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Reale ed ideale: la filosofia politica nel Rinascimento prof. Michele de Pasquale

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Page 1: Reale ed ideale: la filosofia politica nel Rinascimento prof. Michele de Pasquale

Reale ed ideale: la filosofia politica nel Rinascimento

prof. Michele de Pasquale

Page 2: Reale ed ideale: la filosofia politica nel Rinascimento prof. Michele de Pasquale

“…E molti si sono immaginati repubbliche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero; perché elli è tanto

discosto da come si vive a come si doverrebbe vivere, che colui che lascia quello che si fa per quello che si doverrebbe

fare, impara più tosto la ruina che la perservazione sua: perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene rovini infra tanti che non sono buoni. Onde è necessario a uno principe, volendosi mantenere, imparare a

potere essere non buono, et usarlo e non usare secondo la necessità… “

(Machiavelli, Il Principe cap. XV)

Page 3: Reale ed ideale: la filosofia politica nel Rinascimento prof. Michele de Pasquale

“… Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede e vivere con integrità e non con astuzia, ciascuno lo intende:

non di manco si vede, per esperienzia ne' nostri tempi, quelli principi avere fatto gran cose che della fede hanno

tenuto poco conto, e che hanno saputo con l'astuzia aggirare e cervelli delli uomini; et alla fine hanno superato

quelli che si sono fondati in sulla lealtà…”

(Machiavelli, Il Principe cap. XVIII)

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“…Et hassi ad intendere questo, che uno principe, e massime uno principe nuovo, non può osservare tutte quelle cose per le quali gli uomini sono tenuti buoni, sendo spesso necessitato, per mantenere lo stato, operare contro alla fede, contro alla carità, contro alla umanità, contro alla

religione. E però bisogna che elli abbi uno animo disposto a volgersi secondo ch'e venti della fortuna e le variazioni

delle cose li comandano, e, come di sopra dissi, non partirsi dal bene, potendo, ma sapere intrare nel male,

necessitato….”

(Machiavelli, Il Principe cap. XVIII)

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Machiavelli riconosce alla politica la dignità di scienza autonoma, con un proprio

ambito preciso, con norme e tecniche che trovano legittimità e giustificazione al suo

stesso interno

la politica deve adottare un metodo nuovo d’indagine inteso a spiegare ogni evento facendo ricorso esclusivamente alle forze

agenti nella storia, senza nulla concedere a concezioni provvidenzialistiche

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la conoscenza diretta dei funzionari di corte, di quanti vivono nel meccanismo dello stato, acquisita attraverso una esperienza varia e

prolungata, unitamente a quella derivata dall'attenta lettura dei classici, porta Machiavelli al convincimento che gli uomini

“ sieno ingrati, volubili, simulatori, e dissimulatori, fuggitori dei pericoli, cupidi di guadagno; e mentre fai loro del bene, sono tutti tua, òfferonti (ti offrono) el sangue, la roba, la vita, e figliuoli... quando il bisogno è

discosto; ma quando ti si appressa, essi si rivoltano.”(Principe, XVII)

essendo allora gli uomini egoisti, legati ai propri particolari interessi, è facile prevedere le loro azioni:

il comportamento di uno dei fattori della storia è scientificamente calcolabile.

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l’obiettivo dell’azione politica è la costituzione di uno stato ben organizzato, forte, capace di far uscire una comunità

civile dalla situazione di anarchia rappresentata da gravi lotte intestine o

dalla soggezione ad altri

alla realizzazione di questo progetto è più utile la Repubblica o il Principato?

Page 8: Reale ed ideale: la filosofia politica nel Rinascimento prof. Michele de Pasquale

“ quanto alla prudenza, alla stabilità, dico come un popolo [è] più prudente, più stabile e di migliore giudizio che un principe... quanto al giudicare le cose, si vede radissime volte, quando egli ode due concionanti che tendino in diverse parti... che non pigli la opinione

migliore... Vedesi ancora nelle sue elezioni ai magistrati fare di lunga migliore elezione che un principe, né mai si persuaderà a un popolo che sia bene tirare alla degnità un uomo

infame e di corrotti costumi: il che facilmente e permille vie si persuade a un principe.” (Discorsi, I, 58)

nonostante egli veda con chiarezza la superiorità politica dei molti sul singolo, del popolo sul principe, è fermamente convinto che, quando in una

repubblica le leggi non sono più sufficienti a frenare gli egoismi particolari che rovinano lo stato, bisogna cambiare le leggi e con esse la struttura

politico-amministrativa dello stato stesso:

se si vuole salvare l'autonomia e la coesione dei cittadini bisogna scegliere la via del principato

principato o repubblica sono soluzioni politiche che vanno considerate buone o cattive a seconda della concreta situazione storica cui

vanno riferite

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la costruzione del Principato è vista da Machiavelli come prodotto storico-collettivo in cui il principe svolge il ruolo di interprete delle esigenze latenti e di sollecitatore delle

energie sopite di un popolo:

