caccia passione ottobre 2014

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ANNO III nr.10 - Ottobre 2014 Estero: caccia in Bielorussia.Emozioni di un viaggio venatorio Cani da caccia: l’origine del cane da caccia e del loro rapporto con il cacciatore Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue Migratoria: beccacce si, ma dove? a caccia di cinghiali con la girata

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Caccia Passione - Rivista di caccia specializzata dove trovi tutto su armi da caccia, cani da caccia, news venatorie,fucili, munizioni, ottiche da caccia, viaggi venatori..

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Page 1: Caccia Passione ottobre 2014

caccia passioneANNO III nr.10 - Ottobre 2014

Estero:• cacciainBielorussia.Emozionidiunviaggiovenatorio

Canidacaccia:• l’originedelcanedacacciaedellororapportoconilcacciatore

Dedicatoachihalapassioneperlacaccianelsangue

Migratoria:• beccaccesi,madove?

a caccia di cinghiali con la girata

Page 2: Caccia Passione ottobre 2014

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Page 4: Caccia Passione ottobre 2014

sommarioAnno III Nr. 10

in copertinaa caccia di cinghiali con

La girata

Pg 6 News ed eventi venatori a cura della redazione

Pg 10 Stanziale: Starne, come e perché censirle.

Claudia Zedda

Pg 16 Migratoria: beccacce, si ma da dove? Kalaris

Pg 21 Ungulati: a caccia di cinghiali con la girata.

Kalaris

Pg 28 Caccia e cacciatorii: nel bosco è meglio! Claudia Zedda

Pg 32 Estero: caccia in Bielorussia. Emozioni di un viaggio venatorio.

Claudia Zedda

Si tratta di una caccia tecnica, che ri-chiede ottima conoscenza del territo-rio ma anche e soprattutto della natu-ra del cinghiale. Solo in questo modo è in grado di regalare soddisfazioni.

Caccia Passione 2

10 Stanziale: Starne, come e perché censirle

16 Migratoria: beccacce, si ma da dove?

21

21 Estero: caccia in Bielorussia. Emozioni di un viaggio venatorio

caccia passioneANNO III nr.10 - Ottobre 2014

Estero:• cacciainBielorussia.Emozionidiunviaggiovenatorio

Canidacaccia:• l’originedelcanedacacciaedellororapportoconilcacciatore

Dedicatoachihalapassioneperlacaccianelsangue

Migratoria:• beccaccesi,madove?

a caccia di cinghiali con la girata

Page 5: Caccia Passione ottobre 2014

Pg 38 Cani da caccia: l’origine del cane da caccia e del suo rapporto con il cacciatore.

Kalaris

Pg 45 Armi: licenza di caccia e revoca del porto d’armi.

Giovanni Di Giunta

Pg 48 Fucili da caccia: Chiappa Firearms, Tutto pronto per il LA322 a leva in calibro .22LR.

Emanuele Tabasso

Pg 50 Fucili da caccia: Replica M1 di Chiappa Firearms: dopo il .22LR arriva il 9 mm Luger

Emanuele Tabasso

Pg 52 Munizioni: Winchester svela la cartuccia Blind Side calibro 12/70.

Emanuele Tabasso

Pg 56 Ottiche: Ottiche di mira Konus: quali scegliere?

Rosalba Mancuso

Pg 61 Racconti venatori: io, Sebastian e l’addestramento su quaglia

Claudia Zedda

Pg 67 Veterinaria: Benessere del cane: integratori sì, integratori no

Kalaris

Caccia Passione 3

Sommario

38 Cani da caccia: l’origine del cane da caccia e del suo rap-porto con il cacciatore.

52 Munizioni: Winchester svela la cartuccia Blind Side cali-bro 12/70.

67 Veterinaria: Benessere del cane: integratori sì, integratori no

Ungulati: a caccia di cinghiali con la girata.

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Così possiamo sintetizzare il passo dei tordi a ottobre, finalmente è stato un anno

ricco di soddisfazioni, specialmente per i capannisti puri, che con i loro apposta-

menti posizionati nei punti strategici e con “tanta passione”, specialmente al nord

della nostra penisola, hanno potuto realizzare carnieri importanti. Anche a chi

preferisce dedicarsi a questa caccia negli uliveti o nei punti di passo con appo-

stamenti provvisori, il mese di ottobre ha regalato grandi soddisfazioni. Al Nord,

nelle zone montane lombardi, il passo è stato in due momenti separati, un primo

periodo ad inizio ottobre, dove sono stai raggiunti ottimi risultati per poi ripetersi

a metà mese dove in un paio di giornate il successo venatorio è stato addirittura

superiore. Al Centro e al Sud, naturalmente i periodi sono stai sfalsati di alcuni

Editoriale

giorni o settimane, sia per la diversa latitudine sia per alcune giornate veramente calde dove il vento di scirocco ha domi-

nato il meteo, bloccando ogni attività migratoria. Poi quando è tornato il vento da nord, in pochi giorni, veramente ricchi,

abbiamo osservato un forte passo di tordi, ma anche di colombacci, frosoni, fringuelli e merli. Dopo questa breve sintesi

del mese “migratorio” per eccellenza, ho dovuto generalizzare, sicuramente molti cacciatori avranno a obiettare, ma in

poche righe non si possono analizzare tutte le situazioni locali e particolari. Fatto sta che finalmente, in linea di massima,

le soddisfazioni hanno superato le delusioni, adesso vedremo quanti turdidi eleggeranno l’Italia a loro paese di sverna-

mento, quest’anno la scarsa qualità delle olive ha costretto molti agricoltori a non effettuarne la raccolta, lasciandone una

gran quantità a disposizione degli uccelli, sicuramente una situazione particolarmente gradita ai tordi e… ai cacciatori. Il

tordo unitamene al merlo, per molti seguaci di Diana rappresenta l principale obbiettivo per la stagione venatoria, si ratta

di selvaggina che non richiede particolari attrezzature o l’ausilio del cane, pertanto alla portata di chiunque, un posto dove

fare uno spollo o un rientro lo conoscono tutti. Per il primo, basterà posizionarsi alle prime luci dell’alba al margine di un

bosco, dove sappiamo i tordi amano riposarsi durante la notte, magari in prossimità di uliveti o altre risorse di cibo, cer-

cando un buon “affilo”, quale un fosso o un filare di piante, disporsi i direzione del bosco e aspettare che i piccoli pennuti

ne escano. Dovremo essere pronti a effettuare tiri veloci e spesso di stoccata, a bersagli per nulla facili a causa della grande

velocità e dell’imprevedibilità del volo. Al rientro la posizione è esattamente opposta, sarà necessario preparare un minimo

di appostamento, almeno una paratia, sarà sempre importante individuare delle piante o quei punti che i turdidi utilizzano

come riferimenti, il solito fosso generalmente rappresenta la soluzione migliore. Al rientro, generalmente, il tiro è più sem-

plice, avremo modo di vedere gli uccelli per tempo e prepararci al tiro, poi man mano che sopraggiunge la sera,la quota

del volo si abbasserà fino a diventare quasi rasoterra, ma questo, di solito, dopo che il legislatore ci avrà fatto scaricare il

fucile a causa dell’orario serale. I nostri amici turdidi sono insidiabili anche nelle ore diurne nei luoghi di alimentazione,

con zirli, chioccoli o più semplicemente alla scaccia, sono e rimangono una grande risorsa per i cacciatori di tutte le fasce

sociali. La stagione è cominciata nel migliore dei modi, questo anche a dimostrazione che la caccia è l’ultimo dei problemi

per i piccoli migratori, speriamo che anche qualcuno dell’ISPRA se ne accorga… Bisognerà solo stare attenti ai calendari

venatori, ormai una specie di spezzatino, con differenzazioni addirittura a livello provinciale, poi con le zone Natura 2000,

dove ogni Regione ha legiferato a modo suo, speriamo di ritornare a calendari uniformi e di facile comprensione.

Saverio Patrizi

Piatto ricco mi ci ficco...

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Caccia Passione 6

pressing Ue su Italia per stop uso richiami vivi. Procedura di in-frazione passa alla seconda fase.

insistente azione UE per stop ad utilizzo di richiami vivi

BRUXELLES – Pressing dell’Europa sull’Italia per lo stop all’utilizzo dei richiami vivi, così come previsto dalla Direttiva sugli uccelli, pratica ancora diffusa in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Provincia di Trento.A febbraio 2014 la Commissione aveva inviato una lettera di messa in mora all’Italia, chiedendo la ces-sazione di questa pratica proibita e concludendo che non c’erano i pressupposti per una deroga.

Dato che l’Italia non ha provveduto a sanare la vio-lazione della legge europea, la Commissione ha de-ciso di inviare un parere motivato. Il Paese ha ora due mesi per mettersi in regola.In caso di inadempienza, la questione potrebbe arri-vare all’attenzione della Corte di Giustizia.

fonte: Ansa.it

sulla caccia agli ungulati la Commissione Agricoltura della Camera improvvisa ed incomprensibile marcia indietro.

Cacciatori Toscani, su ungulati la Camera fa marcia indietro

La Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha approvato lo scorso 29 ottobre una

risoluzione sul problema dei danni causati dalla fauna selvatica, ed in particolare dal cinghiale, alle colture agricole; il fatto di per sé positivo che final-mente il Parlamento abbia iniziato ad occuparsi di questo tema ormai divenuto in molti casi emergen-ziale non può attenuare il giudizio decisamente ne-gativo su quel testo. Improvvisazione, mancanza di

riferimenti scientifici e statistici che pure esistono e pregiudizio ideologico nei confronti delle forme real-mente efficaci per la gestione dell’emergenza in atto, come l’abbattimento, fanno il paio con una serie di accuse gratuite quanto infondate al mondo venatorio, indicato addirittura quale responsabile del prolifera-re dei cinghiali. Desta meraviglia che componenti di quella commissione, che pure in passato si erano spesi per proposte legislative finalizzate a risolvere su ben altre basi i temi oggetto dell’attenzione della commis-sione, abbiano fatto sentire la propria voce. La Confe-derazione dei Cacciatori Toscani, cui aderiscono Fe-dercaccia, Arcicacccia e Anuu, in una articolata nota inviata anche alla Commissione, ha ribadito i punti qualificanti di una efficace attività di gestione fondata sulla valorizzazione del ruolo dei cacciatori e su scien-za e conoscenza.

