un modello semplificato del sistema economico 2. un modello semplificato del sistema ... ·...

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Un modello semplificato del sistema economico 2.  Un modello semplificato del sistema economico.  2.1    Il flusso circolare del reddito Il flusso circolare del reddito è un semplice schema che permette di descrivere il funzionamento di un sistema economico a livello aggregato evidenziando i rapporti esistenti fra settori e mercati. I mercati sono rappresentati dal mercato dei beni, dove si scambiano beni e servizi diretti alla soddisfazione di bisogni ( beni di consumo) o alla produzione di altri beni (beni d’investimento), e dal mercato delle risorse dove si scambiano fattori come il lavoro, il capitale fisico, le risorse naturali che vengono utilizzati dalle imprese nel processo produttivo per realizzare beni e servizi. In una formulazione più schematica i settori sono costituiti dalle famiglie, che offrono fattori produttivi sul mercato delle risorse e domandano beni di consumo sul mercato delle merci, e dalle imprese che acquisiscono fattori produttivi e offrono beni e servizi. Questo scambio reale è evidenziato, nella parte sinistra dello schema, dal flusso che si muove in senso orario fra le famiglie e le imprese sui mercati dei beni Poiché in un’economia di mercato le merci non si scambiano  fra di loro ma esclusivamente con moneta, a fronte di un flusso reale di beni e servizi si presenterà un flusso monetario che si muove al contrario da destra verso sinistra,  in senso antiorario. Sul mercato dei beni le famiglie, che hanno l’obbiettivo di soddisfare bisogni, acquistano beni e servizi con moneta, la loro  spesa per consumi, che affluisce alle imprese sotto forma di ricavi; sono le entrate che le imprese utilizzano per acquistare servizi sul mercato delle risorse , la spesa delle imprese che affluisce alle famiglie. Il flusso monetario dalle famiglie va dunque alle  imprese che vendono prodotti sul mercato dei beni e ottengono  redditi che usano per acquisire fattori produttivi sul mercato delle risorse, questi redditi ritornano alle famiglie che li spendono per acquistare i beni di cui necessitano. Questo è la formulazione più semplice del flusso circolare del reddito composto da un flusso reale che si muove in senso orario, e da un flusso monetario che si muove senso antiorario (parte sinistra dello schema) su quello delle risorse. L’insieme dei beni e servizi prodotti dalle imprese e offerto sul mercato rappresenta il prodotto del sistema economico, ad esempio il PIL,  prodotto interno lordo, definito come l’insieme dei beni e servizi finali prodotti nel sistema economico in un determinato periodo di tempo,  mentre i Redditi che le imprese pagano alle famiglie in cambio delle loro risorse rappresentano il Reddito Nazionale. Reddito e Prodotto sono valori identici, due aspetti della stessa medaglia: tutto ciò che è prodotto dà luogo, infatti, ad un reddito uguale e corrispondente  perché ogni euro di produzione rappresenta reddito per qualcuno. 29

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Un modello semplificato del sistema economico

2.  Un modello semplificato del sistema economico.

 2.1    Il flusso circolare del reddito

Il   flusso   circolare   del   reddito   è   un   semplice   schema   che   permette   di   descrivere   il funzionamento  di   un   sistema   economico   a   livello   aggregato   evidenziando   i   rapporti esistenti fra settori e mercati. I mercati sono rappresentati dal mercato dei beni, dove si scambiano beni e servizi diretti alla soddisfazione di bisogni ( beni di consumo) o alla produzione   di   altri   beni   (beni   d’investimento),   e   dal   mercato   delle   risorse   dove   si scambiano   fattori   come   il   lavoro,   il   capitale   fisico,   le   risorse   naturali   che   vengono utilizzati  dalle   imprese  nel  processo  produttivo  per   realizzare  beni   e   servizi.   In  una formulazione più schematica i settori sono costituiti dalle famiglie, che offrono fattori produttivi  sul mercato delle risorse e  domandano beni di  consumo sul mercato delle merci,   e   dalle   imprese   che   acquisiscono   fattori   produttivi   e   offrono   beni   e   servizi. Questo scambio reale è evidenziato, nella parte sinistra dello schema, dal flusso che si muove in senso orario fra le famiglie e le imprese sui mercati dei beniPoiché   in   un’economia   di   mercato   le   merci   non   si   scambiano     fra   di   loro   ma esclusivamente con moneta, a fronte di un flusso reale di beni e servizi si presenterà un flusso monetario che si muove al contrario da destra verso sinistra,  in senso antiorario. Sul mercato dei beni le famiglie, che hanno l’obbiettivo di soddisfare bisogni, acquistano beni e servizi con moneta, la loro   spesa per consumi, che affluisce alle imprese sotto forma  di   ricavi;   sono   le   entrate   che   le   imprese  utilizzano  per   acquistare   servizi   sul mercato   delle   risorse   ,   la   spesa   delle   imprese   che   affluisce   alle   famiglie.   Il   flusso monetario dalle famiglie va dunque alle   imprese che vendono prodotti sul mercato dei beni e  ottengono   redditi  che usano per acquisire  fattori  produttivi  sul mercato delle risorse, questi redditi ritornano alle famiglie che li spendono per acquistare i beni di cui necessitano.  Questo   è   la   formulazione  più   semplice   del   flusso   circolare   del   reddito composto da un flusso reale che si muove in senso orario, e da un flusso monetario che si muove senso antiorario (parte sinistra dello schema) su quello delle risorse. L’insieme dei beni e servizi prodotti dalle imprese e offerto sul mercato rappresenta il prodotto del sistema economico, ad esempio il  PIL,   prodotto  interno  lordo,  definito come l’insieme dei beni e servizi finali prodotti nel sistema economico in un determinato periodo di tempo,  mentre i Redditi che le imprese pagano alle famiglie in cambio delle loro risorse rappresentano il Reddito Nazionale. Reddito e Prodotto sono valori identici, due aspetti della stessa medaglia: tutto ciò che è prodotto dà luogo, infatti, ad un reddito uguale   e   corrispondente     perché   ogni   euro   di   produzione   rappresenta   reddito   per qualcuno.

