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L’ansia e il disturbo da attacchi di panico A cura di Antonella Montano e Roberta Borzì istituto a.t. beck Antonella Montano Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Direttrice Istituto A.T. Beck, Roma e Caserta Roberta Borzì Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Docente interno Istituto A.T. Beck, Roma e Caserta

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L’ansiae il disturboda attacchi di panico

A cura di Antonella Montano e Roberta Borzì

istituto a.t. beck

Antonella MontanoPsicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Direttrice Istituto A.T. Beck, Roma e Caserta

Roberta BorzìPsicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Docente interno Istituto A.T. Beck, Roma e Caserta

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Presentazione A chi di noi non è mai successo di speri-mentare, almeno una volta nella vita,sensazioni intense di ansia e paura, asso-ciate talvolta alla convinzione di morire,impazzire, perdere il controllo, svenire,anche in situazioni ordinarie o quoti-diane?Anche quando tutto sembra andare peril verso giusto e le persone intorno a noici dimostrano il loro affetto, abitiamo inuna casa confortevole, abbiamo unlavoro gratificante, improvvisamente cipuò accadere di percepire una profondae inaspettata sensazione di angoscia cheannulla tutti gli aspetti positivi dellanostra vita, come una goccia di inchio-stro che colora un bicchiere d’acqua.Nella nostra attività clinica, abbiamopotuto constatare che nell’ultimodecennio i pazienti che chiedono aiutoper un disturbo d’ansia sono aumentatiesponenzialmente. Questo incremento sispiega facilmente, dal momento che lostress della vita di oggi non ci dà tregua,al contrario determina un inevitabileinnalzamento dei livelli di ansia, e conquesti anche delle sensazioni somatiche.Paura di morire, di impazzire, di perdereil controllo delle proprie emozioni ecomportamenti, di uscire di casa da soli,di prendere un autobus, di viaggiare,ecc.: così si manifesta l’attacco di panico.I seguenti moduli spiegheranno in cosaconsiste il disturbo da attacchi di panico,come affrontarlo e prevenire le ricadute.Per prima cosa verranno descritte le dueemozioni che ne sono alla base, la paurae l’ansia, poi come riconoscere i sintomie le manifestazioni dell’attacco dipanico.

Per l’approccio cognitivo-comporta-mentale il disagio emotivo, che accom-pagna l’attacco di panico, dipende dalcontenuto dei pensieri negativi e cata-strofici sulle sensazioni fisiche, a cui lepersone reagiscono con strategie e con-dotte disfunzionali.

A partire dal modello cognitivo dell’at-tacco di panico, saranno descritte alcunetecniche cognitivo-comportamentali peril trattamento dei disturbi d’ansia e,nello specifico, del disturbo da attacchidi panico. Sarà spiegato, infine, cosa fare per man-tenere i risultati raggiunti e prevenire,così, possibili ricadute. Nello specifico,verranno descritti i principi chiave dellaMindfulness e come è strutturato il pro-gramma MBSR (Mindfulness BasedStress Reduction), che rappresenta lostrumento più efficace per promuovereuna stabile e diversa modalità digestione dello stress; lo stress, comevedremo, contribuisce ad aumentarel’ansia e a innescare l’attacco di panico.

Lo scopo di questi moduli è dunquepoter essere di aiuto a tutti coloro che,di fronte alle sensazioni di impotenza eangoscia derivanti dall’attacco di panico,vogliono prendersi cura di se stessi eritornare a essere padroni della propriavita, e non più schiavi dei propri sin-tomi.

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Modulo 1L’ansia e il disturbo da attacchi di panico:inquadramentogenerale

Definizione della paura e dell’ansia

Quando l’ansia diventa un problema?

Il modello cognitivo dell’ansia

In cosa consiste il disturbo da attacchi di panico?

Il modello cognitivo dell’attacco di panico

Perché si sviluppa il disturbo da attacchi di panico?

Fattori di mantenimento del disturbo da attacchi di panico

Trattamento del disturbo da attacchi di panico

Definizione della paura e dell’ansia

Il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP)è uno dei disturbi d’ansia più diffusi(apa, 2013).Per comprendere cosa sono gli attacchidi panico è necessario iniziare con laspiegazione della differenza delle dueemozioni che ne sono alla base: la paurae l’ansia.La paura rappresenta il nucleo centraledi tutti i disturbi d’ansia, in quanto èuna risposta automatica di allarme chesi presenta quando si è in pericolo. La paura ha svolto e continua a svolgereuna funzione adattiva per la sopravvi-venza umana e, per questo motivo,sarebbe difficile trovare qualcuno chenon abbia mai sperimentato paura inuna situazione di pericolo o minaccia.La paura allerta e prepara l’organismo arispondere alle potenziali insidie chepuò incontrare normalmente nella vita.

Due esponenti di spicco nel campo,infatti, definiscono la paura come “unprimitivo stato di allarme automaticoneurofisiologico che coinvolge la valuta-zione cognitiva di un’imminenteminaccia o pericolo alla sicurezza di unindividuo” (Clark & Beck, 2010).Chi non sperimenta paura si espone apiù pericoli e corre maggiori rischi. Di conseguenza, non è possibile néauspicabile eliminarla del tutto.L’ansia è un complesso sistema dirisposta – a livello di pensieri, emozioni,sensazioni fisiche e comportamenti –all’imminente minaccia o pericolo.L’ansia viene attivata quando gli eventi ole circostanze di cui ci preoccupiamovengono considerati altamente perico-

losi, perché percepiti come improvvisi,imprevedibili, incontrollabili ocomunque potenzialmente minacciosi.Per semplificare: la paura è la valuta-zione immediata del pericolo e l’ansia èlo stato emotivo spiacevole che avver-tiamo quando la paura è attivata oquando pensiamo a minacce o pericolifuturi.

Facciamo ora un esempio pratico delladistinzione tra paura e ansia. Una per-sona che ha un estremo timore dei canisarà ipervigile circa la possibilità diincontrarli e sperimenterà un continuostato di allerta, ad esempio ogni voltache uscirà di casa. Si sentirà nervosa eapprensiva al solo pensiero di doverattraversare un giardino o una strada incui potrebbe incontrare uno o più cani.Avrà, dunque, pensieri del tipo: “Sicura-mente incontrerò un cane”, “E se midovesse aggredire?”, “Aiuto, è pericoloso”,“Starò male e non saprò cosa fare…”.Questa è l’ansia. Quando la personaattraverserà un giardino o una strada evedrà effettivamente un cane che le siavvicinerà di corsa senza guinzaglio,immediatamente sperimenterà la paura,che è la percezione di un imminentepericolo, quindi penserà: “Sta correndoverso di me! Mi sta abbaiando! Ora miaggredisce! Devo scappare!”. Questi pen-sieri le provocheranno, dunque, fortiemozioni di paura, con reazioni sulfisico, ad esempio tachicardia, respirocorto, sudorazione, tremori e avrà, diconseguenza, un comportamento difuga, perché scapperà.

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istituto a.t. beck | Modulo 1 | L’ansia e il disturbo da attacchi di panico: inquadramento generale

Quando l’ansia diventaun problema?

Come si fa a capire quando l’ansiadiventa eccessiva e disfunzionale?Quando è necessario chiedere aiuto erivolgersi allo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale?L’ansia diventa anormale quando unindividuo presenta una o più di questecaratteristiche (Clark & Beck, 2010):

1. Pensieri disfunzionaliSecondo la teoria cognitiva dell’ansia, lapaura e l’ansia eccessiva derivano daun’erronea valutazione di pericolo, associato a una o più situazioni, che nonrisulterebbe confermata da un’osserva-zione diretta agli occhi della maggiorparte delle persone. L’attivazione di pensieri esagerati sullaminaccia e gli errori di pensiero asso-ciati determinano dunque una marcataansia e paura (seppur incongruenti,come abbiamo detto, rispetto alla realtàoggettiva della situazione).

2. Funzionamento compromessoLa paura e l’ansia interferiscono conl’abilità di una persona a condurre unavita quotidiana produttiva e soddisfa-cente. L’ansia, infatti, compromette inmaniera significativa la normale routinedella persona, il suo funzionamentolavorativo o scolastico, le attività e lerelazioni sociali. Inoltre, inficia a lungoandare anche il tono dell’umore.

3. Persistenza continua della minaccia e del pericoloL’ansia persistente ed eccessiva porta lepersone a pensare al futuro in modocatastrofico, anticipando disgrazie, peri-coli, minacce. Sono sempre in attesa cheavvenga la temuta tragedia. Di conseguenza, la persona con ansiaclinica può avvertire un aumentatosenso di apprensione soggettiva anchesolo al pensiero che ci possa essere unapotenziale minaccia, senza badareall’eventualità che si realizzi o meno, oche si possa affrontare o meno. Infatti, gli individui ansiosi danno perscontato che qualsiasi pensiero sorga perprimo nella loro testa sia vero, e quindinon sono in grado di valutare serena-mente e obiettivamente la probabilitàche questo evento si possa verificare, tendendo a sovrastimare la possibilitàche accada.

4. Falsi allarmiLe persone possono provare una mar-cata paura o ansia eccessiva in assenza distimoli minacciosi oppure in presenza diuna minaccia minima. Quindi, le risposte di attacco/fuga, chedefiniremo meglio nel secondo moduloe che determinano l’attivazione dellereazioni fisiche nell’individuo, si presen-tano a seguito di segnali (falsi allarmi)che vengono percepiti e interpretaticome pericolosi, quando in realtà sonoinnocui o neutri.

5. Ipersensibilità agli stimoliNelle persone ansiose geneticamente la paura e l’ansia sono elicitate da unrange più ampio di stimoli e/o da situa-zioni caratterizzate da un’intensità diminaccia relativamente lieve (chesarebbe percepita come innocua dagliindividui non ansiosi).

