primo visentin, detto masaccio: vive

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PRIMO VISENTIN, DETTO MASACCIO, VIVE Il 29 aprile scorso una processione laica, ha ripercorso il tragitto dal luogo dell’’omicidio fino al centro del suo paese, Poggiana. Era buio ed in mezzo ai campi è sgorgato, spontaneo, il canto di “Bella ciao”. In quelle ore il comandante era con noi La vicenda di Masaccio, nel suo contesto locale Queste vicende, depurate della retorica bugiarda , quale insegnamento utile lasciano ai nostri ragazzi? Su Aldo Cazzullo, come esempio efficace della persistente, ossessiva, insistenza ad ingannare la gente, anche dopo 70 anni. Se la verità continua ad essere combattuta in questo modo, vuol dire che la sua lezione è ancora viva.

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PRIMO VISENTIN, DETTO MASACCIO, VIVE

Il 29 aprile scorso una processione laica, ha

ripercorso il tragitto dal luogo dell’’omicidio fino

al centro del suo paese, Poggiana.

Era buio ed in mezzo ai campi è sgorgato,

spontaneo, il canto di “Bella ciao”.

In quelle ore il comandante era con noi

La vicenda di Masaccio, nel suo contesto locale Queste vicende, depurate della retorica bugiarda , quale insegnamento utile lasciano ai nostri ragazzi? Su Aldo Cazzullo, come esempio efficace della persistente, ossessiva, insistenza ad ingannare la gente, anche dopo 70 anni. Se la verità continua ad essere combattuta in questo modo, vuol dire che la sua lezione è ancora viva.

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LA MEDAGLIA D’ORO

http://www.anpi.it/donne-e-uomini/primo-visentin/

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L’INTELLETTUALE ED IL SOGNO TRADITO

“ecce deus ramum Lethaeo rore madentem uique soporatum Stygia super utraque quassat tempora, cunctantique natantia lumina soluit. Vix primos inopina quies laxaverat artus, et super incumbens cum puppis parte revulsa cumque gubernaclo liquidas proiecit in undas praecipitem ac socios nequiquam saepe vocantem”

Morte di Palinuro (Eneide, libro V) Opera di Arturo Martini (1946) Collocata al pianterreno del rettorato dell’Università di Padova, Palazzo del Bo, prima sede clandestina del CLN Regionale Veneto

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Palinuro per la sua donna

intellettuale seduttore

Come si vedeva lui? Le poche foto disponibili sono tutte in posa, come Primo voleva apparire: una personalità aperta, disinvolta, libera, intellettualmente complessa, sfaccettata. Non certo un baciapile, un sempliciotto: capiva ed amava il mondo contadino, ma sarebbe morto di asfissia culturale, relegato nell’asfissiante ghetto dei nostri poveri paesi. Il suo nome di battaglia è quello di un genio, rivoluzionario in pittura, morto a 27 anni!

scanzonato sportivo

santo e contadino per Comacchio

Ad ognuno il suo Gli autori, che hanno provato a descriverlo, lasciano intravedere piuttosto la propria sensibilità prospettica, anziché illuminare aspetti inediti e più significativi di Primo Visentin. In particolare le biografie più recenti ben poco aggiungono all’opera di Corletto. Mi commuove la statua del Palinuro, voluta dal suo misterioso, ultimo amore: ha colto suggestivamente la sua parabola esistenziale..

IL SUO VERO VOLTO

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Talvolta una musica, una vecchia foto, un odore, hanno un potere evocativo molto superiore alle parole. Non ero nato nel 45, ma l’ ”odore” di Masaccio è inconfondibile ed emana intensamente dalle persone che l’hanno veramente conosciuto ed amato. La casa dove sono nato è stata acquistata da tutti i fratelli di mio padre, però era intestata al più vecchio, Virgilio; sua moglie, Rita Visentin, è l’unica sorella bilaterale di Primo, gli altri figli sono nati dal secondo matrimonio della mamma. Quindi, se Primo veniva così spesso a dormire a casa nostra, ne aveva buon diritto, era quasi a casa sua. Nel mio “granaro” ha disegnato con il carbone il profilo di un uomo, che mi incuriosiva molto. Mio padre, credo per prendermi un po’ in giro, diceva che Primo aveva rappresentato il duce. Verso la fine della guerra, un gruppo di tedeschi in ritirata pernottò a casa nostra; al mattino la nonna e la zia, con la scusa della Messa, avvertirono i partigiani in paese. Questi si avvicinarono, camminando nel Muson e circondarono la casa: i tedeschi si arresero pacificamente.

