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The Challenge Numero 43 GIUGNO 2019

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TheChallenge

Numero43

GIUGNO 2019

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36il 5g dieTro lo SconTro Sui dAzidi Simone pieranni

6lA guerrA FreddAdel XXi Secolodi minxin pei

24 il SorpASSo è All’orizzonTedi paolo magri

50lA rivAliTàenergeTicA nel Sud-eST ASiATicodi robert Johnston

62le SperAnze ripoSTenellA nuovA viA dellA SeTAdi munir majid

80TrA due Fuochidi Antonio Fiori

L’editoriale chi vincerà?di mario Sechi

USA-CinalA guerrA FreddAdel XXi Secolodi minxin pei

Strategie l’energiA e lA “TrAppolA di Tucidide”di moisés naím

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6

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lA SFidATecnologicA

Hi-tech lA corSAAll’inTelligenzAArTiFiciAledi ian Bremmer

Confronti il SorpASSo è All’orizzonTedi paolo magri

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24

18 Smart grid il grAnde giocodellA cinA di lifan li

Analisi il 5g dieTro lo SconTro Sui dAzidi Simone pieranni

Europa non in ATTAccomA in diFeSAdi christian rocca

Futures TrAde runnerdi Francesco gattei

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36

30

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lA SFidAgeopoliTicA

Scenario lA rivAliTàenergeTicA nel Sud-eST ASiATicodi robert Johnston

Confini le Acque dellAdiScordiAdi mercy A. Kuo

Infrastrutture le SperAnze ripoSTenellA nuovA viA dellA SeTAdi munir majid

ASEAN verSo ilproTAgoniSmodi romeo orlandi

Prospettive un FuTuro dApoTenzA mondiAledi christopher g. zamora

Giappone lA STrATegiA di ToKyo, TrA cinA e uSAdi matteo dian

Corea del SudTrA due Fuochidi Antonio Fiori

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EnergiaAllA ricercA di un nuovo ordine mondiAle di nicolò Sartori

DataTempo di conTrASTi a cura di Anna capalbo,Simona Serafini eFrancesca vendrame - eni

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Allegato gratuito al n. 149 di Formiche

Trimestrale Anno XI - N. 43 Giugno 2019Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/2008 del 21/01/2008

n Direttore responsabileMario Sechi

n Direttore editorialeMarco Bardazzi

n Comitato editorialeGeminello Alvi, RobertArmstrong, Paul Betts, IanBremmer, Roberto Di GiovanPaolo, Gianni Di Giovanni,Bassam Fattouh, FrancescoGattei, Roberto Iadicicco,Alessandro Lanza, Lifan Li,Moisés Naím, Daniel Nocera,Lapo Pistelli, Christian Rocca,Carlo Rossella, Giulio Sapelli,Davide Tabarelli, Lazlo Varro

n In redazioneCoordinatore: Clara Sanna

Evita Comes, Simona Manna,Alessandra Mina, Serena Sabino, Alessandra Spalletta, Manuela Iovacchini

n AutoriMatteo Dian, Antonio Fiori,Robert Johnston, Mercy A. Kuo,Paolo Magri, Munir Majid,Romeo Orlandi, Minxin Pei,Simone Pieranni, Nicolò Sartori, Christopher G. Zamora

n Redazione Piazzale E. Mattei, 1 00144 Romatel. +39 06 51996385+39 06 59822894+39 06 59824702e-mail: [email protected]

Social:@AboutWEnergy@AboutWEnergy@AboutWEnergy

n Progetto graficoCynthia Sgarallino

n Collaborazione al progettoSabrina Mossetto

n PhotoeditorTeodora Malavenda@teodoramalavenda

n ImpaginazioneImPRINTing www.imprintingweb.com

n Ritratti autori Stefano Frassetto

n Traduzioni:LOGOS GROUP -www.logos.net

n StampaTipografia Facciotti Srl Vicolo Pian due Torri, 74 00146 Romawww.tipografiafacciotti.com

Chiuso in redazione il 31 maggio 2019

Carta Arcoset 100 grammi

Editore eni spaPresidente: Emma MarcegagliaAmministratore delegato: Claudio DescalziConsiglio di amministrazione: AndreaGemma, Pietro Angelo Guindani, KarinaLitvack, Alessandro Lorenzi, Diva Moriani,Fabrizio Pagani, Domenico Livio Trombone

Piazzale Enrico Mattei, 1 - 00144 Romawww.eni.com

S O M M A R I O

• Tutte le opinioni espresse su WE rappresentano unicamente i pareri personali dei singoli autori.

• Tutte le cartine lasciano impregiudicati la sovranità di ogni territorio, la delimitazione di frontiere e confini internazionali e i nomi di territori, città o aree.

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Editoriale/Stati Uniti e Cina, la contesa del secolo

Sono due potenze uguali e diverse: due divoratori d’energia che puntano all’autosufficienza, protagoniste di un salto tecnologico che cancella il passato ma in cui a contare è soprattutto l’esperienza. Il futuro è dove ci sono le riserve

Chi vincerà?

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MARIO SECHI

ual è il nostro mestiere? Unire ipuntini, rimettere al loro posto le tes-sere del mosaico, vedere un disegnodove sembra regnare la confusione.World Energy usa il chiodo del-l’energia - fiamma dello sviluppodella civiltà - per appendere il quadrodella contemporaneità. Non siamomai stati una rivista “di settore”, lospecialismo e il dominio della tecni-ca sulla filosofia e la storia hanno fran-tumato la conoscenza al punto cheoggi le fonti più preziose di pensie-ro strategico non sono “gli esperti”,ma coloro che hanno coltivato la cul-tura classica, letteraria, storica, e rie-scono contemporaneamente ad af-ferrare la parabola dello sviluppotecnologico, Homo Sapiens e HomoFaber. Questo numero di WE è unesempio dell’idea che coltiviamo, ha

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un’impronta precisa, una direzionechiara, larga, con un orizzonte che siapre al passato (la storia, leggereMoisés Naím su Tucidide, un auto-re classico fondamentale per staredentro il presente) e si spalanca sul fu-turo (l’articolo di Ian Bremmer sul-l’Intelligenza Artificiale, tra i tanti ec-cellenti impaginati). Siamo nel terri-torio dei giganti, un teatro dove s’ac-cendono torce, fumano ciminiere,guizzano oleodotti, navigano gasiere,le cromature dell’hardware che sismaterializza nel software, il controllo,la transazione, la potenza dei petaflopsurriscaldati e raffreddati nei bunker,la Santa Barbara del presente, il cal-colo finito che tende all’infinito, il de-collo verticale della conoscenza.

La storia non è un’equazioneQualcuno pensa che gli Stati Unitisiano destinati a fare la fine del Ti-rannosaurus Rex, un botto d’asteroi-de (la Cina) e fine della Storia.L’estinzione della potenza americanaè stata predicata molte volte e rego-larmente i predicatori sono spariti el’America è rimasta. Winston Chur-chill diceva che “gli Stati Uniti sonocome una gigantesca caldaia, unavolta accesi non c’è limite alla potenzache possono generare”. Il leone d’In-ghilterra non si sbagliava. E poi c’è laCina, certo, questo calcolo esponen-ziale della demografia, un esperi-mento senza libertà per i suoi critici,un modello di organizzazione e real-politik della complessità per gli altri.Gli americani pensavano che prima opoi l’iniezione di capitalismo avreb-be condotto allo sviluppo di un mo-dello di democrazia occidentale. Sba-gliato, al punto che oggi si dice che“la Cina è lo Stato che fallisce nel fal-lire”. La storia non è un’equazione,non procede secondo misurazioniinfallibili, la regola è l’approssima-zione. Eccesso, difetto, sorpresa,scarto, meraviglia, paura, gioia. Quel-li che pensano di saperla lunga dico-no anche che questa sia l’epoca deiVelociraptor, che la rapidità e la for-za letale istantanea siano tutto quel-lo che serve per stare in piedi nel gio-co tra potenze. Certo, se prendiamole singole aree geografiche (pensatealle potenzialità del sud-est asiatico,alla crescita indiana) vediamo emer-gere nuovi soggetti, ma oltre a faresplodere nello spazio satelliti con unmissile (lo ha fatto il premier india-no Narendra Modi durante la recentecampagna elettorale) bisogna poi co-struire e soprattutto durare, governarele proprie contraddizioni interne.La storia parla un’altra lingua, lasceneggiatura è diversa. Chi propo-ne soluzioni lampo ricorda coloro chepensavano di risolvere le guerre - e poiil Nation Building - con la teoria del-lo “shock and awe”, ma la dottrina del“colpisci e terrorizza” funziona soloper vincere una battaglia e non la

guerra. La storia è longue durée, è untempo lungo nel quale prima di tut-to si forgia l’immaginario, un’idea delmondo, cioè la filosofia che poi di-venta Zeitgeist, lo spirito del tempo.Vale per lo Stato, le nazioni, le gran-di imprese, le famiglie. Le organiz-zazioni complesse ed elementari ri-spondono alle leggi della storia, del-la filosofia e della fisica, materie chenon a caso viaggiavano tutte insiemeagli albori della conoscenza. Le na-zioni sono un grande dilemma, nonun calcolo quantistico. L’esperimen-to è quello di ogni giorno, non un po-stulato universale. Stati Uniti e Cinasono oggetto e soggetto, sono due po-tenze uguali e diverse: due divorato-ri d’energia, due nazioni che punta-no all’autosufficienza, ma qui ci fer-miamo perché poi cominciano le di-varicazioni. Gli Stati Uniti sono unapotenza del petrolio e del gas, bru-ciano e producono; la Cina brucia eacquista, sviluppa rinnovabili e nu-cleare ma resta sempre agganciata alvagone del carbone e attaccata al tubodel petrolio, cerca materie prime nelglobo, piazza i suoi avamposti, tessela tela di ragno della logistica, dei por-ti, disegna nuove strade del com-mercio con la Belt and Road, ha unastrategia imperiale. Gli Stati Unitisono la fucina del “sogno americano”,la macchina del capitalismo globale,sono la ferrovia del mercato aziona-rio, il suo boom e il suo crash; la Cinadeve ancora dare luce (guardate la fotonotturna dai satelliti, sono illumina-te solo le coste) al suo immenso ter-ritorio interno, ha nuovi ricchi enuovi poveri, vecchi e nuovi proble-mi, crescite immobiliari e bolle fi-nanziarie, un mercato azionario peri cinesi che solo ora comincia ad aprir-si. Tutti si chiedono: chi vince? La ri-sposta - una possibile, non l’unica - laotteniamo inserendo e girando lachiave della macchina tecnologica.S’immagina che questa proceda sem-pre avanti, ma ci permettiamo diavanzare, anche qui, qualche dubbioben rinforzato dalla storia. Mai pen-sato alla scarsità dell’acqua? Ai cam-biamenti climatici? Alla forza di ele-menti imponderabili come i cicli so-lari? Le visioni del mondo sono di-verse e per avere un’idea su cosa sial’immaginario della Cina - la suaproiezione - consiglio la visione diWandering Earth, un film di fanta-scienza ora su Netflix, tratto da un li-bro del maestro della science fictioncinese, Cixin Liu. Provate a con-frontarlo con Interstellar, il capola-voro di Christopher Nolan, e avretela visione di due mondi. Basta studiarel’ascesa e il declino delle nazioni, ri-cordare Oswald Spengler e il “De-clino dell’Occidente”, per mettersi se-duti, fare un bel respiro e guardare lastoria, maestra di vita. E non è solouna questione di “salto indietro”, diindagine storica, perché il futuro è più

che visibile nei libri di fantascienza(anticipatrice della realtà), a portatadi mano nei laboratori dove si speri-mentano soluzioni che fanno esplo-dere enormi problemi etici (cosadire della nascita in Cina - non a caso- di bimbi geneticamente modifica-ti?) e spalancano i cancelli della di-stopia. Siamo sicuri che le leggi di Isa-ac Asimov sulla robotica siano resi-stenti all’espansione e all’utilizzo del-l’intelligenza nella quotidianità? Fran-cesco Gattei, uno dei nostri autori chesa mixare abilmente gli ingredientiumanistici, filosofici e tecnici, inquesto numero esplora il mondo deltrading algoritmico dell’energia einvita alla prudenza perché la mac-china è precisa... anche nell’errore.Troppo. Fino a diventare letale. Per-sonalmente, continuo a preferire

l’umano troppo umano al comando enon il supercomputer HAL 9000(HAL è l’acronimo di “HeuristicALgorithmic”, algoritmo euristico)che decide la rotta della nave Disco-very 1 in “2001 Odissea nello spazio”.La perfezione senza errore conducedi solito all’irreparabile errore.

L’importanza dell’esperienzaIl “salto tecnologico” consente di“cancellare il passato”, di costruire retilà dove non c’era niente e saltare tut-te le pagine del libro della storia; que-sta realtà senza memoria, senza cachee senza backup, costruisce soggetti do-tati di un presente, ma essendo prividell’ieri e dovendo pensare per il do-mani si ritrovano improvvisamente difronte a forze dotate di una qualità checontinua ad essere decisiva: l’espe-

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rienza. Scrivo questa parola, “espe-rienza”, pensando a quanto sia pro-fonda per un’impresa come Eni, unamultinazionale, un campione delmondo dell’esplorazione con la men-te e il cuore che battono in Italia.Esperienza. Radici. Storia. Energiamotrice (della volontà) e esperienza(del mondo) sono i pilastri dellegrandi nazioni. Domanda: la Cina haesperienza? Ha volontà, ha la forzadella demografia, ma sull’esperienza,sul retroterra, bisogna andarci piùcauti. La storia della Cina è quella diuna fortezza che ferma la penetra-zione di altre culture, il maoismo fula cancellazione di tutta la tradizione,la nuova Cina in espansione e con-quistatrice all’esterno è una corazzaal suo interno, ma il recupero el’espansione delle idee del confucia-

nesimo nell’era del presidente XiJinping ci dicono che questo bisognodi “esperienza” è percepito comeun’urgenza, ecco perché sono stati ri-presi i classici della letteratura, eccoperché Xi cita i saggi del confucia-nesimo, egli si presenta come un“junzi”, una persona colta, saggia, laguida del popolo. Questa è la verachiusura dell’era di Mao. E questo èanche il punto che l’Occidente devestudiare, per sapere, per capire.Se l’esperienza conta - e conta - alloral’Europa ha un ruolo da giocare ebene fa Christian Rocca a ricordarlonel suo articolo: se noi europei nonsiamo il campione tecnologico chedominerà il mondo, se non abbiamola forza dell’industria hi-tech, allorapossiamo far valere altro, la cono-scenza del diritto, la tradizione del bi-

lanciamento degli interessi, il ruolo diponte e di muro all’eccesso, la potenzadella moderazione. Non ci sono in-fatti dubbi che l’unico soggetto cheabbia provato a mettere in piedi unapolitica del “containment” del pote-re dei titani della Silicon Valley sia sta-ta l’Unione europea. Proporsi comesoggetto regolatore degli interessi del-le imprese e dei cittadini è un buonpunto di partenza, ma non può esse-re l’unico. In questa chiave, la tran-sizione energetica è un altro ele-mento da cavalcare per innovare enello stesso migliorare la vita di tut-ti sul pianeta. Non a caso stiamo as-sistendo all’ascesa dei movimentiverdi in Europa, i casi di Francia eGermania - ancora una volta, il cuo-re del Vecchio Continente - dimo-strano che la storia procede a strap-

pi e l’idea ambientalista - riformista,trasformatrice, virtuosa - è un pilastrodella politica, in senso largo, non solodei partiti, perché Aristotele insegnache tutto è politica. Dopo aver fatto un viaggio in questomultiverso, rimbalzando da un buconero all’altro (e ora abbiamo anche lafoto, che meraviglia), sul taccuino re-sta la domanda: cosa conta davvero?E qui torniamo al punto di partenza,l’energia. Il futuro è dove ci sono leriserve, là c’è la potenza. Il domani èdove c’è capacità di “esplorazione”,che bella parola, quanta avventura evisione contiene. In fondo, stiamo rac-contando sempre il grande vecchiogioco: vedere, immaginare, creare.Buona lettura.

VISIONI DEL MONDOA sinistra, grattacieli a New York,espressione della potenzaamericana.Nalla pagina precedente, la Cinadi notte in una spettacolareimmagine satellitare della NASA. La foto rivela come lo sviluppo,fino ad oggi, sia avvenutoprevalentemente sulle coste.

© JAKUB GORAJEK/UNSPLASH

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USA-Cina/Tecnologia e sud-est asiatico, i fronti caldi della rivalità strategica

La Guerra Fredda del XXI secolo

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THE CHALLENGE

Sebbene sia impossibile prevedere quale sarà l’esito finale della sfida in atto tra le due maggiori economie mondiali, al momento le chance sembrano favorire gli Stati Uniti, che possono contare su un maggior numero di alleati e su istituzioni più solide ed efficienti

© SIMEPHOTO

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giudicare dalla loro retorica e dalleloro azioni, gli Stati Uniti e la Cina,vale a dire le due maggiori economiemondiali, si stanno chiaramente di-rigendo verso un confronto strategi-co a lungo termine, o quella che po-tremmo definire la versione del ven-tunesimo secolo della Guerra Fred-da. Il ritorno a un antagonismo tragrandi potenze rappresenta senzadubbio una tragedia geopolitica, maretrospettivamente appare quasi ine-vitabile. La principale causa risiede ov-viamente nel rapido cambiamento in-tervenuto nell’equilibrio di potere trai due paesi, che ha condotto a un re-lativo declino degli Stati Uniti e alloro crescente timore di perderel’egemonia mondiale a favore dellaCina. Queste cifre impressionantiraccontano nel modo più efficace lastoria della Guerra Fredda che si staconsumando tra Stati Uniti e Cina:nel 1992, l’anno successivo all’im-plosione dell’Unione Sovietica, ilPIL cinese misurato in dollari era cir-ca il 7 percento di quello statuniten-se, mentre oggi corrisponde circa al65 percento. In altre parole, il diva-rio di potere tra Cina e USA in ter-mini di dimensioni della loro econo-mia è oggi dieci volte inferiore ri-spetto a 27 anni fa. A spingere i due paesi verso il conflittovi sono sicuramente altri fattori.L’ascesa di Xi Jinping, un uomo for-te con un’agenda globale ambiziosae una smisurata propensione al ri-schio, ha portato all’abbandono del-la “grand strategy” adottata da tem-po dalla Cina di mantenere un bassoprofilo sulla scena mondiale ed evi-tare a tutti i costi il conflitto con gliStati Uniti. Le azioni di politica este-ra che contraddistinguono il presi-dente cinese, come costruire e mili-tarizzare una serie di isole artificialinel Mar Cinese Meridionale e lanciareun progetto infrastrutturale del valoredi mille miliardi di dollari noto come“Belt and Road Initiative” (BRI),hanno avuto il solo effetto di con-vincere gli Stati Uniti che la Cina stiaormai sfidando apertamente la loroegemonia. I costanti attriti tra il ca-pitalismo di stato di stampo cinese eil capitalismo di libero mercato sta-tunitense hanno esacerbato ulterior-mente le tensioni commerciali e oraminacciano di mandare in fumo gliscambi commerciali bilaterali da 660miliardi di dollari tra i due paesi.

Conflitto di interessi geopolitici e valori ideologiciConsiderato il fondamentale conflit-to di interessi geopolitici e valoriideologici tra Stati Uniti e Cina, la lororivalità strategica potrebbe non ave-re limiti di tempo e durare decenni.Sebbene possa ricordare la GuerraFredda per alcuni tratti, come la cor-sa agli armamenti e l’affannosa ricer-ca di alleati in tutto il mondo, da un

punto di vista qualitativo la competi-zione strategica sino-americana dif-ferirà dalla Guerra Fredda sotto dueaspetti fondamentali. In primo luogo,diversamente dalla Guerra Fredda, chemirava essenzialmente a contenere laminaccia militare terrestre dell’UnioneSovietica nei confronti dell’Europa oc-cidentale e la minaccia nucleare neiconfronti degli Stati Uniti, in termi-ni geopolitici e militari la nuovaGuerra Fredda tra USA e Cina assu-merà principalmente le vesti di unconflitto navale nelle acque circostantila Cina. Questo perché nessuno deiprincipali paesi confinanti via terra conla Cina, eccetto il Vietnam, è vinco-lato agli Stati Uniti da un trattato dialleanza o possiede armi nucleari.Ciò significa che è improbabile cheStati Uniti e Cina sprechino le loro ri-

sorse preparandosi a una vera e pro-pria guerra terrestre. Al contempo, ilpredominio marittimo americano mi-naccia la sicurezza e le rotte com-merciali cinesi. Questa situazione èparticolarmente grave sul confinemarittimo orientale della Cina, dalmomento che gli Stati Uniti sono al-leati del Giappone e della Corea delSud e offrono un’implicita garanzia disicurezza a Taiwan, considerata da Pe-chino una provincia ribelle.Ma il predominio marittimo degliStati Uniti e la loro rete di alleanzesono molto più deboli a sud dellaCina. Tra i paesi del sud-est asiatico,le Filippine sono l’unico cui li lega untrattato di alleanza, mentre l’Austra-lia, altro alleato americano, è decisa-mente troppo lontana. Cosa più im-portante, dopo la chiusura delle basi

MINXIN PEI

Esperto di governance della Repubblicapopolare cinese, relazioni tra Stati Unitie Asia e democratizzazione nei paesi in via di sviluppo, Pei è direttore del Keck Center for International and Strategic Studies presso il Claremont McKenna College. Inoltre è non-resident senior fellow delprogramma asiatico presso il GermanMarshall Fund of the United States.

