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Tecnostress

Maggio 2016

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In Italia sono circa 2 milioni i la-voratori esposti al rischio di tecno-stress, un disturbo causato da un uso scorretto delle tecnologie e degli ap-parecchi informatici e digitali.

Fra le categorie più esposte gli operatori di call center, i giornalisti, i pubblicitari e gli analisti finanziari che utilizzano in sequenza, ma anche contemporaneamente, computer, smartphone, tablet e tecnologie mo-bili touchscreen.

Dalle ultime ricerche condotte sul tema è emerso che tra i mobile wor-kers, ossia i lavoratori digitali, una percentuale rilevante fa uso di un computer connesso alla rete internet per 8 ore al giorno (19%), ma c’è an-che chi arriva a 10 ore (10%) e chi ad-dirittura oscilla tra le 12 e le 16 ore (il 6% circa). Il 64%, inoltre, afferma di utilizzare lo smartphone per conver-sazioni legate alla propria professio-ne per almeno 1 ora al giorno, anche al di fuori dell’orario di lavoro.

L’uso del tablet, invece, non è an-cora così diffuso nel nostro Paese; solo una ridotta percentuale di lavo-ratori lo utilizza per almeno 1 ora al giorno, con punte massime di 4 ore.

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Se da un lato la larga diffusione delle nuove tecnologie ha modificato radicalmente il mondo del lavoro e ha contribuito alla creazione di nuove professioni altamente specializzate, dall’altro ha comportato (e tuttora comporta) un alto livello di stress che si ripercuote negativamente sulla salute e sul benessere dei lavoratori “digitali”.

Questa nuova forma, nella mag-gior parte dei casi colpisce proprio coloro che lavorano in ambienti in cui la tecnologia esercita un controllo esasperato sulle attività svolte e dove è crescente la necessità di adattarsi ai continui e rapidi processi digitali ed informatici.

I RISCHI PER LA SALUTE DEI “LAVORATORI DIGITALI”

Il tecnostress costituisce, dunque, un rischio concreto per la salute dei lavoratori che utilizzano sistematica-mente le tecnologie informatiche, gli strumenti di videocomunicazione e soprattutto internet.

La velocità imposta dagli attuali

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sistemi di telecomunicazione, da un lato rende i lavoratori più efficienti, ma dall’altro è mentalmente più fa-ticosa: operare in un contesto multi-tasking dove contemporaneamente si utilizzano più strumenti di lavoro come computer, smartphone e tele-fono d’ufficio determina un sovracca-rico informativo e cognitivo che può alterare le funzioni cerebrali.

L’utilizzo costante delle nuove tec-nologie costituisce un rischio concre-to per la salute dei lavoratori; questa emergenza si rileva anche dal fatto che numerose aziende, soprattutto del settore dell’editoria e dell’infor-mation technology, abbiano incluso il tecnostress tra i fattori che possono causare danni alla salute dei propri lavoratori. Tali rischi devono essere individuati dal datore di lavoro, che ha l’obbligo di attivare le misure ne-cessarie a prevenire il danno.

I SINTOMI PIÙ FREQUENTI

Negli anni, vari studiosi si sono occupati del tema del tecnostress, evidenziando le ricadute negative sullo stato psicofisico degli individui: senso di impotenza sul controllo del tempo e dello spazio personale, per-dita delle relazioni sociali, fino alla riduzione della fiducia e del comfort nell’uso delle tecnologie.

Inoltre, l’impossibilità oggettiva di sottrarsi al lavoro e di essere, in buo-na sostanza, sempre reperibile e rag-giungibile tramite gli strumenti della

posta elettronica e degli smartphone, costantemente connessi ad internet, contribuisce all’insorgenza di patolo-gie a medio-lungo termine.

I sintomi più frequenti del tec-nostress sono mal di testa (44,5%), calo della concentrazione (35,4%), nervosismo e alterazione dell’umo-re (33,8%), tensioni neuromuscolari (28,5%), stanchezza cronica (23,3%), insonnia (22,9%), ansia (20,4%), di-sturbi gastro-intestinali (15,8%), der-matite da stress (6,9%). Tra i sintomi più gravi ci sono alterazioni compor-tamentali (7,1%), attacchi di panico (2,6%) e depressione (2,1%).