Rita Visentin Mia zia era in Canada nel 45, quando è venuta in Italia l’ho scorazzata un po’ in giro. Nulla della sua personalità, solare e dimessa, lasciava intravedere minimamente la grande statura del fratello famoso ed eroe: questo è il più grande complimento che penso di potergli fare. E’ morta costantemente ignorata dai retori di regime.

Mario Scapin

Maestro elementare, uno dei pochissimi testimoni viventi che può raccontare, non solo il grande amico, ma anche l’intellettuale. Ha visionato l’importante documentazione, ancora non catalogata, tuttora in possesso della famiglia di Corletto, l’autore dell’unica, vera, biografia di Masaccio.

IL RICORDO DELL’EROE, COME UN ODORE INCONFONDIBILE

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«I casi sono molti. C’è ‘Masaccio’, partigiano cattolico nato a Riese Pio X, che da fascista convinto scelse il fronte avverso su influsso di don Giuseppe Menegon, figura cardine della Resistenza veneta. Aldo Cazzullo sul Corriere del Veneto del 25/4/2015

MASACCIO SUCCUBE DI DON GIUSEPPE MENEGON?

CAZZULLO DISINFORMATORE Questa frase introduce ad un pomposo articolo, un paginone intero, un’operazione mediatica che mira a promuovere, con questo scandalo, la promozione del suo libro sulla resistenza. Una manipolazione grossolana della verità, però velenosa e verosimile quanto basta, per i molti che non hanno mai sentito parlare di Masaccio. In teoria il nostro ometto potrebbe anche essere in buona fede ed allora pesca le sue fonti nelle bettole. Provo qui a dimostrare quanto semplice, evidente e chiara sia la verità.

NON E’ AMMESSA L’IGNORANZA: MASACCIO NON E’ UNO DEI TANTI Nella resistenza veneta abbondano le figure più importanti di lui, sul piano operativo-militare. Poche figure hanno avuto il suo carisma e raggiunto la sua grande popolarità. Come uomo di cultura ha avuto il privilegio esclusivo di essere onorato dal monumento, a lui dedicato, collocato al pianterreno del rettorato dell’università di Padova, prima sede del C.L.N. in Veneto, vedi diap. 3. Come osa il nostro sapientone nazionale insudiciare imprudentemente il suo mito?

IL BATTAGLIONE MAZZINI Masaccio intitolò a Mazzini la prima formazione che organizzò. Qualcuno può insegnare ai piccoli “cazzullo” chi era costui? Cosa significava scegliere questo nome nella roccaforte del Veneto più fascista, monarchico, turbo-cattolico? Tuttavia un mondo complesso e variegato, ricco di valori molto positivi. Don Giuseppe, carismatico, energico, intelligentissimo, ne fu un prestigioso interprete, per tutta la vita. Cosa ne possono capire i “cazzullo” di tutta questa complessità?

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DON GIUSEPPE MENEGON

PARTIGIANO (tessera del 1/10/43) Ha cominciato nascondendo i “disertori”, prima in chiesa e poi nel campanile, Sempre in contatto stretto con Masaccio, punto di riferimento primario anche nell’attività operativa del comandante. Individuato ed incarcerato fin dai primi giorni, non fu torturato affatto, anzi ne uscì con il dono di una lunga ed incrollabile amicizia personale con il giudice nazista, Albrecht Kaiser. Solo le anime candide possono credere alla favola edulcorata, che don Giuseppe ha inventato. E’ un dato di fatto che questo legame salvò parecchi partigiani arrestati e non è una stranezza. Nel Veneto il clero svolse un ruolo di collegamento e mediazione sistematico con l’autorità nazifascista. Don Giuseppe andò volontario, come cappellano militare, nella guerra d’Africa, è lecito pensare che l’amicizia, che ostentava con il giudice nazista, avesse anche una componente di affinità politica. Questo non toglie o aggiunge valore della sua scelta di prete: stava dalla parte giusta, contro la guerra. Stupido immaginarlo vicino politicamente a Masaccio, “ribelle” nel pensiero e nell’azione. Aveva un carisma eccezionale: Loria votò in massa per la restaurazione, per la monarchia. Il suo gregge seguì sempre, ciecamente, l’indiscusso pastore.

PRIMO ATTORE NELL’ULTIMO ATTO: L’ESECUZIONE

Masaccio è in piazza a Poggiana, affollata da un nugolo di fedelissimi, assapora l’ora del suo trionfo, anche personale: tra pochi istanti marcerà, alla testa di tutte le truppe partigiane, per le vie di Bassano liberata. Don Giuseppe sconvolge la scaletta prestabilita, nella regia degli eventi: un suo emissario impone a Primo di occuparsi prima di uno sgangherato gruppetto di tedeschi, attardatisi nella loro fuga, nella casa dei Pioti. Primo, come Palinuro, pare già “addormentato” nel sonno premonitore della morte, alla quale sceglie di andare incontro accettando di occuparsi personalmente del lavoretto, mentre può scegliere tra una marea di fedelissimi, smaniosi di mettersi in mostra, proprio in quel momento. Questi ultimi cercano invano di dissuaderlo ed urlano furenti che è una trappola….