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L’ansia è una condizione multisfaccettata che presenta quattro caratteristiche principali:

Caratteristiche fisiologiche sensazioni fisiche

• aumento del battito cardiaco• dolore al petto• pressione al petto• palpitazioni• respiro accelerato• respiro affannoso• sensazione di soffocamento• sudorazione• vampate di calore• tensione muscolare• rigidità• tremori fini o a grandi scosse• brividi• vertigini• sensazioni di svenimento• stordimento• debolezza• fastidio allo stomaco• nausea• diarrea• bocca secca• addormentamento nelle braccia

e nelle gambe• formicolio nelle braccia e nelle gambe• offuscamento della vista

Caratteristiche cognitivepensieri

• paura di impazzire• paura di morire• paura di perdere il controllo• paura di non essere in grado di farcela• paura di danno fisico• paura di valutazioni negative da parte

degli altri• ipervigilanza per la minaccia• pensieri, immagini o ricordi spaventosi• percezioni di irrealtà• perdita di obiettività• confusione• difficoltà di ragionamento• restringimento dell’attenzione• scarsa concentrazione• distraibilità• scarsa memoria

Caratteristiche comportamentali comportamenti

• evitamento dei segnali o delle situa-zioni percepiti come minacciosi

• fuga• iperventilazione• ricerca di rassicurazione• ricerca di sicurezza• inerzia• congelamento• agitazione• irrequietezza• difficoltà a parlare

Caratteristiche emotiveemozioni

• agitato• allarmato• angosciato• ansioso• atterrito• eccitato• frustrato• impaurito• impaziente• inquieto• irritabile• isterico• nervoso• oppresso• preoccupato• reattivo• scioccato• spaventato• suscettibile• terrificato• terrorizzato• teso• timoroso

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istituto a.t. beck | Modulo 1 | L’ansia e il disturbo da attacchi di panico: inquadramento generale

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Il modello cognitivodell’ansia

Secondo il modello cognitivo dell’ansiadi Clark & Beck (2010), un determinatoevento che chiameremo stimolo atti-vante e che può essere rappresentato dauna sensazione fisica, un pensiero,un’immagine o una situazione esterna,viene valutato inizialmente in modorapido e involontario. Per gli individuiansiosi questo stimolo attivante assumeuna valenza negativa perché percepitocome un possibile pericolo. Lo stimolo attiva, così, la modalità pri-mitiva di minaccia, come mostrato nellafig. 1. Questa è rigida, pervasiva e non cipermette di vedere altro, se non laminaccia stessa. Tale modalità determi-nerà la comparsa di sintomi ansiosi.Dopo l’attivazione della minaccia, però,

si verifica una rivalutazione elaborativasecondaria che non è detto che sia ingrado di correggere la valutazione dellamodalità primitiva di minaccia. Infatti, o si valuta con razionalità e inmodo costruttivo il reale pericolo dellaminaccia e le proprie abilità per affron-tarla, oppure si innesca un ciclo di pen-sieri legati alla percepita mancanza dirisorse e a preoccupazioni che nonfanno altro che aumentare lo statoansioso. Questo è il motivo per cui lepersone reagiscono in modo diversoall’ansia. Le differenze, infatti, dipen-dono dal modo in cui viene valutata laminaccia e si giudicano le risorse perso-nali per affrontare il pericolo. Un aspetto chiave della rivalutazione

secondaria è la valutazione della propriaabilità di affrontare la minaccia perce-pita. Quando una persona pensa diessere vulnerabile, di non potercela faree mette costantemente in atto compor-tamenti alla ricerca di sicurezza (ad esempio, sedersi nel posto piùesterno della fila, scegliere il corridoiomeno affollato, ecc.) il suo set di vulne-rabilità cognitiva viene automatica-mente rinforzato. Nel tempo si troverà a pensare di essere sempre meno capacee adeguato ad affrontare le situazionitemute. A seconda, quindi, dell’esitodella rivalutazione secondaria, si avrà unaumento o un decremento dei sintomiansiosi, innescati dalla modalità primi-tiva di minaccia.

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istituto a.t. beck | Modulo 1 | L’ansia e il disturbo da attacchi di panico: inquadramento generale

Situazione:segnale o stimolo

attivante

Modalità di orientamento

Sintomi ansiosi

Attivazione dellamodalità primitiva

di minaccia

Rivalutazioneelaborativasecondaria

Aumento sintomi ansiosi

Decrementosintomi ansiosi

Fig. 1 Modello cognitivo dell’ansia (adattato al modello di Clark & Beck, 2010)

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In cosa consiste il disturbo da attacchi di panico?

Un attacco di panico è caratterizzato daun aumento improvviso di paura o unintenso disagio fisico e/o emotivo (la cuiinsorgenza può avvenire sia da uno statodi calma che da uno stato ansioso) cheraggiunge il suo picco massimo in pochiminuti.

Durante gli attacchi di panico la personasperimenta quattro o più dei seguentisintomi:• palpitazioni, cardiopalma o tachicardia• sudorazione• tremori fini o a grandi scosse• dispnea o sensazione di soffocamento• sensazione di asfissia• dolore o fastidio al petto • nausea o disturbi addominali• sensazioni di svenimento,

sbandamento, instabilità o testa leggera• brividi o sensazioni di calore• parestesie, sensazioni di torpore

o formicolio• derealizzazione o depersonalizzazione• paura di perdere il controllo o di

impazzire• paura di morire

Inoltre, almeno uno degli attacchi dipanico è stato seguito, per almeno unmese o più, da uno o entrambi iseguenti sintomi:• Persistente preoccupazione o rimu-

ginio di avere un altro attacco dipanico in futuro o delle conseguenzeche un attacco di panico potrebbeavere: ad esempio, perdere il controllo,avere un infarto, diventare pazzo, ecc.

• Significativo e disfunzionale cambia-mento nel comportamento a seguito

degli attacchi di panico. Ad esempio, ilsoggetto comincia a evitare l’eserciziofisico, le situazioni temute o percepitecome pericolose o minacciose o i con-testi non familiari (apa, 2013).

Gli attacchi di panico, inoltre, si accom-pagnano spesso a:

Ansia anticipatoriaÈ una condizione caratteristica deldisturbo da attacchi di panico in cui èpresente un’ansia molto elevata alla solaidea di dover affrontare, in un futuropiù o meno lontano, alcune situazionitemute (allontanamenti da casa, viaggi,guida, rimanere da soli, andare alcinema, al ristorante, presentare unlavoro a un congresso, ecc.). Le persone, dunque, provano ansia anti-cipatoria di fronte alla possibilità diaffrontare situazioni temute o rispettoall’eventualità di avere un altro attaccodi panico, sperimentando così la “pauradella paura”, ovvero il timore di ripro-vare le sensazioni fisiche interne, perce-pite come pericolose che precedente-mente le hanno tanto spaventate. L’ansia anticipatoria, inoltre, è alla basedell’evitamento, cioè della tendenza asfuggire tutte le situazioni temute checaratterizza le persone con disturbo daattacchi di panico e che ne determina lalimitazione della vita sociale e lavora-tiva. Per esempio, un individuo conansia anticipatoria potrebbe vivere lanotizia di un imminente viaggio dilavoro da effettuare da solo come intol-lerabile. Potrebbe quindi inventare unamalattia, un impedimento o una scusa

che, nonostante gli procuri un momen-taneo sollievo dall’ansia perchè ha evi-tato il temuto pericolo, a lungo termineporterà un aggravamento del disturbo,oltre che una profonda insoddisfazione,autosvalutazione e tristezza per averperso un’occasione lavorativa e nonessersi messo in gioco, e per la valuta-zione della sua risposta ansiosa come un nemico ineluttabile.

AgorafobiaDal greco, “paura della piazza”, viene definita come ansia di trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile oimbarazzante allontanarsi, o nei qualipotrebbe non essere disponibile aiuto nelcaso di un attacco di panico o dei sintomidel panico (per esempio, la paura dipoter avere un’improvvisa tachicardia).L’agorafobia ha principalmente peroggetto i luoghi pubblici e frequentati, ad esempio ristoranti, cinema, centricommerciali, grandi magazzini, aule, ecc. I soggetti agorafobici possono evitare distare da soli o di trovarsi nelle situazioniin cui sono lontani da luoghi e personefamiliari; per questo motivo divente-ranno spesso dipendenti dalle muradomestiche o costretti a uscire di casasolo se accompagnati. Alcuni esempi disituazioni temute sono: uscire da soliper andare in luoghi affollati o negozi afar compere; viaggiare da soli nei bus,metropolitane, treni o aerei; prendere lamacchina; camminare o sostare in spazivasti e aperti, come piazze e ponti; trovarsi in un luogo senza un’uscita disicurezza immediata, disponibile allavista.

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istituto a.t. beck | Modulo 1 | L’ansia e il disturbo da attacchi di panico: inquadramento generale

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Il modello cognitivo dell’attacco di panico

Come abbiamo detto, gli attacchi dipanico si verificano quando gli individuipercepiscono alcune sensazioni corporeee mentali, legate all’attivazionefisiologica e di per sé innocue, comemolto pericolose, cioè le interpretanoquali segnali di un’imminente eimprovvisa catastrofe (ad esempio,segno di morte o di pazzia, di un attaccocardiaco, ecc.).

Queste sensazioni scatenanti possonoessere:• tremori• alternanza di caldo e freddo• palpitazioni cardiache• bocca secca• sudorazione• respiro affannoso• dolore o pressione al petto• tensione muscolare, ecc.

Se lo stimolo scatenante viene percepitocome una minaccia incombente, lapersona proverà molta preoccupazione eansia, e interpreterà in manieracatastrofica le sensazioni mentali esomatiche che accompagnano questostato emotivo. La persona, dunque, siallarmerà ulteriormente, contribuendoad aumentare l’intensità delle sensazionitemute, fino ad innescare un circolovizioso culminante nel vero e proprioattacco di panico (fig. 2).

Due esempi della sequenza di panico:

“Ero in piazza a seguire un concerto dimusica rock con degli amici. A un certopunto ho sentito una sensazione di confu-sione mentale e tutto intorno a me ha ini-ziato a girare. Era come se fossi distaccatodal mondo e tutto fosse irreale. Ho ini-ziato a pensare che queste sensazioni fos-sero il segno di qualcosa di brutto che mistava capitando. Temevo di perdere il con-trollo e di impazzire, senza riuscire più atornare in me. Quindi, sono diventatosempre più ansioso, avevo sempre piùpaura di perdere il controllo e ho comin-ciato a respirare affannosamente. La con-fusione nella mia testa è aumentatasempre di più. Più non riuscivo a respi-rare, più cercavo di prendere aria con labocca. Ma non ci riuscivo e sono corso viadalla folla. ”

“Ero in macchina in autostrada. A uncerto punto ho sentito il cuore battereforte e ho iniziato a sudare, la bocca erasecca e avvertivo un’oppressione al petto.Temevo che stesse per accadere qualcosadi brutto e fossi in procinto di perdere ilcontrollo. Ero terrorizzato all’idea dipotermi schiantare con la macchina, pen-savo mi stesse venendo un infarto e che,da lì a poco, avrei causato un incidente.Ho pertanto deciso di accostare nellapiazzola di emergenza e bere un po’d’acqua.”

