Incontriamoci 2014

Come si costruisce un progetto di vita tra aspettative e realtà , miti e quotidianità nel segno della collaborazione tra scuola e famiglia

I.C. Varese 4 Anna Frank 9 16 22 30 maggio 2014 ore 20.45

Gestione e superamento della frustrazione attraverso la collaborazione tra scuola e famiglia

Tra i mestieri più belli e delicati del mondo ci sono quello dell'insegnante e quello del genitore, entrambi proiettati verso il fine comune di educare e aiutare il bambino a crescere e ad essere l'uomo del domani. Educare i bambini non è un'impresa facile e farlo in un'epoca come quella in cui stiamo vivendo, nella quale “c'è molto rumore e pochi punti fermi”, diventa ancora più complicato.

Come genitori e insegnanti si può osservare che i bambini di oggi non sono più quelli di una volta:fantasiosi, spensierati, semplici e sorridenti e ciò si evince dai loro ragionamenti e dai loro giochi. Parlano di incidenti, di zombie che resuscitano con spade in mano, di sangue. I loro giochi sono quasi sempre violenti: usano le costruzioni per costruire spade o pistole con cui combattere, simulando le lotte che vedono nei cartoni animati. Sono abili utilizzatori delle nuove tecnologie, parlano e scrivono un linguaggio che non è loro

Complici di ciò i programmi televisivi, la pubblicità e i cartoni animati stessi, che non contribuiscono certamente a mantenere quella purezza che dovrebbe essere tipica della loro età. E poi c'è internet che, per quanto possa essere considerato un'opportunità per allargare le proprie conoscenze, rischia di proiettare bambini ed adolescenti in un mondo virtuale, troppo lontano dalla realtà.

Ci si trova, insomma, di fronte a bambini stressati, figli di genitori che spesso proiettano su di loro le proprie illusioni e le proprie aspettative di vita...

perchè il loro figlio deve essere “speciale”.

Il bambino di oggi, inoltre, tende spesso ad essere “dimenticato” come persona. E' circondato da adulti impegnati, che vanno di corsa e che quasi sempre vogliono agire al suo posto, imponendogli dei modelli e delle regole secondo le mode del momento. Egli viene così deresponsabilizzato, deve limitarsi ad obbedire perchè ci sono i grandi a pensare al posto suo.

Gli viene ridotta la possibilità di “sperimentare” Egli dovrebbe avere la possibilità di toccare le cose che lo circondano, di giocare nelle vie o nelle piazze e non in una palestra o in una ludoteca, di provare a mettersi alla prova nella realtà, con tutti le sue potenzialità e i suoi limiti

Gli viene negata la possibilità di “sbagliare”, il che lo rende anche meno creativo rispetto ai bambini di una volta. Non sbagliando, il bambino non accresce la sua autonomia personale e la stima di sé.

Maria Montessori: ”Un'azione pedagogica efficace sui teneri bambini deve essere quella di aiutarli ad avanzare sulle vie dell'indipendenza... Aiutarli ad imparare a camminare senza aiuto, a correre, a saltare e a scendere le scale, a rialzare oggetti caduti, a parlare per esprimere chiaramente i loro bisogni, a cercare con tentativi di giungere al soddisfacimento dei loro desideri: ecco l'educazione all'indipendenza”.

La scuola e la famiglia, dunque, tra le quali è fondamentale una forte sinergia, dovrebbero aiutare il bambino a “fare da solo”, senza sostituirsi a lui, ma permettendogli di “imparare...sbagliando”.

Imparare anche ...sbagliando

Questo esercizio vuole delle guide certe entro cui muoversi: L’identificazione chiara dei ruoli e delle regole che stabilisce spazi operativi sicuri L’uso coerente e adeguato della gratificazione e del rimprovero

La capacità di non perseguire esclusivamente una ricerca del consenso che riduca la conflittualità Il sostegno efficace davanti alla frustrazione non eludendo l’ insuccesso ma senza mortificare o sminuire il bambino e le sue reali capacità

La scuola ha come suo fondamentale compito quello di promuovere la piena formazione della personalità degli alunni, secondo il preciso dettato costituzionale del <<pieno sviluppo della persona umana>>. <<È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>(art. 3 Cost.). Suo compito è garantire il successo formativo a tutti gli alunni <<L'autonomia delle istituzioni scolastiche… si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione… al fine di garantire loro il successo formativo…>> (Regolamento dell’autonomia scolastica, Art.1.2).