Confederazione Cacciatori Toscani

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News venatorie

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Sono ufficiali le modifiche al testo della legge nazionale sulla caccia del 1992; divieto assoluto di acquisto e vendita di uccelli vivi o morti di piccola taglia. Allarme rosso per lo spiedo bresciano

Nuova legge sulla caccia: addio alla spiedo bresciano nei ristoranti

E’ vietato a chiunque vendere, detenere per ven-dere, trasportare per vendere, acquistare uccelli

vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, anche se importati dall’e-stero, appartenenti a tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio euro-peo degli Stati membri dell’Unione, ad eccezione di germano reale, pernice rossa, pernice di Sardegna, starna, fagiano, colombaccio. Il testo definitivo delle modifiche alla legge nazionale sulla caccia (la nume-ro 157 del febbraio 1992) che di fatto vieta la vendita di qualsiasi tipologia di uccello selvatico, salvo rare eccezioni. E a Brescia fa rumore come fosse un bo-ato: la patria dello spiedo infatti subisce da questo punto di vista un colpo pesantissimo. Niente più uccellini nel piatto, in qualsiasi ristorante, trattoria o sagra che si voglia. Gli ‘osei’ nello spiedo, solo a

casa o in appuntamenti privati. Perché la legge parla chiaro, e ne vieta anche il commercio e l’importazio-ne da Paesi extraeuropei. Un problema normativo: lo spiedo in un ristorante si paga, e anche gli uccellini nel piatto fanno parte della detta transazione. Perciò da oggi in poi saranno assolutamente vietati.Si preannunciano polemiche roventi. Roventi qua-si come una ‘presa’ di spiedo. Dalle valli alle pianu-re bresciane, con epicentro in quei Comuni dove il piatto che più tipico non si può è riconosciuto come De.Co., ovvero un prodotto a Denominazione Co-munale. E quindi Gussago, ma soprattutto Serle: dove la sua celebre sagra autunnale (che tra l’altro si conclude proprio in questi giorni) dal prossimo anno non sarà più la stessa.

fonte: Brescia Today

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Caccia Passione 8

Arci Caccia Vicenza e Veneto hanno in programma corsi per aspi-ranti cacciatori che vogliano cominciare a praticare l’attività venatoria nel 2015.

Arci Caccia Vicenza: corsi per aspiranti cacciatori

In Veneto, per iniziativa dell’Arci Caccia, si pro-gramma il futuro a cominciare dalla prepara-

zione per gli aspiranti cacciatori che per il 2015 si sono posti l’obiettivo del conseguimento del porto di fucile uso caccia. In molti si sono già ri-volti all’Arci Caccia ed è per questo che sono sta-te aperte le iscrizioni per un primo corso che si

sulla caccia agli ungulati la Commissione Agricoltura della Camera improvvisa ed incomprensibile marcia indietro.

Cacciatori Toscani, su ungulati la Camera fa marcia indietro

La decisione è stata presa al fine di preservare l’equilibro faunistico, messo in serio perico-

lo dal gran numero di esemplari questa specie di uccello, che in un giorno solo è in grado di man-giare grandi quantità di pesce. La caccia di sele-zione al cormorano terminerà il 15 marzo del 2015 e prevede l’abbattimento di un massimo di 20 esemplari. Da circa venti anni i cormorani hanno aumentato sensibilmente il loro nume-ro nella Provincia di Belluno e per tal motivo è stata progettata una precisa strategia per preser-vare l’equilibrio ed evitare che la trota marmora-ta risenta del’eccessivo numero di questa specie di volatile. Ovviamente gli abbattimenti saranno monitorati costantemente e verranno realizzati seguendo precise e insindacabili regole stabili-

te dalla Provincia di Belluno, che si è avvalsa della collaborazione e supervisione dell’ISPRA. Con l’atto del Presidente numero 10 datato 20 novembre 2014, palazzo Piloni (sede della Provincia di Belluno) ha così autorizzato «un piano di contenimento degli impatti provocati dal cormorano mediante l’abbatti-mento selettivo fino ad un massimo di 20 esemplari».La caccia di selezione verrà realizzata solo ed esclusivamente dal personale della Polizia pro-vinciale, con l’ausilio di operatori autorizzati ed interesserà alcune zone dell’asta del Piave, del tor-rente Cordevole, del torrente Senaiga e le tratte esterne alla zona di tutela della trota marmorata. Già in passato questa decisione è stata fortemen-te criticata dalle associazioni ambientaliste, che si oppongono ancora oggi alla caccia di selezione.

terrà a gennaio subito dopo le festività d’inizio anno a Villaverla (Via Palladio 15), sede della fe-derazione provinciale dell’Arci Caccia di Vicenza.I corsi saranno coordinati dal presidente provin-ciale Gian Emilio Coltro, Gimmy per gli amici, che si avvarrà, di volta in volta, della collaborazione di professionisti in grado di allargare con competen-za l’arco delle conoscenze su ambiente e fauna, le-gislazione, armi, pronto soccorso e tutte le tema-tiche oggetto dell’esame di abilitazione venatoria.All’Arci Caccia del Veneto e di Vicenza si dicono disponibili ad organizzare corsi anche in altre par-ti della provincia e della regione di fronte a richie-ste che si attestino su almeno una decina di parte-cipanti.Le iscrizioni si chiuderanno il 31 dicembre. Per ulteriori informazioni: Gimmy tel. 349/9032315.

Arcicaccia veneto

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News venatorie

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La FITAV ha aperto i lavori della sessione “Shotgun” del-la 12a edizione dell’ISSF Organizers Workshop con una pre-sentazione multimediale ed un video promozionale riguar-dante il progetto di sviluppo del tiro a volo Paralimpico.

Para-Clay Target Shooting. Workshop ISSF, Fitav pre-senta progetto paraolimpico

Il Presidente Luciano Rossi ed il Segretario Gene-rale ISSF Franz Schreiber, insieme al Chairman

dell’ISSF Shotgun Techical Committee Demetris Lordos ed a Sarah Bond IPC Shooting Manager, hanno assistito alla presentazione assieme ad un pubblico particolarmente folto ed attento composto dai delegati internazionali ISSF. La presentazione ha fornito una minuziosa descrizione del progetto e del percorso che lo stesso sta compiendo sotto la super-visione degli Organismi Internazionali competenti.In accordo con il Comitato Internazionale Paralim-pico la FITAV ha illustrato le ricerche in questo mom-mento intraprese a livello scientifico con la preziosa collaborazione del CIP e del CONI, le cui conclusio-ni determineranno la base per i fondamenti tecnici e scientifici per il riconoscimento di questo sport.

Nel video promozionale mostrato ai delegati - salu-tato al termine da un caldo e prolungato applauso - è stata mostrata una panoramica dei test e delle per-formances degli atleti disabili impegnati nell’evento internazionale svoltosi a Todi lo scorso 9-11 Ottobre, con testimonianze dirette degli interessati, prota-gonisti unici e straordinari di uno sport che da so-gno si sta progressivamente trasformando in realtà.La FITAV ha chiesto a tutti i delegati di dare la massima visibilità al video promozionale e soste-nere e contribuire alla crescita di questo sport nei rispettivi ambiti nazionali affinché il lavoro co-mune possa dare i frutti cui tutti possano fruire.

FITAV - Monaco di Baviera -

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Starnecome e perchè censirle

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Stanziale

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Caccia Passione 12

Un tempo regine delle pianure coltivate, oggi le star-ne stanno lentamente scomparendo. Per mettere un fre-no alla situazione basterebbero censimenti attenti e pia-ni di prelievo ben meditati. Ecco come si potrebbe fare.

Stanno scomparendo, e questa non è una novità, eppure sembra che in pochi se ne rendano conto o siano

interessati a quella che dovrebbe essere considerata una vera e propria catastrofe. La prima domanda che viene da porsi è

perché? Facile. I motivi sono almeno tre. Desiderano ambienti sani nei quali vive-re, e non sempre quelli che possiamo of-frirgli lo sono. Sono piuttosto avvelena-ti dai pesticidi, da sostanze chimiche e dall’inquinamento che distruggono ento-

Starnecome e perchè censirle

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Stanziale

Caccia Passione 13

mofauna, ossia la presenza di tutti que-gli insetti che sono nutrimento fonda-mentale per la salvaguardia della specie. Le macchine e l’industrializzazione han-no stravolto il mondo dell’agricoltura così come lo conoscevamo una trentina di anni fa. Tutto deve essere a portata di macchina, tutto deve essere semplice da raggiunge-re e comodo da arare, innaffiare e tagliare. Non c’è più spazio per tutti quei luoghi che erano un tempo luogo di rifugio delle star-ne: filari d’alberi, siepi, boschetti che erano belli da vedersi ma anche fonte di legna per i contadini e di foraggio per gli animali. L’aumento dei cacciatori, che dopo il boom economico post bellico sono aumentati sorprendentemente. A questa situazione drastica si è tentato di

dare una svolta nella maniera più sbagliata che potesse venire in mente: con le campa-gne di ripopolamento. Si è cercato, per dirla facile, di aumentare il numero di galliformi in genere e starne nello specifico, importan-do esemplari dall’estero e immettendoli nel

territorio italiano. In altri casi si è tentato il ripopolamento grazie ad esemplari pro-venienti da allevamenti, del tutto incapaci di vivere nel mondo naturale. Il risultato è stato drastico per almeno due motivi: la specie italica si è mescolata ad altre creando giovani starne inadatte alla sopravvivenza nei nostri territori, e le starne provenienti da allevamenti, totalmente prive di istinto anti predatorio sono state razziate in bre-vissimo temo dai selvatici e dai cacciatori.

Galliformi come gli ungulatiLa risposta per la conclusione definitiva del problema sarebbe in verità più semplice di quel che si crede: basterebbe ad esempio che i galliformi fossero trattati esattamente come si fa con gli ungulati a cui vengono garantiti

piani di prelievo. Questi consentono di ab-battere un numero tale di esemplari che non inciderà sull’intera popolazione, piuttosto ne avvantaggerà la sopravvivenza. Esatta-mente come accade per gli ungulati il punto di partenza dovrebbero essere i censimenti,

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Caccia Passione 14

propedeutici a qualsiasi successiva azione. I censimenti hanno infatti lo scopo di ac-certare l’eventuale presenza e consistenza di popolazioni sul territorio. I più efficaci nel caso delle starne e dei galliformi più in ge-nere sono i censimenti al canto. Ecco come funzionano: si pro-cede con l’uso di un registratore subito dopo l’alba; si lanciano i richiami acustici e si prende nota di tutte le eventuali risposte che si ricevono in cambio. Essendo la starna un animale stanziale, il calcolo dei canti in risposta al no-stro richiamo ci darà un numero realistico degli esemplari presenti in zona. Lo step successivo si svol-ge con l’ausilio dei cani da ferma che devono battere l’intero terri-torio in modo tale che sia sem-plice stabilire la reale densità di animali in determinate location.Tutto tornerebbe a favore della caccia, specie se si ragiona nel lun-go termine: ad oggi infatti la starna è una specie cacciabile. Unico vin-colo per i cacciatori è che ciascu-no ne abbatta non più di cinque esemplari. Si tratta di un numero arbitrario visto che non si ha la minima idea di quante starne stia-no nella zona di caccia. Per inten-derci: senza censimenti annuali non si po’ davvero sapere se anche un ammanco di 10 esemplari sia realmente sostenibile per la popo-lazione di starne che lì risiedono.

ipotesi di censimentoCome procedere? Semplice, tra-mite censimenti annuali, ripe-tuti in estate e alla fine della sta-gione venatoria. Solo in questo modo sarebbe possibile tenere sotto controllo la popolazione di

starne presente in loco e stabilire, stagione dopo stagione, la quota abbattibile. In que-sto modo gli abbattimenti non porteran-no all’eliminazione della popolazione con buona pace delle starne e dei cacciatori.