A pagina 33 descrivi il tuo caso in modo da poterlo sottoporre al tuo psicoterapeuta.

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istituto a.t. beck | Modulo 1 | L’ansia e il disturbo da attacchi di panico: inquadramento generale

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Gli attacchi di panico, dunque, sono ilrisultato di interpretazioni “catastro-fiche” di eventi fisici e mentali che ven-gono erroneamente considerati comesegni di un imminente disastro. Le sensazioni fisiche, male interpretate,innescano il circolo vizioso che culminanell’attacco di panico (fig. 2).

Dopo che è avvenuto il primo attacco dipanico, vi sono dei fattori che manten-gono e alimentano il problema, chesono l’attenzione selettiva ai sintomifisici, i comportamenti protettivi e l’evi-tamento, che verranno spiegati nelsecondo modulo (fig. 3).

Un esempio del circolo vizioso dell’at-tacco di panico (fig. 4):Situazione: è agosto, fa caldo, vado su unautobus affollato e c’è mancanza di ossi-geno. Siccome geneticamente sono una di quelle persone ipersensibiliall’anidride carbonica, mi si crea un sin-tomo, quale, ad esempio, un po’ di con-fusione mentale.

Io lo interpreto come indice del fattoche sto per avere un attacco di panico e quindi provo ansia. L’ansia mi porta a sperimentare ancorapiù confusione mentale, oltre che unasensazione di irrealtà e offuscamentodella vista.Io interpreto in modo catastrofico tuttequeste sensazioni fisiche e temo di per-dere il controllo, di impazzire e svenire.

Questo a sua volta aumenta la mia ansiae innesca il circolo vizioso fino ad arri-vare al panico. Tendo anche a concentrarmi sulla con-fusione mentale, bevo acqua e nonprendo più l’autobus per stare meglio,ma in realtà questi tre fattori non fannoaltro che mantenere e peggiorare il mioproblema.

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Stimoli scatenantiesterni / interni

Minaccia percepita

Ansia

Attenzione selettivaComportamenti protettiviEvitamento

Interpretazioneerronea

Sintomisomatici / cognitivi

Confusione mentale

Sto per avere un attacco di panico

Ansia

Mi concentro sullaconfusione mentaleBevo l’acquaEvito l’autobus

Sto perdendo il controloSto per impazzireSto per svenire

Confusione mentaleSensazione di irrealtà

Offuscamento della vista

Stimoli scatenantiesterni / interni

Minaccia percepita

Ansia

Interpretazioneerronea

Sintomisomatici / cognitivi

Fig. 2 Il circolo vizioso del panico di Clark (1986)Fig. 4 Esempio di circolo vizioso del panico di Clarkcon l’aggiunta dei fattori di mantenimento (1986)

Fig. 3 Il circolo vizioso del panico di Clark con l’aggiunta dei fattori di mantenimento (1986)

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Perché si sviluppa il disturbo da attacchi di panico?

Le persone possono essere affette daldisturbo da attacchi di panico per molteragioni: per i propri tratti di personalità,per una vulnerabilità genetica all’ansia(c’è una considerevole evidenza empi-rica in base alla quale l’ansia si trasmettefamiliarmente) o per un’insofferenzaall’anidride carbonica che scatena i sin-tomi del panico.

Nonostante le manifestazioni clinichedel disturbo siano simili nei due sessi, le donne hanno una maggiore probabi-lità di sviluppare il disturbo rispetto agliuomini, infatti viene diagnosticato conuna frequenza doppia nelle donne (apa, 2013). Il primo attacco di panico si può verifi-care per diverse ragioni, ma possiamovedere dalla storia dei pazienti chemolto spesso coincide con un periodo di tensione o di stress elevati.

Lo stress è un concetto molto vasto maha anche un’essenza molto semplice. Lo stress si presenta a molti livelli e nasce da varie cause.

Si distinguono due categorie di fattoristressanti:• fattori stressanti esterni quali la

malattia o la morte di una personacara, la presenza di malattie in famiglia, la propria malattia, problemirelazionali con il coniuge o i parenti,problemi finanziari, perdita o pressionisul lavoro, eventi incontrollabili e/oimprevedibili, ecc.;

• fattori stressanti interni che sono rappresentati dal modo in cui siamoabituati ad affrontare un problema, dal nostro modo di pensare.

Lo stress, come mostrato nella fig. 5,contribuisce ad aumentare l’ansia, finoal raggiungimento di una soglia che, se superata, innesca l’attacco di panico.

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Attacco di panicomolto intenso

Attacco di panico Livello del panico

Livello d’ansiaalterato dallo stress

Stress

Livello d’ansia

Fig. 5 Lo stress e l’ansia

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Fattori di mantenimentodel disturbo da attacchidi panico

Come accennavamo dopo il primoattacco di panico, vi sono dei fattori chemantengono e alimentano il problema,ostacolandone la soluzione. Vediamo questi e altri fattori, nello spe-cifico l’effetto di coerenza con l’emo-zione, l’emozione come informazione, la sensibilità all’ansia, l’attenzione selet-tiva, i comportamenti protettivi, gli evi-tamenti, la distrazione e la fuga.

Effetto di coerenza con l’emozioneSi tratta di un fenomeno cognitivo incui i pensieri e le credenze tendono aessere coerenti con l’emozione attivata.Se la persona sta sperimentando ansia inuna determinata situazione le sarannoaccessibili e presenti alla mente solo gliesempi e le prove che confermano lapresenza di un pericolo o una minaccia.

Emozione come informazioneLo stato emotivo del momento funzionacome fonte d’informazione, quindi se lapersona è in ansia conclude che ci deveessere per forza un pericolo. Le persone, infatti, deducono la pre-senza di un pericolo a partire da quelloche provano, in questo caso dall’ansia.

Sensibilità all’ansiaRappresenta la particolare attitudinecognitiva che alcune persone hanno (perpropria predisposizione) a sperimentareun’intensa paura delle proprie sensa-zioni legate all’attivazione fisiologica.

Attenzione selettivaVuol dire monitorare le proprie sensa-zioni interne e porre speciale attenzione

alle situazioni temute per controllare lapresenza di segnali che potrebbero inne-scare l’attacco di panico. Ciò produce l’abbassamento della sogliadi percezione di queste sensazioni e l’au-mento dell’intensità soggettivamentepercepita, facilitando così l’attivazionedel circolo vizioso del panico.

Comportamenti protettiviIncludono i comportamenti messi inatto durante il circolo del panico al finedi prevenire la catastrofe temuta. Per esempio, se la persona inizia atemere che un capogiro possa essere ilsegnale di uno svenimento imminente,allora si siederà o si appoggerà a unsostegno per non collassare a terra.Oppure, se teme la sensazione dellabocca secca, andrà in giro con una botti-glia d’acqua o con le medicine.

EvitamentiLe persone con attacchi di panico evi-tano tutte le situazioni che ritengonofavorire il panico, ecco alcuni esempi:• la metropolitana, il treno,

l’ascensore, i ristoranti, il traffico, il cinema, ecc.

• i luoghi chiusi senza finestre• i luoghi da cui è difficile raggiungere

rapidamente un’uscita o, in situazionipiù gravi, anche un medico o un ospe-dale

• vedere film dell’orrore o drammatici• uscire quando fa troppo caldo o

troppo freddo• rimanere soleMolti evitano anche tutte quelle attivitàche li portano a provare sensazioni

fisiche, come fare attività sportiva, sessuale, bere sostanze eccitanti, o bevande calde e fredde, ecc.Le persone si trovano dunque a vivereall’interno di una propria comfort zoneche, col tempo, evitamento dopo evita-mento, diventa sempre più ristretta.Anche se c’è molta sofferenza, ècomunque sopportabile perché cono-sciuta; uscendo dalla comfort zone,invece, si rischia di andare incontroall’ignoto, all’incontrollabile... all’attaccodi panico. Da qui la scelta del cerchiocome immagine dell’opuscolo.

DistrazioneSono i comportamenti che le personemettono in atto per distrarsi (che rap-presentano, nei fatti, un evitamentodell’ansia) nel momento in cui si preoc-cupano di poter avere un attacco dipanico. Per esempio, una persona cheteme di dover affrontare un viaggio inpullman perché è convinta che avrà unattacco di panico, quando sarà sul pul-lman deciderà di parlare al telefono conun amico per tutta la durata del viaggio.

FugaQuando le persone iniziano a percepirele sensazioni fisiche e/o mentali chepensano innescheranno l’attacco dipanico, tendono a scappare dalla situa-zione o dal luogo in cui si trovano (peresempio, fuggono immediatamentedall’aula, dal ristorante, dalla discotecanel momento in cui cominciano a speri-mentare i sintomi che potrebbe inne-scare l’attacco di panico e far perdere ilcontrollo delle proprie azioni).

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Trattamento del disturbo da attacchidi panico

FarmaciI farmaci d’elezione per il trattamentodel disturbo da attacchi di panico sonogli antidepressivi e le benzodiazepine. I primi, tra cui gli inibitori della ricapta-zione della serotonina (ssri), riduconogli attacchi di panico e possono essereassunti per periodi più lunghi in quantonon provocano dipendenza. Le benzodiazepine, invece, produconodegli effetti ansiolitici immediati ma, alungo termine, possono causare dipen-denza e sintomi di astinenza (quindivengono prescritte solo nella fase ini-ziale della cura). Qualsiasi scelta farma-cologica va comunque effettuata in con-formità con le indicazioni del medico!

Psicoterapia cognitivo-comportamentaleLa psicoterapia cognitivo-comporta-mentale è risultata molto efficace per iltrattamento degli attacchi di panico. Il modello cognitivo afferma che non èla situazione in sé a spaventare le per-sone, ma il modo in cui queste interpre-tano quella determinata situazione. Non sono, quindi, gli eventi a provocarequello che sentiamo, ma il modo in cuili vediamo e li gestiamo, attraverso inostri pensieri (Beck, 2013). Il pensiero influenza continuamente lenostre reazioni corporee, quindi, il pen-siero, ad esempio, di poter avere unattacco di panico induce uno stato diansia che, a sua volta, porterà alla com-parsa di ulteriori sintomi fisici e i pen-sieri negativi (pag. 9) innescheranno ilcircolo vizioso, andando a determinaregli effetti sul nostro corpo.Grazie alla psicoterapia cognitivo-com-portamentale imparerai due tipi di abilità:1. Attraverso delle tecniche specificheapprenderai come correggere le tueinterpretazioni errate di pericolo eminaccia;2. Individuerai le tue risorse personaliper fronteggiare e usare efficacemente le tecniche apprese.

