il fatto nisseno - ottobre 2015

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Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Ottobre Anno V Num. 40 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento FREE PRESS 2015 ISSN: 2039/7070 www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it Bruno Megale, il Questore dal Dna calabrese e dall’ aplomb milanese A bbiamo incontrato il nuovo questore di Caltanissetta, il calabro Bruno Megale, 49 anni, in servizio nel capoluogo nisseno da 5 mesi. Un intervista in cui ha raccontato oltre che dell’impatto con il centro Sicilia e delle sue aspettative professionali, dal terrorismo alla maa, del suo percorso da uomo dello stato: dei suoi 15 anni a Milano, dei suoi aetti, dei suoi valori. Uno sportivo, amante del rock, che privilegia un rapporto diretto con i suoi uomini e la città. Fiero glio del sud: l’ascesa di chi parte dalla provincia. a pagina 4 di D. Polizzi L’intervista La morte di Aldo Naro. L’inchiesta sul delitto del giovane sancataldese si arricchisce di nuovi elementi: molti i dubbi Fatti in Redazione a pagina 22 Via F. Paladini, 97 Caltanissetta La medaglietta Exporre da Petizione del Forum dei Movimenti per l’acqua, il Vescovo Mario Russotto ai sacerdoti: “Sostenete la raccolta rme” Acqua pubblica a pagina 21 di M. Spena a pagina16 di V. Martines di A. Sardo

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Mansile di approfondimento su Caltanissetta e provincia

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Page 1: il Fatto Nisseno - ottobre 2015

Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

OttobreAnno V Num. 40 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

FREE PRESS

2015

ISSN

: 203

9/70

70

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

Bruno Megale,il Questore dal Dna calabrese

e dall’ aplomb milanese

Abbiamo incontrato il nuovo questore di Caltanissetta, il calabro Bruno Megale, 49 anni, in servizio

nel capoluogo nisseno da 5 mesi. Un intervista in cui ha raccontato oltre che dell’impatto con il centro Sicilia e delle sue aspettative professionali, dal terrorismo alla mafia, del suo percorso da uomo dello stato: dei suoi 15 anni a Milano, dei suoi affetti, dei suoi valori. Uno sportivo, amante del rock, che privilegia un rapporto diretto con i suoi uomini e la città. Fiero figlio del sud: l’ascesa di chi parte dalla provincia.

a pagina 4di D. Polizzi

L’intervista

La morte di Aldo Naro.L’inchiesta sul delitto del giovane sancataldese si arricchisce di nuovi elementi: molti i dubbi

Fatti in Redazione

a pagina 22

Via F. Paladini, 97Caltanissetta

La medaglietta Exporreda

Petizione del Forum dei Movimenti per l’acqua,il Vescovo Mario Russottoai sacerdoti: “Sostenete la raccolta firme”

Acqua pubblica

a pagina 21

di M. Spena a pagina16

di V. Martines di A. Sardo

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Ottobrewww.ilfattonisseno.it2

Fatti & Palazzo del Carmine

Passata l’estate (e passato anche ottobre) torna a farsi incande-scente il clima politico a poco

più di due anni dall’inizio del man-dato “ruvoliano”. Il consigliere comu-nale Antonio Favata, dai banchi del gruppo misto, con alle spalle diverse legislature, va alla guerra da solo e scopre le carte di una amministrazio-ne che ritiene ingessata ed a corto di idee. Secondo il consigliere del grup-po misto, non c’è progettualità anzi siamo in presenza di chi una sorta di appiattimento politico-amministrati-vo, a parte qualche fiammata che sca-turisce da eventi non previsti e non prevedibili (come l’annuncio delle di-missioni del sindaco comunicate con un messaggio alla presidente del con-siglio e subito smentite) che strascina in questo pantano di improvvisato

governo della città anche il consiglio comunale, anchesso privo di strate-gia politica; un consiglio comunale chiamato a deliberare le ordinarie scadenze: bilancio, piano triennale, debiti fuori bilancio,raccolta diffe-renziata, cani randagi: all’orizzonte non si intravedono novità di rilievo.”

Attività politica - dice Favata - ferma ai box complice anche le varie feste, ricorrenze e manifestazioni occa-sionali create ad arte per distogliere l’attenzione pubblica su quelli che sono i veri problemi della città: ac-

qua come bene pubblico, piano della mobilità urbana, riqualificazione del centro storico; consiglieri emarginati dal contesto politico delle scelte am-ministrative”. La giunta arranca da sola, lungo l’impervio sentiero della attività di governo, senza il coinvol-gimento del consiglio: di consiglieri di maggioranza e di opposizione che all’occasione gridano alle dimissioni del primo cittadino. La fiera dei morti in corso Umberto rappresenta anche, nella fattispecie, la festa della ricor-renza di questa amministrazione.”C’è una maggioranza allo sbando ed una opposizione che segue le logica della conflittualità; quando l’opportunità lo richiede si va alla guerra tutti in-sieme, diversamente si alzano le bar-ricate e si fanno i distinguo. Favata fin da subito, dopo l’insediamento del

consiglio e l’inizio dell’attività ammi-nistrativa, ha preferito avere la mani libere dai partiti , transitando nel lim-bo del consiglio: il Gruppo Misto da dove è possibile aprire il fuoco della contestazione, sparando in ogni dire-zione. Da pagine di questo giornale, e prima ancora in consiglio comuna-

le, il consigliere del gruppo misto va alla guerra contro l’amministrazione e più segnatamente contro il sindaco senza lesinare bordate polemiche con i colleghi di banco. Inizia a sgranare il rosario delle manchevolezze e di nor-

me regolamentari: “di manchevolez-ze – dice ancora Favata - come quelle direttamente collegate alle mancate opere di compensazione, oppure alla disattenzione della giunta nei ri-guardi dei comitati di quartiere, delle mense scolastiche senza copertura finanziaria, del progetto Provvidenza nel cassetto e per quanto concerne l’attività del consiglio e dei consiglie-ri punta il dito sulla commissione trasparenza che omette di verificare la legittimità degli atti prodotti dal-la giunta e dagli uffici”. Insomma un vero e proprio attacco frontale che, anche se non porterà il risultato sperato, se non altro movimenta la discussione politica e mette al palo le scelte politiche di una ammini-strazione che predica “democrazia, condivisione e partecipazione”, ma

che di fatto arranca da sola nel lungo e impervio percorso di governo della città. Impervio cammino come quel-lo del bene pubblico dell’acqua che dovrebbe tenere conto delle recente legge regionale sulla ripubblicazione del servizio idrico integrato. Dalle ovattate stanze della Curia anche il vescovo della diocesi ha benedetto la petizione popolare e la raccolta di firme con l’obiettivo di chiedere la ripubblicazione del servizio idrico la cui mancata attuazione penalizza i più poveri e gli indigenti,” che spesso – ha detto il vescovo - subiscono i di-stacchi idrici quando non pagano le bollette”. L’acqua, insomma appartie-ne a tutti. Ma dal consiglio comunale di Palazzo del Carmine non si leva alcuna voce a sostegno dell’acqua pubblica; c’è evidente imbarazzo. E lo sappiamo bene, o meglio lo sanno tutti coloro, politici, portaborse, ami-ci degli amici, esponenti di partito di destra e di sinistra, con dei riferimen-ti ancora oggi in consiglio comunale, che a suo tempo si sono dati da fare per piazzare figli e parenti e figli degli

amici negli uffici di Caltacqua. Politi-ci che hanno investito bene sul posto di lavoro, ma bisognava essere amici o parenti di qualcuno che contava. Questo è un dato. “Ed a proposito di investimenti- conclude Favata - ci sono poi quelli riferiti al patrimonio comunale, collegati solo alla speranza della vendita degli immobili, oppure a ipotetici finanziamenti regiona-li che non danno garanzie, mentre, al contrario, il degrado delle nostre borgate e frazioni, dei quartieri del centro storico, Angeli, Provviden-za, San Rocco e dei beni comunali diviene ogni giorno più evidente. Il tutto condito dal comportamento di un sindaco che, privo di idee e di prospettiva, incapace come pochi di gestire il comune, risponde con l’arroganza, arma dei deboli e degli incompetenti;con assessori assenti ed una maggioranza consiliare che non approfondisce i temi, votando spesso a favore di tutto, solo per dovere. Si naviga a naso”.

“Consiglio Comunale impantanatocome il governo della Città”

Il consigliere del gruppo misto va alla guerra contro l’Amministrazione Comunale e più segnatamente contro il Sindaco senza lesinare bordate polemiche con i colleghi di banco

FavataAntonio

I Fatti di EticoUn sistema... “maligno”

Ci svegliamo e troviamo il po-polo nisseno stremato, in crisi di riferimenti e di prospettive,

confuso ma complice, che applaude e s’indigna, che soffre e vive alla giorna-ta, che si esalta o si deprime davanti ad ogni evento come un perfetto capo ultras ma ancora apatico e disinteres-sato. Certamente, scontiamo la no-stra leggerezza di ieri e sventoliamo la nostra rabbia di oggi. Disabituati al pensiero critico, contenti della vita del giorno per giorno, ci troviamo oggi disarmati davanti all’uragano rappre-sentato dalla pochezza e dall’impal-pabilità di chi ci amministra.Con questa sciagurata conduzione caratterizzata da una preoccupante e incosciente assunzione di ruoli e di responsabilità, ora rilevata con im-petuosità da tutti i nisseni, compresi i partecipativi, i civici e i solidaristi-ci, c’è il rischio dall’antipolitica, del populismo; ma anche il rischio della dominanza e della vischiosità del controllo lobbistico, come del resto da tempo si comincia a vedere. Qual-cuno lo chiama “scambio di cambiali” ma il senso è quello. Un sistema così maligno che si ciba delle sue stesse fragilità, non deve essere un destino ineluttabile. Non possiamo accettarlo! Perché signifi-cherebbe barattare la cultura del giu-sto, del rispetto, della solidarietà, dei diritti e dei doveri ma anche dell’effi-cienza amministrativa con la cultura del privilegio, dell’arbitrio, dell’onni-potenza e purtroppo dal tanto peggio tanto meglio che fuoriesce dagli stu-pidi detrattori. Ruvolo, che presenta chiarissimi con-notati della sinistra radicale ma che ha paura di esprimere pienamen-te, dovrebbe leggere cosa scriveva Gramsci in “Odio gli indifferenti”: “O davamo troppa importanza alla realtà del momento o non ne davamo alcuna. O eravamo astratti perché di un fatto della realtà facevamo tutta la nostra vita, ipnotizzandoci, o lo eravamo perché mancavamo com-pletamente di senso storico e non vedevamo che l’avvenire sprofonda le sue radici nel presente e nel passa-to e gli uomini, i giudizi degli uomini possono fare dei salti, devono fare dei salti, ma non la materia, la realtà eco-nomica e morale. Il dovere attuale è di porre un ordine in noi. Una crisi spirituale enorme è stata suscitata. Bisogni inauditi sono sorti in chi fino a ieri non aveva sentito altro bisogno che quello di vivere e di nutrirsi. Non mi resta che darvi in custodia, amici miei, parole che fischiano nella mia mente una melodia che lenisce per un istante la grande confusione che marca la quotidianità”Se il Mahatma dei boy scouts coniu-ga questo pensiero allora domattina dovrebbe dimettersi poiché non sarà mai capace di mettere ordine e di fronteggiare coloro che devono sod-disfare i bisogni inauditi, ammesso che siano veri e reali.Se lui non comprende questo pen-siero, come è probabile che sia, e comunque non lo fa suo, allora non percepisce il senso della realtà; e se non è capace di fare analisi figurarsi se possa essere capace di essere con-sequenziale e risolvere i problemi di vita quotidiana che ci attanagliano.Mentre la burrasca imperversa in questa altra notte da incubo speria-mo di trovare la forza e la pazienza di resistere aspettando un’alba migliore.

Direzione EditorialeMichele Spena

Direttore responsabileMarco Benanti

Collaborazioni:Ivana BaiuncoLiliana Blanco

EticoFiorella Falci

Filippo FalconeRoberta FuschiAnnalisa GiuntaFranco Infurna

Lello LombardoValerio Martines

Salvatore Mingoia Donatello Polizzi

Alberto SardoGiuseppe Taibi

Giovanbattista Tona

Disegno grafico eImpaginazioneAntonio Talluto

DistribuzioneGiuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6

Caltanissetta

[email protected]: 0934 - 594864Fax: 0934 1935990

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[email protected]

di Salvatore Mingoia

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Ottobre www.ilfattonisseno.it 3

Era il 14 novembre del 1974 e sulle pagine del Corriere della Sera Pierpaolo Pasolini scri-

veva :”Conosco i colpevoli ma non ho le prove”. Ero nata da un mese e mentre mi affacciavo alla vita, un in-tellettuale puro scriveva un manifesto di prospettiva che avrei fatto mio per sempre. Oggi più che mai il “cono-sco i nomi e non ho le prove “ si può applicare perfettamente al caso della smentita ufficiale di un sms che da reale è diventato ipotetico ed è poi nei fatti definito una “bufala” dai prota-gonisti della vicenda e dai giornali che l’hanno riportata. Ci sarebbe da stabilire la linea di confine tra giornalismo d’assalto e quello da desk e stabilire qual è più utile per gli altri, quelli per i quali ogni giorno scriviamo: i lettori. Cosa è più utile, non dire easpettare oppure scrivere e prendersi le conseguenze e le smen-tite di maniera, quelle obbligate dalle circostanze per salvare capre e cavoli? Io so ma non ho le prove. L’sms con il quale il sindaco annunciava probabili dimissioni ha squilibrato una già fra-gile e sfilacciata situazione politica, ha destabilizzato una città che annaspa quotidianamente tra carenze varie e disfunzioni burocratiche. Era obbli-gatorio smentire era politically cor-rect, bisognava salvare la faccia. Qui

prodest? A chi giova tutto ciò. Non ha giovato sicuramente alla presidente del consiglio Leyla Montagnino che si è trovata protagonista involontaria di un caso mediatico, senza nessun appoggio da parte di chi avrebbe do-vuto dire “l’ho detto ed ora ne sono pentito”. Troppo umano per un semi Dio per chi vive nell’Olimpo e sacrifica tutti per il bene supremo che è salvarsi la faccia. Smentire uno scoop, perchè in bar-ba ai soloni benpensanti, alle anime nere e suggeritori occulti, autorevoli pensatori con trentennale esperienza giornalistica, scoop è stato. Il fiuto per la notizia spesso non fa il paio con un tesserino di pelle marrone lucida, la vivacità dell’intelligenza per fortuna non ha bisogno di essere ratificata, con buona pace di tutti. Il risultato è quello che conta, non abbiamo visto picchetti e sit-in in favore del sin-daco, non abbiamo visto petizioni popolari, proteste di massa affinchè il primo cittadino cambiasse idea, niente di tutto ciò. Anzi tutt’altro si è letto in rete, quella rete ormai quasi unico strumento di comunicazione del primo cittadino, che non lo ama più. In alcuni ambienti politici già si cercava il successore .È stato un son-daggio gratuito senza scomodare so-cietà di rilevamento dati, il risultato

è da leggere chiaro, netto, cristallino. La città non ama più Giovanni Ruvolo. C’è uno scollamento tra palazzo e piazza, tra eletti ed eletto-ri. I suoi lo hanno mollato, sono ca-duti anche gli ultimi baluardi di civismo dopo la notte dai lunghi coltelli di giovedì 22, il consiglio co-munale lo ha sfiduciato nelle parole ed in parte nei fatti. Lo scriviamo da mesi che ormai la storiella del sogno non incanta più nessuno e più di tutti quelli che ci hanno creduto. Adesso però basta con il rilanciare continuo, con i post arroganti e tracotanti in cui la solfa è sempre la stessa: scaricare le responsabilità ai partiti e partire con la sindrome da martire moderno. Neanche i discorsi simil afflitti per ingraziarsi il consiglio comunale fan-no più breccia. Ho sentito parlare di complotti orditi da screditanti orga-nizzati. Dalla teoria del complottismo contro il profeta salvatore a sentire le voci come Giovanna D’Arco il passo è breve. Bisogna scomodare cate-gorie alte della morale come l’onestà intellettuale per avere il coraggio di dire che ci sono state due telefonate,

o forse tre du-rante le quali

la parola dimissioni è stata più volte pro-

nunziata, ed ammettere che la debolezza e lo sconforto din-

nanzi alla totale perdita della fiducia politica possono portare a dire cose delle quali ci può pentire subito dopo, senza far apparire gli altri leggeri e superficiali nella propria professione perchè tanto li si sa essere vincolati da segretezza nel rivelare le fonti. Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose incon-ciliabili. “Ci sono soggetti che hanno piacere di delegittimare le istituzioni” ha dichiarato Giovanni Ruvolo ai microfoni di Tony Maganuco, riferi-menti celati silurate sottintese, faccia nomi e cognomi dica chi, dove, come, quando e perchè. Chi ha la coscienza a posto come spesso dice il primo cittadino di avere, non ha problemi dinanzi alle parole che raccontano la verità. I fatti narrano un’altra storia,

quella di un centralismo quasi dispo-tico. A palazzo del Carmine anche i muri parlano e non solo. Si racconta della totale mancanza di condivisione tra sindaco ed assessori e tra assessori stessi. Solo pochi sono gli ammessi alla corte del re e neanche quelli sono messi al corrente di tutto. “L’état c’est moi” diceva il re Sole per attestare la centralità del potere che era rappre-sentato da un uomo solo per elezione divina. Quella era la monarchia quel-li erano altri tempi. Non esistevano gli sms ma i libelli che raccontavano dei segreti della reggia. Scoperti gli autori venivano esiliati alla Bastiglia con brutta fine assicurata. Siamo in democrazia per fortuna, alla monar-chia è stata scelta la repubblica ed al massimo l’esilio potrebbe essere qual-che giorno a Santo Spirito per pregare e pensare passeggiando nel chiostro. Pratica peripatetica da consigliare a Sindaco e giunta magari anche fuori le mura per discreto periodo di tem-po.

di Ivana Baiunco

Ornamenti

Le vere finte dimissioni del sindacoed il coraggio della veritàL’sms tra scoop e smentite

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www.ilfattonisseno.it4 Ottobre

Da Milano a Caltanissetta, pas-sando per Reggio Calabria: ascoltando i Led Zeppelin.

Raccontare e far conoscere il nuovo Questore di Caltanissetta, Bruno Me-gale, reggino di 49 anni, in servizio nel capoluogo nisseno dalla fine di mag-gio, è impresa ardua: ricco di interessi, pragmatico, innamorato del suo lavo-ro, sportivo, colloquiale, ha percorso, o per meglio dire ripercorso, il sentiero delle sue esperienze, del suo modo di intendere un lavoro così impegnativo, ma soddisfacente, di come ha vissuto questi primi 5 mesi al centro della Si-cilia.“Sono fiero del mio essere reggino. A 15 anni mi sono trasferito a Napoli per frequentare la scuola militare Nunziatella. Poi l’approdo nel 1985 all’Istituto Superio-re di polizia a

Roma. Infine la mia fetta di vita lom-barda, 10 anni a Brescia e quasi 15 a Milano. Nel capoluogo meneghino mi sono trovato benissimo, non è stato fa-cile ambientarsi, ma superata la prima fase ho apprezzato e scoperto una città meravigliosa. Mi è entrata dentro, è la più mitteleuropea delle città italiane. Sei al centro di tutto, riserva opportunità a chiunque, non interessa il colore della pelle o altro, importa solo il tuo progetto e le tue capacità. Si lavora tantissimo. Parlando di sicurezza, delle forze dell’or-dine, la richiesta dei servizi da parte dei cittadini è molto elevata, sono esigenti, dunque dobbiamo adeguarci”. Con abi-le passaggio dialettico è già in Sicilia. “Quando vi è stato il crollo di una pa-rete sull’autostrada Catania-Messina, io tornavo da Reggio Calabria. Per arriva-re a Caltanissetta ho impiegato 8 ore; per arrivare a Milano dalla Calabria, ne impiegavo 11. Il paragone è esempli-ficativo. Se fosse crollato un pilone, ri-ferimento al viadoto Himera dell’A19,

a Milano sarebbe successa la rivoluzione, non era

concepibile”.Come dargli tor-to, come ritenere

concepibile o sopporta-

bile una regio-ne tagliata in due. “La

Sicilia è bellissima, adoro il clima, ho notato, inizial-mente, un po’ di rassegna-zione. Non manca, però, la voglia di cambiare le cose, ad iniziare dai servizi che non sono ottimali”.Megale, da dirigente dell’Antiterrosimo alla Digos di Milano alla ca-rica di Questore, peraltro il più giovane d’Italia: il passaggio dalla realtà lom-barda a quella nissena non è stato traumatico? “Calta-

nissetta ovviamente non è paragonabile al capoluogo lombardo, ma è molto carina e ordinata. Questa è una scom-

messa lavorativa importante. Sono entusiasta. Molto gra-tificato dall’incarico che non mi aspettavo e dalla

sede. Investigazioni importanti, realtà diverse da quelle a cui ero abituato, per chi svolge il mio lavoro più sono com-plesse le situazioni, più sono intriganti e coinvolgenti. Ho trovato uomini di grande levatura professionale, sempre sul pezzo. Ho notato molta coesione, solidarietà, non solo come tratto di-stintivo caratteriale tipico di noi meri-dionali, ma probabilmente frutto della sopportazione, con cospicui sacrifici,

una grande mole di lavo-

ro”. La sicurezza del Capoluogo. “Og-gettivamente è ab-bastanza sicuro e tranquilo, si può girare a piedi tranquilla-m e n t e . C o m -prendia-mo come l’o-pinione pubblica è infastidita da taluni episodi di microcriminalità, ma li stia-mo affrontando con determinazione. Iniziative proficue come il poliziotto di quartiere, il lavoro di prevenzione svol-to nelle scuole con la collaborazione dei professori, sono chiari segnali. Le stati-stiche confermano la mia sensazione. Degli interventi mirati dell’Amministra-zione alla riqualificazione urbanistica del centro storico, ad esempio alla Prov-videnza, sarebbero utili anche per com-battere i fenomeni di degrado nei quali cresce e si alimenta la microcriminalità”.