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PAGO’ A CARO PREZZO IL RIFIUTO DI DICHIARARSI CATTOLICO

70 ANNI DI BALLE NEL TENTATIVO DI TRASVESTIRLO DA “DEMOCRISTIANO” Ad ogni commemorazione, l’oratore di turno cerca di mascherare la figura politica non ortodossa di Primo Visentin, per rendere omogenea e compatibile il potere vigente, come fa l’ameba con un corpo estraneo,. Ogni volta ficca il naso sordido nella fragile interiorità dell’adolescente, curiosando tra i suoi scritti, per enfatizzare, con falsa retorica, la sua fede e quindi, surrettiziamente, la supposta ortodossia cattolica. Impossibile etichettare la visione del trascendente dell’adulto, del comandante, dato irrilevante politicamente.

CERTAMENTE RIFIUTO’ IL DENARO OFFERTO PER DICHIARARSI “CATTOLICO”

Durante la resistenza, i cattolici incarcerati uscivano presto di galera, non veniva torto loro un cappello. I sovversivi, i comunisti per esempio, venivano torturati fino alla morte. Masaccio non aderì mai a nessuna delle due fedi e ne pagò le conseguenze. Quanta ipocrisia e chiacchiere inutili sul tema degli aviolanci. Nel Veneto rimase sempre, saldamente, in mano ai “cattolici” ed agli autonomi (badogliani) , “pappa e ciccia”. Masaccio ne fu escluso di fatto, uno dei pochissimi tentativi cadde nel posto “sbagliato”, una seconda volta l’aereo non sganciò armi e viveri, ma bombe! Più che mai bisognoso di fondi, portò avanti una lunga ed inutile trattativa con i “cattolici”, che lo tennero sulla corda per un certo tempo. Il comandante, io immagino, troppo puro ed idealista, fece fatica ad accettare l’evidenza: se voleva i soldi, doveva dare la sua adesione scritta alle formazioni cattoliche. Alla fine rifiutò.

“GIUSTIZIATO” SU MANDATO DELLA FUTURA DC La sera del 29 aprile, nel momento preciso in cui gli ultimi tedeschi abbandonavano la casa dei Pioti ed il territorio di Loria, il potere passava formalmente dall’occupante tedesco al governo Badoglio. Nello stesso istante cessava anche la protezione, che don Giuseppe, in qualche modo, gli aveva praticamente garantito, presso il giudice nazista, Albrecht Kaiser. L’esecuzione di Primo avvenne in quel preciso, simbolico, momento: presenziava il militare e badogliano Crestani.

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L’OMICIDIO: ESECUTORI E MANDANTI

IL BACIO DI ANDREOTTI Nessuno dubita che l’uccisore sia stato Andretta, ma che i mandanti siano coloro che hanno preso il potere subito dopo. Quale fu il ruolo del governo Badoglio e della futura DC in questa vicenda? Oppure quello di don Giuseppe? Ormai, chiarire questi dettagli, è impresa sciocca perché impossibile, come cercare le prove del bacio di Andreotti.

GIUSTIZIATO DAL GOVERNO BADOGLIO

Quando ero piccolo, tutti, in paese, mi hanno raccontato di ruberie e di tradimenti, ma non è mai emerso niente di sicuro. Adolescente, ho avuto la fortuna di approfondire un pensiero più pacato ed intelligente, di qualche suo vero amico. Ne ho tratto la personale convinzione, arricchita negli anni da continue conferme, che la condanna a morte sia stata decretata dalla futura DC, che ha interpretato il ruolo della “santa inquisizione”. Il governo Badoglio ha formalmente garantito l’esecuzione della sentenza, come “braccio secolare”.

I MILITARI MORO E CRESTANI, GLI EMISSARI INVIATI A SOVRINTENDERE ALL’ESECUZIONE Questi due spudorati mentitori si sono materializzati proprio nelle ultime ore prima della liberazione. Moro raccontando la balla della sua fuga dal campo di concentramento in Austria, si è impadronito della piazza di Ramon. Masaccio, sostanzialmente esautorato, ha vissuto le ultime ore in quarantena, relegato nella sua Poggiana. Crestani ha presenziato alla sua esecuzione, accreditando, con grossolane menzogne, la messinscena dello scontro armato.

