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Diagnostica per immagini e radioterapia Prof. A. Blandino 25-03-2015 RADIOLOGIA INTERVENTISTICA Che cos’è la radiologia interventistica? È una branca della diagnostica per immagini, della radiologia in particolare, che si occupa di tutta una serie di procedure che vengono eseguite con guida dell’imaging, minimamente invasive che ci consentono di trattare diversi tipi di patologie. In questo breve incontro vi farò vedere quali sono le più comuni procedure della radiologia interventistica, nonché tutte le tecniche e metodiche che sono utilizzate. È un campo in continua evoluzione, quindi ogni giorno c’è qualcuno che mette a punto una tecnica nuova per trattare nuove patologie. Il vantaggio di utilizzare procedure di questo tipo è legato principalmente ad un abbattimento dei costi, al vantaggio sul paziente che subisce un trattamento poco invasivo, molto spesso in anestesia locale. La cosa più importante e che la distingue dal resto dell’imaging è che in questo campo le immagini non rappresentano il fine della nostra attività, perché nella diagnostica per immagini noi produciamo immagini da interpretare. Nella radiologia interventistica, le immagini ci servono come guida, sono un mezzo per portare a termine la procedura. 1

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Diagnostica per immagini e radioterapiaProf. A. Blandino25-03-2015

RADIOLOGIA INTERVENTISTICA

Che cos’è la radiologia interventistica? È una branca della diagnostica per immagini, della radiologia in particolare, che si occupa di tutta una serie di procedure che vengono eseguite con guida dell’imaging, minimamente invasive che ci consentono di trattare diversi tipi di patologie.In questo breve incontro vi farò vedere quali sono le più comuni procedure della radiologia interventistica, nonché tutte le tecniche e metodiche che sono utilizzate. È un campo in continua evoluzione, quindi ogni giorno c’è qualcuno che mette a punto una tecnica nuova per trattare nuove patologie.Il vantaggio di utilizzare procedure di questo tipo è legato principalmente ad un abbattimento dei costi, al vantaggio sul paziente che subisce un trattamento poco invasivo, molto spesso in anestesia locale. La cosa più importante e che la distingue dal resto dell’imaging è che in questo campo le immagini non rappresentano il fine della nostra attività, perché nella diagnostica per immagini noi produciamo immagini da interpretare. Nella radiologia interventistica, le immagini ci servono come guida, sono un mezzo per portare a termine la procedura.

Come tutto quello che riguarda la medicina, la radiologia interventistica funziona bene se c’è un feeling, quindi il rapporto multidisciplinare è fondamentale. Se vi capita la fortuna (come l’abbiamo noi qui), di avere colleghi che riconoscono la radiologia interventistica e che riconoscono le abilità nostre, è un vantaggio per tutti, perché ne esce un confronto che porta alla crescita comune e ad assicurare il trattamento migliore al paziente che è sempre al centro dell’attenzione.

Per grandissimi linee, nell’ambito della radiologia interventistica possiamo riconoscere procedure vascolari e procedure extra-vascolari, quindi procedure che noi eseguiamo all’interno della radiologia vascolare e delle procedure che riguardano tutto il resto.

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Tra le più comuni procedure vascolari, alcune sono riportare qui in diapositiva.

Si va dall’angiografia che è nata come strumento diagnostico verso la fine degli anni ’60 ed era l’unico metodo nell’ambito della radiologia vascolare: si iniettava del mezzo di contrasto nell’arteria carotidea e si producevano delle immagini; non esisteva l’ecografia, non esisteva il doppler. Oggi a noi serve come guida per eseguire procedure di angioplastica. Tutti voi sicuramente avrete sentito parlare di angioplastica, stenting coronariche: è una procedura che vedremo meglio dopo.Accanto a queste procedure che servono a ripristinare il lume vasale (l’angioplastica serve a dilatare il segmento ristretto, lo stent si rilascia per mantenere pervio il lume di un’arteria), ci sono altre procedure che hanno lo scopo opposto, si impiegano per embolizzare, quindi per chiudere un ramo arterioso che sanguina oppure per andare a “tagliare i viveri” a delle lesioni neoplastiche. Ci sono delle procedure arteriose, venose, impianto di “port” o di altri “device” in vena.