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Fig. 2.1.1.  Flusso Circolare del reddito. Prelievi e ImmissioniMercato

 deibeni

   Immissioni

ProdottoNazionale

Spesa per consumi

Investimenti Spesa Pubblica

Export

Entrate

     Imprese       Famiglie Settore Finanziario

SettorePubblico

SettoreEstero

Fattori Spesa

RedditoNazionale

Risparmi Imposte Import

Prelievi

Mercatodelle risorse

      Il   valore  del     prodotto  nazionale,    misurato  da    prezzi  per  quantità,   corrisponde esattamente  ai costi sostenuti dalle imprese per pagare gli input di produzione, materie prime, prodotti intermedi e servizi esterni,  risorse che contribuiscono alla realizzazione del prodotto finale ,  e   ai  redditi distribuiti ai fattori della produzione sotto forma di profitti, interessi e redditi da lavoro, che rappresentano il valore aggiunto. Mentre i costi sostenuti dalle imprese per acquisire gli input di produzione rimangono all'interno dello stesso settore e si compensano fra entrate e uscite,   il  valore aggiunto rappresenta un trasferimento netto di reddito dalle imprese al settore  delle famiglie.Se le famiglie spendono interamente il loro Reddito per acquistare i beni e servizi finali prodotti, l’offerta trova sempre sul mercato una domanda in grado di assorbirla. Infatti tutto ciò che è prodotto da luogo a un reddito uguale e corrispondente, questo reddito è distribuito dalle imprese alle famiglie e le famiglie lo spendono per consumo: se tutto il reddito è speso la produzione dei beni finali  trova sul mercato una domanda in grado di assorbirla. 

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Un modello semplificato del sistema economico

                Fig . 2.1.2. Produzione e reddito

VALORE OUTPUT

   

Valore Aggiunto   

costo del lavoro interessiprofitti

(valore aggiunto unitario * quantità)

Valore degli Input

materie primeprodotti intermedi 

servizi esterni

(prezzo * quantità) (costo medio unitario * quantità)

Sul mercato delle merci si ha  equilibrio  quando il valore della produzione è uguale al valore della spesa , ovvero al valore della domanda aggregata. 

Y = AD Sino ad ora l'unica   tipologia di domanda che abbiamo considerato   è la spesa che le famiglie fanno per consumi: se tutto il reddito è distribuito alle famiglie e le famiglie lo spendono per consumi,   tutta  la produzione viene ad essere venduta dalle  imprese,   le imprese sono in equilibrio, il sistema economico è in equilibrio, tutto ciò che è prodotto è venduto   sul   mercato.  Le   imprese   sono   soddisfatte   delle   loro   scelte   e   continuano   a produrre  agli stessi livelli o ad accrescere l’output.

2.2 Prelievi e immissioni

  In realtà le famiglie non spendono interamente il loro reddito   per acquistare beni di consumo: infatti una parte di questo reddito viene ad essere risparmiata. Come si  vede nella   parte   destra   dello   schema,   rappresentato   nella   fig.2.1.2,       il  risparmio   (S) rappresenta un   prelievo dal flusso circolare del reddito. In genere la quota del reddito 

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non consumata tende a essere via via maggiore al crescere del reddito, nel senso che al crescere del reddito ne viene spesa in consumi una percentuale minore anche se crescente in valore assoluto. Ad esempio su un reddito mensile di  euro 1000 la spesa in consumi è pari ad euro 900 corrispondente ad una percentuale del 90%,  il risparmio è il 10%; su un reddito di 10.000  euro se ne  spendono in consumi 7500, a livello assoluto il  consumo è cresciuto  ma in  termini percentuali è sceso al 75%,  e il risparmio è diventato il 25%. Quindi nella realtà una parte del reddito non è spesa in consumi perché è risparmiata. D’altra parte oltre che consumare e risparmiare le famiglie pagano anche le imposte e nella teoria economica, a differenza di quanto accade spesso nel mondo reale, le pagano prioritariamente,  cioè  prima di  decidere quanto consumare e   risparmiare del  proprio reddito. Quindi, oltre che per risparmi,   una parte del reddito viene sottratta  alla spesa per consumo perché serve a pagare le imposte (T).Una parte della spesa delle famiglie, infine, si può rivolgere ad acquistare beni e servizi che  sono prodotti   dal   resto  del  mondo,  cioè   i  beni   importati.  Se   si   acquistano  beni prodotti in Cina  una parte del reddito prodotto in Italia non acquista beni che fanno parte della produzione nazionale ma beni che vengono dal  resto del  mondo. Si determina, quindi, un altro prelievo dal flusso circolare del reddito che riduce la spesa delle famiglie su prodotti   interni:   la  domanda di  prodotti  esteri  da parte di   residenti  che è  definita importazioni (IM).   Dato il reddito prodotto e distribuito alle famiglie , la domanda per beni  di  consumo prodotti   nel   sistema  economico  sarà   inferiore,  perché   una  parte  di questo reddito non è   spesa perché risparmiata, una parte non è   spesa perché serve a pagare le imposte, una parte non è spesa perché è utilizzata per acquistare prodotti che vengono   dal   resto   del   mondo.  Questi  prelievi  dal   flusso   circolare   del   reddito,   per Risparmio Imposte e Importazioni,  riducono    l’ammontare della spesa rispetto alla quantità prodotta. Le imprese non trovano, quindi, sul mercato una domanda per consumi in   grado  di   assorbire   la   produzione   che   rimarrebbe,   in   parte,   invenduta:     sarebbero costrette a rivedere le loro scelte e cercherebbero di ridurre i livelli di produzione.Alla spesa per consumi delle famiglie si deve però aggiungere la spesa effettuata dalle imprese  per   acquistare  beni  che  servono a  produrre   altri   beni   ,   la   spesa  del  Settore pubblico per acquistare beni e servizi sul mercato, la domanda di prodotti nazionali che proviene dal  resto del  modo. Si  tratta di  immissioni  nel  flusso circolare del  reddito, Investimenti (I),  Spesa Pubblica (G)  ed  Esportazioni (X),   che vanno a compensare l’insieme dei prelievi. Chi  fa questa spesa aggiuntiva sul mercato? Nella parte destra dello schema del flusso circolare   del   reddito   sono   evidenziati   tre   settori   che   rappresentano   i   destinatari   dei prelievi   e   i   promotori   delle   immissioni:   si   tratta   del   settore   finanziario,   del   settore pubblico,  del   settore   estero.  Nel   settore   finanziario,   che   fa  parte  del   settore  privato, rientrano  tutte   le   istituzioni   finanziarie  che raccolgono  il   risparmio delle   famiglie  ed erogano prestiti alle imprese per fare investimenti, come le banche, la borsa e gli altri intermediari   finanziari.   Il   settore   pubblico   rappresenta   l'amministrazione   centrale   e periferica dello  Stato che preleva reddito  dalle   famiglie,   le   imposte,  ed eroga beni  e 