IL CONTESTO SOCIALE E POLITICO DEL VENETO Si capisce meglio la storia guardandola dall’alto, contestualizzando un evento nel quadro generale. In Veneto, il gruppo di potere, “clero + abbienti”, ha sempre mantenuto un saldissimo controllo sociale. Siamo transitati, senza sussulti, da un’adesione entusiasta al fascismo, alla democrazia cristiana ed ora alla lega. Il dialogo tra la “resistenza” cattolica, l’occupante nazifascista ed il governo Badoglio è stato ininterotto, intenso, proficuo. Sartor Domenico, Don Giuseppe Menegon, la sorella stessa di Primo, “Toni Piva”, sono stati tutti individuati nei primissimi giorni della resistenza, incarcerati, interrogati, rilasciati indenni subito dopo. All’occupante non facevano certo paura, anzi è evidente che riteneva più vantaggioso tenerli liberi. Masaccio stesso, militarmente insignificante per l’occupante, garantiva sicurezza e controllo sociale in un vasto territorio. Invece era un pericolosissimo avversario politico, un sovversivo, per il gruppo di potere, leggi DC, che si apprestava ad un eterno predominio.

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Te asso qua sto sasso e so che nol fiorisse. Ghe sarà sempre un osto, un prete, un fiol de troja pronto a mandarte in scena e quando no te servi spararte drio a schena Parchè par tutto el mondo chi che fa pì paura xe quei coe scarpe grose e anca a testa dura Ma caro comandante A cossa xe servio, na lapide sol muro o un gran eroe morto, se no ghe xe futuro Ma posso dir na roba, a chi che passa e resta, a chi serca na facia sincera, a raixa xe ancora qua, tra i crepi de sta tera.

Ma qua me vardo intorno e libero a me mente, dei tosi del Vial nò ghe‘ ntaressa gnente, ai morti soto i rovi, I ga cambia camixa, comanda sempre lori Ma caro comandante no i gò desmentegai quei attimi de gloria, de miseria tanti, xa pasai, quei giorni in cui se jera imbriaghi sensa paura dea gaera, de tanti sogni de strana libertà, dell’illusion de far na nova era, mentre se jera dentro a storia vera

IL COMANDANTE

Testo autenticamente anonimo.

L’ho “decifrato”, trascrivendolo da un foglio di

carta fradicio e scolorito.

Stava piegato e nascosto sotto il sasso, citato nei

versi, vicino alla tomba di Masaccio.

E stato scoperto da un bambino, venuto a

salutare il nostro partigiano, in una giornata di

pioggia .

Beati i puri di cuore

Il mio “odorato” mi dice che queste parole sono

vere e sincere, rappresentano in modo

insuperabile il sentimento dei “puri di cuore”, dei

più giovani ed ingenui, tra i suoi partigiani.

Ogni anno, il celebrante di regime, toglie questa

poesia dalla tomba e la nasconde!

Primo amerebbe di più questi versi veri o le

orazioni ufficiali?

Con il suo senso dello humour, mi diverto ad

immaginarlo balzare fuori dalla tomba per

terrorizzare l’ipocrita oratore di turno.

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AL FUNERALE, DOV’ERANO I SUOI COMPAESANI?

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UN ANNO DOPO: GELO TRA IL POTERE ED IL SUO PAESE

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I NOMI DELLE DUE BRIGATE INVISIBILI SUI CIPPI, COMPLESSO DI COLPA?

…ma egli incominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo di cui parlate». E subito per la seconda volta un gallo cantò e si ricordò Pietro della parola che Gesù gli aveva detto….

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COSA RIMANE DI LUI

LA LOTTA ARMATA Dopo decenni di retorica fasulla è importante fare chiarezza: da un punto di vista strettamente strategico e militare, il movimento partigiano è stato un fenomeno sostanzialmente irrilevante in Veneto. Obiettivo popolare prioritario di tutte le anime della nostra resistenza non è stata la romantica “ricerca della libertà”, ma il rifiuto di proseguire qualsiasi guerra. Unica ed importante eccezione la componente comunista, le brigate garibaldine, motivate da un ideale rivoluzionario concreto, con una strategia militare conseguente. Ben attrezzate per un’attività militare efficace: le uniche formazioni che si sono battute militarmente e con onore sul Grappa e sul Cansiglio. Ai partigiani “democristiani” era consentito, molto ipoteticamente, il sabotaggio, moderatissimo. immaginate i parroci correre qua e là a sconsigliare la minima iniziativa, che avrebbe sicuramente comportato una furiosa rappresaglia dell’autorità nazifascista, con la quale la gerarchia religiosa fu sempre in fruttuoso contatto.