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navali e aeree nella baia di Subic e aClark, nelle Filippine, più di vent’annifa, la presenza della Marina degli Sta-ti Uniti nel Mar Cinese Meridiona-le è solo l’ombra di sé stessa. La re-lativa debolezza degli Stati Uniti inquesta parte di mondo, insieme allepotenziali risorse energetiche delMar Cinese Meridionale e alla sua im-portanza come rotta marittima cru-ciale per il commercio mondiale, fadel sud-est asiatico uno dei teatri fon-damentali in cui si giocherà la com-petizione strategica tra Stati Uniti eCina nei prossimi decenni.La seconda differenza qualitativa trail conflitto sino-americano in atto ela Guerra Fredda tra USA e UnioneSovietica è rappresentata dal ruolodella tecnologia. Con il mondo sul-l’orlo di un’altra rivoluzione tecno-

logica fatta di Intelligenza Artificia-le, big data, comunicazioni wireless5G e calcolo quantistico, si dà perscontato che chiunque guidi questacorsa con tutta probabilità otterrà van-taggi militari ed economici impa-reggiabili. Anche durante la GuerraFredda l’Unione Sovietica e gli Sta-ti Uniti intrapresero una corsa tec-nologica, ma a quell’epoca essa eraesclusivamente limitata ad applica-zioni di carattere militare. Oggi lacompetizione tecnologica tra USA eCina è tanto commerciale quanto mi-litare. In effetti, a giudicare dall’in-tensità della campagna di Washingtoncontro Huawei, il colosso delle tele-comunicazioni cinese in testa nellacorsa verso il 5G, vi sono motivi fon-dati per affermare che la “guerratecnologica” tra i due paesi nei pros-

simi anni si concentrerà più sulle ap-plicazioni commerciali che su quel-le militari.

La competizione strategicanel sud-est asiaticoConsiderato che l’egemonia maritti-ma e le reti di alleanza americane nelsud-est asiatico sono di gran lungameno solide che nell’Asia nord-orien-tale, la Cina può sfruttare questa re-lativa debolezza a proprio favore nel-la competizione con gli Stati Uniti. Icontorni della triplice strategia di Pe-chino nel sud-est asiatico si stanno de-lineando in modo più evidente. Ilfronte più importante su cui si arti-cola questa strategia è quello del-l’impegno economico attraverso ilcommercio e gli investimenti. LaCina è il maggiore partner commer-

ciale dell’Associazione delle nazionidel sud-est asiatico (ASEAN), che riu-nisce tutti i paesi della regione. Nel2018, gli scambi commerciali bilate-rali tra Cina e l’associazione hannoraggiunto i 587 miliardi di dollari, piùdel doppio di quelli tra USA e ASE-AN nello stesso anno (272 miliardi didollari). Gli investimenti diretti dal-la Cina (e Hong Kong) nell’ASEANsono stati pari a 19 miliardi di dolla-ri nel 2017, quasi tre volte quelli de-gli Stati Uniti nella regione. Nel2018, inoltre, dei 120 milioni di tu-risti stranieri che si sono recati nei seiprincipali paesi dell’area (Indonesia,Thailandia, Malesia, Vietnam, Fi-lippine e Singapore), la quota mag-giore, ovvero il 20 percento, prove-niva dalla Cina. Ovviamente, inte-grando la propria colossale economia

9

THE CHALLENGE

QUINTA GENERAZIONEL’arena principale in cui si giocail predominio tecnologico è quella delle tecnologieemergenti, come l’AI, il 5G e il calcolo quantistico. Questesono in grado di modificare,radicalmente, il panorama della competizione economica e militare tra Stati Uniti e Cina.Nella foto lo stand della ChinaUnicom alla China InternationalFair for Trade in Services(CIFTIS), il 29 maggio 2019 a Pechino.

© GETTY IMAGES

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con quelle dei paesi del sud-est asia-tico, la Cina spera di rendere moltocostosa per questi paesi un’alleanzacon gli Stati Uniti.Il secondo fronte prevede l’intensifi-cazione dell’attività diplomatica.Sfruttando la propria prossimità geo-grafica, la Cina riesce a mantenere unfitto programma di visite di alto livelloagli stati membri dell’ASEAN conl’intento di rafforzare i legami di-plomatici. Xi Jinping ha fatto visita aquasi tutti i paesi più importanti inseno all’ASEAN: Malesia e Indone-sia a ottobre 2013, Singapore a no-vembre 2015, Cambogia a ottobre2016, Vietnam a novembre 2017 e Fi-lippine a novembre 2018.L’ultimo fronte della strategia cinesepunta a minare la credibilità degli im-pegni americani sulla sicurezza nellaregione attraverso l’espansione dellapropria presenza militare e l’escalationdi intimidazioni nei confronti di Viet-nam e Filippine, i due principali con-tendenti nella disputa sul Mar Cine-se Meridionale. Senza alcun dubbio,il passo più decisivo intrapreso dallaCina consiste nella costruzione (e suc-cessiva militarizzazione) di alcuneisole artificiali nelle aree contese delMar Cinese Meridionale. Sebbene daun punto di vista militare l’utilità diqueste isole sia probabilmente mar-ginale nell’eventualità di uno scontroaperto con gli Stati Uniti (la poten-za di fuoco americana non avrebbedifficoltà a distruggerle), non va sot-tovalutato l’impatto psicologico del-l’espansione cinese. Dimostrando aipaesi dell’ASEAN che nemmeno gliStati Uniti sono riusciti a impedire lacostruzione e la militarizzazione diqueste isole, Pechino ha inteso inviarea queste nazioni il messaggio che nondovrebbero contare sul fatto che in fu-turo gli Stati Uniti verranno in loroaiuto, dal momento che gli impegnidi Washington si sono rivelati falsepromesse.

Il “pivot to Asia” di Obama e la svolta di BushA dire il vero, Washington avevainiziato a reagire alla triplice strate-gia cinese nel 2010, quando l’ammi-nistrazione Obama aveva annuncia-to la dottrina del “Pivot to Asia”, o“svolta asiatica”. Tuttavia, i risultaticonseguiti finora appaiono contra-stanti.Sul fronte economico, gli Stati Uni-ti avevano dato il loro supporto al Par-tenariato Trans-Pacifico (TPP), unaccordo di libero scambio che avevaesplicitamente escluso la Cina.L’obiettivo strategico a lungo termi-ne era quello di ridurre la dipenden-za delle nazioni del sud-est asiatico da-gli scambi commerciali con la Cina.Purtroppo, l’opposizione politica in-terna al libero commercio emersa ne-gli Stati Uniti finì per ritardare la ra-tifica del TPP da parte del Congres-

USA

7

PRODUZIONE INDUSTRIALE

INVESTIMENTI

CONSUMI

* Dati del 2016

2,7%*

0,7%*

1,6%

EXPORT3,4%

IMPORT4%

SUPERFICIE: 9.834.000 km²

VARIAZIONE ANNUA IN %

19.391mld$

POPOLAZIONE 326 milioni

TASSO DIDISOCCUPAZIONE

4,4%

+2,3%

VARIAZIONE ANNUA IN %

-807,5mld$BILANCIA

COMMERCIALE

P

PIL 2017e variazioneannua in %

DEB

ITO

PU

BB

LIC

O(%

DEL

PIL

)

106%PIL pro-capite

59.501 $

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Due potenze a confronto

Fonte: FocusEconomics, dati 2017

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CinaU

7,8%*6,6% *

6,6%

VARIAZIONE ANNUA IN %

-3,7%-3,4%

TASSO DI INFLAZIONE(CPI, VARIAZIONE ANNUA IN %)

SALDO DI BILANCIO(% del PIL)

1,6%2,1%

SUPERFICIE: 9.597.000 km²

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PIL 2017e variazioneannua in %

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so, e la prima cosa che Donald Trumpfece insediandosi alla Casa Biancadopo aver vinto le elezioni presiden-ziali del 2016 fu ritirare gli StatiUniti dal TPP, abbandonando inquesto modo il sud-est asiatico allacrescente influenza economica dellaCina. Naturalmente, la posizione diTrump potrebbe modificarsi. Qualoral’escalation della guerra commercia-le USA-Cina raggiungesse il suo api-ce, si potrebbe ipotizzare che gliStati Uniti sarebbero tentati di rien-trare nel TPP dopo le elezioni pre-sidenziali del 2020. Anzi, un rientronel TPP sarebbe addirittura più pro-babile nel corso del secondo manda-to di Trump (che non dovrebbe piùpreoccuparsi di essere rieletto) chenon da parte di una nuova ammini-strazione democratica.

In risposta al mancato impegno di-plomatico durante il mandato diGeorgeW. Bush, l’amministrazioneObama ha dedicato maggiore atten-zione all’ASEAN. Oltre ad aumentareil numero degli incontri ministeria-li, il presidente Obama si è recato per-sonalmente più volte nei paesi delsud-est asiatico (Indonesia a novem-bre 2010, Thailandia a novembre2012, Filippine ad aprile 2014 e Viet-nam a maggio 2016). Anche il presi-dente Trump ha visitato le Filippinee il Vietnam (rispettivamente, nel2017 e nel 2018), i due paesi che han-no contestato con maggior vigore lepretese cinesi sul Mar Cinese Meri-dionale.Sul fronte militare, la risposta ame-ricana alle azioni cinesi è stata discretama ferma. Washington ha intensifi-cato le proprie operazioni di libera na-vigazione attorno alle isole costruiteo occupate dalla Cina per contrasta-re le pretese di sovranità cinesi e stapianificando esercitazioni navali con-giunte su larga scala insieme ai suoiprincipali alleati (come Giappone, Au-stralia e Regno Unito) per dimostra-re la propria determinazione a re-spingere l’espansione cinese nel MarCinese Meridionale. Gli Stati Unitihanno inoltre incrementato gli aiutimilitari a Filippine e Vietnam e sot-toscritto nuovi accordi per aumenta-re la presenza militare statunitense

nelle Filippine allo scopo di scorag-giare ulteriori aggressioni cinesi.È troppo presto per dire quale paeseriuscirà a prevalere nella competizionestrategica per il sud-est asiatico, dalmomento che ciascuno di essi presentavantaggi e svantaggi peculiari. Il pun-to di forza più prezioso degli StatiUniti è dato dal desiderio della mag-gior parte dei paesi del sud-est asia-tico che la potenza americana conti-nui a fare da garante della pace nellaregione. I loro principali punti deboliconsistono invece nella “tirannia del-la distanza” e nel crescente isolazio-nismo, unilateralismo e protezionismodell’amministrazione Trump. Perquanto riguarda la Cina, i suoi van-taggi più significativi sono la prossi-mità geografica e la forte capacità ditraino del suo immenso mercato,tuttavia controbilanciati dal timore daparte dei paesi confinanti di subirnele prevaricazioni e il dominio. È dun-que probabile che nell’immediatofuturo si assista a una competizione in-concludente tra Stati Uniti e Cina suquesta regione di primaria impor-tanza, in cui la maggior parte dei pae-si dell’ASEAN rifiuterà di schierarsiin un tale scontro tra titani.

La gara per il dominio in campo tecnologicoPur essendo in leggero vantaggio su-gli Stati Uniti nella competizione perassicurarsi l’influenza sul sud-estasiatico, la Cina è chiaramente sfa-vorita nella corsa tecnologica, il se-condo fronte della Guerra Freddasino-statunitense in corso. Forti del-la loro posizione di leader mondia-le in campo tecnologico, gli StatiUniti sembrano avere poco da temeredalla Cina, che ha un quarto del lororeddito pro capite ed è consideratauna nazione in pesante ritardo tec-nologico.Eppure, a giudicare dalla febbrileretorica di Washington sul famigeratoprogramma “Made in China 2025” el’accanita campagna contro Huawei,si ha l’impressione che gli Stati Uni-ti stiano perdendo terreno. Nel bre-ve-medio termine questi timori po-trebbero essere ingiustificati e senzaalcun dubbio la supremazia tecnolo-gica americana resiste sotto ogniprofilo. Nel campo della ricerca dibase, gli Stati Uniti continuano ad ag-giudicarsi un numero impressionan-te di Premi Nobel nella medicina, nel-la chimica e nella fisica, mentre unsolo scienziato cinese è riuscito a vin-cerne uno. Le università di ricercaamericane rimangono le migliori almondo e le aziende statunitensi do-minano nei settori tecnologici dipunta, come quelli dei nuovi materiali,delle biotecnologie, dell’aviazione,dei software e dei semiconduttori. Tuttavia Washington fa bene a nondormire sugli allori, perché la Cina staguadagnando rapidamente terreno.

La rapida crescita dell’economia ci-nese consente ormai al paese di au-mentare gli investimenti in ricerca esviluppo: nel 2017, per esempio, laCina ha destinato alla ricerca & svi-luppo 445 miliardi di dollari, cifra nonmolto inferiore ai 538 miliardi di dol-lari investiti nello stesso settore dagliStati Uniti, il leader mondiale. In ter-mini di talenti, la Cina può attinge-re a un vasto bacino di scienziati e in-gegneri (anche se l’apertura degliStati Uniti offre ancora un vantaggiocompetitivo considerevole nell’at-trarre talenti di prim’ordine, a menoche la politica anti-migratoria del-l’amministrazione Trump non di-strugga questo vantaggio).Mentre la Cina continua a ridurre ildivario tecnologico nei confronti de-gli Stati Uniti, l’arena principale in cuisi gioca il predominio tecnologico èquella delle tecnologie emergenti,come l’AI, il 5G e il calcolo quanti-stico. Ci sono due ragioni per cui tan-to gli Stati Uniti quanto la Cinaconsiderano queste nuove tecnologiecruciali per il futuro della propria si-curezza e della propria prosperità. Inprimo luogo, queste tecnologie sonodirompenti e in grado di modificareradicalmente il panorama della com-petizione economica e militare traStati Uniti e Cina. Chiunque riescaa portarsi in testa per primo potreb-be raccogliere enormi frutti e persi-no assicurarsi un’egemonia duratura.In secondo luogo, sebbene gli StatiUniti godano di una superiorità con-solidata in alcuni settori crucialicome quelli dei semiconduttori, deimateriali e dell’aviazione, il loro van-taggio sulla Cina nelle tecnologie difrontiera è relativamente esiguo, senon addirittura nullo, dal momentoche gli scienziati e gli ingegneri deidue paesi sono grosso modo allostesso punto di partenza. Ciò fa au-mentare le probabilità che la Cina rie-sca a superare gli Stati Uniti nell’ac-quisizione di alcune tecnologie difrontiera (come pare sia il caso nel 5G,dove Huawei è in vantaggio rispettoai suoi competitor occidentali).La risposta americana a questi rischisi concretizza in una strategia speci-ficamente mirata a impedire allaCina l’accesso alle tecnologie di fron-tiera e che è già possibile vedere al-l’opera su più fronti. Uno di questiconsiste nel restringere l’accesso discienziati e studenti cinesi alle più pre-stigiose università americane rifiu-tando loro i visti o riducendone il nu-mero. Il serrato giro di vite sullo spio-naggio economico particolarmentefocalizzato su scienziati e ingegneri dietnia cinese negli Stati Uniti ha an-che lo scopo di tamponare sospetta-te fughe di segreti tecnologici a favoredella Cina. Le nuove regole per leprocedure di “national security re-view” attualmente rendono pratica-mente impossibile l’acquisto di società

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DANZA ROBOTICARobot intelligenti si esibiscono in un balletto durante unamanifestazione per la GiornataMondiale delle Telecomunicazionia Jinan, Cina. Tale ricorrenza si celebra il 17 maggio percommemorare la fondazionedell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni, avvenuta nel 1865.

© GETTY IMAGES

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THE CHALLENGE

statunitensi con tecnologie avanzateda parte di enti cinesi. La campagnaamericana contro Huawei, che met-te in campo un procedimento pena-le, pressioni sugli alleati per la mes-sa al bando della società dalle loro reti5G e il potenziale divieto di accessoa tecnologie made in USA, mira a im-pedire al colosso delle telecomuni-cazioni cinese di dominare lo spazio5G. A Washington si parla anche diriesumare il Coordinating Commit-tee for Multilateral Export Controls(CoCom), comitato risalente all’epocadella Guerra Fredda, affinché gliStati Uniti e i loro alleati possano la-vorare a più stretto contatto per im-

pedire alla Cina l’accesso a tecnolo-gie avanzate.

I pronostici danno gli USA come favoritiSebbene sia impossibile prevederequale sarà l’esito finale della compe-tizione strategica in atto tra Cina eUSA, al momento le chance sem-brano favorire gli Stati Uniti, che nonsolo rappresentano la potenza più for-te, ma possono anche contare su unmaggior numero di alleati e istituzioninazionali più solide ed efficienti. Ma il verdetto nelle singole arene del-la loro battaglia per la supremaziamondiale ha buone probabilità di es-

sere diverso. Per esempio, la lorolotta per ottenere l’influenza geopo-litica nel sud-est asiatico potrebbe ri-velarsi inconcludente, dal momentoche in termini di capacità il confron-to in questa regione è più equilibrato.Allo stesso tempo, i pronostici dannovincenti gli Stati Uniti nella corsa alletecnologie emergenti semplicementeperché non solo dispongono di capa-cità di gran lunga maggiori e dei “van-taggi dell’incumbent”, ma anche per-ché possiedono (e sono disposti autilizzare) tutti gli strumenti necessa-ri per avere la meglio sulla Cina.

SILICON VALLEY TOUR1. Santa Clara. Il Museo Intelespone i prodotti e la storia della multinazionale statunitense.2. Los Altos. Il garage di Steve Jobs al 2066 di CristDrive, il luogo dove si dice sia nata la Apple.3. Mountain View. Una turista posa accanto ad Android Oreo, uno dei simboli di Google.4. Cupertino. Interno dell’ApplePark Visitor Center, strutturaaperta al pubblico adiacente al Campus.5. San Francisco. Il ristoranteEatsa, dove è possibile ordinarecibo e ritirarlo senza alcunainterazione con esseri umani.

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Alessandro Gandolfi è socio fondatoredell’agenzia fotografica Parallelozero. I suoi lavori sono apparsi in varie pubblicazioni,inclusi Le Journal de la Photographie, Courrier International, Lightbox TIME,Newsweek Japan, Le Monde.

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ucidide sta tornando di grande attua-lità. Negli ultimi anni, le idee di que-sto generale e storico ateniese vissu-to intorno al 450 a.C. hanno ripresoad attirare l’attenzione. Nei suoi scrit-ti, Tucidide ha trattato svariati argo-menti, ma l’attuale interesse per la suaopera si deve alla cronaca che ci ha la-sciato della guerra trentennale traSparta e Atene. In particolare, adaver attirato l’attenzione di politici, ge-nerali e storici contemporanei è la con-clusione di Tucidide secondo cui “ful’ascesa di Atene e la paura che que-sta aveva ispirato a Sparta a rendereinevitabile la guerra”. A preoccuparegli analisti odierni è il pronostico se-condo cui, quando emerge una po-tenza rivale in grado di minacciarel’egemonia della potenza dominante,la guerra è inevitabile. Il riferimento,naturalmente, è alle possibili reazio-

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Secondo lo storico ateniese,quando emerge una potenzarivale in grado di minacciarel’egemonia di quella dominante,la guerra è inevitabile. La politicaenergetica, però, potrebbecontribuire a pacificare lerelazioni tra USA e Cina, laddovecoincidano gli interessi

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MOISÉS NAÍM

È membro del Carnegie Endowment di Washington DC. Il suo libro piùrecente è “The End of Power”. Naím è uno dei membri fondatori del comitato editoriale di WE.

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Strategie/Il potenziale di una cooperazione costruttiva nel settore

L’energia e la “trappola di Tucidide”

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ni statunitensi all’ascesa cinese. Gli at-tuali attriti tra le due superpotenzecontinueranno ad accentuarsi finoad arrivare a uno scontro che cambieràil pianeta, oppure le parti troverannoil modo di coesistere spartendosi il po-tere globale in termini sostanzial-mente pacifici, pur non senza tensio-ni e fratture? Per dissipare i timori diuna guerra, il presidente cinese Xi Jin-ping ha affermato: “Dobbiamo colla-borare tutti per evitare la trappola diTucidide e ogni tensione dannosatra una potenza emergente e le po-tenze dominanti (…). Il nostro intentoè di promuovere un nuovo modello direlazioni tra grandi paesi”.