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Stanziale

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Beccaccesi! Ma dove?

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Migratoria

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Migratoria

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“Chissà da dove viene”, ognuno se lo è chiesto almeno un volta nella vita, dopo aver messo nel carniere una favolosa beccaccia. Oggi è possibile dare risposta a questa curiosità.

Quando si parla di beccacce la curiosità di cacciatori e studiosi si fa quasi mor-bosa e spesso le domande più ricorrenti

che vengono poste sono relative al luogo di ori-gine di una beccaccia o di un’altra. Fino a poco tempo fa l’unico modo per avere una risposta certa in merito al luogo di provenienza era rappresentato dall’inanellamento; di recente la scienza ci ha regalato qualche sorpresa e qualche

risposta piuttosto precisa in merito ai luoghi di provenienza delle beccacce francesi e spagnole. Il principio che è stato utilizzato lo si può de-finire piuttosto sicuro visto che si basa sull’a-nalisi in laboratorio di un marcatore incon-fondibile e naturale. Gli studiosi hanno infatti preso in considerazione il dosaggio del deute-rio presente nelle piume dei volatili. Per i non addetti ai lavori il deuterio è isotopo dell’idro-

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Beccaccesi! Ma dove?

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Migratoria

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geno e visto che questo è diffuso in maniera diversa nelle diverse fasce del globo, in base al livello ottenuto in fase di analisi è stato possi-bile realizzare una più o meno precisa mappa relativa alla provenienza delle care beccacce. Qualche precisazione prima di procedere e dare i risultati definitivi delle ricerche è d’obbligo. E’ importante dire che per un’analisi seria è indi-spensabile disporre di una penna di esemplare giovane, che non abbia ancora conosciuto alcu-na muta: solo in quella maniera sarà possibile analizzare il deuterio caratterizzante della sua patria d’origine, fissatosi sulle piume. Se si do-vessero infatti analizzare piume cresciute dopo una o alcune mute, i risultati sarebbero certa-

mente falsati. Altra precisazione che è impor-tante condividere è relativa alla precisione degli studi: è bene ricordare infatti che le analisi non possono dare location precise, visto che i confi-ni che è possibile ipotizzare sono piuttosto sfu-mati: ciò non toglie che il deuterio fissatosi sulle piume è in grado di darci con assoluta certezza una zona di riferimento, non precisa al centi-metro, ma sempre meglio che niente non trovi?

Tutte le piume prelevate a giovanissimi esempla-ri di beccacce francesi e spagnole sono state in-viate in Canada, presso la struttura per gli isotopi di Saskatoon che presto ha dato i suoi risultati. Francia. In totale sono state analizzate 987 penne di soggetti svernarnti tra il 2005-2006 e 2006-2007 e altre 1875 di soggetti prelevati durante il transito autunnale. I risultati sono stati piuttosto chiari: la grande maggioranza degli esemplari proveniva dalle Regioni Bal-tiche e dalla Russia Europea Occidentale, una buona percentuale proveniva dall’Europa Cen-trale e una piccolissima parte era rappresen-tata da sedentari, nati e cresciuti in Francia. Spagna. I soggetti analizzati sono stati 802

(per il medesimo periodo). In questo caso la maggioranza delle beccacce proveniva dall’Europa Centro Orientale, una piccola parte invece proveniva delle Regioni Baltiche. I risultati piuttosto interessanti confermano le tendenze già intuite grazie agli inanellamenti e raccontano qualcosa di più e di nuovo sulle abi-tudini della regina dei boschi, grande viaggiatri-ce e ancora oggi piuttosto misteriosa e attraente.

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A caccia di cinghiali con la

GirataUngulati

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Chi conosce bene la natura del cin-ghiale lo sa: questo selvatico fra i più intelligenti che madre natura abbia

immesso nel nostro territorio fa una netta

divisione fra zone che frequenta per nutrirsi e zone che invece gli regalano riparo duran-te la notte. Queste ultime sono sicuramen-te più circoscritte, difficili da raggiungere e

Si tratta di una caccia tecnica, che richiede ottima cono-scenza del territorio ma anche e soprattutto della natu-ra del cinghiale. Solo in questo modo è in grado di regala-re soddisfazioni.

A caccia di cinghiali con la

Girata

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Ungulatida attraversare tanto che scoraggiano qual-siasi predatore eccezion fatta per l’uomo. La natura del cinghiale vuole inoltre che, una volta spaventato, vuoi per un incendio, vuoi per la presenza dell’uomo, questo abbandoni immediatamente il territorio che gli da ospi-talità per dirigersi con una certa rapidità in un punto di rimessa poco distante seguendo il percorso più sicuro e rapido. I cacciatori questo lo sanno piuttosto bene, e i più sagaci hanno deciso di utilizzare questo tratto com-portamentale del cinghiale a proprio favore, confezionando una tipologia di caccia piutto-sto complicata, comunemente detta “Girata”.La tecnica di caccia, almeno sulla carta non è trop-po complicata visto che per realizzarla sarà suf-ficiente gestire almeno tre punti fondamentali:• trovare il luogo di rimessa dei cinghiali av-valendosi di un cane specializzato;

• essere in grado di posizionare i cacciatori lungo il percorso che i cinghiali in fuga per-correranno per raggiungere il nuovo luogo di rimessa;

• essere in grado di spaventare i cinghiali co-stringendoli ad abbandonare il luogo di ri-messa principale a favore del secondario. In quel caso tutto il gruppo scapperà in blocco.il punto di rimessa. Localizzarlo non è assolu-tamente semplice e un uomo, da solo, non sa-rebbe in grado di farlo. E’ necessario disporre di un cane a cinque stelle che svolga la funzio-ne che in gergo è detta di limiere. Le caratteri-stiche che il cane deve possedere sono diverse:• coraggio;• capacità di rimanere muto sulla traccia;• essere in grado di rimanere immune al cam-bio, ossia di non perdersi seguendo le tracce di eventuali altri selvatici. Mentre le prime due caratteristiche sono in-nate nell’animale, spesso dettate dalla raz-za di appartenenza, per quel che riguarda il terzo tratto, le cose cambiano: il cane im-

mune al cambio è un cane ben addestra-to perché questa è caratteristica che si ap-prende con la costanza e con l’allenamento. L’addestramento soprattutto è un tratto da te-

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nere in grande considerazione: in generale il consiglio è quello di specializzare il cane sul cinghiale utilizzando inizialmente una traccia artificiale per far comprendere al giovanissimo segugio che non è gradito si interessi ad altri selvatici. Se si avrà la costanza di farlo lavorare fin da giovanissimo per immunizzarlo al cam-bio inizialmente con tracce artificiali e in se-guito, dopo aver raggiunto la maturità, adde-strandolo su tracce naturali, si raggiungeranno ottimi risultati. E’ bene però scegliere la razzia più idonea alla mansione e non consentire mai al cane di inseguire liberamente un cinghiale. Le poste, come sceglierle. L’abbiamo già det-to, quando si tratta di girata le poste sono piuttosto regolari e devono essere disposte in maniera longitudinale di modo che possano seguire l’unica via di fuga che seguiranno i cinghiali. La via di fuga è comunemente la più breve e la più sicura, ben nota agli animali che la percorrono senza fatica. Una delle regole

re qualche buon risultato. il cane di limiere. L’ausiliare utilizzato in que-sto genere di caccia è sempre solamente uno, ben preparato come accennato, e in grado di sostenere attivamente il cacciatore. La sua funzione principale non sarà quella di spaven-tare il cinghiale ma di indicare al cacciatore i punti di rimessa (principale e secondario) con una precisione matematica. E’ dunque impor-tante ricordare che il cane di limiere non verrà mai sottoposto a nessuna carica da parte dei cinghiali: questi disturbati, a patto che non si sentano accerchiati, scapperanno il più pre-sto possibile verso la nuova zona di rimessa. il cacciatore. Già che le zone di rimes-sa scelte dai cinghiali non sono quel che si dice agevoli e comode, l’abbigliamento del cacciatore dovrà assecondare la situazio-ne. Sarà necessario indossare un abbiglia-mento antistrappo, rinforzi sulle ginocchia e gomiti, non di rado sarà necessario uti-

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da seguire è quella della prima posta posizionata ad almeno 150 metri dal primo rifugio: i cinghia-li non dovranno mai so-spettare di un eventuale periocolo fuori dalla ri-messa, in quel caso fa-rebbero retro front. In tal senso le attenzioni non bastano mai: già che il cinghiale teme come la peste l’uomo è bene che questo non si faccia ve-dere. E’ inoltre importan-te ricordare che oltre alla vista, il cinghiale è in gra-do di utilizzare anche un altro senso, ben svilup-pato, quello dell’olfatto. Ecco perché il consiglio è quello di posizionarsi sempre contro vento, a patto che si voglia ave-

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Ungulatilizzare guanti in cuoio ed elmetto. La caccia al cinghiale non è mica un gioco da ragazzi. il tiro perfetto. Lo sparo non deve essere in nessun caso casuale: non sarà sufficiente spa-rare contro al cinghiale nella speranza di ave-re fortuna. La preparazione tecnica in questa fase è fondamentale. A patto che si disponga dell’arma giusta (una express a canne giustap-poste o sovrapposte) è importante ricordare che la parte anatomica da colpire è il centro della cassa toracica. Quindi è fondamenta-le che l’animale offra il fianco, e che sia po-sizionato a cartolina o a bandiera secondo quanto comunemente viene detto in gergo venatorio. E’ inoltre importante che il caccia-tore sia in grado di effettuare un tiro selettivo, per ragioni puramente gestionali. Il consiglio che comunemente si dà è quello di abbattere per prima cosa i rossi e solo successivamen-te la femmina adulta. Solo in questo modo i rossi sopravvissuti alla girata potrebbero ri-

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unirsi alla femmina risultando più semplici, in seguito, da rintracciare. Si tratta di picco-le attenzioni piuttosto importanti che posso-no essere osservate solamente da cacciatori professionisti, dotati di tecnica ed esperienza. La preda: come trattarla. A patto che la carne la si desideri consumare è sempre bene ricordare che il cinghiale abbattu-to deve essere gestito con attenzione. Ecco alcune norme igieniche sempre valide:• il tiro deve essere ben indirizzato verso la zona toracica;• è bene effettuare con una certa rapidità, l’evi-scerazione dell’animale;• non trascinare fintanto che è possibile l’ani-male sul terreno;• evitare di ammassare i cinghiali catturati;• sottoporre la preda, sempre, ad un esame tri-chinoscopico. Detto questo non resta che cimentarsi in que-sta avventurosa forma di caccia al cinghiale.

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Nel boscoè meglio!

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Il fascino e la magia della caccia fra i boschi: alcuni consigli da tenere sempre a mente; primo fra tutti il grande rispetto per i boschi e la filosofia del silenzio. Il bosco e gli animali che lo vivono sono degli ottimi ascoltatori.

Dare la caccia agli ungulati in aspet-to, da un’altana, o in appostamento, ma anche sfruttando un riparo na-

turale è piuttosto semplice, almeno se que-sta tipologia venatoria la si paragona alla più difficile arte del cacciare entrando in quel mondo che è proprio del selvatico, il bosco.