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Un modello semplificato del sistema economico

servizi, la spesa pubblica.  Nel settore estero si includono gli scambi di beni e servizi di un paese con il resto del mondo, esportazioni ed importazioni. Perché vi sia equilibrio sui mercato delle merci occorre che l'insieme dei prelievi sia uguale all'insieme delle immissioni 

S+T+IM=I+G+X

cioè  che  tutto  il   reddito non speso dalle  famiglie per consumi,      perché   risparmiato, prelevato   dal   settore   pubblico   come   imposte   o   destinato   ad   acquistare   prodotti d'importazione, sia compensato dalla spesa delle imprese per investimenti, dalla spesa pubblica, dalla spesa del resto del mondo per acquistare le nostre esportazioni. 

Riordinando i termini si può scrivere:

S =I + (G­T) + (X­IM)

in   tal  modo si  evidenzia   la  condizione  di  equilibrio  del  sistema   economico,      data dall'eguaglianza fra risparmi e investimenti,  mentre (G­T) rappresenta   il  bilancio del settore   pubblico,   la   differenza   fra   uscite   ed   entrate   del   settore   pubblico,   e   (X­IM) rappresenta il conto degli scambi fra il paese e il resto del mondo, la parte commerciale della bilancia dei pagamenti.  L’eguaglianza fra risparmi e  investimenti  rappresenta  la condizione   di   equilibrio   del   sistema   economico   quando   si   considera   solo   il   settore privato dell’economia e si ignorano i rapporti con il resto del mondo. Con queste ipotesi restrittive il reddito nazionale, distribuito alle famiglie, è  in parte usato per acquistare beni   di   consumo  e,in   parte   risparmiato;   affinché   il   prodotto   nazionale   possa   essere venduto sul mercato è  necessario che la parte di reddito non spesa dalle famiglie per acquistare   beni   di   consumo   sia   utilizzato   dalle   imprese   per   acquistare   beni d’investimento, cioè che il risparmio sia uguale all’investimento. Se il risparmio supera l’investimento( S >I)     una parte della produzione  rimane invenduta sul mercato e le imprese sono costrette a rivedere verso il basso i livelli di produzione; viceversa se si determina un eccesso di investimenti sul risparmio( I >S)    le imprese si troveranno di fronte  una  domanda  maggiore   rispetto   a  quella   che   si   aspettavano  e   cercheranno  di fronteggiarla accrescendo l’offerta o aumentando i prezzi.

Includendo   nell’analisi   anche   il   settore   pubblico   e   quello   estero  la   condizione   di equilibrio del reddito nazionale deve tener conto dei bilanci dei due settori. Se il bilancio del   settore   pubblico   è   in   pareggio   e   se   la   bilancia   dei   pagamenti   è   in   pareggio, l’equilibrio  dipende esclusivamente dall'eguaglianza fra  risparmi e investimenti  ( I = S) . Se invece il settore pubblico presenta un bilancio in deficit, la spesa pubblica  supera le entrate (G > T), il risparmio delle famiglie deve sostenere sia gli investimenti privati che la spesa pubblica in deficit, il risparmio supera gli investimenti ( S > I). Al contrario se 

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vi fosse un attivo nel bilancio pubblico (T >G) gli investimenti privati potrebbero essere anche superiori al risparmio( I >S).   Analogamente nei rapporti con il resto del mondo: se la spesa per investimenti supera il risparmio nazionale, si determina un deficit della bilancia dei pagamenti, cioè un eccesso di importazioni sulle esportazioni. Infatti se nel sistema economico si vogliono acquistare più beni di quanto non se ne produca, (I > S), si devono importare prodotti dal resto del mondo determinando un deficit della bilancia dei pagamenti; al contrario se nel     sistema economico si domanda meno di quanto si produce,  cioè  c’è  un eccesso di   risparmio   (S > I)    ,  vuol  dire  che una  parte  della produzione nazionale può essere esportata,     determinando un attivo della bilancia dei pagamenti. 