Le procedure extra-vascolari non riguardano più il sistema vascolare ma un po’ tutto il resto. Sono delle procedure che ci consentono di eseguire delle biopsie percutanee eco-guidate, o di andare a drenare liquidi intra-addominali, un versamento pleurico o andare a trattare delle patologie del sistema biliare, come nel caso di ittero ostruttivo, è importante drenare la bile e ridurre l’ittero nel paziente.Ci sono tecniche ablative per il trattamento di tumori: si tratta di

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pungere la neoplasia con aghi o elettrodi e trattarla con delle sedute di radiofrequenza, con microonde.

Quali sono le tecnologie? Innanzitutto la TC.

Un particolare tipo di TC e di recente sviluppo è la FluoroTC che sfrutta le diagnostiche della TC con la possibilità di vedere in tempo reale cosa stiamo facendo, ad esempio se noi vogliamo vedere dove stiamo mettendo l’ago in una lesione, possiamo farlo in tempo reale.La TC ci dà un buon contrasto ma anche un’elevata dose radiante, sia a carico del beneficiario della procedura che è il paziente, che dell’operatore.

Oltre alla TC possiamo usare gli ultrasuoni, quindi le ecografie che sono fantastiche sui tessuti molli, ma ha delle limitazioni perché ci dà solo la possibilità di studiare solo due dimensioni, mentre la TC ci da una visione in 3D e ha delle limitazioni tecniche perché gli ultrasuoni non attraversano l’osso.

Ancora la fluoroscopia cioè la radiografia convenzionale che è la prima che è stata sfruttata per fare questo tipo di procedure e vedete qui alcuni esempi.

Questa è un’angiografia, cioè c’è un “cateterino” nell’arteria femorale, poi si risale, si arriva all’aorta, all’ arteria mesenterica superiore, all’interno della quale si inietta il mezzo di contrasto e si studia la sua morfologia, le sue diramazioni, se ci sono emorragie…

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Come si giunge a poter posizionare un catetere diagnostico all’interno di un vaso? Lo si fa con la tecnica di Seldinger dal nome del suo scopritore e rapidamente vi faccio vedere come funziona.

Questa è l’arteria femorale, vedete la testa del femore, si punge con un ago, lo si ritrae, la fuoriuscita del sangue dimostra che l’estremità dell’ago è all’interno del lume, successivamente si passa una serie di strumenti: prima un filo guida metallico, si sfila l’ago e su questo filo metallico si introduce poi il catetere di materiale plastico, quindi atraumatico per

il vaso, è un catetere radiopaco che attraverso radiazioni siamo in grado di identificare e guidare dall’arteria femorale in aorta e da lì fare delle immagini selettive delle arterie renali, mesenteriche, epatica, a seconda di ciò che dobbiamo valutare.

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A questo punto che siamo nel lume vediamo quali sono le varie procedure nel dettaglio. Quindi abbiamo parlato di angioplastica prima, l’angioplastica è una tecnica che ci permette, mediante l’uso di cateteri particolari, su cui è montato un palloncino, di ripristinare il lume vasale.Immaginiamo di avere un vaso con una stenosi in un paziente con aterosclerosi, noi abbiamo la possibilità di ripristinare il lume vasale grazie all’impiego di questa tecnica.Questo è uno schema del vaso, questa è una placca molle. Come funziona lo possiamo vedere qui: questo è il catetere, la stenosi, si passa un catetere con un palloncino che dapprima è sgonfio, poi lo si gonfia, si fa uno stretching delle pareti vasali e questo è schematicamente il risultato finale.

Lo potete vedere meglio in un caso vero, vedete quello nero è il mezzo di contrasto all’interno del lume, qui riuscite a percepire come ci sia una stenosi significativa del lume, si passa il filo guida, il pallone si gonfia e questo è il risultato finale. L’angioplastica percutanea funziona bene sulle lesioni non calcifiche, che difficilmente si riescono a frantumare e a ottenere risultati soddisfacenti. Non è una condizione scevra da complicanze, una di queste può essere la dissezione intimale che può verificarsi quando si usa un pallone troppo grande rispetto al lume, se c’è uno stretching eccessivo si lacera l’intima e il risultato è la dissezione o si può andare incontro a rottura del vaso nel tempo.

Domanda: la scelta del palloncino va fatta prima? Generalmente sono pazienti che hanno già fatto un doppler o coronario TC, noi prendiamo le misure dell’arteria prima e dopo la stenosi e poi scegliamo il palloncino per diametro e per lunghezza. Questi palloni si chiamano non complianti, cioè si gonfiano ma le loro dimensioni restano sempre le stesse, se è tarato per essere 5 mm x 40 e lo gonfi a 12 atm il palloncino resta 5 e qualcosa, non cresce al crescere della pressione, anche se lo si gonfia tutto, il diametro resta sempre lo stesso.