Cacciare gli ungulati entrando nel bosco, loro spazio vitale, costringe il cacciatore a farsi le ossa, ad approfondire la conoscenza non solo dell’animale, ma anche del territorio. Cacciare fra i boschi significa fondersi con l’ambiente, ma anche essere in grado di ascoltare il pro-prio istinto atavico, essere consapevoli di tut-

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Nel boscoè meglio!

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ti quei segreti che un bosco e gli animali che lo vivono custodiscono da sempre: insomma cacciare fra gli alberi è una vera e propria magia, e i cacciatori che praticano quest’ar-te, professionisti innamorati della natura. Il successo dell’aspetto. Perché la caccia all’a-spetto, da un’altana, da un appostamento a terra o da un riparo naturale siano tanto ap-prezzate è presto detto: si tratta infatti di tecni-che in linea di massima (generalizzare sarebbe sbagliato) più semplici da mettere in atto ma soprattutto più efficaci e più facilmente gesti-bili. Di norma da un appostamento il caccia-tore gode di condizioni ottimali per la caccia: non solo può leggere con tutta calma l’animale e mettere a segno un tiro preciso, ma anche non vive i disagi che si hanno quando si fa in-gresso nell’habitat del selvatico; inoltre chi di dovere riesce a controllare con maggiore pre-cisione non solo gli appostamenti, ma anche i cacciatori e gli eventuali colpi esplosi. Tutto molto bello e semplice visto che da un punto di vista squisitamente logistico e organizzativo

questo genere di caccia è la migliore da prati-care. Ma chi ha provato il brivido del bosco sa bene che questa non è la sola caccia possibile. Avvantaggiare la caccia in appostamento faci-lita la gestione della stessa attività, ma svantag-gia i cacciatori con la C maiuscola che vorreb-bero vivere esperienze più concrete e sincere, che non necessariamente si concludono con l’abbattimento dell’animale. Per garantire un ritorno a questo genere di caccia servirebbero dei regolamenti chiari, che mettano subito luce sul fatto che le regole debbano essere rispet-tate. Sarebbe importante prevedere punizioni severe per i trasgressori che demotivino la cac-cia d’assalto. Insomma sarebbe necessario che i regolamenti stilati dai tecnici fossero pensati ad hoc per un territorio, con regole chiare, in grado di utilizzare concreti strumenti per il rispetto dei regolamenti. Si capisce bene che la situazione potrebbe dimostrarsi piuttosto complicata. Ecco il perché del successo del-la caccia di appostamento, bella e gratifican-te sì, ma che deve chinare necessariamente

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la testa davanti alla magica caccia nei boschi. Il bosco. Cacciare nel cuore del bosco è tut-ta un’altra cosa. Lì ogni particolare è in grado di fare la differenza. E’ fondamentale essere in grado di leggere tutti i segnali che l’ambien-te ci manda, indossare l’abbigliamento ideale, è importante scegliere la giusta stagione, la giusta giornata, sfruttare a proprio favore il vento e chi più ne ha, più ne metta. Si trat-ta in generale di attenzioni che un cacciato-re riesce a rispettare con il tempo, con gran-de esperienza e con infinita pazienza. A quel punto entrare nel bosco, per dare la caccia ad un animale, per fotografarlo, o anche solo per avere la speranza di incontrarlo e avvici-narlo diventa un’esperienza da sogno, un pia-cere intimo e sincero, e ben si è consapevoli che ogni uscita fa caso a sé, che non ci sono regole immutabili, che se un giorno il selva-tico può comportarsi in maniera differente. Le regole. Ci si introduce nel bosco con il mas-simo rispetto: d’altronde i boschi sono le cat-tedrali all’interno delle quali si celebrano tutti i rituali più sacri che madre natura da sempre

porta avanti. La regola principe da seguire è quella del silenzio, per lo meno se si vuole ave-re qualche possibilità di cogliere di sorpresa l’animale. Tanto per cominciare si deve optare per un abbigliamento che non sia rumoroso: benissimo no a inserti in corda o in nylon, via libera per pantaloni o giacconi antifruscio. Gli scarponi, quando possibile, dovrebbero essere dotati di una suola morbida per “sentire” il ter-reno e gli eventuali rami e rametti che si calpe-stano prima di spezzarli. Nel caso in cui uno venga spezzato il consiglio è comunque uno: sostare per almeno un minuto e non consen-tire una eventuale identificazione da parte del selvatico. Sarebbe bene che anche lo zaino non produca rumori: ideali sono quelli in cotone o in loden. Se dotato di agganci metallici, po-tenzialmente rumorosi sarebbe bene fermarli con del nastro adesivo. Pensi si tratti di atten-zioni eccessive? Evidentemente non sai quante orecchie possiede il bosco. Il consiglio inoltre è quello di fermarsi molto spesso ad ascoltare: il fatto che tu non stia facendo rumore non si-gnifica che il selvatico a cui dai la caccia non ne

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faccia a sua volta. Nelle zone di caccia partico-larmente chiuse una tecnica piuttosto gettona-ta è quella della sorpresa: effettua passi piutto-sto spediti per alcune decine di metri, a questo punto fermati di colpo e osserva. Il tuo arrivo inatteso potrebbe spingere l’animale alla tecni-ca dell’immobilità e del mimetismo; se sai cosa stai cercando, trovarlo sarà sicuramente più semplice. Affidati ad un buon binocolo e ricor-da che imparare la giusta camminata potrebbe fare la differenza: non “buttare” il piede, ma poggialo delicatamente, partendo direttamen-te dal tallone in un movimento che comune-mente è detto a dondolo. In questo modo sarai sicuramente più silenzioso e probabilmente in grado di cogliere di sorpresa il selvatico. Si tratta di attenzioni che con il tempo vengono fatte proprie dai cacciatori che amano caccia-re fra i boschi: d’altronde il bosco è il miglior insegnante, l’importante è che il cacciaotre, suo perenne alunno sia in grado di ascoltare.

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Caccia all’Estero

caccia in Bielorussia.Emozioni di un viaggio venatorio

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Siamo un bel trio e con il pretesto della caccia stiamo girando tutto il mondo. Il viaggio in Bielorussia però mi è rimasto

nel cuore, visto che era da tanto che lo voleva-mo organizzare, e alla fine, nonostante il lavoro e i soldi che non bastano mai, ci siamo riusciti. Della parte organizzativa come al solito si è occupato Cesare, un carissimo amico che mi ha iniziato, molti anni fa, ai piaceri del-la caccia e scherzosamente chiamo il mio

Viaggiare è la mia passione e quando posso farlo con una carabina in valigia la felicità rasenta vette al-tissime. Prendi ad esempio l’ultimo viaggetto venato-rio, organizzato qualche mese fa in compagnia dell’im-mancabile Giacomo e del mio padrino di caccia, Cesare.

caccia in Bielorussia.Emozioni di un viaggio venatorio

padrino di caccia. Come al solito prima di partire ci siamo dati un obiettivo di cac-cia: dovevamo catturare, a testa, almeno un vecchio e grande alce al bramito. Natural-mente non avremmo disdegnato nemme-no un bel cinghiale, o un capriolo. Pare che l’intera regione ne sia letteralmente piena, ma l’alce doveva essere la protagonista del nostro viaggio. Non ti annuncio niente, ma al rientro eravamo tutti molto soddisfatti.

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Caccia all’EsteroIl viaggio d’andata è stato piuttosto piacevole e breve, d’altronde l’entusiasmo della parten-za è sempre uguale: ti fa superare ogni fati-ca senza accorgertene. In aeroporto abbiamo svolto tutte le pratiche per lo sdoganamento in una ventina di minuti e ci siamo fin da su-bito affidati a due guide che ci sono venute a prendere per portarci in una bellissima riser-va; un angolo di paradiso bello anche solo per una vacanza. Ma noi dovevamo cacciare e non ce lo siamo dimenticati nemmeno per un se-condo. D’altronde se noi siamo appassionati, le nostre guide Abram e Amos sono quasi fa-natici della caccia, innamorati della loro ter-

ra che mostrano con un malcelato orgoglio. Arrivati alla riserva Abram si presenta come capocaccia e prima di farci andare a letto, anche se sono solo le sette di sera, ci spiega un po’ come si svolgerà la giornata seguen-te. Il nostro bel gruppetto si dividerà e ognu-no di noi andrà con una guida diversa: io sarò accompagnato da Amos e la cosa non mi dispiace per niente, visto che mi sembra piuttosto preparato. Prima di lasciarci ripo-

sare Abram ci ricorda che la sveglia sarà per le tre del mattino e noi, tanto per non sem-brare pappamolle facciamo finta di niente, ma ti risparmio le osservazioni che ci sia-mo scambiati non appena chiusa la porta. Insomma, alle due e mezza scatta la suone-ria del mio cellulare e a me sembrava di non aver dormito praticamente nulla: sensazione per altro condivisa. Fortuna vuole che le uova e il caffè di Eva, la compagna di Amos siano davvero buone e calde. Ci risvegliamo veloce-mente visto che l’entusiasmo ha la meglio, ci vestiamo esattamente come consigliato dalle guide e partiamo. Capellino in testa, collet-

to ben allacciato, stivali e indumenti pesanti: non è solo per il freddo, ma anche per l’infi-nità di bestiole che cercano di avere la meglio quando ti inoltri nel bosco: zecche, zanzare e mosche cavalline sono davvero un incubo. Il fuoristrada è bello e nuovo ma scomodo e spacca ossa. Dopo aver massacrato la schie-na mia, di Giacomo e di Cesare la jeep si fer-ma e ci consente la discesa in prossimità di un bosco che somiglia ad una vera e propria

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giungla. Lo ammiriamo a bocca aperta visto che al buio sembra ancora più impenetrabile. A questo punto le guide si salutano e ognuno di noi segue la sua. Amos parla bene l’inglese ma durante il tragitto che ci porterà all’altana dice poco e niente. Mi ricorda costantemen-te di stare attento: e in effetti il sentiero non è esattamente agevole. Il sottobosco è un in-ferno, con tanto di felci, ortiche giganti e li-cheni, ma il bosco di betulle è uno spettacolo. Percorsi circa ottocento metri raggiungiamo l’altana. Si tratta di una casetta piuttosto lus-

suosa, me ne rendo conto ancora prima di sa-lire. Ci sono i letti, il fuoco e dei fornellini. Ci appostiamo e aspettiamo che qualcosa succe-da. Tanto per cominciare sorge il sole: sono circa le 5,30 e Amos inizia con un canto che nei giorni seguenti avrei imparato a cono-scere. Richiama le alci e lo fa piuttosto bene visto che di rimando alcune rispondono. Ce ne devono essere almeno tre nei dintorni e la mia speranza di una caccia facile si accen-de immediatamente. Purtroppo le speranze

fanno presto a morire: la mattina si conclu-de senza che le alci si siano mostrate. Stesso discorso durante il pomeriggio nonostante si sia cambiata altana. Poco male: la giorna-ta è stata eccezionale e piuttosto gratificante. La mattina seguente le cose si ripetono: in sel-la alla jeep raggiungiamo il luogo prefissato, raggiungiamo la nostra altana, meno elegante rispetto a quella del primo giorno, e aspettia-mo. Amos tira fuori qualcosa che non ave-vo mai visto; si tratta di un pezzo di trachea d’alce essiccato dentro il quale soffia il suo ri-

chiamo. Penso sia una cosa assurda e pure un po’ schifosa, ma funziona. Per lui è una vera e propria reliquia, quasi non me la fa vedere. Gli animali rispondono ma come il giorno seguente non si mostrano. La rabbia di Amos è piuttosto palese. Chiama al cellulare Abram e Mikail, l’altra guida, discutono di non so cosa e poi si parte, verso una nuova location. La tecnica di caccia qui cambia. Niente alta-na; siamo nei pressi di un acquitrino e Amos, che la zona evidentemente la conosce piutto-