2.3  Settore pubblico.

Quando si fa riferimento al settore pubblico si considera l'incidenza dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato sull'andamento del sistema economico. Come abbiamo visto il settore pubblico influenza l'andamento del sistema economico con dei prelievi, le imposte, e delle immissioni, la spesa pubblica, che rappresentano le voci principali del Bilancio del settore pubblico.  Le entrate del settore pubblico sono rappresentate dalle imposte che si dividono in due grandi categorie; imposte dirette e  indirette. Imposte dirette sono quelle che colpiscono la capacità contributiva, cioè i redditi; le imposte indirette sono quelle che colpiscono gli impieghi  del   reddito,  cioè   la  spesa.    Altre  entrate  sono rappresentate    dai  contributi sociali effettivi e figurativi,  che comprendono i versamenti effettuati agli organismi che erogano prestazioni sociali (sanità pensioni etc.) , dai redditi da capitale, e da altre voci. Per l’anno 2005 il totale delle entrate  delle Amministrazioni pubbliche è stato in Italia pari a 629.117,00 milioni di euro, che rappresentano  il 44%  del PIL.Le uscite del settore pubblico sono costituite  da redditi da lavoro dipendente,   consumi intermedi,  prestazioni sociali in natura e in denaro, che rappresentano trasferimenti alle famiglie senza contropartite come le pensioni sociali e i sussidi di disoccupazione ,  i contributi   alla   produzione   ,   che   sono   trasferimenti   di   reddito   alle   imprese,   senza contropartite come i contributi ai   settori in crisi. Una voce interessante è rappresentata dagli interessi pagati sul debito pubblico. 1     Alle spese correnti, 630.241,00  milioni di euro nel 2005,   si aggiungono le spese in conto capitale, cioè  gli investimenti che   il settore pubblico effettua direttamente o attraverso contributi alle imprese. Il totale delle spese, era nel del 2005 pari al 48,5% del PIL. A fronte di un ammontare  totale delle 

1   Il  settore pubblico finanzia la spesa in deficit  indebitandosi sul mercato, facendosi cioè  prestare la liquidità  necessaria con l'emissione di titoli,   come i BTP o i CCT, sui quali deve pagare un tasso di interesse. Quanto maggiore è il costo del denaro, e  l’ammontare del debito pubblico, tanto più elevato diventa l’onere per interessi; quando i tassi d'interesse erano elevati la spesa per interessi  era una parte consistente e rilevante della spesa pubblica, mentre  con l’entrata nell’Unione Economica e  Monetaria e la conseguente riduzione dei,  tassi d'interesse, l’onere del debito pubblico si è sostanzialmente ridotto. Infatti, la spesa per interessi che era  pari a 78.764 milioni di euro nel 2001  è scesa a 64 milioni di euro nel 2005.

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Un modello semplificato del sistema economico

Tab. 2.3.1 Conto consolidato delle Amministrazioni Pubbliche

(Italia 2005 milioni di euro)Entrate SpeseImposte dirette 189.0

52Redditi   da   lavoro dipendente

155.533

Imposte indirette 201.859

Consumi intermedi   77.317

Contributi sociali effettivi 179.059

Prestaz.   Sociali   in natura..

   39.819

Contributi   sociali figurativi

    3.357

Prestaz.   Sociali   in denaro

241.692

Redditi da capitale     8.118

Contributi   alla produzione

   13.201

Altre entrate   41.708

Interessi    64.549

 Totale Entrate Correnti 623.153

Altre spese    38.130

Imposte in conto capitale    1.808

  Totale spese correnti 630.241

Altre entrate    4.156

Investimenti fissi lordi    33.499

  Totale  entrate  in  conto Cap.

   5.964

Contributi   agli investimenti

    18.909

    Totale entrate 629.117

Altre spese        4.642

In %  del PIL    44,4

    Totale   spese   in   conto capit.

    57.050

        Totale spese 687.291

In % del PIL    48,5

Disavanzo di parte corrente  (avanzo ­)     7.088

Indebitamento netto   58.174

In % del PIL    4,1

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entrate pari al  44,4% del PIL si evidenzia un eccesso di spesa  del 4,1%  del PIL, pari a 58.174 milioni di euro, che rappresenta  il deficit pubblico.

Com'è  noto  i  paesi aderenti  all'Unione Economica e Monetaria hanno sottoscritto un patto di stabilità che obbliga i paesi aderenti a mantenere il deficit della spesa pubblica entro il 3% del PIL,  tranne che in periodi di particolare crisi. Questo vincolo del 3% è diventato, in questi anni,   un argomento  centrale del dibattito economico e politico. In effetti già dal 1992, se si considera la spesa pubblica al netto della spesa per  interessi sul debito pubblico, si ha un ammontare di entrate superiore al valore della spesa , si è cioè verificato   un  avanzo   primario.    La   spesa   per   interessi   è   andata   progressivamente diminuendo a partire dal 1993 e si è stabilizzata con l'adesione all'Unione Economica e Monetaria del 1997, mentre la spesa pubblica al netto degli interessi è cresciuta dopo il 2000,  in coincidenza con la congiuntura economica sfavorevole; di conseguenza l'avanzo primario, che ha raggiunto il massimo nel 1997, si è progressivamente ridotto negli anni seguenti  sino al 2005.  Ovviamente poiché la spesa per interessi è una componente della spesa pubblica  e non può essere scorporata , il settore pubblico continua a presentare in Italia un deficit di bilancio che , sceso al minimo dell' 1,7% del PIL nel 1999,  è cresciuto fino al 4,1% del PIL nel 2005. L'esistenza di un deficit di bilancio implica la necessità di fare debiti sul mercato   per finanziare  l'eccesso di   spesa: si determina un  debito pubblico  crescente.     Il  debito pubblico era pari nel 1995 al 121% del PIL,     cioè il debito era maggiore del 21% del prodotto del sistema economico di quell'anno. Questo debito è andato progressivamente diminuendo, grazie alla riduzione della spesa in deficit e alla vendita di varie attività finanziarie e patrimoniali dello Stato,   ed è arrivato nel 2005 al 106% del PIL, quindi solo  il 6% in più rispetto al PIL.   Il debito pubblico è costituito da moneta e depositi, titoli a breve termine, come ad esempio i BOT (buoni ordinari del Tesoro) , e titoli a medio   e   lungo   termine,   come   ad   esempio   i  BTP(  buoni   del  Tesoro  poliennali)   che rappresentano il 75% di tutte le passività.  I titoli del debito pubblico sono detenuti per la gran maggioranza, (43%), da operatori non residenti e (20,57%) da operatori residenti, cioè  dal mercato, la parte rimanente è posseduta dal Fondo Monetario Internazionale, (14,25%), e da altre istituzioni finanziarie come le banche commerciali, (18,27%).

