michael loux – metafisica. un’introduzione contemporanea

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Traduzione di Michael J. Loux ch. 5 “The necessary and the possible” in Metaphysics. A Contemporary Introduction Routledge, London and New York, 1998 (Traduzione di Elisa Paganini) La traduzione che segue ha finalità didattiche. Chiunque riscontri errori, refusi, frasi poco comprensibili è invitato a fare le opportune segnalazioni alla traduttrice per e- mail. La nota contrassegnata con N. d. T. è della traduttrice. Michael Loux – Metafisica. Un’introduzione contemporanea Cap. 5 Il necessario e il possibile 1. I problemi che riguardano la modalità […] Le nozioni di necessario, possibile, impossibile, contingente sono chiamate nozioni modali. […] Abbiamo detto [nei capitoli precedenti del libro], per esempio, che una proposizione necessariamente vera è tale che è impossibile che sia falsa; abbiamo detto che un attributo è essenziale a una cosa nel caso in cui quella cosa non possa esistere senza quell’attributo. In breve, abbiamo spiegato ciascuna nozione modale nei termini di altre nozioni modali. L’assunzione di fondo è stata che le nozioni modali sono in ultima analisi non problematiche, che tutti noi afferriamo queste nozioni e che l’uso filosofico di tali nozioni può semplicemente fare affidamento su questo fatto. Tuttavia molti filosofi metterebbero in discussione il nostro uso libero di tali nozioni. 1 Essi sosterrebbero che c’è qualcosa di profondamente problematico riguardo a tali nozioni e avanzerebbero obiezioni a ciò che considererebbero un uso sconsiderato di tali nozioni da parte nostra. Direbbero che siamo stati ingenui a supporre di avere una comprensione affidabile delle nozioni modali e che ci stiamo rendendo oscuri nel fare appello ad esse. Perché questi filosofi considerano le nozioni modali con tale sospetto? Ci sono numerose ragioni diverse. Una di esse è certamente legata a un orientamento empirista in metafisica. Coloro che hanno criticato le nozioni modali sono stati spesso empiristi, e hanno messo in discussione l’appello a concetti che non possono essere fatti risalire al nostro confronto empirico col mondo. Hanno insistito che l’esperienza non rivela mai ciò che è necessario o ciò che è possibile, ma solo ciò che accade; e hanno sostenuto che se la nostra esperienza del mondo ci mostra che non ha caratteristiche modali, noi non abbiamo alcun fondamento per usare i concetti modali nella nostra caratterizzazione metafisica della struttura di quel mondo. A loro avviso, se il discorso modale (il discorso su ciò che è necessario, possibile o impossibile) ha un qualche fondamento, è solo in relazione al linguaggio. Essi concedono che è necessariamente vero che gli scapoli non sono sposati, ma negano che nel dire ciò stiamo descrivendo caratteristiche del mondo 1 Il più eminente critico delle nozioni modali è Quine. Durante tutta la sua carriera ha proposto argomenti contro l’uso di nozioni come la possibilità e la necessità. Si veda per esempio “Due dogmi dell’empirismo” (nell’antologia Filosofia del linguaggio, Cortina, Milano, 2003) e Parola e oggetto.

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Page 1: Michael Loux – Metafisica. Un’introduzione contemporanea

Traduzione di Michael J. Loux ch. 5 “The necessary and the possible” in Metaphysics. A Contemporary Introduction Routledge, London and New York, 1998 (Traduzione di Elisa Paganini) La traduzione che segue ha finalità didattiche. Chiunque riscontri errori, refusi, frasi poco comprensibili è invitato a fare le opportune segnalazioni alla traduttrice per e-mail. La nota contrassegnata con N. d. T. è della traduttrice. Michael Loux – Metafisica. Un’introduzione contemporanea Cap. 5 Il necessario e il possibile

1. I problemi che riguardano la modalità

[…] Le nozioni di necessario, possibile, impossibile, contingente sono chiamate

nozioni modali. […] Abbiamo detto [nei capitoli precedenti del libro], per esempio, che una proposizione necessariamente vera è tale che è impossibile che sia falsa; abbiamo detto che un attributo è essenziale a una cosa nel caso in cui quella cosa non possa esistere senza quell’attributo. In breve, abbiamo spiegato ciascuna nozione modale nei termini di altre nozioni modali. L’assunzione di fondo è stata che le nozioni modali sono in ultima analisi non problematiche, che tutti noi afferriamo queste nozioni e che l’uso filosofico di tali nozioni può semplicemente fare affidamento su questo fatto.

Tuttavia molti filosofi metterebbero in discussione il nostro uso libero di tali nozioni.1 Essi sosterrebbero che c’è qualcosa di profondamente problematico riguardo a tali nozioni e avanzerebbero obiezioni a ciò che considererebbero un uso sconsiderato di tali nozioni da parte nostra. Direbbero che siamo stati ingenui a supporre di avere una comprensione affidabile delle nozioni modali e che ci stiamo rendendo oscuri nel fare appello ad esse. Perché questi filosofi considerano le nozioni modali con tale sospetto? Ci sono numerose ragioni diverse. Una di esse è certamente legata a un orientamento empirista in metafisica. Coloro che hanno criticato le nozioni modali sono stati spesso empiristi, e hanno messo in discussione l’appello a concetti che non possono essere fatti risalire al nostro confronto empirico col mondo. Hanno insistito che l’esperienza non rivela mai ciò che è necessario o ciò che è possibile, ma solo ciò che accade; e hanno sostenuto che se la nostra esperienza del mondo ci mostra che non ha caratteristiche modali, noi non abbiamo alcun fondamento per usare i concetti modali nella nostra caratterizzazione metafisica della struttura di quel mondo. A loro avviso, se il discorso modale (il discorso su ciò che è necessario, possibile o impossibile) ha un qualche fondamento, è solo in relazione al linguaggio. Essi concedono che è necessariamente vero che gli scapoli non sono sposati, ma negano che nel dire ciò stiamo descrivendo caratteristiche del mondo 1 Il più eminente critico delle nozioni modali è Quine. Durante tutta la sua carriera ha proposto argomenti contro l’uso di nozioni come la possibilità e la necessità. Si veda per esempio “Due dogmi dell’empirismo” (nell’antologia Filosofia del linguaggio, Cortina, Milano, 2003) e Parola e oggetto.

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non-linguistico. Il discorso sulla necessità riflette semplicemente la nostra decisione di usare le parole in un certo modo. Che gli scapoli non sono sposati è necessario solo nel senso che è vero in virtù dei significati delle parole “scapolo” e “non sposato”. Per come lo presentano gli empiristi, la sola necessità è necessità verbale.

Le obiezioni empiriste all’uso delle nozioni modali in metafisica hanno una lunga storia. Risalgono almeno a Hume. Un diverso tipo di obiezione risale a tempi più recenti. Questa obiezione al discorso sulla necessità e sulla possibilità era particolarmente diffusa nella prima metà di questo secolo [il ventesimo secolo]. Trae origine da una certa concezione di come dovrebbe apparire un linguaggio filosoficamente adeguato. Il requisito per accettare un certo discorso o un insieme di enunciati è che sia estensionale. Ma che cos’è un discorso estensionale o un insieme estensionale di enunciati? Questa non è una domanda semplice, ma per i nostri scopi possiamo dire che una parte del linguaggio è estensionale se ciascuno dei suoi enunciati è tale che la sostituzione dei suoi termini costituenti con espressioni coreferenziali (cioè, espressioni che hanno lo stesso riferimento) non altera il valore di verità dell’enunciato. Due termini singolari sono coreferenziali se nominano la stessa cosa; due termini predicativi (o generali) sono coreferenziali se sono veri degli (o sono soddisfatti dagli) stessi oggetti; e due enunciati possono essere detti coreferenziali se hanno lo stesso valore di verità. Date queste definizioni, non è troppo difficile capire in che cosa consiste l’estensionalità. Ciascuno degli enunciati seguenti è chiamato un contesto estensionale:

(1) Giorgio Napolitano è in vacanza in Valtellina (2) Ogni essere umano è mortale (3) Due più due fa quattro e Tony Blair è Primo Ministro del Regno Unito

Supponiamo di sostituire a “Giorgio Napolitano” in (1) il termine coreferenziale

“il Presidente della Repubblica Italiana nel 2008”. Il risultato è un enunciato con lo stesso valore di verità di (1). Allo stesso modo, se sostituiamo al termine generale (o predicativo) “essere umano” in (2) il termine coreferenziale “bipede implume”, l’enunciato che otteniamo è vero se (2) è vero e falso se (2) è falso. Infine, se sostituiamo “i triangoli hanno tre lati” a “due più due fa quattro” otteniamo un enunciato che ha lo stesso valore di verità di (3).

Abbiamo detto che i filosofi nella prima metà del ventesimo secolo hanno spesso sostenuto che un discorso filosofico rispettabile, cioè un discorso filosofico utilizzato per fare filosofia seria, deve essere estensionale nel senso appena delineato. Perché? Ci sono diverse ragioni; ma il motivo principale era che dove il linguaggio è estensionale abbiamo una chiara comprensione delle relazioni inferenziali fra i vari enunciati del linguaggio; sappiamo quali enunciati seguono o sono derivabili da altri enunciati. E la ragione di ciò è che ci sono sistemi logici ben fondati, sistemi di cui comprendiamo completamente il funzionamento, che regolano le relazioni logiche fra enunciati in un linguaggio estensionale. Disponiamo del calcolo proposizionale che regola il funzionamento dei connettivi proposizionali (“non”, “e”, “o”, “se…allora” e “se e solo se”), del calcolo predicativo che mostra come la struttura interna degli

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enunciati si rapporta alle connessioni inferenziali in cui sono coinvolte, e della teoria degli insiemi che esibisce le connessioni inferenziali fra enunciati che esprimono relazioni insiemistiche.

Pertanto laddove il linguaggio è estensionale, abbiamo un sistema logico che specifica esattamente quali enunciati sono conseguenza di un qualsiasi insieme di enunciati; e si è pensato che questo fatto rendesse il linguaggio estensionale adatto a fare filosofia seriamente. Ma che rilevanza hanno queste osservazioni con la modalità? Beh, non si può dare per scontato che gli enunciati che contengono termini con espressioni modali superino il test dell’estensionalità. Un paio di esempi sono sufficienti per evidenziare la difficoltà. Poiché

(4) Due più due fa quattro e gli scapoli non sono sposati

è una verità necessaria,

(5) E’ necessario che due più due fa quattro e gli scapoli non sono sposati

è vero. Se tuttavia sostituiamo “due più due fa quattro” in (5) con “Giorgio Napolitano è Presidente della Repubblica Italiana”, ciò che risulta

(6) E’ necessario che Giorgio Napolitano è Presidente della Repubblica

Italiana e gli scapoli non sono sposati

è falso. Poiché è solo contingentemente vero che Giorgio Napolitano è Presidente della Repubblica Italiana, la congiunzione “Giorgio Napolitano è Presidente della Repubblica Italiana e gli scapoli non sono sposati” è anch’essa contingente. Pertanto introducendo la nozione di necessità abbiamo convertito (4), un enunciato puramente estensionale, in un enunciato che non è estensionale; o, come talvolta si dice, l’introduzione della nozione di necessità qui converte un contesto estensionale in un contesto intensionale. Allo stesso modo

(7) L’uomo più alto dell’Indiana è più alto di chiunque altro in Indiana

è un contesto estensionale. Il suo valore di verità non cambia quando sostituiamo “l’uomo più alto dell’Indiana” col termine coreferenziale “Sam Small”. Tuttavia (7) esprime una verità necessaria, pertanto

(8) E’ necessario che l’uomo più alto dell’Indiana sia più alto di chiunque

altro in Indiana

è vero; ma (8) non è estensionale, mentre lo è (7). Quando facciamo le sostituzioni opportune in (8) ciò che risulta è

(9) E’ necessario che Sam Small sia più alto di chiunque altro in Indiana

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e (9) è falso; infatti sebbene Sam Small sia più alto di chiunque altro in Indiana, ci sarebbe ovviamente potuto essere qualcuno in Indiana più alto di Sam.

Pertanto introducendo termini che esprimono nozioni modali nel nostro linguaggio convertiamo i contesti estensionali in contesti non-estensionali; e per molti filosofi degli anni quaranta e cinquanta del Novecento ciò significa che le nozioni modali non possono avere un posto nella filosofia seria.2 Poiché gli enunciati che includono le espressioni modali non possono essere conciliate con i sistemi estensionali del calcolo proposizionale, del calcolo predicativo e della teoria degli insiemi, i filosofi che invocano tali nozioni non riescono a rendere conto delle relazioni inferenziali fra i diversi enunciati modali che vogliono assumere. Essi non hanno una chiara comprensione di ciò a cui si impegnano quando fanno una particolare assunzione di tipo modale; e questo, per i critici, equivale a dire che non capiscono quello che dicono.

Si potrebbe pensare che ciò di cui c’era bisogno fosse semplicemente un sistema logico che rendesse conto delle relazioni logiche fra enunciati modali; cioè che c’era bisogno di una logica modale. Ma c’erano sistemi modali in letteratura. La difficoltà era dovuta al fatto che ce n’erano troppi.3 I logici hanno lavorato per rendere sistematiche le inferenze modali, ma ciò che hanno scoperto è che è possibile generare logiche modali diverse e non equivalenti, logiche che danno risposte diverse alla domanda “Quali enunciati modali seguono da un dato insieme di enunciati modali?” E questo fatto è stato utilizzato abilmente dai critici delle nozioni modali. Dal loro punto di vista, la possibilità di fornire sistemi non equivalenti di inferenza modale ha mostrato che noi non abbiamo davvero una comprensione affidabile delle nozioni di necessità e possibilità, ed è servita a confermare la loro fedeltà all’ideale di un linguaggio completamente estensionale.

