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Cap. III STORIA DEI GIARDINI Giardino: etimologia e definizione Nella lingua greca, come poi in quella latina, non esiste una parola per definire il giardino: il termine greco kopos e quello latino hortus indicano infatti semplicemente il recinto per protezione di un'area coltivata. . Più in generale nelle radici linguistiche indoeuropee si ritrovano i concetti di recinzione per particolari domesticazioni di vegetali ed animali, ma non quello di giardino , semanticamente inteso come luogo di piacere per gli occhi e per l'odorato. Nelle lingue medio - orientali troviamo i termini gan in ebraico e jinna in arabo, parole che individuano tutto ciò che si contrappone al deserto. Il gan-eden del Genesi ( il Paradiso ebraico), il primo luogo dell'umanità secondo le Sacre Scritture, è un giardino, luogo di delizie, poi occultato, velato agli occhi del peccatore, dell'uomo che ha perso il dono della vista soprannaturale. Nella lingua francese si usa il termine jardin, derivato dal franco gart o gard (recinto, chiuso), per definire un terreno coltivato senza scopo produttivo, nel quale l’uomo, isolato dal resto del territorio, svolge una serie di attività a contatto con la natura: riposo, passeggiate, svago, gioco,…. Anche sulla comparsa e sulla definizione di giardino esistono opinioni contrastanti, tuttavia tutti sono concordi a farlo derivare dagli orti e dai frutteti per inserimento graduale nel suo interno di specie ornamentali. Al concetto originario di utilità si sostituiva quello di esteticità. Oggi per giardino intendiamo una architettura complessa realizzata in un determinato luogo, sovente adeguatamente trasformato, e costruita attraverso la composizione congiunta di manufatti inanimati variamente configurati e di individualità vegetali convenientemente scelte e opportunamente disposte I giardini, da sempre, rappresentano l’espressione delle differenze sociali, culturali, politiche e religiose dei vari popoli nello spazio e nel tempo. In tutti i continenti, pertanto, i giardini hanno simboleggiato la sensualità e la spiritualità dei loro creatori, il loro genio inventivo, il loro talento di agricoltori, d’idraulici, di selezionatori di specie. L’arte dei giardini nel tempo L’arte dei giardini nasce quando le popolazioni divengono stanziali e iniziano a coltivare con gli arnesi rudimentali i primi frutti e ortaggi. Da questo momento in poi diverrà parte integrante della storia dell’uomo esprimendone, con la stessa dignità di altre opere d’arte, il grado di civiltà, la cultura ed il livello tecnologico raggiunto. Le notizie sull’evoluzione dei giardini nel tempo e nello spazio possiamo ricavarle da svariate fonti: testi antichi, arti figurative, scavi archeologici,…. I primi giardini, almeno quelli documentati, nacquero dove la natura sembrava più ostile, tra la sabbia dell'Egitto e della Mesopotamia, con il desiderio di veder fiorire il deserto. Nel corso dei secoli, a partire dall'antico schema egizio, in Occidente l’arte dei giardini si è sviluppata seguendo un ordine regolare: piante, fiori, aree erbose e talvolta anche edifici, sono quasi sempre stati progettati in modo da formare, tra loro e nell'insieme, una serie di figure geometriche con l'unica importante eccezione costituita dal “giardino paesaggistico” inglese del ‘700 sorto come reazione alla regolarità formale e geometrica dei giardini italiano e francese. Anche le piante usate per i giardini si sono molto diversificate, adeguandosi al mutare del gusto determinato da fattori come l'introduzione di nuove piante conseguente alle scoperte geografiche (ad esempio, dopo la scoperta dell'America furono introdotte nuove specie vegetali come patate , pomodori , frutti di Passiflora , cactacee , aloe ….).

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Cap. III

STORIA DEI GIARDINI Giardino: etimologia e definizione Nella lingua greca, come poi in quella latina, non esiste una parola per definire il giardino: il termine greco kopos e quello latino hortus indicano infatti semplicemente il recinto per protezione di un'area coltivata. . Più in generale nelle radici linguistiche indoeuropee si ritrovano i concetti di recinzione per particolari domesticazioni di vegetali ed animali, ma non quello di giardino, semanticamente inteso come luogo di piacere per gli occhi e per l'odorato. Nelle lingue medio - orientali troviamo i termini gan in ebraico e jinna in arabo, parole che individuano tutto ciò che si contrappone al deserto. Il gan-eden del Genesi (il Paradiso ebraico), il primo luogo dell'umanità secondo le Sacre Scritture, è un giardino, luogo di delizie, poi occultato, velato agli occhi del peccatore, dell'uomo che ha perso il dono della vista soprannaturale. Nella lingua francese si usa il termine jardin, derivato dal franco gart o gard (recinto, chiuso), per definire un terreno coltivato senza scopo produttivo, nel quale l’uomo, isolato dal resto del territorio, svolge una serie di attività a contatto con la natura: riposo, passeggiate, svago, gioco,…. Anche sulla comparsa e sulla definizione di giardino esistono opinioni contrastanti, tuttavia tutti sono concordi a farlo derivare dagli orti e dai frutteti per inserimento graduale nel suo interno di specie ornamentali. Al concetto originario di utilità si sostituiva quello di esteticità. Oggi per giardino intendiamo una architettura complessa realizzata in un determinato luogo, sovente adeguatamente trasformato, e costruita attraverso la composizione congiunta di manufatti inanimati variamente configurati e di individualità vegetali convenientemente scelte e opportunamente disposte I giardini, da sempre, rappresentano l’espressione delle differenze sociali, culturali, politiche e religiose dei vari popoli nello spazio e nel tempo. In tutti i continenti, pertanto, i giardini hanno simboleggiato la sensualità e la spiritualità dei loro creatori, il loro genio inventivo, il loro talento di agricoltori, d’idraulici, di selezionatori di specie. L’arte dei giardini nel tempo L’arte dei giardini nasce quando le popolazioni divengono stanziali e iniziano a coltivare con gli arnesi rudimentali i primi frutti e ortaggi. Da questo momento in poi diverrà parte integrante della storia dell’uomo esprimendone, con la stessa dignità di altre opere d’arte, il grado di civiltà, la cultura ed il livello tecnologico raggiunto. Le notizie sull’evoluzione dei giardini nel tempo e nello spazio possiamo ricavarle da svariate fonti: testi antichi, arti figurative, scavi archeologici,…. I primi giardini, almeno quelli documentati, nacquero dove la natura sembrava più ostile, tra la sabbia dell'Egitto e della Mesopotamia, con il desiderio di veder fiorire il deserto. Nel corso dei secoli, a partire dall'antico schema egizio, in Occidente l’arte dei giardini si è sviluppata seguendo un ordine regolare: piante, fiori, aree erbose e talvolta anche edifici, sono quasi sempre stati progettati in modo da formare, tra loro e nell'insieme, una serie di figure geometriche con l'unica importante eccezione costituita dal “giardino paesaggistico” inglese del ‘700 sorto come reazione alla regolarità formale e geometrica dei giardini italiano e francese. Anche le piante usate per i giardini si sono molto diversificate, adeguandosi al mutare del gusto determinato da fattori come l'introduzione di nuove piante conseguente alle scoperte geografiche (ad esempio, dopo la scoperta dell'America furono introdotte nuove specie vegetali come patate, pomodori, frutti di Passiflora, cactacee, aloe….).

Nelle righe che seguiranno darò un breve cenno sulle trasformazioni subite dai giardini nel corso del cammino dell’uomo verso la civiltà. Nell’antico Egitto (3200 anni a.C.) (Fig….) i giardini, secondo quanto si può dedurre dalle pitture murali e tombali, erano geometrici, cintati da un muro (con funzione di creare un ambiente intimo, privato e sacro, ma anche di ripararli da venti desertici o dalle tempeste di sabbia o dalle piene del Nilo o dagli animali feroci o dalle scorribande di tribù straniere ed ostili), contenenti filari regolari di palme da datteri, alberi da frutto (fichi, palme da datteri, melograni, mandorli, tamarindi…..), sicomori (Ficus sycomorus, albero dai frutti eduli e dal legno pregiato tanto che veniva usato per fabbricare sarcofaghi), piante di papiro, cipressi, acacie, pergolati ad arco di vite domestica, vasche di acqua (spesso grandi da andarci in barca e ospitanti uccelli acquatici) circondate da bordure di fiori di Loto. La recinzione muraria isola il giardino (locus amoenus o luogo di delizie e di raccoglimento interiore) conferendogli ordine e sicurezza dal mondo esterno (deserto o locus horridus) caotico, ostile e insicuro, assolato e arido. Acqua e ombra sono elementi fondamentali, peraltro comprensibili in una terra dove i raggi del sole sono particolarmente intensi, ma non di minore importanza sono le partiture rigorose e la geometria del disegno, che non stupisce in una civiltà molto avanzata nella matematica, nella geometria e nell'astrologia. Il giardino egizio è concepito come luogo di svago e di riposo ma è sfruttato anche per produrre prodotti alimentari (ortaggi, frutta, vino,…) assumendo altresì il carattere di orto. Ai fiori e alla piante erano rivolte molte cure; fra queste l'irrigazione costante che veniva fatta a mezzo di anfore piene d'acqua poste al termine di un'asta bilanciata su un giogo che, manovrata da un giardiniere, attingeva acqua da una fonte principale e la distribuiva nelle varie parti del giardino. Ma non meno attenzione veniva data all'estetica della composizione ed agli effetti cromatici, che si trovano in tutte le raffigurazioni pittoriche, dove si può notare, per esempio, la pianta della mandragora (Solanacea erbacea perenne velenosa) carica di frutti gialli molto decorativi, che viene spesso accostata all'azzurro dei fiordalisi ed al rosso dei papaveri. Nell’antica Babilonia (letteralmente “Porta del Dio”) nella Mesopotamia (vicino all’odierna Baghdad in Iraq) alcuni bassorilievi hanno confermato l’esistenza dei giardini pensili (Fig….) fatti costruire da Nabucodonosor II (604-562 a.C.) per la regina Semiramide così che potesse ricordare le foreste del suo paese (la Media = Persia) costituiti da una serie di terrazze sovrapposte, alte fino a 100 m, sorrette da muri e volte, con un fondo impermeabilizzato sopra il quale veniva deposto uno strato drenante e uno strato di 1-2 m di terra. In esse venivano coltivate svariate piante (palme, cipressi, pini,…) opportunamente irrigate con acqua dell’Eufrate attinta dagli schiavi e sollevata per mezzo di norie (elevatori a tazze) o di pompe a spirale fino al livello più alto dal quale poi scendeva a quello più basso, bagnando le piante, attraverso una fitta rete di canalizzazioni nascoste alla vista. L'acqua inoltre, oltre ad irrigare il giardino, aveva la funzione di mantenere fresche le camere sottostanti. La leggenda vuole che la regina Semiramide trovasse in questi giardini pensili rose fresche tutti i giorni, pur nel clima arido che caratterizzava la Babilonia. Di questi giardini pensili purtroppo sono rimasti solo riferimenti letterari e tracce delle fondamenta del palazzo di Nabucodonosor II. La conformazione di questi giardini era proprio quella dello ziggurat (tempio a torre caratteristico dell'antica arte mesopotamica, costruito in mattoni d'argilla con facciate spesso piastrellate in ceramica, che s'innalzavano in piattaforme a gradoni di dimensioni decrescenti e culminavano in un piccolo tempio posto sulla sommità), ed il suo carattere religioso restituisce a questo giardino la sacralità propria di un luogo che rappresenta l'ideale mistico dell'universo. Un luogo dove, fra meditazione e contemplazione, operava il mago o il sacerdote, simbolo di perfezione e di grazia ed in grado di manipolare piante e droghe per fini divinatori. I giardini pensili di Babilonia sono considerati una delle sette meraviglie del mondo (insieme al Colosso di Rodi, al Mausoleo di Alicarnasso, al Faro di Alessandria, alla Statua di Zeus, alla Piramide di Cheope, al Tempio di Artemide). Per i giardini persiani (Fig….) tutto quello che si sa lo dobbiamo a Senofonte (430 - 355 a.C.) che descrive il parco di Sardi (o di Pasargadae) fatto costruire cento anni prima (550 a.C.) dal re persiano Ciro il Grande. Nella sua descrizione Senofonte usa la parola paradeisos, grecizzazione del persiano pardes, per indicare i giardini voluti da Ciro il Grande. Il parco dei Sardi è un giardino (pairi-daeza di Zaratrusta – XVI sec. a.c.- deriva da due parole pairi = tutt’intorno e daeza = baluardo) di grandi dimensioni, delimitato da mura in cui si