        Tabella 2.3.2. Debito delle Amministrazioni Pubbliche

(Italia 2005 . Milioni di euro)Debito Pubblico 1.508176,00 100%

In % del PIL 106,40

Detenuto da:Banca d’Italia 59.110,00 3,92%FMI 214.864,00 14,25%Altre Istituzioni finanziarie 275.531,00 18,27%Altri Operatori residenti 310.193,00 20,57%Operatori non residenti 648.479,00 43,00%

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2.4   Settore estero e  Bilancia dei pagamenti .

Il settore estero raggruppa l’insieme dei rapporti di un paese con il resto del mondo: si tratta   di   scambi   di   beni   e   servizi   e   di   movimenti   di   capitali   finanziari   che   sono evidenziati nella Bilancia dei pagamenti.

     Tab. 2. 4.1 Italia.  Bilancia dei Pagamenti

(Anno  2005 ­ miliardi di euro)Voci SaldoConto corrente ­22,1       Export Impor

t      Merci 299,6 299,5 0,1      Servizi 72,5 72,9 ­0,4      Redditi ­13,6            Trasferimenti   unilaterali (UE)

­8,2

Conto Capitale 1,8      Attività intangibili 0,7      Trasferimenti  unilaterali 1,7

Conto Finanziario 19,0Investimenti diretti All’este

roIn Italia

­33,6 16,0 ­17,6Investimenti di portafoglio attività passiv

ità43,4

      azioni ­20,0 4,1 ­16,0      titoli di debito ­67,0 126,4            59

,3Derivati 2,3Altri investimenti ­9,9Variazioni delle riserva ufficiali 0,8Errori o omissioni 1,2

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 Nella Bilancia dei Pagamenti sono evidenziate innanzitutto le voci di Conto Corrente che comprendono lo scambio di merci, lo scambio di servizi e lo scambio di redditi.  Lo scambio di merci è costituito dalla vendita all’estero di prodotti nazionali (Esportazioni), che   rappresenta   una   voce   in   attivo   poiché   corrisponde   ad   un   afflusso   di   valuta,   e dall’acquisto di prodotti provenienti dal resto del mondo (Importazioni) che rappresenta ,invece,   una  passività   poiché   corrisponde   ad  un  deflusso  di   valuta.  Poi   abbiamo   lo scambio di servizi  come, ad esempio,  le spese che i  turisti  stranieri fanno nel nostro paese, che rappresentano una voce di attivo per  l’afflusso di valuta, e  le spese che i cittadini italiani fanno nel resto del mondo per turismo e che rappresentano una voce in passivo   per il deflusso di valuta. Altri servizi sono rappresentati ad esempio dai noli pagati nei porti. I movimenti di reddito sono costituiti, ad esempio,  dal pagamento degli interessi  maturati   su  prestiti   che  dal   resto  del  mondo   sono   stati   erogati   ad   imprese, istituzioni finanziarie o anche al settore pubblico del   nostro paese; questi interessi che rappresentano una fuoruscita di valuta sono una voce passiva delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Viceversa gli interessi pagati su titoli emessi nel resto del mondo e sottoscritti da operatori italiani rappresentano afflusso di valuta per il nostro paese e, quindi, una voce attiva della bilancia dei pagamenti, partite correnti. Anche le rimesse degli emigranti rappresentano trasferimenti di reddito fra il nostro paese e il resto del mondo. In particolare i redditi guadagnati in Italia dai lavoratori stranieri e trasferiti nei loro paesi d’origine rappresentano una voce in uscita, cioè un passivo , mentre i redditi guadagnati   dai   lavoratori   italiani   nel   resto   del   mondo   e   trasferiti   nel   nostro   paese rappresentano un afflusso di valuta e ,quindi, una voce in attivo. Va ricordato che ancora negli   anni   settanta   le   rimesse   degli   emigranti   italiani   dal   resto   del   mondo rappresentavano una voce consistente che contribuiva a mantenere l’attivo della Bilancia dei pagamenti; negli anni seguenti l’Italia è diventato un paese di immigrazione e   la voce rimesse degli emigranti fa segnare costantemente un passivo. Nel   conto   finanziario   sono  compresi  gli   investimenti  diretti   e   lo   scambio  di   attività finanziarie   di   un  paese   con   il   resto   del  mondo.  La  possibilità   di   scambiare   attività finanziarie dipende dal regime valutario internazionale:  il sistema di Bretton Woods ad esempio  vietava   la   libera   circolazione  dei   capitali.  Ancora   sino   alla   fine  degli   anni ottanta  non era  possibile  portare   fuori  dall’Italia     somme di  denaro  superiori  ad  un determinato ammontare, determinando fenomeni come la c.d.  fuga dei capitali. Con la progressiva   liberalizzazione   del   movimento   dei   capitali   vi   è   stata   una   grande integrazione dei  mercati   internazionali  dei capitali  ed oggi  si  può  dire  che  i  mercati finanziari sono estesi  a livello mondiale ed è  possibile operare liberamente 24 ore al giorno   da   Tokio   a   Londra   a   New   York.   Gli   investimenti   diretti   rappresentano   la realizzazione di attività produttive , come ad esempio un impresa o uno stabilimento, in un  paese  diverso  da  quello   di   origine:   pertanto  gli   investimenti  diretti   degli   italiani all’estero sono una voce di passivo poiché rappresentano deflusso di valuta, mentre gli investimenti   esteri   in   Italia   sono   una  voce   in   attivo.   Gli   investimenti   di   portafoglio rappresentano   l’acquisto   di   azioni,   cioè   di   titoli   di   proprietà   di   un’impresa,   o   di sottoscrizione di titoli di debito, come le obbligazioni emesse da un impresa o dal settore 