Pertanto, un orientamento empirista in metafisica insieme a considerazioni tecniche sull’estensionalità hanno avuto l’effetto di diffondere un certo scetticismo sull’uso delle nozioni di necessità, possibilità e contingenza. Per la verità molti filosofi hanno continuato a credere che la metafisica seria richiedesse l’appello alle nozioni modali; ma le obiezioni degli scettici li mettevano sulla difensiva. Poi, negli anni cinquanta e sessanta del Novecento, gli sviluppi nella logica modale hanno ridato fiducia ai sostenitori delle nozioni di necessità e possibilità. I logici hanno scoperto che possono dare una chiara spiegazione alle nozioni di possibilità e necessità così come vengono usate nelle diverse logiche modali facendo appello all’idea Leibniziana che il nostro mondo, il mondo attuale, è semplicemente uno degli infiniti mondi possibili.4 L’idea guida è che così come le proposizioni possono essere vere o false nel mondo attuale, possono avere valori di verità in altri mondi possibili. Pertanto la proposizione che Gordon Brown è Primo Ministro del Regno Unito è vera 2 Si veda per esempio Quine (1947) “The problem of interpreting modal logic” in Journal of Symbolic Logic e “Tre gradi di coinvolgimento modale” (1953) (tr. it. in A. Varzi (a cura di), Metafisica, Laterza, 2007) 3 Il lettore con una buona conoscenza di logica troverà una presentazione critica di questi problemi in Loux “Modality and metaphysics” in Loux, The Possible and the Actual, Ithaca, Cornell University Press (1979). 4 Una figura centrale al riguardo è stata Saul Kripke. Si veda Kripke (1963) “Considerazioni semantiche sulla logica modale” (tr. it. in L. Linsky (a cura di), Riferimento e modalità, Milano, Bompiani, 2002, pp. 80-92).

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nel nostro mondo; e sebbene ci siano indubbiamente molti altri mondi possibili in cui è vera, ci sono anche molti mondi possibili in cui è falsa. I logici modali hanno sostenuto che l’idea che le proposizioni possano avere valori di verità nei mondi possibili fornisce gli strumenti per spiegare l’applicazione dei concetti modali alle proposizioni. Per dire che una proposizione è vera o vera “attualmente” [actually] significa che è vera in quel mondo possibile che è il mondo attuale. Del resto, dire che una proposizione è necessaria o vera necessariamente è equivalente a dire che è vera in tutti i mondi possibili, e dire che una proposizione è possibile o è possibile che sia vera è equivalente a dire che è vera in uno o l’altro dei mondi possibili. In base a questo resoconto, le nozioni di necessità e possibilità devono essere spiegate nei termini di quantificazione su mondi. Dire di una proposizione p che è necessariamente vera significa introdurre un quantificatore universale sui mondi possibili. E’ equivalente a dire “Per ogni mondo possibile W, p è vero in W”. E dire di una proposizione p che è possibilmente vera significa introdurre un quantificatore esistenziale sui mondi possibili; è equivalente a dire “C’è almeno un mondo possibile W tale che p è vera in W”.

L’elaborazione di questa idea coinvolge dettagli tecnici su cui possiamo soprassedere; ma una caratteristica importante di questo approccio neo-leibniziano alla modalità è stata la sua capacità di spiegare la pluralità di logiche modali. E’ emerso che possiamo porre diversi tipi di costrizioni o restrizioni formali sulla quantificazione sui mondi possibili, e le diverse costrizioni corrispondono a diversi sistemi proposti dai logici modali nei loro tentativi di caratterizzare le inferenze modali. Ma, inoltre, nel dirci che l’oggetto di indagine nel discorso modale è la totalità dei mondi possibili, i sostenitori dell’approccio neo-leibniziano alla logica modale sono stati in grado di spiegare l’impossibilità – sottolineata dagli empiristi - di spiegare le nozioni di necessità e possibilità facendo appello al contenuto dell’esperienza di tutti i giorni. Quando parliamo di ciò che è necessario o possibile, non stiamo parlando semplicemente di come il mondo è di fatto; stiamo parlando della totalità dei mondi possibili. Di conseguenza, non sorprende che l’empirista non fosse in grado di identificare l’oggetto di indagine del discorso modale facendo semplicemente appello ai contenuti delle nostre esperienze percettive nel mondo attuale.

2. Mondi possibili

La strategia neo-leibniziana per rendere conto della logica modale ha a lungo

combattuto contro lo scetticismo sulla modalità. Indubbiamente, il successo di quella strategia ha permesso il sorgere di un’età dell’oro per lo studio delle modalità, che continua ancora oggi. I filosofi hanno incominciato a credere che se noi prendiamo seriamente l’idea dei mondi possibili e la facciamo diventare parte della nostra teoria ontologica, abbiamo le risorse per affrontare una gran quantità di questioni filosofiche difficili. […] L’idea che esistano infiniti mondi possibili sembra così lontana dalla nostra comune concezione di ciò che esiste da mettere in discussione l’intera attività che si chiama metafisica.

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La prima replica dei cosiddetti “metafisici dei mondi possibili” è che questo tipo di reazione è fuori luogo.5 Essi insistono che se i non-filosofi non parlano dei mondi possibili come tali, l’apparato teorico dei mondi possibili ha radici intuitive profonde. Sostengono che l’idea dei mondi possibili può essere fatta risalire a idee pre-filosofiche che tutti condividiamo. Il modo in cui lo spiegano è il seguente. Tutti noi crediamo che le cose sarebbero potute andare diversamente. Noi crediamo cioè che il modo in cui vanno le cose di fatto sia solo uno dei molti diversi modi in cui le cose sarebbero potute andare. Ma non solo crediamo che ci siano molti diversi modi in cui le cose sarebbero potute andare; noi assumiamo che i diversi modi in cui le cose sarebbero potute andare siano ciò che conferisce un valore di verità alle nostre credenze modali pre-filosofiche. Se crediamo che un qualcosa è necessario (che deve accadere), noi crediamo che in qualunque modo le cose possano essere andate, quel qualcosa sarebbe accaduto. Come diciamo, sarebbe accaduto in qualunque caso. Allo stesso modo se crediamo che qualcosa sia possibile (che potrebbe essere accaduto), crediamo che ci sia un modo in cui le cose sarebbero potute andare tale che se fossero andate in quel modo, quel qualcosa sarebbe accaduto.

Ora, gli studiosi di metafisica dei mondi possibili ci dicono che quando si parla di mondi possibili si stanno semplicemente rendendo rigorose le intuizioni pre-filosofiche che sono qui all’opera. In questa interpretazione, quando gli ontologi parlano di mondi possibili stanno semplicemente dando un nome tecnico a qualcosa che noi tutti, filosofi e non-filosofi, crediamo – modi, modi completi o totali, in cui le cose sarebbero potute andare; e quando ci dicono che le nozioni modali devono essere intese come quantificatori sui mondi possibili, stanno semplicemente rendendo esplicita la connessione fra queste cose e le nostre credenze modali ordinarie. L’idea che una proposizione p è necessaria solo nel caso in cui per ogni mondo possibile W, p è vera in W, è semplicemente una formalizzazione della credenza che una proposizione è necessaria se è vera qualsiasi cosa accada; e l’idea che una proposizione p è possibile solo nel caso in cui ci sia un mondo possibile W, tale che p è vera in W, non è nient’altro che un modo rigoroso di esprimere la credenza che questo o quest’altro sarebbero potuti accadere a condizione che certe circostanze si fossero realizzate.

Pertanto si assume che la comprensione delle nozioni modali utilizzate in logica modale e la metafisica dei mondi possibili non sia un’invenzione del filosofo, ma una semplice estensione del senso comune. Le modalità così comprese sono esempi di ciò che è chiamata modalità de dicto. La modalità de dicto è la necessità o la possibilità in quanto applicate a una proposizione considerata come un tutto. Quando attribuiamo una modalità de dicto, stiamo dicendo che una proposizione ha una certa proprietà, la proprietà di essere necessariamente vera o possibilmente vera; e, come abbiamo visto, il resoconto delle modalità de dicto in termini di mondi possibili interpreta queste modalità nei termini di quantificazioni su mondi. Così come una proposizione ha la proprietà di essere vera o di essere vera “attualmente” quando è vera nel mondo attuale, così una proposizione ha la proprietà di essere necessariamente vera quando è vera in tutti i mondi possibili e ha la proprietà di 5 Per una chiara esposizione di questa replica, si veda D. Lewis “Mondi possibili”(1973) tr. it in Varzi (2007) cit.

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essere possibilmente vera quando è vera in qualche mondo possibile. E, ovviamente, possiamo estendere questo resoconto fino a includere le proprietà modali dell’impossibilità o della contingenza proposizionale. Dire che una proposizione è impossibile è attribuirle la proprietà di non essere possibilmente vera o di essere necessariamente falsa; e una proposizione ha quella proprietà quando non è vera in alcun mondo possibile o quando è falsa in ogni mondo possibile. E dire che una proposizione è contingentemente vera o falsa significa attribuirle una proprietà che la proposizione ha quando è vera/falsa nel mondo attuale ma c’è qualche altro mondo possibile in cui è falsa/vera.

Una diversa nozione di modalità […] è quella adottata quando parliamo di ciò che è essenziale o accidentale per un oggetto. La modalità qui in uso è chiamata modalità de re. Mentre l’attribuzione di una modalità de dicto è l’attribuzione della proprietà della verità/falsità necessaria, della verità/falsità possibile o della verità/falsità contingente a una proposizione considerata come un tutto, l’attribuzione di una modalità de re specifica lo stato modale dell’esemplificazione di un qualche attributo da parte di una cosa. Quando dico che Giorgio Napolitano è necessariamente o essenzialmente una persona, ma solo contingentemente o accidentalmente il Presidente della Repubblica, sto attribuendo modalità de re. Non sto parlando di proposizioni. Sto parlando di un particolare essere umano, e sto distinguendo lo stato modale della sua esemplificazione di due diverse proprietà o attributi. Sto dicendo che ha una di queste proprietà essenzialmente o necessariamente e l’altra accidentalmente o contingentemente. Per dirlo in altro modo, sto attribuendo certe proprietà modali a un certo oggetto non-proposizionale, Giorgio Napolitano. Sto attribuendo a lui la proprietà modale di esemplificare necessariamente o essenzialmente la proprietà di essere una persona e la proprietà modale di esemplificare contingentemente o accidentalmente la proprietà di essere Presidente della Repubblica Italiana.

Possiamo mettere in evidenza la differenza fra le modalità de dicto e de re se supponiamo che Stephen Hawking stia pensando al numero due. Il numero due ha essenzialmente o necessariamente la proprietà di essere un numero pari. Di conseguenza, la seguente attribuzione di modalità de re è vera:

(1) La cosa a cui Stephen Hawking sta pensando è necessariamente un numero pari

L’attribuzione corrispondente di modalità de dicto (2) Necessariamente la cosa a cui Stephen Hawking sta pensando è un numero pari

è, tuttavia, falsa: (1) ci dice che un certo oggetto, quello a cui Hawking sta ora pensando, è essenzialmente o necessariamente un numero pari, e poiché quell’oggetto è il numero due, (1) è vero. (2), d’altra parte, ci dice che una certa proposizione, cioè

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(3) La cosa a cui Stephen Hawking sta pensando è un numero pari

ha la proprietà di essere necessariamente vera. Ma supponiamo che Hawking stia pensando a un buco nero in una lontana galassia, allora (3) sarebbe falso. Poiché avrebbe potuto pensare a un buco nero, (3) non è una verità necessaria; e la pretesa de dicto che abbiamo indicato con (2) è falsa.

Pertanto, l’attribuzione di modalità de re deve essere distinta dal discorso sulla necessità, possibilità e contingenza proposizionale. Tuttavia, i difensori dell’apparato dei mondi possibili pretendono che la modalità de re così come la modalità de dicto possa essere chiarita facendo riferimento a quell’apparato. Viene richiesto che sia riconosciuto che così come le proposizioni sono vere o false nei mondi possibili, gli oggetti esistono o non esistono nei mondi possibili. Possiamo metterla in questi termini, i mondi possibili hanno popolazioni; e le popolazioni dei mondi possibili differiscono. Nella totalità dei mondi possibili, ce ne sono alcuni in cui certi oggetti esistono e altri in cui questi oggetti non esistono, ma in cui ne esistono altri. E, ovviamente, gli oggetti possono esistere in più di un mondo possibile. Io esisto nel mondo attuale, ma se le cose fossero andate diversamente in vari modi, io avrei potuto esistere comunque. Ora, i difensori dell’apparato dei mondi possibili pretendono che questi fatti ci forniscano le risorse per spiegare le modalità de re. Il resoconto è semplice: dire che un oggetto x ha la proprietà P necessariamente o essenzialmente significa dire che x ha P nel mondo attuale e in ogni altro mondo possibile in cui x esiste; significa dire che x ha P nel mondo attuale e che non c’è un mondo possibile in cui x esiste ed è privo di P. Pertanto, è plausibile pensare che Giorgio Napolitano abbia la proprietà di essere una persona essenzialmente; infatti è una persona non solo nel mondo attuale, ma è ragionevole pensare che sia una persona in tutti i mondi possibili in cui esiste. D’altra parte, dire che una cosa ha una proprietà solo accidentalmente o contingentemente significa dire che mentre ha quella proprietà nel mondo attuale, c’è almeno un mondo possibile in cui quella cosa esiste ma non ha quella proprietà. Pertanto, mentre Giorgio Napolitano ha la proprietà di essere Presidente, ha quella proprietà solo contingentemente; infatti sebbene abbia quella proprietà nel mondo attuale, ci sono dei modi in cui le cose sarebbero potute andare tali che, se fossero andate in quel modo, Giorgio Napolitano sarebbe esistito ma non sarebbe mai diventato Presidente.