“ Era necessario a Moisé trovare el populo d'Israel in Egitto, stiavo (schiavo) et oppresso dagli Egizii, acciò che quelli per uscire di

servitù, si disponessino a seguirlo. Non posseva Teseo dimostare la sua virtù, se non trovava li ateniesi dispersi... Ierone Siracusano... di

privato diventò principe di Siracusa, perché sendo i siracusani oppressi, lo elessero per loro capitano; donde meritò di essere fatto loro principe... Costui spense la milizia vecchia, ordinò della nuova,

lasciò le amicizie antiche, prese delle nuove; e come ebbe amicizie e soldati che fussino sua, possé in su tale fondamenta edificare ogni

edificio tanto che lui durò assai fatica in acquistare, e poca in mantenere.” (Principe, VI)

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in conclusione, il principe, oltre ad un buon esercito e buone leggi, deve possedere il "fiuto" della situazione, in

modo da cogliere le occasioni favorevoli, da neutralizzare o volgere a proprio vantaggio le

sfavorevoli:

deve sviluppare un equilibrato rapporto di "virtù" e "fortuna”

deve agire secondo l'occasione non deve indietreggiare di fronte alla necessità di usare

la forza o di essere crudele deve usare la religione se si presta a tener unito il popolo

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Moro descrive il modo di vivere di un popolo in una immaginaria repubblica realizzata nell'isola di Utopia (dal greco ou-topos =

nessun luogo):

è adottata una sorta di democrazia rappresentativa nella quale la maggiore preoccupazione degli eletti a posti di

comando è di realizzare la felicità dei cittadini

gli utopici praticano la comunanza di beni: mettono insieme i prodotti del loro lavoro e poi attingono dai magazzini tutto quello di cui

hanno bisogno

“ Ogni padre di famiglia preleva dai magazzini qualsiasi cosa di cui lui e i suoi familiari hanno bisogno e se la porta via senza sborsar

denaro né dare contraccambio di qualunque genere.”(Moro, Utopia)

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lavorano a turni di due anni la terra e nel restante tempo si dedicano ad altre attività; la giornata lavorativa è fissata in sei ore, e le ore libere sono dedicate al divertimento e allo studio

gli utopici praticano una religione naturale molto semplificata, priva di dogmi; la gran parte di loro infatti

“ ritiene che esiste un unico Iddio inconoscibile, eterno, immenso, inesplicabile, superiore alla possibilità della

mente umana, diffuso nell'intero nostro universo con la sua potenza immateriale...”

(Moro, Utopia)

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il fondatore stesso di questa comunità, Utopo,

“stabilì che ciascuno era libero di professare la religione che più gli piacesse, ma che nel tentativo di convertire

altri poteva spingersi fino ad avvalorare la propria credenza argomentando con toni pacati e rispettosi, non già fino... a far ricorso a violenze o a scagliare improperi.

Chi disputa su questi argomenti con arroganza viene punito con l'esilio e con la schiavitù.”

(Moro, Utopia)

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Campanella trasfonde la tensione ideale ed il desiderio di rinnovamento politico nella Città del sole dove si

descrive l'organizzazione sociale, politica ed economica della città immaginaria di Taprobana; la città si estende

su un colle alla cui sommità c'è un tempio rotondo: cielo, terra e stelle sono elevati a simboli divini

“ sopra l'altare non vi è altro ch`un mappamondo assai grande, dove tutto il cielo è dipinto, e un altro dove è la terra. Poi sul cielo della cupola vi stanno tutte le stelle

maggiori del cielo”(Campanella, La città del Sole)

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considerando la struttura politica della città solare è facilmente rilevabile la presenza dell'ideale ierocratico (= potere dei sacerdoti)

del filosofo; il capo della città, infatti, è

“ Principe, sacerdotale... che s'appella Sole, ed in nostra lingua si dice Metafisico: questo è capo di tutti in spirituale e temporale…Ha tre principali collaterali: Pan, Sin, Mor, che vuol dire: Potestà, Sapienza e Amore. Il Potestà ha cura

delle guerre, delle paci e dell'arte militare…il Sapienza ha cura di tutte le scienze e degli dottori e magistrati dell'arti

liberali e meccaniche…il Amore ha cura della generazione, con unire i maschi e le femmine in modo che faccin buona

razza…”(Campanella, La città del Sole)

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il potere metafisico è fondato sul sapere, perché un uomo sapiente non sarà mai crudele né tiranno; il

Metafisico, infatti,

“ sa tutte l'istorie delle genti, e riti e sacrifizi e repubbliche e inventori di leggi e arti. Poi bisogna che sappia, tutte, l'arti meccaniche e tutte le scienze ha da sapere, matematiche,

fisiche, astrologiche... non si trova chi sappia, più di lui e sia piú atto al governo.”