La trappola di Tucidideapplicata all’energiaAnche se, di per sé, non può neutra-lizzare del tutto gli effetti delle for-

ze responsabili dell’attrito tra Cina eStati Uniti, la politica energetica puòcomunque contribuire a pacificarnele relazioni, dal momento che lecomplementarità tra i settori del-l’energia dei due paesi sono signifi-cative. A limitare queste opportuni-tà, tuttavia, non è solo la guerracommerciale in corso tra Cina eUSA, ma anche le differenze alla basedelle rispettive politiche energeti-che e ambientali. Un limite fonda-mentale alla potenziale collabora-zione tra le due superpotenze eco-nomiche nel settore dell’energia ri-siede nella disparità dei rispettivi (e di-chiarati) intenti strategici. La strate-gia energetica a lungo termine dellaCina, come indicato nel documento“Energy Outlook for 2050” pubbli-cato dalla compagnia petrolifera distato China National Petroleum Cor-

poration, punta a una sostituzione sugrande scala di carbone e petrolio congas naturale e fonti di energia rinno-vabili. L’ambizioso obiettivo è disoddisfare il 35 percento del propriofabbisogno energetico tramite fontisolari ed eoliche (e quasi il 20 percentograzie al gas naturale) entro il 2050.La strategia prevede inoltre di ridurrele quote di carbone e di greggio nelmix energetico nazionale, rispettiva-mente, del 33 e del 15 percento. LaCina ha dichiarato un forte impegnoa ridurre il proprio impatto ambien-tale e sta già compiendo passi avantiin tal senso. Per contro, la strategiaenergetica statunitense (come indicatonei principali discorsi politici ufficiali,ad esempio quello tenuto dall’allorasegretario degli Interni Ryan Zinkenel settembre del 2017) intende fa-vorire attivamente lo sviluppo dei

combustibili fossili. L’amministra-zione Trump ha affermato, inoltre, divoler conquistare quanto definisce il“predominio energetico globale” so-prattutto aumentando le esportazio-ni di petrolio e gas. Mentre gli StatiUniti si sono ritirati dall’Accordo diParigi del 2016 e hanno abolito lamaggior parte delle normative am-bientali adottate dall’amministrazio-ne Obama, la Cina è diventata uno deiprincipali paladini della tutela del-l’ambiente. In conseguenza di questeposizioni strategiche contrastanti, letensioni sul settore dell’energia han-no cominciato a manifestarsi addi-rittura prima della comparsa dell’at-tuale crisi commerciale. In risposta al-l’aumento dei dazi imposto da Wa-shington nel 2018 sulle importazio-ni di pannelli solari prodotti in Cina,Pechino ha immediatamente taglia-to le importazioni petrolifere dagliStati Uniti. Da una media di quasi400.000 barili al giorno nel primo se-mestre del 2018, a settembre dellostesso anno le importazioni cinesi dipetrolio statunitense erano ormaicrollate quasi a zero. La Cina, inol-tre, ha rinviato o annullato del tuttoi progetti relativi all’importazionedi gas naturale liquefatto dagli StatiUniti. La decisione statunitense di au-mentare i dazi sui pannelli solari ci-nesi è stata dettata dalla convinzionedi Washington di dover arginare l’ir-ruzione dei produttori cinesi di pan-nelli nel mercato interno statuni-tense. Gli impulsi protezionisticisono stati influenzati dalla chiusura,negli ultimi anni, di oltre una decinadi aziende produttrici di pannelli so-lari con sede negli USA, come puredall’acquisizione da parte di società ci-nesi di numerose aziende statuniten-si operanti nel settore della tecnolo-gia solare. A irritare l’amministrazioneTrump è stato anche il fatto che, a dif-ferenza della rapida diffusione diprodotti e società cinesi nel mercatodell’energia solare statunitense, leimprese americane si sono trovate tal-volta ad affrontare ostacoli insor-montabili per entrare o operare conprofitto nel mercato solare cinese.Un’eccezione (all’epoca molto pub-blicizzata) è stato l’investimento,operato da Apple nel 2015, in duecentrali solari da 20 megawatt nellaprovincia del Sichuan in grado di ge-nerare energia sufficiente per circa60.000 famiglie cinesi. Purtroppo, gliesempi di successo come questo scar-seggiano. Le restrizioni cinesi agli in-vestitori stranieri in questo settorehanno scoraggiato le aziende ameri-cane: la Cina, infatti, impone alle so-cietà estere di condividere la propriatecnologia delle turbine eoliche e diacquistare almeno il 70 percentodella componentistica da fonti loca-li. La crisi commerciale attualmentein corso ha inoltre rallentato (o for-se addirittura annullato) importanti

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THE CHALLENGE

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progetti congiunti nel settoreOil&gas. Durante la visita del presi-dente Trump in Cina, nel novembredel 2017, è stato firmato un memo-randum d’intesa allo scopo di pro-muovere lo sviluppo dello shale egrandi progetti nel settore dell’indu-stria chimica. Il progetto prevedevainoltre che la China Energy Inve-stment Corporation, società minera-ria ed energetica cinese, investisse finoa 83 miliardi di dollari nella VirginiaOccidentale. La visita di Trump haanche portato alla sottoscrizione diuna joint venture di gas di petrolio li-quefatti con sede in Alaska del valo-

re di 43 miliardi di dollari tra l’Ala-ska Gasline Development Corpora-tion e il gruppo petrolifero e petrol-chimico cinese Sinopec. Un altroesempio è quello della joint ventureda 3,5 miliardi di dollari tra il grup-po Yankuang e la statunitense Air Pro-ducts & Chemicals per costruire unacentrale a gas di sintesi nella città ci-nese di Hohhot. Tutti questi proget-ti sono ora a rischio a causa dell’ag-gravarsi delle tensioni commerciali.L’American Petroleum Institute haavvertito che l’estromissione degli Sta-ti Uniti dal mercato cinese del gas na-turale a causa della guerra commer-

ciale è una brutta notizia non solo pergli USA ma anche per la stabilità del-l’economia globale.

Complementarità per lacooperazione energeticaQuesta brutta notizia non deve far per-dere di vista l’immenso potenziale diuna relazione costruttiva e collabora-tiva tra Cina e Stati Uniti nel settoredell’energia. L’Agenzia internazio-nale dell’energia (IEA) calcola che nelcorso dei prossimi quattro anni gli Sta-ti Uniti saranno responsabili di circail 40 percento dell’aumento dellaproduzione complessiva di gas natu-

rale a livello mondiale, diventando cosìuno dei primi tre esportatori di gas na-turale liquefatto insieme ad Australiae Russia. La IEA prevede anche che,di qui al 2022, la domanda cinese digas naturale crescerà ogni anno di unincredibile 8,7 percento, in gran par-te in conseguenza dell’impegno di Pe-chino a migliorare la qualità del-l’aria. Una tale espansione della do-manda cinese di gas renderà necessa-rio raddoppiarne le importazioni en-tro i prossimi tre anni. Anche se laCina avrà la possibilità di importare ul-teriore gas naturale dalla vicina Rus-sia e da altri fornitori, il gas naturale

VARIAZIONE DEL CONSUMO DI GAS NATURALE, 2017-2023(miliardi di metri cubi)

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VARIAZIONE DELLA PRODUZIONE COMPLESSIVA DI PETROLIO, 2018-2024 (milioni di barili al giorno)

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ALTRI PAESI ASIA-PACIFICO

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MEDIO ORIENTE80,4

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PRODUZIONE STATUNITENSE DI GAS NATURALE(ASSE DI SINISTRA)

CONSUMO CINESE DI GAS NATURALE(ASSE DI DESTRA)

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Produzione e consumo,gli interessi si incontrano

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THE CHALLENGE

statunitense offre a entrambi i paesiun’occasione unica di collaborare a unaccordo reciprocamente vantaggioso.Dal momento che la China NationalPetroleum Corporation sta reperen-do ingenti riserve di shale oil nella par-te settentrionale della municipalità diTianjin, lo sviluppo delle riserve dishale oil e gas offre occasioni impor-tanti di cooperazione. Secondo laIEA, la Cina è ormai il terzo paese perriserve di shale oil dopo Stati Uniti eRussia e potrebbe indubbiamentetrarre vantaggio dal supporto tecno-logico e operativo statunitense. Pur-troppo, tuttavia, sarà difficile tradur-

re in realtà queste occasioni fin tan-to che il braccio di ferro commercia-le tra Stati Uniti e Cina proseguirà ine-sorabile. Il settore dell’energia, diper sé, non sembra rivestire un’im-portanza sufficiente da essere un fat-tore in grado di attenuare la naturaconflittuale delle attuali relazioni.Tanto la leadership cinese quantoquella statunitense sembrano saldenelle rispettive posizioni. Il presi-dente Xi Jinping ha affermato che “laCina continuerà a tenere alta la ban-diera della pace, dello sviluppo, del-la cooperazione e del vantaggio reci-proco come pure a perseguire l’obiet-

tivo fondamentale di politica estera dipreservare la pace mondiale e pro-muovere uno sviluppo comune”. Alcontrario, il presidente Trump haraddoppiato l’impegno a tener fedeallo slogan “America First”. Oltre adaver citato il Mago di Oz in un di-scorso tenuto in Vietnam nel no-vembre del 2017 (“Nessun posto èbello come casa mia”), Trump haanche ammesso, piuttosto esplicita-mente, di sperare che la guerra com-merciale attualmente in corso porti laproduzione interna statunitense a su-perare il volume delle importazioni.Nella sua cronaca della guerra del Pe-

loponneso, Tucidide ha scritto: “Iotemo maggiormente gli errori nostriche i disegni dei nemici”. Se i leaderattuali terranno conto di questo av-vertimento, ci sono buone probabili-tà di evitare la trappola e trovare unavia alla cooperazione tra i due paesi:una via che, se tutto va bene, sarà il-luminata a gas. Anche se non posso-no smantellare la trappola di Tucidi-de, i settori dell’energia cinese e sta-tunitense possono comunque miti-garne gli effetti.

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SHALE GAS BACINO PERMIANO

SHALE GAS APPALACHIA

ALTRI SHALE GAS ASSOCIATI

ALTRI SHALE GAS SECCHI

ALTRE FONTI

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MEDIO ORIENTE

RESTO DEL MONDO

GENERAZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

INDUSTRIA

RESIDENZIALE E COMMERCIALE

USO INTERNO INDUSTRIA ENERGETICA

TRASPORTI

FONTI USA DI GAS NATURALE

SETTORI DI CONSUMO DI GAS NATURALE IN CINA

-44

VARIAZIONE DELLA PRODUZIONE DI GAS NATURALE, 2017-2023(miliardi di metri cubi)

PRODUZIONE STATUNITENSE DI GAS NATURALEPER FONTE (miliardi di metri cubi)

CONSUMO CINESE DI GAS NATURALEPER SETTORE (miliardi di metri cubi)

VARIAZIONE DELLA DOMANDA PETROLIFERA MONDIALE (milioni di barili al giorno)

EUROPAEGITTORUSSIAAUSTRALIACINAMEDIO ORIENTE

2017 2019 2021 2023 2017 2019 2021 2023

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STATI UNITI

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IRANVENEZUELA

1

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GUYANA

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0,44

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Fonte: IEA

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La sfida tecnologica

È sulla tecnologia che si consuma lo scontro più importante tra la Cina e gli Stati Uniti:

nel campo dell’Intelligenza Artificiale, ad esempio, Pechino punta a raggiungere gli USA entro il 2020,

arrivare per prima allo sviluppo di tecnologie innovative nel 2025 e, infine, diventare leader nel settore nel 2030.

Di contro, Donald Trump non perde occasione per ribadire che gli Stati Uniti non hanno nessuna intenzione di cedere il passo. L’Europa, che di certo non domina la scena nell’ambito della rivoluzione tecnologica,primeggia sul fronte della protezione dei dati personali diventando un modello nel panorama legislativo relativo alla tutela della privacy.

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Hi-tech/Il nuovo terreno di scontro tra le due superpotenze mondiali

La corsa all’Intelligenza Artificiale

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La Cina ha puntato, da tempo, sullo sviluppo delle tecnologie piùavanzate, investendo direttamente enormi risorse pubbliche. Gli Stati Uniti, storicamente culla dell’innovazione, hanno lasciatol’iniziativa ai colossi privati della Silicon Valley

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er i prossimi decenni le relazioni traCina e Stati Uniti definiranno l’ordinemondiale. È così da tempo, ma l’ag-gressivo perseguimento di una guer-ra commerciale con Pechino da par-te del presidente statunitense DonaldTrump ha spinto i rapporti tra i duepaesi ad un punto di svolta. Gli USAhanno ormai definito ufficialmente laCina “un rivale strategico”, ma, quel-la tra le due superpotenze, è una ri-valità diversa da ogni altra cui ilmondo abbia mai assistito finora.Per centinaia di anni, la geopolitica haseguito prevalentemente la regolaillustrata dall’antico storico grecoTucidide: quando una potenza globaleè in declino e ne emerge un’altra, iconflitti sono inevitabili. Alla Cina,tuttavia, non interessa sostituirsi agliStati Uniti nel ruolo di maggiore po-tenza militare a livello mondiale, e delresto non è affatto chiaro se potreb-be riuscirci quand’anche ne avessel’intenzione: attualmente, infatti, se-condo lo Stockholm InternationalPeace Research Institute (SIPRI) lespese per la difesa statunitensi am-montano a circa il triplo di quelle ci-nesi. E anche se di recente questa ri-valità tra superpotenze si è manifestatanella sfera commerciale, la teoriaeconomica moderna indica che la cre-scita economica può (e dovrebbe) es-sere un gioco a somma positiva:quando i paesi collaborano, la tortadell’economia globale cresce e tutti nericevono una fetta più grande. Inol-tre, la realtà globalizzata e interdi-pendente delle dinamiche economi-che del ventunesimo secolo rendetroppo dispendioso per entrambi ipaesi perseguire indefinitamente unoscontro economico. Esiste però uncampo sul quale Cina e Stati Unitisono destinati a scontrarsi, ed è quel-lo della tecnologia.

Due modelli a confronto

La Cina è il primo paese a poter le-gittimamente rivendicare lo status disuperpotenza tecnologica alla pari de-gli Stati Uniti. Negli ultimi vent’an-ni, Pechino ha concesso alle aziendeoccidentali il diritto di accedere al suomercato di oltre un miliardo di con-sumatori e di operare entro i suoi con-fini solo a patto che vi trasferissero lapropria tecnologia. È una politica cheha trasformato la Cina in una poten-za tecnologica all’avanguardia (in-centivata ulteriormente da casi difurto di tecnologia e proprietà intel-lettuale perpetrati da imprese sov-venzionate dallo stato e hacker cine-si) ma è anche il risultato di massic-ci investimenti da parte del governocinese nelle proprie capacità tecno-logiche: attualmente, per esempio, trai 500 supercomputer più potenti almondo quelli cinesi sono più nume-rosi di quelli statunitensi. Tuttavia, apreoccupare davvero i responsabilidelle politiche occidentali non è tan-

21

THE CHALLENGE

IAN BREMMER

Presidente di Eurasia Group e GZEROMedia, e autore del volume “Us vs. Them: The Failure of Globalism”, un best seller del New York Timespubblicato in Italia con il titolo di “Noicontro loro. Il fallimento del globalismo”(Università Bocconi Editore, 2018).

P

L’INDUSTRIA DEL FUTUROLa densità dei robotnell’industria manifatturierastatunitense ha raggiunto, nel 2017, i 200 robot per 10miladipendenti rispetto ai 97 in Cina.

© G

ETTY

IMA

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S

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2.000

3.000

4.000

5.000

6.000

7.000

8.000

IBM

MIC

ROSO

FT

TOSH

IBA

SAM

SUNG

NEC

FUJITSU

HITACHI

CANON

ALPHABET

SIEMENS

SONYTOYOTA

NTT*

SGCC*

MITSUBISHI

CAS*RI

COH

ETRI*

BOSCH

SHARP

NUANCE COMMUNICATION

PHILIPS

NOKIA

BAIDU

INTEL

HEWLETT PACKARD

XIDIAN UNIVERSITYZHEJIANG UNIVERSITY

20030

5.000

10.000

15.000

20.000

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

USA CINA EUROPA RESTO DEL MONDO

AZIENDE

UNIVERSITÀ ED ENTI PUBBLICI DI RICERCA

* NTT = Nippon Telegraph and Telephone

SGCC = State Grid Corporation of China

CAS = Chinese Academy of Sciences

ETRI = Electronics and Telecommunications Research Institute

Nota: Fujitsu include PFU; Panasonic include Sanyo; Alphabet include Google, Deepmind Technologies, Waymo e X Development; Toyota include Denso e Nokia include Alcatel.

IL SORPASSO NELLE PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE

Il grafico mostra gli articoli sull’Intelligenza Artificiale pubblicati annualmente da Elsevier, il maggior editore mondiale in ambito scientifico, in Cina e negli StatiUniti. A partire dalla metà del 2005, le pubblicazioni cinesi superano, almenoquantitativamente, quelle statunitensi.

Sono due aziende statunitensi a detenere il primato mondialedelle richieste di brevetti relativia progetti e idee sull’IntelligenzaArtificiale. Nella Top 30,dominata dalle società private,figurano solo quattro università e organizzazioni di ricercapubbliche, tre delle quali sono cinesi.

LA TOP 30 PER NUMERO DI BREVETTI

La gara dei cervelliIl primato tecnologico degli Stati Uniti è minacciato dall’ascesa della Cina, che negli ultimi anni ha colmato le distanze con i rivali sia in termini di pubblicazioni scientifiche sia per numero di domande di brevetti.

Fonte: WIPO Technology Trends 2019 – Artificial Intelligence

Fonte: AI Index 2018 – Annual Report

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to il livello di sviluppo raggiuntodalla Cina in termini di competenzatecnologica, quanto piuttosto l’enti-tà del suo ulteriore margine di mi-glioramento, in particolare nel cam-po fondamentale dell’IntelligenzaArtificiale (AI). Dal momento checonsidera l’AI il settore strategico delfuturo per eccellenza, Pechino vi in-veste risorse da anni orientando lapropria politica di conseguenza, piùo meno come fanno gli Stati Uniticon certe tecnologie di difesa milita-re. Lo scorso febbraio gli USA han-no reso nota la propria strategia inmateria di AI. Finora l’approcciostatunitense all’AI rimane nel solcodella tradizione: si preferisce che siail settore privato a prendere l’inizia-tiva, mentre il governo si occupa di fi-nanziare la formazione e, in parte, laRicerca & Sviluppo.Alla luce della più audace strategia ci-nese, tuttavia, questo approccio po-trebbe rivelarsi insufficiente, soprat-tutto se si prendono in considerazionegli elementi strutturali alla base del-la competizione tecnologica tra Cinae Stati Uniti. In Cina, è il governo chesta investendo negli scienziati, sia inmodo diretto sia tramite giganti pro-tetti o favoriti come Alibaba o Ten-cent. Oltretutto, lo sviluppo dell’AIin Cina può trarre vantaggio delleenormi quantità di dati generate dal-la diffusione di massa del commercioelettronico e dei sistemi di paga-mento su dispositivi portatili. E quan-do si tratta di AI, questi dati sono diimportanza cruciale: in futuro, losviluppo dell’AI passerà dall’itera-zione del riconoscimento di pattern,dove la quantità di dati disponibili di-venta decisiva (anche se la qualità deidati cinesi potrebbe essere sospetta separagonata a quella dei dati globaliutilizzati dai ricercatori occidentali).Per quanto riguarda gli Stati Uniti, adavere il controllo degli sviluppi in ma-teria di AI non è il governo, bensì leaziende private della Silicon Valley, ilche limita i potenziali vantaggi direttiper Washington. Questa distinzioneè di importanza cruciale, così come losono i suoi effetti a valle: i ricercato-ri di AI statunitensi, infatti, rendonopubblici i propri progressi, che di-ventano così agevolmente reperibiliper i loro omologhi cinesi e per i col-leghi occidentali. Gli imprenditori sta-tunitensi evitano di ripetere la stessaricerca per dedicarsi invece ad altrescoperte, il che è problematico per losviluppo dell’AI in questa fase, dovela pratica si sta ancora perfezionando. E la natura della democrazia rendedifficile per il governo statunitense so-stenere con la propria influenza unatecnologia potenzialmente in gradodi soppiantare centinaia di migliaia dilavoratori (o, per usare un altro ter-mine, di elettori) nell’interesse dellastrategia geopolitica nazionale. Pe-chino, grazie alla sua capacità di con-

trollare meglio la tecnologia e la so-cietà cinese, non ha questi timori, ein generale governo e cittadini sonoentusiasti di abbracciare la tecnologiapiù avanzata, sia per una migliore go-vernance sia per migliorare la quali-tà di vita dei cittadini.Detto questo, le menti migliori e piùinnovative si trovano nella Silicon Val-ley e in Occidente, e il fatto che allostato attuale l’AI riguardi soprattut-to la raccolta e l’iterazione di big datanon significa che continuerà a esse-re così anche solo fra cinque anni.Pertanto, nonostante tutti i vantag-gi di cui dispone Pechino al mo-mento, è ancora prematuro dire chivincerà la competizione tecnologica.

La lezione della guerra dei daziIn questo scenario, la guerra com-merciale tra Cina e Stati Uniti pro-segue. E anche se ci sono abbondan-ti ragioni per credere che alla fine siarriverà alla sigla di un accordo (la po-sta in gioco a livello economico e po-litico è troppo elevata per entrambele parti perché lo scontro si trasciniindefinitamente), l’unica eredità du-revole della guerra commerciale saràla lezione impartita a Pechino di es-sere troppo vulnerabile di fronte a unimprovviso inasprimento della poli-tica statunitense. Questo è sicura-mente vero nel caso delle esportazioniagricole, ma lo è ancor più nel cam-po della tecnologia, dove il giro di vitestatunitense ha quasi provocato ilcrollo del gigante di stato cineseZTE e sta causando innumerevoligrane a Huawei, il colosso cinese del-le telecomunicazioni e della tecno-logia. La competizione tecnologica èsenza alcun dubbio in atto, ed en-trambe le parti lo sanno: d’ora inavanti, dunque, preparatevi ad assi-stere ad altre battaglie normative. Piùdi ogni altra singola questione, quel-lo sulla tecnologia è lo scontro geo-politico più aspro attualmente incorso nel mondo. E né la Cina né gliUSA intendono arretrare di un mil-limetro.

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THE CHALLENGE

0

SINGAPORE

ARABIA SAUDITA

RUSSIA

GIAPPONE

EUROPA

TAIWAN

COREA

USA

CINA

20 40 60 80 100

0

2.000

4.000

6.000

8.000

10.000

12.000

14.000

1974 1984 1994 2004 2014

USACINAWIPO (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale)

EPO (Ufficio brevetti europeo)GIAPPONECOREA

GERMANIA

A

Nella Top 500 per numero di richieste di brevetti relativi all’AI da parte di università ed enti di ricerca pubblici è evidente la supremazia della Cina, rappresentata da oltre 100 istituzioni. Gli Stati Uniti e la Corea ne contano circa 20, mentre il Giappone e l’Europa appena quattro ciascuno.

LA SUPREMAZIA CINESE NELLA RICERCA PUBBLICA

Il numero di domande di brevetto depositate in Cina ècresciuto in media del 25 percento dal 2009 e ha quasiraggiunto quello delle domande depositate negli USA.

