica. In questo periodo si dedica anche all'analisi critica della poesia e della lingua di Andreas Kalvos, il poeta greco segretario ed amico

Page 136: Storia Della Lingua Greca

- 136 -

di Foscolo al quale si devono venti odi (1824 e 1826) che costituiscono il principale monumento della poesia neoclassica greca. L'uso di una lingua onirica, di costrutti che sembrano a volte sconnessi grammaticalmente, di voli pindarici e di balzi stravaganti di senso grammaticale e logico nella poesia di Elytis non sempre risulta esito del suo stretto contatto con la poesia surrealista francese: in molti casi la filigrana rivela la lettura vivificante dei versi di Kalvos, artefice di una lingua assolutamente originale. Egli, infatti, dopo la prima infanzia a Zante, era cresciuto a Livorno: poeta greco bilingue, conoscitore del greco antico che sentiva come vivo e possibile, nelle sue odi ha fatto uso di un codice linguistico misto e variegato, esclusivamente suo. Tale codice espressivo è apparso ai poeti greci del Novecento (da Palamàs in poi) come uno strabiliante lievito poetico. Altro poeta rintracciabile tra le righe di Elytis, non solo per l'uso plastico della lingua demotica, ma anche per l'allucinazione della sua fantasia creativa è Dionisios Solomòs. Anche Palamàs, e la sua poesia altisonante, e Sikelianòs (con la personificazione della natura) appaiono nelle maglie del discorso poetico di Elytis (almeno della sua prima fase poetica). La presenza dei padri però anziché indebolire il discorso poetico di Elytis lo rende ancora più vigoroso ed energico, ancora più articolato e complesso: anche quando il poeta sembra voler dare una tregua al suo lettore, consentendogli un briciolo di colloquialità e di facile percezione (fonica o di senso), anche in questi casi si prende gioco dell'ingenuità del suo lettore, che non sempre è in grado di cogliere la stratificazione complessa di conoscenze e di archetipi sotto ogni singola parola.

Nel 1947 Elytis pubblica su una rivista il poemetto JH kalosuvnh sti;" lukoporive", La bontà al passo dei lupi, composto nel 1943, anch'esso composto nel contesto allucinato della Seconda Guerra Mondiale. Alla fine degli anni Quaranta (1948), mentre la Grecia è ancora sconvolta dalla guerra civile, Elytis si trasferisce a Parigi, dove frequenta Picasso, Matisse, Chagall, Léger ed altri intellettuali; viaggia in Spagna, Inghilterra, in Svizzera (dove conosce personalmente Ungaretti) e trascorre le sue vacanze in Provenza. Nel 1951 è a Saint-Jean-Cap-Ferrat con Pablo Picasso: il ricordo poetico di quella vacanza, Villa Natacha, verrà pubblicato nel 1973, con un disegno originale di Picasso, una decorazione di Laurens e decorazioni della mano di Matisse. Alla fine dell'anno ritorna definitivamente in Grecia, dopo un soggiorno in Italia, durante il quale conosce personalmente Giorgio De Chirico. In Grecia intanto i partigiani comunisti si sono ritirati oltre i confini dei paesi socialisti e il maresciallo Papagos ha assunto il governo.

Nel 1959 pubblica il poema [Axion ejstiv (Dignum est), uno dei testi poetici greci del Novecento più complessi, e nello stesso tempo più noti al vasto pubblico grazie alla trasposizione musicale di Mikis Theodorakis rappresentata per la prima volta nel 1964. L'opera, ideata durante gli anni francesi, ha una solida struttura articolata secondo delle scansioni tematiche, metriche, linguistiche e di contenuto che risultano oscure al lettore occidentale che non conosca la liturgia ecclesiastica ortodossa. Le fondamenta spirituali di questo componimento poggiano sin dal titolo sulla religiosità mistica della formula [Axion ejstiv (Dignum est), che ricorre in un inno alla Vergine e in vari luoghi dell'Apocalisse di Giovanni. L'opera è costituita da tre grandi unità: Genesi - Passione - Gloria. Tre momenti sacri e profani nello stesso tempo, a loro volta suddivisi in ulteriori spazi poetici: la Genesi è suddivisa in sette componimenti poetici, autonomi ma strettamente connessi l'uno con l'altro. Ognuno di

Page 137: Storia Della Lingua Greca

- 137 -

essi corrisponde ad un giorno della creazione ed ogni giorno è un inno che si conclude con la formula rituale: Questo piccolo, grande mondo. Il primo giorno consacra la nascita dell' “io poetico” che si identifica con il sole; il secondo è incentrato sulla creazione della terra ed in particolare della Grecia; nascono quindi il mare e le isole; poi le creature minori dell'universo, piante e animali; vengono quindi creati le fanciulle e l'Amore; poi l'anima e il corpo; ed in ultimo compare sulla terra la Necessità, che stabilisce il ruolo della poesia nel mondo: la lotta e la sconfitta del male. La Genesi èuna riscrittura poetica del primo libro della Bibbia: Dio e il poeta si identificano secondo il concetto platonico del dio-demiurgo e secondo il senso ultimo della parola “poeta” in greco, che si riconnette alla radice del verbo poivew fare, realizzare, creare. Il poeta crea il mondo circostante e costruisce la realtà per sconfiggere il Male; il mondo circostante del poeta è quello visibile, concreto, salso e battuto dal vento della Grecia assolata. La patria del poeta, in questa ouverture, è ancora immacolata, ancora priva della presenza devastante dell'uomo, che apparirà solo nell'ultimo giorno-inno. Con la nascita dell'uomo giunge anche la Storia, che annienta la fase mitica iniziale, priva di tempo e di dolore. Nella Genesi Elytis fa uso della prima e della terza persona singolare, sdoppiando la sua personalità: ora è poeta-demiurgo fuori dal tempo immerso nell'arte pura, ora ritorna persona reale con i piedi sulla terra. Come in certe figure di Picasso, scrive K. Friar, Elytis si presenta contemporaneamente di profilo e di fronte.

Segue quindi la Passione, che si articola in una rigida struttura di tre unità, a loro volta suddivise in salmi, odi e letture. Nel complesso si hanno diciotto salmi, dodici odi e sei letture. I salmi e le odi si differenziano per struttura metrica e per contenuto: gli uni hanno per modello i salmi di Davide, sono in versi liberi mentre le odi si riconnettono alla tradizione poetica liturgica bizantina (una delle passioni letterarie di Elytis è la poesia di Romano il Melodo, straordinario interprete della poesia religiosa di Bisanzio). Le letture invece hanno come modello di base il Nuovo Testamento: la documentazione della presenza storica del Cristo tra gli uomini diventa qui drammatico resoconto di sei momenti della storia greca più recente. Le letture, in prosa, hanno il ritmo espressivo tipico della koinè dei Vangeli e dell'esposizione narrativa del generale Makrighiannis, l'eroe analfabeta della Rivoluzione greca che volle imparare a scrivere in età matura per narrare le vicende delle quali era stato protagonista attivo. La prima parte della Passione vede protagonista la coscienza attraverso la creazione; nella seconda la coscienza è posta di fronte al pericolo; mentre nell'ultima la coscienza supera il pericolo grazie alla santificazione dei sensi e alla assoluta realtà dello spirito.

L'ultima unità del complesso poetico dell' [Axion ejstiv (Dignum est), il Gloria, è scandita anch'essa in tre fasi, anch'esse di complessa articolazione nel solco della tradizione poetica bizantina. Si celebra qui la nascita di una seconda Grecia, di una terra sublimata grazie alla vitalità della parola poetica, grazie al conseguimento ultimo della luce piena e alla progressiva smaterializzazione degli elementi, che raggiungono la loro dimensione ultima solo nell'immaginifico della espressione poetica. Tutto il discorso poetico di [Axion ejstiv (Dignum est) si regge non solo attraverso il filo conduttore di un disegno originale ma anche grazie all'uso sapiente di un codice lessicale, nel quale coesiste tutta la millenaria storia della lingua greca senza spasmi o fratture. Accanto a parole trite e quotidiane Elytis pone termini desueti della tradizione omerica o della lirica arcaica, innesta la ritualità mistica della liturgia ortodossa nell'esposizione dettagliata della descrizione del reale, e crea in ultimo un

Page 138: Storia Della Lingua Greca

- 138 -

linguaggio poetico greco al di fuori dal tempo. In questo variegato panorama linguistico trovano spazio semantico anche anagrammi, parole inventate, neologismi arditi: compito della poesia è dare voce all'ineffabile, con ogni mezzo possibile. Il gioco linguistico non si limita solo al lessico, ma anche le strutture sintattiche del greco vengono adoperate secondo una grammatica personale del poeta.

Con le poesie della raccolta [Exi kai; miva tuvyei" gia; to;n

oujranov (Sei più uno rimorsi per il cielo), pubblicate nel 1960 e composte quasi contemporaneamente alla stesura del Dignum est, Elytis vince il premio nazionale di poesia. I sette componimenti di questo libro, nonostante la loro eleganza stilistica e la forte carica espressiva, sembrarono al pubblico meno impressionanti della grande opera poetica da poco pubblicata. Apparve strano anche il titolo: inspiegabile il “rimorso” nei confronti del cielo. I testi apparvero troppo intellettualistici ed ermetici, lontani dall'ampio respiro epico che affascinava il lettore greco della grande opera corale appena data alle stampe. «Il rimorso è una condizione torbida (indeterminata, non oscura), una macchia provocata da ciò che non esiste nei sentimenti e che non ha fatto in tempo a divenire ferita, una macchia, un'ombra che può essere sconfitta dalla purezza» (M. Vitti). Anche in questa raccolta, come nella precedente, la commistione tra sacro e profano, tra religioso e concreto, tra paganesimo e cristianesimo è assoluta. Negli anni successivi compie un lungo negli Stati Uniti (1961, ospite dello State Department) e un altro nell'Unione Sovietica (1962) in compagnia dell'amico fraterno Andreas Embirikos, su invito del Governo Sovietico. Nel 1963 pubblica Cronikov miav" dekaetiva" (Cronaca di un decennio) ed altri testi in prosa nel volume: jAnoicta; Cartiav (Carte scoperte).

Durante la dittatura militare in Grecia, per protesta contro il regime, decide (1969) di trasferirsi nuovamente in Francia: nel 1971 pubblica a Bruxelles la raccolta Monovgramma (Monogramma), una delle composizioni più articolate dal punto di vista strutturale. Come in una cabala, in una tavola pitagorica, in un ardito componimento poetico bizantino del genere della schedografia, Elytis impone, in un'atmosfera di magico rapimento amoroso, un complesso architettonico di versi e parole incentrato sul numero sette: la raccolta è formata da sette testi, di sette versi o di multipli di sette in progressione matematica. All'interno vi sono continui richiami e riferimenti cifrati: il monogramma del titolo e del frontespizio cela la sigla delle iniziali della donna amata; l'exergo riporta le sette parole che ricorrono con maggiore frequenza nei sette testi successivi, le strutture metriche riproducono suoni in uno schema rigido, ma nello stesso vario al punto da non dichiarare immediatamente la complessità dell'architettura del verso. Lo scheletro di Monogramma non danneggia l'essenza gioiosa della veste poetica dell'opera: anzi qui si ha la sensazione di leggere alcune delle pagine d'amore più appassionate e spontanee della lirica novecentesca. Il flusso dell'amore, vissuto come eros puro, come sentimento profondo senza compromessi, sembra la registrazione fedele di una storia concreta, tra un uomo ed una donna, nel

Page 139: Storia Della Lingua Greca

- 139 -

momento culminante della loro relazione. È la cronaca di un amore vero, sensuale, vissuto sulle spiagge dell'Egeo, al profumo di basilico, e nel contempo diventa il preludio per una suggestione che valica i confini imposti dal reale, verrà un giorno, mi senti ⁄ che ci seppelliranno e poi i millenni ⁄ ci renderanno fossili luminosi, mi senti ⁄perché sopra vi risplenda, mi senti ⁄ la malvagità degli uomini (IV). Nello stesso periodo dà alle stampe Ta; R tou`` [Erwta (Le R dell'amore), una raccolta di canzonette in rima, dal ritmo orecchiabile, messe in musica dai maggiori compositori greci dell'epoca: Mikis Theodorakis e Manos Chatzidakis; e ancora il poema JO {Hlio" oJ JHliavtora" (Il Sole Sovrano, o Sole Imperatore o come traduce Vitti Sole Solaro), corale per sette voci: narratore, sole, venti, fanciulla, coro di voci maschili, coro femminile, cantori. Anche qui il protagonista assoluto è il Sole: Elytis sosteneva che, mentre per la cultura occidentale (europea, nord-europea) il mistero è rappresentato dalle tenebre, dal buio; per la Grecia, invece, immersa nella luce il mistero primo è il Sole, quotidiano dilagante imperioso inclemente. Celati tra contorte allusioni, si trovano i sentimenti libertari di Elytis, che non riesce a tollerare il clima di ottusa ignoranza e di ingiusta cecità nel quale viveva la Grecia durante la dittatura dei colonnelli. L'opera riprende i ritmi dei canti popolari greci e delle filastrocche per bambini, in uno schema strofico di dodecasillabi e ottasillabi.