Come il discorso sulla verità necessaria e possibile, il discorso sull’essenza e l’accidente può essere inteso come un discorso sui mondi possibili; e in entrambi i casi abbiamo la quantificazione sui mondi possibili. Il modo in cui operano i quantificatori cambia tuttavia nei due casi. Nel caso della modalità de dicto, la quantificazione sui mondi possibili è incondizionata. Quando diciamo che una proposizione è necessariamente vera, stiamo dicendo che è vera in ogni mondo possibile, senza preclusione di sorta. Quando diciamo che una cosa ha una proprietà necessariamente o essenzialmente, stiamo ancora invocando un quantificatore sui mondi possibili, ma ci sono condizioni imposte all’uso del quantificatore. La pretesa che Giorgio Napolitano sia essenzialmente una persona non è la pretesa che Giorgio Napolitano sia una persona in tutti i mondi possibili. Giorgio Napolitano non è un

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essere necessario, un essere che esiste in tutti i mondi possibili. Egli è semplicemente un essere contingente; ci sono molti mondi possibili in cui non esiste e pertanto non ha affatto alcuna proprietà. La pretesa che egli sia essenzialmente una persona è la pretesa più circoscritta che egli è una persona nel mondo attuale ed è una persona in tutti i mondi possibili in cui esiste. Allo stesso modo, quando diciamo che Giorgio Napolitano è solo contingentemente Presidente, non stiamo semplicemente affermando che c’è un mondo possibile in cui non si dà il caso che sia Presidente; stiamo facendo l’affermazione più forte che c’è un mondo in cui esiste e non è Presidente. Ancora una volta, quindi, c’è una restrizione riguardo alla quantificazione sui mondi. Stiamo quantificando solo sui mondi in cui Giorgio Napolitano esiste.

3. Nominalismo e mondi possibili

Ed è così che l’apparato dei mondi possibili fa luce sulla nozione di modalità.

Sembra esserci una connessione stretta fra l’attribuzione di modalità de dicto e de re e discorso sui vari modi in cui le cose sarebbero potute andare, cioè il discorso sui mondi possibili. Ma come dobbiamo interpretare esattamente questa connessione? Gli studiosi di metafisica sui mondi possibili non rispondono affatto a questa domanda nello stesso modo. Indubbiamente, ci sono due visioni diametralmente opposte su come dobbiamo interpretare la connessione fra modalità e mondi possibili. Un gruppo di filosofi che trova congeniale i mondi possibili insiste che le nozioni di mondi possibili, di necessità, possibilità e contingenza proposizionale, e di essenza e accidente sono tutti componenti di una rete di concetti interconnessi e in reciproco supporto.6 Pensano che sia impossibile comprendere alcuno di questi concetti senza fare appello a concetti che sono parte della connessione. In base a questa interpretazione, ciò che dobbiamo fare se vogliamo comprendere il fenomeno della modalità è far luce su ciascuna nozione nella connessione mostrando le relazioni con le altre nozioni nella connessione. Un altro gruppo di filosofi che trova congeniale i mondi possibili avvicina l’apparato dei mondi possibili con uno spirito diverso.7 Pretendono di trovare nell’apparato dei mondi possibili le risorse per sviluppare il progetto riduzionista di un nominalismo austero. L’opposizione fra questi due approcci rappresenta un tema centrale nella metafisica recente. Se dobbiamo chiarirci sul tema della modalità, dobbiamo comprendere le fondamenta su cui si basa il dibatto fra i proponenti di questi due approcci. Iniziamo a esaminare le idee di coloro che adottano i mondi possibili nell’intento di realizzare il progetto riduzionista del nominalismo tradizionale.

Questi filosofi sostengono che l’apparato dei mondi possibili faccia di più che chiarire le attribuzioni di modalità de re e de dicto. Insistono che l’apparato permette 6 Questo approccio è sviluppato negli scritti di Alvin Plantinga. Si veda Plantinga (1970) “World and essence” in Philosophical Review, Plantinga (1974) The Nature of Necessity, Oxford, Oxford University Press, Plantinga (1976) “Actualism and possible worlds” in Theoria e Plantinga (1987) “Two concepts of modality” in Philosophical Perspectives. Per altre difese di questo approccio, si veda Stalnaker (1976) “Possible worlds” in Nous e Adams (1974) “Theories of actuality” in Nous. 7 David Lewis difende questa interpretazione in “Possible worlds” cit. e in Lewis (1986) On the Plurality of worlds, Oxford, Blackwell. Per altri difensori di questo approccio si vedano Cresswell (1972) “The world is everything which is the case” in Australasian Journal of Philosophy e Hintikka (1975) The intentions of intentionality, Dordrecht, Reidel.

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allo studioso di metafisica di fornire resoconti genuinamente nominalistici di nozioni come quella di proprietà e di proposizione. Mentre questi filosofi sono attratti dall’ontologia di un nominalismo molto austero, pensano che nessuna teoria metafisica possa fare a meno di parlare di cose come proprietà e proposizioni; e sono preoccupati dalle difficoltà che incontrano i diversi tentativi tradizionali di fornire analisi nominalistiche di discorsi di questo tipo […]. Sostengono, tuttavia, che queste difficoltà non mostrano il fallimento del progetto nominalista; mostrano semplicemente che i nominalisti non possono portare a buon fine il loro progetto se si limitano solo a considerare il contenuto del mondo attuale. Ma insistono che non devono limitarsi in questo modo; infatti ci sono tutti gli altri mondi possibili con i diversi oggetti che li abitano. Ora, quello che noi possiamo chiamare “nominalista dei mondi possibili” sostiene che ciascuno di questi mondi si accorda al mondo attuale nell’incorporare solo quel tipo di cose apprezzate dal nominalista austero – i particolari concreti. E la pretesa è che facendo appello ai diversi mondi possibili e ai particolari concreti che li popolano abbiamo gli strumenti per sviluppare il progetto nominalista di fornire un resoconto riduzionista dei discorsi su proprietà, proposizioni e simili.

Ciò che è necessario, a loro avviso, sono semplicemente le risorse della teoria degli insiemi. Applicando la teoria degli insiemi all’intera gamma dei mondi possibili e dei loro contenuti, possiamo fornire un resoconto austeramente nominalista delle entità che costituiscono l’ontologia del realismo metafisico. Abbiamo già discusso del modo austero in cui i nominalisti possono fare appello agli insiemi per spiegare che cos’è una proprietà. Come abbiamo visto [nei precedenti capitoli], i nominalisti austeri direbbero che una proprietà, la F-ità, è semplicemente l’insieme i cui membri sono tutti e soli i particolari concreti che sono F. In base a questa interpretazione, la triangolarità è solo un grande insieme, l’insieme i cui membri sono tutti gli oggetti triangolari che ci sono, e “coraggio” nomina l’insieme i cui membri sono tutti e soli i vari individui coraggiosi. Abbiamo tuttavia rilevato una difficoltà per questa impostazione; conduce a concludere che proprietà di cui sappiamo che sono diverse diventano identiche. Un insieme α è identico ad un insieme β solo nel caso in cui α e β abbiano gli stessi membri; ma allora dal momento che tutti gli esseri umani sono bipedi implumi, l’insieme delle cose che sono esseri umani è identico all’insieme delle cose che sono bipedi implumi, e abbiamo il risultato insoddisfacente che la proprietà di essere umano e la proprietà di essere bipede implume sono la stessa proprietà. I nominalisti che adottano i mondi possibili tuttavia insistono che possiamo superare questa difficoltà combinando le risorse della teoria degli insiemi con le collezioni di oggetti concreti fornite dall’apparato dei mondi possibili.

Così come c’è un insieme di cose che sono bipedi implumi nel mondo attuale e un insieme di cose che sono esseri umani nel mondo attuale, ci sono insiemi analoghi per tutti gli altri mondi possibili. Infatti, per ogni mondo possibile W, c’è un insieme i cui membri sono le cose che sono bipedi implumi in W e c’è un insieme composto di tutte e solo le cose che sono esseri umani in W. Ora, alcuni mondi possibili sono come quello attuale perché gli insiemi rilevanti in questi mondi sono identici; ma questo non sarà il caso per tutti i mondi possibili. Ci sono molti mondi possibili tali

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che in essi l’insieme dei bipedi implumi è diverso dall’insieme degli esseri umani. Ci sono mondi in cui ci sono bipedi implumi che non sono esseri umani o, forse, esseri umani che, per qualche peculiarità genetica o qualche bizzarro fattore ambientale, hanno piume o hanno più di due gambe. Pertanto attraverso la totalità dei mondi possibili, gli insiemi di cose che sono bipedi implumi divergono dagli insiemi di cose che sono esseri umani. Ma, quindi, se riuniamo tutti gli insiemi dei bipedi implumi associati a ciascun mondo possibile e costruiamo un’entità insiemistica a partire da essi; e se facciamo lo stesso per gli insiemi di cose che sono esseri umani nei vari mondi, gli insiemi risultanti saranno diversi. E se noi continuiamo a identificare la proprietà di essere un bipede implume con la prima struttura teoretica e la proprietà di essere un essere umano con la seconda, abbiamo ciò che gli austeri nominalisti stavano cercando: un resoconto delle proprietà che mostra che sono diverse, ma comunque niente più che costruzioni teoretiche a partire da particolari concreti.

I nominalisti che adottano i mondi possibili ci invitano ad accettare questo resoconto di queste due proprietà e a generalizzarlo al caso di tutte le proprietà. La generalizzazione è tipicamente espressa dicendo che le proprietà sono funzioni da mondi possibili a insiemi di oggetti. L’esecuzione concreta della generalizzazione richiede aspetti tecnici della teoria degli insiemi su cui possiamo sorvolare; il nucleo teorico che sottende la generalizzazione è che una proprietà, la F-ità, è un insieme, un insieme molto grande strutturato in modo tale che collega ciascun mondo possibile con un insieme di oggetti, l’insieme di oggetti che sono F in quel mondo. Come viene spesso presentato, le proprietà sono entità teoretiche di tipo insiemistico che “assegnano” insiemi di oggetti a mondi. Pertanto, la triangolarità è semplicemente una struttura teoretica che, per così dire, va attraverso i mondi possibili assegnando a ciascuno l’insieme di individui che in quel mondo sono triangolari; e il coraggio è un’entità teoretica che correla a ciascun mondo possibile l’insieme di individui che sono coraggiosi in quel mondo.

Tralasciando i tecnicismi, la tesi dei nominalisti che adottano i mondi possibili è chiara. Se combiniamo la teoria degli insiemi e l’apparato dei mondi possibili possiamo fornire un resoconto del discorso sulle proprietà che si conforma agli standard di un nominalismo rigoroso. I nominalisti che adottano i mondi possibili vogliono andare oltre e pretendono che l’accoppiamento di teoria degli insiemi e mondi possibili fornisca anche un’analisi rigidamente nominalista del concetto di proposizione. Qui, la pretesa è che una proposizione non è altro che un insieme di mondi possibili, intuitivamente l’insieme dei mondi possibili in cui è vera. Il resoconto intuitivo non può tuttavia essere l’ultima parola; infatti se lo consideriamo una definizione, la pretesa che una proposizione p è l’insieme dei mondi possibili in cui la proposizione p è vera è decisamente circolare. La nozione che stiamo cercando di spiegare compare nella nostra spiegazione. Possiamo chiarire il tipo di resoconto proposto dai nominalisti sostenitori dei mondi possibili se ci chiediamo che cosa significa per una proposizione p essere vera in un dato mondo possibile W. Non si tratta semplicemente del fatto che W è un mondo in cui si dà il caso che p? E non è semplicemente che W è un mondo in cui si dà il caso che p se e solo se W è un mondo di un certo tipo? Ma che tipo di mondo deve essere W per essere un mondo in

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cui si dà il caso che p? Beh, deve essere ciò che noi possiamo chiamare un mondo p-oso.8 Ora, i nominalisti che accettano i mondi possibili ci propongono di assumere l’idea di un mondo p-oso come fondamentale. Possiamo esprimere l’idea dicendo che è un fatto ontologicamente fondamentale riguardo a un mondo possibile che è un mondo (tutti i cigni sono bianchi)-oso, un mondo (Silvio Berlusconi è Presidente del Consiglio)-oso o un mondo (la Germania ha vinto la Seconda Guerra Mondiale)-oso. Ma se supponiamo che fatti come questi siano fondamentali, allora la pretesa che le proposizioni sono insiemi di mondi possibili non è circolare. E’ semplicemente la pretesa che la proposizione che tutti i cigni sono bianchi è l’insieme di tutti e soli quei mondi possibili che sono (tutti i cigni sono bianchi)-osi, e che la proposizione che la Germania ha vinto la Seconda Guerra Mondiale è l’insieme di tutti e soli i mondi possibili che sono (la Germania ha vinto la Seconda Guerra Mondiale)-osi. Intesa in questi termini, la tesi che le proposizioni sono insiemi di mondi è semplicemente un’estensione del trattamento delle proprietà da parte del nominalista che assume i mondi possibili. L’idea fondamentale in gioco nel caso delle proprietà è l’idea che una proprietà, la F-ità, è un’entità insiemistica i cui elementi ultimi sono oggetti che sono F o F-osi. La proposta che una proposizione p sia l’insieme dei mondi possibili che sono p-osi è semplicemente l’invito a trattare le proposizioni come proprietà globali che raggruppano in insiemi i mondi possibili (invece dei loro abitanti) a seconda che si conformino o meno a certe condizioni descrittive.

Armati dei loro resoconti riduzionisti su proprietà e proposizioni, i nominalisti che assumono i mondi possibili suggeriscono di riconsiderare le nostre precedenti osservazioni sulle modalità de dicto e de re. Per come abbiamo formulato la distinzione fra necessità e possibilità de re e de dicto nella sezione precedente, abbiamo formulato quel resoconto nei termini di proposizioni e proprietà. Ma se i nominalisti che assumono i mondi possibili hanno ragione, il discorso su proposizioni e proprietà non è un discorso su entità irriducibilmente fondamentali favorite dai realisti metafisici; è semplicemente un discorso di tipo insiemistico sui mondi possibili e i loro abitanti. Pertanto deve essere possibile fornire un resoconto rigidamente nominalistico di ciò che è coinvolto nell’attribuzione di modalità de dicto e de re; e i nominalisti che adottano i mondi possibili insistono che di fatto è possibile.