Corte d’Appello. “Ci tengo ad espri-mere la mia opininione in merito alla paventata chiusura della Corte d’Appel-lo di Caltanissetta. Deleteria la ricadu-ta sull’attività investigativa che sarebbe ridimensionata. Adesso come Distretto di Corte d’Appello, procura distrettuale, diversi mandamenti mafiosi, abbiamo una struttura investigativa proporzio-nata alle esigenze. Per dare un’idea

basti pensare che Enna, che non ha

distretto, ha una squadra mobile che, numericamente, è un quarto della nostra. Catania e Paler-mo, dovrebbero dividersi un territorio geograficamente ampio, troppo vasto; pensiamo al Vallone che già per noi è

distante. Non ho dubbi, Cal-tanissetta merita la

Corte d’Appello”.La polizia, non solo repressio-ne del crimine, non solo volanti o uomini in di-visa. “Anche noi a livello di organico abbiamo subito la spending review, con un calo fisiologico nazionale del 20% in termini di personale. Abbiamo razionaliz-zato gli uffici, non ha inciso sulle nostre pre-stazioni. Ci occupiamo anche di emergenze, leggasi immigrazione, o

abbiamo compiti, vedi i passaporti, che non sono da polizia. Negli altri paesi europei non è cosi. Spesso la polizia sopperisce alle inefficienze delle altre

ammi- nistrazioni. Questo aumenta le relazioni con il cittadino. Ricevere la telefonata, com’è successo, di un anziano che si sente solo, ci fa capire della perce-zione quasi familiare che hanno i citta-dini nei nostri confronti e ciò mi rende orgoglioso”.Uomo di sport, in termini fattivi, lo dimostra l’ottima forma fisica. Aman-te del calcio, milanista sfegatato (non si è perso un derby negli ultimi dieci anni) seconda punta di buon livello, con tanti campionati Uisp alle spalle

ed adesso appassionato di golf. Amante del green che ha scoper-to a Brescia, uno sport ormai non più d’elitè, ma alla portata di tutti, tanto quanto un abbonamento annuale in palestra. “Sul calcio per motivi anagra-fici, il mio fisico non risponde più come una volta, per cui prediligo adesso que-sto sport, di grande concentrazione, che ti consente di vedere posti meravigliosi e di trascorrere una giornata a contat-to con la natura”. Gusti musicali, ci spiazza: inizia dai Led Zeppelin e passa

ai The Clash. Un minimo comun denominatore il Rock: nelle sue declinazioni Punk e Hard. Alla fine tentiamo di strappargli la “consueta” confidenza, su cosa abbia realmente apprezzato di Caltanissetta, della Si-cilia, oltre il clima. Non ha esitazio-ni: “La cucina, si mangia in maniera meravigliosa, la migliore d’Italia. Vince facile”. L’elenco dei piatti è quasi infini-to, ma appena citiamo la pasta con le sarde, finocchietti e pinoli la repentina, classica, esclamazione in dialetto sici-liano, certifica il gradimento assoluto. Torniamo a parlare di sicurezza, di futuro, di prospettive: “Puntiamo sui giovani, loro sono il nostro valore, il nostro capitale. Le nuove dinamiche sociale, con l’avvento dei social, ha con-dotto, portato all’appiattimento. Rispet-to a dieci anni fa, tutto è cambiato. I giovani, però, sono attivi, cercano, vo-gliono, aspirano; necessitano di essere guidati. Hanno voglia di emergere, di vivere”. Dai giovani alla famiglia, il passaggio è quasi obbligato. La famiglia come pie-tra portante, casa, approdo, sicurezza. “Sono sposato da sette anni con Danie-

la, avvocato calabro, non abbiamo figli. Dopo il mio trasferimento a Caltanis-setta, abbiamo deciso di scegliere Reggio Calabria, come base, anche perché con-sapevoli che dovrò spostarmi spesso per lavoro. Mia moglie viene spesso qui, ha scoperto una città adorabile. Devo mol-to a mio padre Benito, capo tecnico del-le ferrovie dello stato e a mia mamma Maria Pia, funzionario di ragioneria. Mio fratello gemello è colonnello della Guardia di Finanza”. Belle storie, della provincia italiana, quelle che i croni-sti di una volta amavano raccontare, intrise di sacrifici, valori, qualità che rappresentavano lo scheletro dell’allora locomotiva Italia, del Bel Paese. Virtù ormai in disuso per molti, ma non per Bruno Megale.

Un Questore rock a Caltanissetta

MegaleBruno

A Caltanissetta da cinque mesi ha già le idee precise: “Il capoluogo merita la Corte d’Appello”

di Michele Spena e Donatello Polizzi

L’Intervista

Led Zeppelin

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Ottobre www.ilfattonisseno.it 5

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www.ilfattonisseno.it6 Ottobre

Un testo riscritto e una rivoluzione mai nata. L’epilogo

della tanto decantata rifor-ma delle province in sal-sa sicula la dice lunga sull’azione di governo dell’esecutivo regionale. Un testo salutato, in più occasioni, come “storico”, che di epocale sembrerebbe avere soltanto la portata della brutta figura a livello nazionale. L’ennesima tirata d’orecchie da aggiungere ad una corposa collezione di insuccessi che hanno scandito questi tre anni di governo. Ma andiamo per ordine. L’obiettivo di partenza era l’abolizio-ne delle province, un modo, tra le altre cose, per fare cassa e godere a vele spiegate del vento della retorica dell’antipolitica. Ma tra il dire, anzi l’annunciare, e il fare c’è di mezzo l’Ars e la capacità di scrivere un testo in grado di intervenire nel merito delle questioni. La riforma targata “Crocetta”, al netto dei passaggi in aula, si dimostra carente tanto da at-tirarsi i richiami del governo roma-no. Tutto parte della legge Delrio che “detta disposizioni in materia di città metropolitane, province, unioni e fusioni” e dalle incongruenze sostan-ziali tra questa e la riforma siciliana. Tra i nodi da sciogliere, già in prima battuta, ci sono i meccanismi di ele-zione e l’attribuzione di competenze da conferire alle nuove creature am-ministrative. Il 30 luglio l’Ars, dopo non poche difficoltà, approva la riforma delle province con trentasei voti favore-voli, undici contrari e sei astenuti, istituendo tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) e sei Liberi Consorzi (Agrigento, Cal-tanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani). “É la prima volta, dallo Statuto, che noi applichiamo quel principio democratico che prevede la democrazia dei sindaci attraverso la costituzione dei Liberi consorzi dei comuni, lo considero un fatto stori-co, per la Sicilia è un fatto epocale”, dichiara il Presidente a margine del voto dell’Ars. E aggiunge un appello alle forze autonomiste: “Non esisto-no leggi perfette, ma ritengo che sia venuta fuori una legge buona”. La partita, però, è destinata a non chiu-

dersi così facilmente.Non c’è soltanto il richiamo dell’Anci, o meglio un ordine del giorno del co-mitato direttivo pieno di dubbi sulla riforma e richieste di modifica, ma c’è soprattutto l’altolà di Roma. Infat-ti, entra in campo la presidenza del Consiglio dei Ministri per impugna-re la riforma intimando a Crocetta

di apportare una serie di modifiche. Riducendo all’osso la questione: Cro-cetta deve mettere mano alla legge, entrata in vigore il 4 di agosto, e ren-derla quanto più possibile uniforme a quella nazionale creata da Grazia-no Delrio.

Il testo, insomma, va corretto e nuovamente approvato dall’assem-

blea regionale siciliana. Nello speci-fico i compiti a casa per l’esecutivo riguardano le indennità dei presi-denti dei liberi consorzi, incarichi da svolgere a titolo gratuito nella Delrio e retribuiti con un bonus nel testo siciliano, e le competenze di pertinenza degli enti di secon-do livello. La gestione dei rifiuti ad

esempio rimane una funzione di pertinenza dello Stato. Ma non solo. Un altro punto controverso riguar-da il sistema di elezione del sindaco metropolitano che secondo il testo nazionale è de facto il sindaco del comune capoluogo, mentre nel testo

siciliano sono papabili tutti i sinda-ci della provincia. C’è poi da con-siderare che l’assenza di “un voto ponderato” rispetto all’elezione del presidente del Libero consorzio fa sì che non si tenga conto del “criterio di rappresentanza”, visto che il voto di un sindaco di una città con un tot di abitanti vale quanto quello di un primo cittadino di un paese più piccolo. C’è ancora il tasto dolente della data

delle consultazioni elettorali. A tal proposito si era già acceso un vespa-io di polemiche per il divieto di can-didatura per i sindaci “il cui manda-to non scada prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle ele-zioni”. Una puntualizzazione, letta da alcuni come una sorta di norma contra personam nei confronti del sindaco di Palermo, Leoluca Orlan-do. Tutto da cassare e rifare. E la data delle consultazioni, fissata il 29 novembre, è stata messa in soffitta.

Provocatoriamente basta dire che andava scritto un solo articolo che così recita: “Viene integralmente recepita la Legge Delrio”. Che, oltre allo scrupolo amministrativo, ci sia dietro anche un tentativo di mettere la mordacchia a un presidente poco amato dal suo stesso partito non è un fatto da escludere. In tanti pensa-no al dopo Crocetta. E i motori ini-ziano a scaldarsi, in pole position c’è, non a caso, un renziano della prima ora: Davide Faraone. E il sottosegre-tario sta premendo sull’acceleratore in vista di un voto anticipato. Un altro nome che circola con insisten-za è quello del sindaco di Catania, Enzo Bianco. Il primo cittadino et-neo è tra le altre cose presidente del Consiglio nazionale dell’Anci e an-che lui ha avuto un ruolo nell’affaire riforma delle province. Al netto della fantapolitica e dei ru-mors di palazzo, rimane una sola certezza: lo stop alla riforma. Un fatto che ci consegna un dato squi-sitamente politico: sono troppi i bu-chi nell’acqua totalizzati dal gover-no regionale. E con questo aspetto anche i deputati regionali dovreb-bero fare i conti, ma pallottoliere alla mano sembrerebbe un altro il calcolo: in vista della diminuzione dei seggi prevista al prossimo giro meglio tirare a campare. Una futu-ra elezione non è un investimento sicuro, soprattutto con l’ennesimo rimpasto alle porte. “Occorre una verifica politica per capire chi sta nella maggioranza e chi sta fuori”, ha recentemente dichiarato Crocetta mettendo nero su bianco l’intenzio-ne di “un azzeramento della giunta chiarificatore”.Un tentativo di resistere alla rot-tamazione, termine buono per il marketing che tanto ricorda la “ri-voluzione” megafonista: un cam-biamento, non bene identificato, portato avanti da quelli che si vo-leva rottamare e attraverso pratiche pressoché simili. Ovviamente con una condizione imprescindibile: nessuna prospettiva di reale trasfor-mazione della realtà e azzeramento delle differenze tra destra e sinistra, altrimenti come si fa a fare il pieno-ne di voti e deputati?

Il testo della riforma deve essere corretto, adeguato alla Legge Delrio e riapprovato dall’ARS. L’altolà è giunto da Roma

di Roberta Fuschi

Il Fatto Siciliano

La riforma delleProvince

...un buco nell’acqua

Sopra Davide Faraone, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel governo Renzi.A sinistra Enzo Bianco, sindaco di Catania

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Mentre le cronache regionali e nazionali archiviano ormai la vicenda delle presunte

intercettazioni telefoniche Crocetta-Tutino (passando il testimone all’altret-tanto inquietante vicenda Montante-Venturi), proprio nelle scorse settima-ne l’Eurostat ha pubblicato i dati in cui la Sicilia mostra il più basso tasso di oc-cupazione dell’intera unione europea. Il tasso di disoccupazione nell’isola, tra persone in età compresa tra i 20 e i 64 anni, risulta - ripetiamo - il più basso di tutte le regioni dei paesi europei e con oltre trenta punti di differenza tra l’area italiana con il più alto tasso di occupazione (Bolzano 76%). La Sicilia pare, dunque, ormai definitivamente abbandonata a se stessa e la rivoluzione crocettiana sostituita - più che da un presidente della regione difensore della legalità e della trasparenza - da un vero e proprio novello Giufà; non più in grado neppure di governare, figurarsi di rilanciare le politiche sociali ed eco-nomiche dell’isola. Scrive della Sicilia il giornalista Nuccio Vara: “E come se un destino cieco e barbaro impedisse a questa terra di incontrare finalmente la modernità, e di instaurare con essa un rapporto di lunga durata”. E, nel frat-tempo, in Sicilia, la civilizzazione appa-re sempre più lontana; tutto regredisce, tutto si immiserisce. Governo regiona-le, ars, forze politiche di maggioranza e minoranza sembrano ormai personag-gi usciti dall’opera dei pupi di Mimmo Cuticchio. Gli sperperi - ieri di milioni di lire, oggi di milioni di euro - continuano a ca-ratterizzare le maggiori voci di uscita del bilancio regionale. Basterebbe far riferimento al foraggiato, ed ancora vivo e vegeto, sistema della cosiddetta formazione, degli enti inutili, con la logica del solo clientelismo amicale e parentale. Si tratta di un’impostazione in antitesi con qualsiasi precondizione di sviluppo economico civile di ogni società. Se le nuove generazioni vanno via dalla Sicilia (e, alla luce dei fatti, fan-no bene) e perché quando progettano il loro futuro non voglio immaginare di doversi confrontare con questa cul-tura anacronistica e inaccettabile di reti oligarchiche, politiche, economiche, e, più in generale, dei gruppi dirigen-

ti isolani. Qui, la parlamentare è figlia dell’ex parlamentare/ministro, il do-cente universitario è figlio dell’ex do-cente universitario, il direttore di banca e figlio dell’ex direttore di banca e così via (ovviamente con delle eccezioni). E’ proprio questo uno dei cancri della nostra terra: la messa al bando dalla meritocrazia, metastasi di un sistema con il quale ci confrontiamo quotidia-namente. Sono queste perverse logiche

che ostacolano l’affermazione di diritti legittimi e che arrivano persino a dila-tare quelli che dovrebbero essere i nor-mali tempi di azione nella gestione dei processi di sviluppo politico, economi-co, sociale e persino antropologico.Ma vi è in tutto ciò una serie di corre-sponsabilità con la mala politica che oggi si incarnata con il falso “Che Gue-vara” Crocetta. Vi è anzitutto la grave responsabilità di molti siciliani: quella di non aver mai avuto la forza, ed ap-punto quel senso civico-etico, di rea-gire a questa deriva; di esserci sempre piegati ai più forti. Noi siciliani siamo quelli del “s’avissi a fari”, una frase sen-za soggetto, senza tempo, senza luogo.

In Sicilia sono sempre gli altri che do-vrebbero fare le cose, la responsabilità personale da noi non esiste, perché non esiste appunto il senso civico. La cattiva qualità della politica in Sicilia e soprattutto determinata dalla cattiva qualità della sfera civile: quella del con-senso. I Cuffaro, i Lombardo, i Crocet-ta, siamo ognuno di noi. Ma questo è andato bene finché il sistema del voto di scambio in Sicilia ha funzionato,

producendo i risultati di gonfiare a dismisura i pubblici uffici: comuni, province, regione, strutture sanitarie, aziende municipalizzate, miste, par-tecipate ecc. Riempiti via via all’inve-rosimile, in ogni campagna elettorale, quegli uffici, si è fatto sì che si costru-isse una Sicilia di sabbia. Quella che ci ritroviamo oggi. Ma, in questo quadro, una gravissi-ma responsabilità va data pure ad un sindacato che ha ormai svenduto il proprio patrimonio organizzativo ed ideale. Un sindacato dal grosso presti-gio, fattogli acquisire - in Sicilia e nel nisseno, in lunghe battaglie a fianco dei lavoratori - da uomini come Gui-

do Faletra, Emanuele Macaluso, Lui-gi Di Mauro, Totò La Marca ed altri. Sotto la loro direzione si sentiva pal-pabile il senso profondo dell’interesse per la gente, per i territori, ponendosi sempre, anche negli errori, quali rap-presentanti di valori e interessi collet-tivi. Questo prestigio è via via crollato, sia nell’opinione pubblica, che tra gli stessi tesserati. Oggi i “sindacalisti” della nostra depressa area - una volta

sguinzagliati a seguire le battaglie nel territorio (non entrando neanche nel merito della maggior autorevolezza dei loro predecessori) - sono ormai anonimi e mediocri burocrati, che hanno trasformato le sedi sindacali, una volta fucine di discussioni, con-fronti, battaglie, in grigi luoghi impie-gatizi. Neppure un qualsiasi tentativo di proposta di sviluppo del territorio, nessuna voce nel già assente dibat-tito socio-economico sulla Sicilia e sulla nostra stessa area. Si è dato vita solo ad una nuova forma sindacale: il “sindacato dei sindacalisti”. Mi chiedo come vi sia ancora gente che rinnovi la propria tessera.

Politica, economia, imprenditoria, sin-dacato, che avrebbero dovuto essere i “pezzi” più imporranti di un più gene-rale meccanismo di sviluppo di una re-gione, invece tutti hanno miseramente fallito.A volte mi sembra di vivere in una ter-ra che non permette scampo. Scampo delle sue bellezze, così come delle sue bruttezze (mi riferisco anche a quel-le umane e sociali). Dove la cultura, invece che essere un valore, diventa spesso un disvalore. Dove vi è una totale mancanza di progetto. Ci si im-merge in questo drago a cento teste, in un groviglio infinito di membra, senza mai trovare la via d’uscita. Alla ricerca sempre di un luogo per respirare, di un luogo per pensare. In questo quadro, come tanti altri ex giovani della mia generazione impegnati in politica, nel-la mia modestissima, ma lunga fase di attivismo, sono stato un povero illuso. Pensavo, sopravvalutandomi, si po-tesse contribuire ad un cambiamento (è semmai questa terra che cambia le persone). Ma rifletto oggi: se non c’è ri-uscito neanche un fuoriclasse della cul-tura come Leonardo Sciascia, figurarsi! E per lui questo era motivo di profon-do dolore quando si rifugiava nella sua casa di campagna circondata da vigne, in contrada Noce a Racalmuto. Non c’è più Sciascia, né Vittorini, né Bufalino e nemmeno Consolo. Nessuno che ci possa più raccontare neppure come siamo diventati nel corso di questi ul-timi decenni.Pasolini, nel ’59, in un suo viaggio in Sicilia disse: “Pur con gli splendidi scorci e sfilate di strade di un barocco che pare di carne, delle cattedrali di una ricchezza inaudita e quasi indi-gesta tutto pare provvisorio, cadente, miserabile, incompleto”. Sono parole che hanno, purtroppo, ancora oggi una loro cruda verità. Espunti dall’orizzonte, dunque, le ulti-me due rivoluzioni culturali, quella di Confindustria Sicilia e quella crocet-tiana, a noi siciliani non rimane altro da fare che prendercela con un destino cieco, con un fato crudele, che ci ha fatto nascere in una regione destinata a rimanere sempre marginale, senza futuro, sotto un cielo implacabile, lim-pido solo nelle apparenze.