(Campanella, La città del Sole)

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per prevenire l'egoismo che nasce dal possesso dei beni privati e della famiglia, i solari

“ si risolsero di vivere alla filosofica, in commune; si ben la communità delle donne non si usa tra le genti della provinzia loro, essi l'usano… Tutte cose son communi; scienze e onori e spassi son communi… “

Tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense, onde non solo il vitto, ma le scienze e onori e spassi son communi, ma in maniera che non si può appropriare cosa alcuna.Dicono essi che

tutta la proprietà nasce da far casa appartata, e figli e moglie propria, onde nasce l'amor proprio; ché per sublimar a ricchezze o a dignità il figlio o lasciarlo erede, ognuno diventa o rapace publico, se non ha

timore, sendo potente; o avaro ed insidioso ed ippocrita, si è impotente. Ma quando perdono l'amor proprio, resta il commune

solo.”(Campanella, La città del Sole)

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ad ognuno è dato quanto bisogna e, lavorando tutti per quattro ore al giorno, e alternandosi nei diversi mestieri, non hanno bisogno di schiavi

“ … e non tengono schiavi, perché essi bastano a se stessi, anzi soverchiano…. Ma tra loro, partendosi l'offizi a tutti e le arti e fatiche, non tocca faticar quattro ore il giorno per uno; sì ben tutto il resto è

imparare giocando, disputando, leggendo, insegnando, caminando, e sempre con gaudio. E non s'usa gioco che si faccia sedendo, né scacchi, né dadi, né carte o simili, ma ben la palla, pallone, rollo,

lotta, tirar palo, dardo, archibugio (Campanella, La città del Sole)

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i bambini sono educati in comunità e l'educazione è integrale: mira alla realizzazione dell'uomo completo, allenato alla

speculazione filosofica, ma anche alla esecuzione di lavori manuali

“ E s'allevan tutti in tutte l'arti. Dopo gli tre anni li fanciulli imparano la lingua e l'alfabeto nelle mura, caminando in quattro schiere; e quattro vecchi li guidano e insegnano, e poi li fan giocare e correre, per rinforzarli, e sempre scalzi e scapigli, fin alli sette anni, e li

conducono nell'officine dell'arti, cosidori, pittori, orefici, ecc.; e mirano l'inclinazione. Dopo li sette anni vanno alle lezioni delle scienze naturali, tutti; ché son quattro lettori

della medesima lezione, e in quattro ore tutte quattro le squadre si spediscono; perché, mentre gli altri si esercitano col corpo, o fan gli pubblici servizi, gli altri stanno alla

lezione. Poi tutti si mettono alle matematiche, medicine ed altre scienze, e ci è continua disputa tra di loro e concorrenza; e quelli poi diventano offiziali di quella scienza, dove miglior profitto fanno, o di quell'arte meccanica, perché ognuna ha il suo capo. Ed in campagna, nei lavori e nella pastura delle bestie pur vanno a imparare; e quello è

tenuto di più gran nobiltà, che più arti impara, e meglio le fa. Onde si ridono di noi, che gli artefici appellamo ignobili, e diciamo nobili quelli, che null'arte imparano e stanno

oziosi e tengon in ozio e lascivia tanti servitori con roina della republica.” (Campanella, La città del Sole)

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la religione dei solari è fondata sulla ragione e non sulla rivelazione, essi credono in un solo dio e lo onorano naturalmente sotto la forma del sole; credono nell'immortalità dell'anima e ritengono che Dio sia Somma Potenza, Somma Sapienza

e Sommo Amore

“ Non temono la morte, perché tutti credono l'immortalità dell'anima, e che, morendo, s'accompagnino con li spiriti

buoni e rei, secondo li meriti. Benché essi siano stati Bragmani Pitagorici, non credono trasmigrazione d'anima, se non per qualche giudizio di Dio. né s'astengono di ferir il nemico ribello della ragione, che non merita esser uomo.”

(Campanella, La città del Sole)

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la Città del Sole esprime l'ideale di un cristianesimo rinnovato e snellito

nella dottrina e nell'organizzazione, più vicino all'ideale egualitario

proposto dal Vangelo e dotato di sufficiente autorità morale e culturale

per procedere nell'opera di rinnovamento dell'Europa del tempo