To; fwtovdentro kai; hJ devkath tevtarth ojmorfiav (L'albero di luce e la quattordicesima bellezza), poema che Elytis riteneva una naturale continuazione dei Sei ed uno rimorsi per il cielo, viene anch'esso pubblicato nello stesso periodo. Le poesie di quest'ultima raccolta, apparentemente semplici, venivano considerate dall'autore le più difficili che avesse mai composto, dal momento che esprimono la sua concezione poetica sulla quintessenza della terra greca, (secondo quanto egli stesso ha affermato in una intervista per il quotidiano «I Kathimerinì» del 21.10.1979). La connessione con la precedente raccolta è stabilita anche grazie al numero presente nel titolo: la prima raccolta -senza nominarlo- è dedicata al numero sette, magico per i pitagorici e più volte ricorrente nella poesia di Elytis, la seconda riporta nel titolo il suo doppio, la duplicazione pari e divisibile del numero primo al quale sono stati affidati i significati più reconditi. La moltiplicazione per due del numero primo che tanta fortuna ha avuto nella simbologia mistica della poesia, della filosofia e della religione, assume secondo la tradizione, anche la funzione di rendere omaggio alla donna. La quattordicesima bellezza dunque è dedicata alla donna, armonia creatrice di vita, capace di duplicare l'esistenza, di essere uno e “due” contemporaneamente nel corso della formazione della vita. I componimenti di questa

Page 140: Storia Della Lingua Greca

- 140 -

raccolta sono in tutto ventuno (sette per tre), e si ricollegano fra di loro come in una sorta di autobiografia basata sui ricordi dell'infanzia. L'esperienza del ricordo non ha qui però una funzione nostalgica e consolatrice, non diventa un ritorno ad un'età mitica dell'infanzia priva delle preoccupazioni dell'esistenza, bensì è un percorso a ritroso, una specie di indagine di sé che scardina problemi irrisolti determinando non solo un senso di nostalgia e di rimpianto, ma anche la dolorosa constatazione che durante tale periodo incantato (ed incantevole) della vita, si sono aperte nell'animo alcune ferite non ancora risanate. Solo l'albero della luce rappresenta il palo di sostegno al quale reggersi. L'opera, concepita durante l'esilio volontario in Francia tra il 1969 e il 1970, assume anche una connotazione politica. L'uso della parola patria non ha qui infatti un senso di recupero nostalgico del passato ma anche di denuncia della situazione greca dell'epoca. Patria ha per Elytis un valore alto, un senso ben diverso da quello imposto alla stessa parola dall'ottuso nazionalismo dei colonnelli: e la patria un affresco a strati successivi occidentali o slavi, che se provi a restaurare finisci subito dritto in galera e devi renderne contoiii.

Nel 1972 rifiuta un premio ufficiale di poesia in Grecia per coerenza politica. Nell'anno successivo dà alle stampe la raccolta Villa Natacha, un trittico nato in vacanza sulla Costa Azzurra, ospite a Cap Ferrat dell'omonima villa di E. Tériade, un ricco greco naturalizzato francese, collezionista d'arte e amico di grandi maestri della pittura del Novecento. La natura esuberante, la brezza marina, gli scogli spalancano squarci felici nella memoria: il Mediterraneo unisce le coste e anche la Grecia sembra più vicina ed accessibile. Segue nel 1974 la pubblicazione di Ta; ejteroqalhv (Ifratellastri), raccolta nella quale confluisce anche il poemetto Morte e resurrezione di Costantino Paleologo, l'ultimo imperatore di Bisanzio, personaggio ricorrente nella poesia popolare greca. Come il protagonista del Canto eroico e funebre anche qui l'eroe si immola per la libertà in nome della civiltà come il barbaro aggressore, e come quel povero giovane dalle speranze infrante dalla guerra anche Costantino XI deve sacrificare la sua vita terrena per resuscitare e diventare simbolo della vittoria del bene sul male. L'opera non è un componimento lirico-storico (nel solco della tradizione poetica greca) bensì un poema mistico-allusivo: l'eroe ha le connotazioni ieratiche e spirituali dei santi delle icone bizantine, dove le caratteristiche somatiche sono stilizzate e rese fisse da canoni estetici quasi irremovibili. Il sacrificio dell'imperatore sconfina dal dato storico per divenire la metafora eterna della lotta tra civiltà e barbarie. Costantino, come i difensori delle Termopili (che ritornano spesso nella poesia del Novecento), ritorna in campo nei tempi oscuri della dittatura militare per indicare la necessità di

Page 141: Storia Della Lingua Greca

- 141 -

battersi per la libertà. Nel mistero di quale sia quella parola intatta che l'imperatore stringe tra i denti mentre muore, Elytis sembra suggerire che tale parola inespressa sia quella assoluta ed eterna che può essere ricercata (e forse talvolta appena pronunciata) dalla poesia, che tende a raggiungere l'ineffabile. Il componimento si apre in modo narrativo, ma la vericidità dei fatti lascia presto il posto ad una narrazione allucinata e onirica:

Stava così ritto davanti alla Porta inespugnabile nel suo tormento Estraniato dal mondo che la sua anima tentava di misurare sulla lar- ghezza del Paradiso Più duro persino della roccia perché mai nessuno l'aveva guardato con dolcezza - e talvolta i suoi denti storti brillavano in modo strano [...]

E si conclude, con la terza unità, con l'immagine plastica dell'imperatore, l'ultimo dei Greci, che giace per sempre con una parola intatta (a[spasth, non spezzata), tra i denti.

Tornato in Grecia, Elytis rifiuta di diventare membro dell'Accademia di Atene (onore molto ambito da molti intellettuali ed uomini di cultura greci), accetta per pochi mesi la carica di presidente del consiglio direttivo della televisione di stato, riceve la laurea honoris causa a Salonicco e pubblica il poema Mariva Nefevlh (Maria Nefeli-Nuvola) (1978), poesia per scena, come lo stesso autore definisce l'opera. In Maria Nefeli la giovane donna protagonista e un anonimo interlocutore di sesso maschile dialogano a voce alta (ma verrebbe quasi da dire, se si potesse, monologano), avolte ascoltandosi distrattamente a volte ignorando l'uno le ragioni dell'altra. Maria è la metafora della società cambiata in seguito al Maggio francese, alla Guerra del Vietnam, alla rivoluzione sessuale: la lingua di questo testo concede ampio spazio alle parole straniere, agli slogan (politici e pubblicitari), agli idiomatismi gergali dei giovani, una lingua più da giornale quotidiano che da testo poetico. Elytis osserva questa giovane ragazza, sua stessa creatura e nello stesso tempo elemento estraneo ed inspiegabile, stupito del candore aggressivo della giovinezza, incapace di capirla, ma fortemente attratto dalla straripante bellezza di un'esistenza ancora acerba, eppure già così piena di sapori, colori, suoni, emozioni. Nello stesso anno pubblica un saggio critico-lirico su Andreas Embirikos, biografia poetica dell'amico e, nello stesso tempo, dichiarazione di poetica.

Page 142: Storia Della Lingua Greca

- 142 -

Nel 1979 gli viene conferito il Premio Nobel per la letteratura: nel discorso proferito in tale occasione Elytis volle presentare in breve i punti principali del suo discorso poetico: luce - trasparenza - lingua greca. Questi elementi, resi vivi attraverso la poesia, consentono di percepire l'intima essenza della Bellezza, scopo estremo del suo percorso umano e poetico (in linea di continuità con una concezione dell'identificazione del Bene e della bellezza che risale a Platone). «Signori Accademici, Signore e Signori, mi sia concesso, vi prego, di parlare in nome della luminosità e della trasparenza, perché sono queste le due proprietà che definiscono lo spazio in cui mi è stato dato di crescere e di vivere. [...] La Bellezza è forse l'unica via verso la nostra parte sconosciuta, verso ciò che ci oltrepassa. [...] Non è affatto casuale che in epoche sane la Bellezza si sia identificata con il Bene e il Bene con il Sole. Più la coscienza si purifica e si riempie di luce, più i punti oscuri retrocedono e si cancellano lasciando dei vuoti [...]. Mi è stato concesso cari amici di scrivere in una lingua parlata solo da qualche milione di persone. E purtuttavia una lingua che è parlata da duemilacinquecento anni senza interruzione e con differenze minime. Questo scarto spazio-temporale, in apparenza sorprendente, trova il suo corrispettivo nelle dimensioni culturali del mio paese: ridotto nella sua area spaziale, ma infinito per estensione temporale. Non lo ricordo certo per inorgoglirmi ma per dimostrare le difficoltà che affronta un poeta quando, per nominare le cose che più ama, deve ricorrere alle stesse parole usate da Saffo o da Pindaro, senza tuttavia avere la loro fama, riconosciuta da tutta l'umanità civilizzata. Se la lingua fosse semplicemente un mezzo di comunicazione, non vi sarebbe alcun problema. Ma accade talora che sia anche strumento di «magia» carico di valori morali. Ancora di più, nel lungo corso dei secoli, la lingua ha fatto proprio un certo modo di essere altamente morale. E questo modo di essere crea degli obblighi. Non va dimenticato che nei suoi venticinque secoli non ce n'è stato neppure uno, neppure uno lo ripeto, in cui non sia stata scritta poesia in lingua greca. [...] Come creare una comunità culturale quando la diversità linguistica costituisce un ostacolo insuperabile? Noi vi conosciamo e voi ci conoscete per quel 20 o 30 per cento che resta di un'opera dopo la sua traduzione. [...] Per il poeta - può sembrare un paradosso ma è vero - la sola lingua comune cui può ancora ricorrere sono le sue sensazioni. Il modo in cui due corpi si attraggono e si sfiorano non è mutato da millenni. [...] Quando parlo di sensazioni, non intendo quelle immediatamente percepibili, del primo o del secondo livello. Intendo quelle del livello più alto. [...] Una giovane che tiene in mano un ramoscello di mirto in Archiloco sopravvive in un quadro di Matisse e ci rende più tangibile l'idea mediterranea di

Page 143: Storia Della Lingua Greca

- 143 -

purezza [...]»iii.

Elytis pubblica nel 1979 un'antologia personale della sua opera poetica dal 1935 al 1977, accludendo in appendice pagine critiche di vari autori sulla sua produzione letteraria. Nel 1980 l'Università La Sorbonne di Parigi decide di consegnargli la laurea ad honorem. Nel 1982 dà alle stampe i Triva poihvmata me; shmaiva eujkairiva" (Tre poemetti sotto bandiera ombra, pubblicati nel 1993 in italiano da P. M. Minucci): tre percorsi poetici alla ricerca dell'essenza della perfezione. Nel primo, il Giardino vede, Elytis dichiara che ...da qualche parte / giace compiuta la Perfezione ..., che alla realtà / non importa / chi vive nella parte mortale / e chi nell'altra, perché siamo come pali / abbandonati nel deserto ed inutilizzati da secoli... In questo viaggio alla ricerca dell'assoluto le sinestesie e le iperboli sfavillano come orecchini scintillanti; dai colori si sentono suoni; le carezze lasciano segni iridescenti; fasci sonori di musica elettronica precipitano insieme a stelle cadenti; Piero della Francesca si incontra con Arthur Rimbaud. Il giardino può vedere perché la poesia è in grado di fornire l'unico strumento per analizzare e osservare da vicino la realtà: raggiunta la poesia, ogni cosa è in grado di vedere, perché la poesia trascrive l'inconcepibile. Il secondo poemetto, La mandorla del mondo, è invece un viaggio nella memoria condotto attraverso concreti riferimenti pittorici a Dalì e De Chirico. La memoria non appartiene al singolo, né al tempo, è possesso del mondo e la poesia può talvolta recuperare frammenti di questa memoria cosmica che all'uomo comune è preclusa ed Elytis ha la consapevolezza di aver avuto per brevissimi istanti il privilegio di attingerne gocce (Ancora una sigaretta / che duri fino all'ultimo respiro / due o tre attimi di vita / con momenti davvero stupendi / cortili dove a nostra insaputa crescemmo / e tu amaro ti sei messo in testa / di aprire la mandorla del mondo / e non ti è rimasta che la mano scrivendo certe poesie / bianche sulla pagina nera). Elytis sembra aver intuito quali siano i sentieri in grado di condurre al nòcciolo dell'esistenza (altrimenti detto qui mandorla del mondo) ma non è sicuro di esser capace di indicarne il percorso: gli altri intorno a lui però non hanno avuto neppure tale intuizione e ciò provoca nel poeta un senso di smarrimento e di solitudine.

Il tempo è il signore dominante dell'ultimo dei tre poemetti, Ad libitum. Contro il padrone delle nostre esistenze Elytis propone una sfida: Lo so / il tempo non mi perdonerà / di averlo messo alla prova: io o lui / propongo la vita come si punta una pistola alla tempia / e aspetto / si cancellano le grandi battaglie di Isso Preslav / Austerlitz / per fortuna l'aria intorno non ha memoria / e continua a profumare di rose

Page 144: Storia Della Lingua Greca

- 144 -

/ e a punirti.....Nel 1984 pubblica le sue traduzioni poetiche di Saffo e la sua versione

dell'Apocalisse di Giovanni: con la poetessa di Lesbo non avverte semplicemente una consonanza letteraria ma una specie di familiarità domestica, rinsaldata dal fatto che gli avi del poeta provenivano dalla stessa isola: «[...] Duemilacinquecento anni fa, vedo Saffo come una mia lontana cugina [...] abbiamo vissuto lo stesso sentimento della natura. Ma soprattutto abbiamo lavorato -ciascuno nei propri limiti- con gli stessi significati [...] »iii. Nello stesso anno escono JHmerolovgio eJnov" ajqevatou jAprilivou (Diario di un invisibile aprile) (pubblicato in italiano da P. M. Minucci nel 1990) ed il JO mikrov" nautivlo" (Il piccolo marinaio). L'uso del sostantivo «hJmerolovgio Diario» nel titolo sembra un tributo rispettoso a Seferis, e ai suoi diari di bordo. L'invisibile aprile fa pensare anche all'aprile il più crudele dei mesi di T.S. Eliot nella Waste Land. Le poesie vengono datate dal primo aprile fino al sette maggio: un percorso poetico che copre una Quaresima ortodossa, e compie un viaggio a ritroso dalla morte alla vita. L'intera struttura dell'opera, frazionabile in giornate, ma da considerarsi come un testo unico, non ignora i componimenti bizantini con una preghiera per ogni giorno del mese, ricostruisce fatti privati vissuti dal poeta (appaiono la figura del padre, della madre - dei luoghi dell'infanzia), prende atto delle vicende della storia greca moderna (catastrofe dell'Asia Minore e distruzione di Smirne, l'organizzazione dei protorivoluzionari greci prima del 1821: il luogo si riempì di parole greche piene di errori, nei vecchi contratti di dote e nei giuramenti degli insorti. E mi misi a piangere, come una volta avevo visto mio padre, nell'agosto del '22iii), tenta di fissare i cardini della verità attraverso l'uso della parola poetica. Espone poi il suo alfabeto personale di valori, di filtri, di richiami; il suo codie di riferimento, le sue parole chiave; il suo “motore di ricerca” necessario per individuare il filo delle sue riflessioni storiche, storico-letterarie e storico-personali. Tale indice, secondo l'alfabeto greco, comprende ventiquattro nomi, passaggi e paesaggi, alcuni facilmente decifrabili per chiunque abbia una formazione umanistica di base, altri invece esplorabili solo attraverso lo scandaglio diretto dei dati biografici di Elytis: A tutto il lento cadere della pioggia dice qualcosa. Chiusi i vetri ed iniziai a chiamare in ordine alfabetico: Angelo di Astipalea; Briseide; Gaugamela; lo schiavo di Crinagora; l'Ellesponto; Zagoria; il profeta Elia; Teodoro neomartire di Mitilene; Isso; Costantino Paleologo; Laide; Mastr'Antonio; Nicia; lo scoglio di Aghia Pelaghìa; Omero (con tutta la sua Iliade); i Pelasgi, Rossane; Stenelaide; Tatavla; Ibico (completamente pazzo d'amore); Festòs; le Coefore; Psarà; e Origene. Feci l'alba

Page 145: Storia Della Lingua Greca

- 145 -

passando in rassegna la storia della morte della Storia o piuttosto la storia della Storia della Morte (e questo non è un gioco di parole)iii. Concluso l'aprile, dopo la Pasqua, anche Elytis si congeda da suo lettore. Alla fine del libro, come osservazione a margine, fuori dalla raccolta, quasi una confessione umana a voce bassa, una riflessione personale rivolta ai suoi misteriosi interlocutori, senza indicazione cronologica, nell'ultima pagina del Diario, annota: - Tutto svanisce. Per tutti arriva l'ora. - Tutto resta. Io me ne vado. - Ora tocca a voi.

