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TECNICA DA CORSA
Ecco le due svedesi che ci aspettano: con il numero 400 quella di Marco Tognoli e con la mascherina di colore bianco e rosso la 570 di Rinaldi.
Il settore off-road si dimostra una fucina di novità tecniche e le Husaberg con cilindro orizzontale e albero motore rialzato ben rappresentano il dinamismo del settore. Dopo il 4T nel cross, questa sarà una nuova svolta epocale?
fan girar la testa
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Per una volta, le svedesi di cui ci si
occupa non sono gentili donzelle
ma motociclette Husaberg che, nel
2009, hanno stupito il mondo dell’enduro
presentando una rivoluzione tecnica che ha
fatto e farà parlare ancora tanto di sé. L’en-
trata di Husaberg nell’orbita KTM, qualche
anno fa, ha permesso a quest’ultima di
usufruire di propulsori affidabili e prestazio-
nali con cui arricchire la propria gamma di
monocilindriche di grossa cilindrata. Nello
stesso tempo, però, ha consentito di rifles-
so alla Casa svedese di potersi concentra-
re su progetti tanto innovativi quanto con-
creti. La presentazione del nuovo
propulsore con il cilindro orizzontale e l’al-
bero motore rialzato è, a tutti gli effetti, frut-
to di questa collaborazione “polverosa”.
Delle particolarità tecniche del motore ab-
biamo già parlato nella monografia pubbli-
cata sul numero di marzo 2009, ora è ve-
nuto il momento di verificare con una prova
sul campo la bontà effettiva di queste scel-
te. Per l’occasione, abbiamo avuto a dispo-
sizione due Husaberg FE: la 450 di proprie-
tà di Marco Tognoli, patron di Husaberg
Italia, con la passione dell’enduro che co-
munque partecipa ancora a qualche gara
regionale, e la 570 di “Mister Offroad”, quel
Mario Rinaldi che non ha certo bisogno di
presentazioni e che ci ha fatto da cicerone
per i boschi attorno ai laghi lombardi. Il ter-
reno della prova è stato appunto la patria
dell’enduro, i monti sopra Brescia e Berga-
mo. Percorsi fatti di mulattiere, con un fon-
do di terra costellato di pietre scivolose
come sapone, a causa della pioggia della
sera prima.
A una prima occhiata, la moto appare par-
ticolarmente curata esteticamente, almeno
rispetto allo stile duro e puro a cui ci aveva
abituato la Husaberg. Scrutando con mag-
giore attenzione, salta subito all’occhio
l’architettura del propulsore, con il cilindro
orizzontale disposto stranamente più in alto
rispetto al cambio. La scelta dei tecnici sve-
desi di posizionare l’albero motore così in
alto ha lo scopo di porre il baricentro del
motore in prossimità del centro delle mas-
Testo: Matteo Bacchi - Foto: Stefano Pelati, Simone Salotti
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La vista di tre quarti posteriore mostra le linee ricercate e la parte posteriore con il telaietto in mate-riale plastico e il silenziatore “sparato” verso l’alto.
La parte sinistra della moto evidenzia il layout del propulsore con la particolare disposizione del cilin-dro. Il telaio ha il family feeling KTM, anche se la culla inferiore lascia una notevole luce a terra, decisa-mente più ampia di una motocicletta tradizionale.
La curva del collettore di scarico cela in parte il motore nella parte destra. Fa specie il coperchio della frizione in verticale sotto l’albero motore.
Il cilindro, praticamente orizzontale, è posto deci-samente in alto: l’albero motore, infatti, è in corri-spondenza del baricentro della motocicletta.
se della moto. Il risultato è una riduzione
del momento di inerzia dell’intera motoci-
cletta, per favorire nettamente la maneg-
gevolezza pur con una cilindrata elevata.
Le sovrastrutture sono ottimamente rac-
cordate e l’altra particolarità che non sfug-
ge a un occhio attento è l’assenza del
classico telaietto posteriore, che nelle pre-
cedenti versioni lasciava un vistoso spazio
vuoto immediatamente sotto la sella, in
corrispondenza dell’attacco del monoam-
mortizzatore. In quest’ultima versione, la
parte posteriore è piena e corposa. Il te-
laietto posteriore, infatti, è realizzato in ma-
teriale plastico con la peculiarità che il ser-
batoio, dello stesso materiale, si estende
in basso fino sotto la sella. Il resto della
motocicletta è invece abbastanza “stan-
dard”, almeno a livello estetico, con una
mascherina anteriore che fa da supporto
per il parafango dalla forma ricercata, i con-
vogliatori che si raccordano alla sella e i
fianchetti integrati al parafango posteriore
che punta verso l’alto.