Fatti & POST SCRIPTUM

di sabbia

Siciliadi Filippo Falcone

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Scuola-Lavoro, un binomio ricco di promesse, ma spesso insidioso. Strada ardua, ma

percorsa in anticipo, con grande lun-gimiranza e proficuità dalla Camera di Commercio di Caltanissetta. L’ente è stato un antesignano con iniziative che hanno brillantemente coniugato l’attività didattica con la conoscen-za dei prodotti tipici del territorio e l’apprendimento pratico di attività lavorative. L’evoluzione normativa che, recentemente, ha riguardato la formazione scolastica, la “Buona Scuola”, avviata dal Governo Renzi, ha tra i suoi obiettivi l’incremento dell’alternanza scuola-lavoro per tut-te le tipologie di istituti superiori.“Per certi versi abbiamo fatto da pio-

nieri e precursori della recente riforma del sistema scolastico italiano e della prossima revisione che il Governo attuerà, a seguito del- la legge Delega di riforma della Pubblica Am-ministrazione, in ri-ferimento ai nuovi compiti ed alle nuo-ve funzioni da asse-gnare alle Camere di Commercio Ita-liane nell’ambito delle attività di alternanza scuo-la-lavoro”. “Sia-mo davanti ad un cambio di paradigma che non permette dietro-front.”- dichiara il Presidente della Camera di Commercio nissena Antonello Montante - “l’alternanza scuola-lavoro significa creare occu-pazione e formare un capitale umano all’altezza dei tempi: persone in grado di non di subire il cambiamento, ma di gestirlo e orientarlo verso la cresci-ta.”Il primo elemento importante che irrobustisce questo settore riguar-da l’obbligatorietà dell’utilizzo dello strumento alternanza scuola-lavoro e l’aumento dell’ammontare delle ore annuali ad esso dedicate e in futuro non potrà che essere anche uno degli elementi da inserire nelle valutazioni dell’esame di Stato.“Saranno presto emanate delle cir-colari attuative che daranno indi-cazioni più dettagliate sui piani di lavoro” - precisa il Segretario Gene-rale della Camera di Commercio, il dottor Guido Barcellona - “Secondo le prime disposizioni l’alternanza si dovrebbe applicare a cominciare dalle terze classi e si estenderebbe alle clas-

si del quarto e quinto anno per una quantità oraria complessiva diversa a seconda che si tratti di istituti tecnici e professionali oppure di licei. Nel pri-mo caso (tecnici e professionali) le ore complessive sono 400, nell’altro caso (licei) la metà, 200.”Potrebbero apparire fredde norme, statuizioni teoriche prive di riscon-tro nella realtà. Raccontiamo come già ha agito la Camera di Commer-cio del capoluogo nisseno, ad esem-pio, in occasione del Blue Sea Land Expo dei Distretti Agroalimentari del Mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente, tenutasi a Mazara del Vallo dal 9 all’11 ottobre. Gli studenti dell’I. S. “Senatore Angelo Di Rocco” hanno avuto occasione di fare una importante esperienza per promuo-vere le eccellenze agroalimentari del territorio ed i principi della dieta mediterranea. Gli studenti ed i pro-fessori dell’Istituto hanno organizza-to degustazioni al pubblico della ma-nifestazione con l’utilizzo di materie prime della nostra terra (lenticchie di Villalba in primis) direttamente dal produttore alla lavorazione delle sapienti mani dei maestri cuochi e dei ragazzi che hanno destato grande apprezzamento tra gli avventori ad anche tra i buyers esteri. Un percorso circolare virtuoso che ha come attori protagonisti solo “nisseni”: materie prime e studenti entusiasti di cono-scere realmente come approcciarsi

al lavoro e desiderosi di potersi n u o v a m e n -

te cimentare in esperienze simili. “Alle Camere di Commercio viene dunque affidata la funzione di per-no attorno al quale si costruiscono i percorsi di alternanza” prosegue il Segretario Generale. “Le Camere svolgono il ruolo chiave di trait-d’u-nion tra mondo della scuola e mondo dell’impresa, favorendo gli scambi di conoscenze tra di essi e quindi il pro-gressivo avvicinamento, in un’ottica di incremento della qualità della forma-zione professionale, e con l’obiettivo di semplificare l’inserimento del mondo del lavoro per i giovani. Già negli anni scorsi la Camera ha infatti avviato una serie di progetti con le scuole e con gli studenti del territorio, che si sono misurati con la partecipazione a manifestazioni di carattere nazionale, stage e tirocini anche presso la stessa CCIAA, attraverso i quali misurarsi per la prima volta con il mondo del lavoro.”

Particolarmente significativa l’inizia-tiva legata all’AF - artigiano in Fiera, manifestazione fieristica internazio-nale che si tiene ogni anno a Milano, durante la quale gli studenti dell’I-stituto Carafa di Mazzarino e Riesi, dell’Istituto Virgilio di Mussomeli, dell’IPSSAR di Gela e dell’Istituto di Rocco di Caltanissetta si sono misu-rati in vere e proprie sessioni di show - cooking e degustazioni dal vivo

all’interno dello stand dell’ente came-rale. I docenti-masterchef dei quattro istituti si sono sfidati a colpi di ricette

e preparazioni “a vista”

che hanno incuriosito, interessato e fatto conoscere agli avventori le sto-rie della cucina mediterranea e della provincia nissena.Anche l’anno scolastico 2015-2016 è ripartito con la stipula di moltepli-

ci protocolli: Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Sebastiano Mottura” di Caltanissetta, Liceo Classico “Ruggero Settimo” di Cal-tanissetta, IISS “Manzoni Juvara” di

Caltanissetta, Istituto Comprensivo “Don Milani” di Caltanissetta, Liceo Classico “Mignosi” di Caltanissetta, ITCG “M.Rapisardi” di Caltanisset-ta, ITCG Hodierna di Mussomeli, IPIA “Galileo Galilei” di Caltanisset-

ta, Istituto comprensivo “Vittorio Ve-neto” di Caltanissetta, Istituto com-prensivo “ Paolo Emiliano Giudici” di Mussomeli, Istituto d’Istruzione Superiore “Eschilo” di Gela, ITCG “MAJORANA” di Gela, ITIS “MOR-SELLI” di Gela, IIS “STURZO” di Gela. A breve saranno formalizzati nelle prossime settimane accordi con altri istituti.“La programmazione di nuovi proget-ti e manifestazioni - conclude il Vice Presidente della Camera di Com-mercio, Giuseppe Valenza, Consi-gliere delegato per le attività de qui-bus - che consentiranno agli studenti di vivere vere e proprie esperienze pro-fessionali e di lavoro “sul campo” sono solo all’inizio e la Camera di Com-mercio si propone di estendere la rete con altri Istituti interessati a questa forma di formazione ormai ineludibi-le per concretezza ed importanza allo

scopo di formare, sin dai banchi di scuola, i nuovi imprenditori ed i nuovi professionisti che costituiranno anche la nuova classe dirigente attraverso il “ritorno” alle eccellenze che le nostre terre ancora possono esprimere”.

Stipulato il protocollo di collaborazione con molti istituti d’istruzione secondaria superiore

Alternanza Scuola-LavoroLa CCIAA nissena al servizio degli studenti

Guido Barcellona, Segretario Generale della Camera di Commercio di Caltanissetta

Comunicazione istituzionale

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Una novantenne in fin di vita. La valvuloplastica aortica percutanea. Una vita che con-

tinua. Il nesso tra l’anziana paziente e queste parole complicate lo scoprire-mo tra poche righe. Ci sono due modi perché la sanità possa fare notizia. La prima è ovviamente quella che segue la scia del giornalismo inglese d’assal-to, più sono cattive le notizie più sono buone. C’è poi l’altro fronte, quello forse meno battuto dalle cronache ma

altrettanto affascinante, quello cioè delle buone pratiche e delle positive conquiste e se queste notizie arrivano dalle aree dove per salute si affrontano viaggi della speranza verso altre regio-ni d’Italia, la cosa diciamoci la verità riempie d’orgoglio. Non parleremo quindi del caso Cro-cetta- Tutino, della telefonata vera, non vera, esistente o fatta sparire. Non par-leremo nemmeno dei rapporti tra Tu-tino e Sampieri, altro illustre personag-gio che proprio all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, godendo anche per via del gentil aspetto dei favori dei media locali, era avvezzo a pratiche tutt’altro che conformi adesso al vaglio degli in-quirenti. Per fortuna la sanità al Sant’E-lia non è solo questo, ed anzi a portare avanti con abnegazione, professionali-tà e spirito di sacrificio il benessere dei

pazienti, ci sono centinaia di donne e uomini che ogni giorno sottraggono tempo e risorse alle proprie famiglie per dedicarsi alla crescita dell’offerta sanitaria, nonostante i tagli, le riduzio-ni, i governi. Ed è proprio una storia di questa che vogliamo raccontarvi. For-se soltanto gli addetti ai lavori e chi ha purtroppo problemi di cuore, cardiaci s’intende, non di sentimento conoscerà già. Lo sa bene la signora 87enne di De-lia che nei mesi scorsi è arrivata al Sant’Elia in stato di grave insufficien-za cardiaca praticamente in fin di vita, ricoverata preso l’Unità Operativa di Cardiologia e strappata alla mor-te dall’equipe di medici ed infermieri dell’Unità Operativa Dipartimentale di Emodinamica del P.O. S.Elia diretta dal Dott. Francesco Amico che hanno eseguito un’ innovativa procedura con successo. Ma come si è salvata questa paziente? Come fanno gli scompensati cardiaci ad avere delle chances in più di sopravvivenza? Ce lo racconta proprio Francesco Amico, il medico nisseno che ha messo in atto la procedura per fronteggiare la stenosi valvolare aor-tica, ovvero quel restringimento che talvolta soffoca letteralmente l’aorta, il vaso principale del nostro organismo. Si tratta della valvuloplastica aortica percutanea, tecnica che permette me-diante l’utilizzo di uno speciale catete-re a palloncino introdotto dall’arteria femorale di arrivare fino al cuore per dilatare la valvola aortica ristretta cau-sa appunto della stenosi valvolare. “La stenosi valvolare aortica degenerativa – spiega Francesco Amico - è la patolo-gia valvolare più diffusa nella popola-zione oltre i 75 anni registrando un’in-cidenza del 3%. Decorre per molti anni in completa assenza di sintomi, una volta sintomatica la prognosi diviene

infausta, con un tasso di mortalità che può raggiungere anche la metà dei sog-getti in assenza di terapia. L’intervento cardiochirurgico di sostituzione valvo-lare costituisce il “gold standard” per il trattamento della patologia, ma risulta gravato da un’elevata percentuale di rischio di mortalità fino all’8%, spe-cie per i pazienti più anziani affetti da concomitanti patologie quali diabete, broncopneumopatie croniche, insuf-ficienza cardiaca, insufficienza renale. La valvuloplastica percutanea permet-te di trattare efficacemente la patologia stenosante soprattutto nei pazienti a rischio elevato non candidabili all’in-tervento cardiochirurgico oppure come terapia “ponte” per ottenere una stabilizzazione clinica ed emodinamica in vista del successivo intervento defi-nitivo di sostituzione valvolare. Tale tecnica è stata eseguita con succes-so per la prima volta a Caltanissetta, su una paziente di anni 87 originaria di

Delia. Il trattamento con valvulopla-stica percutanea ha consentito la dila-tazione della valvola con conseguente ripristino di una regolare funzione contrattile del ventricolo sinistro. La paziente è stata dimessa senza compli-canze dopo due giorni dall’intervento; il controllo clinico-diagnostico esegui-

to ad un mese dalla dimissione ha con-fermato il buon esito della procedura. Tale procedura – sottolinea il medico nisseno - si conferma una tipologia di intervento da riservare ai pazienti a più elevato rischio non candidabili ad intervento cardiochirurgico e per tale motivo diverrà sempre più frequen-

te la sua applicabilità anche presso il P.O. S.Elia di Caltanissetta per offrire un’assistenza in termini di standard di qualità ed efficienza ad un ampio baci-no di pazienti evitando inutili e costose trasferte in altri ospedali siciliani e di altre regioni”.

di Marco Benanti

Fatti & Salute

Ospedale Sant’Elia, l’intervento ha salvato una paziente di 87 anni

Eseguita una valvuloplastica aortica percutanea

FrancescoAmico

“La prima volta”di

Da sinistra Gianfranco Bartolomeo, Giuseppe Addamo, Gabriella Modica, Rosalia Mirto, Francesco Amico e Francesca Lavieri

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“Le farmacie sono il front office del SSN, presenti in tutti i comuni an-che i più piccoli e strutturate in rete tra loro. Il loro compito non è solo quello di dispensare farmaci, ma di partecipare attivamente all’assi-stenza sanitaria grazie a iniziative di solidarietà sociale, educazione in senso lato e prevenzione”: a sottoli-nearlo è Maria Ippolito, presidente di Federfarma di Caltanissetta che aggiunge come esse “rappresentino una risorsa per evitare gli sprechi grazie anche alle nuove iniziative sperimentali di presa in carico dei pazienti cronici (diabetici, ipertesi e broncopatici) per la corretta ade-renza alla terapia, ossia il corretto uso dei farmaci sia come dose sia come risposta all’uso corretto degli stessi”. “Da progetti su scala nazio-nale (i Mur) l’intervento del farma-cista – aggiunge - determina rispar-mi al SNN e vantaggi

al paziente. Basti pensare che la non aderenza alla te-rapia e’ una delle maggiori cause di mortalità causando 125.000 morti all’anno e percentuali di ospedaliz-zazioni che oscillano dal 35 al 65 per cento. Il costo per il SNN per la non aderenza alla terapia sfiora i 125 mi-liardi annui. In Basilicata il percorso diagnostico terapeutico assistenzia-le coinvolge le farmacie e le vede protagoniste in una azione sinergi-ca con i medici specialisti. Tutto ciò determina risparmi e salute”.Partendo da questo concetto a breve partirà la consegna a domicilio dei farmaci per le categorie più fragili. Start up a San Cataldo ove l’inizia-tiva sarà presentata nei prossimi giorni da Maria Ippolito presiden-te di Federfarma di Caltanissetta e dal sindaco Giampiero Modaffari . Un servizio gratuito - attivo dallo

scorso 20 luglio su tutto il territorio nazionale grazie alla collaborazione tra Federfarma, il Ministero della Salute e la Rai - rivolto alle “fasce sensibili”, ossia anziani soli (ultra settancinquenni), persone con pa-tologie che non sono autosufficienti o con difficoltà a deambulare e che per la loro condizione non sono in grado di recarsi in farmacia o di in-caricare terze persone per l’acquisto dei medicinali.“Apprezzando la sensibilità del sin-daco Modaffari, che già nel suo programma elettorale del maggio 2014 aveva previsto questo servizio, intendiamo – afferma Maria Ip-polito – intraprendere assieme alle farmacie sul territorio un percorso di collaborazione per il benessere

della cittadinanza. La consegna dei farmaci e dei presidi per i diabetici sarà gratuita. Chi in-tende beneficiare del servizio dovrà chiamare il numero verde 800 189 52, attivo dal

lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 18,00, per essere messo in con-tatto con la farmacia più vicina. La

farmacia consegnerà, sotto la sua responsabilità e a proprie spese, en-tro le 48 ore lavorative a domicilio il farmaco richiesto”.Un’iniziativa che si aggiunge alle altre sinora portate avanti sul terri-

torio da Federfarma, da sempre sen-sibile e attenta ai bisogni delle fasce deboli, delle persone più fragili e a garantire loro il diritto alla salute.In quest’ottica nei giorni scorsi è sta-to siglato un protocollo con l’Asp e

l’Ordine dei farmacisti nisseni, per dare il via al progetto pilota “Liù” - Life is unendind (la vita non fi-

nisce). Un acronimo ideato da Ar-mando e Rosella Lachina e Barbara Iraci nel ricordo di Liù Lachina, la giovane farmacista nissena, mam-ma del piccolo Lorenzo, che perse la vita il 7 maggio del 2008 fa mentre

stava attraversando la strada con il suo bambino.Un progetto per il recupero e il reimpiego di farmaci non scaduti ancora utilizzabili, che verranno raccolti dalle farmacie della provin-cia per essere riutilizzati nelle far-macie ospedaliere.“Sentimentalmente – ha sottolinea-to Maria Ippolito - vuol essere un regalo che Liù fa a tutti noi dal cielo dall’altro si tratta di un progetto di altissima civiltà che vede al centro il cittadino che recupera il farmaco non ancora scaduto e lo consegna in farmacia che a sua volta, dopo averne controllato l’integrità e la validità, lo consegnerà all’Asp per essere poi distribuito negli ospeda-li. Un occasione per creare una si-nergia tra cittadino e istituzioni che contribuirà, oltre a ridurre l’impatto ambientale dovuto allo smaltimento dei farmaci, ad eliminare gli sprechi sanitari”.Saranno utilizzati particolari con-tenitori nei quali sarà apposto il timbro “Progetto Liù” che consenti-ranno di introdurre i farmaci donati ma dai quali non sarà possibile più toccarli, per evitare manipolazioni. Un progetto che da novembre e nei primi sei mesi vedrà coinvolte le 22 farmacie di Caltanissetta e San Ca-taldo, per poi essere esteso a tutte le 75 farmacie della provincia.Solidarietà, politica e farmacie le parole chiave dell’iniziativa “Far-macia di quartiere” un’idea nata dal consigliere comunale del M5 Stelle

Giovanni Magrì sposata da Feder-farma e alla quale hanno aderito altri consiglieri comunali che hanno deciso di versare il 10% del loro di gettone a favore dell’iniziativa. Un servizio attivo da febbraio, al quale hanno aderito tutte le sedici farma-cie della città, a favore delle famiglie in difficoltà rivolto ai bambini da 0 a 6 anni che prevede uno sconto del 70% sui farmaci pediatrici da banco. “Un’iniziativa lodevole - sottolinea il presidente di Federfarma - che dimostra come istituzioni e politica sono accanto alle famiglie in diffi-coltà per cui rinnovo vigorosamen-te l’invito ai consiglieri che hanno firmato l’adesione alla coerenza”.In questi giorni Federfarma è im-pegnata nella campagna promossa dal Lions Club Caltanissetta dei Ca-stelli, presieduto da Fabiola Safonte, nella seconda edizione della cam-pagna raccolta occhiali usati il cui slogan è “A te non servono più, ma possono aiutare qualcuno a riacqui-stare la vista”.“Il Salus Festival, che ci ha visto in collaborazione con Adical e

Cittadinanzattiva, ha offerto a tut-ti i soggetti coinvolti – prosegue Maria Ippolito - la possibilità di interscambio con la Lilt di Cal-tanissetta, presieduta dal chirurgo Aldo Amico, con cui si è siglato un protocollo di intesa su un progetto pilota . Il progetto è ambizioso per-ché prevede oltre alla promozione delle campagne di prevenzione nel-le farmacie anche la prenotazione gratuita presso gli ambulatori Lilt che presto apriranno”.“Quello che noi facciamo - sostene-va Madre Teresa di Calcutta - è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goc-cia in meno”: questo il messaggio che Federfarma vuole dare alla città.