La raccolta JO mikrov" nautivlo" (Il piccolo marinaio), alla quale Elytis lavorò tra il 1970 e il 1974, costituisce quasi un dittico con il Diario. Il discorso poetico è articolato in quattro unità, nelle quali sono evidenti le tracce delle fonti poetiche dalle quali Elytis trae dichiaratamente spunto: l'innografo bizantino Romano il Melodo (ed in particolare il Contacio per la prostituta), Andreas Kalvos e Saffo. La prima sezione, quella che dà il titolo all'intera opera, è caratterizzata da sette discorsi in prosa che ripercorrono i momenti più drammatici della storia greca nel corso dei secoli; la seconda unità, Incenso al migliore, è anch'essa costituita da sette testi in prosa sulla vita e la morte, e sulla funzione catartica ed unificatrice della lingua greca; E con la luce e con morte tratta gli stessi argomenti in versi; nell'ultima parte Elytis presenta un catalogo personale di versi antichi e moderni, di titoli di quadri famosi e di componimenti musicali a lui cari. Si tratta di una specie di canone personale, di un repertorio di suoni, parole e colori che lo accompagnano quotidianamente nella sua attività di poeta; seguono come granelli di sabbia, come scie per ritrovare la via del ritorno un lungo elenco di parole, in ordine alfabetico, e di toponimi greci e stranieri che sintetizzano le esperienze concrete del vissuto di Elytis. Il viaggio del piccolo marinaio è un viaggio nell'anima e nella realtà concreta del poeta; un viaggio nella Grecia ed un viaggio con la Grecia addosso e dentro, compiuto fuori dai confini geografici della patria. Un percorso tra oggetti e ricordi per scoprire le relazioni segrete tra le persone, le cose, le sensazioni, le epoche storiche, i flussi delle stagioni e le ragioni del tempo. All'interno dell'opera Elytis fa confluire anche citazioni da un frammento papiraceo, da un testo epigrafico greco, da un'ode bizantina: il viaggio si compie non solo nei luoghi fisici della Grecia ma anche nella lingua greca, che rende vani i confini geografici delle terre nelle quali si parla greco da millenni. La diaspora dei greci e la loro unità costituita dalla lingua che per secoli ha conservato le stesse lettere, le stesse parole, le stesse valenze, appare ancora una volta ad Elytis quale prova concreta di un miracolo.

Nel 1987 viene insignito della laurea honoris causa all'Università La Sapienza di

Page 146: Storia Della Lingua Greca

- 146 -

Roma e all'Università di Atene; tra il 1990 ed il 1992 pubblica i testi in prosa Dhmovsia kai; jIdiwtikav, (Pubblico e Privato); jIdiwtikhv jOdov", (Via privata); jEn Leukw/v (In Bianco), dove la parola del poeta, apparentemente più pacata, sembra rivolta ad ogni comune mortale capace di decifrare semplicemente la scrittura, al primo stadio: quello della lettura. Le frasi sono inizialmente di una semplicità disarmante: Ha cominciato a venire l'inverno. Si sono moltiplicate intorno a me le sedie vuote. Mi sono messo in un angolo e bevo un caffè, fumando di fronte al mare. Potrei vivere così tutta la vita se non l'avessi già vissuta... Immediatamente inizia per un percorso diverso, sempre apparentemente semplice, ma già avviato a ben altri lettori: Tra una vecchia porta di legno scolorita dal sole e un tremulo ramoscello di gelsomino. Se un giorno mi venissero a mancare, tutta l'umanità mi apparirebbe inutile. Parlo sul serio. Ed il discorso si eleva sempre più, un crescendo musicale che da poche note orecchiabili iniziali, diviene una maestosa sinfonia, nella quale si innestano la storia, la ricerca dell'essenziale, la seconda guerra mondiale e le pitture minoiche di Cnosso, la natura e le piante, le divinità panelleniche e pagane e la Vergine Maria. Ed ancora Cartesio, Calvino, Kant, Marx, il Papa. In tutto questo fragore, si risente il motivo dominante, semplice ed orecchiabile, il fluire dei pensieri su qualche foglio di carta, le quattro mura di casa, un bicchiere di whisky. E si intravedono scene di vita quotidiana e domestica, quasi un diario: quando torno tardi a cena, trovo la signora Evgenìa che ha già preparato tutto e siede con religiosa attenzione davanti alla radio.

Nel 1991 stampa anche le quattordici liriche della raccolta Tav ejlegeiva th``" jOxwvpetra", (Le elegie di Oxòpetra, pubblicate in italiano insieme all'ultima raccolta poetica di Elytis, A Occidente del dolore, a cura di P.M. Minucci e N. Crocetti, nel 1997). Il titolo si riconnette sia alla tradizione elegiaca greca sia alle Elegie di Reiner Maria Rilke. Oxòpetra è un luogo reale, nell'isola egea di Astipàlia, letteralmente Pietra di fuori, promontorio, terra allungata sul mare: Elytis ha dichiarato, in un'intervista al quotidiano ateniese «Ta Nea», che tale lingua di terra “diventa in questi versi il simbolo il punto più avanzato della vita dentro la morte”. Sette sono le poesie dell'ultima raccolta pubblicata dal poeta nel 1995: A Occidente del dolore, nella quale Elytis tenta una sintesi consapevole del suo percorso umano e poetico, in un tentativo estremo di conciliare luoghi, memorie, personaggi del mito e personaggi storici (come E. Venizelos). Elytis che sente ormai fisiologicamente il peso degli anni e il reale approssimarsi della fine tenta un'ultima resurrezione nel Blu di Iulita, la giovanissima compagna degli ultimi anni della sua vita. Elytis muore ad Atene il 18

Page 147: Storia Della Lingua Greca

- 147 -

marzo 1996. Dopo la sua scomparsa Iulita Iliopulu ha pubblicato la poesie inedite della raccolta Da vicino, comprendente testi poetici di pochi versi, fulminei frammenti di pensiero, e sette componimenti completi. Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III, mod. 1 e mod. 2 Martedì 23.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato

Scelta di letture poetiche dalle raccolte di Elytis. Da Monogramma Piccolo mare di tredici anni Lingua, letteratura/ cultura neogreca II-III mod. 1 e mod. 2 mercoledi 24.5.2006 ore 14,30-16 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Ghiorgos Seferis (Smirne 1900 - Atene 1971) Il diplomatico, uomo di Stato, il poeta premio Nobel per la poesia (1963) Ghiorgos Seferis nasce a Smirne nel 1900, primogenito di Stilianòs (Stelios) Seferiadis e Despo Tenekidi (che avranno altri due figli, Ioanna (1902-2000) - autrice di una biografia su Seferis e moglie di Konstantinos Tsatsos, uomo politico di primo piano nell'Atene del dopoguerra - e Ànghelos (1905-1950). Il padre -professore di Diritto Internazionale all'Università di Atene, rettore dell'Università nel 1933) e membro dell'Accademia di Grecia- aveva studiato legge in Francia ed aveva un'ampia e solida cultura umanistica, scriveva versi e traduceva in dimotikì i poeti dell'antica Grecia con lo pseudonimo di Stefanos Myrtas. Il giovane Seferis, lascia con la famiglia Smirne nel 1914 per trasferirsi ad Atene. Nel 1918 si reca a Parigi, dove il padre lavorava già come avvocato, e vi si fermerà fino al 1924. Nei primi anni Venti il padre aveva lasciato l'Università di Atene a causa delle ostilità dei colleghi, che non apprezzano la sua posizione politica filodemocratica, e si era trasferito a Parigi. Nella capitale francese il giovane Seferis studia legge e scopre la cultura letteraria europea (Jules Laforgue in primis, ma anche Valery, Baudelaire, Gide). Nel 1921 presenta la poesia di Jean Moréas (il poeta greco francesizzato Ioannis Papadiamandòpulos) al circolo degli studenti greci di Parigi. Nello stesso anno si laurea in giurisprudenza alla Sorbonne. Nel 1922, anno cruciale nella storia della Grecia moderna, pubblica, con lo pseudonimo Ghiorgos Skaliotis, su una rivista parigina (in greco) la sua prima poesia, intitolata Sonetto. Il 13-14 settembre dello stesso anno Smirne è in fiamme ed i greci sono costretti a lasciare per sempre quelle terre che abitate da millenni da popolazioni di lingua greca. Seferis, che aveva scritto: sono esule da quando avevo tredici anni,comprende che il rientro in patria, per lui e per i greci come lui, è ormai definitivamente negato. Sono ormai perduti per sempre anche i beni immobili (sia della famiglia Seferiadis che degli altri greci): l'unica ricchezza dei greci dell'Asia Minore sarà la loro cultura, che “esportata” in modo massiccio e forzato provocherà una rivoluzione culturale nell'Atene degli anni Venti.

Sono anni particolarmente difficili per la politica interna della Grecia: i contrasti tra il re ed il primo ministro Elefterios Venizelos provocano disordini e grave instabilità. In questi anni uno dei problemi politici principali del Mediterraneo orientale era costituito dalle rivendicazioni territoriali dell'Italia e della Grecia in Asia Minore. Per i greci che avevano riconquistata la libertà dopo secoli di dominazione ottomana, il miraggio di ristabilire il dominio politico anche in città greche da millenni, come Smirne (nella cui regione viveva circa un milione e mezzo di greci, ma anche, ovviamente, come Istanbul/Costantinopoli) era alimentato non solo da nazionalisti intransigenti, ma anche dai liberali e dai democratici. Questo sogno politico, definito Megali Idea, veniva coltivato come una esigenza ineluttabile. Nel 1919 l'esercito greco era entrato trionfalmente a Smirne ma nel giro di pochi anni il tentativo dei greci di rioccupare l'Asia Minore si risolse in una drammatica sconfitta. Alla fine del gennaio del 1923 si firmò una convezione separata per lo scambio forzato delle popolazioni di religione

Page 148: Storia Della Lingua Greca

- 148 -

greco-ortodossa abitanti sul territorio turco e di popolazioni di religione musulmana dal territorio greco. Nel 1925, anno nel quale l'isola di Cipro diventa colonia della corona inglese, Seferis rientra

nella capitale greca, dove inizia a scrivere un diario che verrà pubblicato dopo la sua morte. Nell'anno successivo legge per la prima volta i Ricordi di Makrighiannis, rimanendone fortemente attratto non solo per la potenza espressiva della prosa di questo autore illetterato ma anche per l'uso fluido e plastico della lingua e della sintassi del greco volgare. Nello stesso anno alcuni fatti privati segnano la vita del poeta: la morte della madre e l'assunzione al Ministero degli Affari Esteri. In questo periodo legge l'Asino d'oro di Apuleio, conosce lo scrittore Panait Istrati; si reca a Istanbul per una missione diplomatica; traduce Valery in greco; nel 1929, con Konstantinos Tsatsos (che nell'anno successivo diverrà suo cognato), conosce personalmente Kostìs Palamàs. In questo periodo si datano anche la poesia Leoforos Syngrù e il componimento Discorso amoroso. Gli anni dal 1928 al 1932 sono dominati dalla personalità politica di Venizelos, che ha vinto le elezioni e ha formato il suo ultimo governo. Nel 1931 Seferis (che per la prima volta usa questo pseudonimo) pubblica - in 200 copie e a sue spese, come tutti gli altri suoi libri pubblicati fino al 1945 - la raccolta poetica Strofhv, (Svolta, Strofe), costituita da tredici brevi componimenti poetici e dal poemetto in decapentasillabi Discorso amoroso.

Andreas Karandonis, un sensibile critico ateniese, comprende immediatamente la novità e l'importanza della raccolta per le lettere greche. Sulla rivista ateniese «Nea Estìa» viene pubblicata una recensione positiva a Strofì a firma di K. Palamàs. In questa prima prova poetica Seferis si confronta direttamente con la tradizione in lingua popolare e, nello stesso tempo, rivela di aver avviato in modo già sicuro la ricerca di una voce propria, che giunge a compimento con il poemetto in endecasillabi, JH Stevrna, La Cisterna, che porterà in tipografia nell'anno successivo (1932). In questo componimento Seferis si serve un un elemento architettonico concreto e familiare ad ogni greco: la preziosità dell'acqua in terre riarse dal sole e l'ingegno dell'uomo capace di creare strumenti per la sua conservazione diventano simboli di vita e di morte, di gioia e di sofferenza, del maschile e del femminile in contrasto continuo, ma destinati ad attrarsi ed incontrarsi di continuo. Di complessa ed articolata impalcatura poetica, la cisterna è la prima vera prova di maturità espressiva: un esperimento chimico irreversibile capace di rivelare la distillazione dell'essenza poetica di Seferis. Gli innesti culturali della poesia francese (in particolare Valery, Laforgue e Mallarmé) nutrono la linfa vitale della sua personale espressione letteraria senza contaminarne negativamente l'effetto finale.