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STENTStesso discorso vale per gli stent. Lo stent è un cilindro di maglie metalliche che viene sempre inserito con lo stesso procedimento spesso in combinazione o a completamento dell’angioplastica e serve a mantenere pervio il lume del vaso.

Lo vedete qui, è un cilindretto costituito da una maglia metallica, ce ne sono di diverse dimensioni, materiali e lunghezze. Il loro impiego può essere utile ad esempio quando l’angioplastica non ha funzionato o per risolvere la dissezione intimale.

Questa è la stenosi, si passa prima col pallone, si gonfia e si applica lo stent, questo è uno stent montato su un pallone che si gonfia e rilascia lo stent.

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Questo è un esempio di un’ostruzione completa, vedete che manca un bel tratto di arteria iliaca comune di destra però se si riesce con la guida a passare dentro, perché sicuramente qui c’è materiale trombotico e sicuramente si riesce a passare attraverso, a farsi strada, si va a valle e questo è lo stent chiuso.

CHEMIOEMBOLIZZAZIONE DELL’EPATOCARCINOMA

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Passiamo alle procedure embolizzanti che vengono utilizzate ad esempio nel trattamento dell’epatocarcinoma, una neoplasia suscettibile a diverse terapie che vedete rappresentate qui. L’embolizzazione si basa sul principio che l’apporto ematico al fegato è dato per circa 1/3 dall’arteria epatica e per i 2/3 dal sistema portale. Il nodulo degli HCC ha un rifornimento quasiesclusivamente arterioso: questo ci consente di chiudere l’arteria afferente al nodulo senza inficiare la vascolarizzazione del parenchima circostante che deve essere unito sempre al sistema portale e ci consente di determinare la necrosi selettiva del nodulo.Il materiale che si somministra per questa procedura, fondamentalmente è un chemioterapico, il “lipiodol” che è una sostanza oleosa radiopaca e serve a veicolare il chemioterapico all’interno del nodulo e a conclusione una spugna di gelatina che serva a favorire l’emostasi e a far perdurare lo stato ipossico al nodulo.Quindi abbiamo un effetto citotossico dato dal chemioterapico, un effetto citotossico dato dal lipiodol, un effetto ipossico dato dal liquido stesso e dalla spugna di gelatina; tutte queste cose determinano la necrosi del nodulo e non fanno altro che ampliare gli effetti benefici del chemioterapico.Vi faccio vedere direttamente un esempio: siamo con il catetere nell’arteria epatica di destra, questo che vedete è uin grosso nodulo di epatocarcinoma.

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In questa fase, cercando di andare più vicino al nodulo si somministra il chemioterapico e poi abbiamo il controllo post.

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Stiamo mandando il chemioterapico all’interno dell’arteria epatica e vedete alcuni suoi rami che si opacizzano, mentre il nodulo non si opacizza completamente, è infarcito di chemioterapico e prima o poi andrà in necrosi. Molto importante è conoscere i rapporti con i vasi collaterali per due motivi: il nodulo può essere rifornito da un’arteria diversa dall’arteria epatica o ancora ci possono essere delle arterie che originano dall’arteria epatica che vanno a irrorare organi diversi e quindi potremmo indurre necrosi su uno di questi organi diversi.Capita molto spesso che le arterie freniche originino dall’arteria epatica, e bisogna conoscerle per evitare di andare ad embolizzare il diaframma.Vedete qui un’arteria che si porta verso il diaframma.

Questo è un altro esempio di embolizzazione, è un grosso nodulo che non è più rifornito.POSIZIONAMENTO DI FILTRI CAVALIPassiamo al distretto arterioso e al distretto venoso. Cosa sono i filtri cavali? Sono device metallici che si utilizzano in uno di questi casi: servono per prevenire l’embolia polmonare, prevenire effetti da trombosi venosa profonda, in pazienti che non possono fare terapia anticoagulante o se la terapia anticoagulante non ha avuto successo, si ricorre a questo tipo di strumento.

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Questo è un filtro cavale, vedete, sembra un ombrello. Si posiziona all’interno della vena cava, al di sotto dello sbocco delle vene renali. Anche questo si esegue sotto controllo fluoroscopico. Alcuni di questi sono removibili, quindi si possono impiantare per il tempo strettamente necessario e poi si possono rimuovere.