Il presidente Maria Ippolito: “Assistenza sanitaria, prevenzione e partecipazione attiva”

Al via molteplici iniziative a favore delle fasce deboli

Federfarma

Dal “Progetto Liù”, alle farmacie di quartiere

di Annalisa Giunta

Da sinistra il presidente A.DI.CAL. Lillo Alù, Barbara Iraci e Maria Ippolito di Federfarma, e il presidente della LILT Caltanissetta Aldo Amico

Caltanissetta

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Si è chiuso l’Expo, dopo 184 giorni, e da italiani siamo for-temente orgogliosi del risulta-

to ottenuto dal Bel Paese: un succes-so senza se, senza ma, senza forse. Fiumi d’inchiostro nelle ultime ore stanno tingendo di tricolore un bi-lancio ampiamente soddisfacente. Nel nostro piccolo la nostra reda-zione è stata all’esposizione univer-sale di Milano, abbiamo toccato con mano, visto, provato: l’organizzazio-ne perfetta, il clima gioioso e festo-so, frutto anche dei tanti bambini presenti, delle famiglie, tralascian-do, non perché siano poco impor-tanti ma perché non rendono meri-to “all’aria festosa” che si è respirata, i dati dell’affluenza, il sito espositivo è stato visitato da 21,5 milioni di persone, delle quali 6,5 milioni stra-niere.Non cadiamo nel tranello che tal-volta può perpetuarsi dei numeri che rappresentano il successo, ma cerchiamo di rendere a chi l’Expo non l’ha visitato, quale clima sia sta-to vissuto, contesto di grande bellez-za architettoniche, ambiente festoso pur trattando di un tema scottante e di grande attualità “Nutrire il Piane-ta. Energia per la Vita”. Molte strutture di Expo sono diven-tate un must, come ad esempio l’o-logramma degli Emirati o le instal-lazioni tecnologiche del Giappone. Tra i grandi classici, degno di nota è il Padiglione della Svizzera che

ha ragionato sui contenuti. Al suo interno quattro torri che ospitano scatole piene di acqua, sale, mele e caffè, ma solo fino a che i visita-tori non avranno portato via tutto, visto che possono prendere ciò che vogliono e nelle quantità desidera-

te. Queste torri, che rappresentano i quattro alimenti tipici del paese, sono come un’enorme dispensa non più alimentata man mano che si svuota. Lo slogan su cui si articola il Padiglione è: “Ce n’è per tutti?”, una domanda che fa riflettere sulle risorse disponibili del pianeta. La struttura del Padiglione si modifica via via che le torri si svuotano dato

che le piattaforme su cui poggiano si abbassano progressivamenteVogliamo tenerci lontani da soloni, criticoni, gufi, disfattisti, che hanno sempre parlato male di questo even-to mondiale, e molti di questi senza neanche averlo visitato: un autole-

sionismo ingiustificato e malato, da evitare assolutamente. Anche le file ai padiglioni, durata media 2h 45’ di coda, sono state vissute con un fare positivo, favorevole, tra selfie, risate e socializzazione mondiale.E se qualcuno volesse interrogar-

si sulle fredde cifre, sulla ricaduta economica ci affidiamo ad Alber-to Dell’Acqua, docente di Finanza aziendale all’università Bocconi di Milano e autore di una ricerca sul-le ricadute economiche dell’evento. “Finora il Pil prodotto da Expo si aggira sui 4,5 miliardi di euro”. Se-condo il modello elaborato dall’e-sperto, il valore aggiunto portato

all’Italia dalla manifestazione arri-verà alla cifra totale di 10 miliardi da qui al 2020. A oggi, al netto dei circa 800 milioni di euro di costi di gestione, sono già arrivati 1,4 mi-liardi grazie agli investimenti fatti sul sito di Rho, sia dal nostro sia

dagli altri Paesi partecipanti: spese fatte per migliorare trasporti e co-struire strutture e padiglioni. “Più di 3 miliardi sono arrivati dall’indotto: i turisti che hanno riempito alberghi e ristoranti, le aziende dell’edilizia o dei servizi che hanno avuto più

commesse grazie all’evento, i posti di lavoro creati” nota il docente.Evitiamo lo sbaglio di tarare un

giudizio sulla ricaduta economica, positiva o negativa che sia, le nostre sensazioni sono state “rapite” dall’in-sieme che non è solo i 194 padiglioni, belli e affollati, ma dell’intera orga-nizzazione, parcheggi, aeroporti, pu-lizia, sicurezza: voto dieci e lode.Esserci è stato importante, averlo vissuto ci ha arricchito moltissimo e con occhio attento abbiamo guar-dato l’operato della nostra Isola: me-ravigliosa piazzetta Sicilia, ubicata a poca distanza dal padiglione Italia, da rivedere invece, si poteva fare si-curamente di più, il Bio Cluster Me-diterraneo, posizionato in maniera defilata. L’Expo 2015 per la Sicilia è stato brillantemente interpretato come punto di partenza per costru-ire il futuro economico della nostra isola. La strategia è dare visibilità all’agroalimentare di qualità, ai beni culturali e all’identità territoriale in modo unitario e coordinato, per creare o rafforzare le relazioni com-merciali, per incrementare il turismo e le relazioni internazionali. Obietti-vo che emerge dalle parole di Ales-sandro Ferrara, dirigente generale dell’assessorato regionale alle Attività Produttive e di Maria Stassi direttore di Sprint Sicilia (Sportello Regionale per , l’Internazionalizzazione).Il nisseno Alessandro Ferrara non manifesta incertezze: “L’importanza di questa manifestazione è evidente, così come la proficua partecipazio-ne della Regione Sicilia. La folla che vediamo alle nostre spalle è la pro-

va tangibile del successo planetario dell’Expo, la nostra regione non pote-va mancare, ha partecipato e l’ha fat-to nel migliore dei modi. Difficile rac-contare sei mesi di piazzetta Sicilia, in cui hanno brillato i due Acroliti di Morgantina restaurati, raffiguranti le divinità di Demetra e Kore”. Non solo bellezza, ma anche, anzi soprattutto imprenditoria. “Abbiamo aperto, sin dall’inizio, un ufficio per le nostre im-prese affinché potessero incontrare i buyer di tutti il mondo. Abbiamo cre-ato un balcone sul mondo. Abbiamo unito e reso possibile a Distretti, Reti di Impresa e Consorzi, di competere sul piano internazionale: metterli in rete è il modo migliore, perché inter-nazionalizzarsi non è facile. I risultati ci hanno dato ragione”. Questo conte-sto espositivo di caratura mondiale, offriva maggiori spunti, possibilità, Ferrara coglie al volo l’assist. “Abbia-mo svolto molti work-shop con la Sici-lia protagonista. Abbiamo scelto que-sto sistema perché il contenuto di quei lavori rimane e sarà il contenuto di un book che sarà la sintesi della nostra esperienza, non solo fine a se stessa. Questo servirà anche per il Program-ma 2014-202, Sviluppo Sicilia”. I numeri sono “robusti”: 40 eventi, 360 tavoli di lavoro; coinvolti, tra l’altro, 300 operatori stranieri, 400 addetti tra il Cnr, le università i di-partimenti regionali. Maria Stassi già guarda al futuro.“La fine dell’Expo è l’inizio, per la Si-cilia, di qualcos’altro. Vogliamo par-lare di quello che sta prendendo nuo-ve forme e ricomincerà come seguito delle relazioni avviate qua. Centina-ia di rapporti con delegati esteri, che peraltro è l’obiettivo del mio ufficio; la capacità di incontrare paesi esteri e lanciare i nostri distretti ad esempio Meccatronica o agrumicoltura, ser-viva un attrattore forte come l’esposi-zione universale. I nostri distretti produttivi hanno detto la loro, gli osservatori esteri hanno osservato, provato i nostri prodotti. Abbiamo piantato le radici per il futuro”.

di Donatello Polizzi

Piazzetta Sicilia: 40 eventi, 360 tavoli di lavoro, coinvolti 300 operatori stranieri e 400 addetti tra il CNR e le università

Alessandro Ferrara, Dirigente generale dell’Assessorato Regionale alle Attività produttiva e Maria Stassi, Direttore di Sprint Sicilia (Sportello Re-gionale per l’Internalizzazione)

l’Isola si apre al mondo La Sicilia a Milano,

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L’espressione dell’ambizione di un’amministrazione comunale al governo di una città come

Caltanissetta, che vuole esprimersi nel valorizzare, non solo a parole, il proprio patrimonio economico, ar-tistico, culturale ed antropologico, considerando l’ubicazione, nella par-te centrale della Sicilia, e gli atavici problemi infrastrutturali e di svilup-po, deve necessariamente esprimere un livello qualitativo delle professio-nalità’ coinvolte nell’obiettivo, alme-no 100 volte superiore ad ammini-strazioni omologhe di città ad alta attrattivita’ turistica ed economica.Questo è il presupposto per qualsiasi ragionamento su un progetto di pro-mozione territoriale. Le esperienze già note nel nostro paese e all’estero ci insegnano come ai fini del successo di qualsiasi iniziativa promozionale in qualsiasi settore, ciò che vendiamo e’ largamente meno importante di come lo presentiamo.Rileva purtroppo poco quanto il no-stro amore per i luoghi natii ci porti ad esaltarli nel nostro immaginario e nella semiotica locale. Ciò potrebbe essere sufficiente per noi cittadini, per vivere il nostro rapporto con il circostante al meglio, gustandole i pregi e accettandone amorevolmen-te i difetti. Ma convincere gli altri ad apprezzare il tutto come lo facciamo noi, ed ancor di più apprezzarlo in una competizione con luoghi costieri e città d’arte proclamate patrimonio mondiale dell’unesco, ed anche me-glio collegate alle grandi vie di comu-nicazione, e’ impresa assai ardua.Il grande interrogativo che deve porsi chi è preposto a valorizzare il nostro territorio e’: come faccio a su-perare il gap con luoghi più attrattivi per convincere un visitatore a venire a Caltanissetta piuttosto che a Noto, ad Agrigento, a Modica?Non esigiamo che un non addetto ai lavori dia una risposta, ma a fronte della serietà dell’interrogativo, cosa fa la nostra amministrazione comu-nale per dare le gambe ai suoi onirici proclami?Si affida ad ‘esperti’ a titolo gratuito, si conclama onnisciente, gestisce tut-to con l’unico obiettivo di dimostra-re quanto è ‘gigante’ nel risparmiare qualche migliaio di euro (poi spesso neanche riuscendoci)che invece potrebbe essere ben impiegato per dotarsi delle risorse necessarie per ‘volare’, e magari risparmiarsi la fatica a cercare di dimostrare l’inverosimile quando i risultati sono clamorosa-mente ‘nani’.C’è da chiedersi se i nostri ammini-stratori, quando affrontano una vi-sita medica, una controversia legale, l’acquisto di una casa, a quali criteri si attengano, e se sono gli stessi che utilizzano nell’amministrazione del nostro Comune. Noi non possiamo crederlo, perché nonostante tutto, e non è poco, li riteniamo ancora dota-ti di buon senso ed intelletto.La vicenda del viaggio della vara

all’expo’ (perché di più di un viaggio riteniamo sia presuntuoso parlare) e’ emblematica di quanto succede dal primo giorno dell’amministrazione Ruvolo in tutta la gestione delle at-tività istituzionali: servizi alla per-sona, verde pubblico, manutenzio-ne strade, vivibilità per le famiglie e per i bambini, sviluppo economico, opere pubbliche. Tutto ha subito una evidente battuta di arresto, proprio perché gestito con improvvisazione.La capacità di un amministratore non si misura nell’elaborare sogni da somministrare ai cittadini affi-dati alle proprie cure, ma fare in modo che i sogni dei cittadini che lo hanno eletto, spesso consisten-ti semplicemente nell’ avere resa una qualità delle vita e dei servizi decente , commisurata al fior di tasse che pagano, siano esauditi.Tornando al sogno più recente, quello della vara all’expo, non dobbiamo commettere l’errore di pensare che sia un’intuizione del sindaco Ruvolo e della sua Amministrazione.Il minimo sindacale (ci si scusi il gioco di parole) di fronte ad un’irripetibile occasione come l’Expo di Milano rendeva lo-gico e quasi scontato che la

nostra città partecipasse con un ini-ziativa degna dell’evento. E con che cosa poteva partecipare Caltanissetta se non con la Settimana Santa?Il sogno dei cittadini che l’ammini-strazione comunale doveva inter-pretare, non era solo quello di essere degnamente rappresentati, ma tra-sformare tutto ciò in una concreta possibilità di far divenire l’evento una reale e continuativa possibilità di indotto economico, perché solo di immagine e di ricordi purtroppo la

città non vive. A questo punto viene naturale riportarsi alla prima consi-derazione in preambolo e chiedersi fino a che punto la nostra ammini-

strazione sia stata

capace di quello straordinario livello di professionalità richiesto (almeno cento volte superiore) per cogliere l’opportunità e amplificarla con il necessario effetto moltiplicatore sor-tendone un tangibile vantaggio per il nostro territorio.Noi siamo stati all’Expo di Milano, e ci rendiamo conto che reggere il con-fronto con la magniloquenza espres-sa da altri paesi era veramente un’im-presa ardua. Ma volendo perseguirla con successo riteniamo che sia stata

la soluzione giusta esporre la nostra opera locale in una teca per una setti-mana, avulsa dalla necessaria attività promozionale della Settimana Santa?Una organizzazio-ne fatta con i tempi necessari poteva e doveva prevedere, non solo un adeguato presidio multimediale, ma anche la presenza stessa della Real Mae-stranza.Poteva e doveva esse-re accompagnata dalla presentazione di una rete ricettiva, di un per-corso organizzato, anche correlato alle manife-

stazioni dei comuni della provin-cia. Poteva e doveva interfacciarsi con il padiglione spa-gnolo, dove la città di Avila offre riti che recano grandi similitudini con i riti nisseni, pro-ponendo anche tour tematici internazionali. Non

vogliamo continuare in un elenco che potrebbe essere troppo lungo e noioso, ma riteniamo che l’iniziativa sia iniziata e conclusa nell’essere riu-sciti (forse) ad organizzare un viag-gio in sicurezza per un gruppo mo-numentale e basta più, e in una certa quantità di selfie d’autore inaugurati dal Primo Cittadino. Troppo poco a fronte del costo dell’operazione e dal ritorno negativo di immagine per aver dimostrato fino all’ultimo mo-mento di non sapere o meno se la vara partiva.Ultimo aspetto che ci preoccupa molto sulle cronicità delle ‘criticità’ organizzative della nostra ammini-strazione, e’ la mancanza di proce-dure di ‘auto diagnosi’, presupposto di una prospettiva di miglioramento, cui si accompagna una spiccata ten-denza ad individuare responsabilità indeterminate ed immateriali. Se la vara e’ pubblicizzata come una latta

di pomodoro pelato la colpa non è di chi non ha control-lato, ma del ‘passato’.Se la vara e’ partita in grande ritardo la colpa non è di chi doveva munirsi per tempo delle autorizzazioni, ma di non meglio precisate ‘forze ne-gative’. Metodo certamente co-modo per non creare contrad-dittorio e deresponsabilizzarsi al contempo, ma purtroppo i risultati sono visibili a tutti.

www.ilfattonisseno.it16 Ottobre

L’ editoriale

Il viaggio della vara a Milano, emblema di un modus operandi proprio dell’ amminini-strazione Ruvolo: l’improvvisazione

Un’occasione persa,ma con la medaglietta al collo

di Michele Spena

Sacro e profano. Una commistione anomala che ha inge-nerato molto dubbi, partendo dal presupposto che l’Ulti-ma Cena è un gruppo sacro che oltre al valore artistico e rappresentativo di elevati significati morali e religiosi. Il concorso “Taste, Selfie & Win Sicily” che ha offerto ai turisti l’opportunità di vincere quindici soggiorni vacanza in Sicilia durante la Settimana Santa e quindici confezio-ni con prodotti alimentari a km zero di aziende nissene. I visitatori dell’Expo sono stati invitati a scattare un selfie con l’Ultima Cena e inserire l’immagine sulla pagina Fa-cebook entro il 31 dicembre 2015. “La Settimana Santa” di grande impatto emotivo e cementato con la tradizione del territorio; vedere “labbra a papera” o sguardi languidi con lo sfondo della Vara, probabilmente non è stato il modo migliore per valorizzare il tesoro del capoluogo nisseno.Valutiamo infine i dati, i numeri del concorso: in base ad un rapido calcolo teorico, sono cifre risicate. L’Ultima Cena è stata esposta da domenica 25 a sabato 31 ottobre. Affluenza all’Expo in quella settimana, circa 290 mila visitatori al giorno; moltiplicando 7 giorni per 290 mila, otteniamo 2.030.000 (oltre due milioni) di persone. Dati

pagina facebook del concorso (ricordiamo che si tratta di un concorso con selfie, quindi il social network è determi-nante) : 99 mi piace, 67 selfie (dato aggiornato alle 23.59 d e l 31 ottobre).

L’iniziativa

Selfie e Vara: il dilemma tra sacro e profano

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Ottobre www.ilfattonisseno.it 17

Una galassia di sentimenti positivi ha pervaso i nis-seni per l’originale iniziativa di Michele Spena e Do-natello Polizzi.Risate? Moltissime. Ne abbiamo bisogno del resto.Molti si sono appassionati delle suggestive ‘trovate’ dei simpatici autori, chiedendosi come l’ormai cele-berrimo camioncino giallo, con il piccolo simulacro della ‘Cena’ a bordo, possa essersi mosso, in lungo e in largo, per la Città in pieno giorno, senza che nes-suno se ne sia accorto.Molti altri, mercoledì 21 ottobre, dopo aver letto l’ar-ticolo e visto il cortometraggio, ormai a pieno titolo divenuto parte integrante dell’albo d’oro delle storie da tramandare della nostra amata Città, hanno sper-giurato che “la cena”, quella autentica, a Milano c’era già per davvero.Taluni, e pochi speriamo, hanno elaborato perverse proiezioni dietrologiche sul perché ed il per come di questa gradevolissima intuizione, gettandosi a capo-fitto nel cercare di scoprire a favore di chi e contro che cosa si sia affrontata tutta questa faticaccia, non escludendo in tutto ciò l’influenza di qualche potere esoterico.Qualcuno, addirittura, si è avventurato a ipotizzare che l’iniziativa fosse volta a concorrere con quella vera, messa in piedi dall’Amministrazione Comuna-le, certamente più ambiziosa, ma egualmente tanto divertente, soprattutto nell’ infinita e travagliata fase preparatoria.In realtà dell’altro ha animato il nostro creativo Edi-tore e l’ineffabile Donatello: l’amore, quello semplice ma genuino per la nostra Città, percorsa, prima della partenza per l’Expo, dal camioncino giocattolo, trai-nato dal bambino che c’è in loro, che ha attraversato

alcuni dei suoi luoghi simbolo: la Piazza con la fontana di Tripisciano, l’Abbazia

di Santo Spirito,

il Redento-re, il Cimitero dei Carusi, dove riposano i sogni, mai realizzati, di tan-tissimi innocenti. Una lunghissima partenza, che tradisce un sentimen-to confuso, ma egualmente forte, di resistenza al di-

stacco di chi va via dal luogo dov’è nato.La vara della “Cena”, per la prima volta nella storia separata dalle sorelle gemelle con cui costituisce un unicum inscindibile, rappresenta ognuno di noi che con la propria famiglia e comunità, in un algoritmo esistenziale è unione e non somma delle singole parti.Ma attenti a scambiare la Vara per una figura retori-ca. E’ molto di più.Dopo aver superato la ‘via dell’onestà’, icona dell’arte della sopravvivenza di un territorio ferito, il nostro camioncino approda a Milano, all’alba, come tanti di noi che sono migrati per coltivare le proprie speran-ze. Sì, proprio speranze, parlare di sogni è troppo qual-che volta. La piccola “vara” si muove per piazza Duomo ed ar-riva all’Expo. E’ piccolissima rispetto a tutto il resto,

indifesa, ma in lei c’è l’ironia, la creatività e la fantasia dei nostri conterranei che la rendono solidissima, irraggiungibile, sen-za farle perdere l’umanità e la generosità.Tenerissime le immagini, con la moltitudine di persone di ogni nazionalità che applaudo-no al nostro giocattolo, prova incontroverti-bile che per comunicare i nostri sentimenti non occorrono, per forza, opere sontuose e talvolta megalomani, nè discorsi pregnanti di termini altisonanti e promesse mancate, ma solo buone idee, onestà e tanta, tanta semplici-tà, magari provando a pensare come i bambini.È tutto lì, nel sorriso senza malizia che questa

volta ci ha donato questa irripetibile impresa.L’Expo si appresta ormai a chiudere i battenti e co-nosceremo presto l’impatto che ha avuto nella pro-mozione del territorio siciliano e nisseno. Speriamo tanto e per il bene di tutti, che sia stato corrispon-dente alle aspettative ed agli investimenti impiegati.Un fatto, comunque, è certo. Nel cuore dei nisseni , nella loro Settimana Santa, oltre al meritato spazio

per vare e variceddre, da ora in poi si troverà anche un piccolo angolo per ‘la cena’ di Michele e Donatello.

di Michele e Donatello all’ExpoL’Ultima Cena

L’iniziativa del Fatto Nisseno

Un possibile approccio manageriale per l’evento

Secondo noi...Organizzare un evento,

come quello della pre-senza della Vara dell’Ul-

tima Cena a Milano, in conside-razione delle speciali condizioni offerte dall’Expò richiede atten-zione e preparazione. Questo evento è stato il vostro evento, una vostra creatura, per voi che lo organizzate è l’appun-tamento più importante forse della vostra storia. Andava af-frontato quindi con tanta passio-ne e con il massimo impegno.E’ fondamentale “giocare d’anti-cipo! Prevedendo e preparando tutto quanto sarà necessario, con la giusta tempistica ed estrema professionalità. Solo chi pianifica con attenzione e agisce con strategia avrà un’ele-vatissima probabilità di riuscire nel proprio intento. Ma andiamo per ordine. Risulta fondamentale fissare l’obiettivo da raggiungere e definire il bud-get a disposizione.Chiariti questi due punti può iniziare la progettazione che si estrinseca poi attraverso i se-guenti passaggi:staff, idea della location, target interessato, organizzazione della comunicazione, fornitori e lo-gistica, attività collaterali, ani-mazioni e spettacoli, convegni, coinvolgimento tour operator e broker, feedback e spunti per il futuro.La dinamica delle azioni avviene sempre attraverso il pre evento, l’evento stesso e il post evento.Il primo passo da fare, è un cor-poso briefing iniziale con staff e attori in cui sarà necessario per prima cosa dare un nome a que-sto progetto. Capiamo da dove arriva, come poterla inserire in un contesto reale conoscendo in anteprima l’allocazione nel padi-glione e soprattutto raccontiamo la sua storia, con tanti tantissimi dettagli. Si consiglia sempre di esagerare! Tanto siamo ancora al concepimento, se non ci piace non attueremo nulla…insomma non abbiamo niente da perdere!Se la risposta è un bel sogno allo-ra potete passare al secondo pas-so della prima fase: definire gli

obiettivi. Cosa voglio ottenere? (attenzione dei media, passapa-rola, interviste) In pratica; qual è il messaggio che deve arrivare? Che impatto sociale deve avere il mio evento? Passo tre: il target. Chi saranno le persone che vengano a vedere il mio gioiello? Questo permette che tutto diventi sempre più ni-tido e che le azioni da compiere siano sempre più chiare.