Che cosa significa dire che una proposizione è necessariamente vera? Per i nominalisti che accettano i mondi possibili significa semplicemente dire che certi insiemi di mondi possibili hanno tutti i mondi possibili quali membri. Pertanto dire che la proposizione che due più due è uguale a quattro è necessariamente vera significa dire che l’insieme dei mondi (due più due è uguale a quattro)-osi ha tutti i mondi possibili quali suoi membri. Dire che una proposizione è possibile d’altra parte significa dire che un certo insieme di mondi non è vuoto, cioè che ha almeno un membro. Pertanto dire che è possibile che Rosy Bindi sia Presidente del Consiglio

8 [N. d. T. p-oso è l’aggettivo del sostantivo p, ad esempio se p è “virtù”, p-oso è “virtuoso”, se p è “rigore”, p-oso è “rigoroso”, ovviamente in italiano non sempre il suffisso “-oso” trasforma un sostantivo in aggettivo, ad esempio “povertà”-“povero” o “sobrietà”-“sobrio”; quello che è importante qui è rendersi conto che la proposizione p è paragonata a un sostantivo e p-oso è paragonato all’aggettivo corrispondente]

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significa dire che l’insieme dei mondi (Rosy Bindi è Presidente del Consiglio)-osi ha almeno un membro. In modo simile, dire che una proposizione è contingentemente vera è parlare di un insieme di mondi e dire che mentre il mondo attualizzato è uno dei suoi membri, non tutti i mondi sono attuali. Pertanto la pretesa che è solo contingentemente vero che Silvio Berlusconi sia Presidente del Consiglio è semplicemente la pretesa che mentre l’insieme dei mondi (Silvio Berlusconi è il Presidente del Consiglio)-osi ha il mondo attuale come uno dei suoi membri, ci sono mondi possibili che non sono fra i suoi membri. E infine la pretesa che una proposizione (ad esempio, la proposizione che ci sono scapoli sposati) è necessariamente falsa o impossibile è semplicemente la pretesa che un certo insieme di mondi (l’insieme dei mondi (gli scapoli sono sposati)-osi) è vuoto o non ha membri.

In base ai nominalisti che assumono i mondi possibili quindi i discorsi sulla modalità de dicto possono essere intesi come discorsi insiemistici. Lo stesso è vero sui discorsi che riguardano la modalità de re. Tuttavia, i nominalisti che accettano i mondi possibili sono in disaccordo su come il resoconto debba essere condotto. Ricordiamoci che per un nominalista che accetta i mondi possibili, una proprietà, F-ità, è un insieme che correla a ciascun mondo possibile l’insieme di oggetti che sono F o F-osi in quel mondo. Possiamo dirlo in questo modo, la proprietà è una funzione che assegna a ciascun mondo l’insieme di oggetti che sono F. Tenendo questo a mente, è facile comprendere una certa storia che il nominalista che assume i mondi possibili può dirci riguardo alle modalità de re. In base a questa storia, per un oggetto x essere un campione di una certa proprietà significa essere un membro dell’insieme di oggetti che la proprietà (cioè l’entità insiemistica) assegna al mondo attuale. Ma allora per un oggetto x essere essenzialmente un campione di una certa proprietà significa che x appartiene all’insieme di cose che la proprietà assegna nel mondo attuale e a ciascun insieme che la proprietà assegna in ciascun mondo possibile in cui x esiste. Un altro modo di dire la stessa cosa è che x è un campione della proprietà F-ità essenzialmente o necessariamente solo nel caso in cui x appartenga all’insieme degli oggetti che sono F nel mondo attuale e all’insieme degli oggetti che sono F in tutti gli altri mondi possibili in cui x esiste. E, ovviamente, per un oggetto x essere un campione della proprietà F contingentemente significa che mentre x appartiene all’insieme degli oggetti che sono F nel mondo attuale, ci sono mondi in cui x esiste ma non appartiene all’insieme degli oggetti che sono F. Come vedremo nella prossima sezione, questa storia è rifiutata dal più influente nominalista che accetta i mondi possibili, David Lewis; ma se ci racconta una storia diversa sulla modalità de re, il suo resoconto concorda con quello appena presentato nel ricostruire ogni discorso sulle proprietà essenziali o accidentali degli oggetti come discorso insiemistico. Anche nell’interpretazione di Lewis, il fatto che una cosa sia campione di una proprietà essenzialmente o contingentemente è semplicemente una questione di particolari concreti che appartengono o no ad insiemi.

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4. La metafisica del nominalismo che assume i mondi possibili – David Lewis I nominalisti che adottano i mondi possibili, quindi, vogliono sostenere che

possiamo parlare di proprietà e proposizioni senza doverci impegnare alle entità oscure assunte dal realista metafisico. Per come le vedono loro, le proprietà sono semplicemente insiemi molto grandi i cui membri ultimi sono particolari concreti, e le proposizioni sono solo insiemi di mondi possibili popolati da questi particolari concreti. E i nominalisti che accettano i mondi possibili ci dicono che quando parliamo di una proposizione vera o falsa necessariamente, possibilmente o contingentemente o quando diciamo che un oggetto è campione di una proprietà di fatto, essenzialmente o contingentemente, non stiamo attribuendo proprietà o relazioni misteriose; ci siamo semplicemente impegnati in un tipo complicato di discorso insiemistico. Ora quelli che ho chiamato nominalisti che adottano i mondi possibili vanno spesso oltre e pretendono che altre forme che sono state considerate tradizionalmente problematiche dai filosofi di inclinazione nominalista debbano essere analizzate allo stesso modo, facendo riferimento all’apparato dei mondi possibili. I nominalisti hanno tradizionalmente trovato difficile da spiegare la nozione di significato. Alcuni hanno addirittura trovato così lontano dall’analisi nominalista qualsiasi discorso sul significato che hanno concluso che dobbiamo abbandonare del tutto il discorso sul significato. I nominalisti che adottano i mondi possibili al contrario insistono che non occorre adottare una misura così drastica. Possiamo fornire un resoconto insiemistico del significato linguistico perfettamente rispettabile e si mostra così che la nozione di significato non ci impegna a nient’altro che ai mondi possibili e ai particolari concreti che li abitano.9 In modo simile, pretendono che l’apparato dei mondi possibili ci permetta di fornire un resoconto dei condizionali controfattuali, cioè enunciati del tipo “Se si desse il caso che p, allora si darebbe il caso che q”. Se ci concentriamo unicamente sul contenuto del mondo attuale, troviamo difficile rendere conto della forza di un’affermazione controfattuale; ma, i nominalisti che adottano i mondi possibili ci dicono che il nostro resoconto diventa fattibile se supponiamo che i condizionali controfattuali sono affermazioni su mondi possibili diversi dal nostro.10

In tutti questi casi, la forza del resoconto proposto dai nominalisti che adottano i mondi possibili è riduzionista. I loro resoconti di proprietà, proposizioni, modalità de dicto e de re, significato e controfattuali sono finalizzati a mostrare che i discorsi che possono sembrare problematici possono tutti essere ricondotti a un’ontologia del tipo raccomandato dai nominalisti austeri, un’ontologia che include solo particolari concreti. Ma se il resoconto proposto dai nominalisti che adottano i mondi possibili è impostato con questo spirito riduzionista, allora sarebbe meglio comprendere che cosa sono i mondi possibili indipendentemente da qualunque riferimento alle cose che sono spiegate nei loro termini. Altrimenti, le analisi proposte sono difettose in modo ovvio e pervasivo. Pertanto l’introduzione “ufficiale” all’apparato dei mondi 9 Si veda per esempio Lewis (1972) “General semantics” in Davidson e Harman (1972) Semantics of natural language, Dordrecht, Reidel. 10 Si veda per esempio Lewis (1973), Counterfactuals, Cambridge Ma, Harvard University Press.

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possibili fornita dai nominalisti non può fare appello ai concetti di proprietà, proposizione o significato linguistico; e neppure possono cercare di spiegare i mondi possibili facendo affidamento alle nozioni di modalità de re e de dicto o all’uso dei condizionali controfattuali. Come devono quindi introdurre i mondi possibili? Come possono metterli a disposizione per poi usarli nel loro progetto riduzionista? Sono state proposte diverse strategie; ma la più nota di gran lunga è quella di David Lewis.11

Lewis ci dice che se vogliamo sapere che tipo di cose sono i mondi possibili, non abbiamo bisogno di spiegazioni filosofiche sofisticate. Dobbiamo semplicemente guardarci attorno nel mondo attuale. Gli altri mondi possibili sono “cose abbastanza di questo tipo, diverse non nel tipo, ma solo in ciò che accade in essi”.12 Qui Lewis fa appello alle intuizioni pre-filosofiche che si presume sottendano l’apparato dei mondi possibili. Un mondo possibile è un modo completo o totale in cui le cose sarebbero potute essere, un modo completo o totale del modo in cui le cose sarebbero potute andare. Lewis dice che il mondo attuale è semplicemente uno dei molti modi totali in cui le cose sarebbero potute andare; e non è nulla più di me stesso “e tutto ciò che mi circonda”;13 è questa cosa che noi chiamiamo universo. È un oggetto concreto molto grande e molto inclusivo che ha come sue parti altri oggetti meno grandi e meno inclusivi, ciascuno dei quali instaura relazioni spaziotemporali con ciascun altro oggetto concreto e con nient’altro. Lewis conclude che poiché ciascun altro mondo possibile è una cosa dello stesso tipo, gli altri mondi possibili sono altri oggetti concreti le cui parti sono ulteriori oggetti concreti che entrano in relazioni spaziotemporali fra di loro e con nient’altro. E, secondo Lewis, tutti questi oggetti sono pienamente reali, pienamente esistenti. Sono tutti, per così dire, veramente lì fuori. Ma poiché ogni mondo è chiuso spaziotemporalmente, cioè poiché ogni oggetto entra in relazioni spaziotemporali solo con gli altri oggetti in quel mondo, non ci sono relazioni causali che connettono oggetti di mondi possibili diversi. Pertanto sebbene gli altri mondi possibili e le cose che li abitano sono pezzo per pezzo reali come il nostro mondo e le cose che lo abitano, tuttavia nessun oggetto negli altri mondi possibili è a una qualche distanza spaziale o temporale da un qualunque oggetto del nostro mondo, e non ci sono relazioni causali fra gli oggetti degli altri mondi e noi stessi.

Ma non pensiamo che il nostro mondo abbia uno statuto ontologico speciale? Non lo consideriamo più reale di tutti gli altri mondi possibili quando diciamo che esso solo è attuale? Lewis pensa di no. Nega che attribuiamo qualche proprietà speciale al nostro mondo quando lo chiamiamo “il mondo attuale.” A suo avviso, il termine “attuale” è semplicemente un termine indicale, un termine il cui riferimento è determinato dal contesto in cui è proferito.14 E’ come “io” o “qui”. “Io” è un termine

11 Si veda “Possible Worlds” in Lewis (1973) e Lewis (1986) On the Plurality of Worlds, Oxford, Blackwell. Una strategia alternative si trova in Cresswell (1972) “The world is everything that is the case” in Australasian Journal of Philosophy. 12 “Possible Worlds” in Lewis (1973), ristamapto in Loux (1979), The Possible and the Actual, Cornell University Press, p. 184 (tr. it. in A. Varzi (a cura di), Metafisica, Laterza, 2008). 13 Ibid. 14 Ibid.

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utilizzato per riferirsi a persone; la sua caratteristica distintiva è che in qualunque occasione di proferimento si riferisce alla persona che lo ha proferito. Io non mi considero metafisicamente una persona unica quando mi riferisco a me stesso con “io”. Tutti i miei colleghi si possono riferire a se stessi utilizzando lo stesso pronome personale. Allo stesso modo “qui” è un termine per riferirsi a luoghi; in ogni occasione di proferimento il suo riferimento è il luogo in cui il proferimento avviene. Di conseguenza, riferendosi ad un luogo con “qui” non gli si attribuisce uno statuto ontologico speciale che è invece negato a tutti gli altri luoghi. Qualunque luogo permette che ci si riferisca ad esso con “qui” da un parlante che si trova in quel luogo. E, a parere di Lewis, lo stesso è vero del “mondo attuale”. Questa espressione [“mondo attuale”] serve per riferirsi a un mondo possibile; e il mondo possibile che prende come riferimento in una qualunque occasione di proferimento è semplicemente il mondo possibile in cui è proferita. Pertanto quando diciamo che il nostro mondo è attuale, non lo stiamo delineando come un mondo possibile ontologicamente privilegiato; lo stiamo semplicemente individuando come il mondo che abitiamo. È ovviamente vero che, situati come siamo in questo mondo, il nostro uso dell’espressione “il mondo attuale” individua un solo mondo – questo mondo; ma lo stesso vale per gli abitanti degli altri mondi possibili. Se gli abitanti degli altri mondi possibili danno lo stesso significato che diamo noi a “mondo attuale”, allora il loro uso di quest’espressione individua un solo mondo possibile – il loro mondo. E questo fatto non è metafisicamente più significativo del fatto che io sono la sola persona che si riferisce a Michael Loux utilizzando il termine “io”.

Così, nonostante noi utilizziamo l’espressione “il mondo attuale” per riferirci a un solo mondo possibile, cioè questo mondo, tutti i mondi possibili e tutti i loro abitanti sono pienamente reali, pienamente esistenti. Ma se lo sono, è difficile comprendere come qualunque oggetto ordinario concreto possa essere un individuo transmondano, un individuo che esiste in più di un mondo possibile; infatti se tutti i mondi possibili stanno, per così dire, persistendo e se gli individui in quei mondi stanno effettivamente vivendo le loro vite e effettivamente perseguendo le loro rispettive carriere, allora l’idea che un singolo individuo abiti più di un mondo è l’idea che un singolo individuo viva effettivamente ciascuna di molte vite diverse e effettivamente persegua ciascuna di molte diverse carriere; ed è difficile comprendere come possa fare ciò. Lewis è d’accordo.15 Ci dice che la ragione per cui troviamo intuitivamente problematica l’idea di un individuo transmondano è che l’esistenza di un singolo individuo in più di un mondo possibile presuppone la falsità di un principio noto come l’Indiscernibilità degli Identici. Il principio può essere formulato come segue:

Necessariamente, dati due oggetti qualsiasi, a e b, se a è identico a b, allora per qualunque proprietà Φ, a è un campione di Φ se e solo se b è un campione di Φ.

15 Si veda Lewis (1986) On the Plurality of Worlds, pp. 198-205.

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Questo principio è la conversa del principio […] dell’identità degli indiscernibili. L’identità degli indiscernibili ci dice che l’indiscernibilità riguardo alle proprietà implica l’identità numerica; la sua conversa, l’indiscernibilità degli identici, ci dice che l’identità numerica implica l’indiscernibilità rispetto alle proprietà; e mentre l’identità degli indiscernibili è stato oggetto di un acceso dibattito, quasi tutti i filosofi concordano che l’indiscernibilità degli identici è vero.