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Modulo 2L’ansia e il disturbo da attacchi di panico:strategie per il trattamento

Psicoeducazione all’ansia. Aspetti neurofisiologici dell’ansia: il ruolo centrale dell’amigdala

Lo stress

Il ruolo dell’iperventilazione

Il modello cognitivo dell’ansia e degliattacchi di panico: approfondiamo

Ristrutturazione cognitiva degli esititemuti delle sensazioni fisiche

Scheda di lavoro per la rivalutazione dei sintomi

L’esposizione enterocettiva

L’esposizione graduata in vivo per gli evitamenti agorafobici

Psicoeducazioneall’ansia.Aspetti neurofisiologicidell’ansia: il ruolo centrale dell’amigdala

Nel modulo precedente abbiamo spie-gato che l’ansia ha svolto e svolge unafunzione adattiva per la sopravvivenzaumana e quindi risulta impossibile eli-minarla completamente. Tra l’altrovivere senza ansia non sarebbe neancheauspicabile, in quanto chi non ha pauradi niente ha maggiori probabilità di tro-varsi in situazioni pericolose! L’obiettivo del trattamento cognitivo-comportamentale è riportare l’ansia aun livello più basso all’interno della nor-male variabilità dell’esperienza umana.Non si può parlare di ansia, se primanon si parla dell’amigdala, del suo fun-zionamento e della sua importanza perla nostra sopravvivenza.L’amigdala è un piccolo nucleo a formadi mandorla che fa parte del sistemalimbico, che è una delle aree più antichedel nostro cervello (fig. 6).

L’amigdala si è formata, dunque, preco-cemente nella storia di sviluppo del cer-vello umano in quanto, regolandol’ansia e la paura, si è rivelata essenzialeper la nostra sopravvivenza. Possiamoimmaginare l’amigdala come una sortadi “centralina” di allarme del nostrosistema di pericolo: si attiva quando ci troviamo di fronte a una situazioneminacciosa. L’amigdala ci avvisa, quindi, di tutti ipericoli di fronte ai quali potremmo tro-varci o ci troviamo già. È come se fosseun termostato dei nostri livelli di paura.L’amigdala ha avuto e ha tuttora il com-pito di favorire la comparsa di reazionid’allarme rapide di fronte a pericoli osituazioni minacciose, che possono pre-sentarsi in modo autonomo, indipen-dentemente dai ragionamenti consape-voli, ed è proprio grazie a questa

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Fig. 6 Il sistema limbico e l’amigdala (Treccani.it, L’enciclopedia italiana, Dizionario di medicina, 2010)

Sistema limbico

Amigdala

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velocità che ha potuto garantire lasopravvivenza degli esseri umani. Molto spesso ti sarà capitato di pensareo dire a qualcuno che anche se capisci,sul piano teorico, che le tue paure sonoirrazionali, quando ti trovi nelle situa-zioni che consideri minacciose o perico-lose non puoi fare a meno di provarepaura. È come se l’amigdala ti rapisse escattasse da sola. Questo è quello cheviene chiamato “sequestro dell’amig-dala”. Perché accade? I segnali prove-nienti dagli organi di senso, principal-mente vista, udito e olfatto, raggiungono

dapprima il talamo, rispettivamentevisivo, uditivo e olfattivo (fig. 7).Da qui, se l’informazione viene perce-pita come sconosciuta o minacciosa, è trasmessa all’amigdala che, in quantocentralina d’allarme, etichetta lo sti-molo, riconoscendolo come pericoloso,sconosciuto o doloroso. Di conseguenza, attiva una serie dirisposte automatiche all’allarme appenaindividuato. Quindi, non appena iltalamo rileva uno stimolo lo inviaall’amigdala che, se lo riconosce comepericoloso, attiva il sistema nervoso sim-

patico, che fa parte del sistema nervosoautonomo e che a breve descriveremo,allo scopo di predisporre un attacco ouna fuga.Vediamo un esempio pratico. Se una persona sta attraversando a piediun incrocio e vede improvvisamenteuna macchina che si dirige verso di leiad alta velocità, l’amigdala si attiva perinnescare delle reazioni che la possanosalvare dal pericolo (in questo caso, cor-rere velocemente per attraversare l’in-crocio in modo che non venga investitae possa salvarsi la vita).

Il ruolo dell’amigdala è infatti quello diattivare il nostro sistema nervoso simpa-tico, che fa parte del sistema nervosoautonomo, chiamato così perché indi-pendente dai nostri ragionamenti e dallanostra volontà.Il sistema nervoso autonomo è com-posto da due vie, simpatico e parasim-patico, che decorrono ai lati dellacolonna vertebrale (fig. 8).Consistono in tutta una serie di innerva-zioni che dal midollo spinale giungonoagli organi periferici. Il sistema nervososimpatico (sns) è finalizzato a preparare

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regionesacrale

regionelombare

regionetoracica

regionecervicale

stimolazionedella salivazione

costrizionedella pupilla

dilatazionedella pupilla

Parasimpatico

Sistema nervoso autonomo

Simpatico

ganglisimpatici

inibizionedella salivazione

inibizionedell’attività

cardiaca

costrizionedei bronchi

stimolazionedella digestione

stimolazionedella cistifellea

contrazionedella vescica

rilasciamentodella vescica

aumentodel rilasciodi glucosio nel fegato

secrezione di adrenalinae noradrenalinanelle ghiandole surrenali

inibizionedella digestione

stimolazionedell’attività cardiaca

dilatazionedei bronchi

rilasciamentodel retto contrazione

del retto

Fig. 7 Il talamo (Treccani.it, L’enciclopedia italiana, Dizionario di medicina, 2010) Fig. 8 Il sistema nervoso simpatico e parasimpatico (Treccani.it, L’enciclopedia italiana, Dizionario di medicina, 2010)

Talamo

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l’organismo ad attaccare o a fuggire dauna situazione di pericolo o minacciosa.Il sistema nervoso simpatico, infatti,dilata le pupille, per vedere più inprofondità, aumenta il battito cardiacoper essere più pronti all’attacco o allafuga, dilata i bronchi per aumentare lascorta di ossigeno che serve per correre,aumenta la tensione muscolare dellegambe per essere più pronti a reagire.Inoltre, inibisce l’attività digestivaperché convoglia la circolazione san-guigna in distretti corporei più impor-tanti per difendersi o attaccare, aumentala secrezione dell’adrenalina da parte delsurrene per preparare lo stato di allerta,stimola il rilascio del glucosio da partedel fegato, per avere maggiore scorta dizuccheri, e quindi di energia.

Tutte queste condizioni fisiche che,come abbiamo detto, sono finalizzatealla sopravvivenza, in realtà vengonovissute come sgradevoli perché, a diffe-renza dei nostri progenitori che dove-vano confrontarsi con pericoli reali divita o di morte, adesso i pericoli sonopiù simbolici e non richiedono unarisposta di attivazione così evidente daun punto di vista fisico. Quando l’amig-dala ci rapisce senza che ci sia un realepericolo, i nostri muscoli delle gambenon saranno percepiti come pronti perattivarsi ma come tesi e contratti, inostri bronchi ci porteranno a iperven-tilare, non capiremo il motivo dellanostra tachicardia o la attribuiremo adaltre ragioni, non comprenderemo lacessazione della circolazione sanguigna

periferica a favore di quella centrale, mapercepiremo solo la freddezza delleestremità delle mani e dei piedi.La reazione di paura innescata dal-l’amigdala rappresenta, dunque, unmeccanismo fisiologico sofisticato, maimmediato, che rende le persone con-centrate, energiche, attive e vigiliquando si trovano o pensano di trovarsidi fronte a un pericolo o a una minaccia.Nel nostro cervello però abbiamoun’altra parte molto importante cherappresenta l’area più razionale e abiledi tutte: la corteccia (fig. 9).

La corteccia, nello specifico quella pre-frontale, che nello sviluppo evolutivo siè formata in un secondo momento, ècoinvolta nella pianificazione esecutiva e

ha lo scopo di rivalutare la minaccia,prestare attenzione, aiutare a controllaregli impulsi, risolvere i problemi, riflet-tere sulle conseguenze delle nostre deci-sioni. Potremmo dire che è il nostro cer-vello pensante. La corteccia prefrontale,per questi motivi, è cruciale per il fun-zionamento sano e produttivo della per-sona nella vita di tutti i giorni. La corteccia, essendo di sviluppo piùrecente rispetto all’antico sistema lim-bico con l’amigdala, ci distingue dainostri progenitori che ragionavano solocon l’amigdala. Se oggi il vecchio è prontamente sosti-tuito dal nuovo, non è così per il sistemalimbico che invece continua, come ieri, a essere presente e a volte pure prepo-tentemente.

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Talamovisivo

Amigdala

Fig. 9 La corteccia, il talamo e l’amigdala (Treccani.it, L’enciclopedia italiana, Dizionario di medicina, 2010)

Talamo

Corteccia

Amigdala

Fig. 10 La prima via di elaborazione dell’informazione di pericolo

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Abbiamo spiegato precedentemente chei segnali provenienti dagli organi disenso raggiungono dapprima il talamoche invia un segnale all’amigdala. Se, ad esempio, una persona che hapaura dei cani ne vede improvvisamenteuno, l’amigdala si attiverà immediata-mente e glielo farà percepire come uncane di grossa taglia, pericoloso e prontoad attaccarla. La prima forma di elaborazione fa,dunque, scambiare un falso allarme per un pericolo reale perché, spaventan-dosi alla vista del cane, percepito comeenorme e minaccioso, la sua mente si offusca e non è più in grado di valu-tare la situazione con lucidità e realismo(fig. 10).

Lo stimolo visivo del cane genera degliimpulsi alla retina che procede alle areevisive del talamo e giunge velocemente,attraverso un percorso diretto, all’amig-dala. La rappresentazione nel talamo èmolto sommaria ma permette la prepa-razione o la generazione delle risposte diattacco o fuga con il minimo ritardo.