Nel 1931 Seferis, che ha iniziato a leggere sistematicamente la poesia di T.S. Eliot, parte in missione diplomatica per l'Inghilterra, dove ricoprirà la carica di viceconsole a Londra fino al 1934. Al suo rientro ad Atene, negli ambienti colti e benestanti della città, Seferis frequenta lo scrittore Andreas Embirikos (vedi infra), che gli mostra per la prima volta quadri di Theòfilos Chatzimichaìl (1868-1934), un pittore naif dell'isola di Mitilene (per comprenderci un Rousseau o un Ligabue greco, qualcuno ha detto un van Gogh -ma questo confronto è eccessivo), che ha come temi della sua pittura molti eroi del mito e della letteratura: questo impasto di cultura popolare, letteratura e diffusione orale della poesia greca, di produzione pittorica a tinte sgargianti e senza tracce di scuola e di accademia artistica, di rivisitazioni letterarie eserciterà un notevole fascino su Seferis e su molti altri intellettuali greci degli anni Trenta. Anche Elitis sarà un appassionato ammiratore dell'arte popolare di Theòfilos, pittore-narratore di storie nel solco della tradizione letteraria e poetica greca, dotato esclusivamente del suo estro naturale e privo di ogni sovrastruttura culturale di tipo dotto. In questi anni completa anche la raccolta poetica Muqistovrhma Romanzo, Leggenda, che pubblicherà poco dopo in sole 150 copie. Qui il percorso poetico si snoda attraverso ventiquattro liriche (numero che volutamente coincide con quello dei canti dell'Odissea), ventiquattro tappe delle peregrinazioni di un moderno Ulisse, la cui Itaca è scomparsa. Un viaggio di ritorno verso una meta ormai definitivamente negata. Seferis interpreta in questo modo il viaggio reale e concreto - compiuto da Smirne verso Occidente dal poeta stesso e dai profughi dell'Asia Minore - ed il viaggio interiore, nel corso del quale la voce narrante si confronta con l'alienazione, l'abbandono, la perdita dei compagni, di quelli che avrebbero potuto essere suoi alleati e che invece si sono dispersi per il mondo, la perdita del punto di partenza e della meta. L'osservazione smarrita della natura aspra e selvaggia delle isole egee, di una natura ostile diventa quasi un'ossessione in stridulo contrasto con la natura rigogliosa delle fertili coste dell'Asia Minore. Quella natura appartiene ormai alla sfera del mito, del ricordo irraggiungibile, mentre intorno si impone un inevitabile mondo esterno da addomesticare e da conquistare. All'inizio del 1935 ad Atene esce il primo numero della rivista letteraria «Ta Nea Gràmmata» (Le Nuove Lettere), intorno alla quale si raccoglieranno gli intellettuali più vivaci della capitale greca. Qui Seferis ripubblica Cisterna, che aveva già precedentemente stampato in forma

Page 149: Storia Della Lingua Greca

- 149 -

anonima in cinquanta copie (come già detto, nel 1932), e altre poesie composte durante il soggiorno londinese. Nello stesso anno conosce Marika Zannu-Londu, che diverrà successivamente sua moglie, scomparsa centenaria solo da pochi anni. Su questa stessa rivista, nel 1936, anno della morte di Eleftèrios Venizelos, pubblica la sua traduzione di The Waste Land, di T. S. Eliot (opera molto importante per i poeti greci dell'epoca: chi non era in grado di comprendere a fondo il testo inglese aveva già avuto modo di conoscere il testo nella traduzione di A. Papatsonis nel 1933). I disordini della vita politica ateniese favoriscono l'ascesa al potere del generale Ioannis Metaxàs che istaura un regime di tipo dittatoriale (4 agosto 1936). Seferis viene in questo periodo trasferito a Koritza, in Albania, dove rimane come viceconsole fino al 1937, anno in cui prende ufficialmente posizione nell'accesa questione sulla lingua con un intervento sull'epurazione della lingua volgare. Inizia a comporre un saggio su Kavafis che non completerà. Viene pubblicata nel 1937, sulla Revue Internationale des Études Balkaniques di Belgrado, la prima traduzione in lingua straniera di una sua poesia: Rima. Nell'anno successivo (1938) Seferis diviene direttore del Sottosegretariato alla Stampa e al Turismo del Ministero degli Esteri di Grecia; viene inviato per motivi diplomatici a Istanbul; pubblica il Dialogo sulla poesia su «Ta Nea Gràmmata», uno dei suoi saggi teorici più significativi. Nel 1939 compie alcune missioni diplomatiche in Romania; conosce Andre Gide a casa di Konstantinos Dimaràs, autore di una delle storie letterarie greche più importanti e amico di Marguerite Yourcenar (con la quale ha tradotto e fatto conoscere in Francia la poesia di Kavafis); frequenta Henry Miller e Lawrence Durrell, che in quel periodo vivevano ad Atene (come annota in più pagine dei suoi diari). La Grecia vive un momento molto delicato: la Seconda Guerra Mondiale, già in atto, è alle porte. Per prudenza nei confronti del Governo autoritario di Metaxàs Seferis si autocensura ed evita di stampare la poesia Ultimo giornoiii, la cui stesura definitiva è del febbraio 1939. Il 28 ottobre del 1940 Metaxàs esprime il suo rifiuto, il famoso OCI (No) alle richieste degli italiani: la Grecia entra in guerra ufficialmente a causa dell'invasione italiana. In questo stesso anno Seferis pubblica il Quaderno di esercizi, il primo Diario di bordo, e in 525 copie la prima raccolta delle sue poesie, nella quale confluiscono tutte le poesie già pubblicate. Il mondo interiore e la tragedia collettiva e personale della catastrofe dell'Asia Minore si integrano con la drammatica realtà politica del presente: Micene e Santorino, del 1935, sono ancora strettamente connesse con la rivisitazione poetica del mondo greco arcaico, ma già in una poesia datata agli ultimi tempi dell’assedio di Madrid, L’ultimo giorno, è evidente che la crisi politica attuale, sia interna che estera (la guerra di Spagna, prima, e poi la seconda Guerra Mondiale) grava sulla sensibilità poetica di Seferis, il quale prevede gli orrori della guerra che, inesorabilmente nel corso dei millenni, dalla guerra di Troia al sacco e all’incendio di Smirne, continua a funestare l'umana esistenza. In questo periodo il poeta prende pubblicamente una dichiarata posizione antifascista, firmando, insieme ad altri 33 scrittori, un manifesto contro il fascismo italiano.

Nel 1941 sul Partenone sventola la bandiera con la croce uncinata: i tedeschi occupano la Grecia ed inizia per i greci uno dei periodi più dolorosi della loro storia recente; in questo momento di grave incertezza Seferis avverte l'esigenza di sposare la sua compagna Marò e con lei segue il governo greco che lascia Atene (prima a Creta e poi in Egitto). Viene quindi trasferito a Johannesburg e poi a Pretoria, dove rimarrà fino al 1942, quando ritorna al Cairo. Durante il periodo egiziano Seferis compie per diverse missioni diplomatiche a Gerusalemme e sul Mar Nero. Al Cairo continua inoltre ad esser attivo anche nel campo letterario: tiene una conferenza su Palamàs in occasione della morte del poeta ed una sull'eroe analfabeta della Rivoluzione greca del 1821, Makrighiannis, sua autentica passione letteraria per l'immediatezza espressiva che conserva ogni caratteristica del linguaggio orale. In questi anni Seferis legge con entusiasmo le odi di Andreas Kalvos, l'ingrato segretario di Ugo Foscolo, al quale si devono due raccolte poetiche che hanno segnato la via alla nuova lingua poetica greca. Nel 1944, anno della liberazione della Grecia, pubblica ad Alessandria d'Egitto il secondo Giornale di bordo (il primo era stato stampato nel 1940), si reca in missione a Londra; per motivi di servizio, segue il governo greco in Italia (Cava dei Tirreni). Il soggiorno nell'Italia meridionale gli consente di visitare Pompei, Paestum, Napoli, Amalfi, luoghi che eserciteranno su di lui una forte impressione. Al suo rientro ad Atene nel 1945 viene nominato direttore dell'ufficio politico del vice-re arcivescovo Damaskinòs, incarico che ricopre fino al 1946: tale incarico politico, alla destra dell'uomo cui è affidata la reggenza della Grecia appena liberata dai tedeschi e all'inizio della sanguinosa guerra civile che fino al 1949 tormenterà la vita pubblica e privata di milioni di greci, rivela chiaramente che Seferis è stato un uomo chiave (anche se non in primissima fila) per gli equilibri del suo paese. In questo periodo svolge anche il ruolo di consigliere del Teatro Nazionale; frequenta il pittore Ghiannis Tsaruchis,

Page 150: Storia Della Lingua Greca

- 150 -

uno dei più notevoli pittori del Novecento greco, ed in continuo contatto con Ànghelos Sikelianòs (in una delle pagine del suo diario Seferis ricorda commosso la visita che Sikelianòs gli fece in ospedale durante una degenza in seguito ad un'operazione ai reni: gli portò in dono due rose, che Seferis gradì moltissimo); sempre in questi anni conosce e frequenta ad Atene Paul Éluard. Nel 1947 vince il premio dedicato alla memoria di K. Palamàs e pubblica il Tordo, in trecento copie numerate, incentrato ancora una volta sul tema della Catastrofe dell'Asia Minore e dell’esilio. Anche la recente esperienza della guerra mondiale, del sangue ingiustamente e copiosamente sparso, della tragedia che colpisce ogni famiglia senza distinzione alcuna, segna ogni rigo della raccolta in modo più o meno evidente. Lo stesso titolo ricorda non tanto il nome di un uccello, quanto quello di una nave greca affondata dai tedeschi nelle acque placide del porto dell'isola di Poros). L'opera, composta nel breve intervallo fra la fine della seconda Guerra Mondiale e lo scoppio in Grecia della guerra civile, è particolarmente densa e complessa: segna un punto di sintesi, il punto di arrivo il punto di partenza della silloge poetica successiva che, alla prima pubblicazione ha per titolo una citazione euripidea: (...Cipro, ove l’oracolo…, 1955), e in seguito viene ripubblicata col titolo Giornale di Bordo, III, in segno di continuità con le due raccolte precedenti, Giornale di Bordo, I eGiornale di Bordo, II. Nel Tordo Seferis sembra risolvere la questione della luce, e della carica evocatrice, mitica, fisica e poetica di questo fenomeno naturale che in Grecia (e nella poesia di Seferis in particolare) svolge una funzione di protagonista assoluta: qui si compie l’epifania della luce, manifestazione concreta del significato recondito del destino della grecità, osservato attraverso lo spettro dell'incessante contrasto fra l'apollineo e il dionisiaco individuato (Angelicata e nera / luce, riso dei flutti nelle strade maestre del vasto mare / del vasto mare, lacrimoso riso, […] / Angelicato e nero / giorno: […] nella luce). Fra gli anni della pubblicazione del Tordo e del Diario di Bordo, III, Seferis ritorna sulle coste della Ionia, di cui dà un resoconto vibrante e doloroso nelle pagine del diario del 1950.

Il poeta-diplomatico è infatti nuovamente costretto per lavoro a lasciare Atene e gli amici: viene nominato consigliere d'ambasciata ad Ankara. Per un greco d'Asia Minore vivere come rappresentante di Grecia in Turchia assume una valenza particolarmente pregnante: Seferis ritorna, dopo 27 anni, a Smirne città lasciata da bambino per motivi familiari e perduta per sempre per motivi politici. L'esilio perenne di questo intellettuale di lingua greca e di cultura europea, è tema costante della sua poesia, colta, dolente, partecipe in prima persona della storia. Seferis si sente immerso nei fatti, nei grandi avvenimenti, per ragioni legate alla sua condizione di funzionario del Ministero degli Esteri di Grecia: avverte con lucida consapevolezza che questa sua posizione lo rende “intellettuale al servizio dello Stato”, ma questa sua funzione assume anche una dimensione mitica in quanto lo Stato per il quale lavora si chiama “Grecia”, paese ideale per tutti gli uomini e le donne che credono nella democrazia. I suoi diari politici, pubblicati dopo la sua morte, rendono perfettamente chiaro al lettore la severità morale e lo scrupolo del funzionario e nello stesso tempo mettono in evidenza la grande forza d'animo di un uomo continuamente impegnato a tenere in bilico gli equilibri internazionali. In questo periodo la sua fama di poeta comincia a varcare i confini nazionali: nel 1949 a cura di Filippo Maria Pontani vengono pubblicate alcune sue poesie in italiano; e nello stesso tempo anche in patria cominciano ad esser note le sue poesie. Le edizioni Ikaros di Atene pubblicano il volume di poesie 1924-1946 in 2000 copie. Rientrato ad Atene per un breve periodo di tempo nel 1951 viene nominato consigliere d'Ambasciata a Londra, dove avrà modo di conoscere personalmente T.S. Eliot, E. M. Forster, Dylan Thomas e Ghiorgos G. Savvidis (lo studioso al quale si devono i più importanti contributi critici e filologici sulla poesia di Kavafis e Seferis). Per la televisione inglese, la BBC, presenta l'opera poetica di Ànghelos Sikelianòs. Nel 1952 lascia Londra e, durante il viaggio di ritorno in Grecia, si ferma per quindici giorni a Venezia. Viene quindi nominato ambasciatore di Grecia in Libano (dove resterà fino al 1956). In questi anni svolge varie missioni diplomatiche in Medio Oriente (Bagdad, Amman, Damasco Gerusalemme, Cipro): di tutti questi suoi spostamenti lascia traccia nei suoi diari, i quali costituiscono la radiografia più intima dell'anima del poeta-diplomatico che osserva la storia presente e passata, i luoghi e le persone, le pietre e le facce.