L’ANDAMENTO STORICO DELLE DOMANDE DI BREVETTO

Fonte: WIPO Technology Trends 2019 – Artificial Intelligence

Fonte: WIPO Technology Trends 2019 – Artificial Intelligence

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a crisi dell’ordine liberale centrato sul-la leadership delle potenze occiden-tali sta segnando l’attuale fase ditransizione delle relazioni interna-zionali. È in questo quadro che si svol-ge la competizione strategica tra unavecchia potenza, come gli Stati Uni-ti, e la maggiore potenza emergente,la Cina. Una competizione che nonsi gioca unicamente attorno alle tra-dizionali dimensioni economiche epolitico-militari, ma assume semprepiù una connotazione tecnologica. LaCina ha infatti deciso di porsi alla gui-da di una rivoluzione che potrà mo-dificare gli attuali rapporti di forza. XiJinping e il vertice del Partito Co-munista Cinese hanno indicato comeobiettivo strategico il conseguimen-to della leadership industriale e tec-nologica entro il 2049. Il Piano “Chi-na Manufacturing 2025” rappresen-ta il primo passo di questo disegnostrategico, prevedendo entro il 2025la sostituzione della tecnologia este-ra attraverso un aumento fino al 70percento del contenuto tecnologicomade in China per settori quali la far-maceutica, l’automotive, l’aerospazio,i semiconduttori e la robotica. Per ilgoverno cinese, crescita economica eprogresso tecnologico rappresentanoperaltro aspetti cruciali per garanti-re stabilità politica all’interno del

Paese. In tal senso il Piano segna unpunto di svolta della politica indu-striale di Pechino: la transizione di unavasta industria - prevalentemente la-bour-intensive - verso un modello in-dustriale capital-intensive, ad altocontenuto tecnologico. A tal fine, ivertici del paese hanno deciso di au-

mentare significativamente gli inve-stimenti in ricerca e sviluppo (sonocresciuti dell’11,6 percento nel solo2018, raggiungendo 293 miliardi didollari ed un’incidenza sul PIL del2,18 percento), al tempo stesso pro-teggendo l’industria nazionale dallacompetizione straniera. Il percorso di

PAOLO MAGRI

È vice Presidente esecutivo e Direttoredell’Istituto per gli Studi di PoliticaInternazionale (ISPI) e docente diRelazioni Internazionali all’UniversitàBocconi. Magri è inoltre membrodell’Europe Policy Group del WorldEconomic Forum, del ComitatoStrategico del Ministro degli AffariEsteri e del Consiglio diAmministrazione della FondazioneItalia-Cina.

L

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quarantatré

Confronti/L’importanza di un accordo per la definizione del “level playing field”

Il gap tra Washington e Pechinosull’AI sembra destinato a chiudersi con un possibilesuperamento della Cina già nel corso del prossimo decennio.La partita fondamentale per la leadership tecnologica passaanche per il 5G, con le sueimplicazioni economiche e per la sicurezza

Il sorpasso è all’orizzonte

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Pechino riprende il concetto della co-siddetta “indigenous innovation”,termine largamente utilizzato già nelcorso della presidenza di Hu Jintaoper indicare una strategia che puntasulla creazione endogena della tec-nologia necessaria allo sviluppo delpaese. Negli ultimi anni, la Cina ha

posto innumerevoli ostacoli all’in-gresso di compagnie straniere nelmercato nazionale, creando condi-zioni favorevoli per la crescita dellapropria industria anche attraversoingenti sussidi garantiti alle impresecinesi. Nonostante ripetuti richiamialla produzione nazionale di tecno-

logia, nel passato recente sono statericorrenti le acquisizioni di aziendestraniere, il cui know-how è fonda-mentale nella gara per la leadershiptecnologica globale. In alcuni casi lacompetizione si è spinta fino ai limi-ti – se non oltre - della violazione deidiritti di proprietà intellettuale. Qual-

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THE CHALLENGE

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cosa sembra tuttavia cambiare: loscorso 15 marzo Pechino ha dato il vialibera ad una nuova legge sugli inve-stimenti diretti esteri che entrerà invigore da gennaio 2020 e che intro-duce alcuni passi avanti nel tentativodi garantire un level playing field pergli operatori esteri, con l’eliminazio-ne dell’obbligo di trasferire tecnolo-gia per poter accedere al mercato ci-nese e con maggiori sanzioni per laviolazione dei brevetti. La crescita del-la Cina in ambito tecnologico è par-ticolarmente sorprendente in meritoall’Intelligenza Artificiale (AI). Già nel2017, il governo cinese aveva di-chiarato come obiettivo strategico lasupremazia nel settore entro il 2030,con un incremento notevole della spe-sa destinata alla ricerca in questo am-bito. D’altra parte, proprio l’AI co-stituisce uno dei settori chiave in cuisi giocherà la partita fondamentale perla leadership tecnologica. Gli StatiUniti comunque guidano ancora lacorsa. Un recente studio di PwCprevede una crescita del PIL mondialecorrelata all’AI del 14 percento nelprossimo decennio, per un ammon-tare complessivo di 15,7 trilioni didollari; di questi si stima che alla Cinaandranno 7 trilioni, mentre al NordAmerica quasi la metà (circa 3,7 tri-lioni). Il gap tra Washington e Pe-chino sull’AI sembra quindi destina-to a chiudersi, con un possibile sor-passo della Cina già nel corso delprossimo decennio.

Lo scontro su sviluppo e sicurezza delle reti 5GLa corsa tecnologica richiede inoltrela realizzazione dell’infrastruttura fi-sica su cui la nuova economia del fu-turo dovrà basarsi: questo è il moti-vo per cui lo sviluppo e la sicurezzadelle reti 5G costituisce uno deiprincipali motivi di attrito tra Wa-shington e Pechino. L’incrementoesponenziale della velocità di con-nessione (fino a 10 Gigabit al secon-do) e la riduzione della latenza – iltempo che intercorre tra l’invio del-l’input alla rete da parte del disposi-tivo e la ricezione dell’output – co-stituiranno enormi vantaggi per tut-ti i settori dell’economia, generandoconsistenti aumenti di produttività ela nascita di nuovi business o interisettori economici. Il 5G, tuttavia, nonsarà solo un evento economico. Allapiena implementazione e sfrutta-mento del potenziale offerto dal-l’Internet of Things (IoT), ovvero de-gli strumenti per realizzare fabbricherobotizzate, veicoli a guida autonomafino alle smart cities e ai dispositivi acontrollo remoto, si aggiungono leapplicazioni nel campo sanitario (te-lemedicina) e nella difesa. La porta-ta geopolitica della competizione in-torno al 5G investe anche la sfera del-l’elaborazione degli standard inter-nazionali alla base della nuova rete. Le

decisioni in questo campo saranno ri-levanti poiché definiranno non solole modalità di costruzione delle reti5G ma avranno anche implicazioni intermini di ricavi per le aziende coin-volte. Le imprese, la cui tecnologia di-venterà lo standard per il 5G, po-tranno infatti contare su enormi in-troiti sotto forma di royalty. Secon-do alcune stime, queste ultime po-tranno ammontare a 20 miliardi didollari all’anno entro il 2025, mentrela Commissione europea calcola chei ricavi a livello mondiale del 5G po-tranno toccare i 225 miliardi di euronello stesso anno. L’attuale scontro traCina e Stati Uniti nel campo del 5Gtrova il suo esempio più lampante nelcaso dell’azienda cinese Huawei.Quest’ultima, attualmente, è il for-nitore tecnologicamente più avanza-to e più competitivo del mercato5G, essendo l’unico attore già ingrado di fornire una soluzione com-mercializzabile, completa di tutte lecomponenti necessarie. Washingtonpensa che l’azienda possa rappre-sentare un veicolo attraverso cui il go-verno di Pechino intende condurre at-tività di spionaggio industriale e di in-telligence militare nei Paesi occi-dentali e, in generale, in tutti i Paesiin cui verrà installata la strumenta-zione 5G di Huawei. Tale interpre-tazione si basa anche sulla recente“National Intelligence Law” del go-verno cinese, che impone ai cittadi-ni e alle organizzazioni nazionali dicooperare con lo Stato negli sforzi diintelligence. L’amministrazione USAritiene che l’azienda sia inoltre con-trollata direttamente dal governo ci-nese, attraverso un “Trade UnionCommittee” che detiene il 99 per-cento delle azioni dell’impresa. Comerisposta alla crescente tensione, ilCommittee on Foreign Investment inthe United States (CFIUS) nel 2018ha bloccato l’acquisizione di Qual-comm – azienda statunitense operantenelle telecomunicazioni wireless -da parte di Broadcom, adducendomotivazioni riguardanti proprio la si-curezza nazionale. Il timore principaleè che l’acquisizione di Qualcommavrebbe determinato una riduzionedegli investimenti aziendali in ricer-ca e sviluppo, aumentando in talmodo il vantaggio competitivo diHuawei. Gli stessi poteri del CFIUSsono stati rafforzati attraverso l’ap-provazione da parte del Congresso delForeign Investment Risk Review andModernization Act (FIRRMA). Que-sto nuovo strumento di legge espan-de i controlli e le possibilità d’inter-vento per bloccare acquisizioni po-tenzialmente rischiose, in particola-re nel caso della possibile esportazioneall’estero di “tecnologie emergenti efondative” che risultino essenzialiper la sicurezza nazionale degli Sta-ti Uniti. Sempre nel 2018 una leggeapprovata dal Congresso americano

ha proibito l’acquisto e l’uso da par-te del Governo federale di dispositi-vi di telecomunicazione prodotti daspecifiche aziende cinesi, tra cuiHuawei e ZTE. Il 15 maggio 2019Trump ha firmato un ordine esecu-tivo per vietare alle imprese americanedi utilizzare dispositivi di telecomu-nicazione prodotti da aziende stra-niere che possono rappresentare unrischio per la sicurezza nazionale. Ladecisione di Trump costituisce unpossibile primo passo per un divietoassoluto nei confronti di Huawei dioperare nel mercato statunitense etrova la propria base legale nell’In-ternational Emergency EconomicPowers Act, che conferisce al Presi-dente l’autorità di restringere e re-golare il commercio in risposta a una

minaccia alla sicurezza nazionale. Ènotizia recente, inoltre, che Googleha deciso di revocare a Huawei la li-cenza per il sistema operativo An-droid, anche per allinearsi alle diret-tive previste dall’amministrazioneTrump. Il 21 maggio, il segretario alcommercio americano Wilbur Rossha concesso 90 giorni di deroga,permettendo a Google ed altre im-prese di continuare temporanea-mente le proprie relazioni commer-ciali con Huawei. La mossa, giustifi-cata per evitare problemi di sicurez-za informatica ai consumatori e alleaziende che fanno uso dei prodotti diHuawei, può essere letta anche cometentativo di giungere ad un accordoche eviti l’inserimento dell’aziendanell’Entity List, che avrebbe come

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conseguenza il blocco dei rapporti tral’azienda cinese e i suoi fornitoriamericani.

L’Europa al centro dello scontroL’Europa si trova al centro delloscontro Cina-Stati Uniti sul 5G e, piùin generale, della sfida per la leader-ship tecnologica tra le due superpo-tenze. L’amministrazione americanaha infatti esercitato pressioni neiconfronti di diversi governi europei,al fine di dissuaderli dall’installare tec-nologia e dispositivi cinesi nelle reti5G in fase di progettazione. Trumpha minacciato di sospendere la con-divisione di informazioni d’intelli-gence e militari con i partner NATO,nel caso in cui essi non blocchino l’in-

gresso di Huawei nelle loro reti 5Gnazionali. Tuttavia, la richiesta nonsembra avere sortito gli effetti sperati:Germania, Italia, Regno Unito eFrancia sembrano voler permetterel’installazione di componentisticaHuawei all’interno delle reti 5G na-zionali, in particolare delle compo-nenti “non-core” della nuova rete. Laquestione risulta essere ancora più de-licata per Londra, considerando cheil Paese appartiene alla rete “FiveEyes Security Alliance”, una allean-za d’intelligence a guida statuniten-se. Roma, dal canto suo, ha recente-mente rafforzato ed esteso la nor-mativa sul “golden power”, ricono-scendo i servizi di comunicazione abanda larga basati sul 5G come atti-vità di rilevanza strategica per il si-

stema di difesa e sicurezza naziona-le. Il Decreto Legge 22/2019, inparticolare, impone che l’acquisto dicomponentistica 5G proveniente dapaesi esterni all’Unione europea siasottoposto ad un vaglio preventivodelle autorità di Governo. Da tuttoquesto quadro emerge la vera porta-ta della contrapposizione tra USA eCina. Washington sta cercando di ri-spondere alla sfida sulla supremaziatecnologica da parte di Pechino ren-dendo più difficili le operazioni diHuawei e di altre imprese tecnolo-giche cinesi quanto meno nel mercatoamericano. Questo tipo di approcciopuò però rappresentare un’arma adoppio taglio per l’industria statuni-tense: da una parte potrebbe favori-re il rientro in patria di produzioni

che erano state precedentementedelocalizzate in Asia; dall’altro, l’esclu-sione di Pechino dalla catena del va-lore americano può avere costi estre-mamente elevati, con rischi anche intermini di approvvigionamento dicomponentistica e di materie primeprodotte in Cina. Per non parlare del-le possibili ritorsioni cinesi sulleaziende americane operanti in Cina.Gli Stati Uniti hanno dunque cono-sciuto una diminuzione costante – epiù veloce del previsto – della proprialeadership tecnologica nei confron-ti del loro maggiore competitor in-ternazionale. Ma a ben vedere lecolpe non vanno rintracciate solo aPechino. La riduzione costante daparte del Governo federale degli in-vestimenti pubblici in ricerca di base

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THE CHALLENGE

Il CASUS BELLIL’attuale scontro tra Cina e StatiUniti, nel campo del 5G, trova il suo esempio più lampante nel caso dell’azienda cineseHuawei. Quest’ultima,attualmente, è il fornitoretecnologicamente più avanzato e più competitivo del mercato5G, essendo l’unico attore già in grado di fornire una soluzionecommercializzabile, completa di tutte le componentinecessarie. Nella foto, una salaespositiva all’interno del quartiergenerale della compagnia delle telecomunicazioni a Shenzhen, Cina.

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20

SUD EUROPA$3,7tn

$$0,7tn

+14,5%

IMPATTO SUL PIL/CRESCITA 2030

VALORE ECONOMICO DELL’AI NEI PRINCIPALI MERCATI

I MERCATI CHE GUADAGNANO DI PIÙ CON L’AI

NORD EUROPA

$1,8tn+11,5%

$0,5tnAMERICA LATINA

C

NORD AMERICA

IL BUSINESS 5G

A

+9,9%

+5,4%

90

70%

7

DELL’IMPATTO ECONOMICO GLOBALE

Chi ci guadagnerà di più

28num

ero

quar

anta

tré

Nel prossimo decennio si prevede una crescita del 14 percento del PIL mondiale correlata all’AI, per un ammontare complessivo di 15,7 trilioni di dollari. Di questi si stima che alla Cinaandranno 7 trilioni, mentre al Nord America poco oltre la metà, circa 3,7 trilioni.

Fonte: PwC

Sono i miliardi di dollari all’anno che i telefoni 5G genereranno nel 2025 in royalty globali, mentre nel frattempo i diritti cumulativi 5G dovrebberosuperare i 55 miliardi di dollari.

È la percentuale delle royalty totali per smartphone 5G che Qualcomm,Ericsson e Nokia deterranno nel 2025.

È la percentuale rappresentata dalleroyalty per la proprietà intellettuale 5Gsul prezzo totale all’ingrosso di unosmartphone di ultima generazione.

Fonte: Strategy Analytics

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$7,0tn

$1,2tn

$

+10,4%

+5,6%

ECONOMICO DELL’AI NEI PRINCIPALI MERCATI

I MERCATI CHE GUADAGNANO DI PIÙ CON L’AI

CINA

N

AFRICA, OCEANIAE ALTRI MERCATI

ASIATICI

+26,1%

di più

PAESI SVILUPPATI DELL’ASIA

$0,9tn

29

(-16 percento tra il 2009 e il 2014) hacertamente giocato un ruolo. Dei 116miliardi di dollari in ricerca e sviluppo(0,6 percento del PIL) spesi nel2017, solo 20 sono stati destinati ascienza, spazio e tecnologia. Qualchecenno di inversione sembra comun-que profilarsi, come ad esempio la fir-ma di una legge bipartisan delloscorso anno che autorizza 1,2 miliardidi dollari di spesa per la ricerca suicomputer quantistici. Va peraltro ri-cordato che gli Stati Uniti manten-gono rilevanti posizioni di vantaggioin settori chiave quali i semicondut-tori, l’aerospazio, i software e i veicolia guida autonoma. La partita com-merciale, che vede Washington ePechino coinvolti in una spirale pro-tezionistica di dazi e contro-dazi,appare quindi sempre più come untassello di un riequilibrio complessi-vo dei rapporti di forza tra le due su-perpotenze. Trump può utilizzare ilconsistente deficit commerciale chegli Stati Uniti registrano nei confrontidella Cina (420 miliardi di dollari solonel 2018) come leverage per un ac-cordo più ampio che riguardi la po-litica industriale e tecnologica delledue superpotenze. Per Trump le pa-role d’ordine sono accesso senza re-strizioni o discriminazioni al merca-to cinese e fine della concorrenza slea-le attraverso l’acquisizione o, peggio,il furto di tecnologia americana daparte di Pechino.

Come cambiano le prioritàdella politica esteraLa risonanza che la questione del 5Gha avuto a livello internazionale, leimplicazioni per la sicurezza e gli ef-fetti economici attesi chiariscono unaspetto fondamentale dell’attuale efuturo quadro delle relazioni politi-che ed economiche internazionali:la tecnologia e, più in generale, lasfida per la leadership tecnologica eindustriale avranno un effetto perva-sivo sulle società e riformulerannoprobabilmente le priorità non solo dipolitica economica ma anche di po-litica estera. La tecnologia costituiràsempre più un elemento di hard po-wer: il possesso di reti ad alto conte-nuto tecnologico e la maggiore com-petitività derivante da un pienosfruttamento della potenzialità of-ferte dalla quarta rivoluzione indu-striale saranno determinanti nel di-segnare la futura gerarchia tra lePotenze. Cina e Stati Uniti sem-brano averlo chiaramente compreso.Un accordo mondiale per la defini-zione del level playing field che per-metta di competere ad armi pari saràfondamentale per impedire che lamancanza di fiducia si traduca in cre-scenti tensioni che potrebbero spin-gersi ben oltre il campo strettamenteeconomico.

Made inChina 2025Si chiama così il piano industriale con cui Pechino intende diventareautosufficiente nell’alta tecnologia e trasformare l’impianto economico-industriale del paese, puntandosull’innovazione. Sono dieci i settorichiave che riceveranno un’attenzionespeciale all’interno del programma:l’information technology di prossimagenerazione; macchine di controllonumerico ad alta tecnologia; robotica,aerospazio e aviazione; attrezzatureavanzate per l’ingegneria marittima e ferroviaria; produzione di navi hi-tech;veicoli a basso consumo energetico ed elettrici; macchinari e attrezzatureagricole; nuovi materiali;biofarmaceutica e strumenti medicali ad alta performance. Il programma,varato nel 2015, si pone questi obiettivida raggiungere entro il 2025: • l’82% delle imprese dovrà avere

connessioni a banda ultralarga; • la percentuale di spesa per ricerca

e sviluppo dovrà arrivare almenoall’1,68%;

• alcuni settori strategici dell’industriadovranno essere prodotti in casa,dunque “made in China”: l’80% dicomponenti hi-tech, i veicoli di nuovagenerazione (come le auto elettriche), i robot industriali (dovranno passaredal 50% di produzione interna del 2020 al 70% nel 2025), le attrezzature mediche e le fornitureper le energie rinnovabili.

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Smart grid/La capacità di essere all’avanguardia nelle tecnologie

Pechino punta alla creazione di reti intelligenti che trasmettono, intempo reale, l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. L’Internetdell’energia – combinazione tra AI, big data, cloud, IoT – potrebbeessere la chiave per decarbonizzare l’economia del pianeta

Il grande gioco della Cina

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UN MERCATO IN COSTANTECRESCITANel 2018 il valore di mercatodell’industria cinese dell’AI ha raggiunto quasi 6 miliardi di dollari, crescendo oltre un miliardo all’anno se si partedagli 1,6 miliardi del 2015. Nella foto, uno spettacoloolografico notturno di proiezionesull’amore, la gelosia e l’ira degli dei del mare, sulla spiaggia di Rizhao, provincia dello Shandong, Cina.