LA LEZIONE ETICA E POLITICA L’obiettivo prioritario delle classi dirigenti partigiane era quello di formare ed orientare questi ventenni, sbandati ed analfabeti politicamente, selezionare la futura classe dirigente politica. In effetti molti ex partigiani, anche figure molto mediocri, arrivarono poi a ricoprire ruoli di grande rilievo. Un obiettivo analogo era la missione principale di Masaccio, non disgiunta da una particolare attenzione per la giustizia sociale, perseguita con la parola, ma anche con l’esempio. Per esempio, intervenne energicamente e positivamente presso il “padrone” di Poggiana, Toni Piva e con i proprietari della locale fornace, per migliorare le condizioni economiche dei suoi compaesani. Troppo libero, complesso e pluralista, perché i suoi stessi subalterni potessero etichettarlo politicamente. A Poggiana, ebbe un certo seguito, per decenni, il PSDI ( Saragat), credo che lui fosse vicino al partito azionista. Di sicuro non sarebbe mai stato omologabile come “democristiano”.

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MUSSOLINI BENITO, PARTIGIANO

INFELICE IL POPOLO SUCCUBE DEI DEMAGOGHI La lezione della storia non ha avuto efficacia su una parte troppo grande degli italiani. Molti sono quelli che continuano a sperare nei miracoli di ogni genere, all’uomo solo al comando. Mussolini ci ha condotti alla guerra una prima volta, come “opinion leader”. Le enormi e prolungate sofferenze del primo conflitto mondiale non hanno provocato fenomeni rilevanti di resipiscenza, al contrario, gli abbiamo consegnato il paese e l’abbiamo seguito imperterriti nel secondo, dopo appena un ventennio!! Il nostro duce, il 25 Luglio 1943, avendo compreso pienamente che il suo sogno folle era definitivamente infranto cercò invano di limitare i danni, facendo deviare il suo gregge dal tragitto che egli stesso aveva indicato. La parte prevalente degli italiani non comprese o finse di non capire, il suo duro richiamo e solo una minoranza ne trasse le dure conseguenze.

MUSSOLINI BENITO IL PERSONAGGIO PIÙ IMPORTANTE DELLA “RESISTENZA”

Secondo me, Mussolini, organizzando la propria auto-defenestrazione, ha compiuto l’atto più importante e efficace di ogni altro, ai fini di anticipare la fine del conflitto. Se non ci si lascia confondere dalla marea dei dettagli, la vicenda è molto chiara e semplice. Mussolini aveva capito benissimo che la guerra era persa e voleva sganciare il paese dalla folle corsa alla distruzione totale. E’ evidente che la regia effettiva degli eventi è rimasta sempre sostanzialmente nelle sue mani, fino agli ultimi minuti.

L’INFAMIA DELLA MONARCHIA Sappiamo che Grandi, il regista apparente della rappresentazione, cercava, in questo modo, la fine anticipata del conflitto. Si era certamente assicurato un accordo di pace separato con l’Inghilterra: il problema più complesso e delicato era quello di sottrarsi, con il minor danno possibile, al mortale abbraccio germanico. Il disastro l’ha combinato il re, affidando la difficilissima missione a Badoglio. Da qualsiasi punto di vista si voglia guardare questa vicenda, una delle pagine più infami della storia della monarchia.

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SULLA GUERRA E SUI COMBATTENTI

COSA RACCONTARE DI UTILE AI NOSTRI RAGAZZI

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LA GUERRA E’ IL MALE

DOPO 70 ANNI DI DECANTAZIONE, POSSIAMO TROVARE UN INSEGNAMENTO CHIARO E CONDIVISO? Come sempre nella storia, anche dopo il 45, siamo stati sommersi dall’eccessiva retorica dei vincitori, controproducente perchè faziosa, tutto il bene da una parte ed il male dall’altra. Molti italiani hanno fatto il callo ad ogni tipo di predica, finendo per opporre scetticismo e disinteresse a tutto. Così preferiscono tenersi strette le proprie conclusioni, spesso molto superficiali ed errate, che non hanno la minima intenzione di verificare ed approfondire. Abbiamo una grande responsabilità verso le nuove generazioni, che hanno sacrosanto diritto alla verità, per non ripetere i tremendi errori dei padri.