Nel 1954 finisce il romanzo-lirico Sei notti sull'Acropoli e nell'anno successivo, a Cipro, pubblica il terzo Giornale di bordo. Durante il soggiorno cipriota inizia a scrivere anche un altro romanzo, Varnavas Kalostefanos, (tuttora inedito, conservatosi solo nella prima stesura). Lascia quindi Beirut nel 1956 perché trasferito all'Ufficio Politico del Ministero degli Esteri presso la direzione responsabile dei rapporti con Cipro e con l'Europa: la questione cipriota è per la storia del Novecento

Page 151: Storia Della Lingua Greca

- 151 -

greco ed europeo uno dei capitoli diplomatici più complessi e turbolenti. Tale designazione rivela ancora una volta l'alta considerazione che Seferis era riuscito a conquistarsi negli ambienti politici e diplomatici greci. Il poeta-diplomatico è uomo-chiave delle relazioni greco-cipriote nel delicato periodo nel quale scoppia una guerriglia per l'annessione di Cipro (che fino ad allora era rimasta sotto il protettorato britannico) alla Grecia. Seferis, che aveva avuto un ruolo di primo piano nella politica greca in Inghilterra e che ben conosceva i suoi interlocutori, ha avuto senza alcun dubbio anche un peso considerevole per gli sviluppi della storia politica cipriota: nel 1960 la repubblica di Cipro diventa indipendente (anche se rimane ancora per un certo periodo all'interno del Commonwealth). Ritornato in Grecia da Beirut, dopo un soggiorno di nove anni all'estero, è impegnato professionalmente nel risolvere i problemi diplomatici posti dalla questione cipriota e nel contempo rivive ancora una volta l'esperienza di un ritorno, di un nostos in una patria che in realtà patria non è. Sa bene inoltre che si tratta di un rientro comunque momentaneo e legato ad esigenze di servizio e non dovuto a un desiderio personale. Anche durante il periodo trascorso in Grecia è costretto a far spesso le valigie per periodi piuttosto lunghi: è negli Stati Uniti in missione (1956-57) e a Parigi. L'aver avuto un ruolo determinante, sebbene dietro le quinte, nella questione cipriota, gli fa ottenere la nomina di ambasciatore a Londra, dove concluderà la sua carriera. Durante il suo soggiorno in Inghilterra gli viene conferita la laurea honoris causa a Cambridge; ed entra in circolazione un numero sempre maggiore di traduzioni in inglese, tedesco, in rumeno, in spagnolo delle sue poesie. In Italia, grazie alle traduzioni di Pontani, la poesia di Seferis è apprezzata anche da Montale e Sereni. In questo periodo la popolarità del poeta si diffonde enormente: nel 1961 per la prima volta vengono presentati testi poetici di Seferis musicati da Mikis Theodorakis. Da più di quarant'anni queste canzoni sono una patrimonio comune di tutti greci, che continuano a sentirle alla radio, a cantarle, a impararle a memoria. In questo periodo anche la critica desidera rendere omaggio a Seferis: nel 1962 viene pubblicato un volume di saggi per celebrare i trenta anni della pubblicazione della sua prima raccolta di versi Strofì (Svolta). Seferis nel frattempo è in Inghilterra, dove oltre all'attività diplomatica, traduce Yeats; in qualità di ambasciatore è presente all'inaugurazione di nuove sale del British Museum nelle quali sono esposti i marmi del Partenone: ad Atene ciò suscita scalpore per la controversa questione relativa alla restituzione dei fregi alla Grecia. Nel 1963, il 10 dicembre, riceve il premio Nobel all'Accademia di Svezia: escono quindi traduzioni delle sue poesie in italiano, francese, svedese e danese. Il mondo accademico sia di lingua anglosassone che greca decide di conferirgli lauree honoris causa (1960 Cambridge, 1964 laurea a Salonicco e Oxford, 1965 Princeton). Raggiunta l'età della pensione, nel 1965 lascia il suo incarico professionale e ritorna in Grecia: in questi anni incontra e riceve a casa sua Erza Pound, scrive un saggio in occasione dei settecento anni della nascita di Dante (1966), compone i Tre poemetti segreti, e viaggia a titolo personale negli Stati Uniti (1967) e in Italia (1968), dove incontra Enzo Crea, delle edizioni dell'Elefante, e pubblica per i suoi tipi -in 500 copie numerate- l'introduzione agli inni omerici in traduzione italiana di F.M. Pontani. Nello stesso anno vengono pubblicate in 1000 copie numerate le Note per una settimana per i tipi all'insegna del pesce d'oro di Vanni Schweiller: quest'edizione appare per gli studiosi particolarmente preziosa perché è la prima nella quale la “settimana” è completa. Il poemetto, infatti, che raccoglie un diario poetico scritto a Londra nel 1933, nelle precedenti edizioni greche si limitava a cinque componimenti dedicati a cinque giorni. Il martedì ed il mercoledì erano sostituiti da puntini di sospensione. L'effetto allusivo di quella lacuna non aveva però una valenza poetica (anche se, in un certo qual modo, l'assumeva con la sua indeterminatezza inspiegata): i giorni omessi mancavano semplicemente perché Seferis non trovava più le carte sulle quali aveva scritto quei testi poetici. Quando il poeta riuscì a rinvenire quelle stesure scomparse volle offrire all'amico Filippo Maria Pontani il privilegio di ricostruire la “settimana” e di pubblicarla per la prima volta integralmente con la traduzione italiana a fronte.

In questo periodo, e precisamente dal 21 aprile del 1967, la Grecia è soggiogata dal regime militare dei colonnelli che, con un colpo di stato, hanno imposto una feroce dittatura: molti intellettuali decidono di lasciare il paese, altri scelgono di tacere, alcuni invece decidono di attaccare apertamente la dittatura (subendo quindi in prima persona la deportazione in isole o in luoghi poco accessibili): Seferis, diplomatico e politico, sebbene di spirito e cultura democratica, in un primo momento ritiene opportuno non manifestare apertamente la propria opposizione, e soltanto nel 1969 accetta di firmare una dichiarazione contro la dittatura. Sempre nel 1969 trascorre un periodo a Roma; nell'anno successivo partecipa con Le gatte di San Nicola all'edizione collettiva dei Diciotto testi, antologia letteraria a firma dei maggior autori greci dell'epoca contro la dittatura militare. Il 20 settembre del 1971 Seferis muore: il giorno successivo il suo funerale diventa l'occasione pubblica per una grande manifestazione politica contro la dittatura del colonnelli. Si cantano pubblicamente e in coro per le vie di Atene la poesia

Page 152: Storia Della Lingua Greca

- 152 -

[Arnhsh (Rifiuto, o Negazione) messa in musica da Theodorakis, il canto popolare cretese: Quando ci sarà di nuovo un cielo stellato? e l'inno nazionale, Salve, salve o Libertà. °°°°

Ripercorrere i momenti più significativi della biografia e della produzione poetica di Ghiorgos Seferis significa innanzitutto documentarsi sui significati di alcune parole ed espressioni-chiave, che, per i greci e per quanti si occupano della loro cultura contemporanea, sono carichi di valenze politiche ed emotive, per chi invece conosce poco la realtà storica e storica-letteraria della Grecia del Novecento, sono solo involucri linguistici vuoti. Non si può accedere alla poesia di Seferis, o almeno non si può penetrare nei suoi nessi più profondi, senza un bagaglio di conoscenze relativo non solo al mondo greco antico (con il quale Seferis stabilisce un dialogo ininterrotto) ma correlato anche alle vicende che hanno sconvolto la vita delle comunità di lingua greca sulle coste dell'Asia Minore nei primi decenni del ventesimo secolo. Per leggere Seferis è necessario quindi (e forse soprattutto) esser in grado di poter decodificare cosa significhi per un greco (e per un greco di Smirne) la fine della presenza ellenica in Asia Minore, la catastrofe del 1922, l'alta borghesia greca della diaspora, la vita diplomatica, Parigi anni Venti del Novecento, Londra e il suo la questione cipriota, e molti altri micro-macro-tasselli della storia del bacino orientale e sud-orientale del Mediterraneo nel corso del Novecento.

Odisseo, figura mitica ricorrente nella sua poesia, non è semplicemente lo scaltro eroe antico che ha escogitato l'inganno del cavallo di Troia, né uno dei principali protagonisti della vittoria dei greci nella guerra decennale che infiniti lutti addusse agli Achei, ma essenzialmente è l'uomo cui è negato il ritorno a casa: Odisseo diventa simbolo dolente del greco della diaspora, costretto a vagare in eterno nella consapevolezza che il rientro in patria è definitivamente negato. Itaca non esiste. Seferis stesso si identifica con Odisseo: riconosce nell'eroe omerico continue connessioni con la sua esistenza e con la sua anima. Come Odisseo, anche Seferis non solo è un naufrago in esilio, costretto ad assistere impotente alla rovina dei compagni e ad affrontare l'ira di Poseidon che gli impedisce il rientro, ma è anche un uomo che può, con il suo operato, determinare i destini della sua patria e della sua gente. Come Odisseo è solo, osteggiato, respinto ma nello stesso tempo è signore della classe dirigente, uomo di stato, mediatore politico. Non può concedersi il ritiro dalla vita pubblica, sociale e politica: la sua professione di diplomatico lo obbliga ad esser sempre impeccabilmente testimone della Grecia. La sua Grecia è quella che gli stranieri conoscono, la Grecia degli eroi e delle leggende, la Grecia mitica, e nello stesso tempo è quella terra tutta pietre, povera d'acqua, sbattuta dal vento che nell'immaginario di chi non l'ha mai vista non esiste: sa bene che la sua Grecia, la Grecia quella vera, che egli stesso ricerca e desidera, non ha niente a che vedere con l'idillica Arcadia ideale che secoli di classicisti (ingenui) hanno costruito a tavolino.

Leggere Seferis significa quindi rievocare il mondo greco antico, i miti e le leggende, riprendere contatti con i marmi e con scrittori come Omero e i tragici del V secolo a. C. rendendosi però conto che i marmi sono ormai solo le briciole di una civiltà, che le parole poetiche solo tracce semimute perché prive della musica che le accompagnava, che gli dei hanno cambiato casa; leggere Seferis significa far mente locale sulla qualità della luce in Grecia (e nell'Egeo in particolare), sul mare costellato di isole, sulle coste frastagliate come graffi, sulle montagne prive di vegetazione ma piene di pietre dove è rimasta incisa la presenza di una civiltà unica. Bisogna aver sentito il meltemi tra il capelli, il vento furioso delle isole greche, per capire a fondo cosa intenda il poeta con la parola vento. Ed è necessario inoltre aver avuto esperienza di sradicamento geografico e affettivo da luoghi e persone. Quando poi tutto questo bagaglio di conoscenze necessarie sarà finalmente fruibile anche per uno straniero estraneo al contesto culturale greco rimarrà comunque misterioso almeno uno degli elementi cardini della poesia di Seferis: lo straniero non potrà decodificare i simboli del dettato linguistico di Seferis. L'uso di una lingua parlata, di una dimotikì difesa senza compromessi non è una scelta di secondario rilievo. Per il poeta ed intellettuale Seferis, nato e cresciuto a Smirne, lontano da Atene e dal rigido formalismo esterno di una società e di una realtà politica che difendeva la lingua epurata (katharèvusa) come unico strumento espressivo valido per trasmettere pensieri e questioni di alto livello, per un greco della diaspora come lui, la lingua greca è essenzialmente quella parlata e capita a tutti i livelli, tramandata oralmente nei canti popolari o nella tradizione letteraria di autori come il cretese Vintsenzos Kornaros, o come il comandante Makrighiannis.

L'Erotòkritos, il poema epico-cavalleresco in versi decapentasillabi composto nella prima metà del XVII sec. da Kornaros, è stato per secoli patrimonio orale ed era conosciuto ed apprezzato anche dal pubblico di lingua greca di media e bassa cultura: Seferis da bambino aveva visto le stampe popolari del poema e ne aveva sentito brani: «è il solo testo che egli abbia conosciuto prima ancora di leggere; prima

Page 153: Storia Della Lingua Greca

- 153 -

che esperienza culturale, esso è stato per Seferis esperienza di vita, radicata nella psiche come il dialetto dell'infanzia, repressa nell'adolescenza, riscoperta nella maturità»iii.

Il poeta fu sempre affascinato dalla lingua ricca di immagini e dalla grammatica d'uso parlato della letteratura cretese: in uno dei suoi saggi critici più notiiii manifesta la sua passione per il mondo poetico e linguistico di questo testo. Altrettanto significativa per la storia letteraria e linguistica greca sembrò a Seferis un'altra testimonianza: scoprì tardi la prosa vivace e palpitante del comandante Makrighiannisiii. La lingua di Makrighiannis, priva di orpelli retorici, trasmette quasi senza alcun filtro il tono e il sapore della lingua parlata: Seferis sostiene la vitale e rigogliosa vitalità della lingua greca nella sua continuità attraverso i millenni. Le trasformazioni fonetiche, semantiche, ortografiche, sintattiche, sono esiti naturali di un processo evolutivo: ogni testimonianza della spontaneità espressiva conferma la sua tesi, pertanto Makrighiannis assume per Seferis il valore di una controprova.