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Caccia all’Esterosto bene, non appena sce-so dalla jeep, senza nem-meno guardarsi intorno inizia con i suoi richiami. Forse vuole sondare il terreno. Sorride quando gli rispondono almeno quattro esemplari. Ci fa cenno di scendere e di portare con noi le armi. I richiami e le risposte si fanno sempre più intensi e questa volta Amos fa di più: imita l’alce con una capacità sorprendente e strofina grossi rami con-tro gli alberi. Io lo guar-do ammirato visto che la cosa funziona e sembra che di lì a breve le cose si risolveranno in un suc-cesso. Abram mi dice an-che dove posizionarmi: imbraccio il mio fucile e sento tutto l’adrenalina di una giornata fantastica scorrermi nelle vene. Aspetto. Aspetto. Aspetto. Dopo una mez-zora le braccia, nonostante l’adrenalina, ini-ziano a farmi male. Guardo Abram visto che Amos non distoglie lo sguardo da un vago punto fra gli alberi. La guida fa spallucce e mi fa capire che l’alce, dopo un avvicinamento lentissimo, probabilmente si è addormentato. E’ il delirio. Amos quest’alce lo vuole più di me. Ci fa salire tutti in macchina e partiamo per un’altra zona. E’ pomeriggio inoltrato e abbiamo ancora a disposizione poco tempo. Dopo aver fermato la jeep, sondato la pre-senza di selvatico Amos e Abram discutono fra loro. Ci organizzeremo così, mi spiega poi “Io richiamerò l’alce e voi gli andrete incon-tro”. Faccio cenno di sì, visto che mi sembra un’idea più che adatta. Catturiamo subito l’interesse di un alce e io e Abram ne seguia-mo i versi. I nostri passi sono lenti e silen-

ziosi e presto la nostra cautela è ben ripagata. In lontananza vedo un alce femmina che ci osserva chissà da quanto tempo. Ho un col-po. Cerco l’arma ma Abram mi fa cenno di no. Probabilmente la legge non consente la caccia delle femmine in quel periodo. Faccio spallucce visto che subito dopo mi indica un vecchio maschio. Il rituale è sempre lo stesso. Accarezzo il mio fucile, osservo quella crea-tura favolosa nel cannocchiale: la lente lim-pidissima mi consente di ammirarlo in tutta la sua bellezza. Trovo il punto migliore, cen-tro e sparo. L’animale in pochi secondi cade a terra privo di vita. E’ una creatura fantastica, un vecchio maschio la cui caccia è stata entu-siasmante ed emozionante. Un’esperienza che tutti gli amanti della caccia dovrebbero pro-vare. Io ho avuto la mia preda, ma nei giorni seguenti anche Giacomo e Cesare hanno avu-to ottimi risultati, ma questa è un’altra storia.

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Cani da cacciaCani da caccia

L’origine del cane da cacciae del suo rapporto con il cacciatore

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La storia della simbiosi tra cane e uomo-cacciatore lunga milioni di anni

Sull’origine dei cani possiamo sola-mente offrire delle ipotesi, alcune più convincenti di altre. Sappiamo

per certo che il cane domestico fa par-te della famiglia dei canidi, di cui sono membri attivi anche gli sciacalli, i lupi e le volpi insieme ad altre 33 specie viventi. Ovviamente con i lupi e anche con gli sciacalli e il coyote almeno all’apparenza

il cane domestico ha parecchi tratti in co-mune, vuoi per questioni genetiche, vuoi per i costanti incroci che hanno visto le specie intrecciarsi in secoli di evoluzione. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che tutte le razze di cane domestico discendessero dai lupi e dagli sciacalli, vuoi per l’aspet-to esteriore dell’amico a quattro zampe, vuoi per tratti caratteriali che legavano

L’origine del cane da cacciae del suo rapporto con il cacciatore

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cani, lupi e sciacalli in uno stretto legame.I cani che secondo questa teoria erano più legati al padrone da uno stato di dipendenza discendevano probabilmente dalla famiglia aureus (e dunque dalla famiglia degli scia-calli), mentre un attaccamento al padrone decisamente più forte era riscontrato in quei cani che si supponeva fossero di tipo lupi-no. Ancora meglio si era convinti che i cani di tipo aureus avrebbero potuto identificare nel padrone il membro genitore guida del gruppo per tutta la vita, mentre i cugini lupi-

ni avrebbero messo in discussione la gerar-chia del gruppo non appena diventati adulti, tentando di acquisire il ruolo di padrone. Agli inizi degli anni ottanta il lupo venne considerato l’unico e più probabile progeni-tore del cane domestico e alla fine degli anni novanta del secolo scorso, a Los Angeles, presso l’università della California, grazie ad uno studio comparato sul dna di lupi, scia-

Cani da cacciacalli, coyote e cani domestici, si stabilì che le differenze fra lupi e cani erano in percen-tuale scarsissime (1%) mentre le differen-ze fra lupi e coyote ben più notevoli (6%). Studi più approfonditi condotti dal gruppo di studio di Wayne hanno permesso di sco-prire che il dna canino può essere suddiviso in 4 gruppi distinti: la sequenza più abbon-dante metteva in linea di discendenza diret-ta lupi e cani, mentre i restanti tre gruppi minori erano nati probabilmente da accop-piamenti successivi fra lupi e cani domestici.

A quel punto apparve chiara la discenden-za diretta del cane domestico dal lupo (e non dallo sciacallo o dal coyote) e risultò che l’addomesticamento del lupo da parte dell’uomo non era stata cosa troppo comune. Le prime tracce fossili di cane addomesti-cato risalgono circa a 12.000 – 14.000 anni fa, nel periodo durante il quale dunque sor-se l’agricoltura e l’uomo da nomade diven-

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ne stabile. Eppure la divergenza genetica fra dna canino e lupino suggerisce che le due specie si siano divise molto prima. In linea di massima si può affermare che con grossa probabilità i nostri antenati racco-glitori ma anche cacciatori iniziarono a do-mesticare il cane circa 50.000 di anni fa. A confermarlo anche numerose pitture rupe-stri che durante tutto il Neolitico figurano il rapporto d’amicizia fra cane e uomo. Il cane è in queste circostanze rappresen-tato come ottimo compagno di caccia.Da allora di tempo ne è passato e l’umo se-colo dopo secolo ha riportato indiscutibili successi nella domesticazione canina tanto che ad oggi il cane è distribuito in tutto il mondo e in ogni paese aiuta l’uomo a vive-re meglio. Il suo antenato invece, il lupo, è a grosso rischio d’estinzione, soprattutto per quel rapporto conflittuale che nei mil-lenni ha coltivato nei confronti dell’uomo.Il successo del cane domestico ha por-tato odiernamente alla presenza di cir-

ca 300-400 specie canine in tutto il mondo, che variano per colorazione del manto, pelo, caratteri e morfologia. Grazie a lunghe selezioni ciascuna specie si è specializzata in un settore: c’è chi protegge il bestiame, chi traina le slitte, chi segue le trac-ce, chi trova persone disperse, chi riconosce sostanze stupefacenti o magari esplosive, esistono anche razze destinate alla compa-gnia e al sostegno di portatori di handicap. E’ probabile che le selezioni iniziali si ef-fettuarono in base non tanto alle attitudini particolari dell’animale, quanto piuttosto al suo grado di docilità verso l’uomo. Fa-vorire l’accoppiamento solo di esemplari amichevoli nei confronti dell’uomo ha pro-babilmente consentito di creare una sor-ta di elite di cani in perfetta simbiosi con l’essere umano. Questo può essere avvenu-to dopo circa 30 – 40 generazioni di cani.Altre teorie sono dell’opinione che la se-lezione dei cani più docili sia avvenuta in maniera del tutto naturale e non per addo-

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Cani da caccia

mesticamento da parte dell’uomo (che per altro avrebbe richiesto tempo, mezzi e fati-ca). Quando l’uomo si fece stabile iniziò una più duratura convivenza fra lupi ed esseri umani: solo gli animali più docili si avvici-narono agli accampamenti umani garanten-dosi la sopravvivenza grazie anche ai rifiu-ti lasciati dagli uomini; questa categoria di lupi diede probabilmente vita al proto cane seguendo una selezione del tutto naturale.La civiltà greca e romana ci dicono molto sulle fasi di domesticazione successive dei cani: si racconta che fossero non solo utili, ma anche e soprattutto creature di compa-gnia e Aristotele decise di classificare il cane domestico in base al suo luogo d’origine. In epoca romana le specie canine vennero suddivise invece in base alle proprie fun-zioni e caratteristiche: esistevano i cani da pastore, i cani da guardia e naturalmente i cani da caccia. Questi ultimi nello specifi-co erano classificati in altre due categorie: cani che seguono le tracce (sagaces), che in-

seguono la preda (celeres), e che attaccano la preda (pugnaces), qualcosa di molto si-mile a quel che accade ancora oggi dato che ancora si parla di cani da ferma, da seguita, da cerca, da traccia o sangue e da riporto.Le classificazioni avvenute nelle diverse epoche storiche non sono certo mancate, ma per la stesura degli standard di razza si è dovuto aspettare fino alla metà dell’800. Questi standard prendevano in consi-derazione le caratteristiche (comporta-mentali e morfologiche) necessarie all’a-mico dell’uomo per svolgere il proprio lavoro nonché i tratti fisici che ne decre-tavano la bellezza: insomma tutti quei ca-ratteri che ne avevano garantito origina-riamente la selezione da parte dell’uomo. Il kennel Club inglese iniziò per primo nel 1873 a registrare tutti i tratti che decretava-no la purezza della razza e nel 1882 anche Italia e Francia seguirono l’esempio dei cu-gini d’oltre mare buttando le basi per la ste-sura di quegli standard ancora oggi seguiti.

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1. Nel nostro ordinamento l’autorizzazione alla de-tenzione delle armi deve considerarsi eccezionale e le esigenze di incolumità di tutti i cittadini sono pre-

valenti e prioritarie, per cui la richiesta di porto d’armi può essere soddisfatta solo nell’ipotesi che non sussista alcun pericolo che il soggetto possa abusarne richieden-dosi che l’interessato sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo in modo tale da scon-giurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica. Pertanto la revoca o il diniego dell’autorizzazione possono essere adottate sulla base di un giudizio ampiamente discrezionale circa la pre-vedibilità dell’abuso dell’autorizzazione stessa potendo assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi.