Per mostrare che l’esistenza di individui transmondani è incompatibile con questo principio, Lewis ci chiede di supporre che un qualche individuo (chiamiamolo x) esiste in ciascuno dei due mondi W1 e W2. Quando troviamo x in W1 possiamo soprannominarlo x-in-W1, e quando lo troviamo in W2 lo possiamo soprannominare x-in-W2. Ora se W1 e W2 sono effettivamente due mondi diversi, le cose andranno diversamente per x-in-W1 e per x-in-W2. Supponiamo che mentre x-in-W1 è un bagnante abbronzato che passa il suo tempo a fare surf alle Hawai, x-in-W2 è un pallido metafisico che raramente abbandona il suo studio. Ma se è così, allora ci sono proprietà che ha x-in-W1 e di cui è privo x-in-W2 - le proprietà di essere abbronzato, di essere un bagnante, e di essere un surfista. Di conseguenza, se x esiste in ciascuno dei mondi W1 e W2, abbiamo una violazione dell’indiscernibilità degli identici. Lewis conclude che poiché praticamente nessuno di noi è disposto ad abbandonare quel principio, dobbiamo abbandonare l’ipotesi che il nostro individuo x esista in più di un mondo.

Uno potrebbe obiettare che Lewis riesce a evidenziare una tensione fra l’esistenza di individui transmondani e l’indiscernibilità degli identici solo perché descrive in un certo modo la situazione di x. Si potrebbe osservare che c’è un modo pienamente rispettabile di descrivere quella situazione in base alla quale non ci sono affatto contro-esempi a quel principio. Invece di dire che x-in-W1 ha la proprietà di essere abbronzato e che x-in-W2 non ce l’ha, possiamo dire che x ha la proprietà di essere abbronzato in W1 e che x è privo della proprietà di essere abbronzato in W2. La proposta è qui quella di fare appello alle cosiddette proprietà indicizzate a mondi nel descrivere il caso di x. Una proprietà indicizzata a mondi è una proprietà che una cosa ha solo nel caso in cui abbia qualche altra proprietà in un particolare mondo possibile. Facendo appello a proprietà di questo tipo nel descrivere la situazione di x si pretende di escludere che ci sia una singola proprietà che uno stesso oggetto possiede e non possiede. La proprietà di essere abbronzato in W1 e la proprietà di essere abbronzato in W2 sono proprietà completamente diverse; e sembrerebbe che non ci sia niente di problematico nel fatto che una stessa cosa possegga l’una ma non l’altra.

Lewis ammette che questa strategia permette al difensore degli individui transmondani di salvaguardare l’indiscernibilità degli identici, ma sostiene che il costo di questa strategia è troppo alto. Se l’obiettivo è dimostrare che il caso di x non costituisce un contro-esempio all’indiscernibilità degli identici, allora uno deve negare che sia permesso descrivere questo caso come fa Lewis. Uno deve sostenere che il solo modo permesso di descrivere questo caso è facendo riferimento a proprietà indicizzate. Ma sostenere questo significa sostenere che è impossibile per chiunque essere abbronzato, essere un bagnante, o essere un surfista. Significa sostenere che le

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cose non hanno proprietà come queste, ma solo proprietà del tipo essere abbronzato in W1, essere un bagnante in W2 o essere un surfista in W3 . Ma Lewis sostiene che tale interpretazione ha la deprecabile conseguenza che non è vero che io sono un essere umano, che non è vero che Bill Clinton viene dall’Arkansas, e che non è vero che Everton ha vinto la Coppa. Sia che le cose abbiano proprietà indicizzate a mondi, sia che non le abbiano, hanno le proprietà che noi siamo abituati ad attribuirgli – proprietà che non sono indicizzate a mondi; e poiché le hanno, l’esistenza di individui transmondani costituisce un contro-esempio al principio che nessuno vuole abbandonare.

Pertanto Lewis si rifiuta di accettare individui transmondani. Dal suo punto di vista ogni individuo esiste solo in un mondo possibile; ci sono solo quelli che sono stati chiamati individui limitati a un mondo. Come abbiamo osservato, questo è ciò che ci si aspetta da una teoria che pretende che tutti i mondi possibili abbiano lo stesso statuto ontologico. È importante tuttavia notare che l’idea che tutti gli individui siano limitati a un mondo ha conseguenze che inizialmente sembrano controintuitive. Se io abito un solo mondo possibile, allora dato il modo in cui è intesa la modalità nella cornice dei mondi possibili, le cose non sarebbero potute andare diversamente per me. Secondo il teorico dei mondi possibili, dire che le cose sarebbero potute andare diversamente per me significa dire che c’è un mondo possibile in cui le cose sono andate diversamente per me. Ma allora la tesi che esisto solo in un mondo, cioè questo mondo, implica che qualsiasi cosa sia vera di me in questo mondo sia metafisicamente necessaria; e ovviamente lo stesso è vero per qualsiasi altro individuo in questo mondo e per qualsiasi altro individuo in ogni altro mondo possibile. Pertanto se tutti gli individui sono limitati a un mondo, sembrerebbe che nessuno avrebbe potuto avere una carriera anche solo leggermente diversa da quella che ha. Rimane vero che le cose sarebbero potute andare diversamente; ma sembra che il solo senso che possa essere dato a questa affermazione da un filosofo come Lewis che rifiuta individui transmondani è che sarebbe potuto esserci un gruppo completamente diverso di individui. Sembrerebbe che debba negare che ci sia un mondo possibile in cui le cose sarebbero potute andare diversamente per gli individui che abitano un dato mondo.

La difficoltà a cui sto facendo riferimento emerge chiaramente quando ricordiamo quale resoconto delle modalità de re sia fornito dai sostenitori dei mondi possibili. In base a quel resoconto, dire che una cosa possiede una proprietà essenzialmente significa dire che la possiede nel mondo attuale e in ogni altro mondo in cui esiste; mentre dire che una cosa possiede una proprietà solo contingentemente significa dire che mentre ha quella proprietà attualmente, c’è un mondo possibile in cui esiste ma non ha quella proprietà. Ma se nessun individuo esiste in più di un mondo, allora ogni proprietà posseduta da un individuo nel mondo attuale è essenziale a tale individuo; infatti giacché nessun individuo nel mondo attuale esiste in qualche altro mondo, ogni proprietà che un qualunque individuo possiede nel mondo attuale è una proprietà che possiede in ogni mondo in cui esiste; e ovviamente un’osservazione analoga è pertinente per gli individui in ciascuno degli altri mondi possibili di Lewis. Ma allora, se neghiamo che ci sia un qualche individuo

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transmondano, la distinzione fra proprietà essenziali e proprietà contingenti di una cosa viene meno. Tuttavia, era proprio perché forniva uno strumento per fare quella distinzione che l’apparato dei mondi possibili è apparso così attraente. Ma, allora, se seguiamo Lewis e neghiamo che ci siano individui transmondani, non solo abbiamo la conseguenza controintuitiva che nessun individuo possiede alcuna delle sue proprietà contingentemente, ma dobbiamo sacrificare una delle analisi che ci ha indotto ad accettare l’apparato dei mondi possibili ad una prima considerazione.

La risposta di Lewis è che queste preoccupazioni sono infondate.16 Ritiene che possiamo dare spazio alla distinzione fra le modalità de re senza fare appello agli individui transmondani. Da una parte nega che individui provenienti da diversi mondi possibili possano essere connessi da identità numerica stretta, d’altra parte pretende che ci sia una relazione più debole che connette gli individui di un mondo con gli individui di un altro mondo. Chiama questa relazione la relazione di controparte, è una relazione di somiglianza o similitudine. Lewis la spiega nel modo seguente:

tu sei nel mondo attuale e in nessun altro, ma hai controparti in parecchi altri mondi. Le tue controparti ti somigliano molto, per contenuto e contesto, sotto aspetti importanti. Ti somigliano più di quanto ti somiglino le altre cose nei loro mondi. Ma non sono davvero te. Perché ciascuna di loro è nel suo proprio mondo, e solo tu sei qui nel mondo attuale.17

Ora, ciò che Lewis pretende è che possiamo mantenere la distinzione fra proprietà essenziali e proprietà accidentali di un individuo facendo riferimento alle controparti dell’individuo. Possiamo dire che una proprietà è essenziale ad un individuo solo nel caso in cui sia costui che tutte le sue controparti abbiano quella proprietà e che una proprietà è accidentale per un individuo solo nel caso in cui costui abbia la proprietà, ma qualcuna delle sue controparti non ce l’abbia. Con questo resoconto, sembra che otteniamo proprio ciò che vogliamo. Giorgio Napolitano risulta essere una persona essenzialmente: egli è una persona, ma nulla può assomigliare a Napolitano a sufficienza da essere la sua controparte a meno che sia anch’egli una persona, pertanto essere una persona è una proprietà condivisa da Giorgio Napolitano e da tutte le sue controparti. Napolitano è tuttavia Presidente solo contingentemente poiché alcune delle sue controparti negli altri mondi non ottennero mai quel titolo. Pertanto se noi combiniamo ciò che Lewis chiama teoria delle controparti col suo resoconto dei mondi possibili, possiamo evitare la conclusione che nessun individuo ha alcuna delle sue proprietà contingentemente; possiamo conservare la distinzione fra modalità de re.

La teoria delle controparti si aggiunge alla nostra analisi dell’approccio di Lewis ai mondi possibili. Ciascuno dei mondi possibili è un oggetto concreto, un oggetto concreto costituito da ulteriori oggetti concreti i quali a loro volta entrano tutti in relazioni spaziotemporali fra di loro e con nient’altro. Tutti i mondi sono ugualmente reali; e il fatto che possiamo riferirci a questo mondo e a nessun altro utilizzando 16 Ibid. 17 Lewis (1986), p. 112. Si veda la traduzione italiana nel programma d’esame Lewis, “Realismo modale” §3.

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l’espressione “il mondo attuale” non mostra che il nostro mondo abbia alcuno stato ontologico speciale. “Il mondo attuale” è un’espressione indicale. Poiché tutti i mondi possibili sono ugualmente reali, nessun individuo esiste in più di un mondo possibile; tutti gli individui sono vincolati a mondi. Questo, tuttavia, non implica che ogni proprietà di un individuo è necessaria ad esso; infatti la distinzione fra ciò che è necessario e ciò che è accidentale per un individuo non risiede nel modo in cui le cose vanno per quell’individuo in altri mondi possibili, ma piuttosto in come vanno le cose per quegli individui che sono le sue controparti negli altri mondi possibili.

Ora, quando ripensiamo ai requisiti imposti da Lewis all’apparato dei mondi possibili, la forza del suo resoconto diventa più pregnante. Lewis fa appello all’apparato dei mondi possibili perché vuole fare spazio ai discorsi su proprietà e proposizioni, rendere plausibile la modalità, sia de dicto che de re, fornire una teoria del significato e dare un resoconto del discorso controfattuale. Ma egli si attiene al programma di un austero nominalismo. Vuole sostenere che le uniche cose che esistono sono particolari concreti e insiemi. E vuole sostenere che possiamo averlo comunque. Possiamo ottenere tutti i vantaggi promessi dall’apparato dei mondi possibili senza deviare dallo stretto sentiero imposto dalla versione insiemistica dell’austero nominalismo. Ma affinché il suo progetto abbia successo, i mondi possibili devono essere cose che possono essere introdotte e caratterizzate in termini puramente nominalistici. Deve essere possibile dire che cosa sono i mondi possibili senza fare riferimento al concetto di proprietà o di proposizione, senza appellarsi alle modalità e così via. E Lewis sembra fare proprio questo. Egli prende l’avvio da una cosa ontologicamente innocua: l’universo come noi lo conosciamo – me stesso “e tutto ciò che mi circonda.” Gli altri mondi possibili sono introdotti come altre cose dello stesso tipo; e tutti i mondi possibili, il nostro mondo e tutti gli altri sono caratterizzati in modo convenientemente nominalistico come particolari concreti costituiti da nient’altro che particolari concreti. Che lo si ami o no, il resoconto di Lewis fa proprio ciò per cui è stato introdotto – fornire un’interpretazione completamente nominalista dell’apparato dei mondi possibili.

5. Attualismo e mondi possibili – Alvin Plantinga

Sfortunatamente, la maggior parte dei filosofi non lo ama. La risposta tipica a questo resoconto è ciò che Lewis stesso descrive come “sguardi increduli.”18 I critici considerano questa posizione una bizzarra idea fantascientifica. La loro risposta è quella del lettore che nel corso delle ultime pagine ha probabilmente trovato difficile resistere all’impulso di esclamare “Ma non può credere veramente che tutti quei mondi con tutti i loro abitanti siano davvero lì fuori!” Il fatto è che egli lo crede davvero; e sebbene abbia poco da replicare agli “sguardi increduli” è estremamente scaltro nel replicare a tutte le obiezioni specificatamente filosofiche alla sua interpretazione dei mondi possibili. Tuttavia, egli ha avuto pochi adepti alla sua ontologia. L’ontologia di Lewis è un esempio di ciò che possiamo chiamare possibilismo; egli sostiene che esistono oggetti possibili, ma non attuali. Tuttavia, la 18 Lewis (1986).

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maggior parte dei filosofi sostiene ostinatamente che le uniche entità che esistono sono quelle che costituiscono il mondo attuale. Essi sono attualisti; e considerano il supporto intuitivo a favore dell’attualismo così forte che anche se fossero convinti del potere esplicativo dell’approccio possibilista di Lewis riguardo ai fenomeni modali, lo rifiuterebbero semplicemente perché postula l’esistenza di oggetti che non esistono attualmente.