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Un modello semplificato del sistema economico

pubblico.    Anche  in questo caso avremo una passività  quando gli  operatori   residenti acquistano   strumenti   finanziari   emessi   dal   resto   del  mondo   e   un’attività   quando  gli operatori esteri acquistano strumenti finanziari emessi nel nostro paese.

I principali partner commerciali del nostro paese sono evidenziati nella tabella 2.4.2, che indica i valori dell’interscambio commerciale dell’Italia con il resto del mondo. Si nota immediatamente che quasi il 60% delle nostre esportazioni e delle nostre importazioni sono dirette ai paesi dell’Unione Europea, che è composta sia dai paesi che hanno aderito all’Unione Economica e Monetaria, area dell’Euro,  sia  dai paesi che fanno parte dalla Unione Europea ma non adottano l’euro, come il Regno Unito, la Danimarca, la Svezia, e i paesi   che hanno aderito di recente. La maggior parte degli scambi avvengono quindi nell’ambito dell’Unione Europea: si tratta di un mercato nel quale non risentiamo più dell’andamento del tasso di cambio della lira perché  l’euro è  la valuta di riferimento, come valuta unica per i paesi dell’UEM,  e come unità di conto per gli altri paesi europei che fanno parte dello SME 2, il sistema di cambi manovrati dei paesi aderenti all’Unione Europea.  La possibilità  di   imporci  su questi  mercati    non è  più   legata  alle  manovre valutarie,   come   ad   esempio   la   svalutazione   del   tasso   di   cambio,   ma   deve   basarsi esclusivamente   sulla   competitività   dei   nostri   prodotti.     Per   quanto   riguarda   i   paesi aderenti all’UEM ci muoviamo praticamente  nell’ambito di un mercato interno nel quale la Germania e la Francia rappresentano i nostri partner principali. Nello scambio con  il   resto del  mondo, che   ammonta a  poco più  del 40% sia  delle esportazioni che delle importazioni , gli Stati Uniti rappresentano il nostro principale mercato di  esportazione (  7,8%)   mentre hanno un peso molto minore  in   termini  di importazioni   ((3,2%),   sono  perciò   un  punto  di   forza  per   il   saldo  attivo  della  nostra Bilancia dei Pagamenti. Rimane rilevante il peso dei paesi OPEC che assorbono l’8,7% delle nostre importazioni con un saldo negativo pari a 13,8 miliardi di euro. 

  Tabella  2.4.2 Italia. Interscambio commerciale per paese o area.

(Anno 2005 Valori in miliardi di euro)

    EXPORT                 IMPORT SALDO

Valori % Valori %   Valori

Paesi della UE 178,2 59,5 177,3 59,2       0,9    Area Euro 135,4 45,2 145,8 48,7 ­10,4di cui:    Francia 37,2 12,4 30,9 10,3 6,3             Germania 39,9 13,3 53,2 17,8 ­13,4             Spagna 22,6 7,5 12,9 4,3 9,7

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Altri paesi UE 42,8 14,3 31,5 10,5 11,3di cui:Danimarca 2,6 0,9 2,2 0,7 0,5         Regno UNito 19,6 6,5 12,5 4,2 7,2 Resto del mondo 121,4 40,5 122,2 40,8 ­0,8Giappone 4,5 1,5 4,8 1,6 ­0,3Stati Uniti 23,4 7,8 9,6 3,2 13,8

 OPEC 12,2 4,1 26,0 8,7        ­13,8

Cina 4,6 1,5 13,3 4,4   ­8,7Totale 299,6 100 299,5 100 0,1

2.5  Elementi di contabilità nazionale

Come si  è  detto   il  prodotto   interno   lordo misura  l’insieme dei  beni  e   servizi   finali, prodotti   in   un   sistema   economico   in   un   determinato   periodo   di   tempo.   Quando   ci riferiamo al   tempo di  solito  ci   riferiamo all’anno,  e  sistema economico  in  genere  si riferisce a un paese, ad esempio il prodotto realizzato in Italia nel 2006.  Si tratta di una misura di flusso, cioè una quantità che si ha in un certo periodo di tempo, ad esempio dal 1   gennaio     al   31  dicembre  2006.   Il   concetto   di   flusso   indica  una  variazione   in   un determinato periodo, mentre il concetto di stock, o fondo,  indica una quantità esistente a una certa data: il flusso rappresenta la variazione dello stock esistente. L’investimento rappresenta   un   flusso   mentre     gli   impianti   e   i   macchinari,   il   capitale   dell’impresa, rappresentano uno stock;   l’impresa ha al 31 dicembre 2005   un certo valore di beni capitali, ad esempio € 2 miliardi di capitale fisici. Se fra il 31 dicembre 2005 e il 31 dicembre del 2006 fa investimenti per € 100 milioni, lo stock di capitale alla fine del periodo sarà pari allo stock iniziale più l’investimento, 2 miliardi e  100 milioni €. Per evitare sopravvalutazioni il valore del PIL è misurato considerando soltanto il valore dei beni finali prodotti cioè dei beni che vengono offerti sul mercato mentre quelli che servono per produrre altri beni, i c.d. beni intermedi, devono essere esclusi. Ad esempio, il   frumento  rappresenta  un  bene  che  ha  un valore  di  produzione ma poi  entra  nella produzione   di   farina,   la   farina   a   sua   volta   entra   nella   produzione   di   pane,   se   noi sommiamo frumento, farina e pane avremo una sopravvalutazione del reddito nazionale. In realtà  il bene che alla fine si vende sul mercato, il prodotto finale,   è  il pane, non possiamo calcolare anche il valore dei prodotti intermedi farina e frumento. Ipotizziamo che il valore del frumento sia pari a 100, il valore della farina sia pari a 200, il valore del pane   sia   uguale   a   300,   se   sommiamo   frumento   farina   e   pane   avremo   un   valore complessivo di 600, superiore al valore del bene finale offerto sul mercato, il pane,  che è pari  a  300.  Oltre  che attraverso  il  valore dei  beni   finali,   il  PIL può   essere misurato 