Gli ingredienti della poesia di Seferis, (l'Asia Minore greca e la catastrofe del 1922, che costrinse i greci ad abbandonare le coste della Turchia, sulle quali si erano insediati sin dai tempi della prima colonizzazione, IX-VIII sec. a. C., l'essere greco della diaspora, la vita diplomatica), saranno ben distinguibili dal lettore dei suoi versi, il quale noterà anche che l'uso quasi sistematico del pronome di prima persona plurale, pronome che assume il valore di un collettivo partecipato, di un plurale accorato ed ancora più drammatico di un io solipsistico in quanto la tragedia e la sconfitta coinvolge un insieme anonimo e molteplice. Leggere Seferis significa anche tener presente che il suo linguaggio spesso cifrato, quasi nascosto, continuamente allusivo ma sempre ben ponderato e voluto è il linguaggio di chi è costretto, anche per mestiere - oltre che per carattere ed educazione-, a tener saldi i nervi, a mantenere gli equilibri più impossibili, a parlare in un codice semplice ed innocente solo in apparenza. opera omnia pubblicata: edizioni IKAROSopere (prime edizioni) 1931 Strofhv (Svolta), (13 brevi componimenti e un'unità centrale intitolata Discorso amoroso)1932 JH stevrna (La cisterna), unico poema costituito da 23 strofi di cinque versi 1935 Muqistovrhma (Leggenda)1940 Gumnopaidiva (Gymnopedìa) (del 1936) 1940 Poihvmata, (Poesie) (volume nel quale sono comprese le precedenti raccolte poetiche) 1940 Tetravdio gumnasmavtwn (Quaderno di esercizi) (1926-1937) 1940 JHmerolovgio katastrwvmato" aæ (Diario di bordo I) 1944 JHmerolovgio katastrwvmato" bæ (Diario di bordo II) (I ed. ad Alessandria d'Egitto, II

ed. 1945 Atene) 1944 Dokimev" (Saggi) (testi in prosa) (Il Cairo) 1947 Kivclh (Il tordo) 1950 Poihvmata 1924-1946 (Poesie 1924-1946) 1955 ...Kuvpron, ou; m j ejqevspisen...., (Cipro, ove l'oracolo...) in seguito chiamato

JHmerolovgio katastrwvmato" gæ (Diario di bordo III) 1965 jAntigrafev" (Copie)(traduzioni poetiche) 1966 Tri;a krufa; poihvmata (Tre poesie segrete)1968 Note per una settimana, (prima edizione completa, con introduzione e traduzione di F.M.Pontani) 1974 Dokimev" (Saggi) (testi in prosa) (in due volumi, con aggiunte rispetto all'ediz. del '44) 1974 [Exi nuvcte" sth;n jAkrovpolh (Sei notti sull'Acropoli)1975 Poihvmata me; zwgrafie;" se; mikra; paidiav (Poesie con disegni per bambini

piccoli) 1976 Tetravdio gumnasmavtwn, bæ, (Quaderno di esercizi II)1980 Metagrafev" (Trascrizioni) )(traduzioni poetiche) 1989 Ta; enteyivzika (Le cose svergognate)1992 Dokimev" (Saggi), III vol. con i paralipomeni del periodo 1932-1971. Pubblicazione dei Diari (Mevre") (letteralmente Giorni, finora sette volumi dal 1925 al 1960), manca ancora l'ultimo volume. Politiko; hJmerolovgio (Diario politico) (finora in due volumi, 1935-1952) Ceirovgrafo Sep. 41 (Manoscritto settembre '41), (pubblicato nel 1972)iii

Page 154: Storia Della Lingua Greca

- 154 -

Sono inoltre stati pubblicati (dal 1975 al 1991) sette volumi di corrispondenza, con intellettuali greci (G. Theotokàs, D. Diamantìs, A. Karandonis, Z. Lorentzatos, T. Malanos, G.G. Savvidis e con la moglie Marò). Inedito rimane ancora il romanzo cipriota Bavrnaba" Kalostevfano". Seferis riteneva la traduzione letteraria un'attività particolarmente complessa: oltre ai due volumi su indicati, sono state stampate sue traduzioni da Eliot (1936 e 1973; 1963 e 1974); del Cantico dei Cantici e dell'Apocalisse di Giovanni. bibliografiabibliografiabibliografiabibliografia Difficile offrire solo poche indicazioni di riferimento bibliografico dal momento che la produzione scientifica e critica sull'opera di G. Seferis è particolarmente vasta: la recente monografia di R. Beaton, George Seferis - Waiting for the Angel. A Biography, tradotta in greco e pubblicata ad Atene per le edizioni Okeanidas nel 2003, è costituita da ben 750 pagine, di grande formato. Lo studioso mette a punto un saggio biografico frutto di un'indagine durata anni ed effettuata non solo attraverso l'analisi critica dei testi poetici e in prosa pubblicati da Seferis, ma anche attraverso la lettura di un ricchissimo materiale inedito. In questo studio confluisce anche gran parte della bibliografia critica sul poeta. Mi pare tuttavia necessario indicare alcuni dei contributi più importanti sull'autore, con particolare riferimento a quelli reperibili in italiano: L. Marcheselli, Echi dei tragici greci nell'opera di Seferis, in «Dioniso», 1966; il volume curato da F. M. Pontani, Omaggio a Seferis, Padova 1970 (dove L. Marcheselli analizza il ruolo del mondo bizantino nella poesia di Seferis e A. Corrà presenta un'analisi comparata Seferis-Montale); L. Anceschi, Sereni legge Seferis, in «Rivista di Estetica», 17, 1972; C. Stevanoni, Un romanzo di Seferis, in Miscellanea Neogreca, Atti del I Convegno Nazionale di Studi Neogreci, Palermo 1976; il volume curato da F. M. Pontani, Memoria di Seferis, Firenze 1976; M. Vitti, G. Seferis, Il Castoro, Firenze 1978, lavoro ampliato nel saggio Fqorav kaiv lovgo"Ú eijsagwghv sthvn poivhsh tou`` Giwvrgou Sefevrh, (Rovina e discorso: introduzione alla poesia di G. S.), Estìa, Atene 1989 (II ed.); il poeta e critico N. Vaghenàs ha studiato la poetica di Seferis, JO poihth;" kai; oJ coreuthv". Mia; ejxevtash th``" poihtikh``" kai; th``" poivhsh" tou`` Sefevrh, (Il poeta e il danzatore. Un'analisi di poetica e poesia), Kedros, Atene 1979; particolarmente significativo il volume a cura di D. Maronitis, JH poivhsh tou`` Giwvrgou Sefevrh. Melevte" kai; maqhvmata, (La poesia di G. S. Studi e lezioni), Ermìs, Atene 1984; un'analisi accurata sul rapporto Seferis-Omero si deve a D. Ricks, The Shade of Homer. A Study in Modern Greek Poetry, Cambridge University Press 1989 (ed in particolare pp. 119-180); D. Daskalòpulos ha curato una raccolta di saggi critici su Seferis, Eisagwghv sthn poivhsh tou Sefevrh, PEK, Atene 1996 (dove vi è una selezione critica della bibliografia su Seferis, pp. 462-474); a cura di M. Pierìs sono stati pubblicati gli atti di un convegno su Seferis svoltosi a Cipro nel 1996 dedicati alla memoria di G. P. Savvidis, G. Sefevrh". Filologikev" kai ermhneutikev" proseggivsei" (G. Seferis. Studi filologici e interpretativi), Pataki, Atene 1996; ai rapporti poetici tra Seferis e Cipro ha dedicato alcune pagine critiche M. Pierìs in Monternismov" kai Ellhnikovthta, (Modernismo e Senso di appartenza alla Grecia), PEK, Atene 1997, pp. 64-91; A. Proiou - A. Armati, Per una ricerca su Ghiorgos Seferis e Luigi Pirandello, in «Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici» 35, (1998) 1999, pp. 119-129 (sul personaggio di Matteo Pascal nell'opera di Seferis); sul romanzo Sei notti sull'Acropoli si veda l'analisi di C. Stevanoni, Un romanzo di Seferis, in Miscellanea neogreca, Atti del I Convegno Nazionale di Studi Neogreci, Atti dell'Accademia di Scienze lettere e Arti di Palermo, n. 8, Palermo 1976, pp. 187-197 e più di recente R. Beaton, Seferis and the novel: a reading of ‘Six Nights on the Acropolis’, in Homage to George Seferis, Papers from the colloquium ‘George Seferis in a comparative context’ (Birmingham, October 2000), pp. 156-184; in occasione del centenario della nascita del poeta nel 2000 si sono svolte molte manifestazioni e mostre su S., la rivista «Diabavzw» ha dedicato cinque saggi di R. Beaton, M. Tsianikas, M. Klironomu (sul ruolo della memoria nell'opera di G. S.), A. Drakopulu (sul ritorno di S. nei luoghi dell'infanzia in Turchia), V. Karalis (sul dramma dell'umanesimo non religioso nell'opera di G. S.); una cronologia critica della vita e delle opere di Seferis si deve a M. Stassinopulu, Cronolovgio Ergografiva G. S., Metechmio, Atene 2000; su Seferis uomo politico R. Beaton, Reading Seferis's politics and the politics of reading Seferis, in «Campos - Cambridge Papers in Modern Greek» 9, 2001, pp. 1-35; sui rapporti con la poesia omerica e con l'Odissea in particolare si veda da ultimo V. Rotolo, Motivi odissiaci nella poesia di Seferis, in Ulisse nel tempo. La metafora infinita, a cura di S. Nicosia, Saggi Marsilio, Venezia 2003, pp. 435-443. Sono usciti recentemente anche gli atti della giornata di studi nel centenario della nascita di

Page 155: Storia Della Lingua Greca

- 155 -

Seferis, svoltasi a Palermo il 30 novembre 2000, a cura di A. Varvaro, dove R. Lavagnini prende in esame i Percorsi italiani di Seferis, pp. 71-84; e M. Peri riporta testimonianze inedite del rapporto Pontani-Seferis: testimonianze di un incontro, pp. 43-53. Ghiorgos Seferis traduzioni italiane

9. Poesie, trad. di F.M. Pontani, in «La Rassegna d'Italia» IV, 1949, n. 7-8, pp. 742-748 10. alcune poesie trad. da F. M. Pontani, La poesia neogreca contemporanea, in «Rivista di

critica» I, 6, 1950, pp. 16-37, Argonauti, Scirocco 7 levante, Giorni del giugno '41, Post-scriptum, La forma della sorte

11. Vento del sud, trad. di P. Stomeo, in «Pagine nuove» 1950, p. 226 12. F. M. Pontani, La poesia greca d'oggi, in «Pagine d'arte» I, Roma 15 aprile 1951, trad.

delle poesie Non li conosciamo, Andromeda, p. 4 13. G. Seferis, trad. di V. Mascaro, in «Ausonia» IX, 1954, n. 6, pp. 16-17 14. Vento del Sud, trad. di P. Stomeo, in «Giornale dei poeti», XII, 1957, p. 4 15. G. Seferis, trad. di V. Mascaro, in «Ausonia» XIII, 1958, n. 2, pp. 73-74 16. F. M. Pontani, Poesia greca, in (a cura di A. Bertolucci), Poesia straniera del Novecento,

Garzanti, Milano 1958, pp. 779-793 (da vedere) 17. Il Re d'Asine, trad. di B. Lavagnini, in «Ausonia» XIV, 1959, n. 1, pp. 38-40 18. Poeti neo-ellenici (Seferis, Elytis, Ritsos, Vàrnalis), a cura di M. R. Conti, «La Carovana»

51, 1961 19. F. M. Pontani, Poeti greci del '900, in «Terzo programma» Torino 1962/3, pp. 323-325 (da

vedere) trad. di JO u{pno" me; tuvlixe, sa;n e{na devntro, jEpifavneia 1937, JElevnh

20. F. M. Pontani, G. Seferis, in «L'Approdo Letterario» Torino 1962, VIII, 17-18, pp. 23-33 (trad. di To; u{fo" mia``" mevra", Muqistovrhma Eæ, Muqistovrhma Kæ, Me; to;n trovpo tou` G. S., Teleutai`o" staqmo;", To; nauavgio th``" Kivclh", [Egkwmh

21. F. M. Pontani, trad. Euripide ateniese. Su un epigramma neogreco, in «Dioniso» XXXVI, 1962, pp. 58-62

22. A. Cotardo, G. Seferis, in «La Zagaglia», Lecce, V 1963, n. 20 23. Poesie, trad. da B. Lavagnini, in «Giornale dei poeti», X, 1963, n. 6-7; p.1 24. POESIE, traduzione di Pontani, Mondadori, Lo Specchio, 1963, V ed. 1989 25. Nijinsky, in «Danza e pedagogia», 1963-64, p. 13 26. Giorgio Seferis, in «Annuario del Liceo Classico Statale G. Palmieri» Lecce, 1963-64, pp.

71-82 27. Poesie, trad. da B. Lavagnini, in «Il Baretti» V, 1964, n. 25-26, pp. 81-91 28. Vita di un uomo, trad. e not. di F. M. Pontani, in «Galleria» 1964, n. 2-3, pp. 65-72 29. Lirici greci contemporanei, a cura di M. Dalmati, All'insegna del pesce d'oro, Milano 1965 30. F. M. Pontani, Le parole e i marmi, Il Saggiatore, Milano 1965 31. Poesia greca del Novecento, a cura di Mario Vitti, Guanda 1966 (II edizione), pp. 264-291 32. Dodici poesie tradotte da B. Lavagnini, Palermo, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e

Neoellenici, Quaderni di Poesia Neogreca 1, 1966, pp. 49 33. Poesie, Mondadori, Oscar, Milano 1968 34. Note per una “Settimana”, trad. e nota di F. M. Pontani, Milano, All’insegna del pesce

d’oro, Milano 1968 35. Tre poesie segrete, trad. F. M. Pontani, Milano, Mondadori, Lo Specchio, 1968 36. Poesie e prose, a cura di F.M.Pontani, Collana Premi Nobel di Letteratura, Fratelli Fabbri

Editori, Milano 1969 37. L'altra Grecia, Testi di poeti e scrittori a cura di F.M. Pontani, Nostro tempo/6, La Nuova

Italia, Firenze 1969 (Seferis, Ritsos, Plaskovitis, Vasilikòs, Anagnostaki) (Testimonianza di Seferis, articolo critico, con traduzioni di F. M. Pontani, pp. 13-25)

38. Poesia e cultura nella Grecia di oggi, a cura di F. Mascaro, Messina, Peloritana 1969 39. AA .VV., Omaggio a Seferis, Università di Padova - Studi Bizantini e Neogreci, diretti da

Filippo Maria Pontani, 1, Liviana editrice Padova 1970, traduzioni inedite pp. 1-23 40. Le gatte di S. Nicola, Enzo Crea, Roma, 1970 (trad. F. M. Pontani)

Page 156: Storia Della Lingua Greca

- 156 -

41. *Chiose ad Artemidoro Daldiano, traduzione di L. Marcheselli, estratto da Artemidoro Daldiano, Dell'interpretazione dei sogni, Edizioni del'Elefante, Roma 1970, pp. 1-11

42. Traduzioni di poesie inedite da Seferis, in AA. VV., Omaggio a Seferis, Padova 1970, pp. 1-23

43. Le opere. Poesia e prosa, Club degli editori, Milano 1971 (pp. 770) a cura di F.M.Pontani, ripubblicato dalla UTET (Scrittori nel mondo) nel 1979

44. Da Palamàs a Vretakos, Màspero, 1974, introd. pp. 157-159, poesie in trad. pp. 160-179 45. da Romanzo: Austro, in ERBASPADA, p. 64 (trad. G. Reverdito) 46. Omaggio a Ghiorgos Seferis, in «Linea d'ombra» 83, giugno 1993, pp. 50-51

(introduzione a cura di Katerina Papatheu), Giorni 1925-1934 (traduzioni di K. Papatheu) pp. 52-58; Il Tordo, (trad. di F. M. Pontani), pp. 59-61.