La seconda via, più lenta e più detta-gliata, perfeziona la risposta automaticadella prima via e valuta se è corretta.Un’elaborazione più lenta, attraverso ivari livelli della corteccia, produce unaclassificazione più dettagliata ed esattadello stimolo che viene inviato all’amig-dala permettendo il compimento del-l’attacco o della fuga oppure, se il

sistema veloce e sommario ha prodottoun falso allarme, la cancellazione dellarisposta di attacco o fuga (fig. 11).Quindi, la corteccia coinvolta nellamemoria, nel ragionamento e nel giu-dizio può correggere le strutture cere-brali emozionali più antiche e automa-tiche, riducendo la possibilità di falsiallarmi e quindi l’esperienza soggettivadell’ansia.

Vediamo nel dettaglio come funzionanoi due schemi di elaborazione primadescritti singolarmente (fig. 12):L’obiettivo della psicoterapia cognitivo-comportamentale, e dell’MBSR comeprevenzione delle ricadute che vedremoin seguito, è proprio quello di rafforzare

questa seconda modalità di elaborazionedelle informazioni, che ci permette dicorreggere eventuali falsi allarmi gene-rati dalla prima via, più veloce ma menoaccurata. Impareremo, in questo modo,a evitare le reazioni automatiche (che cifanno saltare troppo velocemente alleconclusioni), e a rispondere con processidi giudizio e ragionamento che ci con-sentiranno di generare pensieri alterna-tivi più efficaci e funzionali. Ma quando si attiva il nostro sistema diallarme? Molto più spesso di quantopensiamo. Soprattutto nell’era moderna,che impone alle persone dei ritmi di vitafrenetici e veloci, l’amigdala viene sovra-stimolata per frequenza e durata per cuidiventa più sensibile.

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Talamovisivo

Amigdala

Corteccia

Talamovisivo

Amigdala

Corteccia

Fig. 11 La seconda via di elaborazione dell’informazione di pericolo Fig. 12 Le due vie di elaborazione dell’informazione di pericolo

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Ci troviamo di fronte, infatti, nel corsodella nostra giornata, a stimoli visivi,situazioni o eventi che innescano lestesse reazioni neurofisiologiche che siattiverebbero nel momento in cuidovessimo trovare di fronte a noi unanimale pericoloso come un leone,perché vengono percepite come unaminaccia.Immaginiamo di essere dei cacciatoridella preistoria e di andare in giro allaricerca di cibo. Vediamo un serpente e larisposta di stress è innescata immediata-mente: picco! Poi ci rendiamo conto cheè solo un bastoncino di legno, non unserpente. Senza alcun pericolo, tutte lereazioni tornano indietro. Pochi giornidopo, sempre andando a caccia alla

ricerca di cibo, un orso spunta da dietroun albero e sta per aggredirci: picco! Noiscappiamo e il nostro sistema ritornaallo stato di equilibrio.

Il nostro funzionamento quotidianodovrebbe essere come quello rappresen-tato in questo grafico (fig. 13).La linea di base indica una condizionestabile e continuativa caratterizzata dacalma e riposo durante la maggior partedella giornata. Quando le persone si tro-vano in questa condizione di calma lacorteccia lavora in maniera efficiente edunque riescono a prestare attenzioneagli stimoli e a chi sta intorno a loro.Sono concentrate, prendono decisioni inmodo chiaro, risolvono problemi, svol-

gono, ad esempio, normalmente il pro-prio lavoro e conducono regolarmentela propria vita. In alcuni momenti dellagiornata, quando sono esposte a stimoliminacciosi o che percepiscono cometali, si attiva l’amigdala e, di conse-guenza, viene innescata la modalità diattacco-fuga. Superato l’evento che hainnescato l’attivazione dell’amigdala, lacorteccia può nuovamente operare alsuo livello ottimale. Questo è il funzio-namento della “normale” reazione distress (fig. 13).Quando però questo allarme viene atti-vato tante volte, le persone diventanoreattive, impulsive e non riescono più aprendere decisioni lucidamente poichésono confuse e disorientate.

Nella figura successiva (fig. 14) vienerappresentata la reazione di stress pro-lungata (stress cronico), in cui le per-sone perdono l’abilità di accedere facil-mente alla corteccia, quindi al lorocervello pensante, e, di conseguenza,non riescono a ragionare lucidamente,hanno difficoltà a mantenere l’atten-zione e la concentrazione su quello cheaccade intorno a loro e non riescono più a risolvere i problemi. È come sel’hardware del cervello fosse riprogram-mato con un software di pericolo eminaccia.

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Normale reazione di stress

Sistema limbico

Picco

Funzionamentoottimale dellacorteccia prefrontale

Sistema limbico

Funzionamentoottimale dellacorteccia prefrontale

Picco

Fig. 13 Normale reazione di stress (adattato da Race, 2014) Fig. 14 Reazione di stress cronico (adattato da Race, 2014)

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La presenza costante di stimoli percepiticome minacciosi o pericolosi, che scate-nano risposte di attacco-fuga, comeabbiamo detto sopra, determina unasovrastimolazione del sistema limbico e quindi dell’amigdala.

Alcuni esempi degli stimoli quotidianiai quali le persone sono esposte sono:• ricevere molte mail • rispondere a molte mail• ricevere molte telefonate e sms• stare molto tempo al telefono,

soprattutto nel cuore della notte• guardare per lungo tempo

la televisione• stare per lungo tempo davanti al PC• passare tanto tempo con i videogiochi• dover eseguire molti compiti

contemporaneamente• avere un capo o un lavoro molto

richiedente• parlare in pubblico• essere bloccati nel traffico• pensare alla lista di cose da fare• discutere con il proprio partner

o datore di lavoro• preoccupazioni economiche• non dormire abbastanza• non mangiare in modo sano• condurre una vita poco regolare• ascoltare o leggere notizie di disastri

naturali e cronaca nera• essere in ritardo• perdere qualcosa

La società in cui viviamo impone unostile di vita frenetico e richiedente sotto-ponendo le persone a continue pressioni(fisiche ed emotive). Ciascuno di noi, infatti, si confrontaogni giorno con l’alto numero dirichieste che la famiglia, il lavoro e lasocietà pongono nei diversi ambiti dellavita e che contribuiscono ad aumentareil carico di stress individuale.

L’alimentazione squilibrata, l’assunzionedi sostanze eccitanti come tabacco, caf-feina, alcool e droghe, il tempo trascorsoin auto per raggiungere il posto dilavoro, gli eventi traumatici, la vita quo-tidiana e, soprattutto, la quantità e qua-lità del sonno non sempre adeguate, siaggiungono in modo significativo allediverse fonti di stress e hanno unimpatto molto negativo sulla vita dellepersone. Tutto ciò predispone l’orga-nismo a una maggiore attivazione del-l’amigdala e, dunque, a una maggiorevulnerabilità all’ansia.

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Lo stress Lo stress è la “malattia” più diffusa aigiorni d’oggi. Basti pensare che in Ame-rica il 42% degli adulti riporta unaumento del proprio livello di stress e il36% riferisce che tale livello è rimastoinvariato negli ultimi cinque anni (apa, 2013).Come abbiamo spiegato precedente-mente, la vita di tutti i giorni ci espone amolti stimoli e situazioni stressanti, maanche il nostro modo di pensare, i nostricomportamenti e le nostre abitudini,come il sonno inadeguato, l’eserciziofisico limitato, l’alimentazione scorretta,possono incidere ulteriormente, aumen-tando lo stress e, di conseguenza, l’ansia.

Stress e sonnoDormire poco e male aumenta lo stress.Le ore di sonno necessarie per non spe-rimentare sonnolenza diurna o altrieffetti indesiderati sono 4-5 ore a notte,ovvero il periodo che viene definitosonno “nucleare”, costituito essenzial-mente dal sonno profondo a onde lente(gli stadi 3 e 4 del sonno) e, in una certamisura, dal sonno rem (Horne, 1988). La National Sleep Foundation, inoltre,in un report sullo stress in America pub-blicato nel febbraio 2014, mostra che gliadulti che dormono meno di 8 ore anotte riportano maggiori sintomi distress: si sentono più irritabili, arrabbiatie confusi; sperimentano perdita di inte-resse, motivazione ed energia; perdonola pazienza più facilmente e riferisconol’aumento dei litigi con figli e/o partner;fanno meno esercizio fisico.Il sonno svolge infatti un’importantefunzione ristorativa per il cervello e il

corpo, in quanto migliora la termorego-lazione, aiuta la riparazione tessutale,favorisce l’azione del sistema immuni-tario, stimola la plasticità sinaptica (alla base di funzioni come l’apprendi-mento e la memoria). Il sonno, inoltre, contribuisce a ridurre ilivelli di adrenalina e cortisolo, ovverogli ormoni dello stress e, durante le fasiprofonde, viene prodotto in grandiquantità l’ormone della crescita (gh) la cui funzione principale è stimolare lo sviluppo dell’organismo umano, promuovendo l’accrescimento e la ripa-razione cellulare di quasi tutti i tessuticorporei.Quando le persone non dormono perun numero adeguato di ore, durante ilgiorno sperimentano dunque stan-chezza muscolare, difficoltà di concen-trazione, irritabilità, indebolimentodella memoria. La deprivazione di sonno, di conse-guenza, compromette gravemente lasalute, contribuendo anche all’aumentodi peso fino all’obesità, all’ipertensione,alla sonnolenza con attacchi di sonnoimprovvisi durante la giornata. Questi possono mettere a rischio lanostra vita e quella degli altri; basti pen-sare alle conseguenze che può avere unattacco di sonno alla guida!

Stress ed esercizio fisicoL’esercizio fisico aumenta il tono del-l’umore e diminuisce il livello di stress.L’esercizio e l’attività fisica aumentanoinoltre l’indice di massa corporea, ridu-cono il rischio di malattie cardiovasco-lari, potenziano l’apparato muscolare,affinano le funzioni cognitive, allevianola depressione, migliorano lo stato disalute in generale e riducono lo stress.L’esercizio fisico è anche correlato conl’aumento dei livelli di endorfine nelcervello, ovvero di quelle sostanze cheinducono piacere e benessere negli indi-vidui. Chi pratica attività fisica in manieraregolare e costante riferisce di sentirsi di buon umore, più energico e menostressato. Al contrario, praticare attivitàfisica raramente (per esempio una voltaa settimana) o la sua assenza totale,insieme all’alimentazione scorretta e allamancanza di sonno, è una delle causeprincipali di alti livelli di stress. Ricorda, quindi, di svolgere un’attivitàfisica, anche leggera, ma regolare, comelo yoga. Basta anche una camminata di30 minuti al giorno per sentirsi meglio.