aprivano porte monumentali che davano origine a viali rettilinei spesso incrociatesi, con impianto di impostazione geometrica, con piantagioni in filari di alberi fruttiferi ed ornamentali ad alto fusto contrapposti ai terreni di caccia. Gli spazi di prato erano mantenuti costantemente irrigati ed arricchiti da fiori e cespugli odorosi. A corredo delle sistemazione vegetali era anche allevati uccelli ed animali da livrea che vivevano in stato di libertà. Non mancano padiglioni, edicole, né postazioni di tiro. In prossimità delle abitazioni poste all’interno del parco vi era un porticato. Il risultato è un ambiente dove è gradevole sostare a lungo, godere del fresco e trovare piacere nelle torride estati persiane, attorniati da una natura ricca e feconda ed immersi in un'atmosfera paradisiaca dove tutto è disposto secondo i principi dell'ordine universale. Dei giardini greci, (Fig….) così come per tutti i giardini del mondo antico, si hanno poche notizie certe e soprattutto non vi sono esempi visibili, eventualmente ricostruiti archeologicamente (così com'è avvenuto per i più tardi giardini di alcune ville della Roma antica). Le tracce della loro conformazione possono essere reperite quasi esclusivamente attraverso due vie:

• da fonti letterarie (Iliade, Odissea) che però possono fornire descrizioni immaginarie;

• dai reperti archeologici che, sotto forma di bassorilievi, di pitture su vasellame, di tracce di recinti e di canali di irrigazione in zone di scavo, forniscono certamente notizie più attendibili, ma anche più laconiche.

Per una analisi evolutiva dei giardini dividiamo la storia greca in 4 grandi periodi: 1. medioevo ellenico (dal XII all’VIII secolo a.C.): in cui si ha una grave crisi socio - economica seguita dalla

distruzione della civiltà micenea; 2. età arcaica (dall’VIII al VI secolo a.C.) in cui si svilupparono le polis (= città-stato); 3. età classica (V secolo a.C.), periodo in cui si ha il max splendore della civiltà greca che seguì alle guerre

persiane e si concluse con le lotte tra le città greche, in seguito alle quali si formò l’impero di Alessandro Magno;

4. età ellenistica, dalla morte di Alessandro Magno nel 323, fino alla conquista romana avvenuta nel II secolo a.C.;

Per i primi due periodi possiamo fare riferimento solo alle descrizioni del giardino sacro della ninfa Calipso e di quello utilitaristico della reggia di Alcinoo (in cui si esaltano le abilità dei coltivatori) fatte da Omero nell’Odissea rispettivamente nel canto V e VII. Pertanto è’ assai probabile che i primi giardini privati fossero di tipo meramente utilitario, poco più che una corte con vigna, salici, cipressi, olmi campestri e fiori (tra i quali certamente le rose). Del resto il mondo greco, essendo modulato su compatte città e vasti ambiti per la pastorizia, non aveva spazio per i paradisi e per il piacere contemplativo, e gli spazi agricoli venivano utilizzati come fonte di sostentamento e ricchezza. Nell’età classica si assiste ad una forte espansione delle polis conseguenza di un crescente fenomeno dell’urbanesimo giustificato dall’insicurezza delle campagne a seguito delle lotte tra le città stato. Le città greche si arricchiscono di edifici rappresentativi destinati alle attività profane o al culto. Si realizzano piazze (agorà) e mercati, si costruiscono templi, ginnasi, aree sportive, teatri,… In questo periodo nascono scuole filosofiche come quella di Platone (427-347 a.C.), allievo di Socrate, sul bosco sacro di olivi di Akademos (da cui il nome Accademia alla scuola filosofica) e quella successiva del suo allievo Aristotele (384-322 a.C.) nel tempietto di Apollo Licio (da cui il nome di Liceo dato alla scuola stessa). Fatto molto importante è la dotazione da parte degli edifici in cui sorsero tali scuole filosofiche di uno spazio verde al loro intorno in cui tenere una parte di lezioni all’aperto, passeggiare per i vialetti, riposarsi, svagarsi, dialogare ed effettuare scambi culturali,…. Qualcuno azzarda la nascita del verde pubblico con la creazione dei giardini dell'Accademia e quelli del Liceo. Nell’ultimo periodo ellenistico il giardino greco risente dell’influsso dei giardini paradisiaci persiani e soprattutto all’ammirazione delle abilità dei giardinieri persiani a seguito della conquista della Persia da parte di Alessandro Magno. Nel periodo romano che, grosso modo, comprende tre secoli, dal 129 a.C. al 133 d.C., si assiste al passaggio dall’orto fecondo alla nascita e affermazione dei grandi parchi ricchi di alberi ornamentali e di sistemazioni decorative. Nell’antica Roma i primi giardini privati di cui si ha notizia sorsero - intorno al 129 a.C.- come appendice della casa ed erano degli orti recintati e destinati alla coltivazione di ortaggi per la famiglia. A questi orti i romani

attribuirono anche connotazioni simboliche e religiose tanto che alle divinità del focolare (Lares familiares) si affiancarono le divinità del giardino (Lares agrestes). In seguito al contatto con la cultura ellenistica il giardino perde la funzione utilitaristica ed acquisisce quella esclusivamente estetica trasformandosi da accessorio ad elemento dominante della casa (come testimoniano alcune case di Pompei e Ercolano e la villa Adriana a Tivoli). La domus cittadina (Fig….), tipica casa signorile di città, era strutturata generalmente su un piano e si estendeva in largo occupando talvolta un' intero quartiere. L'entrata si trovava generalmente su uno dei due lati più corti .Aperta la porta si entra in un corridoio (vestibulum) avente un pavimento a mosaico dal quale si arriva all'atrium, cortile di forma quadrata al cui centro è situato l'impluvium, una vasca per la raccolta dell'acqua piovana proveniente dall'apertura apposita nel tetto (cumpluvium). Attorno all'atrio c'erano alcune stanze adibite a vario uso, come la cucina (culina) ove su un apposito bancone di laterizio si preparavano le pietanze, cucinando in appositi piccoli forni o sopra a dei bracieri. Accanto all'atrio era sempre presente il lararium dove si tenevano le statue dei Lari, dei protettori della casa e della famiglia. In fondo all'atrio solitamente si trovava il tablinum, ossia una stanza nella quale si ricevevano gli ospiti, la quale era affacciata con un lato sul peristilium cioè un giardino circondato da un colonnato sotto il qual c'erano le porte che davano alle camere da letto (cubicula), ed al triclinium ossia la sala da pranzo. In quest'ultima erano presenti dei letti sui quali si mangiava distesi attingendo il cibo che era posato nei piatti su un tavolo centrale. Talvolta alcune domus avevano anche piccole fontane o statue al centro del giardino, e possedevano un altro peristilium adibito a piccolo orto/giardino attorno al quale si sviluppavano stanze private. Da notare è che tutte le finestre erano rivolte verso l'interno della casa. La domus possedeva inoltre una seconda uscita di servizio detta posticum sul retro per permettere il passaggio della servitù e dei rifornimenti senza ingombrare l'ingresso principale La domus, sebbene fosse la casa dei ricchi, non aveva una grande quantità di mobilio, infatti esso era ridotto all'essenziale, e lo splendore della casa quindi si notava principalmente dalla qualità di marmi, statue, e affreschi parietali. La maggior parte della popolazione, quella meno abbiente, abitava nelle insulae (Fig….), case popolari di sei-sette piani in altezza (come gli attuali condomini) ospitanti molte famiglie. Al piano terra si trovavano in appositi spazi i negozi (tabernae). Dal piano superiore in poi erano ubicati gli appartamenti, di varie dimensioni spesso subaffittati. L'insula, al centro solitamente aveva un cortile con del verde e una fontana che riforniva gli inquilini. Generalmente al contrario di oggi le persone più ricche abitavano ai primi piani, mentre quelle meno abbienti nei piani più alti. Difatti ai piani superiori mancava un' accesso diretto all'acqua, erano più scomodi per via dell'altezza, e anche più lontani dalle uscite in caso di incendi, cosa frequente dato che le fiamme erano usate libere. Il giardino presente nel peristilio (colonnato o peristilon) (Fig….) presenta solitamente una forma simmetrica con vialetti rettilinei delimitati da siepi di mirto o rosmarino modellate con interventi di arte topiaria (ideata Da Gaio Malzio nel I secolo a.C.) e adornati da statue, sedili e vasi. Elemento fondamentale del giardino romano è l’acqua presente in canali, bacini, fontane. Si potevano trovare animali domestici: spesso volatili allevati in apposite voliere non solo per esigenze decorative, ma anche alimentari. Nella Roma imperiale furono edificate ville suburbane maestose e sontuose che assunsero il carattere di piccole città in quanto includevano nel loro interno edifici residenziali, il teatro, la biblioteca, le terme, la palestra o ginnasio……… I giardini di queste ville suburbane (es. villa di Adriano – imperatore di Roma fra il 115 e il 137 d.C - a Tivoli estesa su 126 Ha) divennero dei parchi suburbani assumendo una funzione connessa al riposo e allo svago, al refrigerio nelle stagioni più calde; un luogo dove appartarsi e raggiungere quello stato dello spirito detto otium - il riposo distensivo stimolatore dello studio, della meditazione e del tranquillo conversare - che costituiva per i romani la necessaria premessa per un agire sereno e ragionato In questi parchi suburbani l’architettura preferita del verde era l’ippodromo (Hyppodromus di Plinio il Giovane) destinata al passeggio a piedi. In essi l’acqua rappresenta sempre un elemento fondamentale: le fontane erano certamente i manufatti più diffusi, ma non mancavano i canali, le peschiere e in generale i luoghi dove bagnarsi, che erano un corredo particolarmente gradevole negli spazi aperti delle ville.