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Un modello semplificato del sistema economico

considerando il valore aggiunto, cioè il di più che ciascuna fase di produzione aggiunge al prodotto finale. Nel nostro esempio il valore aggiunto della prima fase di lavorazione, frumento, è pari a 100,  100 è il valore aggiunto nella seconda fase di lavorazione, farina, e 100 il valore aggiunto nella fase   finale di lavorazione, il pane. Sommando il valore aggiunto nelle singole fasi di lavorazione si ha un valore esattamente pari a 300, uguale al valore del bene finale.  Perché   il  prodotto  interno è  considerato  lordo? La produzione dell’insieme di beni  e servizi comporta   un certo logorio, un consumo,   dei capitali esistenti;   per mantenere invariato lo stock di capitale occorre che una parte della produzione finale sia destinata a ricostituire il capitale esistente, cioè una parte della produzione venga ad essere utilizzata come   ammortamenti,   cioè   vada   a   compensare   il   capitale   consumato   nel   processo produttivo. Se al lordo togliamo gli ammortamenti otteniamo il prodotto interno netto, o reddito nazionale netto.Il PIL può essere misurato ai prezzi di mercato e al costo dei fattori. Il valore al prezzo di mercato rappresenta ciò che i consumatori pagano per un certo bene, il valore  al costo dei fattoria  indica l’incasso dei produttori  per lo stesso bene. La differenza fra  i  due valori dello stesso bene è costituita dal prelievo del settore pubblico, le imposte indirette. Ad esempio il consumatore paga la benzina   che acquista ai prezzi di mercato, ma il produttore riceve un valore inferiore perché  una parte del suo incasso lo deve versare come imposta indiretta. 

Un'altra differenza da evidenziare è quella fra prodotto interno e reddito nazionale.Il prodotto interno si riferisce all’insieme dei  beni e servizi prodotti in un paese, quindi, una delimitazione geografica della produzione, indipendentemente dal fatto che vengono ad essere prodotti da cittadini del paese o da stranieri. Il  reddito nazionale  si riferisce, invece, all’insieme dei beni e servizi prodotti da cittadini di un paese indipendentemente dal fatto che si  trovino nel paese o all’estero.   Gli extracomunitari producono beni e servizi in Italia, ma non è detto che il reddito che guadagnano resti in Italia, perché può darsi   che   una   parte   di   questo   reddito   lo   trasferiscono   ai   loro   paesi:   il   reddito   che producono in Italia fa parte del Prodotto Interno italiano ma non fa parte del Reddito Nazionale . Così il reddito prodotto da cittadini italiani che lavorano all’estero non entra nel Prodotto Interno italiano, ma entra nel reddito nazionale italiano, perché sono redditi di cittadini italiani. La differenza fra prodotto interno e reddito nazionale, sta nel fatto che il prodotto interno è l’insieme dei beni e servizi prodotti in Italia, mentre il reddito nazionale è   l’insieme dei  redditi  prodotti  dai  cittadini  italiani,   indipendentemente dal fatto che siano in Italia. Contabilmente  la differenza fra le due voci sta nel saldo netto fra i redditi prodotti all’estero, che i cittadini italiani trasferiscono  nel nostro paese, e i redditi prodotti in Italia che i cittadini stranieri   trasferiscono nel resto del mondo.

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2.6  Come si misura il reddito nazionale?

Ci sono tre metodi per misurare  il   reddito:    innanzitutto si  può  misurare  il  valore di mercato dei beni e servizi prodotti, considerando il valore dei beni e servizi finali ovvero il valore aggiunto (Metodo della   produzione). Si può poi misurare il valore dei redditi distribuiti ai fattori della produzione, ad esempio redditi da lavoro e redditi da capitale (Metodo del reddito).  Infine si può  misurare il valore della spesa a livello aggregato, quindi la spesa per consumi, la spesa per investimenti, la   variazione delle scorte e le esportazioni nette (Metodo della spesa).  Con il metodo della produzione si considera il valore prodotto dai singoli settori che per semplicità consideriamo a livello di grandi aggregati:   agricoltura, silvicoltura e pesca; industria in senso stretto; il settore delle costruzioni che pur facendo parte del settore industriale si misura separatamente;   il settore dei servizi   che comprende commercio, alberghi  e  ristoranti,   trasporti,    comunicazioni  ;     l'intermediazione finanziaria attività immobiliari   e   imprenditoriali;   altre   attività   di   servizi   che   include   la   pubblica amministrazione e altri servizi domestici. Sottraendo alla  somma totale dei beni e servizi prodotti il valore dei servizi intermedi finanziari, indirettamente misurati, si ottiene   il valore aggiunto al costo dei fattori,  che , tanto per avere un’idea di grandezza, nel 2003 ammontava a  922,00 milioni di euro, misurati a prezzi costanti del 1995. Aggiungendo a questo valore le imposte indirette nette   si ottiene il PIL   ai prezzi di mercato, pari a 1.039.367,00 milioni di euro.Considerando i valori percentuali, si evidenzia che  il valore della produzione agricola è il 2,7%, cioè meno del 3%, della produzione complessiva. Quindi produzione agricola, silvicoltura e pesca incidono per meno del 3% sul prodotto nazionale, l’industria in senso stretto incide per il 21,06%, e con  le costruzioni,  4,9%, raggiunge  circa  un quarto del prodotto nazionale,   il resto è  costituito dal settore dei servizi. Commercio e alberghi 23,6%; intermediazione finanziaria 23,5%; altre attività di servizi compresa la pubblica amministrazione 17,4%. Questi dati  evidenziano il fatto che  viviamo in un’economia  di servizi, quella  industriale non è più l'attività principale. 