Da non trascurare anche il rischio connesso all’elettrosmog, cioè l’e-sposizione prolungata ai campi elet-tromagnetici emessi da smartphone e tablet e stazioni internet Wi-Fi; tutti questi fattori, purtroppo, sono anco-ra sottovalutati.

Infatti, ci si preoccupa poco del fatto che l’uso massiccio del cellula-re, per parecchie ore al giorno, e per anni, può avere “un ruolo almeno concausale” nella genesi di alcuni tu-mori dei nervi cranici (come il cosid-detto neurinoma del nervo acustico).

Lo hanno stabilito i giudici del-la Suprema Corte di Cassazione nel 2012 che riconoscendo la rendita per inabilità permanente pari all’80% al manager di una multinazionale che, a causa dell’uso prolungato del te-lefonino e del cordless per motivi di lavoro - per 6 ore al giorno e per 12 anni - aveva sviluppato un tumore all’orecchio sinistro dove era solito

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appoggiare il cellulare per le conver-sazioni.

Lo stress produce ripercussioni negative anche sul sistema immuni-tario e, soprattutto, su quello cardio-circolatorio.

Numerosi studi hanno dimostra-to che stati emozionali come l’ansia possono, a lungo andare, rivelarsi potenti fattori di rischio coronarico e di infarto del miocardio.

L’utilizzo spasmodico della tecno-logia può sfociare in una vera e pro-pria malattia, inserita nel Manuale mondiale delle malattie psichiatriche (DSM V); tale patologia, denominata “internet dipendenza” (I.A.D. – Inter-net Addiction Disorder), colpisce nel mondo quasi 7 milioni di lavoratori e si manifesta con disturbi delle sfe-ra cognitiva e comportamentali quali depressione, rabbia e perdita della capacità di concentrazione.

In Italia, presso il Policlinico Ge-melli di Roma, è stato istituito, nel dipartimento di Psichiatria, il primo ambulatorio che si occupa proprio di internet dipendenza, specializzato nella diagnosi e nella cura delle pa-tologie da stress “da lavoro digitale” (cosiddette smartphone and tablet addiction).

Gli stessi sintomi si riscontrano an-che nel caso della cosiddetta “sindro-me da multitasking”, quando cioè si eseguono simultaneamente più attivi-tà (ad esempio parlare al telefono men-tre si controllano le email e, allo stesso tempo, si interloquisce con un collega).

Questa discontinuità operativa che

si sostanzia in continue interruzioni del lavoro indebolisce fortemente la concentrazione ed è pertanto neces-sario un notevole sforzo mentale per riprendere l’attività laddove era stata interrotta, con un aumento anche della possibilità di commettere errori.

TECNOSTRESS, NUOVA MALATTIA PROFESSIONALE

E RISCHIO D’IMPRESA

È chiaro che la tecnologia costitu-isca ormai un fattore integrante della vita quotidiana lavorativa ed extra la-vorativa.

È verosimile pensare che l’uso scorretto ed eccessivo delle nuove tecnologie e degli apparecchi infor-matici e digitali possa rappresenta-re una potenziale fonte di stress per coloro che ne fanno quotidianamente uso ed avere conseguenze negative sul benessere psicofisico dei lavora-tori.

Su tali aspetti incidono, senza dubbio, fattori organizzativi derivan-ti, ad esempio, da una inadeguata distribuzione del carico di lavoro e da una errata gestione dei processi lavorativi che spesso si sostanziano in vere e proprie “disfunzioni dell’or-ganizzazione lavoro”, e fattori ogget-tivi dello stress professionale come autonomia decisionale, gratificazioni e scarsa retribuzione, che incidono negativamente sulla salute dei mobi-le workers.

Nel 2007, in seguito a numerose

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segnalazioni presentate da alcuni operatori di un call center, la Procu-ra di Torino ha riconosciuto il tecno-stress come malattia professionale, cioè come patologia contratta dal la-voratore a causa dell’attività profes-sionale svolta.