Come?

A tutti gli alunni deve essere garantito il successo formativo, inteso come piena formazione della persona umana, nel rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali.

•Offerta di contenuti •Elaborazione di competenze •Attuazione autonoma di compiti assegnati •Elaborazione di progetti originali •Valutazione

Ci soffermeremo su due aspetti spesso fonte di confronto tra insegnanti e genitori Attuazione autonome dei compiti assegnati Valutazione

Attuazione autonoma di compiti assegnati

il 45% degli studenti ha copiato i compiti assegnati per le vacanze natalizie e 3 su 4 giudicano eccessivo il carico di lavoro: i genitori si lamentano di quanto devono studiare e lavorare a casa i loro figli, dei troppi compiti assegnati dagli insegnanti. Accipicchia, viene da pensare, i ragazzi si rovineranno forse la salute o semplicemente stanno lavorando per costruirsi un futuro?

Certo forse per i genitori sarebbe più comodo che maestre e professori si limitassero a lavorare a scuola lasciando poi bambini e ragazzi liberi di fare ciò che vogliono a casa o nel fine settimana. I genitori sarebbero esenti da responsabilità, da obblighi di collaborazione. Già, perché probabilmente se lo studente a casa il compito non lo sa fare qualche lacuna ce l'ha e qualcosa su cui lavorare c'è.

Se invece tutto fila liscio buon per lui e per mamma e papà; evidentemente l'obiettivo è raggiunto. Ma questa sinergia, questo lavorare insieme scuola e famiglia non a tutti piace. Non tutti sono disposti a mettersi in gioco e a pagarne le conseguenze sono poi gli studenti

Funzione dei compiti assegnati

Compiti >> > rielaborazione >>>

capacità di organizzarsi >>> capacità di imparare metodi di studio

>>>>>>> acquisire conoscenze e competenze

= futuro

La valutazione

Se la scuola deve garantire la piena formazione, essa deve utilizzare la valutazione per individuare le strategie che consentano all’alunno di apprendere e di formarsi: si valuta per educare. La valutazione nella scuola non può essere disgiunta dalla progettazione, dalla messa in atto dei processi di insegnamento e apprendimento, dalla ricerca continua che i docenti compiono su di essi, sugli alunni, sull'intera Istituzione Scolastica, attraverso pratiche costanti di osservazione, raccolta dati, confronto e riprogettazione che sono la forza per una autentica "crescita di qualità" del sistema scolastico.

Perché si valuta

La scuola mira ad educare e ad istruire, occorre quindi trovare degli strumenti adatti a misurare l'efficacia dell'educazione e dell'istruzione. Nella scuola si valuta per: - conoscere e comprendere i livelli raggiunti da ciascun alunno per poter identificare i processi da promuovere, sostenere e rafforzare al fine di favorirne lo sviluppo e la maturazione; - ricavare elementi di riflessione sul contesto e l'azione educativa, in una prospettiva di continua regolazione dell'attività didattica tenendo presenti i modi di essere, i ritmi di sviluppo e gli stili di apprendimento dei bambini.

Quando valutare

- All'inizio dell'anno scolastico per conoscere la situazione di partenza, - durante l'anno scolastico nell'ambito dei percorsi didattici proposti, - al termine dell'anno scolastico per una verifica degli esiti formativi raggiunti dagli alunni e della qualità dell'attività educativa, - a conclusione dell'esperienza scolastica di ogni ordine di scuola in un'ottica di continuità.

Chi si valuta La valutazione investe i due soggetti principali della scuola: chi insegna e chi apprende. Ci sono due aspetti distinti, ma complementari, della valutazione: -uno che riguarda la scuola e gli insegnanti come organizzatori e programmatori di un insegnamento che deve essere efficace e chiaramente finalizzato;

-l'altro che riguarda gli alunni come attori e sviluppatori di un apprendimento motivato ed efficace

Come valutare

Raccogliendo elementi sulla base di specifici indicatori, attraverso molteplici strumenti: - osservazioni sistematiche, - colloqui e conversazioni, - racconti nei "diari di bordo", - analisi di elaborati prodotti dagli alunni, - prove e test standardizzati documentazione e confronto con il team docente sugli elementi raccolti.