Una moda tipica dei giardini romani era la creazione di ninfei (nymphaeum) cioè di grotte artificiali, decorate con spuma di pietra pomice, in cui vi era una sorta di contatto tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Tra le piante predominano quelle sempreverdi tra cui ricordiamo l’alloro, il cipresso, il pino domestico, il leccio, l’oleandro, il bosso, il rosmarino, il mirto, ….. I fiori (narcisi, rose, viole, gigli….) erano presenti ma non predominanti. L’immagine che si cercava di perseguire nel giardino era quella di una composizione di sempreverdi dove, di tanto in tanto, potevano emergere macchie di colore. Nel corso del Medioevo (o età di mezzo, distinta in Alto Medioevo dal 476 al 1000 e Basso Medioevo dal 1000 al 1492) la forma d’arte del giardino risente della complessità delle situazioni politiche e religiose e delle profonde trasformazioni storiche, sociali e culturali che caratterizzano i secoli a cavallo dell’anno Mille. Tra le fonti letterarie che ci forniscono una descrizione del giardino medioevale nella sua forma più evoluta, fondamentali risultano il Proemio della terza giornata del Decamerone di Giovanni Boccaccio ed il trattato di agricoltura De Ruralium Commodorum scritto nel 1305 da Pietro De' Crescenzi, giurista bolognese, vicino alla corte angioina di Napoli. A causa dell’insicurezza dei vasti territori per le continue invasioni e scorrerie, si pensava più che all’aspetto estetico della città alla sua difesa, costruendo, preferibilmente sulle alture, castelli e monasteri racchiusi da imponenti cinte murarie. Il giardino medioevale (Fig….) presente all’interno del castello o del monastero era pertanto di ridotta estensione, delimitato da alte mura e diviso mediante viali rettilinei in spazi geometrici aventi diverse destinazioni e precisamente: o aiuole con erbe e fiori; o il viridario, posto a nord e costituito da piante sempreverdi (Pini, Cipressi, Abeti, Ulivi, Allori,…) aventi

funzione frangivento (per i venti di tramontana) e di luogo di rifugio per gli animali selvatici; o il pomario: in cui si coltivavano le specie frutticole; o il verziere o erbaio: in cui si coltivavano le specie medicinali o officinali e orticole; o il prato: posto nella parte centrale e provvisto nel mezzo di una fontana o pozzo per l’approvigionamento

idrico, coperta da pergolato, con attorno tavoli e sedili. I viali sono fiancheggiati da siepi (perlopiù di Bosso) obbligate con interventi di arte topiaria. In luoghi appartati possiamo trovare una peschiera, una voliera, un labirinto e una piscina per il bagno. Il giardino del periodo medioevale viene spesso definito hortus conclusus (“hortus” per il fatto che si producevano frutta, ortaggi ed erbe aromatiche; “conclusus” perchè si tratta di uno spazio protetto e separato fisicamente, grazie ad un alto muro, dall’ambiente circostante: in certi casi con un accesso separato dall’edificio stesso cui afferisce). Il giardino medioevale monastico (Fig….) prevedeva quattro diversi settori: il giardino claustrale o del chiostro; il pomario o frutteto; l'herbularius, o hortus sanitatis o giardino dei semplici, dove si coltivavano le erbe mediche; l'hortus o verziere, dove si coltivavano le piante edibili. Il chiostro (area scoperta all’interno del convento, delimitata da un porticato) era diviso in 4 aiuole quadrate (a ricordare i 4 fiumi del paradiso, le 4 virtù cardinali - la prudenza, la fortezza, la temperanza, e la giustizia - i 4 evangelisti) al cui centro dove si incrociano i sentieri era piantato un albero (albero della vita) oppure era presente una fontana (simbolo di sapienza) o pozzo (simbolo di Dio poiché in esso c’è l’acqua fonte di vita). Il giardino claustrale privo di qualunque valore utilitario si lega all'idea di raccoglimento e contemplazione dell’anacoreta. In esso si trova la natura addomesticata da isolare dall’esterno in cui c’è la natura selvaggia (locus horridus) costellata nell’immaginario dei monaci da demoni tentatori. E’ all’interno di tale giardino che la preghiera unita all'operosità (ora et labora dei monasteri benedettini) permetteva all’anacoreta di sfuggire alle insidie dell'ozio. Nell’hortus conclusus monastico trovano posto fiori e frutti densi di significato simbolico: - la Rosa (fiore sacro a Venere, attributo delle Grazie), simboleggia la Vergine ma anche il sangue divino e, per le sue spine, le pene d’amore; - il Giglio (nato dal latte di Giunone mentre allattava Ercole), simbolo della purezza e della povertà; - le Violette (nascono dal sangue del Dio Atti, morto pazzo), simbolo della modestia e dell’umiltà; - il Melagrano (nasce dal sangue di Bacco), rappresenta la salda unità della chiesa;

- la Palma (prima della nascita di Romolo e Remo due palme appaiono in sogno a Rea Silvia), simbolo della giustizia; - il Fico (albero sacro a Saturno), metafora della dolcezza, della fertilità, del benessere, della salvezza; - l’Olivo (pianta sacra a Minerva), simbolo della misericordia e della pace; - il Trifoglio, allusivo alla trinità; - il Cipresso, simboleggiante l’immortalità. Il giardino del ‘400 (Fig….) è lo specchio della società dell’Umanesimo (epoca di grande fervore culturale ed artistico), del governo e della nobiltà del signore e della cultura del tempo; esso è altresì la manifestazione della potenza e della ricchezza delle famiglie mercantili. Rispetto al giardino del chiostro medioevale, geometrico e rigorosamente chiuso al mondo esterno, il giardino dell’Umanesimo si apre verso l’esterno e perde, in parte, il carattere utilitaristico a favore degli elementi ornamentali. Seguendo i suggerimenti scritti, intorno alla metà del 1400, da Leon Batista Alberti nel “De Re Aedificatoria”, il giardino è visto come rifugio attorno alla villa dove il letterato potesse meditare. Il giardino quattrocentesco viene del tutto sottomesso all'architettura della villa divenendone parte integrante, una estensione destinata al soggiorno dell'aria aperta, per cui deve essere meraviglioso come la costruzione, se non più. Poiché in questo periodo si preferisce costruire sulla collina, in cima o a mezza-costa (considerata anche la conformazione orografica del territorio italiano), si sfruttano i dislivelli con terrazzamenti e spiazzi, uniti tra loro con rampe e scalinate scenografiche, e si creano visuali paesistiche, su una o più direttrici, facendo di piccoli appezzamenti di collina brulla delle verdi opere d'arte. L’edificio posto nella parte più alta del pendio è collegato con l’esterno attraverso logge e porticati dai quali è possibile dominare il paesaggio. Il giardino presenta un impianto geometrico con un asse longitudinale lungo il quale si dispiega il viale principale; le aiuole sono organizzate in parterre e sono bordate da siepi di Bosso sempreverde; all’interno sono poste statue antiche e sculture che oltre a creare abbellimento rendono il giardino luogo di contemplazione e di cultura. Espressione del giardino quattrocentesco sono a Firenze le ville medicee, la villa di Careggi, la villa di Poggio a Caiano; a Roma i giardini del Belvedere, creati dal Bramante per Giulio II, ….. Il giardino Islamico (rawda) o Arabo o ispano - moresco (1300 - 1400) (Fig….) assume una forte simbologia religiosa ispirata al paradiso coranico: il luogo creato da Allah per premiare i beati con i piaceri sublimati dei sensi. Nel Corano, scritto dopo la morte di Maometto (632), “giardino” e “paradiso” si confondono idealmente: i fedeli vivranno in un fresco paradiso e si descrivono le delizie che li aspettano. I fedeli saranno adagiati su alti giacigli e non vedranno "né sole né gelo", ma godranno della compagnia di "fanciulle segregate in freschi padiglioni", vivranno in giardini ricchi di palme e melograni dove c'è frutta in abbondanza, dove ci sono fiumi di vino, di latte e di miele, verdi pascoli solcati da "fiumi di acqua incorruttibile". Il giardino islamico è geometrico quadripartito cioè con i due assi (costituiti da canali d’acqua corrente) che si intersecano in modo perpendicolare formando 4 aiuole uguali, di forma quadrata o rettangolare. I 4 canali disposti a croce simboleggiano i fiumi d’acqua, latte, miele e vino (licor purissimo) citati nel Corano. Al centro della struttura quadripartita troviamo la fontana o la vasca. L’acqua, simbolo di purezza (incorruttibilità) e di vita (sconfigge il deserto e rende più gradevole il microclima con l’evaporazione), occupa un posto di primo piano con fontane, cascatelle, canali …. L’acqua statica è specchio del cielo, quella dinamica crea una variazione di suoni che rappresentano la voce del giardino e quella di Dio. I bacini presenti erano poco profondi, per non utilizzare troppa acqua. Per favorire il governo dell’acqua il giardino arabo è costruito quasi sempre su terreni declivi. Le aiuole sono ricche di specie sempreverdi (simboleggianti l’eterna giovinezza, come cipressi, magnolie, agrumi, bosso…..) separati da siepi formali, con pavimentazioni in cotto, ciottoli colorati e ceramiche policromi che danno vivacità cromatica al giardino considerato che i fiori presenti, a causa del clima, hanno breve durata. Tutto il giardino è un hortus conclusus per cui è delimitato da mura inverdite con rampicanti. Il muro rappresenta la barriera che divide il territorio selvaggio e desertico (dove ci deve difendere anche dai predoni) da quello colonizzato e anche la demarcazione ideale e spaziale tra la vita nomade e quella stanziale. Il giardino islamico comprende anche dei “patii” cioè “stanze all’aperto”, luoghi privati, intimi per la contemplazione o il piacere. I patii del piacere del monarca erano molto frequentati dalle mogli e dalle

concubine dell’harem, che prefiguravano le hurì del paradiso coranico, dispensatrici di piacere e compagne dei beati e dei pii. Questi giardini sono considerati luoghi ideali per la contemplazione, sollecitando i cinque sensi: la vista con la varietà dei colori; l’olfatto con il profumo dei fiori; il tatto con la frescura che si crea all’ombra degli alberi; il gusto con la bontà dei frutti; l’udito con il mormorio dell’acqua, che rappresenta la voce del giardino stesso. Esempi della magnificenza dei giardini islamici sono il Patio de los Narajos della Moschea di Cordova; quelli dell’Alhambra e del Generalife (palazzo estivo che sorge sul colle Cerro del Sol adiacente al colle Sabika dove è eretto l’Alhambra) a Granada, collegati fra loro da un viale di cipressio. I giardini islamici appartengono a un orizzonte vastissimo: dalla Spagna all'India, passando per l'Africa del Nord, la Siria, l'Uzbekistan, e il Pakistan. Nel 1500 nasce in Toscana il giardino rinascimentale italiano (Fig….): esso è la naturale evoluzione del giardino dell’Umanesimo, frutto come già ricordato della cultura antropocentrica la quale pone l’uomo al centro dell’Universo e capace di dominare con la sua razionalità la natura al punto di ridurla in forme architettoniche. Il giardino all’italiana, diversamente dall’“hortus conclusus” di concezione classica e medioevale, è un giardino “aperto”, pensato come parte integrante ed estensione della casa, un luogo privato che, dopo secoli di oscurantismo, si apre fiducioso verso il mondo esterno. Se Firenze (Villa Medici) è la culla del giardino all’italiana, è nei pressi di Roma o nella capitale stessa che vengono realizzate le ville con i giardini rinascimentali più famosi e più belli: Villa d’Este a Tivoli, Palazzo Farnese a Caprarola, Villa Lante a Bagnaia, Villa Giulia a Roma, giardino Belvedere di Bramante in Vaticano. Il Bramante e il Vignola sono tra gli architetti più famosi di quel tempo che partoriscono nelle loro menti razionaliste questo nuovo stile architettonico dei giardini dove terreno e alberi sono considerati materiali da plasmare. Il giardino rinascimentale italiano è un giardino estetico, concepito essenzialmente per essere visto dall’alto (terrazze, finestre delle ville) più che per essere vissuto (è poco o nulla utilitaristico). Si sviluppa essenzialmente piani su orizzontali, senza ondulazioni. Nel caso che il giardino sorga su un terreno collinare le ondulazioni vengono trasformate in scarpate o, più spesso, in gradoni o terrazze con i relativi ripiani orizzontali e muretti di sostegno. Per consentire lo spostamento tra un gradone e l’altro si creano gradinate e scale sempre in maniera simmetrica. Il giardino italiano ha una forma regolare, geometrica (rispecchiante il sensibile interesse per le leggi matematico - geometriche di famosi studiosi di quel periodo, come Leonardo da Vinci), con divisione simmetrica dello spazio (ciò può causare qualche problema nelle superfici limitate per mimetizzare eventuali irregolarità) attraverso delle siepi di arbusti sempreverdi (es. Bosso, Ligustro, Leccio, Alloro, Lauroceraso…) tenute perfettamente squadrate (con interventi di arte topiaria) in aiuole formanti disegni più o meno complessi (labirinti, parterres). C’è sempre un asse principale che parte dall’ingresso del giardino fino al portone della villa (concepita come locus amoenus e come rifugio) ed è incrociato in modo ortogonale da assi secondari sempre ad andamento rettilineo (sentieri) che conducono a punti ben precisi (un bacino d’acqua, una scultura, una grotta, un belvede…..). Nel giardino italiano si susseguono dunque, come le stanze di una casa o le sale di un palazzo, singoli spazi di giardino, ognuno con una sua propria struttura. Elementi tipici del giardino italiano sono: la terrazza, la scalinata, il parterre, la pergola, le sculture, l’acqua, le grotte, il bosco, le piante. La terrazza con la relativa scalinata schiudeva la vista sul giardino e sul più vasto paesaggio circostante, rompendo quella condizione di isolamento tipica del giardino medioevale. Il parterre (dal latino partiri = dividere) è una composizione di aiuole, recintate perlopiù da bosso, disposte geometricamente, che colpisce a prima vista talmente l’occhio da essere considerato il tratto distintivo principale del giardino rinascimentale italiano. I vialetti tra le siepi sono ricoperti da pietrisco bianco. Il terreno all’interno delle aiuole può essere ricoperto da ghiaia bianca (per creare un contrasto col verde cupo del bosso) oppure riempito di Rose o altri fiori o prato. Varianti del parterre sono: - la limonaia, il parterre-arancera (in cui alberelli di aranci e limoni, allevati in grossi vasi di terracotta, vengono disposti nelle aiuole per simulare un piccolo bosco); - le vasche d’acqua geometriche poste al centro delle aiuole;