Passo quattro: la promo-zione. È forse la cosa più importante per la riuscita di un evento. Se non avete personale all’interno che sia specializzato nella promozione degli even-ti, affidatevi a persone esperte! Il 50% del suc-cesso del tuo evento dipende da quanto è stato promosso!

Quinto e ultimo pas-so. Serve la cosid-detta analisi SWOT. Dobbiamo scrivere i nostri punti di debolezza e i no-stri punti di forza, il nostro budget, i ricavi, i mezzi che abbiamo a disposizione e quelli che ci ser-vono.Solo in questa fase possiamo co-minciare a vedere il nostro even-to prendere forma, possiamo togliere le cose che sono in più e aggiungere quelle che sono in meno, e dare un equilibrio al tut-to. Perché da qui…si parte con il lavoro duro che porterà sicura-mente risultati significativi.

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di Andrea Milazzo

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Il premio Nobel 2015 per l’Econo-mia è stato assegnato a Angus De-aton per i suoi studi sui consumi,

la povertà ed il welfare. Nato a Edim-burgo nel 1945 ha conseguito il dotto-rato presso l’Università di Cambridge, diventando poi nel 1983 docente di Economia e affari internazionali pres-so l’Università di Princeton, nel New Jersey (Usa). Gli studi di Deaton si sono concentrati su tre aspetti dell’eco-nomia: come i consumatori distribui-scono la loro spesa su prodotti diversi, quanto di ciò che guadagna la società viene speso e quanto risparmiato, qual è il modo migliore per valutare e analizzare il benessere e la povertà. Le motivazioni del premio sono tre. Deaton ha realizzato un “modello di domanda quasi ideale”, che serve per stimare come la domanda per ogni bene dipenda dai prezzi di tutti i beni e dal reddito dei singoli individui: il sistema è diventato uno standard per la valutazione di diversi parametri eco-nomici. Il modello di domanda mette in relazione la quantità domandata di ciascun bene con il prezzo di tutti gli altri beni, il reddito del consumatore e caratteristiche demografiche, come età e composizione del nucleo familiare. Il modello empirico di Deaton ha dato luogo a numerosissime applicazioni ed estensioni nei decenni successivi, ed è ancor oggi largamente utilizzato per valutare l’effetto delle politiche econo-miche e la costruzione degli indici dei prezzi. Il secondo contributo fonda-mentale di Deaton riguarda le scelte intertemporali di consumo e la gene-ralizzazione dell’ipotesi del ciclo vitale di Franco Modigliani e della teoria del reddito permanente di Milton Fri-edman, considerando esplicitamente anche l’incertezza sui redditi da lavo-ro, i vincoli nel mercato del credito e la differenza tra comportamento dei singoli consumatori e comportamen-to aggregato. La teoria di Modigliani e Friedman consiste in un modello di scelte del consumatore basato sull’idea che le persone hanno una forte prefe-renza per la stabilità del flusso di con-sumo nel tempo. I consumatori rispar-miano parte del reddito per far fronte alle loro esigenze di consumo quando il reddito si riduce, oppure si indebita-no quando il reddito è relativamente basso per sostenere i consumi correnti e restituire il debito quando il reddito sarà tornato ai livelli normali. In altre parole, secondo la teoria, risparmia chi si aspetta una riduzione di reddito, e si indebita colui che se ne aspetta un aumento. In una serie di contributi tra gli anni Ottanta e Novanta, Deaton ha proposto modelli del consumo più so-fisticati, in grado di incorporare nell’a-nalisi delle scelte intertemporali anche il cosiddetto movente precauzionale al risparmio (cioè, il fatto che l’incertezza sul reddito futuro ne rappresenta un ulteriore, importante movente) e dei vincoli che i consumatori incontrano nel mercato del credito (e cioè il fatto che non tutti riescono ad accedere a

prestiti per finanziare i consumi),oltre che l’interazione tra incertezza sul red-dito e vincoli sul mercato del credito (cioè il fatto che i consumatori non riducono la propria ricchezza a livelli molto bassi per evitare il rischio di non ottenere un prestito in caso di caduta imprevista del reddito). In un altro

contributo importante, Deaton esten-de la teoria del consumo per studiare la dinamica della disuguaglianza nel corso del tempo, verificando empi-

ricamente il fatto che durante la vita lavorativa di una generazione, la disu-guaglianza dei consumi aumenta per effetto dei diversi livelli di reddito dei singoli individui. Parte del rischio di reddito è assicurata dal sistema di wel-fare e da trasferimenti tra famiglie; in ciascun paese la dinamica della disu-guaglianza dei consumi riflette quindi non solo la dinamica dei redditi, ma anche l’importanza delle istituzioni so-ciali e delle famiglie per la protezione dei rischi individuali. Questo contri-buto è stato fondamentale per capire le differenze tra paesi o nel tempo della disuguaglianza dei consumi, ed è stato applicato, con varie estensioni, a molti paesi, sia industrializzati sia in via di sviluppo. In tutti i suoi studi, l’analisi

di Deaton non si limita dunque alle scelte di un singolo individuo considerato isolatamente, ma con-sidera con la massima attenzione il cosiddetto problema dell’aggrega-zione, mettendo in risalto il fatto che solo in circostanze eccezionali e non realistiche il comportamento dei sin-

goli coincide con il comportamento del consumo aggregato, o di un indivi-duo che fittiziamente rappresenta tutti i consumatori. L’implicazione fonda-

mentale è che per studiare il compor-tamento individuale occorre disporre di dati sui bilanci delle singole famiglie; non sono sufficienti, e a volte sono addirittura fuorvianti, le analisi basate sui consumi aggregati, prevalenti negli anni Settanta e Ottanta. La terza mo-tivazione per il Nobel è quella di aver fornito strumenti statistici agli econo-misti applicati per verificare le teorie del consumo con dati sui bilanci delle famiglie, ad esempio dimostrando che è possibile studiare alcuni comporta-menti di consumo utilizzando indagini ripetute nel tempo su individui diversi, quando non si dispone – come spesso accade nei paesi in via di sviluppo – di indagini sugli stessi individui intervi-stati più volte nel corso del tempo. De-

aton ha dimostrato una straordinaria capacità di essere, allo stesso tempo, un raffinato teorico, un eccellente statisti-co e uno studioso attento ai fenomeni

economici e sociali. Per il suo intuito, la capacità di formu-lare ipotesi verificabili empiricamente, imparare dai dati economici e trasmet-tere un metodo di ricerca rigoroso, in cui analisi teorica ed empirica vanno di pari passo, è uno dei maggiori pro-tagonisti del dibattito economico degli ultimi tre decenni. I contributi hanno influenzato un’intera generazione di studiosi del consumo e delle scelte in-tertemporali (e tra essi alcuni italiani). E anche per questo gli siamo grati. Per-tanto collegando scelte individuali det-tagliate e risultati aggregati, la ricerca di Deaton ha contribuito a trasformare i campi della microeconomia, macroe-conomia ed economia dello sviluppo.

P e r e v i -

t a -re di

e s s e re partico-

larmente tecnico, mi

preme sottoli-neare l’importanza

dello studio compiuto da Deaton circa la correlazio-

ne tra benessere fisico e benessere eco-nomico. Cercare di capire il comporta-mento dell’aggregato dei consumatori studiando quello di un “consumatore rappresentativo”, come fanno i libri di testo di economia, è secondo Deaton di limitato valore. Rispetto ai consuma-tori reali, questo consumatore fittizio, per dirla con Deaton – “vive troppo e sa troppe cose”. Negli ultimi anni Dea-ton ha concentrato gli studi sulla salute degli individui e i legami con le loro condizioni economiche. Benessere fi-sico e benessere economico correlano. I ricchi vivono più a lungo e le persone sane fanno scelte finanziarie più remu-nerative. Ma è la maggior ricchezza ad allungare la vita o è l’orizzonte di vita più lungo che stimola chi lo possiede a risparmiare e rischiare di più? Capi-re cosa causa cosa è importante. Ma la vera pretesa di Deaton è spiegare, ana-lizzando i legami tra salute e redditi a livello individuale, la forte correlazione tra il reddito di un paese e la salute dei suoi cittadini. Per secoli la vita attesa nel pianeta è rimasta piatta intorno

ai 30 anni e il reddito stazionario. Dal 1850 il reddito mondiale è decuplicato e la vita media più raddoppiata. Oggi nei paesi più poveri si vive molto meno e in salute precaria che nei paesi ricchi. E la ragione non è la malnutri-zione che imbriglia questi paesi nella povertà. Se la nutrizione fosse la trap-pola della povertà, sarebbe, conclude Deaton, una trappola dalla quale esiste una scappatoia. Per concludere la salu-te è una dimensione fondamentale del benessere. Unitamente al reddito è “però”, una condizione per il consumo. Il benesse-re nel senso di cattiva salute, e il basso reddito incidono profondamente nel livello dei consumi!

di Marcello CuratoloEconomia & Società

“ L’economista ha realizzato un “Modello di domanda quasi ideale”: il sistema è diventato uno standard per la valutazione di diversi parametri econominci

Angus DeatonL’intuito di formulare ipotesi verificabili empiricamente

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1965 il gemellaggio, 2015 l’anni-versario di un legame fra due città in cui scorre sangue nisseno

misto a quello americano: Rochester e Caltanissetta. 50 gli anni che hanno reso la città newyorkese retaggio di un passato di artigiani, commercianti ve-nuti da lontano, dall’entroterra siculo, lì dove era difficile arrivare a fine mese, tra famiglie numerose e un dopoguer-ra che ha lasciato a Caltanissetta le sue cicatrici. Sono le storie di chi è partito, di chi è rimasto, di chi ha “fatto fami-glia” regalando un futuro migliore ai propri figli, ma sono anche le storie di chi è tornato raccontando la sua espe-rienza con orgoglio misto ad una pun-ta di nostalgia.L’avventura newyorkese segna quella

che viene definita una “dichiarazione di amicizia” firmata dai sindaci di Cal-tanissetta e Rochester Giovanni Ruvo-lo e Lovely Warren che a sua volta rin-nova quella siglata 50 anni fa dai sinda-ci Calogero Traina e Frank Lamb.Accordi, scambi culturali con le scuo-le, promozione turistica ed economica per valorizzare il territorio nisseno; tut-ti temi trattati durante una tavola ro-tonda a cui ha preso parte la delegazio-ne composta da 14 nisseni e la Warren, la prima cittadina di Rochester. I com-ponenti della delegazione volata a New York per portare un po’ di sicilianità a chi forse solo per sentito dire ne ha conosciuto una piccola parte, tra foto, regali, telefonate interurbane e risto-ranti italiani dai cibi “rivisitati” sono i nisseni Giovanni Ruvolo sindaco della città, la presidente del Consiglio comu-nale Leyla Montagnino, le responsabili del comitato promotore Alida e Titti Marchese, il giornalista Enrico De Cri-stoforo, il fotografo Andrea Camilleri, l’artigiano di pipe Salvatore Amorelli, la delegata dell’associazione Cultur-scambi Adriana Scibetta, la dirigente del Liceo Classico Ruggero Settimo Irene Collerone, il presidente del Con-sorzio Universitario di Caltanissetta Emilio Giammusso, il capitano eme-rito della Real Maestranza Pasquale

Tramontana, lo studente che ha parte-cipato al programma “Exchange” Italo Scarlata, I’insegnante dell’IIS Di Rocco indirizzo alberghiero Emanuela Petix, la rappresentante del progetto E_Mi-grantes del Distretto Turistico Valle dei Templi Sofia Pilar Di Buono e Alessan-dro Amore. Ma al di là di incontri, fir-me e “inter-scambi” ci sono immagini e storie raccontate da chi è partito alla volta di Rochester per fare fortuna ed è poi ritornato a Caltanissetta nella sua bottega di calzolaio dove ha continua-to a lavorare per veder crescere i propri figli e nipoti.È il mastro calzolaio, emerito capita-no della Real Maestranza nel 1998, Pasquale Tramontana, uno dei tanti “migranti ritornati” che tra lacrime di gioia e nostalgia ha riabbracciato la sorella, i nipoti e i pronipoti, gene-razione dopo generazione “portatori sani” di una sicilianità che sembre-rebbe celarsi dietro il “meet ball”; un piatto all’italiana con polpette e spaghetti, un’unica portata fusione di due modi di fare cucina differenti: uno proprio del fast food americano con le sue porzioni extra large e l’al-tro caratterizzato dalla fusione di due pietanze appartenenti alla tradizione culinaria tricolore. Questo è soltanto uno dei manicaretti italo-americani cucinati dalla nipote di Tramonta-na, Alba Ragusa, che ha aperto un ristorante alla 138 South Union St.: il Granpa Sam’s.“Si respira aria nissena a Rochester

con i suoi 60,000 abitanti tanti quanti quelli che vivono in città” commenta il maestro Tramontana ricordando il suo arrivo a Rochester nel lontano 1972 dove per 4 anni ha lavorato in una fabbrica che costruiva macchine per la General Motors. “Sono stati

degli anni meravigliosi come la gente che ho incontrato, erano tutti gentili e ospitali con me, mi sentivo a casa” ha commentato Pasquale Tramontana.Il ritorno a Caltanissetta sebbene se-gnato da una motivazione forte come l’amore per la figlia che ha sposato l’uomo della sua vita, lascia un po’ di nostalgia in Tramontana che spesso ritorna in America, la città che ha con-sentito a sua sorella e ai suoi parenti di “fare fortuna”.Migrazioni del secondo dopoguerra, segnate dalla fame e dalla povertà, spe-ranze di migliorare la propria vita che si fanno concrete nelle fabbriche new-yorkesi. Si intrecciano le storie delle prime ge-nerazioni di migranti con le seconde, le terze e le quarte generazioni che di nisseno hanno forse solo il sangue e qualche abitudine ereditata dai nonni e dagli zii, legate alla cucina, all’amore per la famiglia, all’ospitalità.

“È un piccolo mondo fatto di case bifamiliari, dove vivono persone che trascorrono molto tempo tra le mura domestiche, sono molto unite, si muovono insieme anche per fare la spesa” ha spiegato la rappresentante del progetto E_Migrantes del Distret-to Turistico Valle dei Templi Sofia Pi-lar Di Buono. Una cultura multietnica quella descritta dalla Di Buono, lei che ha osservato da vicino le abitudi-ni, le espressioni di una sicilianità che sembra mantenersi viva nonostante fossero trascorsi 50 anni dal gemel-laggio con le due città.“Un legame che non deve assoluta-mente perdersi soprattutto per le gio-vani generazioni che sembrerebbero essere staccate da quest’appartenenza con il mondo nisseno” ha commen-tato il sindaco Giovanni Ruvolo rin-novando il suo impegno a rilanciare la cultura nissena soprattutto in occa-sione delle vacanze pasquali dove sarà

proprio una delegazione di Rochester a fare visita alla città. “Un’esperienza positiva soprattutto dal punto di vi-sta umano, la mia famiglia – afferma il sindaco Ruvolo – ha esperienza di emigrazione negli Stati Uniti, alcuni miei cugini e zii vivono a Long Hi-ghland e altri a New York. E’stato dav-vero emozionante sentire le testimo-nianze di coloro che hanno coronato il loro sogno americano” racconta en-tusiasta del viaggio a Rochester Gio-vanni Ruvolo parlando di coloro che con pochi soldi in tasca e tante spe-ranze hanno lasciato Caltanissetta e sono diventati professori universitari, dirigenti sanitari a Rochester, in una città segnata dalla meritocrazia, esem-pio pratico di riscatto che oggi conti-nua ad essere suggellato da un legame che rende Caltanissetta e Rochester due città seppur diverse, unite e ali-mentate dalla forza dell’interazione e dello scambio.

www.ilfattonisseno.it20 Ottobre

di Fabiola Palmigiano

Rinsaldati i rapporti tra Caltanissetta e la città newyorkese con la “dichiarazione di amicizia”

La delegazione nissena presente a Rochester

Foto di Andrea Camilleri

Sopra il Capitano emerito Pasquale Tramontana con il sindaco di Rochester Lovely Warren. A destra la firma della dichiarezione di ami-cizia tra le due città

Le Nozze d’oro del gemellaggio

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Ottobre www.ilfattonisseno.it 21

Una petizione popolare per sensibilizzare sindaci, consigli comunali e mondo politico

sull’attuazione della legge regionale n.19 approvata ad agosto dall’Ars. Dopo un referendum e una legge regionale approvata, ma impugnata in diverse parti dal Governo nazionale, il servi-zio idrico in provincia di Caltanissetta difficilmente potrà cambiare gestione. Il contratto tra Ato idrico CL6 e Calta-qua è blindato, sebbene la Legge 19 dia comunque nuovi strumenti ai sindaci per verificare, controllare e sanzionare le inadempienze, con penalità tali (tra i 100 e i 300 mila euro al giorno per ogni giorno di interruzione dell’erogazione idrica), che potrebbero rendere per nul-la conveniente la gestione del privato.La legge non esplicita in positivo cosa bisogna fare con i contratti in essere. Si limita a indicare i passaggi per, eventual-mente, sciogliere i contratti con le socie-tà che si sono aggiudicate la concessione delle reti per trent’anni, come nel caso di Caltaqua, solo attraverso il meccanismo delle penalità e delle gravi inadempien-ze contrattuali che una commissione tecnica insediata al tale scopo dovrà segnalare alla presidenza della Regione per valutare lo scioglimento. Intanto però il forum pro-vinciale dei Movi-menti per l’Acqua e i beni comuni di Caltanisset-ta spinge per dare attuazio-ne alla Legge, che prevede comunque che vengano fatti passaggi ammi-nistrativi pre -

cisi da parte degli enti locali, e in tempi brevi. Si può incidere sul rispetto delle voci del contratto, la garanzia della qua-lità del servizio e la tutela delle fasce de-boli.Ed è proprio per favorire una “presa di coscienza del problema” che è sceso in campo il Vescovo della Diocesi di Cal-tanissetta, Mario Russotto, che insieme al Vicario, Don Pino La Placa, hanno scritto a tutte le parrocchie ed ai sacer-doti una lettera per dire loro di facilitare la raccolta firme del Forum dei movi-menti per l’acqua e altresì premurarsi di

darne avviso ai fedeli durante la messa. Le chiese nissene sono quindi aperte ai banchetti del forum per l’acqua pubbli-ca che in questi giorni sta raccogliendo le firme dei cittadini.Il Vescovo Russotto spiega l’iniziativa “al di qua” di qualsiasi fazione politica, poi-

ché ispirata al diritto all’acqua quale inalienabile condizione per la vita dell’uomo. “Penso che, al di là della questione politica, l’acqua è un bene prima-rio umano e sociale e tutti hanno diritto all’acqua, dai poveri ai ric-

chi. Non si può tassare un bene primario, sarebbe come tassare l’a-

ria. Senz’acqua non c’è vita e quindi nessuno può privarla”, spiega il Presule nisseno.

Un’iniziativa inedita in Sicilia da parte di una chiesa, quella

nissena, in sintonia con l’anelito cristiano di equità sociale rivolto agli ultimi, profes-sato da Papa Fran-cesco. “Mi sembra giu-sto, tra l’altro è un’istanza che viene dalla base e incontra il pieno favore della Dio-cesi, del Vescovo, p e r c h è siamo al

di qua delle fazioni politiche, si tratta di difendere l’uomo e la dignità. Sa-rebbe come dire a uno che ha diritto al lavoro ma deve pagare per avere il lavoro.Se si ha diritto all’acqua è perchè siamo esserei umani e senz’acqua non possiamo sussistere, abbiamo allora diritto all’acqua”, spiega ancora il Vescovo Mario Russotto.Alla domanda se la presa di posizione della Chiesa nissena sia anche un modo per sollecitare la politica, dal momento che la legge regionale sull’acqua publica

dispone adempimenti e azioni dei sin-daci con una tempistica veloce, il Vesco-vo risponde: “certo!”. “Si prenda coscienza del problema, del-la questione, e per tale ragione il Vica-rio generale ha mandato una lettera ai parroci con cui stiamo sollecitando la raccolta firme, proprio perchè bisogna prendere coscienza dei beni di cui cia-scuno ha veramente il diritto di usufru-ire e che chi ci governa ha il dovere di offrire” conclude il Vescovo Russotto. Come ha ben spiegato il deputato re-gionale del Movimento 5 Stelle Matteo Mangiacavallo, in un recente incontro tenutosi a Caltanissetta, la legge regio-nale n.19 del 11 agosto scorso difficil-mente potrà incidere sulla validità di contratti trentennali stipulati tra Ato idrici e società private per la gestione del servizio idrico, soprattutto se tutti i comuni della provincia, come nel caso nisseno, hanno consegnato le reti al ge-store privato. Ciò che invece è pienamente operativo, anche perchè non impugnato, è l’artico-lo 12 della legge 19, che i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno indicato tra le ricadu-te immediate per la provincia nissena. Prevede l’istituzione delle Commissioni tecniche (tre sindaci, un rappresentante sindacale, uno dell’assessorato e uno del-le associazioni) presso gli ATO idrici po-sti in liquidazione allo scopo di accertare eventuali inadempimenti contrattuali. Dalla relazione scritta da tale commis-sione si può arrivare anche alla proposta di risoluzione anticipata del contratto.