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Stress e alimentazioneL’alimentazione incide sia a livello fisico che psicologico sulla nostra salute. Mangiare bene non serve solo a ricosti-tuire le riserve energetiche e strutturali,ma anche a influenzare i sistemi di rego-lazione generale dell’organismo (sistemanervoso, immunitario, endocrino). La routine frenetica di tutti i giorniporta spesso le persone a consumare ipasti male e frettolosamente.L’alimentazione salutare, al contrario,prevede che si effettuino numerosi pic-coli pasti nel corso della giornata, suddi-videndo la propria alimentazione quoti-diana in 4-5 diversi momenti, saziandosisenza, però, riempirsi. Questo ha lo scopo di mantenere il fisicoattivo ed efficiente, piuttosto che appe-santito o in debito di energie.Un’alimentazione sana, bilanciata, riccadi frutta e verdura, di legumi, cerealiintegrali e fibre, e povera di grassi, zuc-cheri raffinati, carni rosse e formaggi,può essere il tuo miglior alleato perridurre lo stress, e di conseguenzal’ansia, e per il tuo benessere!

Il ruolo dell’iperventilazione

L’iperventilazione (cioè respirare conuna frequenza e/o con una profonditàeccessiva rispetto alle esigenze dell’orga-nismo) è una componente della rea-zione di attacco o fuga che gioca unruolo molto importante nel determinarei livelli di attivazione nel corpo e contri-buisce ad aumentare l’ansia. L’incremento della frequenza degli attirespiratori, mediante inspirazioni edespirazioni molto rapide, produce dellemodificazioni fisiologiche e dei sintomiche possono spaventare. Questi peggiorano o si aggiungono aquelli già sperimentati durante gliattacchi di panico, nonostante non sianodannosi e scompaiano appena si smettedi iperventilare.

L’iperventilazione produce uno squili-brio nei rapporti tra ossigeno e anidridecarbonica, riducendo notevolmentequest’ultima, condizione nota come ipo-capnia.

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Un livello lieve di iperventilazione produce:• vertigini• sensazione di testa leggera• sensazione di stordimento• sensazione di irrealtà e di stranezza del

proprio corpo• sensazione di confusione• perdita di giudizio critico

Un eccesso di respirazione più prolungato o vigoroso produce:• intorpidimento• bocca e gola secche• sensazione di formicolio alle mani,

piedi, viso• sudorazione• tachicardia• tintinnii alle orecchie• tremori• sensazioni di irrealtà, panico e paura

Un eccesso respiratorio ancora più vigoroso e prolungato può causare:• crampi muscolari • forti dolori e tensioni toraciche• rigidità ad artiglio di mani e piedi• sensazione di mancanza d’aria (tale

sensazione è tra le più temute e puòindurre a respirare ancora più profon-damente peggiorando i sintomi)

Di seguito (fig. 15) è rappresentato ilruolo dell’iperventilazione all’internodel circolo vizioso dell’attacco di panico(descritto nel modulo 1):

Come puoi riconoscere la presenza dell’iperventilazione? Stai respirandoeccessivamente se:• respiri troppo velocemente (a riposo

più di 14 respiri al minuto)• respiri troppo profondamente

(si espande molto la cassa toracica epoco la pancia)

• sospiri o sbadigli più degli altri• boccheggi e/o ansimi a bocca aperta• mantieni la bocca aperta o fai respiri

profondi quando devi svolgere delleattività

• respiri eccessivamente quando faitroppe cose e/o troppo in fretta

• respiri eccessivamente dopo averfumato, aver bevuto troppi alcoolicie/o caffè

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Stimoli scatenantiesterni / interni

Minaccia percepita

Ansia

Interpretazioneerronea

Sintomisomatici / cognitivi

Attenzione selettivaComportamenti protettiviEvitamentoIperventilazione

Fig. 15 Ruolo dell’iperventilazione come fattore di mantenimento nel circolo vizioso del panico di Clark (1986)

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Il modello cognitivo dell’ansia e degli attacchi di panico: approfondiamo

Il caposaldo della terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi emotivi, e dunque anche dell’ansia, è: “Il modo incui pensi influisce sul modo in cuisenti”.

Le persone, soprattutto durante episodidi ansia intensa con conseguente attiva-zione fisiologica incontrollabile, nonriescono a comprendere che i loro pen-sieri influenzano i loro stati d’animo eche giocano un’importante funzione dimediazione tra la situazione e l'emo-zione con la conseguente reazione fisio-logica e tra la situazione e il comporta-mento (fig. 16), come verrà spiegatosuccessivamente.Nel modulo 1 abbiamo visto che ognistimolo esterno o interno, che percepiscicome minaccioso, produce ansia. Gli attacchi di panico, dunque, sono ilrisultato di interpretazioni “catastro-fiche” di eventi fisici e mentali che ven-

gono erroneamente considerati comesegni di un imminente disastro. L’ansia si associa ai sintomi fisici (ten-sione muscolare, aumento del battitocardiaco, vertigini, sudorazione, nausea,debolezza, sensazione di soffocamento) che vengono male interpretati (in modoerroneo e catastrofico) e producono unulteriore aumento del livello d’ansia,innescando un circolo vizioso che cul-mina nell’attacco di panico (fig. 3).

Per la psicoterapia cognitivo-comporta-mentale il tuo coinvolgimento è attivo edeterminante nella nascita e nella persi-stenza dell’attacco, che è frutto di unprocesso continuamente rinforzato damolti aspetti, su cui hai più controllo diquanto tu non creda. Dal momento chela tendenza a usare le proprie emozionicome fonte di informazione e valuta-zione costituisce un meccanismo fonda-mentale nei disturbi d’ansia, il vero pro-blema è il modo in cui interpreti la tuastessa ansia, cosa ripeti a te stessoquando sei in ansia. Probabilmente avraipensieri del tipo “Se mi sento ansioso,allora ci deve essere un pericolo”.Se pensi che avverrà una catastrofe e chenon sarai in grado di affrontarla, le sen-sazioni di ansia e paura si intensifiche-ranno.

Durante il percorso di psicoterapiacapirai che l’ansia aumenta quando ticoncentri sulle sensazioni del corpo esui pensieri catastrofizzanti e il tuo tera-peuta ti equipaggerà di strumenti adat-tati ad hoc per te per affrontare e gestirela tua ansia.

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Pensiero

EmozioneReazione fisiologica

Comportamento

crea

Fig. 16 Il modello cognitivo di Beck (2013)

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Ristrutturazione cognitiva degli esititemuti delle sensazionifisiche

I pensieri catastrofizzanti fanno sì che lepersone con attacchi di panico interpre-tino erroneamente i sintomi dell’ansia eli vedano come dei reali pericoli.Presta attenzione a cosa pensi nelmomento in cui diventi ansioso e allesensazioni fisiche che provi, perchèpotrebbero essere dovute ad altri fattori(stanchezza, troppa caffeina, stress, avermangiato troppo, aver dormito poco,ecc.).

Prova a chiederti:“Prima di focalizzare l’attenzione suquella parte del corpo, ero consapevoledelle sensazioni fisiche?”“Quando ho focalizzato l’attenzionesulle sensazioni, cosa è accaduto?”“Ho notato sensazioni di cui non eromai stato consapevole, concentrandol’attenzione su alcune parti del corpo?Ciò potrebbe aver contribuito all’attiva-zione e al mantenimento del circolovizioso?”

Se in una situazione ansiogena avvertidei sintomi fisici molto forti e pensi “Stodiventando pazzo”, sostituisci questopensiero con “Sto solo sperimentandosintomi fisici forti, non ho alcunaragione di ritenere che sto impazzendo”.Oppure, se pensi “Sto per avere uninfarto”, sostituiscilo con “È solo il bat-tito del mio cuore, già altre volte è statoaccelerato”.

Quando provi delle sensazioni fisicheche interpreti come pericolose devi iniziare a pensare che possono dipendere da:• una risposta fisiologica, non perico-

losa, all’aumento dell’ansia• una reazione normale allo stress• la conseguenza di un esercizio fisico• la fatica• gli effetti collaterali della nicotina, del

caffè, dell’alcool o dei farmaci• un’accresciuta vigilanza alle sensazioni

corporee• forti emozioni quali rabbia, sorpresa o

eccitazione• il verificarsi casuale di processi biolo-

gici interni benevoli (ad es. prossimitàdel ciclo mestruale, mal di pancia, ecc.)

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Scheda di lavoro per la rivalutazione dei sintomi

Pensa alle sensazioni fisiche che ti gene-rano forte ansia e che innescano il cir-colo vizioso del panico. Elencale (fig. 17) e per ciascuna di essedescrivi molto chiaramente gli esiti cata-strofici più temuti (perderò il controllo,impazzirò, diventerò trasparente, ecc.).Utilizza la tabella per scrivere alcunespiegazioni alternative rispetto al motivoper cui sperimenti una varietà di sensa-zioni fisiche che ti fanno sentire ansia o panico.

La maggior parte delle persone ha diffi-coltà a generare spiegazioni alternativesulle sensazioni fisiche maggiormentetemute. Il tuo psicoterapeuta ti aiuterà a indivi-duare le diverse possibilità e ipotesi chespieghino le tue sensazioni fisiche einsieme potrete indagare la validità diciascuna di esse, raccogliendo evidenze e prove a favore e contro.

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Fig. 17 Adattata da Clark & Beck (2010)

Specifica la sensazione Elenca alcune spiegazioni Quanto credi a ogni Quanto credi a ogni Efficacia della fisica che sperimenti alternative delle sensazioni spiegazione quando spiegazione quando spiegazione (ad esempio tachicardia, difficoltà non sei ansioso? sei ansioso? nel contrastarerespiratorie, nausea ecc.) (0 - 100)* (0 - 100)* l’ansiae gli esiti temuti (0 - 100)**

Tachicardia Ho bevuto troppi caffè 75 50 50Morirò di infarto Sono nel periodo mestruale

Ho fumato molte sigarette

** 0 = Non credo assolutamente a questa spiegazione, 100 = Credo assolutamente a questa spiegazione** 0 = Questa spiegazione non ha assolutamente alcun effetto positivo sull’ansia, 100 = La spiegazione è pienamente efficace nel rimuovere l’ansia

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L’esposizione enterocettiva

Durante il percorso di psicoterapiacognitivo-comportamentale per il trat-tamento del disturbo da attacchi dipanico, una fase importante è quella cheprevede l’esecuzione degli esperimenticomportamentali per l’induzione deisintomi in seduta. Ricorda però che solo il tuo psicotera-peuta ti potrà fornire gli strumentinecessari per gestire l’ansia e superare le difficoltà che incontrerai durantel’esposizione.