LA GUERRA “GIUSTA”

E’ un principio ovvio, chi oserebbe metterlo in discussione? La nostra costituzione lo ribadisce con belle e semplici parole. Ma esistono le guerre “giuste”, come definirle? In teoria la risposta è semplicissima: quelle di difesa da un’aggressione. Invece questa definizione ha generato uno degli articoli più contorti ed ambigui della costituzione. Grazie al quale il nostro parlamento ha approvato diverse avventure belliche, anche recenti e molto discutibili. Tra il dire ed il fare, tra ideale ed applicazione pratica, si sono interposti gli “interessi strategici” dell’Italia… Non dobbiamo confondere le nuove generazioni: chi inizia un conflitti va sempre condannato, indipendentemente da chi sia e dal perché. I partigiani ed i deportati che si sono rifiutati di proseguire la guerra stavano dalla parte giusta. I combattenti d’Italia, Germania, Giappone, nazioni che hanno dichiarato guerra all’intero mondo civilizzato, anche i più idealisti e valorosi, stavano da quella sbagliata.

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E’ IMPORTANTE IL MODO DI FARE LA GUERRA?

COMBATTENTI BUONI E CATTIVI Un ventennio dopo la fine della guerra, De Felice è riuscito a dare un contributo valido e di un certo respiro, per una visione meno sciocca e manichea del secondo conflitto mondiale. Sulla sua scia, è esplosa editorialmente una pubblicistica di infimo livello, Paolo Pansa ne è il campione: come i maiali sull’immondizia, si è buttata a capofitto, voluttuosamente, sulle malefatte dei partigiani. Quanti stupidi dibattiti ho ascoltato anch’io nelle osterie! Erano più ladri e “cattivi” i partigiani o le brigate nere? Un esercizio sciocco e manicheo che piace molto alla “pancia”della gente: un illustre intellettuale analizza la selvaggia crudeltà del fanatico dell’ISIS, che sgozza le sue vittime davanti alla telecamera. Gli ribatte, sul fronte opposto, un altro, che sottolinea l’immoralità di sganciare una bomba su un villaggio in festa, azionando un pulsante, da qualche confortevole ufficio degli Stati Uniti. Ogni cultura ha un suo concetto della violenza, ma ha proprio tanta importanza discettare sulle differenze?

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CODARDI E VALOROSI

Che la guerra di aggressione sia sempre e comunque il male in assoluto, dovrebbe essere ben chiaro a chiunque. Invece ci sono ancora molti che non ha maturato questa convinzione. Li riconosci facilmente, se, per esempio, li senti esaltare le magnifiche doti di combattente del soldato tedesco, contrapposte all’ignavia dell’italiano.

PERCHE’ MORIRE PER LA PATRIA Nelle dodici battaglie dell’Isonzo, se non ci fossero stati i fucili spianati dei carabinieri alle loro spalle, certamente quei poveri contadini analfabeti non sarebbero andati spontaneamente al macello. Ci sono invece popoli, i tedeschi per esempio, che sembrano più propensi ad obbedire ciecamente al più folle degli ordini. Cosa c’è di cui vantarsi?

GLI EROI DEL MONTE GRAPPA La divulgazione storica non ha illustrato come merita il mutamento nel morale delle truppe, dopo Caporetto. Sul Grappa e sul Piave il grande valore dei combattenti è stato uno degli elementi essenziali della vittoria. La mia personale conclusione è che il soldato italiano, onor suo, fu più intelligente e responsabile di altri. Seppe anche battersi da eroe, ma solo quando la coscienza glielo suggeriva. Sul’Isonzo si uccideva e si moriva per conquistare una pietraia insignificante, sul Grappa si difendeva la patria.

I MERCENARI, GLI ARDITI Alcuni nostri soldati dimostrarono il proprio valore nella guerra di aggressione, per denaro. Penso al corpo degli arditi, ma anche a soldati della truppa incentivati per qualche operazione speciale. Gli arditi sono diventati poi il fiore all’occhiello del fascismo, che si ispirò a loro quando creò poi il corpo paramilitare delle camice nere, dal quale derivarono poi le “brigate nere”, specializzate nella repressione contro i partigiani. Un mio lontano parente era un ardito, l’ho voluto conoscere e mi incuriosiva molto il personaggio. Da adulto ho capito perché i miei famigliari eludevano sempre le mie domande su di lui ; diciamo che era un bel furfante.

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FANTI ED ALPINI

FANTI: CARNE DA MACELLO Finivano in fanteria coloro che venivano scartati dai corpi di élite, privilegiati in molti modi. Carne da macello, disponibile in grande abbondanza e pertanto immolata senza scrupoli e risparmio. Il teatro più orribile dove li ricordo è l’Isonzo: nelle dodici inutili, terribili, catastrofiche, battaglie. Quale poteva essere il grado di consapevolezza patriottica di questi ventenni, in maggioranza analfabeti, mai usciti prima dal villaggio natio, mandati a morire per qualche metro di pietraia, in una contrada sconosciuta? Abbondarono i potenziali disertori, i renitenti, ma alle loro spalle c’erano i carabinieri con il fucile spianato. L’ottuso cinismo del generale Cadorna nel comandare queste ripetute carneficine ci lascia senza fiato oggi, ma costui non era un pazzo isolato, bensì un tipico rappresentante di una cultura della guerra prevalente. Su altri fronti hanno fatto anche peggio di lui.