L a Commissione avrà anche il compito di formulare propo-ste per calmierare le tariffe. L’istituzio-ne di tale commissione, che il sindaco di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo assi-cura avverrà a breve, può incrementare il potere contrattuale dei cittadini in termini di qualità del servizio e soprat-tutto di tutela delle fasce svantaggiate. In un recente incontro organizzato dal Forum siciliano dei movimenti per l’ac-qua, con il deputato PD, Giuseppe Lau-ricella, l’ingegnere Gaetano Melillo ha

sottolineato l’importanza di tagliare il mark-up (differenziale fra il prezzo della prestazione erogata e il suo costo) circa il 20% aggiuntivo sulle tasche dei citta-dini. Ciò che invece la Legge non preve-de, e che non può passare sotto silenzio, è l’assenza di qualsiasi riferimento al mantenimento dei livelli occupazionali. Con un cambio di gestore, verrebbero garantiti per legge i lavoratori dell’Ato idrico ma non quelli di Caltaqua.

Acqua pubblica,

di Alberto Sardo

Fatti & territorio

TRIBUNALE DI CALTANISETTAVendita Immobiliare - Esecuzione n. 75/2010 R.G. Es.

Appezzamento di terreno sito in Comune amministrativo di San Catal-do (CL) e in Comune censuario di Caltanissetta, in Contrada Raffondo-Serra, su cui insiste un fabbricato diruto ed una tettoia, della superficie catastale complessiva di ettari uno are trenta e centiare venticinque (ha 01.30.25), di cui mq. 650 sono occupati dalla strada Canicattì - San Ca-taldo - Santa Caterina, suddiviso nei seguenti lotti e così catastalmente individuato al N.C.T.: LOTTO UNO: Terreno di mq. 8.360,00 in catasto al fg. 158 part. 234 (in parte seminativo classe 2, are 64 centiare 34, reddito dominic. € 33,23, reddito agrario € 9,97; in parte uliveto classe 2, are 19 centiare 26, red-dito dominic. € 10,94, reddito agrario € 6,96), con insistente fabbricato rurale di mq.190,00 in catasto al fg. 158 part. 3 (are 1 centiare 90).Prezzo base € 184.820,00; offerta minima in aumento € 10.000,00.LOTTO DUE: Terreno di mq. 1.990,00 in catasto al fg. 158 part. 5 (se-minativo classe 2, are 19 centiare 90, reddito dominic. € 10,28, reddito agrario € 3,08).Prezzo base € 13.348,00; offerta minima in aumento € 1.000,00.LOTTO TRE: Terreno di mq. 2.485,00 in catasto al fg. 158 part. 235 (seminativo classe 4, are 24 centiare 85, reddito dominic. € 3,85, reddito agrario € 1,03).Prezzo base € 15.390,00; offerta minima in aumento € 1.000,00.Vendita senza incanto: 4/12/2015 ore 17,30, innanzi al professionista delegato Avv. Rossella Ilardo c/o lo studio in Caltanissetta Viale Sicilia n. 126. Deposito offerte in bollo ed in busta chiusa entro le ore 12 del 3/12/2015 c/o lo studio del delegato. Cauzione pari al 10% del prezzo offerto.Eventuale vendita con incanto: 23/12/2015 ore 17,30, stesse condizioni. Deposito domande entro le ore 12,00 del 22/12/2015. Cauzione pari al 10% del prezzo base.Per informazioni tel. 0934/680645, fax 0934/680707 e sito internet www.astegiudiziarie.it. Il Professionista Delegato: Avv. Rossella Ilardo

AVVISI LEGALI

Il contratto di Caltaqua è blindato e la legge non prevede la rescissione se non per graviinadempienze. Ma la “commissione tecnica”sindaci e cittadini avranno più potere contrattuale

il Vescovo Russotto ai sacerdoti:“Sostenete la raccolta firme”

Anche la Curia sostiene la petizione del Forum dei movimenti per l’acqua. Appello ai sindaci per attuare la legge regionale 19 di quest’estate sulla “ripubblicizzazione”

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Quella che doveva essere una notte di divertimento e spen-sieratezza, è diventata in

un battibaleno una delle pagine più nere della cronaca italiana. Musica, luci stroboscopiche che si riflettono sui volti del popolo della notte, risate tra amici e colleghi d’università con i quali ha condiviso ansie e sogni, balli e movimenti del corpo che si muovo-no a ritmo. Corpi che sprigionano vita in quel privè. E improvvisamente fanno spazio al battibecco, quindi al caos, alla baraonda, agli spintoni, ai pugni, fin quando arriva quel calcio. La morte. Tutto per un cappellino da cowboy preso dai ragazzi del tavolo accanto. Un banalissimo scherzo, for-se pure ovvio in quel clima carneva-lesco. Che notte, quella notte al Goa. Quartiere Zen, uno dei più difficili di Palermo. Dal futuro ancora da in-seguire ma già proiettato per aiutare gli altri, al gelido tavolo della camera mortuaria. Il sogno del camice bianco va in frantumi. Spezzato da un paio di Converse All Star bianche. Sono le ore 3:15 e 33 secondi della notte di San Valentino quando si alza un piede. C’è

una telecamera che lo riprende. Il de-stino di Aldo Naro, giovane medico di San Cataldo ucciso a 25 anni, è legato alle sneakers a polacchino che indossa Andrea, un diciassettenne che vive in quel rione periferico e ama il pugilato. È lui – teenager palestrato e buttafuori irregolare - che magistrati e carabi-nieri accusano ed è lui che confessa di aver sferrato il calcio letale. Ma è ciò che succede prima del mortale pe-staggio che ha dato linfa ad un’altra in-chiesta sulla tragica fine di Aldo Naro. Un dossier in cui sono stati coinvolti anche due amici e colleghi del giovane medico, tirati in ballo dalla Procura di Palermo con altri 11 indagati – tra

bodyguard e gestori del locale - con l’accusa a vario titolo di rissa aggrava-ta e favoreggiamento. Il Fatto Nisseno ha voluto parlare di questo spaccato d’indagine appena conclusa con l’av-

vocato Davide Schillaci, difensore di uno dei due aspiranti medici. Proba-bile che presto si vada al processo. E dalle carte dell’inchiesta emerge che la discussione nata tra i ragazzi dei due privè per la restituzione del cappello da cowboy, è degenerata per colpa di chi, al contrario, doveva garantire si-curezza nel locale. I buttafuori. Alcuni dei quali abusivi. Ne è convinto il pe-nalista nisseno mentre sfoglia il cor-poso fascicolo del caso Naro e pronto

a dare battaglia per dimostrare che gli amici di Aldo, in questa storiac-cia di violenza, sono estranei. “È il personale della security che pro-voca e scatena la rissa, non sono stati gli amici di Aldo Naro che piuttosto discute-vano per ottenere la restituzione del cappello ma senza venire alle mani. Si

è trattato di un comportamento poco professionale dei buttafuori, che con una violenza inaudita hanno fatto irruzione nel privè dove Aldo è stato preso a pugni e calci”. Ed è pure chi in-

daga, come emerge dall’informativa, a puntare il dito contro i buttafuori. Parlando di “intervento scomposto e poco professionale del personale ad-detto alla sicurezza per di più sprov-visto di mezzi di riconoscimento, nonché l’arbitrario uso della forza fi-sica (…) innescava comportamenti di natura violenta che nel loro evolversi segnavano inevitabilmente in modo negativo gli ultimi minuti di vita di Aldo Naro, il quale restava vittima di

un primo brutale pestaggio sul privè ad opera proprio degli addetti alla sicurezza”. E sono tante le perplessità che l’avvocato Davide Schillaci sol-leva: “Agli atti ci sono decine di te-

stimonianze dei giovani del secondo privè che parlano di una discussione animata per quel cappellino. Non c’è nessuno dei presenti che parla di vio-lenza, eccetto quella dei buttafuori che strattonano e buttano per terra i ragazzi prima che Aldo morisse per difendere i suoi compagni dalla furia incontrollata della security che si è accanita contro ragazzi perbene”. Non solo: per il legale “è paradossale che i migliori amici di Aldo siano in-dagati per rissa, perché nessuno dei ragazzi coinvolti ha riportato graffi e agli atti non esiste un certificato medico che comprovi l’esistenza di una lite”. Ma sono le dichiarazioni di chi c’era nei due privè – la comi-tiva di Caltanissetta con Aldo Naro e i ragazzi di Palermo - a chiarire che nessuno si stava picchiando e che sono stati i buttafuori a scatenare il parapiglia. “Fino a quel momento le persone presenti discutevano anima-tamente ma nessuno aveva usato vio-lenza”, fa mette- re a ver-bale Antonino. “Ho visto che tante persone, una decina, in maniera mol-to impetuosa è entrata nel privè cal-p e s t a n d o m ate r i a l -mente una r a g a z z a bionda”, chiarisce Saver io ai cara-b i n i e r i che lo inter rogano. Silvio dice agli inquirenti che “men-tre la situazione si stava tranquilliz-zando, all’improvviso giungevano almeno due buttafuori (…) data la particolare forza usata dal buttafuo-ri, alcuni ragazzi cadevano a terra”. Dalla discussione accesa per il cap-pellino da cowboy al caos, il passo è breve come spiega Adriana ai pubbli-ci ministeri che ha davanti: “In corri-spondenza del nostro tavolo c’erano dei ragazzi che stavano discutendo

animatamente (…) sopraggiunge-vano quattro o cinque buttafuori che correndo mi hanno fatta cade-re. Una volta giunti al privè, hanno subito cominciato a picchiare tutti

i ragazzi presenti senza distinzione alcuna”. Dai verbali di interrogato-rio, emerge anche la fase clou in cui Aldo Naro viene accerchiato e aggre-dito. Ed è ciò a cui assiste Gabriele: “Ho visto svariate persone (…) che stavano picchiando un ragazzo che

era truccato in viso di bianco e gli amici di quest’ultimo che tentavano di sottrarlo alle percosse di queste persone”. Ed è sempre lui a fornire una testimonianza chiave, che per-metterà di blindare la posizione del diciassettenne, finora unico indaga-

to per l’omicidio di Aldo.

“Quando il ragazzo rovinava al suolo, i quattro-cinque soggetti che pochi istanti prima lo stavano percuotendo, ripiombavano verso di lui e uno di essi gli sferrava un calcio colpendolo alla testa”. Ma per chi indaga luci e ombre si acca-vallano da allora, da quella notte da incubo al Goa. L’ultima di un bravo ragazzo che fin da bambino voleva aiutare chi soffre.

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6Viale dellaRegione

Fatti in Redazione

Versioni contrastanti, la Procura di Palermo sta indagando per fare chiarezza

“Il cappello da cowboy, le Converse e quell’omicidio in discoteca”

Le carte dell’inchiesta sul delitto di Aldo Naro. La rissa e il ruolo degli amici del medico. Parla uno dei difensori: “I buttafuori gli unici responsabili della violenza”“

di Valerio Martines

L’Avvocato Davide Schillaci

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Al suo secondo numero la rivista semestrale di ricerche storiche sulla Sicilia “Studi Storici Sici-

liani”, costituita nel 2014.La rivista, che ha sede a Gangi, in provincia di Palermo, ed è edita dalla prestigiosa associazione Archoclub d’Italia, raccoglie attorno a sé sia stu-diosi “accademici”, cioè provenienti da ambito universitario, che “non accade-mici”, ovvero cultori e appassionati di storia, che hanno tuttavia alle spalle un’attività scientifica e pubblicistica di tutto rispetto in campo di ricerche sto-riche. L’obiettivo che la rivista si pre-figge è quello di indagare sulla storia recente e passata della Sicilia, sui suoi territori, sui suoi personaggi e fatti.Nell’editoriale di avvio delle pubblica-zioni (dicembre 2014) il suo Direttore responsabile, Filippo Falcone, studio-so di origini sommatinesi, ha voluto

rimarcare anche il tentativo di un su-peramento della vecchia impostazione gerarchica tra storiografia “localistica” e quella cosiddetta “generale”. La que-stione - ha evidenziato - è semmai la distinzione tra lo scrivere pagine di buona o di cattiva storia, aggiungen-do: “L’intendo è dunque lo studio e l’analisi del territorio siciliano, dei suoi personaggi, come dei gruppi sociali, in un quadro che non sia solo rivolto al passato, ma che guardi anche al futu-

ro, in una prospettiva di consapevole attenzione ai meccanismi che regola-no le dinamiche della memoria e del sapere storico”. Ed infine: “La storia sta in rapporto attivo sia con il passato che con il futuro. In essa si manifesta la struttura stessa della società; senza di essa rischiamo di perdere finanche la coscienza di noi stessi”. Il Comitato scientifico della rivista vede lo stesso Falcone (che è anche firma del nostro giornale Il Fatto Nisseno) che ne è, in veste di giornalista dell’Albo regio-nale della Sicilia, il Direttore responsa-bile. Ricordiamo che Falcone è anche autore di numerose pubblicazione sulla storia politica e sociale della Sici-lia, storico accreditato presso l’Istituto Gramsci siciliano di Palermo ed oggi tra i più riconosciuti studiosi delle lotte sociali e del movimento sindacale e in Sicilia, con collaborazioni con gli stori-

ci Francesco Renda e Giuseppe Carlo Marino, con il sociologo e politico Lu-igi Manconi, con il sen. Emanuele Ma-caluso, con l’ex segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, con il giornali-sta e politico Claudio Fava ed altri; che ne hanno curato anche le prefazioni di diversi suoi lavori. Ed ancora fa parte del Comitato scien-tifico della rivista Gero Difrancesco, responsabile dell’Archivio storico della Provincia regionale di Caltanissetta, autore di varie pubblicazioni e tra i più impegnati ed autorevoli studiosi dell’a-rea del Vallone; oltre che ex consigliere provinciale e già sindaco di Sutera. Ne fanno parte poi anche il prof. Mario Si-ragusa, originario di Gangi, già docen-te a contratto di Storia Contemporanea all’Università di Palermo, autore di diversi libri soprattutto sull’area mado-nita e la canicattinese prof.ssa Gabriella

Portalone, che ha insegnato Storia del Risorgimento e Storia Contemporanea all’Università di Palermo, con all’attivo decine di pubblicazioni, nonché per anni Direttrice della Rassegna siciliana di storia e cultura edita a Palermo. Tra gli altri collaboratori a quest’ultimo numero (luglio/dicembre 2015) anche il prof. Michelangelo Ingrassia, docente di storia dell’Età Contemporanea all’U-niversità di Palermo, l’architetto Attilio Gerbino e la docente Maria Rosa Sina-tra. La rivista è stata, nei mesi scorsi, pre-sentata con successo in varie realtà siciliane, tra cui Petralia Soprana, al centro valdese di Riesi, al centro studi “Paolo Emiliani Giudici” di Mussomeli e con prossime presentazioni a Gangi, Racalmuto, Caltanissetta ed in varie emittenti televisive dell’agrigentino e del nisseno.

Fatti & Cultura

“Senza la storia rischiamo di perderela coscienza di noi stessi”

Una nuova presenza culturale in Sicilia

Studi Storici SicilianiTra i promotori anche alcuni studiosi nisseni

È nata la rivista

La famiglia, i sessi e la procrea-zione; sono i capisaldi, i ruoli e i rapporti su cui si è fondata

finora l’umanità. Oggi la nostra so-cietà quasi ineluttabilmente, come spinta da uno spirito che silenzio-samente contagia, pervade, anzi conquista, anime e cervelli di chi decide, ci sta portando dritti verso la loro vanificazione. Stiamo viven-do, in totale incoscienza, una rivo-luzione radicale che sta cambiando il senso e il destino dell’umanità. È la rivoluzione con metodi scientifici di comunicazione che marcia verso la neutralizzazione delle identità e delle differenze originarie, la rimo-zione della natura. Stiamo procedendo verso una so-cietà unisex, ove l’unificazione dei sessi prelude a un’assoluta transito-rietà dei medesimi. I sessi non sono due, ma uno o chissà quanti. Una popolazione androgina con sessua-lità mutante. La parola chiave di tutto è: transgender. Mentre nel dibattito corrente ci fissiamo sui superficiali

e sterili conflitti sull’omofobia non ci accorgiamo che il processo in corso è ben più grande e si riassu-me in quella parola. Le più grandi istituzioni inter-nazionali, come l’ONU e la stessa Unione Europea, sono ormai per-vase da questa ideologia e gli Stati che si oppongono vengono isolati e discriminati. È imponente l’apparato mediatico e legislativo che spinge in quella direzione: dalla neutralizzazione di padri e madri nel dispositivo di legge che li definisce genitore 1 e 2 alle fiabe gay diffuse negli asili, dalle campagne governative tese a rieducare la popolazione non solo su lesbiche e gay ma anche di transgender (cioè una vera mani-polazione della natura). Il transgender sarebbe quindi il prodotto supremo del processo di artefazione della natura: l’uomo geneticamente modificato (altro che “gayzzazione” del mondo!). Secondo questa ideologia, camuf-fata con grande abilità e sopraffini

studi dalle parole “amore” e “liber-tà”, con questa parola si intende l’autodeterminazione totale, anche in ordine alla natura, al sesso e al destino. L’apparente innocua con-clusione del dibattito, organizzato

dalle lobbies che la conducono in ogni ambito della comunicazione, recita: “Io transessuale non decido della tua vita e non dispongo dei

tuoi valori; tu vivi come vuoi ma lascia che anche gli altri vivano come vogliono”. Que-sta ideologia – virale, permissiva e purtroppo sempre più conformi-sta – non si è fatta solo moda ma ha anche qualcosa di spirituale. Per dirla con il solito linguaggio ormai in uso, chi non si adegua è out. Hanno creato una reazione a cate-na, un processo automatico. Hanno messo su una vera e propria tecnica che si serve dei suoi agenti (consci e inconsci). Questa tecnica, orrendo e diabolico mezzo della lobby, deci-de sulla vita e decreta il mutamen-to. Così, giusto per arrivare subito alla conclusione del processo, si interrompe una vita con le tecniche abortive o l’eutanasia, o viceversa la sua prosecuzione artificiale o la sua mutazione sessuale. Alla fine cosa resta? Il dominio della tecnica sulla vita, una forza nera sulla sfera biologica e genetica,

sulla natura e sulla cultura. Le pro-cedure studiate a tavolino vincono sugli scopi e le intenzioni. L’uomo viene dominato dalla tecnica. Ci evolveremo verso un modello uni-co e perderemo il padre e la madre, perderemo la famiglia. Cosa pen-sate che sia la mutazione? Questa è la mutazione! Questo è il frutto del pensiero che ormai alberga nelle istituzioni, nelle scuole e nei posti di potere, anche mediatici. Chi ancora riesce ad essere im-mune da questo spirito artificiale e maligno non si adoperi ma si armi a difesa della nostra umanità eri-gendo una barriera alta e forte nei confronti della superficialità. Vigi-liamo su chi è accanto a noi; spesso chi ci sta accanto è un elemento de-bole e giusto per questo attaccabile e vittima inconscia del contagio.