47. Poesie per l'estate, sei poesie di Ghiorghos Seferis, da Quaderno di esercizi. Programmi per un'estate, in «Linea d'ombra» 84, 1993, p. 27 (C. Carpinato)

48. Poesie scelte, testo greco a fronte, traduzione e cura di Tino Sangiglio, Collana di poesia neogreca, La Corona di Mirto 2, Trieste, 2000

49. Leggenda, VII, Scirocco (trad. M. Vitti); Leggenda X (trad. F.M. Pontani); Tanti anni fa dicevi... (G. Ceronetti), in Poesia del Novecento in Italia e in Europa, a cura di E. Esposito, vol.II, Universale Economica Feltrinelli, Milano 2000, pp. 28-31

50. Antologia della poesia greca contemporanea, Crocetti, Milano 2004, a cura di F. Pontani, pp. 106-147 (Rima; Canto d'amore I, V, Leggenda I, XVIII; Gimnopedia I Santorino, II Micene; Alla maniera di G. S.; Il re d'Asine; Elpènore il sensuale; Il naufragio del Tordo; Elena; Parla Neofito Englisto (trad. F. Pontani); Memoria II, Efeso (trad. F. Pontani); I gatti di San Nicola (trad. F. Pontani).

**** Henry Miller, Il Colosso di Marussi, trad. di Franco Salvatorelli, Adelphi, Milano 2000, pp. 52-54 [...] L'uomo che ha colto questo spirito di eternità presente ovunque in Grecia, che lo ha inciso nelle sue poesie, è Ghiorgos Seferiadis, pseudonimo Seferis. Conosco la sua opera solo in traduzione, ma anche se non avessi mai letto le sue poesie direi che questo è l'uomo destinato a trasmettere la fiamma. Seferiadis è il più asiatico di tutti i greci che ho incontrato: è originario di Smirne ma ha vissuto all'estero per molti anni. È languido, soave, vitale e capace di atti di forza e di agilità sorprendenti. È l'arbitro e il conciliatore di contrastanti scuole di pensiero e di modi di vita. Fa innumerevoli domande in un linguaggio poliglotta; si interessa ad ogni forma di espressione culturale e cerca di estrarre e assimilare quanto vi è di autentico e fecondo in ogni epoca. Ama con passione il suo paese e il suo popolo, non in modo grettamente sciovinistico ma grazie a un paziente lavoro di scoperta seguito ad anni di assenza all'estero. Questa passione per il proprio paese è una caratteristica dell'intellettuale greco vissuto all'estero. In altri popoli essa mi è parsa repellente, ma nel greco la trovo giustificabile, e non solo giustificabile ma emozionante ed entusiasmante. Ricordo che un pomeriggio andai con Seferiadis a vedere un pezzo di terra dove lui pensava di costruirsi una casetta. Il posto non aveva niente di straordinario; era persino un po' misero e squallido, potrei dire. O meglio, era tale a prima vista. Non ebbi la possibilità di consolidare la mia prima fugace impressione; mutò sotto i miei occhi man mano che lui mi guidava come una medusa elettrificata da un punto all'altro, rapsodizzando su erbe, fiori, arbusti, pietre, argilla, pendici, declivi, baie, insenature e via dicendo. Sapeva guardare un promontorio e leggervi la storia dei medi, persiani, dori, minoici, atlantidi. Sapeva leggervi anche frammenti della poesia che avrebbe scritto mentalmente tornando a casa, mentre mi tempestava di domande sul Nuovo Mondo. Ero attratto dal carattere sibillino di tutto ciò che gli veniva sott'occhio. Aveva un modo di guardare avanti e indietro, di far sì che l'oggetto della contemplazione ruotasse mostrando i suoi molteplici aspetti. Quando parlava di una cosa, di una persona o di un'esperienza, l'accarezzava con la lingua. A volte mi pareva un cinghiale che si fosse spezzato le zanne in assalti furiosi nati dall'amore e dall'estasi. Nella sua voce c'era un che di pesto, come se l'oggetto del suo amore, la sua Grecia diletta, avesse con involontaria goffaggine mutilato le note acute dell'urlo. Il mellifluo usignolo asiatico era stato più di una volta abbattuto da un fulmine inatteso; le sue poesie diventavano sempre più simili a gemme, più dense, compresse, scintillanti e rivelatrici. La sua nativa flessibilità rispondeva alle

Page 157: Storia Della Lingua Greca

- 157 -

leggi cosmiche della curvatura e della finitudine. Egli aveva cessato di muovere in tutte le direzioni: con i suoi versi faceva il gesto avvolgente dell'abbraccio. Aveva cominciato a maturare in poeta universale: radicandosi con passione nel suolo del suo popolo. Dovunque nell'arte greca oggi c'è vita, essa si basa su questo gesto di Anteo, su questa passione che si trasmette dal cuore ai piedi, creando forti radici che trasformano il corpo in un albero di potente bellezza. Questa trasmutazione culturale è anche testimoniata materialmente dalla vasta opera di risanamento che si svolge in tutto il paese. I turchi, nel loro fervido desiderio di desolare la Grecia, fecero della terra un deserto e un cimitero; i greci, da quando si sono emancipati, lottano per rimboschirla. Ora il nemico nazionale è la capra. Col tempo sarà scacciata, come i turchi. La capra è il simbolo della povertà e dell'impotenza. Alberi, più alberi, questo è il motto. L'albero porta acqua, foraggio, bestiame, prodotti; l'albero porta ombra, riposo, canzoni, porta poeti, pittori, legislatori, visionari. Oggi, per quanto spoglia e scarna come un lupo, la Grecia è il solo paradiso d'Europa. La Grecia non ha bisogno di archeologi: ha bisogno di arboricultori. Una Grecia verdeggiante può ridare speranza al nostro mondo bacato. Le mie conversazioni con Seferiadis cominciarono in realtà sull'alta veranda di Marussi, quando mi prese a braccetto e passeggiammo su e giù nel crepuscolo. Ogni volta che lo incontravo mi accoglieva con tutto il suo essere, avvolgendomelo al braccio con calore e tenerezza. Se gli facevo visita nel suo appartamento era la stessa cosa: apriva tutte le porte e le finestre che conducevano al suo cuore. Di solito si metteva il cappello e mi accompagnava all'albergo; non era solo un gesto di cortesia, ma un atto di amicizia, una dimostrazione di amore duraturo. [...]

Dai Diari di Seferis (Mevre"), vol. III, 16 aprile 1934-14 dicembre 1940, Ikaros 1984, pp. 131-133 Sabato, 2 settembre 1939 A casa di Katsìmbalis, a Marussi, Henry Miller e Lawrence Durrell. Li ho trovati in sala da pranzo mentre stavano finendo il té. Ghiorgos (Katsìmbalis) gli aveva letto alcune mie poesie in traduzione. Così, appena arrivato trovai un'atmosfera di commossa simpatia. Sono, mi pare, i primi letterati anglosassoni che conosco. Durrell, un giovane basso e solido: testa sveglia di satiro. Sua moglie Nancy alta, silenziosa, qualcosa a metà tra una capretta selvatica, una vite rampicante e Greta Garbo: muove le braccia di qua e di là, in modo imprevedibile. Suo marito le dà ogni tanto un colpetto affettuoso sul sedere. Si sono stabiliti da tre anni a Corfù, e non hanno alcuna voglia di ritornare in Inghilterra. Miller è conosciuto -ma io non ho letto niente di suo- è un americano puro, molto più diretto quando si esprime e molto più sostanzioso. È deluso dal suo paese. «Hai l'impressione» mi diceva «che il livello degli uomini in grado di leggere realmente un testo letterario scenda sempre più in basso, scenda come l'acqua che lascia intravedere le alghe sul fondo. Abbiamo il modello di istruzione più libero, quello meglio organizzato. Insegniamo ogni cosa. E tuttavia arriviamo a sconfortanti risultati. È un ossimoro inspiegabile. Ho incontrato sulla nave che da Marsiglia mi portava qui vari tipi del Mediterraneo Orientale: siriani, libanesi, egiziani (non ha fatto riferimento a greci), che non hanno smesso di mostrarmi il loro entusiasmo per l'America, di parlarmi continuamente del progresso. Mi veniva voglia di urlar loro: «You idiots, tutte queste cose non esistono, è tutto marcio». Gli sono piaciuti Oreste e il Mattia Pascal. Poi Durrell venne a sedersi accanto a me. Mi disse che gli aveva fatto impressione l'assenza di sentimentalismo (unsentimental in good sense) nelle mie poesie. Questo gli sembrava strano in un greco. Mi ha chiesto se mi ero formato con la letteratura inglese. Si stupì quando gli dissi che con gli inglesi, fino all'estate del '31, avevo avuto solo sporadici contatti. Voleva sapere dove avevo trovato il nome di Mattia Pascal e si divertì quando gli dissi che non avevo letto l'omonima opera di Pirandello e che avevo trovato questo nome casualmente per strada sul manifesto pubblicitario di un cinema, quando Bukunin interpretava questo ruolo. Alla fine della serata Miller mi disse: «Quello che è strano in voi, è che usate le cose dentro-fuori (inside-out)». Trascrivo queste conversazioni perché, davvero, molto raramente mi capita di incontrare «sentimenti» nati dalle mie poesie. [...] Lunedì, 16 ottobre 1939 [...] Pomeriggio con Miller e i Durrell a Marussi. Chiacchierata con Durrell sulla terrazza quando ormai si era fatta sera. Uomo completamente deluso e completamente allegro. Sembra che abbia trascorso anni difficili nella sua terra d'origine, e in seguito a Parigi. Diceva: «Devi accettare il tuo

Page 158: Storia Della Lingua Greca

- 158 -

destino, la catastrofe, tutto ciò che può renderti schiavo, è l'unico modo per salvarti. A Parigi conoscevo un tale che poteva aiutarmi, che poteva darmi dieci franchi quando avevo fame. Mi disse e tu cosa mi farai? Gli risposi: Sono pronto a fare ciò che desideri. Addirittura potrei lustrarti le scarpe». Lo accettò. Il giorno successivo gli pulivo le scarpe in un caffè. L'ho fatto con gioia. Era lui a rimetterci la faccia». [...] (p. 140) giovedì 16 novembre 1939 Miller mi ha dato da leggere le sue osservazioni su Balzac. La propensione di Miller nei confronti dell'astrologia e delle scienze occulte sono una caratteristica del suo americanismo. Una specie di mito in un mondo privo di mitologia e di tradizione come l'America. Quest'uomo che odia la vita americanizzata, è il tipo del modo di vivere americano. Non riferisco queste cose per parlar male di lui. Ma i suoi valori, la sua forza, si trovano altrove rispetto a dove crede lui stesso. [...] Non sopporta Eliot, e non nota nulla su Baudelaire. Sono di un'altra razza per lui. Il suo poeta è Whitman. [...] (pp. 144-146) sabato 5 ottobre 1940 Ieri nel mio studio lo scrittore italiano Curzio Malaparte. Così come stanno oggi le cose, come si può parlare con gli italiani? Tuttavia accetto di incontrarlo. Impegni di servizio. La nostra conversazione ruota su temi letterari o su viaggi, senza alcun cenno alla politica. I suoi connazionali che mi hanno parlato di lui sembra che lo tengano in grande considerazione. Non ho idea della sua opera. È un uomo di 43 anni, come mi ha detto, alto, vestito con cura, cravatta e fazzoletto dello stesso tipo, agile, occhi indagatori penetranti. È la prima volta che viene in Grecia, o quasi perché la volta precedente ha fatto solo un giro delle isole. - Desidero conoscere le forme sperimentali dei giovani in Grecia, mi dice, e mi chiede informazioni sul surrealismo. Gli do alcune informazioni. - Sa, la Francia è ormai finita per un po' di tempo. I tedeschi hanno fatto piazza pulita a Parigi, tutti i libri che loro non vogliono: libri di ebrei ecc. (Capisco qui che eccetera significa tutto). - Bisogna dunque preoccuparsi dell'eredità di un movimento come il surrealismo, ad esempio, che è essenzialmente un tentativo avviato dagli italiani e dai greci (sic). Mi stupisco per questa voglia strana di correlazione, che tanto assomiglia alla bulimia politica del suo paese. Gli parlo di alcuni giovani letterari, osservando che la guerra non consente loro di lavorare, come avrebbero lavorato se le circostanze fossero state diverse. - Sì, mi dice, ma che vuole? Bisogna far qualcosa; io non ho smesso di pubblicare la mia rivista. Ho detto a Mussolini che certo, la guerra è guerra, ma gli uomini di lettere devono comunque andare avanti. - Che dirgli? La conversazione continua cambiando vari argomenti. Vuol vedere i luoghi di Achille. - Ho visto, continua, in un museo in Russia un'icona di Cristo che recava la seguente didascalia: Personnage légendaire qui n'à jamais existé. Or je veux voir le pays d'un personnage légendaire qui n'a jamais existé. Poi parla dei bombardamenti su Londra: prende un atteggiamento lirico: - Mi ha fatto molta impressione sapere che il mio cappellaio, Lock, è stato bombardato, ed il mio camiciaio, un po' più giù, e anche quel negozio a St James's Street con quelle belle carrozze. Tutte queste cose per aria. Che strano! Il responsabile dell'ufficio stampa della sua ambasciata, che lo accompagna, esprime il suo disappunto. Vuol dimostrare che l'espressione di una tale compartecipazione non corrisponde a quella dell'ambasciata. Complicità? Non so. L'altro capisce e si rivolge a quello: - Pensate che uomini da tutte le parti del mondo venivano a comprare cappelli da Lock. È la fine di una grande tradizione. Ma che cosa avrà mai dentro la testa questo intellettuale che cerca di esser elegante, che mi ha rivolto il saluto fascista appena entrato nel mio ufficio, che mi sparge dinnanzi tutte queste salse per esser simpatico. Non sembra che si preoccupi di molte cose [...] pp. 249-251 Traduzioni 1) titolo della raccolta Strofhv