THE CHALLENGE

l concetto di Intelligenza Artificiale(AI) è stato coniato dagli statuniten-si nel 1956. Era stato il colosso del-l’informatica IBM a proporre nel2008 la nozione di “Smart Earth”(Terra intelligente), consentendo alletecnologie di Intelligenza Artificialedi entrare in una fase di rapida crescitae sviluppare altri concetti - big data,cloud computing, Internet delle Cose(IoT) - e colmando in gran parte iltradizionale divario tra scienze teo-riche e applicazioni pratiche. Puressendo emersa dopo quella ameri-cana, anche la politica cinese in ma-teria di AI si è sviluppata velocemente,spostando il focus da obiettivi nazio-nali a un livello più strategico. Nel2015, Pechino ha lanciato il primopiano d’azione decennale che puntaa trasformare la Cina in una poten-za hi-tech, il cosiddetto “Made inChina 2025”, che ha accelerato la pro-fonda integrazione tra le tecnologiedell’informazione e il sistema mani-fatturiero di nuova generazione, pro-muovendo al contempo lo SmartManufacturing, cioè la produzione in-telligente.Il 19 marzo 2019 il governo cinese havarato un documento intitolato “Di-rettive per la promozione di unaprofonda integrazione tra AI ed eco-nomia reale”, con l’obiettivo di deli-neare lo sviluppo di tecnologie di nuo-va generazione nell’ambito di varie in-dustrie. A cominciare dal 2017, l’at-tenzione della politica cinese in ma-teria di AI si è spostata sul tema del-l’integrazione tra tecnologia e indu-stria; al contempo in molte città e pro-vince si sono diffuse iniziative indu-striali di importanza strategica nel-l’ambito del progetto Internet Plus(per lo sviluppo di quattro aree: In-ternet mobile, cloud, big data e In-ternet delle Cose, nei settori di pro-duzione, finanza, medicina, ammini-strazione e agricoltura). Se nel 2015il valore di mercato dell’industria ci-nese dell’AI era di 11,241 miliardi direnminbi (circa 1,6 miliardi di dolla-ri), nel 2016 aveva raggiunto i 14,19miliardi (circa 2 miliardi di dollari),registrando quindi un aumento del26,2 percento rispetto all’anno pre-cedente. Nel 2017 ha superato quo-ta 20 miliardi, raggiungendo 21,69miliardi di renminbi (oltre 3 miliar-di di dollari, pari a una crescita annuadel 52,9 percento), mentre alla fine del2018 aveva quasi raggiunto i 40 mi-liardi (quasi 6 miliardi). Nello stesso anno, nel mercato di ri-ferimento l’AI+ (l’Intelligenza Arti-ficiale integrata nei vari settori di sa-nità, finanza, istruzione, sicurezza) oc-cupava il primo posto con il 40 per-cento del totale, seguita dall’industriadella robotica intelligente, che rap-presentava il 27 percento. Come sipuò notare, le aziende cinesi sonomaggiormente interessate alle ap-plicazioni concrete dell’AI.

LIFAN LI

È professore associato di ricercadell’Accademia di Scienze Sociali di Shanghai e Segretario Generale del Centro Studi di Shanghai perl’Organizzazione e la Cooperazione.

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Nigel Dickinson, autore dellefotografie di queste pagine, è unfotografo documentarista britannico. I suoi lavori si concentrano sui temidell’ambiente, della condizione umana,delle comunità emarginate, dello svilupposostenibile, dell’identità e della cultura. Ha vinto numerosi premi, tra cui il World Press award nel 1997 e lo UK Press Photographers nel 2008.

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STATI UNITI

28.536

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6.395

4.740

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4.942

3.117

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5.158

1.177

1.119

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772

651

606

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14,7%

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20,9%

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AUSTRALIA3.186

515

16,2%

MIGLIORI TALENTI (GLI SCIENZIATI PIÙ AUTOREVOLI NEL SETTORE DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE, VINCITORI DI PRESTIGIOSI PREMI, COME IJCAI COMPUTERS AND THOUGHT AWARD)

NUMERO COMPLESSIVO DI TALENTI (I RICERCATORI CHE HANNO REGISTRATO BREVETTI O PUBBLICATO DOCUMENTI IN LINGUA INGLESE)

I MIGLIORI TALENTINEL SETTORE DELL’AIA LIVELLO MONDIALE(Percentuale rispetto al numerocomplessivo di talenti in ciascun paese)

S

Fonte: Libro bianco sullo sviluppo dell’Internet dell’Energia cinese (2018) pubblicato dall’Università Tsinghua di Pechino

Una rivoluzione energeticaTra le tecnologie più dirompenti,l’AI avvierà una nuova era di svilup-po energetico ed elettrico soprattut-to nelle Smart Grid (reti elettriche in-telligenti), promuovendo al contem-po il concetto di Internet dell’Ener-gia. Il 13 giugno 2014, durante la pre-sentazione dell’accordo strategico“Quattro rivoluzioni, una coopera-zione”, il presidente Xi Jinping ha il-lustrato la “Strategia Cinese per la Ri-voluzione Energetica e lo SviluppoEnergetico”. Nel 2015, il primo mi-nistro Li Keqiang ha presentato il pia-no d’azione “Internet Plus” nell’am-bito del Rapporto di lavoro del go-verno cinese per il 2016. L’Ammini-strazione Nazionale dell’Energia, laCommissione Nazionale per lo Svi-luppo e le Riforme e il Ministero del-l’Industria e dell’Informatica hannopubblicato congiuntamente un do-cumento intitolato “Opinioni e lineeguida sulla promozione dello svi-luppo di energia intelligente di In-ternet Plus”. Dopodiché, nel 2017l’Amministrazione Nazionale del-l’Energia ha annunciato l’avvio delprimo gruppo di 55 progetti pilota diInternet dell’Energia. Nell’agostodello stesso anno, la State Grid Cor-poration of China (SGCC), principalesocietà elettrica cinese, ha avviato at-tività collegate all’AI con l’obiettivostrategico di “creare un colosso di In-

ternet dell’Energia straordinaria-mente competitiva a livello mondia-le”. Nel 2018, un numero sempremaggiore di istituti di ricerca ha ana-lizzato teoria, tecniche e metodolo-gia dell’Internet dell’Energia conuna prospettiva accademica, e suc-cessivamente sono nati svariati orga-nismi di ricerca a esso collegati.Cloud computing, Internet delleCose, big data e AI sono tecnologiefondamentali per l’Internet del-l’Energia: le tecnologie di AI si ba-seranno sulle reti intelligenti per sti-molare una profonda integrazione traelettricità, energia e informazione,inaugurando così una nuova era di svi-luppo energetico ed elettrico.Al fine di promuovere la pianifica-zione strategica del progetto “Inter-net Plus” da parte del Consiglio diStato, il 29 marzo 2019 l’UniversitàTsinghua ha redatto il “Libro bian-co sullo sviluppo dell’Internet del-l’Energia cinese (2018)”. Oltre a de-scriverne lo stato dello sviluppo nel-l’ambito di vari settori - politica, in-dustria, tecnologia, innovazione, co-struzioni, ecologia pubblica, ecc. - ildocumento analizza lo sviluppo at-tuale da una prospettiva globale, evi-denziando le sfide poste dallo svi-luppo futuro.Diverse compagnie energetiche sisono fatte promotrici dei primi casidi integrazione tra AI e reti elettriche

intelligenti, ponendo le basi perun’accelerazione della ricerca e del-lo sviluppo per esplorare le poten-zialità dell’AI. Non solo la SGCC: nel2014 anche il China Electric PowerResearch Institute (CEPRI), istitutodi ricerca sull’energia elettrica, ha fon-dato l’AI Application Research In-stitute, un centro di ricerca sull’ap-plicazione dell’Intelligenza Artificia-le. L’integrazione dell’AI con le retielettriche intelligenti per il momen-to riguarda il futuro, quando la retesarà largamente interconnessa. LaSGCC ha iniziato a potenziare la ri-cerca relativa ai big data già nel2014. Attualmente, ha creato per lapropria rete aziendale una piattafor-

ma di big data dall’architettura ibri-da (ovvero, sia centralizzata sia di-stribuita) che nel concreto si occupadi promuovere la trasmissione dienormi quantità di dati, la trasfor-mazione, e la distribuzione intelli-gente di energia elettrica.Il sistema elettrico costituisce il noc-ciolo e l’articolazione dell’Internetdell’Energia, permettendo di creareuna rete interconnessa di vari tipi dienergia, utilizzare Internet e la tec-nologia per trasformare l’industriaenergetica, raggiungere l’integrazio-ne orizzontale di diverse fonti ener-getiche e un coordinamento vertica-le secondo il modello “fonte-rete-ca-rico-immagazzinamento”. Affinché

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THE CHALLENGE

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HARDWARE ALGORITMIPER L’ANALISIDEI DATI

VISIONE ARTIFICIALE

ELABORAZIONE DEL LINGUAGGIO NATURALE

SINTESI VOCALE

STRUTTURA DEL MERCATO DELL’AI CINESELe aziende cinesi puntano alle applicazioni concrete dell’AI.I sensori visivi occupano la fettapiù importante nel mercato:l’acquisizione di informazionifornite da un sistema di visioneartificiale è fondamentale nello sviluppo della robotica.

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l’ottimizzazione dei sistemi energe-tici sia completa, le reti dovranno es-sere condivise, ecosostenibili, sicureed efficienti.In una prospettiva strategica, dal2014 al 2018 le politiche cinesi in ma-teria di Internet dell’Energia si sonoinizialmente concentrate su sei livel-li: trattati internazionali; macro-stra-tegie; leggi e disposizioni; parametriindustriali; norme di settore; e do-cumenti normativi. Ad oggi sono296 le politiche e le normative ema-nate da varie agenzie governative.Dal punto di vista dello sviluppo

delle imprese, per le società che si oc-cupano di Internet dell’Energia la tra-sversalità è diventata una scelta ob-bligata. Le aziende di Internet stan-no entrando con passo deciso nel set-tore dei servizi energetici attraversoil canale di Internet Plus. Le tecno-logie della comunicazione, per esem-pio, vengono utilizzate per control-lare l’intero flusso delle informazio-ni, dalla produzione al consumo dienergia, e per ampliare la portata del-l’interconnessione energetica; men-tre per raccogliere e analizzare dati suenergia, dispositivi, canali e consumi,nonché per migliorare l’efficienzaenergetica, si fa sempre maggiore ri-corso alla tecnologia dei big data ap-plicata all’Internet dell’Energia. Inquesto modo, per esempio, le previ-sioni meteorologiche ci consentonodi programmare in modo razionale laproduzione di energia, progettarneaccuratamente la distribuzione. Perquanto riguarda i casi di successo,Huawei sta muovendo i primi passinell’industria fotovoltaica per forni-re agli utenti un’energia pulita più in-telligente e sicura coniugando tec-nologia di AI e fotovoltaico.A dicembre 2018, le società operan-ti nel settore dell’Internet dell’Ener-gia iscritte nel registro delle impre-se erano 24.651 in tutta la Cina. Ilnuovo concetto di “Internet del-

l’Energia” ha inoltre innescato unaforte espansione del mercato finan-ziario. Secondo statistiche parziali, esi-stono al momento circa 287 titoliquotati in Borsa collegati all’Internetdell’Energia (per un valore di mercatocomplessivo di oltre 3mila miliardi)che si occupano di integrazione tra si-stemi della filiera industriale e im-magazzinamento dell’energia consoluzioni intelligenti, piattaforme eservizi energetici integrati, comepure di sviluppo di nuovi progetti perla distribuzione dell’energia.

Per Pechino è una strada imperviaAnzitutto, l’Internet dell’Energia è unconcetto il cui sviluppo richiede unlungo processo. Si tratta di un setto-re in cui in Cina mancano tecnologia,innovazione, una rete di distribuzio-ne e riserve. Nonostante lo sviluppoin termini di innovazione tecnologi-ca, sarà difficile per la Cina stare alpasso con le conquiste tecnologichedell’Occidente. Al paese mancanoancora tecnologie fondamentali comequelle per l’immagazzinamento del-l’energia, l’integrazione di diversefonti energetiche e l’applicazione deibig data al settore elettrico, nonchéun mercato elettrico vero e proprio,piattaforme di scambio e così via.Inoltre, anche se l’utilizzo commer-

ciale dell’AI comincia a diffondersi sularga scala, molte tecnologie sono tut-tora allo stato embrionale: la Cina,pertanto, ha ancora molti problemitecnici di importanza cruciale da ri-solvere.In secondo luogo, la domanda di bre-vetto dell’Internet dell’Energia cinesesi sta sviluppando lentamente. A di-cembre 2018, esistevano 3.118 istitutidi ricerca collegati all’Internet del-l’Energia. Il numero di documenti inmateria pubblicati negli ultimi cinqueanni continua ad aumentare. I cam-pi di ricerca vertono per lo più su que-sti sei temi: sistemi multienergetici esistemi energetici integrati; centralielettriche virtuali; distribuzione dienergia; “Energy+ big data” (l’appli-cazione dei big data in campo ener-getico); “Energy+ Blockchain” (l’ap-plicazione delle blockchain in campoenergetico); “Energy+ DistributedTransactions” (l’applicazione delletransazioni distribuite in campo ener-getico). Per quanto riguarda il setto-re dell’Internet dell’Energia, nonesistono molti brevetti: nel 2014 cen’erano solo 14, e anche se nel 2018erano arrivati a 299, nell’area della tra-sversalità continuano a essere pochi.Inoltre, non c’è stato l’atteso boomnella formazione di talenti.Infine, lo sviluppo non uniformedelle infrastrutture ha prodotto il

SISTEMA DI CONTROLLOI pedoni che attraversano lastrada con il rosso per più di trevolte ricevono una multa di 20yuan (circa 3 dollari). Non solo:un’immagine del loro voltoappare sui videoschermi,divenendo oggetto di schernopubblico. Si tratta di un nuovosistema di controllo socialebasato sul riconoscimentofacciale, grazie alle telecameredi videosorveglianza installatenei semafori.

© NIGEL DICKINSON

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THE CHALLENGE

modello di “un Sud forte e un Norddebole”. Il primo gruppo di 55 pro-getti pilota si è concentrato princi-palmente lungo il delta del Fiume Az-zurro e nella Cina sud-occidentale. IlNord dipende ancora da un sistematradizionale di produzione del-l’energia e il settore dell’AI non è sta-to preso sul serio.

Integrazione: soluzione non sempliceLa gestione delle informazioni è unatendenza inevitabile nel settore ener-getico ed elettrico. Tuttavia i dati sonodifficili da gestire in modo unitario:come organizzare in modo efficacetutti i tipi di dati, estrapolare infor-mazioni salienti e stabilire relazioni èuna parte importante dell’AI nel pro-muovere la creazione di tecnologiedell’informazione.A partire dall’integrazione di diver-se fonti energetiche: l’energia è il pro-blema fondamentale che la societàumana si trova da sempre ad affron-tare. Integrare in modo efficace mol-teplici fonti di energia e sviluppare so-luzioni che ne garantiscano un usomigliore in base a fattori come di-stribuzione, caratteristiche e aziendeenergetiche di servizio pubblico,sono modi importanti di conseguirerisparmio e sostenibilità energetica.In questo processo, non solo la quan-tità di dati da elaborare è enorme, maè anche il metodo di analisi a essereestremamente complesso: ecco per-ché l’AI deve mettere in mostra i pro-pri talenti.Sul versante dell’integrazione di di-verse tecnologie, che si tratti di bigdata, Cloud Computing o intercon-nessione delle informazioni, tuttoconcorre a promuovere l’integrazio-ne energetica e a realizzare l’Internetdell’Energia. E si tratta solo di unapiccola parte della tecnologia presentenella società moderna: con la com-parsa di tecnologie emergenti e l’ap-plicazione di tecnologie più mature,in futuro si creeranno più opportunità.

Nuove sfide dietro ai daziGli Stati Uniti sono all’avanguardianella ricerca sull’Intelligenza Artifi-ciale. Nel maggio del 2018, la CasaBianca ha ospitato l’American Indu-strial Summit, un vertice che ha riu-nito i leader dell’industria statunitenseper discutere delle politiche in ma-teria di AI e assicurare agli StatiUniti il ruolo di guida mondiale nelsettore. Dal 2015 gli investimenti delgoverno statunitense su ricerca esviluppo in questo settore sono au-mentati di oltre il 40 percento. Ma ilrapido sviluppo cinese in questo am-bito, che ha portato Pechino a riva-leggiare con Washington in terminidi spesa sul settore, ha fatto sì che gliUSA considerino oggi la Cina ilprincipale sfidante.In occasione dell’avvio di un nuovo

round di trattative commerciali traCina e Stati Uniti, l’11 febbraio2019, il presidente degli Stati UnitiDonald Trump ha ratificato il primopiano strategico degli USA in mate-ria di AI, che impone alle agenzie fe-derali di dare priorità agli investimentiin ricerca e innovazione in materia diIntelligenza Artificiale, e allo stessotempo di agevolare l’uso dei fondi go-vernativi che contribuiscono allo svi-luppo dell’industria. Nel frattempo,il Pentagono ha stabilito che il JointArtificial Intelligence Center (JAIC)introdurrà l’utilizzo dell’AI nell’am-bito dell’addestramento militare.Già nel novembre del 2018, l’Ufficioper l’industria e la sicurezza del Di-partimento del commercio statuni-tense aveva dato tempestiva comuni-cazione dei più recenti controlli sul-le esportazioni di tecnologia. Il go-verno degli Stati Uniti sta prenden-do in considerazione di controllare 14aree tecnologiche di importanza cru-ciale, tra cui Intelligenza Artificiale,circuiti integrati, informatica quan-tistica e robotica. Le tecnologie rite-nute più avanzate e innovative per lasicurezza nazionale sono quelle chepermettono la stampa di volti in 3De il riconoscimento di impronte vo-cali. E il paese di riferimento è la Cina.

L’AI sforna talenti, ma i migliori non sono in CinaA livello di concorrenza nel settoredell’AI, le differenze tra Cina e Sta-ti Uniti sono enormi. Nel grafico a

pagina 32 è indicato il numero com-plessivo di talenti nel settore dell’AIdi ciascun paese, ovvero i ricercato-ri che hanno “registrato brevetti e/opubblicato documenti in lingua in-glese” nel corso degli ultimi dieci anni.Pur essendo molto numerosi, solo il5,4 percento dei talenti cinesi rientranel novero dei “migliori”. D’altra par-te, a conferma di un recente rappor-to di Stanford, negli Stati Uniti la per-centuale dei “migliori talenti” ri-spetto al numero complessivo è dipoco superiore al 18 percento. Adogni modo, la Cina non dovrebbe es-sere dispiaciuta: l’India, infatti, se l’ècavata molto peggio. Dehli disponedel terzo bacino di talenti maggiorea livello mondiale (quasi pari a quel-lo cinese) ma la quota dei “migliori”è inferiore al 3 percento. A giugno 2018, in tutto il mondo esi-stevano 4.925 aziende di AI. Di que-ste, 1.011 erano cinesi (20,5 percen-to del totale) e 2.028 statunitensi (41,2percento del totale). A ospitare il nu-mero maggiore di aziende di AI almondo è Pechino (395), seguita daSan Francisco (287). Per quanto ri-guarda i settori più diffusi, in Cinasembrano concentrarsi in particola-re sui sensi: udito, vista e produzio-ne orale.Ma nel settore dell’Internet del-l’Energia, Cina e Stati Uniti hannoiniziato a imparare gli uni dagli altri.Per esempio, la statunitense Tran-sActive Grid gestisce una rete diblockchain a Brooklyn (New York)

che incoraggia gli abitanti a venderel’energia solare in eccesso nella co-munità e a utilizzare contatori intel-ligenti a fini statistici.In generale, ricercatori, start up cinesidovrebbero usare di più l’immagina-zione e, anziché imitare l’Occidente,concentrarsi su obiettivi a lungo ter-mine e tentare di essere all’avan-guardia in alcune aree. Al contempo,i decisori politici statunitensi do-vrebbero cambiare linea sull’AI, e ini-ziare a valutare in modo concretocome integrare le infrastrutture e leistituzioni pubbliche con le nuove tec-nologie.

GRANDE FRATELLOPer entrare alla stazioneferroviaria di Pechino si devepassare attraverso le macchineper il riconoscimento facciale,che elaborano la scansione dei documenti di identità e del volto del passeggero. Il Grande Fratello sorveglia un miliardo e 300 milioni di cittadini.

© NIGEL DICKINSON

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La doppia mossa di Trump e Google contro Huaweiindica che la Big Thing delle dispute commerciali è la rete dell’Internet super veloce. Un elementoimportante per il futuro del PIL dei paesi coinvolti e un terreno su cui la Cina è in vantaggio sugli USA

ell’ottobre del 2012, a seguito diun’indagine durata un anno circa, ilComitato permanente sull’intelli-gence della Camera dei rappresentantidegli Stati Uniti era giunto alla con-clusione che le aziende cinesi, Hua-wei Technologies e ZTE Inc., rap-presentassero una minaccia alla sicu-rezza nazionale “a causa dei lorotentativi di ottenere informazionisensibili dalle aziende americane e del-la loro lealtà nei confronti del governocinese”. Alla Casa Bianca c’era Barack Obama.Il presidente democratico tornò sul-l’argomento nel 2014, quando - pocoprima di incontrare Xi Jinping - di-fese le attività della National Securi-ty Agency volte a tenere sotto con-trollo Huawei, rendendo così evidentecome il sentimento di sospetto neiconfronti dell’azienda fondata a Shen-zhen nel 1987 da Ren Zhengfei, ex vi-cedirettore del genio militare cinese,fosse completamente bipartisan. Lacomplicata relazione tra Stati Uniti eCina, con Huawei spesso a rappre-sentare l’acme di questa diatriba, hadunque una storia lunga. Quantomeno è precedente all’arrivo allapresidenza degli Stati Uniti di DonaldTrump, all’ondata “protezionista” ebasata sullo slogan “America First”. Disicuro Donald Trump, fin dalla suacampagna elettorale, ha eletto laCina a “problema numero uno” del-l’economia e del benessere della po-polazione statunitense.