Quali aspetti valutare

Per quanto si riferisce ai processi di sviluppo degli allievi gli aspetti da valutare interessano: - le conoscenze che essi hanno acquisito e costruito, - le abilità e le capacità che hanno sviluppato, - i progressi raggiunti in relazione alle competenze che hanno raggiunto , - gli atteggiamenti ed i valori che hanno assunto.

Quando la valutazione è ricerca…

Mai come in questo momento il discorso sulla qualità

dell’apprendimento dovrebbe andare di pari passo con una

elaborazione condotta all’interno delle scuole su come

costruire nuove e più ampie iniziative di valutazione del

sistema scolastico a partire da una riflessione degli obiettivi,

della metodologia e degli strumenti di valutazione in uso.

Ciò significa aprire uno spazio di discussione all’interno della

scuola sulle modalità di valutazione, attenti ai processi e non

solo ai prodotti. Il confronto e l’elaborazione interna devono

assumere la modalità di una vero e proprio percorso di

ricerca, funzionale a sostenere l’insegnante in un lavoro con

gli alunni finalizzato alla costruzione più che alla trasmissione

di conoscenze

Il processo di valutare, è infatti strettamente legato al tipo di

lavoro che si imposta in classe.

• Tuomin , Grohn e Engestrom definiscono tale situazione come una «boundary zone» ( zona di confine) tra il territorio della scuola e quello della famiglia.

• Momento di contatto «interculturale» in cui gli «attori» genitori e gli «attori» insegnanti diventano oggetto di un confronto sociale, non prevedibile a priori poiché strettamente legato ai processi di attribuzione di senso che gli autori danno alla situazione dell’incontro .

• Contatto tra due «mondi» ciascuno con proprie regole e specifiche routine.

Consegna Dei Giudizi Scolastici

• Famiglia e scuola costituiscono due importanti

contesti di relazione all’interno dei quali si realizza lo

sviluppo sociale (Bronfenbrenner, 1979).

• E’ importante esplorare lo spazio sociale che emerge

dall’interazione famiglia-scuola ponendo attenzione

alle dinamiche di regolazione che hanno origine da

situazioni di incontro tra gli «attori» protagonisti dei

due sistemi.

• Si confrontano punti di vista diversi di adulti che

condividono o si contendono il diritto di dire la propria

sui processi educativi e sulla crescita del figlio/alunno.

• Il giudizio scolastico assume significati simbolici

aggiuntivi per gli attori coinvolti: il successo o

l’insuccesso del figlio può essere ad esempio percepito

come una valutazione delle loro competenze educative

o come forma di posizione sociale che riguarda allievo

e famiglia.

Gli incontri scuola- famiglia prevedono un

«copione» che nella sua struttura narrativa è

noto agli attori

• I genitori vanno a scuola per capire se il figlio è un

«buono» o «cattivo» studente.

• Gli insegnanti a loro volta comunicano i risultati del

percorso formativo dell’allievo.

Incontro/confronto tra due voci:

• Voce «ufficiale» dell’istituzione pubblica. E’ meno unitaria di quanto ci

si aspetterebbe in quanto gli insegnanti esibiscono una pluralità di

modelli educativi che intrecciandosi a elementi della biografia umana e

professionale e alle culture organizzative e specifiche dei vari contesti

educativi, determinano una molteplicità di concezioni educative.

• Voce della famiglia a volte accordante, altre volte dissonante rispetto

alla voce scolastica. E’ altrettanto polifonica e forse ancor più

complessa della scuola. La famiglia è un « mondo sociale» che svolge un

ruolo fondamentale nell’elaborazione di rappresentazioni dello sviluppo

e dei processi di apprendimento che costituiscono uno sfondo esplicativo

dell’esperienza scolastica e sociale dei figli in funzione delle vicende

caratterizzanti il ciclo di vita del nucleo familiare. Inoltre si deve tener

conto dell’ancoraggio della famiglia al sistema culturale che influenza in

modo determinante ciò che avviene al suo interno.

Principali modalità di interazione negli incontri

genitori-insegnanti:

• Modalità consensuali: alleanza.

• Adattamento passivo alla valutazione dell’allievo proposta dall’

insegnante : acquiescenza.

• Modalità conflittuale :opposizione.