- il labirinto (termine nato nell’antichità dalla “leggenda di Dedalo”, un architetto ateniese che fu incaricato dal re Minosse di costruire un labirinto per nascondere il mitico Minotauro, un’orribile creatura metà toro e metà uomo, a cui periodicamente venivano sacrificati degli esseri umani) costituito da un intricato svolgersi di vialetti su due assi di simmetria perpendicolari fra loro e delimitati da siepi alte e squadrate. Esso è contemporaneamente motivo decorativo, divertimento e simbolo cristiano della via per la salvezza. I labirinti di vegetazione sono pertanto una creazione rinascimentale, anche se fin dalla prima metà del 1200, soprattutto in Francia, vennero progettate aiuole e ritagliate siepi che delineavano schemi e percorsi dedalici chiamati “Maison Dedalus”, casa di Dedalo. Dapprima i labirinti ebbero spesso forma rotonda o comunque tradizionalmente geometrica, con al centro un albero o un pergolato, ma col tempo divennero sempre più intricati ed elaborati. I sentieri si allargarono e si arricchirono di piante decorative; il percorso si incurvò in linee sinuose e fu ornato di statue e fontane; il centro ospitò tempietti, putti e geni alati. Per ritrovare la strada, in caso di smarrimento, ma forse anche per controllare ciò che succedeva tra i meandri tortuosi, a volte si costruiva una torre sopraelevata che permettesse una visione completa del tracciato. I giardini–labirinto suggestivi, belli, spettacolari, impegnarono grandi architetti ed esperti e favorirono una specifica letteratura incentrata sul miglior modo di realizzarli. Nell’epoca dell’Illuminismo la diffusione del labirinto cominciò lentamente a decrescere. I labirinti furono dimenticati e spesso distrutti. Oggi molti dei labirinti dell’epoca sono andati distrutti, ma ce ne resta traccia nei trattati che sono corredati da illustrazioni. I muri sono spesso ricoperti di rampicanti (Gelsomini, Capperi,…) o arbusti condotti a spalliera. Frequenti sono i pergolati (di glicine, di rose rampicanti, caprifogli, gelsomini….) che creano luoghi suggestivi, profumati, intimi e romantici. Negli spazi liberi del giardino possiamo trovare inseriti con effetti scenografici statue, sedili marmorei,…: elementi tipici del repertorio formale romano. La grotta, artificiale o naturale, spesso a mò di nicchia, dona al giardino un fascino peculiare che si avverte quando entriamo nel suo interno. Talvolta possiamo trovare nel loro interno dei getti d’acqua, alimentati artificialmente, che imitano cascatelle naturali dove l’acqua scorre tra muschi e felci, generando suoni armoniosi che suscitano particolari sensazioni. La grotta ha sempre rappresentato l’idea di protezione e di un ritorno alla condizione primordiale all’interno del grembo materno. Non a caso è stato uno dei primi luoghi sacri della storia dell’uomo. Strettamente connesso con la grotta è il bosco, area alberata che cela le grotte, fornisce frescura e riparo dal sole in estate e fa da sfondo e da cornice a tutto il giardino. Nel giardino all’italiana c’è la presenza di poche piante o cespugli sempre foggiati, ad eccezione di quelle piante (Cipressi…...) avente linee architettoniche naturali del loro portamento. Le note cromatiche del giardino all’italiana sono rappresentate perlopiù dai toni del verde vegetale e dai toni del grigio o del bianco dovuti, rispettivamente, alla pietra degli elementi architettonici e a quella dei vialetti. Il giardino classico italiano risponde a due concezioni: l’immutabilità del giardino nel tempo e il dominio dell’uomo sulla natura. Il giardino italiano è, in definitiva, una sorta di quinta facciata dell'edificio cui si riferisce o, se vogliamo, la sua proiezione a terra. Nel 1600, ispirato dai giardini formali del Rinascimento italiano, nasce in Francia il giardino alla francese classico a canali d’acqua (Fig….) ideato da alcuni architetti paesaggisti (“amenageurs”) come il famoso André Le Nôtre che progettò fra l’altro il giardino del castello di Vaux le Vicomte (1656 - 1661), quello della reggia di Versailles (1661 -1685) e quello delle Tuileries. La complessità dell’impianto, le dimensioni e la ricchezza dell’insieme raggiungono proporzioni imponenti che interpretano l’assolutismo dei sovrani (es. Luigi IV) nei confronti dei loro sudditi e su tutta la Francia attraverso il dominio totale sulla natura che viene rimodellata e piegata alla logica del progetto attraverso radicali trasformazioni del paesaggio naturale. Nei giardini di Le Nôtre permangono il viale centrale, i viali trasversali che lo intersecano e il parterre posti in corrispondenza dell’edificio.

Il giardino francese classico a canali d’acqua ha molte similitudini con quello italiano: permangono le geometrie anche se risultano più ammorbidite, mentre le visuali vengono moltiplicate, la vegetazione prevale sull’architettura e soprattutto si osserva una maggiore ampiezza delle aiuole fiorite e ricamate (“parterre de broderie” realizzato con siepi di bosso nano e fondi di sabbie colorate) e una maggior ricchezza di specchi d’acqua. Gli ampi bacini di acqua ferma e i canali concorrono ad accentuare l'impressione di vastità delle superfici anche attraverso l'effetto riflettente. Dalla costruzione è possibile dominare l’intero giardino che da essa degrada partendo di solito da una grande terrazza. Il giardino è delimitato dalle pareti verdi del bosco che sta intorno e nel quale predominano le Conifere (Pino silvestre, Larici….) sulle latifoglie (Quercia, Faggio, Carpino, Castagno). L’asse longitudinale di simmetria che domina tutta la composizione tende a condurre lo sguardo all’orizzonte infinito e lungo di esso si articola il parterre de broderie. La viabilità è assicurata da un ampio e lungo viale centrale e da viali laterali, trasversali o a raggiera, chiusi alla loro estremità da boschetti o giochi d’acqua o da qualche scultura. Nel parco di Versailles il potager o orto, nonostante fosse molto grande e di notevole bellezza, fu collocato ai margini del parco, distante dal giardino e dalla reggia, in modo tale da non violarne l’armonia: l’utile non deve stridere con il bello. Il giardino francese non è una estensione, riservata, all’aperto degli spazi di vita del palazzo o del castello, in cui ritirarsi a riposare o meditare, ma si configura come un luogo lussuoso in cui mostrare aspetti, modelli ed atteggiamenti della vita di corte, attraverso le raffinatezze di giardinieri e idraulici. Alle tradizionali funzioni utilitaristiche e ornamentali del verde si aggiungono così funzioni politiche di rappresentanza e di affermazione dell’assolutismo monarchico. Nell’età barocca (1600) (Fig….) il giardino italiano si trasforma e da sobrio e raffinato diventa estroso ed esuberante. I giardini vengono realizzati più con l’intento di stupire e meravigliare che non per essere ammirati in religioso silenzio. Aumentano le dimensioni, gli angoli si smussano e i tracciati assumono andamenti circolari o ellittici, si estendono le zone verdi e le piante, sempre dominate nella forma e nella disposizione dalla mano sapiente dell’uomo, si raggruppano in forma di bosco che fonde il giardino col paesaggio circostante. L’acqua è sempre protagonista con un susseguirsi di cascate, fontane e canali. Il giardino barocco fu la rappresentazione dello spazio infinito e delle sorprese. I suoni, le cascate d’acqua e i giochi illusionistici dell’arte topiara, le verdi sculture intagliate nei Bossi e nei Tassi, portarono alla reiterazioni di suggestioni atte a stimolare nello spettatore l’illusione di stare in luogo magico, dove gli elementi architettonici e naturali si fondevano in una continua reciproca esaltazione. Esempi di giardino barocco sono il giardino di Boboli a Firenze, villa Gamberaia a Firenze, villa Pinciana a Roma, villa Doria - Pamphili a Roma, Villa Aldobrandini a Frascati, Villa Garzoni a Collodi, Isola Bella sul Lago Maggiore (esempio di giardino galleggiante), Bosco sacro di Bomarzo presso Viterbo, ……. Tra il 1500 e il 1600 nascono soprattutto nelle città con sedi universitarie (Pisa, Padova, Bologna, Firenze….) i primi giardini della scienza o orti botanici o giardini dei semplici (Fig….) con lo scopo di collezionare le essenze arboree più rare e inusuali, oppure per approfondire le conoscenze botaniche e farmacologiche. Si tratta di giardini molto semplici (poiché il loro scopo è lo studio e non lo svago), generalmente a giacitura piana, con planimetria quadrata o rettangolare, divisi in aiuole (quadrate o rettangolari) da semplici viali di accesso. Sono dotati di un pozzo per le necessità irrigue. Per la coltivazione di specie esotiche si ricorre all’utilizzo di serre riscaldate, mentre per le specie acquatiche si realizzano apposite vasche o stagni. Alla concezione rinascimentale che voleva la natura dominata e plasmata dall’uomo si oppone il pensiero degli Illuministi (Rosseau….) che la considerano invece maestra dell’uomo e sognano un ritorno ad essa. E’ così che verso la metà del 1700 sorge in Inghilterra, nell’ambito dell’aristocrazia terriera, ad opera di architetti come Kent, Chambers e altri il giardino paesistico all’inglese (o giardino pittorico) (Fig….) in cui l’uomo cerca di cooperare con la natura anziché di forzarla in modo continuo. La nascita del giardino paesistico è un evento molto complesso dovuto a diverse cause quali l'influenza della pittura (paesaggi agresti illustrati nei quadri di Claude Lorrain, Nicolas Poussin e Salvator Rosa), il clima insulare, la reazione al modello francese (visto come simbolo del regime autocratico di Luigi XIV) e la necessità di frenare l’eccessiva espansione dei suoli agrari a discapito delle foreste e provvedere nel contempo a opere di rimboschimento.

Il giardino paesistico esalta l’irregolarità e la naturalezza come simbolo di libertà in contrapposizione al giardino italiano o francese nei quali la natura è fatta schiava. Si cerca di copiare, migliorandola, la natura. Tutto deve sembrare naturale e spontaneo. Il giardino paesistico è adatto per grandi spazi e prevede:

• l’esclusione di simmetrie e linee diritte a favore di curve (“serpentine”) morbide e linee naturali che diano più l’impressione di spontaneità; gli abitanti dei paesi nordici sono romantici, molto più amanti del paesaggio naturale per cui rifiutano le forme simmetriche e classiche; la dinamicità del paesaggio si contrappone alla staticità della concezione classica;

• creazione di percorsi leggermente sinuosi o almeno un po’ invasi dalla vegetazione in modo creare nella mente del visitatore la sensazione e il desiderio di scoprire cosa c’è oltre la curva (quale paesaggio, quale incontro,….);

• l’orizzontalità dei piani viene sostituita da ondulazioni (o avvallamenti) naturali o artificiali (con riporti di terra): in tal modo si conferisce ai luoghi un carattere dinamico e vario che li rende spontanei e piacevoli.