La rivoluzione segretache minaccia la nostra identità

di Michele Giarratana

Riflessioni

Ci evolveremo verso un modello unico e perderemo il padre e la madre, perderemo la famiglia

La prof.ssa Sonia Zaccaria, Gero Difrancesco e Filippo Falcone durante la pre-sentazione della rivista al Centro studi “Paolo Emiliani Giudici” di Mussomeli

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Ha fatto parlare di sé a livello internazionale Simone Ma-ria Marcenò, ventunenne

sancataldese. E lo ha fatto non in una competizione qualsiasi, ma per aver ottenuto un prestigioso terzo posto al “Race Camp 2015” che quest’anno s’è svolto ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi. Qui, in quello che viene consi-derato un autentico paradiso terrestre, il giovane sancataldese ha avuto modo di confrontarsi con i migliori esperti di Gt Academy a livello europeo riu-scendo a salire sul podio non prima di aver superato l’ennesima durissima selezione. Anche perché se è vero che ad Abu Dhabi c’era il meglio a livel-lo europeo, è altrettanto vero che, in precedenza, il giovane sancataldese aveva dovuto superare una selezione durissima a livello nazionale per con-quistarsi il diritto a prendere parte alla finale mondiale in terra araba. In pre-cedenza, infatti, Simone Maria Mar-cenò aveva superato una selezione na-zionale altrettanto dura che lo aveva visto superare brillantemente le prove in un contesto selettivo nel quale era-no circa 30 mila gli italiani che vi ave-vano preso parte. Simone Maria Mar-cenò aveva vinto la fase on line con Alessandro D’Aprile (39 anni, Roma), Edoardo Pirozzi (19 anni, Roma), e Federico Agosta (26 anni, Trento). Una selezione veramente severa quel-la alla quale s’è sottoposto Simone Marcenò e che gli ha poi permesso di conquistare la fase finale di Abu Dha-bi. Qui erano complessivamente 56 i rappresentanti provenienti da ogni parte d’Europa che si sono qualificati per la finale del “Race Camp 2015”. Di questi 56 rappresentanti, tutti bravissi-mi, gli organizzatori, alla fine, ne han-no selezionati solo sette. E tra questi ha avuto l’onore di far parte di questa

ristrettissima cerchia anche Simone Maria Marcenò che, alla fine, è riusci-to a piazzarsi terzo assoluto mostran-do un carattere ed una personalità davvero notevoli. Il Race Camp 2015 è stato organizzato dalle case giappo-nesi “Nissan” e “Sony” per individua-re nuovi piloti professionisti. Il Race Camp europeo di Nismo PlayStation® GT Academy s’è svolto sul circuito Yas Marina Formula One di Abu Dhabi. Il campo scuola intensivo per piloti, della durata di una settimana, ha vi-sto riunirsi nella capitale degli Emi-rati Arabi Uniti 56 giocatori di Gran Turismo®, provenienti da 11 paesi europei. I concorrenti si sono sfidati allo scopo di conquistare la possibili-tà di prendere parte all’impegnativo Driver Development Programme e diventare veri e propri piloti da corsa. Giudice capo è stato Adrian Newey, direttore tecnico di Red Bull Racing

di Formula 1. Per lui la scommessa da vincere era di riuscire ad individuare nel vincitore una vera e propria stella nascente direttamente dal mondo dei videogiochi. Il concetto dal quale si è partiti in questa selezione dal virtuale

al reale, è stato quello in base al quale i simulatori hanno ormai un’impor-tanza sempre maggiore nel mondo delle corse, per cui, alla fine, non è stato certo sor-prendente il fatto che que-sti vincitori di GT Aca-demy, tra cui lo stesso S i m o n e Maria Mar-cenò, siano poi riusci-ti a farsi valere in pista, con Nissan. Gli aspi-ranti pi-

loti sono stati messi alla prova in pista e fuori, grazie a una serie di sfide pen-sate per verificare capacità di guida, tenuta fisica e atteggiamento mentale. Una selezione veramente unica nel suo genere, considerato che nel 2015

sono stati 24 i paesi di tutto il mondo che hanno preso parte a tre competi-zioni dal virtuale al reale. I campioni

dell’Asia e della competizione internazio-nale sono già stati incoronati a Silver-stone (sede tradiziona-le del Race C a m p ) , mentre la competizione europea ha deciso di far svolgere le sue selezioni ad Abu Dhabi. Ne è uscita una am-bientazione uni-ca nel suo genere con tanto sole, mare e sabbia, ma anche con gli stra-ordinari grattacieli di Abu Dhabi. Si-mone Maria Mar-cenò s’è piazzato al terzo posto, ma ha veramente entusia-

smato la giuria con le sue evoluzioni che ne hanno esaltato il talento e la determinazione. Simone ha saputo esprimersi a grandi livelli palesando un talento veramente notevole. E se è vero che solo il vincitore del Race camp 2015 avrà la possibilità di rea-lizzare i suoi sogni unendosi agli atleti Nismo e gareggiare in tutto il mondo, è altrettanto vero che il giovane pilota sancataldese ha dato prova di caratte-re, personalità e freddezza riuscendo a mettersi alle spalle concorrenti di grandissimo valore. Il vincitore di GT

Academy Europa affronterà il Driver Development Programme, con l’o-biettivo di intraprendere la carriera di pilota da corsa. I risultati di questo programma, negli anni passati, sono stati più che positivi. Basti pensare che Lucas Ordoñez, che ha inaugu-rato il programma nel 2008, ora ga-reggia con Nissan nella classe GT500 in Giappone, dopo aver conquista-to per due volte il podio alla 24 Ore di Le Mans. Jann Mardenborough, che invece è stato vincitore nel 2011 del Regno Unito, gareggia in GP3, campionato minore della Formula 1, mentre il belga Wolfgang Reip, in appena tre anni, è passato da video-giocatore a campione delle Blancpain Endurance Series, a bordo di una Nissan GT-R NISMO GT3. Simone Marcenò, alla fine, non ha conquista-to il primo posto che gli avrebbe dato diritto ad affrontare il Driver Deve-lopment Programme con l’obiettivo di intraprendere la carriera di pilota da corsa, ma ha vinto lo stesso in quanto, riuscire a classificarsi al terzo posto in una competizione internazionale così importante e partecipata, non è certo cosa di tutti i giorni. Di certo, il ventunenne sancataldese, è riusci-to non solo a conquistare i giudici per le sue incredibili doti, ma ha fatto decisamente colpo sui giudici, compiendo un passaggio da virtuale a reale che, per poco non lo ha in-coronato vincitore assoluto. In ogni caso, resta la soddisfazione per lui di una esperienza, quella del Race Camp, veramente unica nel suo ge-nere e comunque destinata a restare per sempre impressa nella sua me-moria e che gli ha dato la possibilità di rappresentare la sua città di ap-partenenza, San Cataldo, in ambito internazionale.

Fatti & San Cataldo

Ad Abu Dhabi un campionesancataldese di GT Academy

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Ottobre www.ilfattonisseno.it 27

Fatti & Vallone

Da Punto Nascita ad ambulato-rio il passo è stato fin troppo breve. Nel giro di pochi giorni,

con due note consecutive, una datata 19 ottobre e l’altra 24, il direttore del Di-partimento Materno Infantile Michele Palmeri ha disposto che il personale di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Mussomeli limiti la propria attività al monitoraggio della fase terminale della gravidanza, fino all’avvio dalla partoriente presso un’altra struttura del territorio. Che il Punto Nascita di Mussomeli avrebbe chiuso i battenti il primo di-cembre era oramai certo, ma nessuno si aspettava che fino ad allora avrebbe limitato i parti alle sole emergenze. “Siamo stati colti di sorpresa” – com-menta a tal proposito la responsabile di Reparto dott.ssa Provvidenza Castro-novo, che si è battuta invano per poter fare partorire a Mussomeli almeno le gestanti giunte alla 35esima settima-na. Non è stato possibile. Dallo scorso 26 ottobre sono già una quindicina le mamme, precesarizzate e non, che

sono state dirottate

altrove, principalmente all’Ospedale di Agrigento. Due, per scelta persona-le, hanno preferito l’Ospedale di Enna. “Il Reparto rimane aperto come atti-vità ambulatoriale con accesso libero dalle 8:00 alle 20:00 di ogni giorno, con o senza impegnativa. – spiega la dott.ssa Castronovo - Non c’è bisogno di nessuna prenotazione. La gravida viene seguita regolarmente, e poi ne viene disposto il trasferimento ai Punti Nascita di riferimento nel momento in cui inizia il travaglio. Se arriva già in travaglio, in uno stato non avanza-to, viene accompagnata in ambulanza da personale in servizio. È importante sottolineare che, dalla chiusura di que-sto Punto Nascita, Caltanissetta non ne gioverà, perché le gravide lì non vo-gliono andare a partorire. Preferiscono recarsi ad Agrigento, perché i collega-menti viari sono un pochino migliori.”Così, anziché mettere in sicurezza il Punto Nascita, come peraltro previsto da una circolare regionale del 2013 a firma dell’allora Assessore alla Salute Lucia Borsellino, si è deciso di chiu-derlo.Per colpa di chi? Una decisione politi-ca, per rappresentanti amministrativi e sindacali. L’assessorato dice al manager

dell’Asp Carmelo Iacono di mantenerlo aperto fino al 31 dicembre, mettendo-lo però in sicurezza. Il manager chiede allora il reclutamento di ulteriori 3 ane-stesisti, 3 ginecologi e 1 pediatra, in ag-giunta a quelli attualmente in servizio, rispettivamente 2, 3, 3. L’ASP non dà nessuna autorizzazione, e il manager anticipa tutti i tempi e chiude. Morale: a rimetterci sono in primis i pazienti. L’eventuale trasferimento in

un qualsiasi Punto Nascita dovrebbe essere effettuato con l’unica ambulanza in dotazione al nosocomio mussome-lese che, oltre a poter essere impegnata in altro servizio, non è attrezzata né adatta al trasporto di donne in uno stato di gravidanza a termine. Il ricorso all’elisoccorso è da tenere in poco con-to, soprattutto nei periodi invernali, quando a causa dei venti è impensabile decollare. Da questa analisi è corretto non tra-lasciare un altro aspetto, quello della tempistica organizzativa per la repe-ribilità del personale di Ostetricia in caso di “emergenze” notturne, i contat-ti con il Punto Nascita di riferimento per la disponibilità del posto e, dulcis in fundo, frane, interruzioni stradali e tutte quelle “piaghe” che affliggono da sempre i collegamenti interni tra Mus-someli e il resto della Sicilia.E poi, questi Punti Nascita di riferi-mento sono stati adeguati al di certo crescente afflusso di partorienti pro-venienti dal Vallone e non solo? Sono in grado, con in mezzi attualmente in dotazione, di fronteggiare la media dei

250 parti l’anno registrati finora all’O-spedale di Mussomeli e degli eventuali 150 della Clinica Attardi di Santo Ste-fano Quisquina che ha già chiuso i battenti? E davvero più sicuro partorire in que-ste condizioni piuttosto che in un Ospedale con 36 anni di attività alle spalle, dove si partorisce del settembre del 1979?Intanto, è già partita la mobilitazione

per ottenere l’ennesima proroga, e far slittare l’eventuale chiusura al 31/12/2017, come richiesto per al-tre strutture del resto dell’Isola. I sindaci dei Comuni del circon-dariato si sono già incontrati per programmare azioni d’intervento. Il sindaco di Mussomeli Giuseppe Ca-tania, insieme al presidente del consi-glio Gero Valenza, è stato a Roma per spiegare al consigliere del Ministro Lo-renzin, Giuseppe Chiné, le ragioni di necessità del mantenimento. E si fanno avanti le prime proposte di protesta: dalla class action alle ordinanze sin-dacali all’ANAS per chiedere la pulizia delle strade provinciali per questioni di tutela della salute pubblica, dall’occu-pazione delle sale consiliari al blocco dello scorrimento veloce Palermo-Agrigento.“Ci hanno tolto il diritto di cittadinan-za” – è il commento del sindaco di Su-tera Giuseppe Grizzanti.“Da qui non si passa. Noi ci abbiamo già rimesso.” – è la posizione del collega di Marianopoli Carmelo Montagna. “Così facendo, ritorneremo indietro di 40 anni” – tuona il primo cittadino di Vallelunga Pratameno Giuseppe Mon-tesano.“Noi garantiremo sempre la nostra presenza, a dimostrazione dell’im-portanza dell’Ospedale di Mussome-li, del nostro Ospedale” – afferma il vicesindaco di Cammarata Giuseppe Bastillo.Un coro di voci unito al di là dell’ap-partenenza politica, stanco di com-battere in territori di frontiera dove il Governo anziché portare condizioni di avanzamento, li condanna con po-litiche finanziare di spending review alla retrocessione.

“Odissea Punto Nascita”La beffa della spendig reviewMussomeli: consentiti solo parti d’emergenza

di Giusy Fasino

La vicenda porto approda all’Ars per l’ennesima volta, ma adesso gli attori principali si intendono. Due le problematiche trattate: finan-ziamento del progetto del nuovo porto di Gela e dragaggio del Por-to. Interventi urgenti e program-mazione a medio termine, sono le richieste dell’amministrazione alla Commissione Territorio e Am-biente dell’Ars per rendere il porto rifugio funzionale. Il dragaggio urgente con un’or-dinanza di Protezione Civile è la priorità. Per favorire la celerità burocratica, la Giunta Messinese potrebbe deliberare la richiesta di cambiare per la sola area del porto rifugio, la denominazione da Sito di Interesse Nazionale a Sito di In-teresse Regionale,come avvenuto per il porto di Salerno. All’incon-tro hanno partecipato i deputati Giuseppe Arancio,, Giuseppe Fe-derico, Antonio Malafarina, il Sin-daco Messinese , il Vice Sindaco Siciliano , il Comandante della Ca-pitaneria di Porto, Pietro Carosia, i Consiglieri comunali Cirignotta e Scerra, il Presidente del Comi-tato Porto Massimo Livoti, Asca-nio Carpino, Antonio Adragna e Salvatore Roveccio che hanno presentato le richieste al Rup Ing. Munafo, all’ing. Foti, per la prote-zione civile, ai rappresentanti della Prefettura di Caltanissetta, all’As-sessore Regionale Infrastrutture Pizzo. Tutti d’accordo sull’utilizzo delle compensazioni Eni inserite nel protocollo d’intesa, per 2 mi-lioni di euro, come anche delibe-rato dal consiglio comunale nella seduta del 22 settembre. Con ri-ferimento al nuovo porto, il tavolo ha impegnato l’assessore Pizzo ad accelerare l’iter autorizzativo pres-so i Ministeri di competenza per

redigere il progetto definitivo da inserire nel programma di finan-ziamento comunitario 2014-2020. Per il problema dell’insabbiamen-to, la commissione ha incaricato l’Ing. Foti di indire una riunione presso la Protezione civile, con l’impegno di presentare il progetto già redatto dal genio civile di Cal-tanissetta, con la presenza dell’Eni.Per quanto concerne il finanzia-

mento del dragaggio, i deputati arancio e Federico, il sindaco ed il vicesindaco, i consiglieri Cirignot-ta e Scerra, insieme ai rappresen-tanti del comitato del Porto. L’am-ministrazione comunale, secondo l’atto di indirizzo del Consiglio Comunale, ha sottolineato di usa-re un’anticipazione degli oneri di compensazione che l’azienda deve al territorio per il dragaggio del porto rifugio, come da progetto del Genio Civile, funzionale per gli interventi futuri, dando ristoro im-mediato a tutti gli operatori. “In questo modo – ha commen-tato il sindaco di Gela – verreb-bero abbattuti burocrazia e costi di gestione e manutenzione or-dinaria del nuovo porto rifugio, con l’ottica di una politica che

guarda lontano per anticipare ad oggi la risoluzione di problemati-che future”. Il primo cittadino ha inoltre preteso certezze sui finan-ziamenti: “Auspichiamo che non vengano distratti i fondi Po-Fesr 2014/2020 destinati alla portualità gelese, pari a 67 milioni di euro, e chiederemo conto anche dei 30miliardi di vecchie lire erogati da Agip spa nel 2000 a favore della Regione Siciliana proprio per la

realizzazione del porto rifugio”. Soddisfatto dell’incontro si è detto il vice sindaco Simone Siciliano: “L’amministrazione ha espresso con chiarezza la propria posizione politico amministrativa – ha com-mentato l’assessore -, registrando l’aperturada parte della deputazio-ne regionale rappresentata in aula dagli onorevoli Arancio, Malafari-na e Federico”.

“Il porto approda”L’Ars lavora per due finanziamenti

il Fatto del Golfo

di Liliana Blanco

I due stanziamentiserviranno per ilprogetto del nuovo porto e per il dragaggio

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Ritratti di immagini tra pelli-cole e copertine, testimoni di momenti, spaccati di vita vis-

suti tra le periferie del mondo. Sono gli scatti di Camillo Campisi, foto-grafo nisseno autore di numerose foto che raccontano volti di donne, bambini, paesaggi. Persone che diventano foto ma anche copertine come quella del secondo volume de “Il Guanto di Rame, Ma-gisterium” edito da Mondadori con il viso di una giovane ragazza indiana che Camillo ha incontrato per caso a Milano oggi protagonista della verde copertina del libro fantasy di Holly Back e Cassandra Clare. Il giovane artista, 23 anni a fine no-vembre, conosce e riconosce bene il suo obiettivo che non è soltanto quello delle sue macchine fotografi-che ma è anche quello della sua vita: la fotografia.Una passione che nasce per caso, un regalo di cresima ricevuto dallo zio; una Canon 30 Digital Ixus che ha segnato l’inizio della sua carriera attraverso viaggi che hanno catturato storie di gente, bambini protagonisti di sorrisi festanti e colorati. La mac-china fotografica è diventata lo stru-mento che “genera immagini”, chiari scuri e scale cromatiche che segnano un percorso tutto in salita per Camil-lo.Un contatto e poi un incontro quello con il fotoreporter di Ascoli Piceno Gabriele Viviani ad accompagnare, infatti, la giovane promessa nissena della fotografia protagonista di tre viaggi in Turchia, India e Brasile, tre tappe quante gli scatti che sono di-ventati protagonisti di libri, concorsi, progetti.Camillo ha trascorso molto tempo con le persone del posto, ha osser-vato le loro abitudini e le ha trasfor-mate in fotografie con i loro effetti speciali ed imprevisti del caso come quelli che hanno caratterizzato il suo primo viaggio in Turchia nel settembre 2013 dove il giovane nisseno per la prima volta ed in occasione della sua prima espe-rienza fotografica all’estero si è imbattuto nei cosiddetti “re-sidui” di una manifestazione iniziata il 28 maggio dello stesso anno per difendere un parco dal trasformarsi in centro commerciale. Era piazza Taksim il centro delle manifestazioni dove fuoco e colpi d’arma, non hanno di certo intimorito in Camillo la voglia di documentare, immor-talare la realtà. Il ragazzo è riuscito, infatti, assieme al suo maestro Vivia-ni a fuggire via dalla manifestazione nascondendosi in una gelateria e poi scappando in direzione della prima metropolitana per raggiungere un posto sicuro dove tra le strette vie, i mercati e le botteghe degli artigiani

ha cominciato a riconoscere qualco-sa di familiare.Odore di legno e colla, un artigiano a lavoro ed è subito foto, la stessa che trova spazio tra le pagine di “una foto una storia” un libro con tanto di im-magine e descrizione dell’attimo in cui Camillo quasi in punta di piedi, entra nella bottega dell’artigiano e lo fotografa proprio mentre sta con-trollando che il suo lavoro stia proce-dendo alla perfezione. “Mi è sempre piaciuto l’odore del legno e della col-la. Incuriosito entrai in questo picco-lo garage e senza farmi notare scattai un paio di foto all’artigiano, che dopo un po’ si accorse della mia presenza e mi mostrò un giochino da lui realiz-

zato” commenta così Camillo Cam-pisi la foto del libro.“Non sono solo scatti ma emozioni, non esiste un momento perfetto per fare una foto - spiega Camillo - pos-so fare 200 scatti e di questi solo 10

forse possono raccon-tare l’emo-

zione che ho percepito quando ho de-ciso di impugnare la mia macchina fotografica, essa va interpretata negli istanti di vita dal momento in cui os-servi un paesaggio, una persona, un oggetto, al momento in cui decidi di farlo diventare una fotografia” dice Camillo riferendosi ai svariati sog-

getti e immagini che fanno da sfondo ai suoi scatti.Un sorriso poi diventa festa ma so-prattutto un concorso a cui il giovane nisseno prende parte. Sono i “colo-ratissimi” bambini indiani con i loro visi sorridenti la cui foto è stata una delle finaliste del: Siena International photography awards. “Happy Holi! Questo è quello che mi sussurrano le persone che incontro per strada – commenta sorridente Camillo men-tre racconta che in quel momento i suoi piedi erano immersi nel fango e nella spazzatura di Mahra, una città dell’India - un bambino sulla decina d’anni e dagli occhi neri mi spruzza del colore in volto, macchiando an-

che la mia macchina fotografica, mi sussurra “Happy Holi!”, mi abbraccia forte con un sorriso che ti mette in pace con il mondo. E’ una festa che si celebra in Inda, Pakistan, Nepal ed è l’inizio di marzo del 2015”. Ne parla così il fotografo nisseno del giorno che segna l’inizio della primavera, il trionfo del bene sul male dove gli

induisti ballano insieme oltre ogni diffe-renza sociale; ric-chi, poveri, giova-

ni, anziani ballano, ridono insieme.Un viaggio, un ri-

torno e poi ancora un altro viaggio alla volta del Brasile per

prendere parte al pro-getto fiorentino “Agata Esmeralda”. Un impe-

gno portato avanti dal professor Mauro Barsi accompagnato dall’amo-

re verso i bambini poveri del Card coronato grazie al

contributo di alcuni missionari inviati in Brasile dalla chiesa fio-

rentina e al gemellaggio avvenu-to nel 1991.