     Tabella 2.6.1      Valore Aggiunto per Settori Produttivi(Italia ­ Anno 2003 ­ Valori a prezzi 1995­ milioni di euro)

SettoreV.A.

costo fattori %V.A.

 prezzi mercato %Agricoltura Silvicoltura pesca 28.191

2,7% 25.452 2,4%

Industria in senso stretto 224.678

21,6% 262.097 25,2%

Costruzioni51.125

4,9% 52.852 5,1%

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Un modello semplificato del sistema economico

Commercio Alberghi e ristoranti trasporti Comunicazioni 245.704

23,6% 241.212 23,2%

Intermediazione finanziaria; attività immobiliari e imprenditoriali 244.339

23,5% 263.038 25,3%

Altre attività di servizi (P.A. Altri servizi servizi domestici) 180.574

17,4% 185.413 17,8%

Totale 974.611

93,8% 1.030.064 99,1%

servizi intermedi finanziari indirettamente misurati. 52.083

5,0% 52.083 5,0%

Totale 922.527

88,8% 977.880 94,1%

imposte indirette nette 116.839

11,2% 61386  ** 5,9%

PIL ai prezzi di mercato 1.039.367

100,0% 1.039.367

100,0%

** Imposte ind.nette su import

Il secondo metodo, quello del reddito, può essere evidenziato attraverso il Conto della generazione dei redditi primari, che ci permette di vedere come il valore del Prodotto Interno Netto,   1.124.911,00 milioni di euro nel 2003, è  ripartito fra redditi da lavoro dipendente, interni al paese, 543.000 milioni di euro, risultato di gestione più reddito misto, cioè il reddito delle imprese, 408.418 milioni di euro, più imposte sulla produzione e sulle importazioni al netto dei contributi dello Stato, 172.677,00 milioni di euro. 

Tabella 2 6.2. Conto della generazione dei redditi primariRisorse 2003

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Prodotto interno netto 1.124.911

Impieghi

Redditi da lavoro dipendente (interni) 543.817

Imposte sulla prod. e sulle import. 192.563

Contributi (­) 19.886Risultato di gestione + reddito misto(netto) 408.418

Il   terzo   metodo   di   misurazione   del   PIL,   quello   della   spesa   sul   mercato,può   essere evidenziato con il Conto economico delle risorse e degli impieghi. Le risorse non sono altro che l’insieme delle merci disponibili sul mercato interno,  il prodotto interno lordo, cioè l’insieme dei beni e servizi finali prodotti nel sistema economico,  e le importazioni, cioè  beni e servizi  che vengono ad essere acquistati dal resto del mondo.  Queste risorse permettono di soddisfare la domanda di beni e servizi che si presenta sul mercato ( gli impieghi).     I  beni  sono innanzitutto  utilizzati  per  soddisfare  la  domanda di  consumi nazionali, effettuata dalle famiglie residenti e dalle amministrazioni pubbliche e dalle istituzioni   senza   fine   di   lucro,   che   rappresenta   la   spesa   prevalente.     Occorre   poi aggiungere la spesa per investimenti e quella per esportazioni: gli investimenti fissi lordi effettuati   dalle   imprese,     sono   costituiti   dagli   investimenti   fissi   netti   e   dagli ammortamenti,   necessari   a   ricostituire   lo   stock   di     capitale   logorato   nel   processo produttivo. Le esportazioni di beni e servizi  misurano la domanda di prodotti nazionali acquistati dal resto del mondo. Infine la variazione delle scorte indica la quantità di beni che   le   imprese  hanno  prodotto  ma  non   sono   state   vendute,   sia   per   insufficienza  di domanda sul mercato sia per il fatto che le stesse imprese hanno scelto di accumulare scorte di semilavorati o di prodotti finiti.Quindi   l’insieme  dei   beni   prodotti   nel   sistema   economico  o   importati   dal   resto   del mondo  viene   richiesta   dalle   famiglie   e   dall’amministrazione  pubblica   per   soddisfare bisogni   (spesa   per   consumi),   dalle   imprese   per   produrre   altri   beni   (   spesa   per investimenti),     dal   resto  del  mondo  per   soddisfare  bisogni  o  per  produrre   altri   beni (esportazioni),  ovvero rimane alle imprese sotto forma di variazione delle scorte.                                                             

Tabella 2. 6.3    Conto economico delle risorse e degli impieghi

(Valori a prezzi 1995 – milioni di euro)

Aggregati 2003  

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Un modello semplificato del sistema economico

                  Risorse V.A. %

Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato 1.039.367 0,78

Importazioni di beni e servizi 285.302 0,22

                                                        Totale 1.324.668 1

                   Impieghi    

Consumi nazionali 818.725 0,62

  Spesa delle famiglie residenti 627.092 0,47 Spesa delle Amministrazioni pubbliche e delle Isp  191.633 0,14

Investimenti fissi lordi 211.126 0,16

  Investimenti fissi netti 60.723 0,05

  Ammortamenti 150.403 0,11

Variazione delle scorte  8.673 0,01

Esportazioni di beni e servizi 286.144 0,22

                                                     Totale 1.324.668 1

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