• impiego di materiali naturali per le pavimentazioni (lastre di pietra, mattoni, ghiaia, legno,…..) per rafforzare l’impressione di spontaneità, lasciando degli interstizi fra i vari elementi dove si insinuerà l’erba o dove verranno piantate specie tappezzanti;

• la vegetazione è fitta, abbondante e lasciata libera di crescere in modo che assuma un portamento naturale (è abolita l’arte topiaria) è costituita da specie diverse per altezza, portamento, colore e tipo di fogliame;

• le strutture verticali (muri, piloni, archi,…) sono ricoperti da vegetazione;

• nella parte centrale del giardino c’è il prato, ampio, privo di piante o sentieri in mezzo, contornato da gruppi di alberi e arbusti disposti in modo casuale e “naturale”;

• l’acqua, sempre presente, è raccolta in specchi irregolari o in laghetti alimentati da ruscelli e cascatelle e si combina in modo armonico con la vegetazione presente. All’acqua è legata anche la presenza di elementi architettonici quali ponti e ponticelli che concorrono a definire l’effetto di pittoricità del giardino.

• Grotte, ruderi, templi, laghetti, ponticelli sono posti in angoli romantici e in modo il più possibile casuale;

• le strutture fisse, come recinzioni e cancelli, oltre ad essere in sintonia costruttiva con quelli del luogo, vanno mimetizzati o addolciti con la vegetazione;

• non sono previste strutture ornamentali artificiali come statue, fontane…;

• eventuali panchine, preferibilmente in legno, vanno sistemate in vicinanze delle piante per mascherarle meglio e per l’ombreggiamento.

Nel secolo dei Lumi, pertanto, la Natura diventa interlocutrice dell'uomo, non vittima. La Natura si rivela con le sue libertà e diventa, anche se illuminata con discrezione dalla ragione e dall'intelligenza dell'uomo, protagonista pressochè assoluta del giardino Tra i più noti giardini inglesi vanno ricordati quelli di Chiswick House, Claremont e Stowe progettati da William Kent. In Italia gli esempi più noti di giardino paesistico sono quello della Reggia di Caserta e di Villa Borghese. In Francia è interessante il giardino pittoresco di Ermenonville. Il giardino paesistico manifestò anche delle estremizzazioni che portarono in alcuni casi a esagerazioni costruttive come quella del castello di Wörlitz, in Germania, dove nel 1790 fu inserito, addirittura, un vulcano artificiale. Nel 1800, l’estremizzazione del giardino paesaggistico e la nascita del romanticismo determinarono la nascita del giardino romantico (Fig….). Questo nasce da una visione nuova del giardinaggio fondata sulla concezione, tipicamente romantica, che è bello ciò che suscita emozioni, stimola la fantasia e risveglia le passioni sopite. E’ un giardino intimo (adatto anche per “incontri segreti”) e nascosto, racchiuso fra alberi e cespugli e circondato da folte siepi, a volte tagliate in forme regolari, ma più spesso lasciate crescere in modo naturale e formate da essenze diverse che invita più alla sosta per leggere, riposare, conversare, che a passeggiare. Si riscontrano vialetti in ghiaino o talora in erba, che separano aiuole simmetriche delimitate da siepi basse accuratamente potate e con pratino all’interno. Sono presenti pergolati con tralicci in ferro rivestiti da rampicanti (Glicini, Rose,..), panchine in ferro, qualche statua e qualche vaso di terracotta. Tra gli alberi possiamo trovare: Magnolie, Cedri del Libano, Pini,…, mentre tra gli arbusti: Peonie, Camelie, Rododendri, Ortensie, Forsizie, Azalee, Rose,…

Il “giardino romantico” è un giardino adatto ai poeti e agli artisti e, più in generale, agli spiriti inquieti, cioè alle persone che amano sperimentare e modificare l’ambiente circostante in funzione dell’umore del momento. Esempi sono il giardino della Floridiana a Napoli e quello di Villa Reale del parco di Monza. Fu la rivoluzione industriale a segnare la fine dei paesaggi pittoreschi, tipici di un mondo ancora profondamente agreste, per lasciare spazio ai diversi stili dell’eclettismo ottocentesco. Fautore del giardino eclettico fu l’architetto paesaggista J. C. Loudon il quale propose una sistemazione a verde derivante dalla fusione armonica degli aspetti ritenuti migliori dei vari stili precedenti. In particolare Loudon privilegiò uno stile a metà tra il geometrico ed il pittoresco che ha avuto successo fino ai giorni nostri. Secondo questo modello, il giardino intorno alla casa assumeva una certa geometria e simmetricità (tramite la disposizione in aiuole fiorite) rievocando lo stile italiano, mentre la restante parte di parco, di vaste dimensioni, seguiva lo stile paesistico inglese. La zona di transizione tra i due stili associati prevedeva passaggi graduali per non incorrere in disarmonie. L'opera di Loudon favorisce lo sviluppo di un altro aspetto del giardino: quello dell'orto giardino o kitchen garden, una nuova occupazione per le donne che comprende sia la coltivazione degli ortaggi per la casa che il giardinaggio I giardini si arricchiscono progressivamente di nuove piante, sfruttando i progressi della tecnica. Caratteristica del giardino vittoriano fu l’introduzione del labirinto di siepi (maze) e della serra, resa possibile grazie all’abolizione della tassa sui vetri nel 1845. Con la costruzione delle serre nacquero i “giardini d’inverno” (Fig….). Il giardino d’inverno è generalmente un proseguimento del salotto dell’abitazione: si tratta di un ambiente totalmente vetrato (salvo qualche eccezione per la copertura), riscaldato, con esposizione generalmente a Sud, atmosfera caldo - umida, ricco di una vegetazione esotica e tropicale e arredato con mobili opportunamente scelti e in sintonia con l’uso abitativo. Rispecchiando l’eclettismo dell’epoca questi giardini furono spesso arricchiti da un apparato decorativo che doveva integrarsi al tipo di abitazione. Così vennero inventati svariati motivi decorativi, di ghisa o di ferro battuto, che aggraziavano tali strutture e furono adottate molteplici forme volumetriche studiate in sintonia con il luogo e l’architettura. L’interno fu infine arredato con cura con l’utilizzo di particolari mobili appositamente disegnati, spesso di vimini intrecciati o in ferro. Le piante e la vegetazione tropicale, a volte alcuni piccoli angoli verdi, coronavano tutto l’insieme, definendo delle atmosfere magiche: il risultato fu quello di poter vivere come in un ameno giardino anche nelle fredde stagioni, potendo ammirare dalle ampie vetrate il paesaggio esterno. Sempre nel XIX secolo a seguito dei problemi legati all’elevato sviluppo industriale e all’inurbamento disordinato delle città, nasce la necessità di creare delle zone verdi con funzioni non solo estetiche ma e soprattutto ricreative ed igieniche: nascono così i primi parchi pubblici (es. Bois de Boulogne in Francia e il Central Park di New York in America,….) (Fig….) che sono dei giardini collettivi per il passeggio, il relax e la conversazione. In Europa il primo parco pubblico sorse a Vienna alla fine del XVIII secolo; a Londra nel 1820 sorsero i primi giardini pubblici, opera di Paxton, l’ideatore del Crystal Palace. Pochi anni dopo, Napoleone III a Parigi ordinò il più importante programma di parchi pubblici integrati a un piano urbanistico mai realizzato prima di allora. Il barone Haussmann, prefetto della Senna, fu incaricato della realizzazione delle nuove arterie alberate, della rete fognaria, della sistemazione dei giardini pubblici, delle passeggiate e delle piazze cittadine. L’intera geografia urbana della capitale francese venne ridisegnata attraverso larghi viali concentrici. Questo modello fu subito apprezzato tanto che si diffuse in tutta Europa la moda dei giardini pubblici . In Italia il primo giardino pubblico fu quello di “Pubblica Villa Giulia” a Palermo, inaugurato nel 1778; alla fine dell’800, a Napoli, fu inaugurato il “Parco pubblico Villa Reale di Ghiaia” progettato da Carlo Vanvitelli. In questo periodo storico nasce anche lo “square”, piccolo giardino urbano a prato con alberi di alto fusto, prima di pertinenza delle placet e dei crescents, elementi edilizi formati da case a schiera, poi più esteso fino a diventare pubblico. All’inizio del Novecento si afferma in Gran Bretagna un tipo di giardino, ideato dalla signora Gertrud Jeckyll, che si ispira alle quattro stagioni e che viene denominato “flower garden” (giardino fiorito).

In questo giardino vengono collocate, al centro o ai bordi dei prati, oppure addossate ai muri e alle siepi, aiuole (formali o informali) piene di fiori variopinti in modo da creare macchie di colore di varia forma ed estensione (bordure, anelli concentrici, figure geometriche, spirali, ecc.) e facendo sì che i colori risultino accostati fra loro sulla base delle regole dettate nella “teoria del cerchio cromatico” (inventata dal chimico francese Michel Chevreul). In questa teoria viene spiegato che per avere un buon effetto visivo è necessario accostare, secondo determinate regole, colori complementari fra loro (caldi e freddi) in modo da ottenere piacevoli contrasti cromatici. Oltre a tener conto degli effetti cromatici, le aiuole del “giardino fiorito” vengono spesso realizzate pensando anche al periodo di fioritura delle varie specie e facendo in modo che le macchie di colore si susseguano senza soluzione di continuità nel corso dell’anno. Nei periodi di scarse fioriture (ad esempio, in autunno o inverno) i colori della vegetazione (es. il rosso delle foglie dell’acero palmato “atropurpureum”) possono sostituire egregiamente quello dei fiori. Nel ‘900 l’arte del giardino in Italia si dissolve: non esiste più uno stile vero e proprio, c’è una totale libertà di gusti e di idee. Il Novecento e l’epoca contemporanea non hanno espresso ancora una nuova concezione di giardino, ma ispirandosi a modelli affermati quali il formale, il paesistico, il romantico ed il giapponese, rielaborano schemi e realizzazioni del passato riproponendoli spesso ecletticamente. Non solo, ma stile conformato e informale, non più considerati antitetici, sono spesso usati per parti diverse della stessa opera allo scopo di ottenere scenografie sempre dissimili. Si assiste così alla progettazione di giardini ad alto valore estetico che si presentano come collage di stili diversi. Nei grandi centri urbani è sempre più sentita l’esigenza di creare zone verdi attrezzate per soddisfare diverse esigenze: igieniche, ecologiche, protettive, ricreative, sportive ed estetiche. Per questa raggione oggi, più che di giardino o di parco pubblico, si parla di verde pubblico inglobando in esso anche le alberature stradali, le aiuole che adornano le piazze, il verde dei parcheggi o degli ospedali o dei cimiteri, le aiuole spartitraffico…. I giardini orientali (Cina e Giappone) Mentre in Occidente si è sempre guardato alla natura selvaggia come a qualcosa da domare e riorganizzare prima di essere incorporata in un giardino, i Cinesi e i Giapponesi hanno sempre mostrato l’uomo in rapporto armonico con la natura, credendo che egli potesse vivere pienamente solo se in consonanza coi ritmi universali della natura stessa. I giardini orientali sono stati pertanto concepiti come luoghi di meditazione dove la natura doveva “parlare” ai cinque sensi umani: all’occhio tramite la bellezza delle piante e dei fiori e l’ordinamento architettonico; al naso tramite il profumo; al gusto tramite i frutti squisiti; al tatto tramite l’alitare del vento; all’udito tramite il mormorio dell’acqua (considerata la “musica” del giardino orientale). Il buddismo - Chian in Cina e Zen in Giappone - porta a concepire il giardino come un microcosmo che invita alla meditazione e alla contemplazione. a) Il giardino cinese (Fig….): in Cina, quella dei giardini è un’arte che ha una lunga storia e il loro stile è veramente particolare anzi unico ed estroso che si caratterizza per la ricerca di forme libere e per la continua presenza di inattesi mutamenti di scena, di visuale, di sensazioni olfattive ed emotive. La sensazione più comune di un turista occidentale alla vista di un giardino cinese classico è quella di trovarsi di fronte ad una veduta paesaggistica così profusa di armonia e di poesia da sembrare un dipinto. Questo perché in Cina i giardini erano in gran parte progettati da poeti e da pittori, tesi alla ricerca di un’atmosfera che interpretasse la loro sensibilità artistica e culturale. Il giardino cinese è volto a riprodurre il “paesaggio in miniatura” a farne una sorta di quadro da contemplare in diversi punti di osservazione e scoprirlo gradualmente come un rotolo cinese dipinto, che viene srotolato lentamente davanti agli occhi. Nei giardini cinesi, l'osservatore può decifrare tutta una serie di messaggi visivi diretti o indiretti; ogni cosa è sistemata in modo tale che ogni angolo il giardino abbia qualcosa da dire. L'abbondanza di immagini che avvolgono il visitatore suscita impressione tenendo costantemente desta la sua attenzione. Gli elementi più ricorrenti ed espressivi della morfologia del giardino sono:

• presenza ovunque di pietre sistemate in grandi mucchi, nell'acqua o in terra, di fronte a muri e finestre, su piedistalli all'interno o all'esterno degli edifici;

• le colline artificiali (o montagne in miniatura) di terra e rocce che danno al visitatore la sensazione di trovarsi in un perfetto ambiente naturale;

• la presenza dell’acqua in forma di specchi d’acqua (grandi laghi artificiali o piccoli stagni), le cui sponde sono organizzate in modo da avere un aspetto perfettamente naturale; spesso lo specchio d’acqua è coperto da ninfee e giacinti d’acqua. Quando è libero da vegetazione ha la funzione di riflettere il paesaggio circostante e far apparire il giardino più spazioso. Diversamente da quanto accade nei giardini occidentali, dove si utilizza il movimento dell’acqua (es. di una fontana) per rappresentare un’atmosfera scintillante e gioiosa, nel giardino cinese lo specchio d’acqua presente deve essere statico per rappresentare un clima tranquillo e sereno che favorisca la contemplazione e la pace;

• assenza di prati e al loro posto c’è del muschio o delle tappezzanti;

• abbondanza di pavimentazioni molto varie;

• sentieri serpeggianti;

• uso limitato di piante aventi un portamento naturalmente tortuoso o sinuoso (es. Carpino, Tasso,…); gli alberi non sono piantati unicamente per dar del verde, ma per produrre degli effetti artistici.;

• ponti insoliti, disposti a zig-zag;

• padiglioni natanti artificiali. A questo si aggiungono i manufatti di corredo e arredo e le architetture che vengono a far parte della composizione del paesaggio e non viceversa: questi manufatti sono utilizzati, cioè, come punti focali privilegiati dai quali può essere ammirata la composizione del giardino. Contrariamente a quanto accade in occidente, gli spazi architettonici e quelli riservati al giardino si compenetrano e si fondono, l'edificio entra all'interno del giardino e l'uomo si trova ad ogni passo al centro di un mondo spiritualizzato del quale è parte integrante. Fatta eccezione per gli edifici, non c'è nulla di diritto o di geometrico nel giardino cinese, essendo composto da forme libere ed organiche. I giardini cinesi pur essendo fortemente diversificati fra loro per dimensioni, tema conduttore e caratteristiche, possono essere raggruppati in tre categorie principali:

• imperiali, la maggior parte dei quali si trova nelle regioni settentrionali e si contraddistinguono, in generale, per la loro grandiosità e il loro formalismo classico;

• privati (es. il Giardino Liuyuan di Suzhou), interessanti soprattutto per l’imprevedibilità dell’impianto e per il senso di profonda tranquillità di cui sono pervasi;

• parchi panoramici naturali (es. il Giardino di Zhuozheng , conosciuto con il nome di Giardino dell’Amministratore Umile) formatisi in anni e anni di lavoro e comprendenti oltre a svariati punti panoramici anche templi, monasteri e padiglioni degli antenati. Questo tipo di giardino utilizza l’ambiente naturale come una scenografia in cui la mano dell’uomo interviene qua e là, completando la composizione con le sue creazioni; risultando un insieme solitamente molto più rustico e naturale rispetto agli altri due tipi di giardino.

b) Giardini giapponesi Il giardino (= Niwa) giapponese (Fig….) si distingue dalle espressioni occidentali per la profonda religiosità e lo spirito meditativo: ogni particolare deve essere in armonia con gli altri e tutto l'insieme deve indurre lo spirito alla riflessione. La concezione del giardino nipponico è principalmente simbolica e religiosa. Secondo la concezione scintoista la natura offre dimora alle divinità e ogni elemento (vegetale, minerale e animale) ha un’anima immortale. Il giardino, quindi, non è solo un luogo di bellezza, svago e relax, ma un ambiente privilegiato per il contatto profondo con la dimensione spirituale, la contemplazione della natura ed il raggiungimento della pace interiore. Il giardino deve essere un insieme armonioso ed equilibrato: per questo sono banditi gli eccessi (di vegetazione, di colore….), nessun elemento deve prevalere sull’altro e si cerca di creare la max varietà di linee, tessiture, visuali, affinché il complesso sia piacevole, sorprendente e mai monotono. Nel giardino giapponese sono ridotte al minimo le simmetrie, i disegni simbolici……. Principi cardine di questo giardino sono: la miniaturizzazione, la simbolizzazione e il paesaggio “preso a prestito”. Caratteri del giardino giapponese

a) Asimmetria e rispetto della natura e simbolismo: mentre nel giardino all’italiana vi era una rigida simmetria delle forme a voler significare il dominio dell’uomo sulla natura, nei giardini giapponesi dominano le forme irregolari, asimmetriche, proprie degli ambienti naturali. La natura assorbe l’uomo e lo sublima. Il giardino giapponese non è solo un luogo di riposo, di svago o di amene bellezze, ma un ambiente magico che consente all’uomo di entrare in contatto con le divinità (o Kami che secondo lo Shintoismo, la religione indigena del Giappone, risiedono negli oggetti naturali come rocce, alberi montagne, cascate, corsi d’acqua) e di raggiungere la purificazione e la pace interiore. Come il giardino inglese, anche quello giapponese è un giardino naturale ma i giapponesi, diversamente dagli anglosassoni, hanno una concezione del giardino più filosofica e religiosa che ornamentale. In un giardino giapponese la disposizione delle piante, delle rocce, dei camminamenti e delle strutture non è mai casuale: tutto è accuratamente studiato e progettato e il fine è quello di ottenere un ambiente dove ogni elemento è simbolico e dove si evoca un senso di immortalità e di serenità. b) Presenza dell’acqua: simbolo di vita, è normalmente presente nei giardini giapponese (del resto il Giappone è un isola) sottoforma di cascate, stagni, ruscelli, vasche per abluzioni (in cui si lavavano mani e bocca prima delle pratiche religiose). L’acqua si muove sempre in modo totalmente naturale (per tale motivo non esistono fontane) e deve scorrere da est ad ovest, come il sorgere ed il tramontare del sole.. Anche nei giardini secchi di Zen l’acqua pur non essendo presente mantiene ugualmente la sua essenzialità attraverso i simboli che la rappresentano. Il termine "Giardino Zen" viene attribuito quasi esclusivamente al giardino secco, in giapponese Karesansui. Questo tipo di giardino ha origine all'epoca dell' avvento del buddismo Zen, verso la fine del VI secolo. Lo stile venne poi perfezionato nei templi e nei monasteri Zen, come ausilio per la meditazione, la contemplazione e la preghiera dei monaci, fino a raggiungere l'apice verso la fine del periodo Muromachi nel XVI secolo. Questo tipo di giardino rinuncia a tutte le possibilità decorative per favorire l'attività meditativa. Per quanto a prima vista potrebbe non sembrare così, anche in questi giardini la natura è protagonista: vengono utilizzate sabbia e rocce per simboleggiare acqua, montagne e isole estremizzando i concetti minimalisti del buddismo Zen. Le pietre sono riunite in gruppi e disposte con grande cura. La sabbia deve essere accuratamente rastrellata per produrre disegni geometrici: attorno alle pietre che simboleggiano le isole vengono creati disegni e cerchi concentrici per simulare le onde del mare. Le dimensioni del Giardino Zen sono contenute e preferibilmente vi deve essere un muro di cinta. Vi devono essere punti di osservazione ben studiati, e l' accesso deve avvenire solo per rastrellare la sabbia. Nella forma più pura di Giardino Zen le piante non vengono utilizzate: l'unico vegetale consentito è il muschio. In alcuni karesansui si utilizzano anche elementi quali ponti, lanterne e sentieri di Tobi (pietre di camminamento). I Giardini Zen sono quindi usati come opere d' arte o rappresentazioni dei principi Zen. Spesso sono affiancati ad un giardino tradizionale ricco di piante macro bonsai e di azalee. Da qualche tempo sono molto di moda i Giardini Zen in miniatura, chiamati Bonseki. Essi sono realizzati su piccoli vassoi dove vengono disposti sabbia e pietre che riproducono le grandi pietre dei Giardini Zen. Il Bonseki dev'essere anch'esso rastrellato con le tecniche del Karesansui. Un classico esempio di giardino secco Zen è il Daisen-in nel Tempio di Daitoku-ji a Kyoto. In esso il corso d’acqua, simboleggiato dalla ghiaia e rastrellato in modo da suggerire il movimento, fluisce verso destra trasformandosi in un ampio fiume. Infine, scorre sotto la veranda del tempio verso il giardino meridionale, dove un ampio letto rettangolare di ghiaia rastrellata si ritiene rappresenti il "grande mare". Poiché i disegni che se ne ricavano durano all’incirca un paio di settimane prima che la pioggia li appiattisca, occorrono frequenti ri-rastrellature e i monaci dei templi Zen hanno sempre approfittato di questa attività come pretesto per esercizi di meditazione. Nel giardino del tè (piccolo spazio adiacente l’edificio dove si svolgeva la cerimonia del tè) l’acqua era sempre presente per lavarsi le mani (idealmente per “purificarsi”) in vasche di pietra riempite attraverso un condotto di bambù. c) Le rocce: sono il fondamento del giardino giapponese. Per rispettare la naturalezza e l’aimmetria sono preferite le pietre che hanno un aspetto, una forma e un colore naturali quindi non levigate artificialmente, ma lavorate solo dai segni del tempo, dall’erosione dell’acqua e del vento o in parte coperte di muschio per

aumentarne il valore decorativo. Per questo si devono scartare le pietre troppo regolari, quadrate o sferiche, o dai colori intensi. Nel giardino ciascuna pietra assume un significato simbolico potendo rappresentare una tartaruga, un airone o una nave, un monte,… Raramente le pietre vengono usate in modo isolato, ma di solito compaiono in gruppi ed in numero dispari (per evitere simmetrie) dove il singolo componente non può essere omesso o rimosso senza distruggere l’armonia dell’intera creazione. Ad es. nel giardino roccioso Zen di Ryoan-ji (Fig….) vi sono 15 rocce suddivise in 5 gruppi di tre (sempre il numero dispari ) che emergono da un letto di ghiaia opportunamente rastrellata: a tale struttura vengono attribuiti svariati significati: cuccioli di tigre che attraversano un fiume; isole nel mare; cime di montagne sopra il livello delle nuvole). Il complesso roccioso deve garantire sensazioni di:

• stabilità (ottenuta conficcando saldamente e profondamente ogni pietra nel terreno, nel rispetto del suo baricentro e del lato da mostrare), forza ed eternità;

• armonia, nei rapporti reciproci fra le pietre e con l’ambiente circostante;

• varietà, grazie alle linee naturali irripetute e combinate in prospettive mutevoli. d) Il verde: la vegetazione pur rivestendo un forte significato simbolico non è mai prevalente rispetto agli altri elementi costitutivi del giardino, ma insieme a questi, si integra per raggiungere la pienezza e l’armonia nella composizione. Gli alberi e gli arbusti costituiscono sempre un insieme armonico dove una specie non prevale mai sull’altra. Ad essi vengono riservate cure particolari che ne hanno strutturato e scolpito la forma definitiva. Questo controllo della natura da parte dell’uomo non è però visto come effetto della padronanza del giardiniere sulla natura, ma piuttosto come una sua cooperazione al raggiungimento della perfezione della forma insita in ogni elemento naturale. Nei giardini secchi Zen, è stato sovente evocato il verde nella sua essenza solo dalla presenza di muschi o licheni sulle rocce adagiate nella sabbia oppure è del tutto assente, affidando al solo elemento minerale il compito di suscitare immagini o sensazioni. Guardando l’insieme di una massa vegetale in un giardino giapponese si è colpiti dalla sua particolare tessitura che, quasi accentuazione di un fenomeno naturale, appare stratificata in diversi livelli orizzontali sospesi con leggerezza gli uni sugli altri. Quest’effetto è il risultato di lunghe e complicate cure riservate ad ogni componente la massa verde. I fiori sono pochissimi per evitare che il giardino assuma un aspetto artificioso. La vegetazione è formata da alberi sempreverdi nani o di lenta crescita che si prestano ad essere potati nella forma voluta in modo che il giardino rimanga inalterato nel tempo. Piante tipiche del giardino giapponese sono: il Pino silvestre, la Crittomeria, il Tasso, gli Aceri, il Ciliegio da fiore, le Azalee, i Rododendri, le Camelie, le Felci, le Ninfee, il Glicine, il Bambù,… Manca il prato e al suo posto c’è muschio o tappezzanti. Vanno evitate le bulbose. Molte sono le superficie lastricate. e) I sentieri vengono creati col cosiddetto “passo giapponese” cioè con lastre di pietra o rondelle di legno, poste ad una certa distanza fra di loro, che consentano il passaggio di una sola persona per volta. Nel giardino del tè il sentiero rugiadoso (Roji) che conduceva dall’ingresso alla stanza del tè (dove gli ospiti consumavano tale bevanda in Kimono, tradizionale abito lungo a larghe maniche e con cintola alla vita) veniva illuminato (poiché la cerimonia era serale) con tipiche lanterne in pietra naturale (pergode) f) Le recinzioni, i cancelli, le porte, …, sono prevalentemente in bambù o, secondariamente, in legno. g) I ponti per attraversare uno specchio d’acqua - sia esso reale che asciutto - possono essere costruiti con lastre di pietra, con tronchi di legno o strutture ricoperte di zolle erbose.

Il giardino roccioso

Il giardino roccioso (Fig….) deve il nome alla presenza di materiale roccioso affiorante per cause naturali o trasferito da località prossime o lontane, che insieme alla vegetazione presente riproduce le caratteristiche di un paesaggio rupestre. Di solito il giardino roccioso viene realizzato nelle zone a giacitura irregolare di collina o montane con rocce affioranti, ma può essere progettato per altri scopi quali ad es.:

• utilizzare terreni poveri;

• sfruttare superfici declive adiacenti a una scala di accesso alla casa;

• vivacizzare muretti a secco, sentieri lastricati o la copertura di un garage. Mentre la realizzazione nelle zone naturalmente vocate (zone montane con rocce affioranti) è piuttosto agevolata, nel caso di zone pianeggiante pone diversi problemi soprattutto a livello di costi. Infatti negli ambienti pianeggianti è necessario trasportare e sistemare opportunamente i materiali rocciosi per cercare di ricreare un certo paesaggio rupestre. Nelle zone pianeggiante si può realizzare un giardino roccioso creando delle aiuole dove affiorano irregolarmente rocce insieme ad arbusti ed erbacee perenni, oppure si possono realizzare con opportuni movimenti terrosi dei dislivelli e ondulazioni dove vengono edificate composizioni rupestri. In quest’ultimo caso per agevolare la realizzazione e soprattutto per ridurre i costi sarebbe opportuno prevedere la costruzione del giardino roccioso prima dello scavo delle fondazioni della casa in modo da poter utilizzare la terra di scavo. Nella scelta del luogo dove realizzare il giardino roccioso è importante che sia ben soleggiato poiché la > parte delle specie utilizzabili sono eliofile. Inoltre evitare angoli eccessivamente bui o ombreggiate da Conifere (Abeti, Cedri del Libano, Pini,.). Il giardino roccioso va inserito armonicamente nel contesto generale evitando di porlo al centro o di farlo troppo grande. Per inserire armonicamente il giardino nel contesto paesaggistico è opportuno scegliere pietre locali (peraltro meno costose e di facile reperibilità) e possibilmente un solo tipo poiché non è sempre agevole fare i giusti accostamenti cromatici. Per es. nelle zone alpine, prealpine e padane sono da preferire basalti e graniti, beole e lastre di ardesia; nel centro Italia la pietra serena e il travertino; nel sud Italia e nelle Isole le rocce vulcaniche e quelle sedimentarie (tufi). In merito al tipo di roccia è inoltre importante tener presente per la scelta delle specie vegetali che quelle calcaree hanno un pH basico, mentre quelle silicee hanno un pH acido. Le pietre possono essere lisce (basalti, graniti, porfidi, ardesia, calcari) o porose (tufi, travertine). Le prime sono più resistenti all’azione alterante degli agenti atmosferici però sono più pesanti e, se estratto di recente, presentano superfici spigolose poco piacevoli. Le seconde sono più leggere, trattengono meglio l’umidità, si prestano ad essere forate con facilità, però sono meno durature nel tempo per opera degli atmosferici. Lisce o porose che siano, sono comunque sempre da preferire le pietre estratte dalla superficie poiché avendo subito l’azione erosiva degli agenti atmosferici presentano forme e colorazioni che si integrano meglio col paesaggio dell’ambiente circostante. Nel disporre o sovrapporre le pietre è necessario, oltre mantenere una nota armonica, lasciare degli spazi vuoti da riempire con miscuglio di torba, terra e sabbia in modo da creare delle piccole nicchie che ospiteranno le specie vegetali. Tutte queste piccole nicchie dovranno essere collegate ad un nucleo centrale di terreno in modo che possano ricevere da esso acqua per capillarità. Il terreno su cui dovrà sorgere il giardino roccioso deve essere ben strutturato e ben drenato per evitare l’insorgenza di pericolosi ristagni idrici. Per questi motivi vanno scartati i suoli fortemente argillosi e plastici e quelli eccessivamente sciolti perché non trattenendo acqua si asciugano rapidamente (soprattutto a contatto con le pareti rocciose che accumulano calore) esponendo le piante ai pericoli della siccità. In presenza di terreni troppo compatti o troppo sciolti si può ricorrere a interventi ammendanti. Da un punto di vista chimico devono avere un pH tendenzialmente neutro, un buon contenuto di sostanza organica e di macroelementi (N, P, K) e di microelementi, una giusta salinità. Il terreno deve essere infine esente da semi o rizomi o altri organi di propagazione di infestanti. Per questo, prima dell’impianto, va opportunamente diserbato con Gliphosate durante la stagione primaverile quando la maggior parte delle malerbe è in attività vegetativa.

Oltre ai problemi di ordine estetico, da non sottovalutare per non realizzare una sistemazione di cattivo gusto, è fondamentale la scelta delle specie considerato il luogo ove esse devono crescere e svilupparsi (scarsità di substrato, aridità, elevata insolazione,..). Per la scelta delle specie è necessario prendere in considerazione diversi parametri quali: resistenza alle particolari condizioni pedoclimatiche del sito (es. in rocce calcaree o dolomitiche si sceglieranno specie basofile o calcicole come Rhododendron hirsutum, Saponaria ocymoides,..; in rocce silicee opteremo per specie acidofile o calcifughe come Rhododendron ferrugineum, Calluna vulgaris,…); habitus vegetativo; aspetto estetico; resistenza alle fitopatie e all’aridità; etc…. Quando è possibile è comunque consigliabile preferire piante autoctone poiché sono quelle meglio acclimatate e capaci di “naturalizzarsi” con l’ambiente circostante. E’ altresì importante impiegare piante dal portamento vario (eretto, strisciante, ricadente) per infondere volume e movimento al giardino e dalle caratteristiche estetiche (tipo di fiori, colori, epoca di fioritura,…) diverse per rendere più godibile il paesaggio rupestre. In prevalenza si impiegano le tipiche “erbacee perenni” (cespitose o tappezzanti o striscianti o a cuscinetto), le piccole bulbose rustiche e perenni, le classiche conifere nane, i piccoli arbusti con l’aggiunta di qualche albero di taglia piccola e stravagante (es. rami contorti o ricadenti....). In zone temperate possiamo impiegare anche delle piante grasse come i Sedum e i Sempervivum che sono abbastanza resistenti al freddo, diversamente è possibile utilizzare piante succulente solo nelle zone costiere dove il clima lo consente. Per evitare che il terreno rimanga brullo durante l’inverno e quindi avere un miglior effetto decorativo-paesaggistico è importante combinare e alternare specie sempreverdi (erbacee perenni o arbusti) con specie spoglianti (come le piccole bulbose o gli arbusti a foglia caduca). Inoltre si devono mescolare con buon gusto le piante tappezzanti con quelle cespitose o erette, le piante a fioritura primaverile con quelle a fioritura estiva o autunnale, le piante con foglie verdi con quelle colorate o variegate, le piante a fiori minuti con quelle a fiori vistosi, tenendo infine conto dell’abbinamento cromatico. A questo proposito si ricorda che i colori accesi caldi (gialli, arancioni e rossi) sono da preferire per ambienti spaziosi, aperti e luminosi. Per contro i colori freddi (blù, violetto) si adattano meglio a luoghi angusti o parzialmente ombreggiati. La vegetazione comunque non dovrà mai coprire le grandi pietre (che devono dare l’impressione di parti affioranti di un manto roccioso che si perde in profondità) ma formare dei gradevoli “cuscini” (Fig….) variopinti e variegati che rendono gradevole l’osservazione. A piantagione ultimata è consigliabile distribuire sulla superficie circa 3 cm di pietrisco (sconsigliato è l’impiego di corteccia di pino) come pacciamatura per limitare lo sviluppo delle infestanti, per favorire la conservazione di umidità da parte del suolo, per ridurre l’azione battente, erosiva e sporcante dell’acqua piovana. Il giardino roccioso una volta impiantato richiede soprattutto nei primi anni in cui le piante prescelte devono svilupparsi e ambientarsi una accurata manutenzione riguardante il controllo delle infestanti, il ricarico del terriccio, l’irrigazione, la potatura per rimediare a squilibri vegetazionali, la sostituzione delle fallanze, la concimazione, la difesa fitosanitaria. Il diserbo può essere effettuato con prodotti antigerminello (es. Isoxaben) efficace contro le infestanti dicotiledoni (a foglia larga) oppure con prodotti che agisono in post emergenza sulle plantule gia nate (es. Oxadiazon distribuito sottoforma di granuli negli spazi liberi tra le piante della roccaglia). La concimazione va fatta in maniera equilibrata evitando eccessi che producono uno sviluppo esagerato della vegetazione a discapito della fioritura. Si possono utilizzare concimi ternari (N, P, K nel rapporto 1:1:1) ad inizio primavera in dose di 50 g/m2 e ad anni alterni. I periodi migliori per realizzare un giardino roccioso sono l’inizio della primavera (aprile) e l’autunno (settembre – ottobre) evitando i periodi di gelo o di caldo torrido.