Gli esercizi di esposizione enterocettivainducono delle sensazioni corporeesimili a quelle che si manifestano spon-taneamente in caso di ansia e che ven-gono evitate a tutti i costi perché consi-derate pericolose, con lo scopo ultimo diimparare a “rimanere” con esse. Se, per esempio, la reazione fisica che tispaventa di più è la tachicardia, il tuopsicoterapeuta sceglierà degli esercizienterocettivi in grado di indurti l’accele-razione del battito cardiaco, per mettertinelle condizioni di affrontare un epi-sodio di tachicardia e superarlo senzaricorrere all’evitamento o alla fuga.

Questi esperimenti forniscono la provache le sensazioni fisiche di per sé nonconducono automaticamente al panico -“Anche quando sono ansioso, aumen-tare il mio battito cardiaco correndo perle scale non aumenta il mio livellod’ansia”- e permettono di scoprire che ilmodo in cui vengono interpretati i sin-tomi determina se l’ansia esita in panico- “Quando so che il mio cuore batteforte a causa dell’esercizio fisico, non mi

sento ansioso”. Sperimentare che non siproducono le conseguenze temute(pazzia, collasso, morte, ecc.) fa dimi-nuire la forza dei pensieri catastrofici.

Oltre agli esperimenti effettuati durantele sedute, una componente importantedel trattamento è l’esecuzione degli eser-cizi a casa, anche nei giorni in cui la per-sona può sentirsi particolarmenteansiosa o propensa al panico.

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L’esposizione graduata in vivo per gli evitamenti agorafobici

L’esposizione graduata in vivo per glievitamenti agorafobici è una fase fonda-mentale della terapia cognitivo-compor-tamentale per il disturbo di panico.Anche in questo caso il tuo psicotera-peuta saprà prepararti e guidarti inquesta fase del trattamento che, solita-mente, determina un’intensa paura,anche prima che l’esposizione stessaabbia inizio, per l’aspettativa di starmale, per la “paura della paura”.

Durante l’esposizione graduata in vivolo psicoterapeuta aumenta progressiva-mente il livello di ansia a cui la personasi esporrà, in modo che possa realizzaredi essere in grado di gestire situazioniansiogene a lungo evitate. Affrontare la situazione temuta senzafuggire, infatti, fa aumentare la paurache però una volta raggiunto il suopicco massimo, si stabilizzerà per poiridimensionarsi. Ricorda che se non fuggi o eviti l’esposi-zione, la reazione ansiosa potrà toccareun picco, ma poi si ridurrà spontanea-mente e ti ritroverai a fronteggiare lesituazioni temute senza provare piùpaura o panico.

L’esposizione solitamente ha una duratamassima di 90 minuti, in quanto dovrairimanere nella situazione sufficiente-mente a lungo da constatare la spon-tanea riduzione del livello ansioso (nellospecifico dai 30 ai 60 minuti). Potrai stabilire con il tuo psicoterapeutail numero di sedute settimanali chedovrai effettuare, in modo che l’esposi-zione risulti frequente, moderatamente

intensa e prolungata, sia all’interno dellaseduta che tra una seduta e l’altra.Potrete implementare insieme, inoltre,un piano d’intervento che preveda l’uti-lizzo di tecniche di gestione dell’ansiache ti possano preparare alle sedute diesposizione. Possono anche essere utilizzate delle tec-niche come il rilassamento muscolareprogressivo, la respirazione controllata ola meditazione.

Queste tecniche, però, non interven-gono direttamente sull’attacco dipanico, né lo curano, ma mirano solo aridurre lo stress (che contribuisce adaumentare l’ansia) nelle situazioni quo-tidiane più diverse e a bloccare o inibirela tendenza a iperventilare (che spessoprecede o peggiora l’attacco di panico).In tal modo, verrai condotto, passodopo passo, a superare paure che sem-bravano insormontabili e capirai che,evitando i tuoi piccoli rituali rassicu-ranti, non avrai comunque la crisi, anziaumenterai la tua reale autonomia.

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Modulo 3La prevenzionedelle ricadutenell’ansia e nel disturbo da attacchi di panico

La prevenzione delle ricadute

La Mindfulness e il programma MBSRper prevenire le ricadute nell’ansia enegli attacchi di panico

Il programma MBSR (MindfulnessBased Stress Reduction)

La prevenzione delle ricadute

Una significativa percentuale di personeche ha sofferto di attacchi di panico puòricadere nel disturbo dopo una fase diremissione, più o meno lunga, dai sin-tomi ansiosi, ad esempio dopo unperiodo molto stressante.Le ricadute determinano ovvie implica-zioni sulla già compromessa qualità divita delle persone, in cui il disagio psico-sociale, lavorativo e, a lungo andare,anche economico si perpetua e peggiora.

La psicoterapia cognitivo-comporta-mentale è l’intervento che ha fornito lamaggiore dimostrazione di efficacia neltrattamento dei disturbi d’ansia e, inparticolar modo, del disturbo daattacchi di panico. L’efficacia clinica della psicoterapiacognitivo-comportamentale è confer-mata dalle alte percentuali di risoluzione(superiori anche alla farmacoterapia) e rappresenta un fattore protettivo per le ricadute a lungo termine.

Abbiamo spiegato che gli attacchi dipanico si possono manifestare con lasola percezione di sintomi somatici (peresempio la tachicardia) o in presenza disituazioni e luoghi in cui il soggetto spe-rimenta gli attacchi di ansia e le sensa-zioni corporee temute. Per evitare di sperimentare un ulterioreattacco di panico, quindi, abbiamo vistocome le persone rinforzano la condottadi evitamento dei contesti (luoghi esituazioni) in cui si sono verificati edelle sensazioni enterocettive o deglispecifici contenuti di pensiero che ven-gono associati all’attacco di panico.

Nella fase del trattamento cognitivo-comportamentale dedicata alla preven-zione delle ricadute il tuo psicoterapeutati aiuterà a:

1. Rivedere e rafforzare ciò che avraiimparato durante il percorso di psicote-rapia, con particolare attenzione a ciòche si è dimostrato più efficace per te.

2. Rileggere i file di auto aiuto che tisono stati dati nel corso della terapia eascoltare le tracce audio di registrazionidi parti di sedute.

3. Identificare i comportamenti protet-tivi o gli evitamenti che possono predi-sporti maggiormente all’attivazione delcircolo vizioso dell’interpretazione cata-strofica delle sensazioni corporee.

4. Imparare a riconoscere i momenti incui l’attenzione selettiva sui fenomenidel corpo provoca un aumento dell’in-tensità delle sensazioni percepite.

5. Individuare i pensieri disfunzionali,spesso espressi sotto forma di pensieriautomatici, che possono attivarsi in pre-senza di alcuni sintomi fisici e chepotrebbero scatenare nuovamentel’ansia e l’attacco di panico (ovvero laconvinzione che le sensazioni percepitepossano causare conseguenze fisiche ementali drammatiche).

6. Imparare ad accettare e ad accoglierein modo non giudicante le sensazionifisiche, pensieri ed emozioni, e promuo-vere una modalità aperta e recettivadell’esperienza interiore mediante lapratica del programma MBSR.

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Dal momento che il tentativo di con-trollo che le persone mettono in atto perevitare gli eventi interni e i sintomi nonfa altro che intensificarne la portata, lafase di prevenzione delle ricadute hal’obiettivo di ridurre l’evitamento espe-rienziale. Questo consiste nella mancatadisponibilità da parte della persona arimanere in contatto con particolariesperienze personali come sensazionifisiche, emozioni, pensieri, ricordi.

Gli evitamenti sono un importante fat-tore di mantenimento dell’attacco dipanico, soprattutto perché non dannomodo alle persone di sperimentare chel’ansia non porta alla catastrofe! Per mantenere e migliorare i risultatimaturati nel percorso del trattamentodovrai acquisire una nuova modalità direlazionarti alla tua esperienza interna,attraverso un nuovo atteggiamentoverso i pensieri catastrofici, le sensazionifisiche e le situazioni vissute, accettan-doli e tollerandoli. L’accettazione e l’accoglienza non giudi-cante delle tue sensazioni fisiche, pen-sieri e emozioni, e la promozione di unamodalità aperta e recettiva della tuaesperienza interiore verranno sviluppatemediante la pratica del programmaMBSR.

La Mindfulness e il programma MBSR per prevenire le ricadutenell’ansia e negli attacchidi panico

La Mindfulness (meditazione di consa-pevolezza), nello specifico il programmaMBSR, negli ultimi anni, è stata inte-grata nella terapia cognitivo-comporta-mentale. Il presupposto di base dellapratica Mindfulness nel disturbo daattacchi di panico è che in situazioni diansia e panico la tendenza delle personeè quella di interpretare le sensazioni cor-poree in chiave catastrofica e fare previ-sioni negative su ciò che potrà avvenire.L’MBSR in questa fase può favorire ilraggiungimento di uno stato di distan-ziamento dalle sensazioni fisiche, pen-sieri ed emozioni, e di concentrazionenon giudicante sul presente. L’obiettivo è duplice: dirigere la propriaattenzione sul momento presente inten-zionalmente e con accettazione e distan-ziarsi dai pensieri catastrofici riguar-danti possibili eventi negativi del futuro.

È stato dimostrato che l’MBSR pro-muove un nuovo modo di approcciarealle proprie sensazioni fisiche, pensieried emozioni acquisendo consapevolezzadella loro natura fluttuante e transitoria.In questo senso, si prenderà consapevo-lezza di come il dolore, le attivazionifisiologiche dell’ansia o dell’attacco dipanico non sono immutabili o perma-nenti.