Per comprendere quali sono le condizione in cui vi è una maggiore probabilità che

emergano i conflitti piuttosto che alleanza o acquiescenza è interessante valutare le

dinamiche in relazione ad alcuni elementi precursori tra cui la performance

scolastica dell’allievo e il livello socioeconomico.

E’ più probabile che si presenti nei casi in cui un ragazzo è percepito come «buon allievo». E’ presente negli incontri con famiglie di livello medio e soprattutto di livello alto probabilmente perché ad un livello socioeconomico più alto in genere corrisponde un’esperienza formativa più articolata che spiega una maggiore affinità di queste famiglie alla cultura scolastica. Non emerge mai negli incontri che coinvolgono famiglie di livello socioeconomico basso. -

Alleanza

Prevale nelle situazioni scolastiche problematiche. E’ frequente negli incontri con famiglie di livello socioeconomico basso o poco rappresentate nei livelli alti. E’ riconducibile ad una sorta di autopercezione dell’asimmetria sociale presente nella relazione.

Acquiescenza

Si presenta con frequenza moderata e soprattutto in situazioni scolastiche problematiche . In maniera simile all’alleanza la frequenza dell’opposizione cresce nei livelli socioeconomici più alti.

Opposizione

Conclusioni

• L’insuccesso o il successo scolastico divengono la posta in gioco che talvolta vede in antagonismo le rappresentazioni educative dei genitori e degli inseganti.

• Difficoltà della scuola (e parzialmente della famiglia) di far fronte ad un cambiamento sociale che sembra averla privata in parte di quella autorevolezza

.

• Gli incontri sono delle vere e proprie forme di negoziazione sociale in cui emerge la necessità di difendere la propria posizione.

• L’influenza dell’ancoraggio socioculturale del nucleo primario nelle modalità di interazione.

Il disagio scolastico

• Ragazzini che manifestano, con modalità diverse, problematiche relative alla loro esperienza scolastica e che si manifesta in particolare all’interno della vita scolastica sul piano relazionale, comportamentale e degli apprendimenti e non necessariamente riconducibile a specifiche cause di tipo psicopatologico, che spesso interessa anche

altri ambiti di vita del ragazzo.

Il disagio scolastico

Motivazioni e intrecci causali si rivelano spesso difficili da definire in maniera lineare, le variabili in gioco sono sempre molteplici, alcune legate alle caratteristiche e alla storia personale del ragazzo,

altre di natura interna all’istituzione scolastica

altre ancora di tipo socioculturale.

Il disagio scolastico • Dagli approfondimenti condotti emerge che è

nei momenti di passaggio che il disagio scolastico si manifesta in modo particolare con comportamenti e problematiche più evidenti , mentre nel corso di un ciclo di studi ha carattere maggiormente sommerso e i casi più palesi sono riconducibili a situazioni di disagio più radicato o comunque legato a fattori personali e/o di contesto particolari.

Il disagio scolastico è un fenomeno complesso legato sì alla scuola, come luogo di insorgenza e di mantenimento, ma anche a variabili personali e sociali, come le caratteristiche psicologiche e caratteriali da una parte e il contesto familiare e culturale dall’altra. Viene ad essere determinato dall'interazione di più fattori sia individuali che ambientali e si esprime in una grande varietà di situazioni problematiche che espongono lo studente al rischio di insuccesso e di disaffezione alla scuola. I problemi scolastici sono di tipo diverso e presentano diversi livelli di gravità, spesso non sono la conseguenza di una specifica causa, ma sono dovute al concorso di molti fattori che riguardano sia lo studente, sia il contesto in cui egli viene a trovarsi

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I sintomi del disagio in età prescolare

• Enuresi

• Vomito

• Inappetenza

• Pianto

• Aggressività

• Disturbi del sonno

• Fenomeni regressivi 0

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I sintomi del disagio 1° media

• Aggressività

• Apatia e disinteresse

• Cefalea-DAR

• Disturbi del sonno

• Isolamento

• Scadimento rendimento scolastico

• Dolore arti inferiori

• Inappetenza

• Fenomeni regressivi

• Incapacità di comunicare verbalmente

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La scuola scena del disagio

Il disagio del bambino spesso originato nel proprio ambiente familiare si manifesta a scuola con:

•Facile distraibilità, noia, melanconia

•Irritabilità, ipercinesia, aggressività

•Difficoltà a portare a termine i compiti assegnati

•Rifiuto scolastico fino alla fobia, all’abbandono e alla fuga

•Calo del rendimento scolastico e insuccesso

Quali genitori?