Perché Trump vuole metterela Cina all’angoloNel suo afflato protezionista, risiedela certezza di Trump: ad essersi av-vantaggiata della globalizzazione è sta-ta soprattutto Pechino; da qui i con-tinui rimandi alla Cina – è ormai ce-

lebre il medley di tutte le volte cheTrump ha citato la parola “China” incampagna elettorale – e le feroci cri-tiche alle amministrazioni passate, re-sponsabili di aver tollerato lo strapo-tere cinese, attuato, secondo l’attua-le presidente statunitense, attraversoalcune traiettorie ben precise: sussi-di di stato, fluttuazione dello yuan efurto di proprietà intellettuale.Anche la questione legata ai rappor-ti commerciali tra Washington e Pe-chino – a dire il vero – ha una storiaantica, benché sia indubbio che ab-bia avuto una clamorosa accelerazionetra la fine del 2018 e gran parte del2019. Barack Obama aveva privile-giato una strategia (Pivot to Asia) chepuntava per lo più al “contenimento”della potenza cinese: esemplificativoin questo senso è stato il TPP (TransPacific Partnership) un accordo di li-bero commercio con gran parte deipaesi asiatici che escludeva proprio laCina. Un palliativo, in realtà, perchéla Cina ha sempre avuto l’abilità disgusciare tra i “confini” posti daObama, attraverso accordi commer-ciali bilaterali.Trump – invece – oltre ad affossare ilTPP e creare malumori tra gli allea-ti asiatici, ha deciso di andare al cuo-re del problema; la sua iniziativa dicolpire con dazi le merci cinesi, ri-sponde a un’esigenza della bilanciacommerciale americana: gli USA ac-quistano dalla Cina molto più diquanto non vendano a Pechino. Iltema è stato al centro della campagnaelettorale del tycoon americano, e piùvolte sottolineato anche una voltaconquistata la Casa Bianca. La real-tà presentatasi di fronte all’ammini-strazione americana a inizio manda-to, nel novembre del 2016, era im-pietosa: il deficit commerciale con la

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THE CHALLENGE

Giornalista, è caporedattore de Il Manifesto. Nel 2009 ha fondatoChina Files, agenzia con sede a Pechino che collabora con mediaitaliani per reportage e articoli sulla Cina. È autore di “Cina Globale”(Manifestolibri, 2017) e del romanzo“Genova Macaia” (Laterza, 2017). Con Giada Messetti ha prodotto il podcast “Risciò” sulla Cinacontemporanea.

Analisi/Il vero business al centro della contesa

Il 5G dietro lo scontro sui dazi

© GETTY IMAGES

SIMONE PIERANNI

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Cina era aumentato dell’8,1 percen-to, raggiungendo quota 375,2 miliardidi dollari. Dopo circa un anno vissu-to tra negoziati e tentativi di colla-borazione a livello internazionale(come nel caso della Corea del Norde ripetuti complimenti da parte diTrump nei confronti del suo “amico”Xi Jinping), nel luglio del 2018Trump si è deciso per l’avvio dei pri-mi dazi anti cinesi, colpendo prodottiper un valore di circa 60 miliardi. Neseguì un’immediata reazione dellaCina, ma Trump ammonì Pechino:“Abbiamo altri 200 miliardi di beni dacolpire e se non basta altri 300 mi-liardi”. Detto, fatto: nel dicembre2018 Trump annuncia nuovi dazi su200 miliardi di prodotti cinesi. Poi ar-riva una proroga di tre mesi, duran-te i quali si sono succeduti undiciround negoziali fino alla rottura to-tale e l’annuncio da parte di Wa-shington – a metà di maggio 2019 -del via libera a nuove sanzioni, al 25percento, su 300 miliardi di prodot-ti cinesi. Altra risposta cinese: contro-dazi su 60 miliardi di prodotti ame-ricani. Ma nel frattempo era già de-flagrata la questione Huawei.

Il colosso di Shenzhen: casus belliDurante questo confronto a distan-za di natura commerciale e nono-stante gli avvisi da parte della Cina –“in uno scontro commerciale non cisono vincitori” - è infatti ben prestoemerso chiaramente quanto sotten-de da sempre a questo botta e rispo-sta sulle tariffe. A fine 2018 a Van-couver, su richiesta degli Stati Uniti,era stata arrestata Meng Wanzhou, re-sponsabile finanziaria della Huawei,nonché figlia del fondatore RenZhengfei, con l’accusa di aver aggi-rato le sanzioni contro l’Iran. Proprioin occasione del suo arresto, dopomolto tempo, era tornato a parlare,con un’intervista alla BBC, il fonda-tore di Huawei. Nel frattempo la Cina arrestava duecanadesi, formalmente accusati dispionaggio nel maggio 2019, mentrein Polonia finiva in carcere un cine-se, dipendente dell’azienda hi-tech ci-nese (e subito licenziato), accusato diessere una spia. In questo clima, loscorso 20 maggio del 2019, primaTrump si è detto pronto a firmare undecreto esecutivo con il quale bloc-care le forniture a circa 700 aziendestraniere considerate rischiose per lasicurezza nazionale, tra le quali Hua-wei. Poi la società cinese è stata in-serita in una blacklist (insieme ad al-tre 70 compagnie). Questo atto ha unobiettivo chiaro: fare pagare a Hua-wei e alla Cina l’unico punto deboledella filiera hi-tech cinese, ovvero i se-miconduttori. Qualcomm, ad esem-pio, è fornitore di Huawei (per il 22percento degli smartphone, secondoil suo ultimo bilancio).

Ma per Huawei la novità più ri-schiosa – e prevista, a quanto abbia-mo appreso da successive dichiara-zioni provenienti dal managementdell’azienda – sarebbe arrivata subi-to dopo: in virtù dell’inserimento nel-la lista nera, Google ha infatti an-nunciato di revocare la licenza per ilsistema operativo Android sugli smar-tphone Huawei, proprio poco dopola conquista da parte dell’azienda ci-nese del secondo posto nella vendi-ta mondiale di smartphone: i dati re-lativi al primo trimestre 2019 vedo-no la Huawei sul secondo gradino delpodio con il 15 percento del marketshare, dopo Samsung (al 22,8) ma pri-ma di Apple (al 13,5). Dopo la doppia mossa di Trump eGoogle, sono emerse due conside-razioni: la prima è che lo scontro suidazi è un corollario di qualcosa di piùgrande. La seconda è che la BigThing di tutta la vicenda è la corsaal 5G.

Pechino guadagna posizioni nella corsa al 5GLe connessioni 5G cambieranno inmodo drastico il nostro modo di uti-lizzare lo smartphone, ci proiette-ranno nel cosiddetto “Internet delleCose” e consentiranno un vantaggiocompetitivo clamoroso a chi per pri-mo commercializzerà la rete iper-ve-loce. E che la corsa al 5G sia parti-colarmente importante, è conferma-to dai numeri degli investimenti de-cisi da Pechino. Gli operatori cinesihanno pianificato circa 400 miliardidi investimenti relativi al 5G nel pe-riodo compreso tra il 2015 e il 2020.Gli obiettivi di Pechino sul 5G sonointrinsecamente collegati all’Intelli-genza Artificiale, perché le nuove retirenderanno possibile una velocità dicalcolo impensabile fino a poco tem-po, permettendo agli algoritmi di ope-rare con minore latenza rispetto al re-cente passato: un esempio su tutti sa-ranno le auto a guida autonoma. LaCina punta a recuperare un gap congli USA sull’Intelligenza Artificialeentro il 2020, per diventare leadermondiale entro il 2030. E sul 5G laCina è in vantaggio sugli USA. Pe-chino può contare già su 350.000 sitidi celle 5G, dieci volte il totale degliStati Uniti, secondo un’analisi diDeloitte. Si prevede inoltre che laCina sarà il più grande mercato 5Gal mondo già nel 2025 con 430 mi-lioni di abbonati: il doppio della ci-fra stimata degli Stati Uniti. Nel 13°piano quinquennale (2016-2020) e in“Made in China 2025” - il progettovoluto dal presidente cinese Xi Jinpingche punta a far diventare la Cina lea-der mondiale nell’esportazione diprodotti tecnologici e innovativi, tra-sformando così la “fabbrica del mon-do” in modo decisivo ed epocale - il5G è probabilmente l’obiettivo piùimportante.

I 5 MAGGIORI PRODUTTORI DI SMARTPHONE AL MONDO PRIMO TRIMESTRE 2019

N

Il mercato mobile

Altri 141.405,2Samsung71.621,1

Huawei58.436,2

Apple44.568,6

OPPO29.602,1 Vivo

27.368,2

TOTALE

373.001,4(MIGLIAIA DI UNITÀ)

1

2

34 5

Huawei sorpassa di nuovo Apple e si candida a diventare primo produttore mondiale superando anche Samsung. Nel primo trimestre del 2019, il colosso di Shenzhen continua a incrementare le vendite, che a livello globale sono diminuite del 2,7 percento. Huawei ha venduto 58,4 milioni di smartphone, registrando una crescita del 44,5 percento, con i risultati più soddisfacenti in Europa (+69 percento) e in Cina (+33 percento).

0

Fonte: Gartner

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THE CHALLENGE

NUMERO DI SITI DI CELLE 5G OGNI 10MILA PERSONE

LA CINA SARÀ IL MERCATO DEL 5G PIÙ GRANDE AL MONDO NEL 2025

NUMERO DI SITI DI CELLE 5G OGNI 10 MIGLIA QUADRATE

Pechino può contare su 350mila siti di celle 5G, dieci volte il totale degli Stati Uniti, secondo un’analisi di Deloitte.

Stati Uniti

Cina

Germania

Giappone

Stati Uniti

Cina

Germania

Giappone

4,7

14,1

8,7

17,4

0,4

5,3

5,1

15,2

Si prevede che, nel 2025, la Cina avrà circa 430 milioni di utenti, il doppio rispetto agli Stati Uniti.

H

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

Stati Uniti

Cina

Europa

Giappone

4,34

1,95

0,91

1,89

TASSO DI PENETRAZIONE (IN PERCENTUALE) NUMERO DI ABBONATI (IN CENTINAIA DI MILIONI)

Fonte: GSM Association

Fonte: Deloitte

© JORDAN-MCQUEEN/UNSPLASH

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Nel marzo del 2019, a confermarel’impegno di tutto il governo cinese,il tema è stato tra quelli considerati“centrali” nell’annuale rapporto di la-voro del governo consegnato dalpremier Li Keqiang durante le riu-nioni legislative.

L’Internet del futuro sarà super veloceCosa significherà il 5G: velocità diconnessione più rapida, la possibili-tà di connettere più dispositivi, latenzaazzerata. Gli esperti ritengono che il5G avrà una velocità massima didownload fino a 20 gigabit al secon-do, abbastanza veloce da scaricare un

film in HD a lunghezza intera in po-chi secondi. Il 5G sarà caratterizza-to da una maggiore connettività, il chesignifica tempi di attesa inferiori nel-l’invio di dati e più dispositivi in gra-do di connettersi alla rete contem-poraneamente.Ma fosse solo questo, sembrerebbequalcosa destinato semplicemente afarci utilizzare in modo più rapido leapplicazioni a cui ormai il nostro sti-le di vita è abituato. Naturalmente c’èmolto di più, perché 5G significa an-che smart city, veicoli a guida auto-noma, robotica a distanza, ricono-scimento facciale e nuove tecniche se-curitarie, droni utilizzati nell’agri-coltura, super computer quantici.Sarà una vera e propria rivoluzione,perché ad usufruirne saranno per lopiù l’Intelligenza Artificiale e la ma-nifattura, portando così il 5G a dive-nire un elemento importante per il fu-turo del PIL dei Paesi. Secondo un re-port pubblicato nel 2017 da Accen-ture “il primo paese che distribuirà ecommercializzerà le reti mobili ul-traveloci 5G avrà un enorme van-taggio economico: 500 miliardi diPIL” e milioni di posti di lavoro (tremilioni è la stima per gli USA, adesempio). In tutto questo, natural-mente, la Cina non manca di pro-grammazione: “il suo piano quin-quennale mira a un ampio lanciocommerciale di 5G entro il 2020 etutti i principali fornitori di servizi wi-reless (come Huawei e ZTE) hannocondotto numerosi studi 5G. Quel-lo cinese sarà, forse, il più grande peril 5G entro il 2022”. E non c’è soloHuawei: ci sono anche Xiaomi e

ZTE (che pure ha avuto molti pro-blemi con gli USA analoghi a quellidi Huawei, con l’aggravante di esse-re un’azienda di Stato). Le società cinesi – inoltre – hannoconquistato terreno anche sui mercatiesteri: Huawei ha già inviato com-ponenti per oltre 10 mila stazioni inoltre 60 paesi. ZTE ha effettuato unapartnership con l’operatore olande-se KPN per il collaudo della rete 5G.Prezzi competitivi e una affidabilitàche – per quanto riguarda Huawei –i consumatori hanno già provato etoccato con mano per quanto ri-guarda gli smartphone (consideratimigliori di Samsung ed Apple da mol-ti, grazie alla durata della batteria) por-tando l’azienda cinese al secondoposto tra i migliori produttori mon-diali, prima di Apple e ormai di pocodopo Samsung.

La strategia di Trump non convince l’EuropaGli Stati Uniti nella loro opera di con-trasto a Huawei, non si sono occupatisolo del proprio mercato; preceden-temente alle decisioni di Trump eGoogle, l’amministrazione USA ave-va espresso un pressing a tutto cam-po presso i propri alleati in giro peril mondo chiedendo uno stop alle at-tività di Huawei. Funzionari del go-verno USA hanno incontrato con-troparti e dirigenti delle aziende di te-lecomunicazioni dei paesi considerati“amici” nei quali i sistemi per le te-lecomunicazioni di Huawei sono giàutilizzati, come in Giappone, Ger-mania e Italia; l’obiettivo di Wa-shington è di avvisare gli alleati del ri-

schio per la sicurezza informatica, sot-tintendo la necessità di un blocco del-l’azienda cinese. Giappone, Germa-nia e Italia sono i paesi i quali gli Usapresta più attenzione, in quanto Sta-ti dove gli Usa hanno basi militari etemono una ingerenza cinese sulleproprie comunicazioni. La strategia di Trump ha ottenutoqualche risultato, ma non in Europadove i paesi sono dubbiosi circa le ri-chieste americane: nell’agosto del2019 il governo australiano ha esclu-so Huawei dalla fornitura di appa-recchiature per la futura rete mobi-le 5G del paese, con la motivazionedi proteggere la propria sicurezza na-zionale. Analoga decisione è stata pre-sa qualche giorno dopo dalla NuovaZelanda. E proprio sul 5G - a segui-to della blacklist trumpiana e della de-cisione di Google – è intervenuto ilcapo di Huawei, Ren Zhengfei. L’an-ziano fondatore ha ricordato la lun-ga strada compiuta dalla propriaazienda che ha attraversato le recen-ti fasi cinesi, dall’apertura e le rifor-me di Deng, fino alla “Nuova Era” diXi Jinping, diventando l’azienda dipunta della nuova postura interna-zionale di Pechino. Dopo aver sottolineato il vantaggiocompetitivo della sua società rispet-to ai competitor occidentali sul temadel 5G (misurato in un paio d’anni),Ren ha specificato che “abbiamo sa-crificato noi stessi e le nostre famiglieper il nostro ideale, per stare in cimaal mondo. Per raggiungere questoideale, prima o poi ci sarà conflittocon gli Stati Uniti”.

Una partita ancora lungaLe risposte della Huawei di fronte aquello che Pechino vive come un veroe proprio attacco da parte degli USA,vanno in diverse direzioni: da unlato l’azienda ha accelerato le proce-dure per la creazione di un proprio si-stema operativo, capace di arginare ilban trumpiano, dall’altro, il 29 mag-gio scorso Huawei ha fatto causa algoverno americano, sollevando iltema dell’incostituzionalità del divietoimposto alle società USA di acquistarele sue apparecchiature di rete. La par-tita tra Stati Uniti e Cina, che si gio-ca su tanti campi, durerà a lungo, no-nostante i colloqui tra le due parti sia-no ancora in corso. Né gli USA né laCina, giunti a questo punto, sembranopoter rinunciare a qualcosa delleproprie rivendicazioni, nonostante lelamentele delle aziende americane(l’ultima ad aver espresso dubbi sul-le azioni di Trump è stata Microsoft)e nonostante la necessità cinese dicontinuare a garantire una crescita –messa a rischio da questo confrontocommerciale - in grado di mantene-re la situazione sociale interna sottocontrollo.

VISIONI DIVERSELe divisioni tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping sono destinate a durare a lungo, nonostante i colloqui tra le due parti siano ancora in corso.

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Europa non è all’avanguardia del-l’innovazione tecnologica, visto chenessuna delle grandi piattaforme di-gitali che hanno segnato questa epo-ca, con l’eccezione di Spotify e del-l’ormai superata Skype, è nata su que-sto lato dell’Atlantico. Il VecchioContinente ovviamente resta una re-gione viva, capace di innovare inmolti settori industriali, in particola-re quelli della manifattura e della mec-canica di alta qualità, ed è in grado diconciliare meglio di altri la culturaumanista e quella tecnica, ma la sciadel progresso del XXI secolo è segnatadalla Silicon Valley americana e la sfi-da del futuro è quella di non subire ilnuovo protagonismo tecnologicodella Cina. L’Europa si difende con perizia e l’as-senza di Big Tech continentali leconsente maggiore libertà nell’af-frontare una delle questioni decisivedi questa stagione: quella di provarea regolamentare i monopoli digitalie di proteggere le istituzioni e i pro-cessi democratici delle società libere.I tanto vituperati burocrati di Bru-xelles si sono dimostrati lungimi-ranti sulla protezione dei dati perso-nali da abusi e manipolazioni com-merciali, sociali e politiche e sulla sal-vaguardia dei diritti intellettuali. Ladirettiva sulla privacy, approvata due

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Editorialista de Il Sole 24 ore. In passatoha diretto il magazine IL - Idee e Lifestyle, è stato inviato speciale ed editorialista de Il Sole 24 Ore e corrispondente de Il Foglio dagli Stati Uniti. Collabora condiverse testate italiane e internazionali. Il suo ultimo libro è “Chiudete Internet -Una modesta proposta” (2019) edito da Marsilio.

Europa/Il delicato ruolo di coscienza critica del Vecchio Continente

Bruxelles non domina la scenanell’ambito della rivoluzionetecnologica, ma proprio l’assenzadi Big Tech continentali la rendelibera di regolamentare i monopoli digitali, diventando unmodello nel panorama legislativorelativo alla tutela della privacy

Non in attacco ma in difesa

THE CHALLENGE

L’CHRISTIAN ROCCA

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anni fa ed entrata in vigore a maggio2019 e, poi, quella sul copyright diquest’anno sono i primi tentativi seridi un’istituzione politica importantedi trovare un modo per regolamen-tare la rivoluzione digitale.

Un modello nel panorama legislativo relativo alla protezione dei datiPer effetto della prima direttiva, il 25maggio 2018 è entrato in vigore intutta Europa - ma di fatto anche ol-tre i confini dell’Unione - un Rego-lamento generale sulla protezionedei dati, il GDPR (General Data Pro-tection Regulation), che ha costret-to i colossi globali di Internet ad ade-guarsi alla normativa europea anchein assenza di omologhe leggi ameri-cane. Il GDPR è diventato un mo-dello per simili iniziative legislativenegli Stati Uniti, a livello locale e fe-

derale, ormai citato da quegli anali-sti e da quei politici americani chehanno iniziato a sostenere pubblica-mente che le piattaforme social han-no bisogno di essere limitate e con-tenute. L’intervento di Bruxelles è sta-to immaginato ben prima che esplo-desse il caso dei profili Facebook usa-ti da Cambridge Analytica a fini po-litici e senza il consenso degli utentied è entrato in vigore molto prima cheil fondatore di Facebook, Mark Zuc-kerberg, dopo averlo negato per anni,riconoscesse che sulla sua piattafor-ma circola indisturbata la disinfor-mazione politica generata dagli agen-ti del caos. Il GDPR è un complesso codice dinovantanove articoli che affronta iltema della violazione della privacy edella prevalenza dell’algoritmo sui si-stemi democratici. Grazie all’Euro-pa, i proprietari dei dati personali rac-

colti dai giganti della Silicon Valleysono tornati a essere i frequentatoridei social, mentre chi li immagazzi-na, li analizza e poi li vende non hapiù la totale libertà di usarli senza li-miti. Questo è ancora un primo pas-so e c’è ancora molto da fare, ma perla prima volta ai titolari dei dati è ri-conosciuto il diritto di accesso alleproprie informazioni, che potrannocorreggere, trasferire e cancellare. Èancora tutto molto macchinoso, male aziende che custodiscono le in-formazioni private ora devono seguireregole molto stringenti su raccolta,uso e protezione dei dati, oppure pa-gare multe, come sono già state co-strette dalle autorità europee, fino a20 milioni di euro o fino al 4 percentodegli utili annuali. Bruxelles fa sul se-rio e ha anche preparato un codice diautoregolamentazione affinché Fa-cebook e gli altri social network

provino volontariamente a fermare ladiffusione delle fake news e la mani-polazione delle informazioni online.L’autoregolamentazione serve a poco,ma l’iniziativa europea è uno stimo-lo per le istituzioni politiche ameri-cane e internazionali che nei prossi-mi anni avranno il compito di rom-pere i monopoli, liberare la concor-renza e scrivere il codice dell’era di-gitale. A chi sostiene che i dati personalivalgono così tanto al punto da esserediventati “il nuovo petrolio”, l’Eu-ropa ha risposto in modo più po-tente e più sofisticato che semmai idati personali sono i diritti umanidel XXI secolo. A questa considera-zione sono arrivate alcune big dellatecnologia come Apple, un’aziendache non monetizza i dati dei suoiclienti. Secondo l’amministratoredelegato Tim Cook, la privacy è un

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Dati personali e privacy

a che puntosiamo

NEGLI USA ferve il dibattito sullanecessità di una normativa federalesulla protezione dei dati personalicapace di mettere al riparo da episodi come lo scandaloFacebook-Cambridge Analytica.Sono in molti a pensare che il General data protection regulation(GDPR) adottato in Europa debbaessere preso come modello dagli Stati Uniti. Lo riconosce, ad esempio, lo stesso Tim Cook, Ad di Apple, che ha sostenutorecentemente che “regolare i colossidell’hi-tech è di cruciale importanzae va fatto con urgenza e sullafalsariga della robusta GDPR

dell’Unione europea, non con gli approcci timidi degli Stati Uniti”. Lo Stato che finora si è impegnato di più su questo fronte è laCalifornia, dove è stato approvato il 28 giugno 2018 il “CaliforniaConsumer Privacy Act 2018”, la normativa sulla protezione dei datipersonali più severa degli Stati Uniti.La legge entrerà in vigore nel 2020e, ovviamente, tutelerà solo i cittadinicaliforniani. Non dimentichiamo, poi,che già molti operatori locali – i giganti della Silicon Valley e nonsolo – sono “costretti” ad applicarele tutele GDPR se il loro business si rivolge anche ad individui europei.