ALPINI: TENACIA E SOLIDARIETA’ Reclutati nelle zone montane e pedemontane, in particolare delle Alpi. Un corpo d’élite, specializzato per dare il massimo in un ambiente particolarmente ostile; il primo vero antagonista di queste truppe di montagna. Raramente “sprecati” come carne da macello , pochissimi i casi di renitenza. All’omogeneità territoriale si aggiungeva quella socio-economica e culturale, con la provenienza dal mondo agricolo. Lo spirito di gruppo innato veniva incoraggiato dall’educazione militare, perché giudicato elemento molto positivo e prioritario per la sopravvivenza in un contesto tanto ostile. La solidarietà è il valore che contraddistingue ed onora anche oggi non solo gli alpini, ma tutta la comunità che gravita attorno a loro. Come combattenti hanno dimostrato il loro valore specie, quando eticamente motivati: sul Grappa, a Nikolajewska.

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GLI ALPINI A NIKOLAJEWSKA OVVERO : LA STORIA VISTA DAL FELDMARESCIALLO KARL RUDOLF GERD VON RUNDSTEDT

UNO STRANO MODO DI COMMEMORARE IL 25 APRILE La storia maestra di vita? Una data molto adatta ad esemplificare il concetto. Qualche anno fa, alcuni comuni del circondario, hanno organizzato una conferenza sulla vicenda di Nikolajewka, tenuta nel municipio di Riese. Ottima la scelta del tema, per illustrare i valori e le virtù che ci accomunano. Ma cosa succede se il relatore, scelto dai sindaci, dimostra una spiccata e legittima passione per l’arte della guerra?

IL MERAVIGLIOSO BASTONE DI COMANDO DEL FELDMARESCIALLO VON RUNDSTEDT Sono rimasto allibito, di fronte all’entusiasmo dell’oratore, per la splendida efficienza delle formidabili armate naziste, il suo interesse per la griffe, con le iniziali del feldmaresciallo, sui carri armati. Ha raggiunto l’orgasmo descrivendo il bastone di comando del suo super eroe, tutto tempestato di diamanti!

IL MANCATO COORDINAMENTO: TROPPA VODKA? La diapositiva con i tragitti dei vari gruppi durante la drammatica ritirata è rimasta a lungo esposta: i percorsi sembrano vicini e si intersecano continuamente. Non mi sono parse illustrate esaustivamente le complesse ragioni per le quali queste unità non sono mai riuscite a contattarsi ed a coordinarsi efficacemente. Condivisibile, sacrosanta, la critica alle gravissime lacune logistiche dei nostri comandi, ancora più umilianti se comparate con la splendida e mirabolante efficienza tedesca. E sulla sofferenza e l’eroismo degli alpini? Poca roba, quasi nessuna emozione, elettrocardiogramma piatto! Per illustrare la sofferenza causata dal freddo, il nostro relatore è dovuto ricorrere all’immagine di un partigiano di Tito, ambientata nella guerra in Jugoslavia.

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TANTI MODI DI RIFIUTARE LA GUERRA

RENITENTI E DISERTORI Fu un fenomeno molto rilevante soprattutto prima ed immediatamente dopo Caporetto. Non ho trovato documentazione significativa, a livello divulgativo, per quanto riguarda il secondo conflitto. Faccio fatica a pensare che i nostri combattenti fossero molto motivati sui monti Greci o nelle steppe russe. Certamente il soldato italiano, nel secondo conflitto, si era fatto un po‘ più colto, furbo ed aveva maggiori risorse per sfuggire, senza troppi rischi personali, alle imposizioni. Conosco diversi alpini che hanno brigato con successo per evitare la Russia. Un fante mi ha raccontato come risolse il suo problema in Iugoslavia. Dopo l’armistizio, il tenente, con la pistola puntata, intimava ai suoi uomini di ritornare al combattimento. I commilitoni si accordarono tacitamente e spararono al loro comandante.

DOPO L’8 SETTEMBRE: PARTIGIANI O INTERNATI L’armistizio, nell’Italia ancora occupata dai tedeschi, mise molti soldati nella condizioni di dover fare comunque delle scelte. Chi decise di stare dalla parte dei nazifascisti, automaticamente sceglieva anche di continuare a combattere.