• Autorevole

• Autoritario o egoista

• Permissivo o in difetto

• Incoerente

Il genitore autorevole

•Ha fiducia in se stesso e dimostra che è in grado di condizionare l’ambiente,

•è affettuoso e sollecito,

•ha confidenza e un dialogo aperto con il figlio senza confusione di ruoli,

•spiega le sue scelte con un linguaggio consono all’età,

•motiva i limiti e i divieti, che vuole siano rispettati

Il genitore autoritario o egoista

•Dà ordini senza motivarli ed esige che vengano rispettati,

•ha difficoltà a dialogare con il figlio, non gli parla e non gli dedica il tempo sufficiente perché preso dai propri problemi, interessi o piacere,

•non vuole che i figli crescano,

•può essere aggressivo e violento,

•è in conflitto più o meno marcato con il coniuge riguardo alle linee educative fino a strumentalizzarlo e a porlo nella situazione di parteggiare per l’uno o per l’altro,

•può essere “incestuoso”, sia in senso proprio che lato: il terzo genitore delle famiglie separate e ricombinate con atteggiamenti equivoci nei confronti dei figli del coniuge per i quali non è consanguineo ma dal punto di vista psicoaffettivo è pur sempre genitore,

•ha molto investito in termini affettivi e psicologici sul figlio e di conseguenza proietta sul figlio le proprie aspettative, spesso gli obiettivi mancati della propria vita o le ambizioni di avanzamento sociale.

Il genitore permissivo o in difetto

•È iperprotettivo, spesso insicuro, lo è quando il bambino si ammala spesso, è stato adottato o molto atteso o è nato dopo un fratello morto, avendo avuto un’infanzia difficile cerca di non far soffrire il proprio figlio,

•si sente in colpa perché ha “tolto”qualcosa al figlio, se nato dopo una gravidanza indesiderata o è portatore di handicap o di una malattia cronica, o è il genitore unico dopo separazione o divorzio,

• è incapace, in genere vive solo, isolato dagli altri, talvolta ammalato, con lavoro precario demanda ad altri l’educazione del figlio, in questo caso è possibile che il figlio assuma il ruolo del genitore,

• è depresso, è uno dei principali fattori di rischio per favorire la depressione anche nel figlio, sia perché c’è un’imitazione dell’adulto negli atteggiamenti di evitamento e malinconia, ma anche perché il figlio si sente impotente non sapendo aiutare il genitore

Il genitore incoerente

•Oscilla tra atteggiamenti autoritari e permissivi senza un relazione coerente tra situazioni e comportamenti, non stabilisce regole semplici e certe creando confusione e insicurezza nel figlio,

•è libertario, avendo male interpretato certe moderne teorie educative basate sull’autocoscienza e l’autogestione dei figli, scarica su loro un fardello di responsabilità che non sono in grado di sostenere

Quale scuola?

•La scuola può accentuare i fattori di rischio

•quando stigmatizza l’insuccesso scolastico, e si ostina, di fronte ai primi risultati negativi, alla normale attività scolastica, con interrogazioni, compiti in classe, percepiti dal bambino come la riprova delle proprie incapacità,

di fronte al bambino che presenta una fobia scolare e perciò rifiuta di andare a scuola, si ostina adducendo spesso motivi burocratici affinchè torni a scuola per poterlo valutare, pena la non classificazione

Ma la scuola può fare bene

•perché è il luogo dove sono presenti i coetanei, importanti in ogni fase dell’età evolutiva dai tre anni, quando inizia il gioco collettivo, all’adolescenza, quando è importante l’identificazione con il gruppo dei pari, e dove sono presenti adulti significativi: gli insegnanti,

può divenire un luogo affettivamente caldo e forte, è il principale contesto sociale e ne rappresenta una continuità storica che lega le varie fasi dell’età evolutiva, per questo sono importanti tutte le iniziative che possono far identificare l’alunno con la propria scuola

•il ruolo della scuola è inversamente proporzionale all’efficacia della famiglia: se la famiglia funziona e il bambino ha il proprio benessere affettivo a scuola lo può integrare, ma qualora fosse carente il bambino potrà dire idealmente al proprio insegnante “non ho bisogno di te”

•Se la famiglia non funziona il bambino cerca altre stampelle psicologiche e se anche la scuola non gli fornisce un adeguato aiuto, dovrà cavarsela da solo sviluppando i sintomi propri della depressione

Cosa aiuta il bambino ad essere consapevole del proprio disagio e a

comunicarlo?