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“diritto dell’uomo” e la protezionedei dati personali è simile alle libertàcivili tradizionali come quelle di pa-rola e di stampa.

Oltre la privacy, c’è anche il diritto d’autoreCon un processo politico e legislati-vo travagliato, il Parlamento e le al-tre istituzioni europee sono andati ol-tre la privacy e hanno approvato an-che la direttiva sul diritto d’autore che,anche in questo caso, si può definirecome il primo tentativo serio di pro-tezione dei diritti dei produttori dicontenuti intellettuali e giornalisticidall’uso commerciale senza consen-so sulle grandi piattaforme digitali. Ladirettiva europea in difesa del copy-right ha avuto una gestazione moltopiù difficile rispetto al regolamentosulla privacy, ed è stata resa compli-cata da una grande campagna di

pressione sull’opinione pubblica daparte delle piattaforme digitali e dal-la tenace opposizione ideologica dinumerosi gruppi populisti e tecno-anarchici, a cominciare da quelli ita-liani, che in questi anni hanno do-minato l’attenzione e i risultati elet-torali europei. Il testo della direttiva è vago, sarà sog-getto a diverse interpretazioni e do-vrà essere recepito dai singoli paesidell’Unione con norme ad hoc, maper chi produce news rappresenta unaprotezione del proprio business similea quella già in vigore per la musica, ilcinema e la televisione, oltre che unsostegno a un sistema di informazio-ne di qualità messo in crisi dalla cir-colazione gratuita e per questo sem-pre più dipendente dell’algoritmodei social. Questo dirigismo illuminato del-l’Europa non è da sottovalutare, per-

ché ha ritagliato alle istituzioni del-l’Unione e ai paesi membri un ruo-lo decisivo nel dibattito globale sul-la regolamentazione degli aspetti piùcontroversi della rivoluzione digita-le, ma anche sul clima e su altre que-stioni della società contemporanea. Èun ruolo di coscienza critica delmondo libero complementare a quel-lo interpretato dagli Stati Uniti e vol-to a mantenere l’egemonia tecnolo-gica. Europa, Stati Uniti e i paesi al-leati sarebbero ancora un blocco im-battibile, anche nella sfida con i cinesisulla tecnologia 5G se solo conti-nuassero, come in passato, ad agirestrategicamente di comune accordo,ciascuno secondo le proprie abilità, in-vece che inseguire unilateralmenteuna vuota retorica nazionalista de-stinata alla sconfitta.

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THE CHALLENGE

NELL’UE, dal 25 maggio 2018,è in vigore il GDPR, sigla di General data protectionregulation, regolamento europeosu privacy e dati. Si tratta di un testo che prova a uniformarele leggi europee sul trattamentodati e il diritto ad avere il pienocontrollo delle informazioni cheriguardano i cittadini dell’Unione. Il regolamento si compone di 99articoli e prevede regole chiare su informativa e consenso, limitial trattamento automatizzato dei

dati personali, criteri rigorosi per il trasferimento degli stessi al di fuori dell’Unione europea e norme rigorose per i casi di violazione dei dati (databreach). Tra i punti cardine della normativaci sono il diritto all’oblio e allaportabilità dei dati e le notifiche di violazione agli utenti e alleautorità nazionali. Le nuoveregole devono essere applicateanche dai “big” americani diInternet, da Google a Facebook.

IN CINA è applicata la InformationTechnology – Personal InformationSecurity Specification (in seguito “loStandard”), che regola il trattamentodei dati personali e sensibili nelle fasidi raccolta, conservazione, utilizzo,condivisione. Il testo è statorevisionato il 1 febbraio del 2019. Si tratta di una evoluzione della legge sulla cybersicurezza,approvata nel 2016, e che haintrodotte l’obbligo, da parte degli operatori di infrastruttureinformatiche, di immagazzinare“informazioni personali e dati vitali”per la Cina “raccolti e prodotti in Cina”. Misure che per il governocinese sono in linea con gli standardinternazionali. Lo Standard si applicasia a enti pubblici che privati e viene

adottato anche dai colossi dell’hi-tech e dei pagamenti digitali,da Tencent ad Alipay. Il documento,nel presentare il concetto di titolaredel dato, presenta alcune analogiecon il GDPR, ma nella definizione di dati personali sensibili si discostadalla normativa europea. Per loStandard è “sensibile” qualsiasi datoche, se trattato in manierainadeguata o perso, rischia di arrecare danno alle persone o alla proprietà. Nonostante si trattidi uno standard volontario, e quindinon giuridicamente vincolante, vieneadottato dalla CybersecurityAdministration of China (CAC), l’entedi supervisione del settore, per lavalutazione della protezione dei datipersonali da parte delle aziende.

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ell’aprile 1968 un computer battevaper la prima volta sugli schermi cine-matografici un essere umano. HAL9000, il capostipite di una serie di in-telligenze artificiali sempre più insta-bili, non si accontentò di battere a scac-chi l’astronauta Poole; dopo pochi mi-nuti lo uccise assieme ad un gruppo dialtri, ibernati nell’astronave. L’unicosuperstite riuscì tuttavia a disattivareil computer facendolo regredire all’etàinfantile e vincendo temporanea-mente la guerra uomo-macchina. HAL fu il primo esempio di compu-ter psicotico della nostra storia. Fu poiseguito da macchine sempre piùumanoidi come Ava (del film Ex ma-china) o i replicanti di Blade Runner,tendenti contestualmente all’auto-determinazione ed alla schizofrenia(oltre che ad una irresistibile – e tal-volta condivisibile – avversione ver-so il genere umano). Da allora abbiamo spostato la finzionedallo schermo alla realtà. Deep bluedi IBM ha rotto il ghiaccio sugli scac-chi. Come HAL (che aveva replica-to la partita Roesch-Schlage del 1910ma aveva barato, annunciando pre-maturamente uno scacco matto chepoteva invece essere evitato) ancheDeep Blue nel 1997 approfittò dellanostra fragile psicologia. Al terminedella prima partita, persa contro Ka-sparov, Deep Blue effettuò una mos-sa, dai più valutata inutile e senza lo-gica. La mossa 44 analizzata neldopo-gara dal campione georgianoaveva però fatto prefigurare una ca-pacità di calcolo impossibile per ungrande maestro e straordinaria ancheper un computer di nuova genera-

zione, potendo condurre ad un po-tenziale scacco matto nelle 20 mos-se successive. Ma quella mossa, pri-ma incompresa e poi esaltata, era il ri-sultato di una scelta casuale che il PCsi imponeva quando il programma en-trava in loop. Da lì il povero Kaspa-rov perse la sfida ancor prima di gio-carla: cioè percepì la finitezza dellapropria natura. Abbandonò la se-conda partita, che poteva invece con-durre ad una patta (esattamente come

Poole), e fece altri errori banali pri-ma di cadere al sesto match, in sole 19mosse (la sua sconfitta più breve).

La partita sui mercati finanziariQualcosa di simile sta avvenendooggi su altre scacchiere: quelle del tra-ding finanziario. E anche qui l’uomosta abbandonando la partita prima deltempo. Negli ultimi venti anni, infatti,non ci siamo limitati ad utilizzare i

FRANCESCO GATTEI

È executive vice president Scenarios,Strategic Options & Investor Relationsdi Eni. In precedenza, è statoresponsabile del portfolio della divisione E&P di Eni, dove ha anche ricoperto numerosi ruoli di pianificazione, attività negoziali e commerciali in Italia e all’estero.

N

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quaran

tatré

Futures/Nel 90 percento degli scambi si usa un sistema di decisione artificiale

Computer ed algoritmi stannosostituendo gli operatori umaninel trading finanziario, dai cambialle commodity. Le loro sceltesono determinate da memorieillimitate e da una logica ferrea,ma nascondono insidie che nonabbiamo compreso

Trade Runner

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computer per giocare a scacchi (trop-po banale tenuto conto che il vostromobile ha una sapienza scacchistica di2900 punti ELO, superiore a quellodell’irascibile e geniale Bobby Fischero dello stesso Kasparov). Abbiamotrasferito questo potenziale al tradingfinanziario, dai cambi alle commodity.I computer non hanno la fragilità del-le emozioni e le loro scelte di tradingsono determinate da memorie illi-mitate e da una logica ferrea: fare la

mossa più efficiente tra le opzioni ra-zionali disponibili nella loro memo-ria. Tali esperienze, un tempo impo-state ex ante dal programmatore(Deep Blue o Hal, erano due pesimassimi del calcolo istantaneo maconservavano una memoria rigida),sono oggi sviluppate in auto-ap-prendimento dal computer stesso. Equi entriamo nella magia della co-noscenza e dell’autodeterminazio-ne: l’uomo determina solo come la

macchina maturerà le sue esperienze,sta al computer definire, tramite al-goritmi (Algos), le correlazioni chia-ve tra le variabili e le azioni più effi-cienti da effettuare.Oggi la metà degli scambi nei mer-cati futures più evoluti è effettuatacomputer su computer, mentre un re-stante 40 percento di transazioni na-sce in maniera passiva replicandoindici o variabili chiave. Di fattosolo uno scambio su 10 è concepito

da una rete neurale di origine biolo-gica (e quindi con tutti gli elementi diforza e fragilità della mente umana).I restanti 9 scambi implicano l’utilizzo,almeno per una delle due parti, di unsistema di decisione artificiale. Nel-le commodity gli algoritmi control-lavano (nel 2016) oltre il 60 percen-to degli scambi di petrolio, il 45 per-cento degli scambi del grano e il 54percento dei metalli preziosi. E il 90percento degli scambi sulle valute.

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THE CHALLENGE

HOMO VERSUS MACHINADopo molti esempi narrati dalla fantascienza, il 10 maggio1996 il mondo assistette alla prima grande sfida tra l’intelligenza umana e quella artificiale: l’allora campione del mondoGerry Kasparov si sedette alla scacchiera di fronte a Deep Blue, computer di progettazione IBM.Quella prima sfida, in una seriedi sei partite, si aprì con lastorica vittoria della macchina, ma Kasparov, nelle successive, vinse tre volte e impattò dueaggiudicandosi la sfida.Nella rivincita dell’annoseguente, tuttavia, il computer,ulteriormente evoluto, riuscì a prevalere per 3.5 a 2.5.

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Le insidie degli algoritmiIl trading automatico, anaffettivo eistantaneo, nasconde, tuttavia, insidieche non abbiamo completamentecompreso. Infatti gli algoritmi checollegano tra loro diverse variabili,aprendo o chiudendo in frazioni di se-condo migliaia di posizioni finanzia-rie, generano un processo che mas-simizza il peso delle variabili di bre-ve o brevissimo termine, dei newsflowdi maggior frequenza e dei dettagliche arrivano dalle regioni economi-che più trasparenti. Si perde il pesodei fondamentali, mentre aumenta ilruolo delle correlazioni di breve ter-mine e degli arbitraggi temporanei.Inoltre, non viene considerato in al-cun modo se il segnale di prezzo siaadeguato a costruire un business so-stenibile. L’obiettivo del trading

quantitativo è lo scambio al Margine,non l’individuazione di una posizio-ne da mantenere per 12-18 mesicome facevano anche gli operatori piùrapaci, gli hedge fund tradizionali.Inoltre si sta attenuando la peculiaritàdi ogni singolo mercato (che siaquello del petrolio o del rame o delcaffè), mentre aumenta il peso delleinformazioni macroeconomiche perguidare le scelte sui singoli settori. Insomma un processo così quantita-tivo porta a estremizzare il valore deidati di input, massimizzando il pesodelle correlazioni delle variabili pub-blicate con maggior frequenza (chenel processo di deep learning diven-tano ancor più rilevanti), e limita losguardo al brevissimo termine (dovela correlazione tra i dati, come nelleprevisioni del tempo a poche ore, èpiù immediata e diretta). Il valore del dato più frequente au-menta anche il peso di statistiche sto-ricamente più marginali. Ad esempiosul mercato petrolifero il pathos elet-tronico per alcuni anni è caduto sulnumero dei rig attivi nell’onshoreUSA, pubblicato dalla Baker Hughessin dal 1944 (e per decenni nella qua-si completa irrilevanza sul trading),oggi considerata una proxy per mi-surare la crescita dell’offerta ameri-cana e quindi mondiale. Vengono inoltre iper-analizzati i datisettimanali sulle scorte di petrolio inUSA, dove le pubblicazioni sono ad-dirittura due. Quella dell’API (pub-blicata dal 1929) e quella dell’EIA,emesse a distanza di un paio di gior-ni ciascuna. I dati non coincidono, i

trend a volta sono addirittura oppo-sti (accumulo di scorte per un’agen-zia, declino per l’altra) ma il confrontocon le aspettative di consensus è im-mediato e muove i prezzi. In questocaso il delta scorte è una stima del gra-do di equilibrio tra domanda ed of-ferta sul mercato USA e, ancora,una proxy del mercato globale.Come per i dati dei rig, si dà valen-za globale a statistiche locali che co-prono un mercato - quello america-no - che pesa solo per il 20 percentodei consumi mondiali e per il 10 per-cento dell’offerta (e appena pochipunti percentuali in termini di export).Le dinamiche locali USA possono aloro volta essere condizionate dalciclo della raffinazione, dall’export, daeventuali fattori meteo, dalle pipeli-ne locali. Nessun approfondimentoviene effettuato dagli Algos, ma ap-pena un confronto immediato tra va-lore atteso e statistica pubblicata. Il trading automatico non è soloquello petrolifero. I computer hannoanche le dita sporche di cioccolata.Nel gennaio del 2016 le prospettiveper il mercato del cacao sono rialzi-ste in attesa di un grande harmattan(una tempesta di sabbia che colpisceperiodicamente i paesi del Golfo diGuinea da dove viene il 70 percentodel cacao mondiale). Ma, contraria-mente alle attese, il mercato registrauna caduta del prezzo del cacao, cosìviolenta ed improvvisa, che non ap-pare spiegabile con i fondamentali. Laspiegazione viene legata al calo del-la borsa cinese ed al timore di un hardlanding dell’economia locale. Pecca-

to che i cinesi consumino appena l’1percento della cioccolata mondiale.Solo la correlazione tra crollo del-l’economia cinese, crisi economica an-che nei paesi occidentali e prezzo delcacao, giustifica un trend simile. Un ulteriore effetto di questa sinfo-nia (o fragore) digitale è l’esplosionedella volatilità nei momenti di incer-tezza (macchine sempre più rapideprendono simultaneamente decisio-ni simili con lo stesso set informati-vo). Quando questa volatilità esplo-de il sistema finisce brutalmente fuo-ri controllo. Si tratta di quelli che ven-gono definiti flash crash, tracolli in-spiegabili in pochissimi minuti. Per dare un’idea, sul mercato petro-lifero negli ultimi due mesi del 2018,nell’ambito di una marcata discesa deiprezzi, si sono registrate oscillazionisuperiori al 4 percento in un quintodelle sedute (praticamente una voltaalla settimana). Non sono stati veri epropri crash, ma qualche sbandata fre-quente. Difficile giustificare tale volatilitàcon i fondamentali o con nuove in-formazioni. Si è trattato di meccani-smi di trading che hanno agito in con-temporanea (guidati da notizie pro-venienti a livello macroeconomico odal settore petrolifero stesso) e in sciaad un trend di sell off su tutti gli as-set finanziari globali.Ad esempio il 24 dicembre il petro-lio è sceso del 6 percento, per poi re-cuperare il 10 percento il 26 dicem-bre. In mezzo, i tortellini in brodo alcenone di Natale come unica infor-mazione rilevante (o più in generale

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IL TRADING AUTOMATICO NEL MERCATO DEI FUTURES USA (%)

I sistemi di trading automaticogestiscono il 72% degli scambinegli indici azionari statunitensi,il 75% di quelli negli indiciazionari internazionali, l’84%degli scambi delle valute deiG10, quasi il 60% dei metalli e il 65% degli scambi di greggio.

Fonte: CIFC, Macquarie Research, novembre 2018

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un posizionamento più bilanciatosulle prospettive macroeconomiche).

La ritirata dei trader umaniL’aspetto più sinistro del trading Al-gos è però l’uscita degli operatori tra-dizionali e del loro contributo quo-tidiano. Infatti la difficoltà di opera-re in mercati così complessi e troppovolatili, spinge gli umani (come gliscacchisti Poole o Kasparov) a ri-nunciare. Paradossalmente sono glistessi attori che venivano accusati dialimentare la volatilità dei mercati, glihedge fund, a pagare il conto. L’idea di poter identificare un puntodebole del mercato attraverso la co-noscenza dei fondamentali è travol-ta dalla rapidità di analisi dei quantumfund che assicurano rendimenti piùelevati. I grandi e storici hedge fundsono costretti a chiudere (mancofossero le librerie di quartiere spaz-zate via da Amazon). Nel 2018, sonorimasti operativi sulle commodityappena 130 hedge fund dei 368 pre-senti sei anni fa. Andy Hall, soprannominato “Dio”per le sue qualità di prevedere l’an-damento dei prezzi del greggio, hachiuso nel 2017 il suo AstenbeckCapital Management CommodityFund. La stessa cosa hanno fatto an-che i fondi specializzati di Clive Ca-pital e Centaurus Capital. E BrevanHoward ha chiuso a novembre 2018.Anche sul cacao, il famigerato “Choc-finger”, al secolo Anthony Ward hachiuso il fondo nel 2017. SecondoWard il trading automatico in passa-to creava distorsioni tra il 10-15 per-cento rispetto ai valori dei fonda-mentali, un livello “fastidioso magestibile”. Oggi quel valore sarebbetra il 25-30 percento. L’ascesa dellemacchine sta iniettando una grandevolatilità nei mercati e “investire nel-le attuali condizioni di mercato, uti-lizzando un approccio basato princi-palmente sui fondamentali è diventatosempre più impegnativo”. Scrivevacosì Andy Hall sulla lettera di epitaffiodel proprio fondo. Stiamo abbandonando la partita e cistiamo gustando l’ebbrezza del tradingdigitale. Invochiamo la necessità di unfocus sul lungo termine, di un mer-cato più equo e meno speculativo, maallo stesso tempo stiamo applicandoun modello sempre più oscuro, vo-latile e corto di visione. “L’avidità è valida, l’avidità è giusta,l’avidità funziona. L’avidità chiarifi-ca, penetra e cattura l’essenza dellospirito evolutivo”. Non è più GordonGekko che descrive la vera forza diWall Street. Ma è un computer su-per moderno che ne ha preso il te-stimone con una potenza di fuoco edi cinismo ancor più dirompente. Edha imparato tutto da solo in pochis-simi anni.

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LE “SBANDATE” DEI PREZZI DEL PETROLIO

Sul mercato petrolifero negli ultimi due mesi del 2018, nell’ambito di una marcata discesa dei prezzi, si sonoregistrate oscillazioni superiori al 4% in un quinto delle sedute (praticamente una volta alla settimana). Inparticolare, il 24 dicembre il petrolio è sceso del 6%, per poi recuperare il 10% il 26 dicembre. Tale volatilità è difficile da giustificare ricorrendo ai fondamentali o a nuove informazioni.

Fonte: Bloomberg

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La sfida geopoliticaUn altro terreno su cui si gioca la rivalità tra Cina e Stati Uniti è il predominio nel sud-est asiatico, area strategica per diversi motivi. Il Mar Cinese Meridionale è una vera e propria “miniera energetica”, con un potenziale di circa 190 trilioni di piedi cubi di gas naturale e 11 miliardi di barili di petrolio tra riserve accertate e probabili, e rappresenta una rotta commerciale fondamentale. Inoltre, i paesi dell’ASEAN, la cui domanda di energia crescerà di due terzi entro il 2040, si candidano a diventare un mercato di notevole interesse per i paesi esportatori. In questa partita si inseriscono anche il Giappone e la Corea del Sud, entrambi tradizionali alleati degli USA e in difficoltà per l’ascesa cinese.

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Scenario/Il risiko intorno alla “linea dei nove punti”

Se sopra la superficie lo scontro tra Stati Uniti e Cina riguarderà missilie piste di atterraggio, la battaglia sotterranea si combatterà per i dirittidi esplorazione ed estrazione. Le riserve del Mar Cinese Meridionalesono infatti cruciali visto il boom della domanda nella Regione

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e tensioni militari tra Stati Uniti eCina nel Mar Cinese Meridionalefanno spesso dimenticare quella cheè una questione di energia e di sicu-rezza economica. Secondo le stime,il Mar Cinese Meridionale contieneoltre 5.000 miliardi di metri cubi digas naturale e 11 miliardi di barili dipetrolio, se non di più. Man mano chei giacimenti nazionali non contesi digas e petrolio giungono a maturazionee la domanda di energia elettricaaumenta, queste riserve (note o ancorainesplorate) diventano sempre piùcruciali. Se sopra la superficie loscontro riguarderà missili e piste di at-terraggio, la battaglia sotterranea sicombatterà per i diritti di esplorazioneed estrazione.