Tra le favela dei “senza terra” gli scatti del ventitreenne nisseno pren-dono forme diverse. Non è solo la gente comune a prendere parte del suo reportage per l’ambizioso pro-getto ma anche strumenti musicali, odori e sapori che diventano forme

colorate.L’incontro con l’amico Jean Costa creerà qualcosa di magico con quegli strumenti musicali colonna sonora di uno scatto tra la gente di Bairro una comunità di Salvator De Bahia. “Il desiderio di Jean – racconta Ca-millo - era quello di impugnare una chitarra, accarezzare le sue corde e magari accompagnare la sua musica a quella di una diamonica, un violino ed è così che le i bambi-ni del villaggio comin-ciarono a suonare e di-ventarono protagonisti di uno scatto, quello che ricorda la scena del film “City of God” di Fernan-do Mairelles”.Povertà, gioia, cultura, bam-bini, lavoro sono solo alcuni dei temi rappresentati da Ca-millo. Foto che raccontano una storia, che parlano di un popolo con la loro cultura e tra-dizione, lo stesso in cui Camillo rivede un po’ della sua Si-cilia. “Vedo la Strata ‘a Foglia nei mercati in-diani, turchi, l ’o s p i t a l i t à della gente mi ricorda quella dei siciliani, mi sento parte delle culture e dei mondi con cui en-

tro in contatto pur senza fondermi completamente in essi, i miei repor-tage hanno sempre uno scopo, rap-presentare quella realtà con i miei occhi, così come mi si presenta pur consapevole di vivere in quella città, in quel paese da turista e non da cit-tadino”. Commenta così Cammillo i suoi lavori, le sue emozioni che

osserva e scruta con “occhi da visitatore” conscio del fatto che dovrà tornare a casa a

raccontare per immagi-ni e colori la sua storia

dedicandola non solo ai suoi soggetti ma a tutti coloro che atten-dono con ansia il suo ritorno.

Camillo Campisi un fotografo tra le periferie del mondo

Il giovane artista nisseno ha scoperto la sua passione per caso: complice un regalo di cresima ricevuto dallo zio. La macchina fotografica è diventata la sua compagna prediletta

Scatti, viaggi e spaccati di vita

Fatti & Foto

Il Guanto di Rame, Magisterium. Edito da Mondadori

di Fabiola Palmigiano

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Fatti & Teatrowww.ilfattonisseno.it30 Ottobre

Il teatro come momento di rifles-sione, specchio delle dinamiche sociali, delle differenti culture e lin-

guaggi; il teatro come strumento di co-municazione, lettura ed interpretazione della costruzione e della visione della realtà. Partendo da questo presupposto la Compagnia OfficinaTeatro, nata nel 2011 a San Cataldo come laboratorio, ha indagato e sperimentato le potenzia-lità del linguaggio e delle lingue parten-do da un interrogativo: “Esiste una lin-gua che possa comunicare agli uomini di tutte le lingue?”. Un interrogativo che sembra aver trovato risposta positiva in tal senso. “La lingua come musicalità, il costrutto delle immagini, la musica, le luci, il rimando simbolico alle maschere

e alle macchine teatrali – afferma Mi-chele Celeste, direttore della compagnia OfficinaTeatro - linguaggi apparente-mente differenti tra loro messi a con-fronto e adattati che assurgono ad un altro linguaggio universale, comprensi-bile da tutti”. “Con il teatro noi voglia-mo –aggiunge – trasmettere sensazioni, emozioni affrontando temi attuali. Le morti in mare, la gelosia, la guerra, la fame, la carestia, l’immigrazione sono i temi ricorrenti delle nostre opere tea-trali, temi che accomunano tutti i popoli del mondo e per i quali abbiamo trovato una chiave di lettura comprensibile che vada a parlare con il cuore agli spettatori al di là della lingua”. “Noi confezioniamo uno spettacolo con un nostro obiettivo e intento, ma lo spettacolo che confe-zioniamo come compagnia – prosegue - a sua volta viene fruito dagli spettatori. Ogni singolo spettatore ha una sua sto-ria e una differente sensibilità dunque vive quello spettacolo secondo i propri

occhi con i quali guarda il mondo”. Un teatro sperimentale quello della compagnia OfficinaTeatro, una compa-gnia dalla fisionomia interculturale co-stituita da giovani attori e professionisti con un esperienza ultra ventennale che sinora sembra aver vinto la sua scom-messa e ottenuto i giusti riconoscimenti per un lavoro portato avanti con tanta passione e impegno.“Hotello full immersion”, prima opera della compagnia, ha di recente vinto il primo premio per la categoria video-teatro del Grand Prix del teatro - con-corso nazionale per professionisti. Un prestigioso riconoscimento per Offi-cinaTeatro, unica compagnia teatrale regionale presente al concorso, conse-

gnato a Roma lo scorso 28 settembre nello storico salone Margherita. Uno spettacolo premiato con la “maschera d’argento” selezionato dalla commis-sione organizzatrice del concorso l’as-sociazione Naschiria, in collaborazione con la B.I. production ed eletto vincitore dal patron Virigina Barret e della giuria tecnica composta da giurati di chiara fama nazionale: Mariano Rigillo, Tul-lio Solenghi, Vince Tempera, Mariano Anagni, Daniele Giakketta ed Enrico

Bernard.Una rilettura in chiave moderna dell’O-thello di Shakespeare attraverso la let-teratura, la musica e le arti figurative e performative della contemporaneità, frutto delle esperienze vissute dall’au-tore e regista Michele Celeste che dopo essere transitato nel piccolo schermo nello spettacolo “Cultura moderna” e in fiction di successo come “I Cesaroni 3”, “Distretto di Polizia 9” e “Ris Roma” ha deciso di tornare alle origini occupan-dosi della ricerca teatrale. Complici gli studi al corso Dams – indirizzo teatro dell’Università Kore di Enna, del corso di Letterature comparate, i fatti di crona-ca con le prime morti dei migranti do-vute agli sbarchi e dell’omicidio di due

senegalesi al mercato di Firenze Michele Celeste decide di rileggere con gli occhi della modernità Othello, comparan-do e contaminando il testo con autori contemporanei quali Ionesco , Artaud, Pasolini e gli autori della tragedia greca, in particolare Sofocle. “Hotello full im-mersion” è il teatro dei colori del mon-do, l’incontro di culture e razze diverse, del continuo incrocio di lingue (italiano, arabo, inglese, tedesco, senegalese…), della ricerca dell’armonia universale.

Differenza nelle lingue che si ritrova anche nello spettacolo “My name is …877”, un dramma teatrale sull’im-migrazione che racconta in urdu, in-glese e italiano storie d’amore, guerre, regimi dittatoriali e fughe dalla propria terra di tanti giovani etichettati extra-comunitari, privati di tutto, persino del loro nome e identificati con il numero assegnato all’arrivo nei centri di prima accoglienza. “Una rappresentazione te-atrale – afferma Michele Celeste - che nasce da un mia crisi artistica e spiritua-le, superata grazie al laboratorio teatrale che assieme agli altri componenti della compagnia abbiamo portato avanti all’Ipab di San Cataldo con una venti-na di ragazzi pakistani e africani ospiti del centro. Lì si è sperimentato come il linguaggio dell’arte possa superare qual-siasi barriera. Inizialmente il titolo ori-ginale era “My name is ..133”, ma a se-guito dell’incontro con il poeta e pittore afghano Arian Sadiq autore di ‘Ultima speranza’,brano inserito nel dramma, il titolo definitivo ha preso spunto dal suo contrassegno: 877”.Due clown Linus (bianco) e Bangiù (nero), una valigetta e la radio aprono lo spettacolo. Ed è proprio la radio lo stru-mento di comunicazione che ha unito il popolo italiano durante la guerra dif-fondendo i notiziari e i discorsi di Mus-

solini e Hitler che funestano la festa di Linus e Bangiù. Secondo l’autore infatti il sogno fascista dell’imperialismo della prima metà de 900 tra le conseguenze ha causato il fenomeno dell’immigra-zione, fomentato il razzismo e legittima-to lo sfruttamento dei popoli più deboli.Uno spettacolo, ove oltre ai rimandi al mondo classico e pittorici, l’autore ha sfruttato le immagini tratte dal mondo del cinema e del web in modo da ricer-care una scrittura che potesse racchiu-

dere diversi linguaggi.Una ricerca e una sperimentazione nel mondo della comunicazione apprezzata da Sofia Scardura, regista e dramma-turgo, fondatrice e coordinatrice della Libera Università del Cinema di Roma che su Michele Celeste ha scritto. “Bra-vo soprattutto perché affronti con ugual misura il classico e il moderno. Ti devo confessare che il tuo spettacolo mi ha fatto ricredere sull’unione del mezzo teatrale con quello cinematografico, in-fatti ho sempre pensato che hanno due magie diverse e che mal si accoppiano e invece tu li hai usati insieme senza per-dere magia, anzi spesso acquistandola”.Anche nell’opera “Moon Light –omag-gio a Federico Fellini” ritroviamo la figura dei clown: il Bianco e l’Augusto, il primo rappresenta l’intelligenza, l’ar-monia, l’eleganza, l’ordine; il secondo la rivolta contro il rigore.Una fiaba teatrale ambientata nel mon-do del circo, dove gli artisti sono il chiarore della luna così come si legge su un cartello mostrato dal matto Mr. Karciofen, scritto in tre differenti lingue - italiano, inglese e urdu - per chiude-re la performance. La stessa luna che illumina con il suo chiarore il percorso dell’umanità. Un inno alla pace in nome dell’arte interpretato dagli attori italiani, pakistani ed africani della Compagnia OfficinaTeatro.La compagnia - attualmente compo-sta oltre che dal regista e attore Michele Celeste, dall’attore Lino Pantano, dalle attrici Emanuela Pantano, Anita Donisi, Daniela Garofalo, Valeria Celeste, dagli attori Lino Pantano, Abdul Man Bhat-ti, Banjougou Sackone, Cheema Imi-tiaz Ali, dallo scenografo Marco Tullio Mangione, dal pittore scenografo Arian Sadiq, dal responsabile delle riprese e video editing Rosolino Prinzivalli, dal light desiner e direttore di fotografia Alessandro Caiuli e dal fonico e datore luci Giovanni Flores - al momento è impegnata nel cast del docufilm “A me resta la speranza” di Virginia Barrett.Uno spettacolo all’insegna della soli-darietà che racconta le vicissitudini del viaggio di una donna africana imbarca-tasi su una carretta del mare sulle coste libiche alla volta di Lampedusa con la speranza di cambiare la propria vita e assicurare un futuro migliore a se stessa e ai propri figli. Una storia che rievoca il tragico sbarco avvenuto a Sampieri, in provincia di Ragusa, nel 2013 quando 13 immigrati sono annegati tentando di raggiungere la riva a nuoto dal barcone, che si era arenato, davanti gli occhi in-creduli di turisti e bagnanti. Attori pro-tagonisti Michele Celeste nel ruolo del pescatore e Marcia Sedoc nel ruolo della scampata naufraga. Docufilm che sarà girato a fine ottobre a Sampieri e che dovrebbe essere presentato a novembre al Festival del Mare a Genova e poi par-teciperà al festival di Berlino.

La lingua universaleA San Cataldo un laboratorio sperimentale

La Compagnia Officina Teatro, nata nel 2011, indaga e sperimenta le potenzialità del linguaggio. Costituita da giovani attori e professionisti, ha una fisionomia interculturale“

di Annalisa Giunta

Vinto il primo premio del Grand Prix Roma con l’opera “Hotello full immersion”

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La devozione del Cristo Nero ritrovato secondo la leggenda da due caprai all’interno di

una grotta su un altare parato e con due candelabri alle spalle, un croci-fisso del quattrocento con un picco-lo Cristo di colore nero affilato dalla fame e dalla sofferenza venerato per secoli dai nisseni. Un culto povero ma potentissimo, sostenuto dai più poveri, i “fogliamari” costretti per sopravvivere alla ricerca di verdure e funghi nelle campagne, professato in segreto per anni e ufficializzato con l’arrivo dei frati cappuccini a Caltanissetta quello che sarà rivissu-to nello spettacolo “La leggenda del Cristo Nero” scritto e diretto da An-tonello Capodici e portato in scena dalla Compagnia dell’Accademia dei Guitti. Uno spettacolo teatrale basato sulla ricostruzione storica del libro “Universitas Caltanixette” della professoressa Rosanna Zaffuto Rovello che riporta alla luce, grazie ad un approfondito studio e tradu-zione degli atti conservati all’Archi-vio di Stato di Caltanissetta, i tu-multuosi passaggi storici che hanno dato vita alla città. A calcare il palco nei panni dei ruo-li epici della storia e della leggenda Giorgio Villa, Alessandro Falci e Michele Privitera.

Ad affiancare lo spettacolo un labo-ratorio teatrale tenuto da Giorgio Villa e Antonello Capodici rivolto ai ragazzi dai 14 anni in su che si terrà due volte a settimane (3 ore ad incontro) per quattro mesi e che servirà a formare e a preparare futu-ri attori che calcheranno con i pro-tagonisti il palco de “La leggenda del Cristo Nero”.“Uno spettacolo teatrale – afferma Michele Privitera, uno dei soci fon-datori, attore e responsabile dell’Ac-cademia dei Guitti - che debutterà i primi di marzo al teatro Rosso di San Secondo alla riscoperta dell’identità nissena da tramandare alle giovani generazioni e per il quale speriamo che le istituzioni, una volta tanto, ci diano una mano a realizzarlo. Sino ad oggi infatti non siamo riusciti ad entrare nelle grazie di nessuna Amministrazione Comunale né ad

istaurare inspiegabilmente nessun tipo di rapporto”.Una dura presa di posizione quella di Michele Privitera nei confronti di una città che non dà il giusto ri-conoscimento ai suoi figli e al loro talento.“Fare spettacolo e incentivare la cul-tura - aggiunge Privitera - a Cal-tanissetta è difficile perché manca il sostegno delle autorità preposte. Nonostante il successo riscosso con i nostri spettacoli in delle rassegne teatrali alle quali siamo chiamati annualmente e che vedono la nostra compagnia in giro per la Sicilia, sia-mo abbandonati dalla nostra città alla quale continuiamo a proporci per essere messi costantemente da parte e quando veniamo chiamati vengono trovati degli escamotage da parte dell’Amministrazione per non pagarci”. “Vorremo – prosegue – essere apprezzati e ricevere atten-zioni anche dalla città e dalla no-

stra Amministrazione. Siamo così sfiduciati che non andiamo neanche più a bussare alle porte del Comune per chiedere il Teatro Margherita: i tempi, infatti, sono così farraginosi che quando ormai arriva la risposta i giochi sono già fatti. Ci stupiamo tra l’altro, così come sostengono alcuni consiglieri comunali, come non esista nessun documento che attesti la cessione o la possibilità di usufruire del teatro a capo di altre compagnie. Ufficialmente il teatro Margherita al momento non è affi-dato a nessuno né nessuna carta che attesti la possibilità di fare spettacoli all’interno”.Tra gli spettacoli di successo del-la compagnia dell’Accademia dei Guitti - nata nel 2008 dalla scis-sione di alcuni attori capeggiati da Giorgio Villa dal “Teatro Stabile nisseno” - che hanno riscosso no-

tevole successo: “L’avaro di Molie-re”, prima rappresentazione teatrale della compagnia; “Volare”; “Don Chisciotte e Sancio Panza”; “Finchè suocera non ci separi”; “La cucina del libero inganno”, “Il triangolo… no!” quest’ultimo gettonatissimo: 40 date in soli 3 mesi. Una compagnia cresciuta negli anni che ha ottenuto numerosi ricono-scimenti per le sue rappresentazio-ni teatrali. L’Accademia dei Guitti è infatti la prima compagnia siciliana ad avere vinto per due volte il primo premio “Angelo Musco” di Milo, la prima volta nel 2013 con “Finchè suocera non ci separi” e la seconda nel 2014 con “La cucina del libero inganno”. Apprezzata dai nisseni la rassegna estiva “Un mercoledì da Guitti” all’Arena della chiesa San Paolo con gli spettacoli “la cucina del libero inganno “, “Il triangolo no” e “One man show”.

“Quest’anno – dichiara Michele Pri-vitera – ci sarebbe piaciuto organiz-zare una rassegna invernale sinora mai realizzata per tante difficoltà so-prattutto dal punto di vista logistico, non abbiamo mai avuto la possibili-tà di poter usufruire delle strutture comunali senza svenarci economi-camente. Dunque piuttosto che af-fittare delle sale come ad esempio quelle parrocchiali abbiamo deciso anche per quest’anno di accantonare questo nostro desiderio. Il rischio è troppo alto per un’associazione che si occupa di cultura a livello ama-toriale e senza nessuno scopo di lucro”. Durante i mesi invernali, dunque, l’Accademia dei Guitti sarà im-pegnata nella preparazione dello spettacolo “La Leggenda del Cri-sto Nero” e della prima fiaba della compagnia “Giufà… re di Sicilia!” , anch’esso scritto e diretto da Anto-nello Capodici che vedrà come pro-tagonista Vincenzo Volo spalla sto-rica di Enrico Guarneri. Spettacolo che debutterà il 9 dicembre a Cal-tanissetta e che coinvolgerà nei ma-tinèe le scuole della città. Proseguirà nei prossimi mesi anche la tournèe “Il triangolo …no!” scritto Massimo Pantano, interpretato e diretto da Michele Privitera, Alessandra Falci e Sandro Rossino, coprodotto dalla compagnia giovane dell’Accademia

dei Guitti e dalla Nuova Compagnia Teatrale “Il canovaccio di Leonfor-te” con la quale si sta pensando, vi-sto i consensi ottenuti, di riproporre un altro spettacolo a tre questa volta scritto e diretto da Antonello Capo-dici. “Il nostro successo – conclude Mi-chele Privitera – è il pubblico che ci ha sempre ripagato con tanto affetto e partecipando numeroso ai nostri spettacoli, ciò ci spinge ad andare avanti seppur con sacrifici e a scommettere sul nostro prossimo spettacolo che mira a far conosce-re e valorizzare la Settimana Santa

nissena, se l’amministrazione co-munale ritiene di aiutarci in questo intento siamo aperti al dialogo e a ricevere una mano d’aiuto”.

“Quest’anno niente rassegna invernale.L’utilizzo di strutture comunali ci svena economicamente”

Michele Privitera, uno dei fonda-tori dell’Accademia dei Guitti. A destra in scena con Giorgio Villa

Il teatro de

L’Accademia prepara la leggenda del Cristo Nero“I Guitti”

AVVISI LEGALI

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Procedura Esecutiva Immobiliare N. 10/2012 R.G.

Il professionista delegato dottore Giuseppe Giulio Catalano avvisa che il giorno 07 dicembre 2015, alle ore 16:00, presso il proprio studio sito a Mussomeli in via Garibaldi n.24, si procederà alla vendita senza incanto dei seguenti beni immobili:LOTTO UNO: piena proprietà, unità abitativa sita in Caltanissetta alla via Ca-lamita nn. 1-5, piano terra e primo, distinta in catasto “N.C.E.U.” del comune di Caltanissetta al Fg. 302 particelle graffate nn. 415 sub 5, 417 sub 5 e 418 sub 7, vani 5,5, categoria A/4 ( abitazione di tipo popolare).Prezzo base ridotto di un quarto rispetto a quello precedentemente fissato di €23.400,00 (ventitremilaquattrocen-to/00), aumenti minimi di €1.000,00. L’offerta di acquisto in bollo dovrà essere depositata in busta chiusa presso lo studio del professionista delegato alla vendita esclusivamente il giorno 05 Dicembre del 2015 dalle ore 16:00 alle ore 18:00. Cau-zione non inferiore a un decimo del prezzo offerto mediante assegno circolare non trasferibile intestato a” Dott. Giuseppe Giulio Catalano n.q. Procedura esecutiva n.10/2012 R.G”. Versamento residuo entro sessanta giorni dall’aggiudicazione. La deliberazione sull’ammissibilità delle offerte avverrà a discrezione del professioni-sta delegato. Il giorno 07 dicembre 2015, presso il suo studio, dinanzi al sottoscritto professionista delegato e alla presenza degli offerenti si procederà all’apertura delle buste e all’esame delle offerte e all’eventuale aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà il giorno 14 dicembre 2015, alle ore 16:00, dinanzi al sottoscritto professionista delegato presso il medesimo studio. L’offerta, in forma d’istanza di partecipazione, dovrà essere depositata, in bollo, presso lo studio del professionista delegato sito in Mussomeli (CL) alla via Garibaldi n. 24 esclusivamente tra le ore 16:00 alle ore 18:00 del giorno 12 Dicembre 2015. All’atto della presentazione della domanda di ammissione dovranno essere pre-sentati, a titolo di cauzione, a due distinti assegni non trasferibili “NT” all’ordine del professionista delegato di importo complessivo pari al 10% del prezzo base; prezzo base € 23.400,00 , la misura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte è stabilito nella misura di € 1.000,00 (mille/00);versamento saldo prezzo entro ses-santa giorni dall’incanto. L’avviso di vendita integrale , l’ordinanza di vendita e la relazione di stima dell’e-sperto ( con i relativi allegati) sarà consultabile sul sito internet “www. astegiudi-ziarie.it “ .Per ogni informazione e/o per concordare un appuntamento per la visita all’im-mobile fare riferimento al professionista delegato/custode ( cellulare 338.5231686).

Caltanissetta, 12 ottobre 2015 Dott. Giuseppe Giulio Catalano

Page 32: il Fatto Nisseno - ottobre 2015

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