Tuttavia il fatto è che molti filosofi vogliono negare che il resoconto di Lewis abbia il potere esplicativo che pretende di avere. Essi sostengono che fallisce il suo tentativo di analizzare i fenomeni modali in termini strettamente non modali e nominalisti; argomentano a sostegno di ciò sulla base di osservazioni tecniche e più generalmente filosofiche. Dal punto di vista tecnico, sostengono che il resoconto teoretico insiemistico di Lewis delle proprietà e delle relazioni ci dà risultati insoddisfacenti.19 Essi fanno notare che se supponiamo che una proposizione è solo un insieme di mondi possibili (intuitivamente, l’insieme dei mondi in cui la proposizione è vera), otteniamo il risultato che c’è solo una proposizione che è necessariamente vera e solo una proposizione che è necessariamente falsa. Ricordiamoci, si suppone che una verità necessaria sia un insieme composto da tutti i mondi possibili; ma giacché gli insiemi i cui membri siano gli stessi sono identici, c’è solo un insieme i cui membri siano tutti e soli i diversi mondi possibili. Tuttavia ci sono molte diverse proposizioni che sono necessariamente vere. La proposizione che due più due è uguale a quattro e la proposizione che tutti gli scapoli non sono sposati sono entrambe necessariamente vere; ma sono chiaramente differenti proposizioni. In modo simile, Lewis ci dice che una proposizione necessariamente falsa o impossibile è l’insieme dei mondi possibili che non ha alcun membro; ma mentre c’è un solo insieme di questo tipo, ci sono molte diverse proposizioni impossibili. E i critici sostengono che le difficoltà tecniche riguardo al resoconto dei nominalisti sui mondi possibili emergono ugualmente per il loro resoconto delle proprietà. Si suppone che una proprietà sia una struttura teoretica insiemistica che assegna a ciascun mondo possibile un insieme di oggetti (intuitivamente, l’insieme di oggetti che esemplificano la proprietà in quel mondo); ma allora tutte le proprietà che sono co-esemplificate in tutti i mondi possibili (cioè, che sono esemplificate esattamente dagli stessi oggetti in tutti i mondi possibili) risultano essere identiche in base a questa visione. Ora, in ogni mondo possibile le cose che sono triangolari sono trilaterali e viceversa; abbiamo quindi una sola struttura teoretica insiemistica che i nominalisti considerano essere una proprietà. Di conseguenza i nominalisti sui mondi possibili sono costretti a sostenere un’interpretazione che sembra falsa: che la proprietà di avere tre angoli e la proprietà di avere tre lati siano una e una sola proprietà.

Ma i critici del nominalisti non ritengono che i problemi siano solo tecnici. Essi ritengono che sia problematica l’idea che le proposizioni sono insiemi.20 Le proposizioni sono quel tipo di cose che noi crediamo e conosciamo. Tuttavia nessun insieme può essere l’oggetto di atteggiamenti proposizionali come questi. In modo simile, le proposizioni sono portatori di valori di verità, ma i critici sostengono che 19 Si veda per esempio Plantinga (1976) “Actualism and possible worlds” in Theoria, poi in Loux (1979), p. 259 20 Si veda Plantinga (1987) “Two concepts of modality”, in Philosophical Perspectives, p. 208

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gli insiemi non sono né veri né falsi. E le proposizioni sono entità che rappresentano cose nel mondo in quanto sono in un modo o nell’altro. Gli insiemi, tuttavia, non hanno alcun potere rappresentativo. Sono semplicemente collezioni di oggetti; sono, per così dire, rappresentazionalmente muti.

Pertanto i critici di Lewis insistono che noi rifiutiamo l’idea possibilista in base alla quale esistono oggetti che non si trovano nel mondo attuale e siamo favorevoli all’idea attualista in base alla quale ciò che appartiene al nostro mondo esaurisce le cose che ci sono; e sostengono che non ha successo il progetto riduzionista che motiva il possibilismo di Lewis. Tuttavia molti dei suoi critici continuano a trovare la struttura dei mondi possibili congeniale. Ritengono che possiamo identificare i mondi possibili con cose trovate nel mondo attuale; sostengono che possiamo fornire un resoconto completamente attualista dell’idea che ci sono molti modi in cui le cose sarebbero potute andare. Ma nei loro resoconti, la struttura dei mondi possibili svolge tipicamente un ruolo piuttosto diverso da quello svolto nella teoria di Lewis. I mondi possibili non assolvono più all’intento nominalista che riduce il modale al non modale. Questi filosofi negano che possiamo liberarci della rete di concetti inclusi quelli di proposizione, proprietà, modalità de dicto, modalità de re e simili. Assumono l’approccio alternativo ai mondi possibili menzionato all’inizio della terza sezione (p. 9). Ritengono che il concetto di mondo possibile sia parte di una rete di concetti modali e che possa essere inteso solo nei termini di quella rete. Sostengono che questo fatto implichi che il programma riduzionista dei nominalisti è destinato al fallimento, ma credono che la struttura dei mondi possibili rimanga uno strumento potente per illuminare i fenomeni modali. Escludono che il solo modo di comprenderlo filosoficamente sia quello proposto dai riduzionisti. Dato un insieme di concetti, i riduzionisti sostengono che i concetti che costituiscono tale insieme sono in qualche modo sconcertanti e quindi promettono di dissipare lo sconcerto riducendo i concetti nell’insieme a concetti al di fuori dell’insieme; credono che possiamo avere una comprensione genuina di una rete di concetti solo se siamo in grado di andare al di fuori della rete e di spiegare i concetti costitutivi nei termini di qualcos’altro. I critici di Lewis escludono che sia possibile sfuggire alla rete delle nozioni modali; ma non vedono ragione di sfuggire. Non c’è bisogno di alcuna riduzione. Ma credono che possiamo avere una comprensione profonda della rete delle nozioni modali se possiamo esibire l’ordine e la struttura di queste nozioni mostrando le loro relazioni reciproche; e sostengono che il concetto di mondo possibile fornisce uno strumento utile per fare ciò.

La sfida, quindi, è fornire un resoconto dei mondi possibili che sia attualista e non riduzionista. Diversi filosofi hanno affrontato la sfida, ma il resoconto più organico e sviluppato di questo tipo è stato difeso da Alvin Plantinga.21 Ora esaminiamo il suo approccio ai mondi possibili. Secondo Plantinga, qualunque caratterizzazione metafisica adeguata del mondo deve fare appello alle nozioni di modalità de dicto e de re, e deve fare riferimento a cose come proprietà, tipi, relazioni e proposizioni. Ma nega che le nozioni di necessità, possibilità e contingenza (siano 21 Sebbene le idee di Plantinga siano state sviluppate in modi diversi in diversi scritti, la migliore introduzione al suo approccio è, a mio avviso, Plantinga (1976) cit.

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esse de dicto o de re) possano essere intese in termini non modali o che cose come le proprietà e le proposizioni possano essere identificate con i tipi di entità che costituiscono l’ontologia dei nominalisti. Per come vede le cose, il discorso sulle modalità e il discorso su cose come le proprietà e le proposizioni vanno di pari passo. Non possiamo afferrare mentalmente la nozione di modalità de dicto senza afferrare mentalmente quel tipo di cose – le proposizioni – che sono i soggetti delle attribuzioni di modalità de dicto, e non possiamo comprendere le attribuzioni di modalità de re eccetto che come specificazioni dello stato modale dell’esemplificazione di una proprietà, di un tipo o di una relazione da parte di una cosa. E neppure possiamo comprendere la nozione di proposizione eccetto che come il tipo di cosa che è il soggetto di modalità de dicto; e avere idea di una proprietà, di un tipo o di una relazione è avere idea di qualcosa la cui esemplificazione è soggetta a specificazioni modali. Le modalità e le cose come le proprietà e le relazioni sono parte di una rete interconnessa di concetti, e nessuna componente di tale rete può essere intesa indipendentemente dalle altre componenti. Ora, Plantinga ritiene che il concetto di mondo possibile sia esso stesso un elemento in questa rete strutturata di nozioni modali. Giacché egli sostiene che nessun elemento della rete può essere compreso nei termini di concetti al di fuori della rete, pensa che ogni tentativo di analizzare la nozione di mondo possibile in termini non-modali o per mezzo di strumenti rigidamente nominalistici sia destinato al fallimento. Ma poiché esclude che sia comunque sospetto quello che possiamo chiamare “l’apparato modale”, non ritiene problematico il fallimento dei resoconti riduzionisti dei mondi possibili. E neppure pensa che tale fallimento mostri l’inutilità o l’irrilevanza metafisica della nozione di mondo possibile. Il metafisico che cerca di discernere i fenomeni modali deve considerare l’intero apparato per come appare e deve procedere ad identificare i suoi componenti e spiegare le loro interrelazioni; ma giacché il concetto di mondo possibile ha un ruolo centrale nell’apparato modale, svolgerà un ruolo di primo piano nel tentativo del metafisico di delineare la struttura modale del mondo.

Pertanto Plantinga vuole affrontare il tema dei mondi possibili con uno spirito non riduzionista, ma vuole anche fornire un resoconto attualista dei mondi possibili. Per lui, tuttavia, l’attualismo non è una delle molte opzioni che l’ontologo è libero di mettere in gioco. Per come la vede lui, rasenta l’incoerenza la pretesa di un possibilista come Lewis che esistono cose che non esistono attualmente; pertanto, secondo Plantinga, il solo concetto di esistenza che abbiamo è quello di una cosa che esiste attualmente.22 Cosicché non è solo per evitare una bizzarra idea fantascientifica che Plantinga insiste sull’interpretazione attualista dei mondi possibili; pensa che il nostro concetto di esistenza renda l’attualismo il solo apparato ontologico coerente per caratterizzare il concetto di mondo possibile.

Ora, la pretesa di Plantinga di un resoconto attualista dei mondi possibili può inizialmente sembrarci sconcertante. Possiamo pensare che abbracciare l’idea di una pluralità di mondi possibili è semplicemente pretendere che il nostro mondo, il mondo attuale, non è il solo mondo possibile; è sostenere che ci sono mondi possibili che non sono attuali. Ma, ci possiamo chiedere, come si può rendere sensata questa 22 Plantinga (1976), cit., p. 257.

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pretesa senza supporre che esistono cose che non esistono attualmente? La conclusione che siamo tentati di trarre è che nessun attualista può accettare l’idea che il mondo attuale è solo uno dei molti mondi possibili.

Plantinga, tuttavia, ritiene che questa risposta all’idea di una teoria attualista dei mondi possibili non riesca a riconoscere le risorse del suo approccio non riduzionista ai fenomeni modali. Giacché nega la possibilità di usare i mondi possibili per fornire un’analisi riduzionista di uno qualunque dei componenti nella rete delle nozioni modali, egli può fare libero uso dei componenti di quella rete nel suo resoconto di quello che sono i mondi possibili. Ma giacché può farlo, egli ha le risorse per mostrare come la pretesa che ci sono mondi possibili che non sono attuali sia compatibile con una versione forte dell’attualismo. Plantinga assume quello che […] abbiamo chiamato un resoconto Platonista delle entità astratte. Ricordiamoci che un Platonista riguardo alle proprietà, per esempio, insiste che dobbiamo distinguere fra l’esistenza e l’esemplificazione di una proprietà. In base a questa interpretazione, tutte le proprietà sono esseri necessari; esistono tutte necessariamente. Tuttavia non sono tutte esemplificate. Pertanto alcune proprietà possono esistere anche se non sono esemplificate. Ora, Plantinga pretende che una distinzione analoga valga nel caso di un’altra categoria di entità astratte, […] gli stati di cose. Gli stati di cose sono situazioni, cose come il mio essere l’autore di un testo introduttivo sulla metafisica, l’essere nato in Arkansas di Bill Clinton, l’essere campioni da parte dei Blackburn; sono cose che sussistono o non sussistono; e il sussistere per uno stato di cose è analogo all’esemplificazione per una proprietà. Plantinga ritiene che così come dobbiamo distinguere fra l’esistenza di una proprietà e il suo essere esemplificata, dobbiamo distinguere fra l’esistenza di uno stato di cose e il suo sussistere. Ogni stato di cose è un essere necessario. Di conseguenza, ogni stato di cose esiste, esiste nel mondo attuale; ma alcuni stati di cose non sussistono. Ciò che Plantinga propone è che tutti i mondi possibili siano semplicemente stati di cose di un certo tipo. Giacché tutti gli stati di cose sono esseri necessari, tutti i mondi possibili esistono attualmente; sono tutti fra ciò che è contenuto nel mondo attuale. Non tutti i mondi possibili tuttavia sussistono. Solo uno di essi sussiste – questo mondo, il mondo attuale; e il suo essere attuale è semplicemente il suo sussistere.23 Ma se Plantinga riesce a identificare per noi gli stati di cose che sono mondi possibili, allora riesce a fornire un resoconto attualista dei mondi possibili pienamente coerente. Giacché tutti gli stati di cose sono fra le cose contenute nel mondo attuale, i mondi possibili risulteranno essere cose che esistono attualmente; e giacché l’attualità di un mondo non è identica alla sua esistenza attuale, la pretesa che solo un mondo possibile è attuale risulterà compatibile con la pretesa che non ci sono cose che non esistono attualmente.

Ma, allora, quali stati di cose sono mondi possibili? Se distinguiamo fra stati di cose (come quello che consiste nell’essere un numero primo da parte di nove) la cui sussistenza è impossibile e stati di cose (come l’essere campione del mondo di calcio da parte dell’Italia) la cui sussistenza è possibile e se chiamiamo l’ultimo stato di 23 [N. d. T. E’ opportuno quindi distinguere fra “esistere attualmente” e “essere attuale”. Tutti i mondi possibili e tutti gli stati di cose esistono attualmente. Solo un mondo possibile e solo alcuni stati di cose sono attuali, si tratta del mondo possibile che sussiste e degli stati di cose che sussistono.]