La ciclistica è di alto livello e segue il filone
austriaco con il telaio perimetrale in acciaio,
un forcellone in alluminio vincolato diretta-
mente al monoammortizzatore decisamen-
te inclinato, una forcella a steli rovesciati
montata su piastre in alluminio ricavate dal
pieno, dischi freno a margherita e frizione
a comando idraulico.
Togliendo le sovrastrutture, si possono ap-
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Nel veloce è facile correggere la traiettoria, ma non è immediato fidarsi, anche se la stabilità è comunque garantita.
Il filtro dell’aria è alloggiato in alto tra le travi del telaio in acciaio, in posizione ideale per affrontare i guadi.
profondire gli aspetti tecnici del propulsore
e della ciclistica. Per non farsi mancare nul-
la, il motore è dotato di avviamento elettri-
co ed è alimentato con un sofisticato siste-
ma di iniezione elettronica con il corpo
farfallato da 42 mm posto sopra il cilindro,
in modo da avere il filtro dell’aria posiziona-
to in alto subito dietro il tappo del serbatoio.
Questa disposizione del sistema di alimen-
tazione, e in particolare della cassa filtro, è
particolarmente indicata nella pratica del-
l’enduro, dove non è infrequente affrontare
guadi a volte profondi. Anche la disposizio-
ne del propulsore viene in aiuto nelle situa-
zioni critiche in fuoristrada. Lascia, infatti,
davvero tanta luce a terra e molto spazio
libero dietro la ruota anteriore, con una pra-
tica protezione che agevola i passaggi tria-
listici: toccare la culla sui gradini più accen-
tuati è quantomeno improbabile. È facile
intuire che, con il cambio posto sotto il vano
manovella, le pompe dell’olio devono ob-
bligatoriamente essere due, una di manda-
ta e una ritorno. Questo layout particolare
costringe anche a rivedere l’andamento del
collettore dello scarico che, infatti, prima di
raggiungere il silenziatore, avvolge il moto-
re nella parte destra passando poi molto
vicino al monoammortizzatore. Quest’ulti-
mo è un WP vincolato direttamente al for-
cellone tramite il sistema PDS. Visti gli in-
gombri del complesso telaietto-serbatoio,
non è sicuramente agevole accedere alle
ghiere di taratura del precarico, infatti la
motocicletta di Mario Rinaldi presenta una
modifica per spostare la regolazione infe-
I terreni preferiti della svedese sono le mulattiere sconnesse, dove la leggerezza di guida è simile a una moto di cilindrata inferiore.
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Il corpo farfallato è disposto immediatamente sotto la scatola filtro e, grazie all’inclinazione del cilindro, consente di ottenere condotti di aspirazione praticamente rettilinei.
La pastosità dell’erogazione e la notevole trazione permettono di uscire velocemen-te dalle curve controllando con facilità l’eventuale perdita di aderenza. Va detto che il serbatoio leggermente largo per-mette un buon appoggio alle ginocchia.
Anche in situazioni ostiche è facile trovarsi a giocare sfruttando ogni sasso come fosse un trampolino. L’estrema maneggevolezza consente di evitare gli ostacoli o di andare a cercare ogni minimo appoggio.
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Il serbatoio in materiale plastico ha una forma deci-samente ricercata, volta a sfruttare al massimo gli ingombri e soprattutto a spostare il peso verso la zona mediana della moto.
Freno anteriore con profilo a margherita e pinza Brembo. Il disco è marchiato KTM.
La moto di Rinaldi presenta la pratica regolazio-ne del precarico molla nella parte inferiore del monoammortizzatore, grazie a un componente aftermarket.
riormente. I comandi sono ottimamente
realizzati, al manubrio biconico senza tra-
versino sono vincolate le leve con pompe
idrauliche Magura, mentre i comandi a pe-
dale sono in lega leggera con snodi anti-
rottura e pedane larghe dall’ottimo grip.