SPECIE PER GIARDINI ROCCIOSI

A) ARBUSTI (Fig….) - Evonymus - Berberis - Lonicera - Helianthemum - Rosai Lillipuziani e certe Rose antiche - Melograno nano ……………………………….

B) CONIFERE NANE (Fig….) - Juniperus - Cryptomeria - Chamaecyparis - Thuya - Picea excelsa nidiformis (Abete nano) - Pinus Montana mughus (pino mugo) - Chmaecyparis obtusa e pisifera

C) BULBOSE (Fig….) - Allium - Bulbocodium - Colchicum - Crocus - Muscari - Narcissus - Ornithogalum - Fritillaria meleagris - Scilla sibirica - Sternbergia lutea

D) ERBACEE PERENNI (Fig….) - Agatea (in clima mite) - Gazania (in clima mite) - Alisso giallo - Aubrezia - Primula dei giardini (in climi freschi) - Iberide perenne - Viola mammola (in climi freschi) ……………………………………………

Il giardino acquatico

Il giardino acquatico (Fig….) consiste nel creare all’interno di un’area verde un ambiente acquatico (laghetti, stagni, corsi d’acqua, cascatelle e giochi d’acqua) il più possibile simile a quello naturale ,allo scopo di renderla più gradevole. L’acqua ha infatti un influsso benefico, distensivo tanto che fin dall’antichità se ne è fatto un uso esteso nella progettazione dei giardini delle ville patrizie (es. parco della reggia di Caserta e di Versailles, villa d’Este a Tivoli…….). Quando si realizza un giardino acquatico (es. un laghetto) dobbiamo, al fine di evitare insuccessi, analizzare i seguenti elementi: a) l’ubicazione: se il laghetto è posto in gran evidenza di fronte ad una casa, costituendone un’appendice scultorea, o un patio, risultandone il motivo fondamentale, dovrà essere ben rifinito, con i bordi piastrellati e dotato di elementi decorativi che possano metterlo in risalto. Quando c’è un legame stretto con il fabbricato, con un’area pavimentata, con una scalinata, si eseguono normalmente schemi geometrici con una certa accuratezza nella scelta dei materiali e dei motivi ornamentali. Quando invece lo specchio di acqua è inserito su un paesaggio naturale come è quello del giardino stile inglese, la sua realizzazione è meno schematica e formale. Come criterio generale progettuale bisognerebbe ubicare il laghetto in una zona in cui non possa rimanere esposto alla radiazione solare per più di 2 - 3 ore al dì. Per ombreggiare il laghetto si può prevedere di piantare intorno delle piante arbustive o arboree tenendo presente che le foglie o i semi di queste specie finendo in acqua non creino pericolosi inquinamenti (es, Oleandri, Tassi, Lauri, …., producono foglie e semi tossici). b) Le dimensioni: dipendono dallo spazio che si ha a disposizione. In linea generale possiamo dire che più grandi sono le sue dimensioni e migliore sarà il suo equilibrio biologico. Un laghetto piccolo e poco profondo tende durante l’estate a riscaldarsi rapidamente mettendo seriamente in pericolo la vita dei pesci e della vegetazione presente. Lo stesso, durante l’inverno, può gelare totalmente, costringendo a riporre pesci e piante in altro luogo altrimenti condannati a morte sicura. La profondità del laghetto dipende dal tipo di piante che vogliamo coltivarvi e dal tipo di pesci che verranno introdotti. Può variare dai 30 - 40 ai 70 - 80 cm e oltre. c) I materiali: in commercio esistono diverse possibilità con cui possono essere realizzati i laghetti come il cemento armato, il polietilene, la fibra di vetro. d) La scelta delle specie: per il giardino acquatico si possono impiegare moltissime specie ad habitus galleggiante o sommerso preferendo quando è possibile quelle autoctone poiché più rustiche e più adatte di quelle esotiche. Anche per le zone palustri o umidi esiste una vasta gamma di specie erbacee, arbustive e arboree. In merito alla densità di piantagione va detto che un buon rapporto di copertura si ha quando il manto vegetale non copre più del 35 % della superficie totale dell’acqua nella vasca. La propagazione delle piante acquatiche e palustri viene di solito fatta per divisione dei cespi o dei rizomi a fine inverno o all’inizio della primavera. Realizzazione del giardino acquatico Dopo aver fatto le sopradette considerazioni e riflessioni ed elaborato il progetto cartaceo si passa alla realizzazione del giardino acquatico. Individuato nel giardino la zona dove dovrà sorgere il laghetto si procede allo scavo della terra per potervi sistemare o realizzare la vasca che conterrà l’acqua. Quando è possibile è preferibile eseguire lo scavo dove il terreno è più basso per favorire un naturale e utile convogliamento dell’acqua piovana. Se la vasca viene realizzata con un telo di polietilene è necessario lasciare un bordo esterno del telo di circa 20 cm e rivestirlo con lastre grezze di pietra o altro materiale che sia ben inserito con i vari elementi inerti del giardino (camminamenti, muretti,…). Se usiamo delle vasche in fibra di vetro o in calcestruzzo o in polietilene rigido dobbiamo innanzitutto scavare una buca con la stessa sagoma (per poter inserire la vasca) poi ai bordi si disporranno pietre e ghiaia da rivestire con piante palustri decorative erbacee o suffruticose.

Sul fondo della vasca si dispone poi un piccolo strato di 5 cm di terriccio fertile e sabbia ricoperto da 15 cm di ghiaia: in esso le piante acquatiche e palustri inseriranno le radici e i rizomi. Se non sono previsti movimenti di acqua (es. cascatelle, fontanelle) per ossigenare l’acqua per mantenere in vita i pesci, si inseriranno piante sommerse o ossigenanti. La disposizione delle piante deve essere studiata e curata con attenzione, in modo da conferire alla vasca degli effetti estetici apprezzabili. Vicino alle sponde si collocano le piante palustri, mentre all’interno della vasca vanno assemblate in modo armonico varie specie di piante acquatiche. Poiché le piante acquatiche possono richiedere profondità diverse, se la vasca non è provvista di dislivelli a gradone è necessario creare degli innalzamenti sovrapponendo sul fondo dei mattoni fino a giungere l’altezza desiderata sopra i quali verranno posti i vasi con le piantine. Le piante acquatiche si possono mettere a dimora:

• in vasi di varia forma e grandezza che si posano sul fondo della vasca o se questa è troppo profonda su degli innalzamenti opportunamente creati; questo sistema ha il vantaggio di consentire di modificare o di migliorare il posizionamento delle piante, di asportarle dalla vasca per eseguire i lavori di manutenzione e di ritirare prima dell’inverno le specie esotiche più delicate. I vasi possono essere disposti anche in contenitori di rete metallica plastificata o in cesti di plastica che agevolano ancor più il loro spostamento.

• direttamente sul substrato accumulato sul fondo della vasca prima o anche dopo (seppur con maggiori difficoltà) del suo riempimento.

Le piante acquatiche e palustri si possono mettere a dimora per quasi tutto l’anno, ad esclusione del periodo invernale quando la temperatura, di notte, scende sotto lo zero. Manutenzione del giardino acquatico Per poter crescere le piante acquatiche hanno bisogno di nutrienti che devono trovare disciolti nell’acqua o nel substrato in cui vivono i rizomi. Qualora questi nutrienti scarseggino è necessario fare degli apporti minerali (es. preparando delle palline di argilla contenenti il concime in modo che esso si depositi sul fondo della vasca vicino alle radici delle piantine acquatiche) senza eccessi per evitare sviluppi algali (“fioriture dell’acqua”). Periodicamente si elimineranno i residui organici vegetali (foglie, parti di stelo marcite) che cadono sul fondo e rappresentano un substrato sul quale si possono moltiplicare le alghe che a lungo andare rendono l’acqua melmosa e povera di ossigeno. Per le specie esotiche che non resistono al freddo invernale è necessario alla fine dell’autunno prosciugare la vasca e metterle al riparo. Durante la stagione vegetativa è necessario fare delle aggiunte periodiche di acqua nelle vasche per sopperire alle perdite per evapotraspirazione. Inoltre può essere necessario diradare le piante coltivate, estirpare le infestanti senza però alterare il fondo, ripulire la vasca da rami secchi o foglie morte. Per impedire che l’acqua stagnante diventi “verde” è necessario provvedere mediante un sistema di filtraggio di cambiare il 15 % dell’acqua almeno una volta ogni 20 gg.

PRINCIPALI SPECIE ACQUATICHE

A) SPECIE GALLEGGIANTI (Fig….):

• Trapa natans (Castagna d’acqua), ha foglie immerse lanceolato-lineari e foglie emerse romboidali verdi sopra e porpora sotto.Produce fiori bianchi e frutti commestibili, conici o triangolari con 4 corna.

• Eichchornia crassipes (Giacinto d’acqua), stolonifera con spighe di fiori simili alle orchidee, di colore azzurro violaceo col petalo più alto punteggiato di giallo, con foglie cuoriformi. E’ sensibile al gelo.

• Pistia brasiliensis (Lattuga d’acqua).

• Nynphaea hybrida (Ninfea), perenne con rizomi striscianti sul fondo melmoso, foglie e fiori emergenti o galleggianti sorretti da piccioli e peduncoli molto lunghi (anche più di 1 m). All’interno del picciolo ci sono dei canali aeriferi che servono a trasportare ossigeno agli organi vegetali sommersi. Le ninfee vogliono zone molto soleggiate (almeno 4 - 8 ore di sole) per poster fiorire.

• Nelumbium nucifera (Fior di loto), rizomatosa con foglie grandi fino a 50 cm di larghezza, tonde con picciolo inserito al centro, fiori rosso – porpora chiari.

• Victoria regia, tropicale, con grandi foglie galleggianti tonde, peltate e ripiegate al margine, verdi di sopra e purpuree inferiormente. Fiori con petali esterni bianchi e interni rosso carminio che si sviluppano in estate. E’ possibile da noi allevarla solo in serra poiché richiede temperature di circa 30 °C.

B) SPECIE SOMMERSE o OSSIGENANTI (vivono totalmente sommerse nell’acqua degli stagni e ossigenano l’acqua) (Fig….):

• Aponogeton distachyus

• Ceratophyllum demersum

• Cryptocorne affinis

• Elodea canadensis

• Myriophyllum spicatum

C) SPECIE PALUSTRI O DA RIPA O PER TERRENI UMIDI (Fig….) crescono ai bordi dei ruscelli o dei laghetti dove l’acqua è poco profonda o stagna parzialmente in alcuni mesi dell’anno oppure si piantano in prossimità delle vasche dove il terreno è molto umido.

• Iris pseudacorus (Giaggiolo palustre).

• Caltha palustris (Farferugine o Calla di palude).

• Boutomus umbellatus (Giunco fiorito).

• Acorus calamus (Calamo aromatico).

• Thypha sp (Tifa o Biodo).

• Phragmites palustris (Canna palustre).

• Iris sibirica (Iris palustre).

• Zantedeschia aethiopica (Calla bianca).

• Cyperus payrus (Papiro).

D) ARBUSTI E ALBERI ADATTE PER AMBIENTI PALUSTRI (Fig….)

1)ALBERI

• Salix babylonica (Salice piangente).

• Tamarix gallica (Tamerice).

• Alnus glutinosa (Ontano).

• Taxodium distichum (Tassodio o Cipresso calvo).

• Quercus palustris (Quercia palustre).

• Platanus sp (Platani).

• Populus sp (Pioppi).

2) ARBUSTI

• Cornus siberica (Corniolo della Siberia a rami rossicci).

• Sambucus nigra (Sambuco).

• Bambusa sp (Bambù).