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cose possibile, allora possiamo dire che per Plantinga i mondi possibili sono stati di cose possibili. Ma non ogni stato di cose possibile è un mondo possibile. L’essere campione del mondo di calcio da parte dell’Italia non è un mondo possibile; non è uno stato di cose sufficientemente esaustivo. Un mondo possibile è uno stato di cose esaustivo, quello che noi possiamo chiamare uno stato di cose massimamente esaustivo.24 Per caratterizzare questa nozione, Plantinga ci dice che gli stati di cose possono entrare in relazioni reciproche fra loro. Per come la mette lui, uno stato di cose può includere o precludere un altro. Definisce queste relazioni dicendo che uno stato di cose S include uno stato di cose S’ nel caso in cui sia impossibile per S sussistere quando S’ non riesce a sussistere e che uno stato di cose S preclude uno stato di cose S’ nel caso in cui sia impossibile che entrambi S e S’ sussistano. Pertanto lo stato di cose che consiste nell’esserci una copia della Repubblica di Platone sul mio tavolo include lo stato di cose che consiste nell’esserci qualcosa sul mio tavolo così come include lo stato di cose che consiste nel mio avere un tavolo e lo stato di cose che consiste nell’esserci almeno un tavolo e almeno un libro. D’altra parte, lo stato di cose che consiste nell’essere il palazzo più alto del mondo da parte della Sears Tower preclude lo stato di cose che consiste nell’essere il palazzo più alto del mondo da parte dell’Empire State Building così come preclude lo stato di cose che consiste nel non esserci alcun oggetto materiale e lo stato di cose che consiste nell’essere il World Trade Center più alto della Sears Tower. Facendo appello alle nozioni di inclusione e preclusione di stati di cose, Plantinga ci dice che uno stato di cose è massimamente esaustivo nel caso in cui, dato un qualunque stato di cose S, o include S o preclude S. Gli stati di cose massimamente inclusivi esprimono un giudizio, per così dire, su ciascuno stato di cose includendolo o escludendolo. Infine, Plantinga collega le nozioni di stato di cose possibile e stato di cose massimamente esaustivo dicendoci che un mondo possibile è un possibile stato di cose massimamente esaustivo.

I mondi possibili quindi sono stati di cose possibili con una proprietà di massimalità. Come tutti i possibili stati di cose il loro sussistere è possibile. Tuttavia solo uno fra di essi sussiste di fatto; ovviamente si tratta del nostro mondo, questo mondo. Così abbiamo l’apparato dei mondi possibili. Tuttavia è importante notare quanto diversa sia la concezione di Plantinga di questo apparato da quella di Lewis. Per Lewis, accogliere l’apparato dei mondi possibili ci impegna all’esistenza di cose che non troviamo nel mondo attuale, possibilità non-attualizzate. Al contrario Plantinga identifica i vari mondi possibili con cose che popolano il mondo attuale. Inoltre, Lewis si sforza di mostrare che l’apparato dei mondi possibili può essere introdotto e caratterizzato in termini strettamente non-modali e austeramente nominalisti; Plantinga non esita a farsi aiutare dal concetto platonistico di stato di cose e dalle nozioni esplicitamente modali di possibilità, inclusione e preclusione nel suo resoconto dei mondi possibili. E Lewis ci fornisce una teoria indicale dell’attualità. A suo avviso, il fatto che noi abitanti di questo mondo riusciamo a riferirci a un solo mondo quando parliamo del “mondo attuale” è pienamente compatibile con l’idea che ciò che accade in altri mondi possibili abbia lo stesso 24 Plantinga parla di stato di cose completo o massimale. Si veda Plantinga (1967), p. 258.

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statuto ontologico di ciò che accade qui. Tuttavia Plantinga interpreta l’attualità di un mondo possibile nei termini della sussistenza di uno stato di cose; e il sussistere è una proprietà ontologicamente significativa di uno stato di cose. Il fatto che un dato stato di cose massimamente esaustivo sussista lo contrassegna come ontologicamente privilegiato. Solo un mondo possibile sussiste, e il fatto che sussista ha come risultato che accade realmente ciò che accade in quel mondo e solo ciò che accade in quel mondo. Ma la differenza più lampante fra i due resoconti è che mentre i mondi possibili di Lewis sono particolari concreti, Plantinga ritiene che i diversi mondi possibili siano entità astratte. In base a questa interpretazione, anche il nostro mondo, il mondo attuale, è un oggetto astratto. Per come la mette lui, il mondo attuale “non ha baricentro; non è né un oggetto concreto né … una somma di oggetti concreti; … non ha affatto parti spaziali.”25 Di conseguenza, il mondo attuale è qualcosa di diverso dall’universo fisico che include me stesso “e tutto ciò che mi circonda.” La cosa che noi chiamiamo universo fisico è, per Plantinga, un essere contingente; sia esso che ciascuno degli oggetti fisici che lo costituiscono sarebbero potuti non esistere. Tuttavia, il mondo attuale è uno stato di cose ed è pertanto un essere necessario; non potrebbe non essere esistito. Avrebbe potuto non sussistere; ma di fatto sussiste; e poiché sussiste, l’universo fisico e tutti gli oggetti che lo costituiscono esistono. Ma mentre l’universo fisico così come noi lo conosciamo esiste solo perché questo mondo possibile - il nostro mondo - sussiste, il mondo attuale e la totalità concreta costituita da me stesso “e tutto ciò che mi circonda” sono tuttavia cose diverse.

[…] Plantinga [assume] che proposizioni e stati di cose siano strettamente correlati. Per ciascun stato di cose c’è una proposizione tale che il primo sussiste solo nel caso in cui la seconda sia vera. Egli vuole tuttavia preservare una distinzione fra proposizioni e stati di cose.26 In difesa della sua idea, Plantinga sostiene che le proposizioni abbiano una proprietà che nessuno stato di cose ha – quella di essere vere o false; e sostiene che le proposizioni possono essere vere o false anche in mondi possibili particolari. Per come lo spiega lui, una proposizione p è vera in un mondo possibile W solo nel caso in cui sia impossibile per W sussistere senza che sia vera p. In altri termini, una proposizione è vera in un mondo possibile se e solo se qualora quel mondo fosse attuale, quella proposizione sarebbe vera. Dato questo resoconto, seguono le tesi note riguardo a necessità, possibilità e impossibilità de dicto. Una proposizione necessariamente vera è una che è vera in ogni mondo possibile; una proposizione possibilmente vera è una proposizione vera in qualche mondo possibile; una proposizione impossibile o necessariamente falsa è una che è vera in nessun mondo o falsa in ciascun mondo. Allo stesso modo, segue che una proposizione vera è una che è vera nel mondo attuale e che una proposizione contingenetemente vera è una che è vera nel mondo attuale ma è falsa in qualche altro mondo. Mentre Plantinga sostiene tutte queste tesi, ci mette in guardia da qualsiasi fraintendimento. Primo, tali tesi non hanno la pretesa di definire le modalità de dicto in termini non-modali. Le tesi presuppongono le nozioni modali implicite nel concetto di mondo possibile così 25 Ibid. 26 Ibid., pp. 258-259.

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come i termini modali utilizzati nella definizione di verità in un mondo. Secondo, le tesi non hanno l’effetto di spiegare che cos’è per una proposizione essere vera. Plantinga insiste che un resoconto propriamente attualista deve iniziare con la semplice nozione di verità e spiegare la verità in un mondo nei termini di essa; e ovviamente questo è il modo in cui è strutturato il suo resoconto.27

Così come pensa che le proposizioni siano vere o false nei mondi possibili, Plantinga ritiene che gli oggetti esistano nei mondi possibili. La pretesa che gli oggetti esistano nei mondi possibili può fare ritenere che un mondo possibile sia qualcosa come un grande canestro che contiene oggetti; ma Plantinga insiste che noi possiamo fornire un resoconto dell’esistenza in un mondo che è consistente con la sua idea dei mondi possibili quali entità astratte. Considerando il concetto di esistenza attuale come fondamentale (o di base), possiamo dire che un oggetto x esiste in un mondo possibile W solo nel caso in cui sia impossibile per W essere attuale senza che x esista. Dire che una cosa esiste in un mondo possibile quindi non equivale a dire che è fisicamente contenuta in o letteralmente presente in un mondo; equivale semplicemente ad avanzare la pretesa controfattuale che se il mondo fosse stato attuale la cosa sarebbe esistita.

Ma non solo gli oggetti esistono nei mondi, essi hanno anche proprietà nei mondi e il resoconto di Plantinga riguardo a questa nozione va di pari passo col suo resoconto della verità in un mondo e dell’esistenza in un mondo. Considera l’idea attualista di avere una proprietà come fondamentale (o di base), e ci dice che affermare che un oggetto x ha una proprietà P in un mondo W equivale semplicemente a dire che se W fosse stato attuale, x avrebbe avuto P. Ora, collegando i concetti di esistenza in un mondo e possesso di una proprietà in un mondo, Plantinga è in grado di caratterizzare la modalità de re. Questo resoconto deve essere noto: una cosa ha una proprietà essenzialmente o necessariamente solo nel caso in cui ce l’ha nel mondo attuale e in ogni mondo in cui esiste; mentre una cosa ha una proprietà accidentalmente o contingentemente quando ce l’ha nel mondo attuale ma c’è un mondo in cui esiste e non ce l’ha.

Come abbiamo visto, se i difensori di questo tipo di resoconto devono evitare la conseguenza fortemente determinista che nulla esibisce alcuna delle sue proprietà contingentemente, allora devono accettare l’idea che ci sono individui transmondani. Se abbiniamo il resoconto appena delineato con l’idea che nessun individuo esiste in più di un mondo, allora otteniamo il risultato che ogni oggetto ha ognuna delle sue proprietà essenzialmente o necessariamente; infatti se nessun oggetto attualmente esistente esiste in alcun mondo possibile eccetto il mondo attuale, allora ogni proprietà che ciascun oggetto ha sarà una che ha nel mondo attuale e in ciascun mondo in cui esiste. Chiunque pensi sia che tutti gli individui sono vincolati a un mondo e che le cose hanno alcune delle loro proprietà accidentalmente sembra costretto a rifiutare il resoconto appena delineato in favore di un altro (come quello di Lewis) che spiega la distinzione fra essenza e accidente nei termini di relazione fra controparti.

27 Ibid.

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Non sorprenderà che Plantinga avvalli senza riserve gli individui transmondani. Egli crede che il tentativo di preservare la distinzione essenza-accidente per mezzo della relazione fra controparti introdotta da Lewis vada contro le nostre intuizioni pre-filosofiche; e pensa che gli argomenti intesi per mostrare la problematicità degli individui transmondani siano fallimentari. Plantinga non è il solo a negare che la relazione fra le controparti non riesca a fornire al difensore degli individui vincolati a mondi un’analisi soddisfacente della distinzione essenza-accidente. Per esempio, Saul Kripke sostiene che poiché la nozione di modalità che noi traiamo dalla teoria delle controparti è un concetto molto diverso da quello al lavoro nel nostro pensiero pre-filosofico riguardo a ciò che è essenziale e ciò che accidentale, i teorici delle controparti non ci stanno fornendo un’analisi delle nostre nozioni di essenza e accidente; stanno cambiando l’oggetto di analisi.28 La nostra credenza prefilosofica che possediamo molte delle nostre proprietà contingentemente viene espressa nella credenza che le cose sarebbero potute andare diversamente per noi in molti modi differenti. Questa è una credenza che tutti noi abbiamo su noi stessi. La credenza si trova al centro di una moltitudine di sentimenti e atteggiamenti che abbiamo riguardo a noi stessi e alla nostra situazione nel mondo; rende questi sentimenti e atteggiamenti comprensibili, addirittura ragionevoli. Avendo anche solo per un pelo evitato un serio incidente automobilistico, provo un profondo sollievo personale per il fatto che le cose non sono andate altrimenti per me. Sono sollevato per non essere entrato nello svincolo, per aver evitato un danno serio alla mia automobile, per essere scampato al dolore fisico e per aver evitato una lunga degenza in ospedale; ma Kripke sostiene che se il resoconto della modalità fornito dal sostenitore della teoria delle controparti fosse corretto, le mie reazioni sarebbero almeno sconcertanti. In base ai teorici delle controparti, la pretesa che io avrei potuto avere un incidente, aver distrutto la mia automobile, aver sofferto dolore e aver sopportato la degenza in ospedale non è propriamente su di me. E’ piuttosto una pretesa su qualcun altro, qualcuno che può assomigliarmi parecchio e che può aver avuto una storia passata molto simile alla mia, ma qualcuno che è una persona diversa da me. Ma se questo è quello che io credo quando credo che avrei potuto avere un incidente, perché dovrei provare il profondo sollievo al pensiero che le cose non sono andate in quel modo? E’ perché credo di avere evitato una situazione che mi avrebbe coinvolto direttamente, una situazione che considero disastrosa per me e non per qualcun altro, che provo sollievo per aver evitato l’incidente.

Plantinga è d’accordo con Kripke che il resoconto dei teorici delle controparti non riesce a fornirci un’analisi della nostra nozione di modalità. Ma pensa che il filosofo che vuole preservare la distinzione essenza-accidente non deve fare appello alla relazione di controparte; infatti rifiuta l’argomento di Lewis teso a dimostrare che l’esistenza di individui transmondani rappresenti una violazione dell’Indiscernibilità degli Identici.29 Ricordiamoci questo argomento. Abbiamo x-in-W1 e x-in-W2 che in 28 Si veda Kripke (1971) “Identity and necessity”, in M. Munitz (1971), Identity and Individuation, New York, New York University Press, pp. 148-149. (Tr. it. in La struttura logica del linguaggio, a cura di A. Bonomi, Bompiani, 1985) 29 Si veda Plantinga (1973) “Transworld identity or worldbound individuals”, in M. Munitz (1973), Logic and ontology, New York, New York University Press.

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apparenza esibiscono proprietà diverse; e si pretende che se consideriamo identici x-in-W1 e x-in-W2, dobbiamo sostenere, in contrasto col Principio di Indiscernibilità degli identici, che la discernibilità riguardo alle proprietà è compatibile con l’identità numerica. La prima risposta di Plantinga a questo argomento è quella che abbiamo riportato precedentemente. Ci dice che se x è abbronzato in W1 ma non lo è in W2, allora non è vero che x ha e non ha la proprietà di essere abbronzato. Ciò che è vero è che mentre x ha la proprietà di essere abbronzato in W1, x è privo della proprietà di essere abbronzato in W2. Ma Plantinga evidenzia che giacché queste sono diverse proprietà indicizzate a mondi, la situazione di x non rappresenta un caso in cui una cosa ha e non ha la stessa proprietà.