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L’intelligenza Emotiva

Nel 1995 Daniel Goleman, lo psicologo che ha divulgato

il concetto di Intelligenza Emotiva, la definisce come

“la capacità di motivare se stessi, di persistere nel

perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di

controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione,

di modulare i propri stati d’animo evitando che la

sofferenza ci impedisca di pensare, di essere

empatici e di sperare”.

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Per Goleman, l’IE è l’insieme di 5 componenti fondamentali:

1. Conoscenza delle proprie Emozioni

2. Controllo e regolazione delle proprie Emozioni

3. Capacità di sapersi motivare

4. Riconoscimento delle Emozioni altrui (empatia)

5. Gestione delle relazioni sociali fra individui e nel gruppo

Competenze personali

Competenze sociali

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Quindi l’intelligenza emotiva rinvia alla conoscenza di sé, •alla capacità degli individui di auto-motivarsi e di controllare i propri impulsi •differendone o reprimendone la soddisfazione. Altre caratteristiche dell’IE sono •l’empatia, •la speranza, •la capacità e di influenzare le emozioni di terzi e di esprimere le proprie, •la capacità di muoversi in maniera efficace nelle relazioni sociali di cui dispone un individuo.

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Sviluppo dell’Intelligenza emotiva

Come le altre forme di intelligenza anche quella emotiva si sviluppo con il tempo, facendo esperienza. Non è soltanto una questione di temperamento, ma anche di esercizio.

Da dopo i 3 anni il bambino è più abile nel collegare le idee ai sentimenti. Ci sono modi più efficaci di altri per favorire questi collegamenti, modi che coinvolgono il bambino e gli adulti di riferimento.

Se qualcosa fa paura al bambino, l’adulto dovrebbe nominare questa emozione e spiegare che capita a tutti di avere paura qualche volta; il bambino capirà che della paura (come della gelosia, dell’odio e della rabbia) si può parlare e, da quel momento in poi, sarà possibile insegnargli come tenerla bada.

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Crescendo impareranno che, se i sentimenti sono leciti in quanto autentici, alcuni comportamenti non lo sono. Impareranno cioè che, se non si può evitare di provare alcune emozioni in determinate situazioni, si può però decidere come comportarsi.

La capacità di riconoscere, nominare e parlare di

ciò che si prova fornisce un strumento per l’autocontrollo e rappresenta un fattore protettivo

per l’insorgenza di sintomi di disagio.

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La consapevolezza emotiva può svilupparsi di pari passo con quella fisica e cognitiva e può svolgere una funzione di supporto per entrambe. Accade anche a noi di non riuscire a pensare quando siamo emozionati: ai bambini succede la stessa cosa ancor più di frequente. Possiamo aiutarli a diventare consapevoli dei loro stati d’animo e a tranquillizzarsi.

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Ragionare su questo ed altri aspetti della vita di relazione consente di porre le basi di quel dialogo interiore che ognuno intrattiene con se stesso nei momenti critici e che aiuta ad esercitare l’autocontrollo e a difendersi da: • interpretazioni sbagliate (“Mi perseguita”) • pretese eccessive (“Le cose devono andare sempre come voglio io”) • generalizzazioni indebite (“Sono nato sfortunato”) • svalutazione (“Non valgo nulla”) • enfattizzazione (“Non posso sopportare che mi si critichi”)

Scuola E Famiglia:

• Perché collaborare

• Difficoltà nella collaborazione

• Come collaborare

Perche` Collaborare:

•La scuola è il primo e più importante contesto socio-culturale con il quale il bambino si confronta, dopo la sua famiglia.

•A scuola e in famiglia il bambino incontra e si relaziona con adulti che svolgono nei suoi confronti una funzione educativa genitori e insegnanti, anche se su fronti diversi, con modalità e approcci differenti, soprattutto per il tipo di rapporto che essi costruiscono col bambino, lavorano perseguendo lo stesso obiettivo e nella stessa direzione: lo sviluppo armonico del bambino e il suo benessere.