2. L’autorizzazione alla detenzione ed al porto d’armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle nor-

me penali e di quelle poste a tutela dell’ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza, conseguente-mente la valutazione dell’Autorità di pubblica sicurez-za, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue

lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l’abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affi-

dabili tanto che il giudizio di “non affidabilità”

Racconti di caccia

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Qui di seguito riportiamo alcuni principi recentissimi sanciti dal C.d.S. in tema di licenze di porto fucile che dimostrano, purtrop-po, i pregiudizi che i Giudici am-ministrativi serbano in tema di armi.

Licenza di cacciae revoca del porto d’armi

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è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misu-re di pubblica sicurezza, ma a situazioni gene-ricamente non ascrivibili a “buona condotta” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19/09/2013, n. 4666).

3. La licenza di porto d’armi può essere negata o re-vocata anche in assenza di pregiudizi e controin-dicazioni connessi al corretto uso delle armi, po-

tendo l’Autorità amministrativa valorizzare, nella loro oggettività, sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza pe-nale, anche se non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa comunque desumere la non completa “af-fidabilità” da parte del soggetto interessato all’uso delle stesse (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29/07/2013, n. 3979).

4. Le norme di cui agli artt. 11 e 43 del r.d. 18 giu-gno 1931, n. 773, oltre ad ipotesi tipiche di dinie-go vincolato, collegato alla condanna per alcuni

reati, consentono di negare le autorizzazioni di polizia anche in altri casi essendo previsto, all’art. 43, che “la licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può

provare la sua buona condotta o non dà affidamen-to di non abusare delle armi” (la prova della buona condotta, a seguito della sentenza della Corte Cost. 16 dicembre 1993, n. 440, grava sull’Amministrazione). Pertanto la circostanza che il soggetto richiedente sia stato sottoposto a misure di sicurezza e detenuto agli arresti domiciliari è del tutto significativa ben poten-do giustificare un giudizio di non sussistenza del re-quisito soggettivo della “affidabilità”; la motivazione è sufficiente a rendere comprensibile l’iter logico se-guito e non illogiche le conclusioni adottate; trattasi, infatti, di elemento idoneo a fondare la valutazione fatta dal Prefetto, della quale non si evidenzia alcuna irragionevolezza o difetto di istruttoria, alla luce della propensione dell’interessato alla violazione delle re-gole (C.d.S., sez. III, sent. 5398 del 31 ottobre 2014).

Viagrande (CT), il 7 novembre 2014

Dott. Giovanni Di Giuntaper Sindacato Nazionale Cacciatori

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Presentato a Gennaio 2014 allo Shot Show di Las Vegas, l’atteso LA322 di Chiappa Firearms sarà in distribuzio-ne dalla fine di ottobre.

chiappa firearmsfinalmente pronto l’atteso levain calibro .22LR

Questa replica Western presenta diver-se caratteristiche tipiche; spingen-do a fondo la leva, il bossolo viene

estratto da una finestrella posta sulla par-te destra della bascula; la sicura è manuale (cane in mezza monta), e le mire sono una tacca di mira “Buckhorn” con alzo e deriva regolabili manualmente e mirino a tunnel.Attualmente disponibile solo nella ver-

sione con calcio in legno, sarà prossima-mente proposta anche la versione DELU-XE con calcio a pistola in noce zigrinato.Il LA322 unisce la meccanica affidabi-le a cui ci ha abituato Chiappa Firearms ad un prezzo assolutamente eccezionale. Il prezzo al pubblico è sotto i 500 €, con-tro i 1.000 – 1.500 € che sono il costo me-dio degli altri fucili a leva della stessa casa.

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Fucili da caccia

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Questo risultato è stato possibile grazie ad alcuni accorgimenti che (grazie anche al pic-colo calibro, ovviamente) hanno permesso di risparmiare soprattutto su qualche det-taglio estetico. Il calcio per esempio è in le-gno di faggio verniciato, mentre i classi-ci fucili a leva dell’azienda di Azzano Mella sono in noce con finitura manuale ad olio.La bascula è in lega e la tartarugatura “artificia-

le”, ovvero è ottenuta con un procedimento di decorazione di ultima tecnologia, al posto della classica (e costosa) tartarugatura tradizionale.La “semplificazione” del LA322 rispetto ad

altri fucili a leva più strutturati – cosa per-fettamente in linea con il calibro leggero - comporta d’altro lato gli innegabili vantaggi legati ad una formidabile semplicità di utilizzo.Il caricamento per esempio viene fatto smon-tando l’astina del tubo caricatore che ha un aggancio a baionetta; poi si fanno sempli-cemente scendere le cartucce per gravità te-nendo la canna rivolta leggermente verso l’alto e si riposiziona l’astina premendo leg-germente per comprimere la molla carica-tore. Il fucile ha una capacità di 15 colpi.Altra operazione facilissima è lo smontaggio: basta aprire la leva completamente, svitare il vitone posto sulla parte destra della bascula e sollevare la metà posteriore del fucile con il calcio. In questo modo il LA322 si divide in due parti per un agevole trasporto, per una comoda pulizia o anche per riporre separa-tamente le due parti a favore della sicurezza. Ovviamente il rimontaggio viene effettuato con il procedimento inverso, in pochi secondi.In generale il LA322 è un indovinatissimo connubio tra gli eleganti e pregiati fucili a leva di Chiappa Firearms e le moderne repliche di piccolo calibro: il divertimento è assicurato.

SCHEDA TECNICA:Codice: CF920.351 - LA322 L.A. CARBINE TAKE DOWNTipo di arma: fucile Lever Action a percussione anulareCalibro: 22LRAzione: a levaCanna: 47 cm, tonda, 6 righe con passo 1:16” DXAlimentazione : tubo caricature tondo da 15 colpi (22LR)Sistema di scatto: singoloCalcio: Stile inglese, in faggio Mirino: a tunnelTacca di mira : stile Buckhorn, regolabile in alzo e derivaSicura: Mezza monta del canePeso: Modello in legno 2,5 kg Lunghezza totale: 90 cmFinitura: bascula tartarugata, canna brunitaNote: azione molto fluida, estremamente preciso, bascula predisposta perattacco cannocchiale, smontaggio estremamente semplice e veloce mediante vite zigrinata sul lato dx della bascula

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A poco più di un anno di distanza dalla commercializ-zazione del M1 in calibro .22LR, Chiappa Firearms è pronta ad offrire lo stesso modello nel richie-stissimo calibro .9 Luger, ovvero 9 x 19.

Replica M1 dichiappa firearmsdopo il .22LR arriva il 9mm Luger

Due cenni storici sul modello M1: ide-ato dall’ex-galeotto David Marshall “Carbine” Williams e progettato ini-

zialmente come arma per la seconda e terza linea da Winchester nel calibro .30, divenne l’arma prodotta in maggior numero durante la

seconda guerra mondiale con un forte impe-go anche in prima linea. Ne vennero realizzati circa 7 milioni di esemplari. Era molto apprez-zata perché, pur essendo leggera e manegge-vole, aveva una discreta gittata ed un buon volume di fuoco. Motivo per cui venne utiliz-

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Fucili da cacciazata per decenni in diversi paesi anche dopo che, alla fine della guerra del Vietnam, gli Stati Uniti la tolsero dalla lista delle armi ufficiali.La replica di Chiappa Firearms è come sem-pre molto fedele all’originale, di cui ripro-duce i comandi e i dettagli come attacco baionetta, pulsanti e mire. Chiaramente la meccanica varia in base alla variazione del calibro, che passa dall’originale.30 (a presa di

gas) ad un 9 mm Luger (a massa battente).Il pubblico a cui si rivolge questa carabi-na è piuttosto variegato e spazia dai tira-tori sportivi a collezionisti e cacciatori.L’M1-9 viene fornito di serie con due carica-tori bifilari da 10 colpi stile Beretta 92; questi caricatori sono perfettamente compatibili con i modelli Beretta 92 e 98 in commercio, inclusi

quelli ad alta capacità. Allo stesso modo l’M1-9 è compatibile con la maggior parte degli accessori disponibili sul mercato per gli M1. La tacca di mira in metallo è regolabile in alzo e deriva e può essere rimossa per montare un’ot-tica. Canna e otturatore sono in acciaio mentre bascula e bocchettone caricatore sono in lega.Il sottoguardia, che presenta un comando sicura con la stessa configurazione dell’o-

SCHEDA TECNICA

Azione: semiautomatica, a massa battenteLunghezza canna : 19” (48 cm)Lunghezza totale: 36” (91 cm)Caricatori: 10 colpi, stile Beretta 92, 2 pezzi inclusi nella confezioneGrilletto: singoloVersioni disponibili: calcio in legno e calcio in polimero neroMirino: Fisso, in metalloTacca di mira: regolabile in alzo e deriva, in metalloPeso: 5,9 lbs (2,67 kg)Sicura: blocco grilletto

riginale, è realizzato in polimero men-tre i componenti di scatto sono in acciaio.Esistono attualmente due versioni del M1-9, uno con calcio in legno e uno con calcio in polimero. Particolari versioni camouflage sono disponibili negli Stati Uniti, dove il mo-dello M1 è distribuito dal colosso Legacy che lo commercializza con il marchio Citadel.

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La Casa statunitense ha presentato recentemente una cartuccia a munizione spezzata dotata di par-ticolari innovativi frutto di una ricerca appro-fondita sui componenti e sulla balistica terminale.