IL TESTÈ venuto il momento di salire in sella: subi-
to si apprezzano il piccolo display della
strumentazione e il bottoncino che fa av-
viare il motore senza dover scalciare. La
posizione in sella è ottima, almeno per chi
supera il metro e ottanta, visto che la moto
è alta da terra e la sella dritta e dura. Il
manubrio, in prima battuta, sembra legger-
mente basso (almeno per l’altezza di chi
scrive), ma poi, grazie ai consigli di Mario
Rinaldi, si apprezza la possibilità, in questo
modo, di caricare maggiormente l’avantre-
no pur guidando arretrati.
Fin dai primi metri, si nota una leggerezza
di sterzo che lascia spiazzati: a ogni svol-
ta ci si trova sempre in anticipo, con l’an-
teriore che sembra troppo leggero, sen-
sazione enfatizzata in discesa, dove
sembra che la ruota anteriore tenda a
scappare. Facendo tesoro delle parole di
Rinaldi, il segreto è quello di fidarsi e non
cedere alla voglia di dare la pedata a terra
o di spostarsi in avanti per dare direziona-
lità. La guida migliore è con il corpo indie-
tro, in modo da caricare la ruota posterio-
re per aumentare la trazione, sicuri che
l’anteriore rimanga ben saldo. Si riesce
così a sfruttare la massima reattività del-
l’avantreno coniugando la coppia del mo-
tore di grossa cilindrata con una maneg-
gevolezza da 2 tempi. Nella guida in piedi
poi, si possono apprezzare ancora di più
queste caratteristiche: basta un leggero
spostamento del corpo per evitare gli
ostacoli improvvisi anche in velocità. A
onor del vero, servirebbe un periodo di
prova più lungo per sfruttare al meglio le
doti ciclistiche di queste Husaberg, perché
rappresentano un nuovo modo di inten-
dere la guida nell’enduro estremo. Per quel
che riguarda i motori, il 450 è perfetto per
il neofita perché è molto progressivo e con
un’erogazione pastosa che non mette in
difficoltà; la potenza è presente, ma biso-
gna volutamente andarla a cercare. Il 570,
invece, ha un tiro in basso notevole e,
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KTM ci ha abitua-to a un catalogo Powerparts molto ricco di particolari. Per le moto svedesi, come si può vedere in queste immagini, cambia solo il colore dell’anodizzazione.
complice l’assoluta assenza di picchi di
coppia, basta davvero poco per trovarsi a
viaggiare ben al di sopra dei propri limiti,
sempre che non ci si chiami Mario Rinaldi.
L’erogazione corposa fin da subito fa fare
tanta strada, troppa nel nostro caso e, per
non soccombere, è meglio cercare subito
le marce lunghe; molto meglio mettere la
terza prima possibile che rimanere in se-
conda e fare solchi aggrappati al manubrio.
L’iniezione elettronica è davvero molto a
punto e si avverte quello che in gergo è
chiamato il collegamento della ruota dietro
con la manopola dell’acceleratore, quasi
come se la manopola destra fosse un po-
tenziometro che permette di regolare in
modo diretto e istantaneo la velocità della
motocicletta. Sia con la 450 che con la
570, la trazione è ottima grazie anche al
PDS e il terreno infido ha reso ancora più
evidente questa caratteristica. Come ab-
biamo già accennato, però, è necessario
non farsi ingannare dalla leggerezza del-
l’avantreno che suggerisce di avanzare con
il corpo. Le sospensioni delle due moto
provate sono risultate particolarmente a
punto, con il posteriore che non si muove
in frenata e in discesa e una forcella scor-
revole ma al tempo stesso abbastanza
sostenuta, soprattutto quella sulla 570 per-
sonale di Mario Rinaldi che ha molle ad
hoc. Una piacevole sorpresa è venuta dal-
la frizione idraulica, che richiede il minimo
sforzo nell’azionamento e davvero molto
modulabile, oltre che resistente agli sforzi
prolungati. Per quel che riguarda i freni,
l’anteriore risulta potente e ben modulabi-
le, mentre il posteriore ha una corsa leg-
germente lunga con poco mordente nella
prima fase, pur riuscendo a bloccare la
ruota in caso di bisogno.
Alla fine della giornata non possiamo che
ringraziare Mario “Mr Offroad” Rinaldi che,
dall’alto dei suoi titoli mondiali, oltre a sop-
portarci, ci ha anche cucinato un piatto di
pasta, ma soprattutto ci ha permesso di
conoscere queste due sinuose svedesi che
ci hanno letteralmente conquistato.