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Questa è una cavografia, vedete la vena cava piena di contrasto, quindi nero, la parte bianca è un grosso trombo flottante all’interno della vena cava. Questo se dovesse distaccarsi darebbe origine ad una grossa embolia di un grosso tronco dell’arteria polmonare. Quindi per via giugulare si posiziona il filtro cavale, si scende verso la cava e si apre questo ombrellino. Se una parte del trombo si dovesse lisare e distaccare verrebbe a crearsi quello che a tutti gli effetti è un feedback.

Questo è un esempio simile solo che è stato inserito per via femorale.

I filtri cavali ormai sono tutti rimovibili se ci sono le condizioni necessarie. Dopo quanto tempo? Dipende: se tu lo metti in una gestante che per le sue condizioni ha un elevato rischio di embolia polmonare, allora lo si mette a copertura di tutto il periodo della gravidanza e dopo il parto lo si può rimuovere. Se tu lo metti ad un paziente che ha una trombosi venosa e non può fare anticoagulanti lo si mette e si lascia. L’indicazione a mettere un filtro cavale è quando fallisce a

terapia anticoagulante o quando non si può fare la terapia anticoagulante: non potendo sciogliere il

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trombo, si mette il filtro. Il filtro non riesce a bloccare la microembolia, ma le cose più grosse si, e sono quelle che provocano danni maggiori.ENDOPROTESI AORTICHEL’altro grosso capitolo della radiologia interventistica vascolare è a cavallo con la chirurgia vascolare e riguarda le endoprotesi aortiche.Le endoprotesi aortiche sono dei grossi cilindri con un’anima di metallo rivestiti da un materiale impermeabile e serve per escludere la placca aneurismatica dal circolo, quindi per aneurismi dell’aorta addominale o toracica. Il rischio di un aneurisma è che possa crescere e possa rompersi.

Questo è un esempio classico di endoprotesi aortica, considerate questa più grande che va in aorta e poi cisono due gambe, una corta e una lunga che andranno nelle due arterie iliache. Messo questo, si posiziona (se è necessario ma spesso lo è) e c’è un coinvolgimento di entrambe le arterie iliache.

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E qui c’è lo schema: aorta, sacca aneurismatica, arteria renale di destra, arteria renale di sinistra, si sale su, si rilascia la protesi che accoda prossimalmente e distalmente alla sacca aneurismatica: in questo modo il sangue passa dentro la protesi e no più dentro la sacca aneurismatica, quindi si annulla il rischio di ostruzione e successivamente si posiziona l’altro.

Vi faccio vedere alcuni esempi con alcuni controlli: questa è l’aorta aneurismatica che è molto grande, vedete il mezzo di contrasto dentro l’aorta e poi vedete tutto il materiale trombotico che si è apposto sulla sacca aneurismatica. Prima e dopo l’intervento. Le dimensioni della sacca non sono aumentate (come è giusto che sia) però il mezzo di contrasto è circoscritto all’interno delle due gambe della protesi. Qui dentro non c’è più pressione e non c’è più il rischio che si possa rompere la sacca aneurismatica. È stato un trattamento andato a buon fine.

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Questo invece è il controllo di un trattamento che non è andato a buon fine. Noi abbiamo la sacca aneurismatica, l’endoprotesi dentro la sacca aneurismatica però vedete che c’è il mezzo di contrasto anche dentro la sacca, nonostante abbiamo posizionato la protesi, la sacca continua ad essere rifornita di sangue.

Ciò può essere dovuto ad una di queste cause: o è un problema tecnico, o è un problema anatomico per cui ci possono essere dei vasi che riforniscono per via collaterale.

RADIOLOGIA INTERVENTISTICA NON-VASCOLAREPer quanto riguarda il distretto non-vascolare, vi faccio vedere che cosa significa drenaggio biliare. Ci sono delle procedure percutanee biliari che possono essere o esclusivamente diagnostiche per cui si punge l’albero biliare, si inietta il contrasto e si studia l’anatomia accompagnata da procedure terapeutiche come il posizionamento di un drenaggio. Come si punge l’albero biliare: per puntura trans-epatica, sotto guida ecografica o fluoroscopia, si punge direttamente l’albero biliare.

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Una volta che si è certi di essere dentro l’albero biliare, sempre con il solito sistema di guida e catetere, si passa un tubicino di drenaggio e può essere rilasciato all’interno dell’albero biliare stesso.