•È importante quindi che gli obiettivi educativi comuni siano accordati insieme, partendo dal presupposto che l’effetto degli interventi sul bambino sarà tanto più positivo, quanto più i messaggi che riceve sono coerenti e non in contraddizione.

Difficolta’ Nella Collaborazione:

•È naturale che i bambini si affezionino agli insegnanti a la tendenza ad idealizzarli, mostrando per loro la stessa ammirazione sconfinata che un tempo riservavano solo ai genitori, è un segnale positivo nello sviluppo infantile, anche se difficile da accettare per il genitore, che si sente contrapposto ai nuovi modelli.

•Per questo può, a volte, innescarsi una certa rivalità, più o meno consapevole, tra genitori e insegnanti, che rende difficoltoso un rapporto aperto alla collaborazione e sereno.

•Questa “discesa dal piedistallo” sul quale i figli, da piccoli, innalzano i genitori è, però, fisiologica e salutare: il genitore assume dimensioni più umane, evitando così di essere protagonisti di una vera e propria “caduta degli dei” nel corso dell’adolescenza, con effetti molto più traumatici e dolorosi, sia per il figli che per i genitori.

•Le difficoltà nel rapporto genitori-insegnanti emergono soprattutto quando il profitto scolastico del bambino delude le aspettative sia degli insegnanti che dei genitori.

•In questi casi può crearsi un rapporto di proiezioni reciproche, in cui ciascuno tende a scaricare le proprie frustrazioni sull’altro, palleggiandosi la responsabilità dell’insuccesso scolastico del bambino, all’interno di un vicolo cieco che non lo aiuta.

Come Collaborare:

Un’attenta opera di screening precoce (sia relativamente a dsa che a situazioni a rischio disagio) Prevenzione assume dunque una valenza fondamentale.

prevenzione

•prevenzione primaria, cioè un’azione a livello dell’ambiente e/o dell’individuo per impedire la comparsa di disagi/disturbi; •prevenzione secondaria, cioè un’azione mirata in risposta ad un precoce riconoscimento di disagi/disturbi; •prevenzione terziaria, cioè intervento specifico e specialistico a livello dei disturbi/disagi conclamati o comparsa di elementi complicanti.

fattori di rischio sui quali è necessario andare ad agire per attuare una efficace prevenzione del disagio ai vari livelli di intervento. si possono rilevare situazioni di disagio aspecifico che investe anche l’area scolastica e che è strettamente collegato alla condizione evolutiva adolescenziale, dunque del tutto “normale”, e situazioni di disadattamento scolastico, dove appunto è presente una oggettiva difficoltà nel conseguire un corretto equilibrio tra allievo e contesto scolastico, a livello relazionale o didattico. Abbiamo inoltre visto come il disagio si manifesti non solo nelle forme esplicite ed eclatanti di una particolare condotta problematica o trasgressiva ma anche nelle forme più sommerse e invisibili di sofferenza interiore, di assenze, di silenzi e scarso coinvolgimento.

Il primo passo di una prevenzione deve essere allora una attenta osservazione: saper riconoscere il disagio e saper riconoscere le situazioni a rischio di disagio. La continuità educativa è un altro aspetto a mio avviso fondamentale per un’ azione preventiva che voglia essere realmente efficace. Se riflettiamo sul momento del passaggio da un ciclo di sudi all’altro è evidente come comporti un certo grado di problematicità, in un momento particolare quale la preadolescenza un tale passaggio si configura come esperienza di ristrutturazione del proprio ruolo, delle proprie competenze e abilità.

La transizione fra cicli scolastici costituisce quindi una prova importante per il ragazzo, che può trarne rassicurazioni e buona autostima così come il contrario. La continuità educativa e scolastica ci permette inoltre di gestire in maniera coordinata e coerente eventuali situazioni di disagio emergenti. Altri momenti fondamentali per una efficace strategia preventiva sono poi lo sviluppo di un sistema di rete tra famiglia, scuola servizi e territorio per un coerente e integrato intervento rispetto alle problematiche giovanili generali e specifiche, e lo sviluppo di un servizio psicopedagogico presente nella scuola.