Winchester svela la cartuccia Blind Side calibro 12/70

Le migliorie sulle cartucce a pallini sono meno percepibili di quelle ap-portate alle consorelle per le canne

rigate dove una rosata di alcuni colpi cer-ziora immediatamente sulla validità dell’in-novazione. Pochi sono nelle condizioni di provare sull’appropriato bersaglio cartaceo le rosate di pallini, men che meno di com-piere quei magnifici rilevamenti su apparec-

chi elettronici, ma in compenso chi è dav-vero interessato e maneggia la materia con il dovuto mestiere coglie rapidamente sul campo l’essenza di quel che ha per le mani. Esaminiamo una cartuccia presentata recen-temente dalla BWMI e prodotta dalla Win-chester, del gruppo Olin® Corp. in uno dei propri stabilimenti degli Stati Uniti. Già sul-la bella e accattivante confezione nei colori

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Munizioni

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nero, argento e rosso, spicca la destinazione specifica per cui la cartuccia è stata pensa-ta: gli acquatici. Sappiamo quanto sia diffusa questa selvaggina in molti dei territori del Continente Nuovo, dagli USA al Canada, dal Centro a molte zone del Sud America e si comprenderà come la finalizzazione degli studi sia stata molto ben spesa. A vivacizzare la cosa una piccola scritta con cui si segna-la al cliente come l’azienda orgogliosamente sponsorizzi l’organizzazione Ducks Unlimi-ted (www.ducks.org) che cura appunto il mantenimento e la salvaguardia delle zone umide: dove poi si andrà a caccia coglien-

do in maniera opportuna e regolamentata i frutti degli investimenti mentre qui da noi sarebbero fabbriche di poltrone, appannag-gi e inattività, salvo quella di sbinocolare. La cartuccia prende le mosse dall’impiego, oramai obbligatorio un po’ dappertutto, dei pallini di acciaio che non hanno le brutte prerogative del piombo quando vengono ingeriti dai selvatici. Al di là di tale giusta

considerazione, per le armi e la balistica questa scelta ha creato diversi problemi, ma l’industria è lì apposta per risolverli al me-glio: le canne odierne sono tutte certifica-te per l’impiego di simili munizioni, ma la resa com’è? A parità di condizioni inferiore, senza dubbio, quindi occorre un qualcosa di diverso per ripianare la questione e non far rimpiangere il bel tempo andato. La carica della Blind Side calibro 12/70 è pari a 35 g, quindi caratteristica e conforme agli usi; la velocità denunciata pari a 425 m/sec dice già qualcosa di più interessante della media nel rapporto con il peso di carica e sappiamo

bene quanto tale parametro giochi a favore della letalità, specie su selvatici con un piu-maggio assai poco penetrabile come quello delle anitre; la densità di rosata è figlia del numero di pallini e del loro viaggio nella canna prima e dalla canna al bersaglio poi. Gli studi Winchester hanno ottimizzato la velocità, il Gruppo Olin® ha polveri di ogni genere e non dev’essere stato un problema

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mettere a punto quella specifica, volgen-do l’attenzione al rapporto peso/numero di pallini e individuando una forma antica, mai usata però nel settore: l’esaedro è in pra-

tica il dado da gioco con facce piane raccordate da spigoli smussati. Con apposito macchinario si stiva nel contenitore del-la cartuccia una colonna ordinata che contiene un numero maggiore del-le solite sferette (circa + 15%), ergo ci saranno più elementi in volo a guarni-re la rosata. Quest’ultima a sua volta viene molto favorita dall’adozione nel caricamento di una cop-petta inferiore a due con-cavità contrapposte sopra a cui è posizionato un tu-betto contenitore con tre alette lanceolate intagliate nella parete cilindrica: l’a-ria relativa al movimento impiega un certo tempo/percorso ad aprirle quin-

di la colonna di pallini vola distante dalla bocca del fucile rimanendo compatta e di-sperdendosi solo più avanti. Inoltre questi proiettili possiedono un fattore di forma fa-

vorevole al volo e al man-tenimento della velocità riducendo drasticamente le dispersioni periferiche con da ultimo, ma non ultimo, un potere lesivo decisamente maggiore della classica sfera. In fi-nale viene da domandare se questo non sia l’uovo di Colombo? Pare sempre così quando qualcuno arriva per primo alla so-luzione di un problema.

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Sono utili nella caccia all’aspetto e in condizioni di scarsa visibilità. Servono anche a individuare la di-stanza della preda e la sua grandezza. Stiamo parlando delle ottiche di mira montate spesso sui fucili da caccia.

che da usare e del rapporto qualità/prezzo di molti di questi prodotti. Ultimamente si parla spesso anche di aziende che producono ottiche professionali di qualità e a prezzi ac-cessibili. Una di queste è la Konus, gettonata marca italiana che produce ottiche da caccia

Le ottiche sono degli accessori utilissimi per cacciare ungulati a lunghe e basse distanze, specie quelli che si nascondo-

no tra radure e fitte boscaglie, dove la mira risulta più complicata. Ultimamente si parla spesso di ottiche di mira, delle migliori mar-

Ottiche di mira Konus...quali scegliere?

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Ottichee da tiro. Konus è un’azienda che fa parte del Made in Italy e che gli rende onore creando prodotti funzionali e di qualità. La qualità di Konus è legata a un marchio nazionale e la cosa non dispiace affatto, anche se molti cacciatori tendono a preferire i noti marchi stranieri. Queste preferenze non nascondono critiche o perplessità nei confronti delle otti-che Konus, ma solo “gusti” personali e libere scelte dei consumatori. In effetti, nella scelta di un’ottica di mira bisogna anche conside-rare il tipo di fucile su cui sarà applicata e il tipo di caccia per sui sarà utilizzata. Sul ca-talogo on line di Konus, comunque, vengo-

no chiaramente indicate le tipologie di fucili e i calibri su cui applicare le ottiche di mira. Le ottiche della Konus possiedono il retico-lo 30/30 , ovvero una griglia posta all’inter-no dell’oculare e divisa in quattro sezioni che consentono di determinare la distanza del selvatico e la sua grandezza. Nelle ottiche a tecnologia più avanzata, il reticolo è anche illuminato, ovvero nel centro di intersezione della griglia appare un punto di colore ros-so che consente di vedere la preda anche in condizioni di scarsa visibilità. Le ottiche con reticolo 30/30 illuminato prevedono anche la funzionalità standard senza illuminazione. La Konus produce anche ottiche con reticoli

incisi: si tratta di griglie incise al laser, che si presentano molto robuste e senza rischio di spostamenti e di errori di mira. La serie di ottiche di mira della Konus è molto vasta: bi-sogna solo scegliere quella più adatta al pro-prio fucile e alle proprie esigenze. Sfogliando il catalogo on line dell’azienda ci si accorgerà di ottiche adatte solo al tiro e a fucili calibro 22 e di ottiche adatte alla caccia. Tra i modelli adatti all’attività venatoria ricordiamo il 7257 K.PRO 3-12x50 30/30 ILL ( dove ILL sta per reticolo illuminato), il 7256 K.PRO 3-12x50 30/30, 7265 K.PRO 3-9x50 30/30, il 7253 K.PRO 3-9x32 30/30 ILL e il 7248 K.PRO

2.5x32 AIM-PRO. Tutte le ottiche da caccia della Konus hanno obiettivo regolabile, otti-che multitrattate e sono resistenti all’acqua, all’umidità, ai traumi e agli urti. Per scegliere il giusto modello bisogna tenere conto dell’in-grandimento dell’obiettivo. Tutti i modelli in-dicati sono adatti alla caccia e al tiro, solo uno di questi viene indicato come adatto ai fucili a pompa, balestra e blackpowder. Si tratta del modello 7248 K.PRO 2.5x32 AIM-PRO, con reticolo inciso al laser che garantisce una fa-cilità di puntamento in qualsiasi condizione, anche con selvatico in movimento. Le ottiche Konus vengono rese impermeabili grazie al gas nitrogeno. Il peso e la lunghezza di questi

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accessori di mira varia in base al modello. Il 7248 K.PRO 2.5x32 AIM-PRO, ad esempio, pesa 323 grammi ed è lungo 278 millimetri. Il 7257 K.PRO 3-12x50 30/30 ILL è, inve-ce, lungo 355 millimetri e pesa 538 grammi. Grazie ad uno zoom molto potente, quest’ot-tica di mira può essere usata in qualsiasi con-dizione atmosferica. Naturalmente, le ottiche

più pesanti e lunghe e con maggiore diame-tro, vanno abbinate ad armi altrettanto re-sistenti e robuste. Alcuni modelli di ottiche si rivelano particolarmente adatti alla caccia all’alba o al tramonto. Si tratta del modello 7256 K.PRO 3-12x50 30/30, ottica con dia-metro di 50 millimetri e il classico reticolo 30/30, adatta alla caccia durante il crepusco-lo e quando gli animali sono in attività. Le ottiche Konus vengono sottoposte a test per resistere ai contraccolpi degli spari. Questo è un altro particolare da tenere bene in men-te prima dell’acquisto di un’ottica. Strumen-ti poco resistenti, infatti, possono rompersi durante lo sparo, causando anche danni al cacciatore. Le caratteristiche tecniche delle ottiche di mira Konus, con ingrandimen-to obiettivo 3- 12x50 sono: paraluce; retico-lo 30/30; campo visivo a 100 metri, 9,5m a 3x - 2,4m a 12x; eye relief, ovvero distanza di accomodamento dell’occhio, 76,2 millimetri; pupilla d’uscita, 16,7mm a 3x - 4,2mm a 12x; valore di scatto in millimetri a 100 metri, 6,3 millimetri; gamma di regolazione per distan-

za di 100 m, 1,45 metri; distanza di montag-gio, 53 mm. Le ottiche di mira o puntamento della Konus si mantengono in una fascia di prezzo medio bassa e comprendono cifre che vanno dai 150 ai 500 euro. La differenza di prezzo di queste ottiche, con quelle di mar-che più famose, è notevole. I modelli delle “grandi marche” possono costare anche più

di 1000 euro, ovvero quanto lo stipendio di un operaio. Anche un operaio, però, ha dirit-to a vivere pienamente la sua passione per la caccia. Con i suoi prodotti a prezzi accessi-bili, Konus, azienda veronese nata nel 1979 , ha cercato di rivolgersi proprio ai cacciato-ri che non possono permettersi di spendere grosse cifre. Naturalmente, la qualità di un prodotto si misura sempre con l’uso. Nel caso delle ottiche da puntamento Konus possia-mo dire che si tratta di cannocchiali variabili, cioè in grado di adattarsi al puntamento di ungulati in montagna e in spazi aperti. Per tirare conviene un ingrandimento massimo di 10x, mentre quello massimo di 12x diven-ta ideale solo per osservare meglio il bersa-glio senza colpirlo. Questo ingrandimento è adatto anche alla caccia all’altana per ca-prioli, daini, mufloni e cervi, mentre il 3x è ideale per la caccia all’aspetto ( in cui si at-tende la preda) di orsi e cinghiali durante le notti di luna piena. In linea generale, le otti-che Konus 3-12x 50 sono ideali per la caccia all’aspetto in scarse condizioni di visibilità.

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Ho messo alla prova il mio bellissimo Seba-stian con l’addestramento su selvaggina dopo i sette mesi come consigliatomi: d’altronde per imparare i comandi “terra” e “di riporto”, qualche mese c’è voluto. Il cane, particolar-mente precoce, ha dimostrato una ca-pacità di apprendi-mento sorprenden-te e quando ai sette mesi aveva già assi-milato la tecnica del riporto, con grande stupore da parte di quel bisbetico di mio suo-cero, ho deciso di lanciarmi nell’addestramen-to su quaglia. Ho letto una marea di libri, ho guardato un’infinità di video su You Tube ma in verità non c’è niente di meglio dell’espe-rienza sul campo. La nostra palestra è sta-ta la campagna nei dintorni della mia casa di vacanza, nella costa sud orientale sarda.L’addestramento è partito in maniera piuttosto

semplice: passeggiavo con Sebastian, lo lascia-vo andare, ma di tanto in tanto lo richiamavo per testare la sua ubbidienza. Quando il rap-porto di fiducia si è fatto completo ho deciso di iniziare a presentare Sebastian al selvatico.