Vedete questa è una colangiografia, questo bianco è il mezzo di contrasto, l’albero biliare è mozzato, qui ci dovrebbe essere il coledoco ma non si vede, c’è una stenosi, il paziente è itterico e l’unico modo che abbiamo per risolvergli l’ittero è posizionare un drenaggio nell’albero biliare che dreni la bile all’esterno. La malattia non si risolve ma quanto meno si riduce la bilirubina, l’ittero e tutto quello che ne consegue.

Questo è un tipo di drenaggio biliare esterno: la bile è drenata all’esterno.

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L’alternativa al drenaggio esterno è un drenaggio interno/esterno cioè quando noi abbiamo la possibilità di bypassare l’ostruzione (ad esempio tumore del pancreas) e di porre l’estremità del nostro catetere addirittura nel duodeno. In questo modo si ricostituisce una via naturale per la bile che può essere drenata nuovamente in duodeno.

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Puntura eco-guidata, vedete in nero le vie biliari, si passa una guida che scende nel duodeno, vedete il coledoco mozzato, si passa la guida e quindi il drenaggio. Noi abbiamo iniettato del mezzo di contrasto nel drenaggio così si opacizzano le anse intestinali. Stesso discorso in questo caso.

Con lo stesso principio si possono posizionare delle endoprotesi. Sono sempre dei trattamenti palliativi perché comunque si fanno in dei pazienti che non sono suscettibili a terapie o che non sono operabili o per le condizioni della malattia stessa. Sempre per via percutanea dopo aver messo il drenaggio si può sostituire con un’endoprotesi che resta all’interno, continua a far defluire la bile e si toglie un po’di fastidio al paziente che non deve più circolare con il sacchetto all’esterno.Le endoprotesi biliari sono come degli stent con delle maglie che vengono posizionati a livello della stenosi. Il fine è sempre lo stesso: ripristinare la continuità delle vie biliari.

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BIOPSIE E DRENAGGI GUIDATI DALL’IMAGINGLa radiologia interventistica ci offre la possibilità di eseguire biopsie di strutture non facilmente raggiungibili in altro modo o che comunque avrebbero come alternativa la biopsia chirurgica.I sistemi di imaging possono essere impiegati tutti.

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In questa serie di immagini si vede l’ago inserito dall’esterno che procede fino a raggiungere il bersaglio. Anche le biopsie polmonari si possono eseguire. Le biopsie polmonari di lesioni o noduli periferici o di noduli che comunque non hanno un’afferenza bronchiale, non raggiungibili dal chirurgo toracico per via endoscopica, possono essere eseguite con la TC in discreta sicurezza.

L’alternativa ad una biopsia percutanea di un nodulo come questo sarebbe la toracoscopia per poi magari scoprire che non è cosìI vantaggi sono notevoli in questo tipo di metodica.Si possono fare anche biopsie ossee alla stessa maniera e con lo stesso tipo di accesso per esempio come in questo caso, così come si può inserire un ago all’interno della lesione per prelevare tessuto, si può inserire all’interno della lesione, sia essa a livello polmonare o renale o ossea, un ago elettrodo o un’antenna collegata ad un generatore che trasmette un’energia all’interno del nodulo e ne determini una necrosi per ablazione. Quindi è possibile non solo fare diagnosi ma anche trattare questo tipo di patologie, in sedute differenti ma anche contestualmente, cioè facciamo la biopsia, il prelievo e se il citologo ci dice che il campione è positivo e che molto probabilmente è un carcinoma di tipo “X”, con lo stesso accesso possiamo ablare il nodulo.

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Chiaramente queste cose fantastiche non sono esenti da complicanze anche in mani esperte.

Vedete, qui è stato punto questa grossa sfera di massa polmonare e il controllo post procedura ha documentato questo quadro. Questo è il polmone che si è collassato e questa è una grossa falda di pneumotorace che fa parte dei rischi connessi, cioè attraversando con l’ago tutti e due i foglietti pleurici il rischio che passi dell’aria c’è! Lo pneumotorace poi è stato trattato sempre inserendo un tubo di drenaggio in aspirazione per consentire la completa riespansione del parenchima polmonare.Quindi diagnosi manche trattamento ad esempio e risoluzione della complicanza, tutto in un’unica seduta. Con lo stesso tipo di accesso si possono drenare sia versamenti che cisti facilmente.Questo è il drenaggio all’interno di questa raccolta cistica.

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