Il lettore ricorderà che Lewis replica all’appello alle proprietà indicizzate a mondi, insistendo che se noi limitiamo la nostra descrizione della situazione di x a proprietà indicizzate a mondi, saremo costretti a negare che x abbia alcuna delle proprietà ordinarie come essere abbronzato e essere pallido. La risposta di Plantinga consiste semplicemente nel negare che il suo riferimento a proprietà indicizzate a mondi gli precluda di caratterizzare le cose nei termini di proprietà che non sono indicizzate a mondi. Assumendo che sia corretto dire che x ha la proprietà di essere abbronzato in W1 e che non ha la proprietà di essere abbronzato in W2, non segue che è scorretto caratterizzare x facendo riferimento a proprietà che non sono indicizzate a mondi. Plantinga, in quanto attualista, insiste che si è impegnato a considerare la nozione di essere (semplicemente, solamente) abbronzato prioritaria rispetto alle nozioni indicizzate a mondi essere abbronzato in W1 o essere abbronzato in W2. A suo avviso ciascuna delle due ultime nozioni viene spiegata nei termini della prima. Pertanto le cose hanno proprietà che non sono indicizzate a mondi. Quali? Tutte quelle che di fatto hanno. Ma quindi se W1 è il mondo attuale, x ha non solo la proprietà indicizzata a mondi essere abbronzato in W1; x ha anche la proprietà non indicizzata a mondi di essere (semplicemente, solamente) abbronzato. Se tuttavia W1 è il mondo attuale, allora non segue dal fatto che x è privo della proprietà di essere abbronzato in W2, che x è privo della proprietà non indicizzata a mondi di essere (semplicemente, solamente) abbronzato. Ma allora non c’è una proprietà che x ha e non ha, e pertanto non c’è alcuna violazione dell’Indiscernibilità degli Identici.

Ora, uno può concedere che Plantinga riesca a scalzare l’argomento di Lewis contro gli individui transmondani, ma può insistere che il successo su questo fronte non riesca a giustificare la pretesa che gli individui esistono in più di un mondo possibile. Anche se qualcuno è d’accordo che l’esistenza di un individuo transmondano sia compatibile con l’Indiscernibilità degli Identici, può continuare a trovare sconcertante l’idea di individui transmondani. Si può chiedere “Come può una sola cosa essere in molti mondi diversi contemporaneamente?” Plantinga crede che questo tipo di resistenza agli individui transmondani sia fuori luogo. Per come la vede lui, gli individui transmondani non sono invenzioni esotiche di metafisici donchisciotteschi; essi figurano nelle nostre credenze più comuni. Quando credo che le cose sarebbero potute andare diversamente per me, credo che sarebbero potute andare diversamente proprio per questa persona; e questa credenza può essere vera solo se sono un individuo transmondano. Pertanto l’idea che ci sono individui

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transmondani è una presupposizione delle credenze condivise da tutti ad eccezione dei più pervicaci sostenitori delle controparti. E nel resoconto di Plantinga, l’idea è tanto poco problematica quanto il senso comune la ritiene tale; infatti, come spiega Plantinga, dire che io esisto in mondi possibili diversi da questo mondo significa dire che ci sono mondi possibili diversi dal mondo attuale che sono tali che se fossero stati attuali, io sarei esistito. E’ semplicemente fare una dichiarazione controfattuale. Non vuol dire che io ho molte diverse esistenze o che io sono fisicamente presente in due parti discontinue della realtà allo stesso tempo. L’idea che io esisto in mondi possibili diversi da questo mondo non è nient’altro che l’idea che ci sono stati di cose che mi coinvolgono direttamente e che potrebbero sussistere, ma non sussistono e che ci sono proposizioni contingentemente false che mi riguardano.

Ma se l’idea di un individuo transmondano non è problematica, allora il tentativo di Plantinga di distinguere le modalità de re ci fornisce il risultato che vogliamo: risulta che le cose hanno sia proprietà essenziali che accidentali. Nel sostenere che le cose hanno alcune proprietà essenzialmente e altre contingenetemente, Plantinga si schiera con i metafisici della tradizione aristotelica. […] Gli essenzialisti aristotelici vogliono sostenere che i soli attributi essenziali a una cosa sono caratteristiche che condivide con altre cose. […]

Plantinga concede che molte delle proprietà essenziali a una data cosa sono essenziali anche ad altre cose. Pertanto, ogni oggetto ha la proprietà di essere identico a se stesso, di essere o rosso o non rosso, e di essere colorato se verde. Tutte queste proprietà sono ciò che Plantinga chiama proprietà banalmente essenziali: sono essenziali ad ogni oggetto. Ci sono anche proprietà essenziali a più di un oggetto, ma non essenziali a ogni cosa. Essere diverso dal numero due è una di queste proprietà; essere una persona è un’altra. Pertanto ci sono proprietà essenziali che sono condivise da molte cose; ma Plantinga vuole sostenere che ci sono anche essenze individuali o ciò che talvolta chiama haecceitas (letteralmente “questità”). Spiega il concetto dell’essenza individuale di una cosa dicendo che è una proprietà tale che la cosa ce l’ha essenzialmente e nient’altro oltre a quella cosa ce l’ha. Pertanto un’essenza individuale di Bill Clinton è una proprietà tale che Bill Clinton ce l’ha nel mondo attuale e in ogni mondo in cui esiste e niente di diverso da Bill Clinton ce l’ha in alcun mondo possibile. E’ una proprietà essenziale e necessariamente unica a Bill Clinton. E Plantinga ci assicura che Bill Clinton ha una proprietà del genere. La proprietà di essere identico a Bill Clinton soddisfa la definizione di Plantinga. Bill Clinton ha di fatto quella proprietà; e, per finire, in nessun mondo possibile c’è un oggetto distinto da Bill Clinton che ha quella proprietà. E giacché c’è una proprietà di identità come questa per ogni oggetto, ogni cosa ha un’essenza individuale.

Plantinga, tuttavia, sostiene che ogni oggetto ha molte essenze individuali. Per mostrare ciò, Plantinga afferma che ogni proprietà indicizzata a mondi che una cosa ha, quella cosa ce l’ha essenzialmente. Supponiamo che W sia un mondo possibile in cui Bill Clinton non è un politico, ma un monaco certosino. Allora, una delle proprietà che Bill Clinton ha nel mondo attuale è la proprietà indicizzata a mondi di essere un monaco certosino in W. Egli è dopo tutto una cosa che in W è un monaco certosino. Ma Bill Clinton non ha questa proprietà solo nel mondo attuale; ce l’ha in

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ogni mondo in cui esiste; infatti, in ogni mondo in cui Bill Clinton esiste, è un individuo che in W è un monaco certosino. Pertanto essere un monaco certosino in W è una proprietà essenziale a Bill Clinton e lo stesso è vero per ogni proprietà indicizzata a mondi che egli ha. Gli sono tutte essenziali. Ma ora consideriamo qualche proprietà P tale che c’è un mondo possibile W* in cui Bill Clinton è il solo individuo che esemplifica P. Abbiamo già mostrato che la proprietà indicizzata a mondi di avere P in W* è essenziale a Bill Clinton; ma è anche necessariamente unica a lui. In nessun mondo possibile c’è un individuo distinto da Bill Clinton che ha la proprietà di avere P in W*; per rendercene conto, supponiamo che ci sia un mondo possibile W** tale che in W** c’è un individuo che ha la proprietà indicizzata a mondi di essere P in W*; quell’individuo deve essere Bill Clinton giacché lui e solo lui ha P in W*. Ma allora la proprietà di avere P in W* è un’essenza individuale di Bill Clinton; è una proprietà essenziale a lui e necessariamente unica a lui. Pertanto Bill Clinton ha più di un’essenza individuale, e Plantinga rileva che lo stesso è vero di ciascuno di noi. Indubbiamente, Plantinga pretende che ogni oggetto abbia molte essenze individuali. Per rendersi conto del perché abbia questa pretesa, occorre accorgersi semplicemente che qualcuno è la sola persona che occupa la regione di spazio che occupa mentre legge questo paragrafo. Chiamiamo la proprietà di occupare quella certa regione di spazio in quel momento Q. Allora quella persona e quella sola ha Q. Quella è la sola persona che ha Q in questo mondo. Quindi, c’è la proprietà indicizzata a mondi di avere Q in questo mondo; quella persona e quella sola ha questa proprietà indicizzata a mondi. Giacché ce l’ha in ogni mondo possibile in cui esiste, le è essenziale; e giacché in nessun mondo possibile c’è una cosa distinta da lei che ce l’ha, questa proprietà le è necessariamente unica. E’ una delle sue essenze individuali. E non c’è bisogno di grande immaginazione per rendersi conto che l’argomento può essere esteso per mostrare che ciascuno di noi ha un gran numero di essenze individuali.

Uno può tuttavia chiedersi quale rilevanza si debba dare a questo fatto. Si può accettare che date le definizioni di Plantinga segue che noi tutti abbiamo molte essenze individuali; ma uno può obiettare che le essenze individuali di Plantinga non sono proprietà metafisicamente interessanti. Sono proprietà come essere identico a John Major, essere identico a Bill Clinton, essere l’inventore del telefono in W, e essere la prima persona che ha attraversato a nuoto la Manica in W. Uno può avere l’impressione che non c’è un granché in queste proprietà, che sono, per usare le parole di Plantinga, “un po’ deboli”.30 Ma Plantinga pretende che quelle che chiamiamo essenze individuali siano nozioni ricche, così ricche che solo esaminando l’essenza individuale di una cosa un essere onnisciente può dedurre tutte quelle proprietà che quella cosa di fatto ha.31 Per dare più sostanza a questa pretesa, Plantinga ci dice che una proprietà può implicarne un’altra. Egli spiega questa nozione nel modo seguente, una proprietà P implica una proprietà P’ nel caso in cui necessariamente ogni oggetto che esemplifica P esemplifica anche P’. Pertanto la proprietà di essere rosso implica la proprietà di avere un colore; la proprietà di essere 30 Plantinga (1970) “World and essence” in Philosophical Review, p. 381. 31 Ibid., p. 385.

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uno scapolo implica la proprietà di essere non sposato, e la proprietà di essere un triangolo implica la proprietà di avere tre angoli. Ora, Plantinga pretende che ciascuna delle essenze individuali di una cosa implichi tutte le proprietà essenziali alla cosa. Per esempio, la proprietà di essere identico a Socrate implica tutte le proprietà essenziali a Socrate. Ovviamente, nulla può essere Socrate senza avere tutte le proprietà che Socrate ha essenzialmente. Ma, come abbiamo visto, tutte le proprietà indicizzate a mondi di una cosa sono essenziali ad essa. Di conseguenza, ciascuna essenza individuale di una cosa implica ciascuna delle proprietà indicizzate a mondi di una cosa. Plantinga conclude che semplicemente riflettendo sull’essenza individuale di una cosa, un essere onnisciente può inferire proprio come vanno le cose per quell’individuo in ciascuno dei mondi possibili in cui esiste; ma giacché un essere onnisciente saprebbe quale mondo possibile è il mondo attuale, un essere onnisciente potrebbe inferire tutte le proprietà che una cosa ha attualmente, semplicemente riflettendo sull’essenza individuale di quella cosa.

Ora potremmo approfondire di più il resoconto di Plantinga sull’apparato dei mondi possibili; ma abbiamo detto a sufficienza per dare un assaggio del suo approccio. Il suo resoconto sta agli antipodi di quello di David Lewis. Come ho suggerito prima, quello di Lewis non è il solo modo di utilizzare l’apparato dei mondi possibili per realizzare il progetto riduzionista del nominalismo austero. Allo stesso modo filosofi diversi da Plantinga hanno difeso un attualismo non riduzionista sui mondi possibili. Ma i resoconti forniti da Lewis e Plantinga sono le versioni più sviluppate di questi due approcci allo studio della modalità. Comprendere le loro idee significa avere una buona comprensione delle principali strategie utilizzate dai metafisici contemporanei per fare i conti con le difficili nozioni di necessità, possibilità e contingenza.

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Riassunto del capitolo

Le nozioni di possibilità e necessità (le cosiddette “nozioni modali”) sembrano

indispensabili in metafisica, tuttavia gli empiristi hanno tradizionalmente messo in discussione l’appello a tali nozioni. Gli sviluppi recenti in semantica della logica modale hanno indotto i filosofi a credere che si possa rispondere alle obiezioni degli empiristi. Il nucleo della semantica modale è costituito dall’idea di una pluralità di mondi possibili. I metafisici hanno sostenuto che l’idea sia perfettamente adeguata e che sia insita nella nostra riflessione pre-filosofica sulla questione; e hanno anche insistito che tale idea fornisce gli strumenti per chiarire non solo il concetto di modalità de dicto (la nozione di necessità o possibilità in quanto attribuita a proposizioni), ma anche la nozione di modalità de re (l’idea che una cosa esemplifica una proprietà necessariamente o contingentemente).

Tuttavia, si sono consolidati due modi di fare appello al concetto di mondo possibile. Alcuni filosofi hanno pensato che il concetto di mondo possibile fornisca gli strumenti per un nominalismo riduzionista. La teoria della modalità avanzata da David Lewis rappresenta l’esempio migliore di questo approccio. Lewis assume che la nozione di mondo possibile sia primitiva e la usa per fornire spiegazioni delle nozioni di proprietà, proposizione, modalità de dicto e modalità de re. Si tratta di una teoria tecnicamente elegante, ma ci richiede di assumere che tutti i mondi possibili sono ugualmente reali, e la maggior parte dei filosofi ritiene che questo sia un prezzo troppo alto da pagare in cambio dell’eleganza della teoria.

Di conseguenza, molti filosofi colpiti dal potere della nozione di mondo possibile adottano un approccio alternativo, che è stato sviluppato più estesamente nel lavoro di Alvin Plantinga. Nella sua interpretazione, la nozione di mondo possibile è considerata un elemento in una rete di concetti interrelati che includono le nozioni di proprietà, proposizione, modalità de dicto e modalità de re; e l’assunzione fondamentale è che se da una parte noi non possiamo ridurre alcuno di questi concetti a concetti al di fuori della rete, d’altra parte possiamo chiarire i concetti interrelati mostrando le loro interrelazioni reciproche. Plantinga interpreta i mondi possibili in un modo platonista come stati di cose possibili e massimali; pertanto assume l’intero apparato concettuale dei mondi possibili e lo combina con una forma estrema di “attualismo” in base alla quale solo ciò che esiste di fatto è reale.