Per quanto Efisio, un mio carissimo ami-co cacciatore vecchio stampo, mi abbia consigliato di procu-rarmi delle starne, io ho optato per la qua-glia detta gabbiarola:

mi riferisco a quelle quaglie selvatiche cattu-rate durante la bella stagione per uso cinofilo e venatorio. Forse non saranno scaltre e sagaci quanto le starne, ma devo dire che hanno as-solto al proprio compito in maniera egregia. Il primo esercizio che ho sperimentato per stimolare l’istinto alla ferma di Sebastian mi è stato ancora una volta consigliato da quel gran cacciatore che è Efisio: “Lega una quaglia

Racconti di caccia

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Sebastian mi è stato regalato da mio suocero che credo non mi stimi molto come cacciatore: per questo quan-do mi ha messo in mano quel cucciolone delizioso mi ha consigliato di cimentarmi al massimo nella caccia alle quaglie, e io gli ho dato retta visto che non reputo esi-stano attività venatorie più o meno semplici; inoltre volevo dimostrargli che con un buon addestramento, conduttore e cane da caccia possono arrivare a gran-di livelli e cose da non crederci, ci sono riuscito!

Io, sebastian e...l’addestramento su quaglia

...Ricordo ancora bene quella mattina: mio fi-glio, senza farsi vede-re dal cane si è occupato di piazzare le quaglie...

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per una zampetta con uno spago lungo più o meno 2 metri e mezzo, aiutandoti con un anel-lino di cuoio e posizionala a terra trattenendo il filo”, mi ha detto e io mi sono affidato al suo consiglio. Mio figlio si occupava della quaglia e io di Sebastian che legato al guinzaglio si è diretto quasi per caso proprio in direzione del selvatico. Il suo primo istinto quando ha in-travisto la quaglia è stato di saltarle addosso, mi aveva avvisato Efisio! Per fortuna i miei riflessi si sono dimostrati migliori dei suoi: sono riuscito a trattenerlo e accarezzandolo l’ho calmato. Durante questi primi incontri con le quaglie, l’olfatto del cane fermo a vista si è formato in maniera eccellente: non potendo raggiungerla poteva solamente scoprirne tutti i segreti per mezzo del suo eccezionale fiuto. Superata la prima fase dopo qualche setti-mana siamo entrati nello spirito vero e pro-

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prio dell’addestramento. Quel che consiglio è di non consentire ad altri cani, più o meno esperti di aggregarsi: il rischio è quello di di-strarre il piccolo che deve sviluppare il suo senso venatorio. Io dopo le prime giornate prive di risultati in compagnia di amici, ho deciso di provare esclusivamente con l’aiu-to di Giovanni, mio figlio. Prima di tutto ci siamo procurati due quaglie con delle ottime ali (questo è un fattore davvero importan-te specie agli inizi); in seguito ci siamo recati in campagna: è fondamentale che le quaglie abbiano una buona capacità di volo perché, mi è stato detto, che se al primo tentativo il cane riuscisse a raggiungerle e a prenderle ne andrebbe della sua futura capacità di ferma. Ricordo ancora bene quella mattina: mio fi-glio, senza farsi vedere dal cane si è occupato di piazzare le quaglie. Le ha leggermente stor-

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dite scuotendole e le ha posizionate in punti ben riparati dall’erba alta. Ha lasciato tracce un po’ ovunque, tanto per rendere difficile il lavoro di cerca del cane e alla fine si è allonta-nato. Il vento, rigorosamente in faccia al cane gli ha portato fin da subito ventate di selvati-co: dopo un “terra” e un “via” ho lanciato un sassolino nei pressi della quaglia (i punti sono stati segnati con un bastoncino da parte di mio figlio) e raggiunta la zona x ho fermato Seba-stian dolcemente, l’ho accarezzato e gli sono stato accanto facendogli seguire passo a passo la quaglia. La prima ferma non la dimentiche-rò mai, un poco goffa ma piena di entusiasmo. Dopo qualche minuto, frugando il terreno con un bastone ho fatto frullare la quaglia e ho lasciato che Sebastian la seguisse fino in fon-do, tanto per fargli prendere gusto al “gioco”.Naturalmente ho ripetuto questo esercizio più volte, cambiando zone di lavoro e in al-cuni casi non piazzando alcuna quaglia. E’ l’unico modo per prendere di sorpresa il cane che si stancherà presto se l’addestra-mento viene proposto in maniera ripetitiva.

L’incontro con la quaglia, quando avviene, deve essere sempre imprevisto ed eccitante. Nel giro di qualche settimana Sebastian ha sorpreso, durante la caccia, non solo me, ma anche quel simpaticone di mio suocero. Il miei consigli dunque, quando si tratta di adde-strare su quaglia un cane da ferma sono almeno 5:• utilizzare quaglie che siano ottime vo-latrici. Non ha senso voler risparmiare qual-che quaglia limitandone le capacità di volo;• per evitare che il cane acchiappi la qua-glia scegliere location con campi molto ampi;• cambiare ogni vol-ta zona di addestramento;• evitare allenamenti metodici e ripetitivi: l’addestramento deve riproporre il più possibile una condizione di caccia standard con incontri più o meno frequenti e appaganti con il selvatico;• posizionare sempre il cane con-tro vento, in modo che possa chiara-mente percepire le tracce del selvatico.Detto questo ti auguro buona fortuna e naturalmente buon divertimento: l’ad-destramento su quaglia è anche questo!

Racconti di caccia

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Accessori per la caccia

Il collare beeper “CANIBEEP RADIO PRO” mette in comu-nicazione cane e cacciatoreIl CANIBEEP RADIO PRO della Cani-com è un collare beeper ideato per stabi-lire un contatto tra il cane ed il padrone.E’ stato progettato per consentire al cac-ciatore di localizzare il cane quando è in

ferma, in cerca o quando si ritiene necessario. Durante le battute di caccia, spes-so, è necessario stabilire un contatto con il cane ai fini di una buona riuscita della stessa.Canibeep Radio Pro è un collare beeper dotato di telecomando, che per-mette al cacciatore di localizzare immediatamente il cane fino a 300 mt.

Pattadese, Coltelli di Sarde-gna per Tradizione.Si tratta di un coltello a serramanico, dal-la linea affusolata e sinuosa con il manico in monoblocco con un’anima in ferro o ottone, compresa tra due guance in corno. Antica-mente, ma anche oggi, veniva commissionato a seconda delle esigenze che andava a servire.

Il corno usato per la realizzazione del Pattadese è di muflone o montone,

Hornady Lock-N-Load Sonic Cle-aner e i 100 bossoli come nuoviÈ possibile, disponendo dell’attrezzatura adatta la pu-lizia dei bossoli, prima di procedere con ogni ulte-riore criterio di selezione, può determinare il più indimenticabile dei successi sportivi se ben esegui-ta, oppure il più doloroso sconforto se sottovalutata.

Dalla Hornady Manufactoring Company di Grand Island, Nevada, ci giun-ge notizia di questa nuova pulitrice elettrica per bossoli, la cui conce-zione coinvolge la tecnologia degli ultrasuoni applicata alla ricarica.La macchina può pulire, in una sola sessione, cento bosso-li calibro .308 Winchester, oppure ben duecento in calibro .223 Remington.

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Veterinaria

Benessere del cane integratori si, integratori no

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Capita a tutti di avere dei periodi di completa spossatez-za, capita anche ai nostri cani. Sono molti i cacciatori che per ovviare al problema, specie poco prima di gior-nate venatorie importanti, o in concomitanza di gare de-cidono, in totale autonomia, di “tirare su” il morale del proprio ausiliario facendo uso di integratori. Purtrop-po non si tratta sempre della scelta migliore.

E’ una vera e propria giungla e riuscire ad orientarsi diventa davvero diffici-le, anche per gli addetti ai lavori. Ep-

pure è in gioco la salute dei nostri cani, per cui

informarsi prima di utilizzare qualsiasi inte-gratore è un obbligo per il cacciatore che tiene al benessere del suo amico a quattro zampe. E’ proprio la quantità dei prodotti messi

Benessere del cane integratori si, integratori no

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in commercio con fini venatori a creare la massima confusione. Ce ne sono davvero di tutti i tipi e le differenze sono notevoli. Integratori e nutraceutici. La differenza è no-tevole: il primo è considerato comunemente dai cacciatori qualcosa da somministrare ai propri cani in caso di carenze nutrizionali. L’obiettivo è sempre lo stesso, ottimizzare lo stato di salute del proprio ausiliario o mi-gliorarne le prestazioni fisiche. I nutraceutici sono qualcosa di differente. Si tratta in gene-re di alimenti che possiedono proprietà tera-peutiche tali che possano essere assimilabili ai medicinali. Sono un esempio dei nutraceuti-ci utilizzati in veterinaria i acidi grassi omega tre e sei, la glucosammina e condroitina, ma anche i probiotici e i prebiotici comunemen-te impiegati per migliorare le funzionalità intestinali del nostro amico a quattro zampe.

No al passa parola. Capita per gli esseri umani, figuriamoci per i cani: spesso e vo-lentieri si somministrano integratori e nu-traceutici solo perché quell’amico o quel

conoscente ce lo ha consigliato. In verità si tratta di un azzardo che potrebbe causare ri-schi anche seri per la salute del nostro cane. Spesso e volentieri infatti si ignorano total-mente quelli che sono i principi attivi che il medicinale contiene e si ignora in realtà quale sia il problema del cane: si considera semplicemente l’integratore una pillola ma-gica in grado di risolvere qualsiasi problema. Il veterinario. E’ per questo che il consiglio principale da darsi è quello di contattare pri-ma di tutto il proprio veterinario. I problemi che limitano le prestazioni del cane possono essere infatti numerose e di carattere me-dico, fisiologico o magari ambientale. Una pillola generica non è in grado di curare in-festazioni parassitarie, leishmaniosi, sbalzi ormonali, o regalare sollievo dal caldo, dal freddo o da una troppo pesante preparazio-

ne atletica. Si tratta di problemi che devono essere analizzati con fermezza e competen-za, e una consulenza di tal genere la può dare solo il proprio medico veterinario. Quindi

Veterinaria

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no, in qualsiasi situazione all’auto diagnosi. Occhio all’alimentazione. L’abbiamo già sot-tolineato, le cause che rendono meno bril-lante il nostro amico possono essere nu-merose, per quanto il più delle volte vanno ricercate nell’alimentazione: quel che si mette nella ciottola è davvero importante, visto che è in grado di determinare la buo-na salute e l’efficienza del nostro ausiliario. Chi sceglie di nutrire il proprio cane utiliz-zando mangimi industriali il più delle vol-te non avrà necessità di alcun integratore. Quelli industriali infatti sono prodotti che fin da subito vengono addizionati con vita-mine e minerali nella misura ottimale per l’animale e spesso e volentieri sommini-

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strarne degli altri integratorio potrebbe di-mostrarsi controproducente. Il cacciatore che sceglie un buon mangime dunque non dovrà fornire vitamine, aminoacidi e mi-nerali aggiuntivi. Somministrare multivi-taminici potrebbe avere un qualche senso nel caso in cui si sia scelto di alimentare il proprio animale con una cucina casalinga. In questo caso si potrà controllare la qua-lità dei cibi proposti ma un calcolo reale relativo alle vitamine e ai minerali som-ministrati sarà praticamente impossibile. In ogni caso aggirare la consulenza del veterinario sarebbe un errore e po-trebbe costare tanto sia al portafoglio del cacciatore sia alla salute del cane.

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