Partigiani Certamente alcuni di loro, i comunisti, aspiravano ad un profondo mutamento sociale e guardavano ben oltre il conflitto in corso, si preparavano alla lotta per la rivoluzione. Tutti gli altri erano anzitutto contro qualsiasi guerra e volevano prioritariamente accelerare la fine di quella in corso.

Internati Dopo l’8 settembre, formazioni numerose ed ancora ben armate, si consegnarono come le pecore, a piccolissime unità tedesche. Nessun dubbio che questi soldati volessero unicamente sottrarsi alla guerra, a qualsiasi prezzo ed in qualsiasi modo. Ma poi, nei lager, erano comunque costretti ad una scelta. Chi accettava di collaborare con il fascismo ritornava a combattere oppure era destinato al lavoro coatto (Todt). Chi si rifiutava rimaneva nel campo di concentramento e pagava durissimamente questa scelta, spesso con la vita.

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ENRICO VANZINI A DACHAU

UNA SALA STRACOLMA AD ASCOLTARLO Siamo intossicati da una comunicazione enfatica e seduttiva, dalle cui insidie siamo allenati a proteggerci con lo scetticismo. Il racconto di Enrico Vanzini, con la sua semplicità e schiettezza, annulla subito ogni pregiudizio : arriva diritto al cuore.

UN MANUALE DI SOPRAVVIVENZA ALL’ORRORE Ho letto, mezzo secolo fa, “Se questo è un uomo” di Primo Levi ed è come se avessi ritrovato, in Enrico Vanzini, un buon compagno di un mio carissimo amico. Quanti malati, anche oggi, dimostrano di poter sopportare esperienze terribili, prolungate e senza speranza, senza farsi distruggere psicologicamente. Come ha suggerito l’oratore, nei campi di concentramento, era l’aggravante morale che, spesso, spezzava definitivamente ogni resistenza psicologica. Uomini come Enrico e Primo sembrano aver attraversato “quasi indenni”, miracolosamente, quell’inferno. E’ come se si fossero protetti in una “cella di sicurezza”, come quella dalla quale fuoriescono, sorprendentemente vivi, i piloti di formula uno. Enrico Vanzini ci ha rivelato il suo segreto: un quadro di valori molto semplice, ma, forse proprio per questo, solidissimo, assimilato profondamente, con il latte materno. Considera essenziale sopratutto una profonda adesione alla visione cristiana. Levi invece descrive una ricetta completamente diversa: intellettuale profondo e raffinato, i suoi valori sono decisamente laici e affondano le radici nell’umanesimo.

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LA MORALE DELLA STORIA NON STA IN UN TWEET

LA FORMULA MAGICA PER NON FARSI SPEZZARE DAL DOLORE Enrico Vanzini non ha nemmeno provato a banalizzare, tentando un’impossibile conclusione sintetica, su un tema così complesso e lacerante. Con la depressione che dilaga e tanti suicidi apparentemente poco motivati, queste storie sono più che mai attuali e contengono insegnamenti profondi ed efficaci, collaudati. Tuttavia non si possono sintetizzare in uno slogan, in un tweet.

UNA MELENSA MELASSA CONTRO LA GUERRA Far risaltare l’orrore non è un antidoto che funziona

Le ferite del primo conflitto mondiale erano ancora ben aperte nel popolo italiano, quando è entrato nel secondo, l’opposizione fu irrilevante.

Che insopportabile sciocchezza! I cattivi non sono sempre gli “altri” Le guerre cominciano perché ci sono popoli particolarmente malvagi? Gli italiani sono buoni o cattivi? Mussolini ci condusse al macello, ben due volte in un ventennio, la prima come “opinion leader”, la seconda come capo della nazione: l’abbiamo seguito come il più docile e stupido degli animali! La nazione italiana, ciecamente al suo seguito, un passo alla volta, dal 35 al 41, arrivò a dichiarare una guerra di sfacciata aggressione, letteralmente a tutto il mondo, esclusi i tre alleati. Prima l’Etiopia, poi: Spagna, Francia, Inghilterra, Albania, Grecia, Jugoslavia, Stati Uniti, Russia ecc. Reazioni popolari? Irrilevanti. Abbiamo capito la lezione? Non tutti, secondo me: quanto confuso fanatismo nostalgico si vede ancora in giro!

Sono più maturi gli italiani oggi? Qual’è la loro autonomia di giudizio? I sondaggi dimostrano che la maggior parte dell’opinione pubblica ondeggia da questo a quel demagogo. La gente ostenta disprezzo per il politico, universalmente percepito come mentitore, ma passa da un cialtrone all’altro, alla disperata ricerca di chi le spara più grosse. Siamo sempre i soliti topolini, pronti a seguire, ovunque, il pifferaio di Hamelin.