Page 159: Storia Della Lingua Greca

- 159 -

titolo poesia Strofhv primo verso Stigmhv, stalmevnh ajpo; e{na cevri, Attimo, inviato da una mano da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, p. 9

Attimo, inviato da una mano che avevo così tanto amato mi hai raggiunto proprio al tramonto come una colomba nera. La strada dinnanzi a me si è fatta bianca, soffice nube di sogno al volgere di un'Ultima Cena... Attimo, granello di sabbia, tu che reggesti da solo tutta la tragica clessidra muta, come se vedesse l'Idra nel giardino celeste. Stessa poesia (Dalla raccolta Svolta, Svolta), trad. Pontani, Fratelli Fabbri, p. 69 M'hai colto proprio nella sera, attimo, che una mano diletta manda di lontano come colomba nera. Fumo di sogno sul declino d'agàpe segreta, la strada biancheggiava cheta... Attimo, granellino... di sabbia, nel silenzio arresti la tragica clessidra, muta, come in vista dell'Idra nei giardini celesti.iii

***** 2) titolo della raccolta Strofhv titolo poesia JH Luphmevnh primo verso Sth;n pevtra th``" uJpomonh``", Sulla pietra della pazienza da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, p. 11 Sulla pietra della pazienza ti sei seduta verso sera mostrando con lo scuro dei tuoi occhi quanto soffri; e la linea che hai sulle labbra è nuda e trema e l'anima si fa rocca e sgorgano i singhiozzi; ed hai in mente quel motivo che smuove la lacrima

Page 160: Storia Della Lingua Greca

- 160 -

ed eri tronco che dalla cima ritorna al frutto; ma il singulto del tuo cuore non mugghia ed è divenuto il senso che il cielo stellato dà al mondo. Stessa poesia, da Svolta, L’afflitta, trad. Pontani, Fratelli Fabbri, p. 70 Là sulla pietra di pazienza sedesti verso sera mostrava la pupilla nera tutta la sofferenza; segnava una riga la bocca, riga nuda che oscilla mentre il singhiozzo implora, e prilla l'anima come rocca: in mente avevi quel motivo che una lacrima spreme, tronco che dalle punte estreme ritorna al frutto vivo; non diede mugghio quel tormento del cuore, nel profondo: divenne il senso che dà al mondo stellato firmamento. ***** 3) titolo della raccolta Strofhv titolo poesia [Arnhsh primo verso Sto; perigiavli to; krufo; Sulla spiaggia segreta da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, p. 13 Negazione

Sulla spiaggia segreta bianca come una colomba avemmo sete nel pomeriggio: ma l'acqua era salata. Sulla sabbia bionda scrivemmo il suo nome: bene soffiò il vento e la scritta venne cancellata. Con che coraggio, con che anelito, desideri, passioni affrontammo la nostra vita: errore! e cambiammo vitaiii.

Stessa poesia, da Svolta, Rifiuto, trad. Pontani, Fratelli Fabbri, p. 71

Page 161: Storia Della Lingua Greca

- 161 -

Spiaggia, come colomba chiara. Sulle sabbie segrete ci colse nel meriggio sete: l'acqua era salsa, amara. Il suo nome scrivemmo lì sul biondo delle arene; spirò la brezza (così lene!) e la scritta sparì. Con quali brame, con che ardita foga, con quale cuore, affrontammo la vita. Errore! Così mutammo vita.

****** 4) titolo della raccolta Strofhv titolo poesia To; u{fo" mia``" mevra" primo verso To; u{fo" mia``" mevra" pou; zhvsame pri;n devka crovnia se; L'aria di una giornata che vivemmo dieci anni fa in da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, pp. 17-18 We plainly saw that not a soul lived in that fated vessel! Edgar Allan Poe

L'aria di una giornata che vivemmo dieci anni fa in un luogo straniero il soffio di un attimo antichissimo che batteva le ali e si è perso come Angelo del Signore la voce di una donna dimenticata con tanta saggezza e con tanta fatica; una fine inconsolabile, un tramonto fisso nel marmo di un qualche Settembre. Case nuove cliniche impolverate finestre esantematiche fabbriche di feretri... Ha mai pensato qualcuno cosa deve sopportare un farmacista sensibile che fa il turno di notte? Disordine nella stanza: cassetti finestre porte spalancano le loro fauci come bestie selvagge; un uomo stremato getta le carte cerca interroga le stelle fruga. Si rattrista: se busseranno alla porta chi aprirà? Se aprirà un libro chi guarderà? Se aprirà la sua anima chi guarderà? Catena. Dov'è l'amore che taglia il tempo

in due pezzi e lo frantuma? Solo parole e gesti. Monologo singolare davanti a uno specchio sotto una ruga. Come una goccia d'inchiostro su un fazzoletto l'angoscia si diffonde.

Page 162: Storia Della Lingua Greca

- 162 -

Dentro la nave sono morti tutti, ma la nave continua la rotta che avviò quando salpò dal porto come sono cresciute le unghie del capitano... e il nostromo non rasato, lui che aveva tre amanti ad ogni scalo... Il mare si gonfia lentamente, le vele si pavoneggiano e il giorno diventa dolce. Tre delfini nereggiano luccicando, sorride la gorgone, e un marinaio dimenticato a cavalcioni sulla gabbia fa cenni.

Stessa poesia, da Svolta, L'aria di una giornata, trad. Pontani, I poeti dello Specchio, pp. 24-27 L'aria di una giornata che vivemmo in paese straniero dieci anni fa il clima d'un attimo antichissimo che batté l'ala e sparve come un angelus Domini la voce d'una donna dimenticata con tanta saggezza e tanta pena: una fine implacabile, impietrito tramonto di settembre. Case nuove cliniche polverose finestre esantematiche fabbriche di bare... Ci ha pensato nessuno a quanto soffre un farmacista sensibile di guardia nella notte? La camera in subbuglio: cassetti finestre porte che spalancano la bocca come belve;

un uomo stremato getta le carte fruga fa l'oroscopo cerca.

E s'accora: se bussano alla porta chi aprirà? Se apre un libro chi potrà guardare?

Se apre il cuore chi lo guarderà? È tutta una catena. Dove'è l'amore che d'un colpo spacca il tempo in due, l'ottunde? Solo parole, e gesti. Singolare monologo avanti allo specchio sotto una ruga. Goccia d'inchiostro sopra un fazzoletto, l'angoscia dilaga. Là sulla nave sono morti tutti, ma la nave persegue l'idea che vagheggiò quando salpò dal porto Come sono cresciute le unghie al capitano... e il nostromo

barbuto con tre amanti ad ogni scalo... Il mare gonfia lento, si pavoneggiano le vele e il giorno già si fa più dolce. Tre delfini nereggiano luccicanti, la gòrgone sorride, fa cenni un marinaio, scordato sopra l'albero di gabbia a cavalcioni.

****** 5) primo verso Ceivlia, frouroi; th``" ajgavph" mou pou; ei[tan na; sbhvsei

Page 163: Storia Della Lingua Greca

- 163 -

Labbra, sentinelle del mio amore che si sarebbe spento da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, p. 23 Labbra, sentinelle del mio amore che si sarebbe spento mani, vincoli della mia giovinezza che se ne sarebbe andata colore di un volto perduto in qualche posto tra la natura alberi... uccelli... caccia... Corpo, nero dentro il sole infuocato come l'uva corpo mia ricca nave, dove veleggi? È l'ora che annega nel tramonto e mi stanco cercando la tenebra... (La vita ogni giorno viene meno).

Da Svolta, Rima, trad. Pontani, Lo Specchio, pp. 28-29 Labbra, scolte di quella mia passione moritura mani, catene della mia gioventù menomante colorito d'un viso perso nella natura uccelli... cacce... piante... Corpo, grappolo nero al sole che dardeggia corpo, dove fai vela, ricca nave? È l'ora che la sera nel sòffoco boccheggia e frugare la tenebra m'è grave... (Ogni giorno la vita più scarseggia).

****** 6) titolo della raccolta Strofhv titolo poesia jAutokivnhto primo verso Sth; dhmosia; sa;n ajgkaliav Sulla stradale come abbraccio da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, p. 12 Sulla stradale come abbraccio delle due lancette di un compasso le dita del vento tra la chioma e le miglia sulla pancia, noi due andammo via vuoti come frustate per lo sguardo mite: la mente truccata, truccato il sangue nudi! nudi! nudi! ... Su un letto con un alto e soffice cuscino come scivolava al largo l'ebbrezza come un pesce in acqua... Nella stradale a due corsie andammo via solo come corpi

Page 164: Storia Della Lingua Greca

- 164 -

con i cuori ciascuno su uno dei due rami, separati, a sinistra a destra.

Da Svolta, Automobile, trad. Pontani, in Omaggio a Seferis, p. 4 Compasso bifido, si slancia l'amplesso della strada; dita di vento ci diradano la chioma; miglia nella pancia. Vuoti, andavamo - colpi crudi di sferza a mite sguardo: lo spirito e il sangue di un bugiardo cerone: nudi! nudi! ... E sopra un letto col guanciale alta, sgusciava via il capogiro come per magia, pesce sul litorale....

La strada si ramifica: meri corpi, andavamo, protesi i cuori a ciascun ramo, scissi, di qua, di là. **** 7) titolo della raccolta Svolta, unità jErwtiko;" lovgo"

primo verso Rovdo th`" moivra", guvreue" na; brei``" na; ma``" plhgwvsei"

Rosa del destino, facevi di tutto per trovare il modo di ferirci da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, p. 27

Atene ottobre 1929 - dicembre 1930 C'è una specie molto insensata fra gli uomini: che disprezzando il presente cerca ciò che è lontano, andando a caccia di cose assurde con inutili speranze. Pindaro Rosa del destino, facevi di tutto per trovare il modo di ferirci ma ti inclinavi come il mistero che va a purificarsi ed era bello l'ordine che hai accettati di trasmettere ed era il tuo sorriso come una spada sguainata. Il tuo ciclo ascendente rinvigoriva il creato dalla tua spina veniva fuori il pensiero del cammino il nostro impeto tracciava dolcemente incisioni per conquistarti nuda il mondo era facile: un semplice battitoiii.

Da Canto d'amore, trad. Pontani, Lo Specchio, pp. 30-31 Atene ottobre 1929 - dicembre 1930

Page 165: Storia Della Lingua Greca

- 165 -

C'è una specie insensata, fra gli uomini: il presente dispregia e scruta quello ch'è remoto, dà la caccia all'assurdo con insane speranze. Pindaro Rosa del fato, il varco cercavi per ferire ma ti chinavi come segreto che si schiuda ed era bello l'ordine che volesti impartire ed era il tuo sorriso come spada nuda. Avvivava il tuo nimbo saliente la natura dalla tua spina il sogno della via si partiva ed era il nostro anelito d'averti un'alba pura - facile il mondo: un battito schietto di vena viva.

°°°°°°°° 8) titolo della raccolta Svolta, unità jErwtiko;" lovgo" titolo poesia Eæ primo verso Pou`` ph`ge hJ mevra hJ divkoph pou; ei\ce ta; pavnta ajllavxei Dov'è finito quel giorno dalla doppia lama che aveva cambiato ogni cosa? da G. Seferis, Poihvmata, ediz. Ikaros, p. 32 Dov'è finito quel giorno dalla doppia lama che aveva cambiato ogni cosa? Non si troverà un fiume che sia per noi navigabile? Non si troverà un cielo che stilli rugiada per l'anima che il loto ha narcotizzato e nutrito? Sulla pietra della pazienza aspettiamo il miracolo che squarcia la volte celeste, e tutto è predisposto aspettiamo l'angelo come nell'antichissimo dramma nell'ora che si perdono del tramonto le rose aperte... rosa rossa del vento e del fato, sei rimasta solo nella memoria, un profondo ritmo rosa della notte sei passata, tempesta di porpora tempesta di mare... Il mondo è semplice. Atene, ottobre '29 - dicembre '30.

traduzione della stessa poesia Da Svolta, V, trad. Pontani, Lo Specchio, pp. 44-45 Dov'è il giorno a due lame che tutto trasmutò? Non ci sarà più fiume navigabile? cielo capace d'irrorare l'anima che mangiò il loto e fu ravvolta d'un narcotico velo? Sempre aspettiamo sulla pietra della sapienza il prodigio che schiude il cielo - e tutto è pronto - come nella tragedia antica la presenza del Nunzio quando languono le rose del tramonto... Rosa rossa del vento, del fato - seduzione

Page 166: Storia Della Lingua Greca

- 166 -

solo nella memoria -; come un ritmo profondo tu sei passata, rosa di notte, fluttuazione di porpora, di mare. Così semplice è il mondo.

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 mercoledi 24.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato quadro di insieme

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 Lunedì.29.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato lezione sospesa

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 martedì 30.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Lettura, analisi e traduzione delle poesie: Santorini e Elena di Ghiorgos Seferis a cura di Lucia Marcheselli Loukas

Lingua, letteratura/ cultura neogreca I mod. 1 e mod. 2 mercoledi 31.5.2006 ore 13-14,30 - Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, Sede di San Polo, ex palazzina Telecom, prof. Caterina Carpinato Indicazioni generali per gli esami scritti ed orali. Analisi complessiva dei corsi