Abbiamo spiegato nei moduli prece-denti che, nel disturbo da attacchi dipanico, l’attenzione selettiva verso i sin-tomi somatici (ad esempio, sensazionedi svenimento, di sbandamento, di testaleggera, ecc.) e la catastrofizzazione delleconseguenze temute (per esempio il

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timore di impazzire) determinano l’in-staurarsi di un circolo vizioso, in cui siattivano dei pensieri (del tipo “Se hoqueste sensazioni e provo queste emo-zioni vuol dire che sto per impazzire!”)che portano a un potenziamentoestremo dell’ansia. Attraverso il programma MBSR neidisturbi d’ansia la persona acquisisceconsapevolezza dei propri stati interni eun nuovo modo di rapportarsi alle sen-sazioni fisiche e agli stati mentali, impa-rando a stare nel momento presente conquello che c’è.

La pratica della consapevolezza aiuta adaccogliere le sensazioni fisiche come unsegnale separato dal loro contenutoemotivo, attraverso l’osservazione dellasensazione sgradevole o dolorosa (peresempio sede, intensità, frequenza) inmaniera distinta dalle componenti emo-tive associate (per esempio impazienza,paura, ansia). Un’osservazione conti-nuativa e non giudicante delle sensa-zioni correlate all’ansia, senza mettere inatto tentativi di fuga o comportamentidi evitamento, riduce la reattività emo-tiva sollecitata dalle sensazioni fisichetemute.

La pratica Mindfulness aiuta a capireche le sensazioni fisiche e i sintomiansiosi non sono problematici, nonsono il rispecchiamento di una realtàminacciosa, ma che la fonte principaledi disagio e sofferenza è il tentativosenza fine di controllare ed evitare i sintomi.

Nel modulo 2 abbiamo spiegato chel’iperventilazione è una componentedella reazione di attacco/fuga che giocaun ruolo molto importante nel determi-nare i livelli di attivazione nel corpo econtribuisce ad aumentare l’ansia.Il respiro è, quindi, strettamente legatoai nostri stati mentali.

La pratica della Mindfulness sviluppa lacapacità di portare l’attenzione sulrespiro, promuovendo la respirazioneconsapevole che ti consentirà di perce-pire le sensazioni fisiche piacevoli cheproduce, come il fresco dell’aria che siavverte nell’inspirazione, il calore del-l’espirazione, il torace e l’addome che sigonfiano e sgonfiano, ...Ricorda, però, che la Mindfulness non tipropone di allontanare o eliminare lesensazioni, i pensieri e le emozioni sgra-devoli, ma stimola ad adottare un’atten-zione consapevole al momento presente,all’accogliere senza giudicare l’espe-rienza del “qui e ora” qualunque essa sia,positiva o negativa.L’efficacia dei trattamenti Mindfulnessnei disturbi d’ansia si basa su alcunimeccanismi cognitivi d’azione (fig. 18).

Nel modulo 2 abbiamo spiegato inoltrecome lo stress influisca fortemente suidisturbi d’ansia. Il programma MBSR siè dimostrato efficace nella riduzionedello stress e nel miglioramento delbenessere generale dell’individuo. La pratica della consapevolezza, infatti,insegna alle persone a prendersi cura dise stesse e a vivere in modo più sano,imparando ad adattarsi alle circostanzedella vita e a riconoscere e gestire lenumerose fonti di stress quotidiane.

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Riduce i livelli di ansiae stress insegnandoa osservare in modo non giudicante e a rimanere in contattocon le sensazioni fisiche temute

Modifica l’atteggiamentoverso le sensazioni fisiche,i pensieri e le emozioni

Aiuta ad accettarei sintomi fisici e i pensieri catastroficisenza cercare dimodificarli o evitarli

Fig. 18 Meccanismi cognitivi alla base dell’efficacia della Mindfulness

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Il programma MBSR(Mindfulness BasedStress Reduction)

Il programma MBSR fonde l’esperienzadelle tecniche di meditazione con alcuniaspetti teorici della terapia cognitivo-comportamentale. È stato verificato che il programmaMBSR, ideato e sviluppato da JonKabat-Zinn, riduce la frequenza degliattacchi di panico e del comportamentoevitante nel disturbo da attacchi dipanico (Miller, Fletcher, Kabat-Zinn,1995), diminuisce lo stress e migliora ilbenessere emotivo (Shapiro, Schwartz,Bonner, 1998; William, Kolar, Reger,Pearson, 2001).

Il programma MBSR ha l’obiettivo disviluppare la capacità di osservazione edistanziamento dagli stati mentali, sen-soriali ed emotivi, e aumenta la consa-pevolezza e la capacità di gestione delleemozioni negative.

Il programma MBSR si articola in 8 set-timane. Si tratta di un protocollo diaddestramento intensivo alla medita-zione di consapevolezza, strutturato in 8 incontri di gruppo settimanali di circadue ore ciascuno e di una giornata dimeditazione intensiva, chiamata gior-nata del silenzio.

Il programma MBSR prevede:

• un incontro di gruppo in cui vienespiegato il corso e uno individualeconoscitivo. È inclusa la somministra-zione di test che permettono di valu-tare la situazione attuale dei parteci-panti, in base ad alcuni parametri,quali ansia, depressione, rimuginio,ecc. Tali test vengono somministratianche alla fine del programma pervalutare eventuali miglioramenti

• pratiche guidate quali: 1. il body scan (la scansione corporea

consapevole)2. lo yoga (stretching dolce e

movimenti corporei accessibili a tutti)

3. la meditazione seduta 4. la meditazione camminata

• pratica informale (attenzione consape-vole alle attività quotidiane)

• discussioni di gruppo, condivisione ecommenti con gli altri partecipantisulle esperienze di pratica

• trasmissione di conoscenze teorichesullo stress e su tematiche legate allapromozione del benessere generaledell’individuo, quali pilota automatico,alimentazione, sonno, assertività, ecc.

• esercizi da svolgere in classe e a casaper promuovere la consapevolezzanella vita di tutti i giorni, quali diari,materiale di psicoeducazione, metaforee fiabe su vari temi

• pratica quotidiana facilitata dall’ausiliodi audio e cartacei (cd e tracce mp3)

Il programma MBSR ti aiuterà a:

• ridurre lo stress

• coltivare concentrazione e pazienza

• riconoscere le emozioni, sentendole elocalizzandole nel corpo, imparandoad accoglierle, piuttosto che a rifiutarle

• osservare e comprendere le modalità direazioni automatiche ai pericoli e alleminacce per trasformarle in rispostefunzionali

• imparare a gestire in maniera efficace il livello di ansia

• non giudicare l’esperienza interiore,ma imparare a osservarla e accettarlaper quello che è

• sviluppare la capacità di mantenere ilfocus sul presente, senza giudizio e conaccettazione anche verso le sensazionifisiche, i pensieri e le emozioni

• aprirsi ai sintomi fisici e alle situazionisenza mettere in atto fughe difensive ostrategie disfunzionali e dannose

• avere maggiore accesso alle proprierisorse interiori e qualità per prendersicura di se stessi, per entrare in contattocon la propria naturale fonte interioredi cura e guarigione

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L’ansia e il disturboda attacchi di panicoRiassunto dei moduli

Modulo 1

L’ansia rappresenta un complessosistema di risposta alla modalità di peri-colo e minaccia. Questa risposta vieneattivata quando gli eventi o le circo-stanze che incontriamo vengono consi-derati pericolosi, imprevedibili e incon-trollabili. L’ansia è una condizionemultisfaccettata che presenta caratteri-stiche fisiologiche, cognitive, comporta-mentali ed emotive.

L’attacco di panico è definito come unbreve e circoscritto episodio di ansiaintollerabile, caratterizzato da spiccatemanifestazioni neurovegetative ed emo-zioni di apprensione, paura o terrore peruna catastrofe imminente o un pericolomortale.

Gli attacchi di panico sono il risultato diinterpretazioni “catastrofiche” di eventifisici e mentali che vengono erronea-mente considerati come segni di unimminente disastro. Le sensazionifisiche male interpretate innescano uncircolo vizioso che culmina nell’attaccodi panico.

Il primo attacco di panico si verificaspesso durante un periodo di stress ele-vato, in quanto lo stress (psicologico e/ofisico) contribuisce ad aumentare l’ansiafino al raggiungimento di una sogliache, se superata, innesca l’attacco dipanico.

Oltre ai trattamenti farmacologici, ilgold standard per il disturbo da attacchidi panico è la psicoterapia cognitivo-comportamentale.

Modulo2

L’amigdala favorisce la comparsa di rea-zioni d’allarme rapide che possono pre-sentarsi quasi in modo autonomo eindipendente dai ragionamenti consape-voli.

L’iperventilazione produce delle modifi-cazioni fisiologiche che aumentano ilivelli di attivazione nel corpo, peggio-rano l’ansia e si aggiungono ai sintomisperimentati durante gli attacchi dipanico.

Per la psicoterapia cognitivo-comporta-mentale l’ansia aumenta quando ti con-centri sulle sensazioni del corpo e suipensieri catastrofizzanti, per questomotivo mira a modificare il modo in cuiinterpreti la tua stessa ansia mediantel’individuazione di spiegazioni alterna-tive alle sensazioni interne.

Gli esercizi di esposizione enterocettivainducono delle sensazioni corporeesimili a quelle che si manifestano spon-taneamente in caso di ansia, per metterele persone nelle condizioni di affrontarei sintomi temuti e di superare l’episodio,senza ricorrere a mezzi di evitamento ofuga.

L’esposizione graduata in vivo per glievitamenti agorafobici aumenta gra-dualmente il livello di ansia in modo chela persona possa realizzare di essere ingrado di gestire situazioni a lungo evi-tate, senza sfuggirle, e fronteggiarlesenza provare panico.

Modulo 3

La psicoterapia cognitivo-comporta-mentale rappresenta un fattore protet-tivo per le ricadute nel disturbo di ansiae di attacchi di panico.

La Mindfulness, e il programma MBSR,nella fase di prevenzione delle ricadute,favorisce il raggiungimento di uno statodi distanziamento dalle sensazionifisiche, pensieri ed emozioni, e di con-centrazione sul presente.

La pratica Mindfulness aiuta a capireche le sensazioni fisiche e i sintomiansiosi non sono problematici, ma chela fonte principale di disagio e soffe-renza è il tentativo senza fine di control-lare ed evitare i sintomi.

Il programma MBSR è un protocollo diaddestramento intensivo alla medita-zione di consapevolezza che riduce lafrequenza degli attacchi di panico e lecondotte di evitamento disfunzionali.

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