Si tratta di un caso isolato ma for-temente significativo di un rischio ormai molto diffuso per la salute dei lavoratori. Bisogna poi considerare senza contare i danni per le aziende: il tecnostress, infatti, incide negativa-mente anche sul benessere organizza-tivo in termini di assenteismo, scarsa produttività, aumento degli infortuni sul lavoro, avvicendamento del perso-nale, malfunzionamento dei processi produttivi organizzativi e gestionali, tanto da essere stato definito come “il rischio di impresa del terzo millennio”.

Particolarmente esposti al rischio del tecnostress sono i lavoratori di sesso maschile, con un’età compresa tra i 30 ed i 45 anni che trascorrono quotidianamente fino a 9, anche 12 ore davanti allo schermo, con punte fino a 16/18 ore.

Le categorie a più elevato rischio sono gli operatori di call center, gli analisti finanziari, i giornalisti, i com-mercialisti, i grafici pubblicitari e ov-viamente, i nuovi lavoratori digitali come gli informatici, i programmato-ri, gli impiegati nel settore dell’infor-mation technology ai quali, con mag-giore frequenza rispetto al passato, viene richiesto un aumento dei ritmi di lavoro e dell’impegno, senza tempi di recupero adeguati.

LA TUTELA INAIL

L’Inail (Istituto nazionale assicura-zione contro gli infortuni sul lavoro) eroga prestazioni economiche (ma anche sanitarie e integrative) ai lavo-ratori che hanno subìto un infortunio o hanno contratto una malattia pro-fessionale, anche nel caso di patolo-gie stress lavoro-correlato.

Affinché l’istituto eroghi le presta-zioni assicurative è necessario che il lavoratore dimostri la sussistenza del nesso di causa tra patologia e condi-zione lavorativa avversa, ricostruen-do (tramite prove documentali ed, eventualmente, anche testimoniali) l’ambiente di lavoro che ha contribu-ito all’insorgenza della malattia pro-fessionale da stress.

L’ente, ricevuta la denuncia di malattia professionale, avvia il procedimento amministrativo per verificarne l’effettiva sussistenza e per accertare le condizioni di assi-curabilità del lavoratore. In caso di accoglimento dell’istanza, dispone l’erogazione delle prestazioni eco-nomiche.

Le principali prestazioni economi-che riconosciute al lavoratore tecno-patico affetto da malattia professio-nale sono:

• l’indennità giornaliera per inabili-

tà temporanea assoluta;• l’indennizzo in capitale del danno

biologico;• la rendita diretta per inabilità per-

manente.

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Indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta

Nel caso in cui il danno, a seguito di infortunio o malattia professionale, comporti l’astensione dal lavoro per più di 3 giorni, l’Inail è tenuto a pagare al la-voratore un’indennità giornaliera.

L’indennizzo è pari al 60% della re-tribuzione media giornaliera fino al 90° giorno, ed al 75%, dal 91° giorno fino alla guarigione clinica del lavoratore.

La retribuzione media giornaliera va calcolata in base a quella effettivamen-te corrisposta nei 15 giorni antecedenti l’evento.

Indennizzo in capitale del danno biologico

Del D.lgs. 38/2000 ha introdotto l’indennizzo del Il danno biologico è “la lesione dell’integrità psicofisica suscettibile di valutazione medico-legale della persona” e viene ricono-sciuto per gli infortuni verificatisi e per le malattie professionali denunciate dal 25 luglio 2000.

Nel caso in cui il grado di meno-mazione subita dal lavoratore risulti compreso tra il 6% ed il 15%, l’in-dennizzo avviene in capitale ed è de-terminato sulla base di un’apposita tabella che tiene conto “Tabella di indennizzo del danno biologico” che tiene conto del sesso, dell’età e del grado di menomazione subita.

Rendita diretta per inabilità per-manente

Per i danni valutati tra il 16% ed il 100%, viene erogata dall’Inail una rendita vitalizia costituita da 2 quote: la prima relativa al danno biologico, è determinata secondo un’apposita tabella con indicazione degli importi, in corrispondenza dei diversi dati per-centuali di menomazione, la secon-da, relativa al danno patrimoniale, è calcolata sulla base della retribuzio-ne percepita dal lavoratore nell’anno precedente il giorno dell’evento, del grado di menomazione e del corri-spondente coefficiente stabilito se-condo un’apposita tabella.

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