USA e Cina: dinamiche di sicurezza energetica in mutamentoNell’ultimo decennio, il contesto diquesto scontro ha subito una trasfor-mazione radicale. Prima del 2008,sembrava che il Mar Cinese Meri-dionale fosse uno dei numerosi fron-ti in cui Washington e Pechino cer-cavano di prevalere l’una sull’altra perassicurarsi riserve di petrolio e gas inun quadro caratterizzato dall’impen-nata della domanda e dalle profondetensioni geopolitiche in Iraq, Vene-zuela e Nigeria. Tra il 2004 e il 2008,le importazioni cinesi di petrolio sonoraddoppiate facendo scattare un cam-panello d’allarme a Pechino, che hareagito incoraggiando le compagniepetrolifere nazionali a espandersi al-l’estero. Questa strategia ha portato lesocietà petrolifere di stato cinesi, pre-cedentemente concentrate sul mercatointerno, ad accedere a mercati remo-ti, dalle sabbie bituminose del Cana-da al Venezuela e all’Angola. Eradunque logico che la Cina tentasse diampliare le attività di esplorazione nelMar Cinese Meridionale, compresonelle zone contese.Inoltre, la Cina attribuisce grande im-portanza al potenziamento della so-fisticatezza tecnologica e gestionaledelle proprie compagnie petroliferein numerosi ambiti, tra cui lo svilup-po di impianti offshore. Nel 1981, ilpartenariato con il colosso statuni-tense Phillips Petroleum per sfrutta-re le risorse del bacino del fiume del-le Perle è stato una delle prime ini-ziative imprenditoriali di successo(in seguito espansa fino a includere ul-teriori progetti di sviluppo petrolife-ro nella baia di Bohai, che nel 2010avevano ormai raggiunto una pro-duzione complessiva di 366 milioni dibarili). Nel 2011, l’acquisizione di Ne-xen Energy, compagnia petrolifera ca-nadese, è stata ritenuta un’occasioneper mettere China National Off-shore Oil Corporation (CNOOC) insocietà con una delle aziende più im-portanti per quanto riguarda l’esplo-razione in acque profonde con espe-

rienza in bacini fondamentali come ilGolfo del Messico, il Mare del Norde l’Africa Occidentale. Più o menonello stesso periodo, la Cina ha co-minciato a raggiungere l’autosuffi-cienza nella costruzione di piattafor-me di trivellazione in acque ultra-pro-fonde in grado di arrivare fino a15.000 metri di profondità, con il du-plice risultato di ridurre la propria di-pendenza dai partner stranieri e dipreparare il terreno alla concorren-za con altri cantieri navali asiatici. Seb-bene sia ancora in fase embrionale,questa autosufficienza è essenziale perl’installazione delle piattaforme cinesinelle acque contese del Mar CineseMeridionale, che altri paesi produt-tori potrebbero voler evitare permotivi geopolitici.Per quanto riguarda gli USA, duran-te il primo decennio degli anni 2000,sia i colossi sia i grandi produttori in-dipendenti che ponevano l’accentosull’esplorazione in acque profondehanno assistito sempre più alla com-parsa della concorrenza cinese, dal-l’Angola al Mar Caspio. A partire dal2011, tuttavia, i giganti statunitensi delpetrolio hanno cominciato a disto-gliere l’attenzione dai nuovi proget-ti in acque profonde di frontiera perconcentrarsi prima sul gas e poi sul pe-trolio non convenzionali presenti neibacini di shale degli Stati Uniti con-tinentali. Di conseguenza, le attivitàinternazionali in acque profonde, inparte condotte da grandi aziende pe-trolifere e produttori indipendenti sta-tunitensi, hanno subito una drasticariduzione: rispetto agli oltre 6 miliardidi barili equivalenti di petrolio da gia-cimenti in acque profonde del 2013,nel 2016 ne sono stati autorizzatimeno di 2 miliardi. Inoltre, le im-portazioni statunitensi di greggiosono diminuite dai 3,3 miliardi di ba-rili del 2011 ai 2,9 miliardi di barili del2017, mentre le esportazioni hannoregistrato un’impennata, passandoda 17 a 422 milioni di barili nello stes-so arco di tempo. In un tale contesto,il Mar Cinese Meridionale risultameno strategico dal punto di vista delsettore dell’energia, sia per quanto ri-guarda la sicurezza energetica gene-rale degli USA sia in termini di op-portunità di investimento e sviluppoper le società energetiche statunitensi,che stanno spostando la propria at-tenzione alle abbondanti risorse in-terne di shale. Tuttavia, come appro-fondiremo nei paragrafi successivi, ilMar Cinese Meridionale rimaneun’area cruciale in termini geopoliti-ci e di politica estera.

La domanda di energia deipaesi dell’ASEAN è in forteespansione Nel Mar Cinese Meridionale sono ingioco anche gli interessi geopolitici edenergetici dei paesi dell’Associazionedelle nazioni del sud-est asiatico

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ROBERT JOHNSTON

Nel 2018 è tornato a dirigere il gruppoGlobal Energy and Natural Resources(GENR) dopo aver ricoperto per cinqueanni l’incarico di amministratoredelegato di Eurasia Group, guidandol’azienda in una fase di forte crescita e espansione globale.

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Un treno monorotaia attraversa il quartiere dello shopping e del divertimento a KualaLumpur, in Malesia.

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(ASEAN). La dinamica geopolitica èincentrata sul compito sempre più ar-duo di bilanciare le relazioni con Cinae Stati Uniti. L’approccio del “Ame-rica first” adottato dal presidentestatunitense Donald Trump crea in-certezza sugli obiettivi americani alungo termine incentrati sulla costi-tuzione di alleanze per la sicurezza re-gionale e sul libero scambio (que-st’ultimo, peraltro, oggetto di tensioniche si ripercuotono proprio sul pri-mo obiettivo). L’Indo-Pacific Initia-tive è la strategia promossa dall’am-ministrazione Trump per consoli-dare l’ASEAN in partenariato conAustralia, India e USA come con-traltare alla Belt and Road Initiativecinese. Eppure, la forza commercia-le che regge il piano è poca cosa inconfronto alla BRI, soprattutto in am-bito energetico. L’amministrazione

Trump considera il gas naturale li-quefatto statunitense uno strumentodi politica estera fondamentale perrafforzare i legami degli USA in Asiae spezzare la crescente dipendenza deipaesi della regione dalla BRI e da al-tri strumenti di diplomazia economicacinese (o, come direbbe qualcuno, didipendenza dalla Cina). Il program-ma Asia EDGE (Enhancing Deve-lopment and Growth through Ener-gy) è volto a potenziare i rapportienergetici tra Stati Uniti e membridell’ASEAN, ma può contare solo suun riconoscimento limitato e su unmodesto finanziamento di 50 milio-ni di dollari per il 2018.I paesi ASEAN devono far fronte a unconsistente aumento della domandadi energia, per molti versi simile aquello che si è verificato in Cina ne-gli ultimi 15 anni. L’inversione dei

principali mercati dell’ASEAN (daesportatori netti di greggio e gas na-turale, per esempio, Indonesia e Ma-lesia ne sono diventati importatorinetti) aumenta i problemi di sicurez-za energetica della regione e la ne-cessità di nuove forniture dall’esterocome pure da fonti più vicine. Il greg-gio e l’LNG statunitensi costituisconoun’opzione allettante ma, come laCina, anche i membri dell’ASEANcercheranno di diversificare l’offerta,ricorrendo anche alle rispettive risorseinterne di gas (principalmente off-shore). Questa combinazione di for-te crescita economica e calo dell’of-ferta energetica interna non è sfuggitaall’OPEC: l’Arabia Saudita, infatti, staportando avanti progetti di raffineriein Malesia, mentre il Kuwait ha ef-fettuato un massiccio investimento inuna raffineria in Vietnam. La Russia,

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Fonte: Asia Maritime Transparency Initiative and PetroVietnam

La battaglia geopolitica per i diritti sul Mar CineseMeridionale si svolge nelle areein cui la linea dei nove punticinese si sovrappone alle zoneeconomiche esclusive (ZEE) di Filippine, Malesia, Brunei,Thailandia e Vietnam.I blocchi individuati dal Vietnamcome 133, 134 e 135, sonochiamati “Wan’an Bei 21” dalla Cina.

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dal canto suo, sta esaminando l’op-portunità di istituire partenariati conraffinerie e accordi di fornitura diLNG nel sud-est asiatico.Nel tentativo di ridurre l’inquina-mento atmosferico causato dal rapi-do aumento della produzione di elet-tricità in impianti a carbone, il gas ri-sulta particolarmente richiesto. Que-sto fa entrare in gioco i giacimenti off-shore di tutto il Mar Cinese Meri-dionale, per esempio al largo delle co-ste di Thailandia, Vietnam, Brunei,Malesia, Indonesia e Filippine. Tut-tavia, la strategia cinese della “linea deinove punti” (demarcazione arbitrariadella sovranità e giurisdizione cinesenel Mar Cinese Meridionale) crea in-certezza sulla stabilità politica diquesti progetti e suscita qualche dub-bio tra gli investitori internazionali ei produttori di idrocarburi che po-trebbero essere partner cruciali dimolte di queste iniziative.Nonostante i rischi geopolitici, ilpetrolio e il gas del Mar Cinese Me-ridionale potrebbero risvegliare unanuova ondata di interesse. Il WorldEnergy Investment Outlook 2019realizzato dall’Agenzia internazio-nale dell’energia (IEA) indica che tan-to la spesa globale effettiva del 2018quanto quella prevista per il 2019 perle attività in acque profonde è in cre-scita dopo quattro anni di calo. I fat-tori alla base di questo incrementonella regione sono molteplici: tra il2000 e il 2017 il fabbisogno energe-tico del sud-est asiatico è stato elevato(la domanda di petrolio è cresciuta del52 percento, mentre il consumo di gasè quasi raddoppiato); il prezzo dellenavi per le ricerche petrolifere in ac-que profonde è strutturalmente eciclicamente inferiore (dai 600.000dollari del 2013-2014 è passato a cir-ca 150.000 dollari nel 2018); infine,le compagnie petrolifere nazionalidella regione come PTT (Thailan-dia), PT Pertamina (Indonesia), Pe-troVietnam (Vietnam) e Petronas(Malesia) stanno mostrando un inte-resse crescente nei confronti delle at-tività in acque profonde (nel no-vembre del 2018, per esempio, per at-trarre investimenti Petronas ha rivi-sto i termini fiscali dei contratti di ri-partizione della produzione nelle ac-que profonde della Malesia).

La Cina rivendica i propri interessi nel Mar Cinese MeridionaleLa battaglia geopolitica per i diritti sulMar Cinese Meridionale si svolgeràprincipalmente nelle aree in cui la li-nea dei nove punti cinese si sovrap-pone alle zone economiche esclusive(ZEE) di Filippine, Malesia, Brunei,Thailandia e Vietnam. Finora, l’ap-proccio cinese nei confronti delle zonecontese è stato un mix di contratta-zione e prepotenze. Nel 2017, Pe-chino avrebbe minacciato il governo

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Clienti cinesi fanno shopping al China Duty Free situato all’interno del NagaWorld hotel a Sihanoukville, in Cambogia. Ogni anno il paese viene visitato da 1,2 milioni di cinesi.

Il traffico nelle vie nel distretto commerciale di Bangkok. La capitale della Thailandia è divisa in 50 distretti.

In primo piano uno dei fiumi che attraversano Giakarta e sullo sfondo i grattacieli della città. La capitaledell’Indonesia sta sprofondandodi 5-10 centimetri l’anno, inalcuni punti addirittura di 25 cm,e ogni anno durante la stagionedelle piogge viene parzialmentesommersa dall’acqua.

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vietnamita di avviare un’azione mili-tare se non avesse interrotto le atti-vità nel blocco 136/03, a cavallo trala zona economica esclusiva del Viet-nam e la linea dei nove punti cinese.Il Vietnam ha finito per cedere e hasospeso le trivellazioni, che erano sta-te appaltate a Repsol, una società spa-gnola. Nel marzo del 2018, Repsol haricevuto l’ordine di interrompere letrivellazioni anche nel blocco 07/03.Noto come “red emperor”, in alcu-ne mappe questo blocco si trova ap-pena al di fuori della linea dei novepunti, la cui posizione esatta rimanecomunque ambigua.Oltre al bastone, tuttavia, Pechino hausato anche la carota. Lo scorsoanno, in effetti, ha convinto Manilaa firmare un memorandum di intesasu un progetto di esplorazione con-

giunta di petrolio e gas in un’area al-l’interno della zona economica esclu-siva delle Filippine. Il memorandumè frutto della posizione più “prag-matica” assunta dal presidente filip-pino Rodrigo Duterte nei confrontidella Cina. In altre parole, Duterte hadeciso di abbandonare la linea durasulle attività aggressive della Cina nelMar Cinese Meridionale in cambio diaccordi per finanziare le infrastrutturenazionali.Pechino punta ora a replicare quan-to fatto con le Filippine con chiunquealtro rivendichi pretese sul Mar Ci-nese Meridionale. Questo approcciobilaterale (assicurarsi accordi di esplo-razione congiunta in cambio di ge-nerosità economica) esclude aperta-mente gli Stati Uniti e avvantaggia laCina, che diventa il partner più po-

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PETROLIO (SINISTRA)

GAS (DESTRA)

DOMANDA OIL & GAS NEL SUD-EST ASIATICO

Lo skyline di Kuala Lumpur dalponte di osservazione della Torre della capitale della Malesia, nella foto in alto. La torre fungeda osservatorio islamico delle fasi lunari (Falak), che ognianno scandisce l’inizio e la fine del periodo del Ramadan, la ricorrenza musulmana basata sul digiuno diurno.A destra, l’interno di un centrocommerciale a Kuala Lumpur.

Tra il 2000 e il 2017 il fabbisogno energetico del sud-est asiatico ècresciuto in modo significativo: la domanda di petrolio ha registratoun incremento del 52 percento, mentre il consumo di gas è quasiraddoppiato. Una tendenza che proseguirà fino al 2030.

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tente dell’equazione. Inoltre, la pos-sibilità che le altre parti in causa op-pongano collettivamente resistenza èpregiudicata dal ruolo centrale diDuterte, nonché dall’influenza dellaCina sull’ASEAN.

Un codice di condotta per determinare il futuro sviluppo energeticoASEAN e Cina stanno lavorandoalla creazione di un codice di condottanel Mar Cinese Meridionale, unaversione aggiornata della Dichiara-zione di condotta non vincolanteconcordata nel 2002. La scorsa esta-te, i ministri degli esteri degli statimembri dell’ASEAN e della Cinahanno approvato una proposta diaccordo, ma le trattative continuanoad andare per le lunghe e il testo non

è ancora stato reso pubblico. Alcunipaesi sarebbero infastiditi dal desi-derio di Pechino di includere unpunto che prevede che gli accordi disviluppo congiunto siano limitati allaCina e ai paesi del sud-est asiatico.Gli Stati Uniti sostengono il proces-so di creazione del codice di condot-ta, ma hanno anch’essi i loro interes-si in gioco. Innanzitutto, anche se ladimensione della sicurezza energeti-ca è meno critica per Washington ri-spetto a dieci anni fa, gli USA non vo-gliono che le proprie imprese sianoescluse da gare d’appalto in blocchicontesi o subiscano pressioni percessare le operazioni. Al momento, lastatunitense Murphy Oil è in fase diesplorazione di un giacimento inconcessione dal Vietnam che rientradi poco all’interno della linea dei

nove punti. In secondo luogo, non ènell’interesse degli USA che la lineaa nove punti e le rivendicazioni cine-si sull’intera zona vengano ricono-sciute, seppure in modo tacito. Al con-trario, le aziende statunitensi hannogrande interesse nella libertà di na-vigazione nel Mar Cinese Meridio-nale, che costituisce un’importaterotta commerciale. Se, per esempio,si verificasse un’escalation a seguito diun incidente avvenuto duranteun’“operazione di libertà di naviga-zione” degli USA nei pressi di un as-set rivendicato dalla Cina, le aziendestraniere dovrebbero immediata-mente farsi carico dei costi delle de-viazioni dalle rotte di trasporto. Nelcaso in cui tali attriti sfociassero poiin una guerra a tutto campo, potreb-bero avere un impatto fino al 5 per-

cento sul PIL statunitense e fino al 25percento su quello cinese (RAND,2017). Le crescenti tensioni tra USAe Cina in materia di commercio,ideologia e influenza globale sotto lapresidenza di Donald Trump e Xi Jin-ping rendono quest’ultimo scenariomolto più probabile. Altre mosse,come la decisione dell’amministra-zione americana di ritirare gli USA dalTrattato sulle forze nucleari a mezzoraggio con la Russia e lo slancio dimodernizzazione della marina cine-se, alzano ulteriormente la posta ingioco. Alla fine, tuttavia, potrebbe es-sere il fabbisogno energetico di ASE-AN e Cina a costringere a trovare unasoluzione alla disputa sul Mar Cine-se Meridionale.

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La baia di Manila (Filippine), vista da una diga. Oggi nella baia incrocianoimportanti rotte commerciali ed è forte la presenzaindustriale, tanto da renderlaun’area fortemente inquinata.

Questa foto scattata dalle cabinedel Singapore Flyer, una delle ruote panoramiche più altedel mondo, mostra lo skyline di Marina Bay, a Singapore.

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Confini/Le mosse di Cina, USA e ASEAN nel Mar Cinese Meridionale

Si tratta di una rotta commerciale di importanza strategica a livelloglobale, nonché di una “miniera energetica”: per l’EIA sono presenticirca 190 trilioni di piedi cubi di gas naturale e 11 miliardi di barili di petrolio tra riserve accertate e probabili

Le acque della discordia

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THE CHALLENGE

ono tre gli interessi principali intor-no ai quali ruota la geopolitica del-l’energia nel Mar Cinese Meridionale:la sovranità nazionale, la sicurezzaenergetica e la crescita economica. Lasovranità nazionale è la proiezione delpotere allo scopo di preservare l’iden-tità nazionale e gli interessi sovrani,inclusi aspetti territoriali che defini-scono i confini geografici e i dirittimarittimi di un paese. La sicurezzaenergetica consiste nella ricerca, nel-lo sviluppo, nell’allocazione e nella di-fesa delle risorse e riserve energetichestrategiche da parte di un paese. Perassicurarsi la crescita economica a lun-go termine, i paesi ottimizzano gli as-set e le risorse nazionali. La compe-tizione e la cooperazione sul tema del-l’energia nel Mar Cinese Meridionalevanno analizzate nel quadro più am-pio delle rivendicazioni territoriali sutale regione, che vedono coinvolti set-te stakeholder chiave: Cina, Vietnam,Filippine, Indonesia, Malesia, Taiwane Brunei. La contesa sull’energia èsolo una delle molte facce del conte-sto geopolitico nel quale si nutronole ambizioni di leadership della Cinanella regione, un contesto che ri-guarda anche la sicurezza, gli scam-bi commerciali, gli investimenti, la lo-gistica e la tecnologia. Gli sforzioperati dalla Cina per riscrivere le re-gole di ingaggio nel Mar CineseMeridionale hanno lo scopo di raf-forzare la sua influenza regionalenei confronti dell’Associazione dellenazioni del sud-est asiatico (ASEAN)e degli Stati Uniti, entrambi attorichiave nell’assicurare la difesa delprincipio di libertà dei mari e delle li-nee di comunicazione marittime(SLOC) secondo i termini della Con-venzione delle Nazioni Unite sul di-ritto del mare (UNCLOS), che hastabilito le Zone economiche esclu-sive (ZEE) come elemento del dirit-to internazionale e assegna agli staticostieri il diritto di disciplinare le at-tività economiche, quali la pesca el’esplorazione petrolifera, all’internodelle proprie ZEE.

Le esplorazioni di petrolio e gas nel Mar CineseMeridionale Il Mar Cinese Meridionale è una rot-ta commerciale di importanza stra-tegica a livello globale. Un terzodelle spedizioni mondiali di petrolioe oltre la metà di quelle di gas natu-rale liquefatto (LNG) attraversanoquesto tratto di mare e, secondoquanto riportato da alcuni mediaaustraliani, i fondali al di sotto dellesue isole e dei suoi scogli sarebberoricchi di petrolio e gas. I dati fornitidall’Asia Maritime Trasparency Ini-tiative sulle riserve di petrolio e gasnel Mar Cinese Meridionale spiega-no gli sforzi compiuti da Pechino perassicurare l’espansione della presen-za cinese in questo mare:

MERCY A. KUO

È vicepresidente di Strategic Servicespresso Pamir Consulting, società di consulenza di Washington DCspecializzata in risk intelligence,nonché autrice di una rubrica dedicataalla politica asiatica statunitense per la rivista “The Diplomat”. Kuo ha conseguito un dottorato di ricercapresso l’Università di Oxford e inpassato ha lavorato per la CentralIntelligence Agency (CIA).

S

La competizione e la cooperazionesul tema dell’energia nel MarCinese Meridionale vannoanalizzate nel quadro più ampiodelle rivendicazioni territoriali sutale regione, che vedono coinvolti:Cina, Vietnam, Filippine,Indonesia, Malesia, Taiwan e Brunei. Nella foto, una vista della Ha Long Bay, patrimoniomondiale dell’UNESCO, in Vietnam.

© HARF ZIMMERMANN/LUZ

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RIVENDICAZIONI MARITTIME DEL VIETNAM

RIVENDICAZIONI MARITTIME DELLE FILIPPINE

RIVENDICAZIONI CINESI (LINEA A NOVE PUNTI)

ISOLE PARACELSO

Ubicate a circa 200 miglia marine a sud-est di Hainan (Cina), sono isole che rivestono un’importanza strategica come avamposto operativo per la proiezione del potere nel Mar Cinese Meridionale. Secondo quanto riportato da un’analisi politica australiana, alcuni sistemi di sorveglianza sarebbero collocati su queste isole in un’ottima posizione per monitorare l’attività navale in superficie e sottomarina proveniente dalle basi navali cinesi di Hainan. Secondo il Rapporto annuale al Congresso 2017 dell’Ufficio del segretario della difesa statunitense, su queste isole, oggetto di contesa con Vietnam e Taiwan, nel 2016 la Cina ha schierato per la prima volta dei missili terra-aria CSA-9 (SAM) e ha costituito in maniera stabile uno squadrone di caccia J11B a Woody Island.

Il Mar Cinese Meridionale è attraversato da tensioni e controversie, in un complesso mosaico di dispute territoriali e mire energetiche ed economiche, in cui la Cina la fa da padrona nel contendere il controllo dell’area ai paesi vicini.

LE DISPUTE TERRITORIALII confini sono controversi: nell’area, che si estende su una superficie di 3,5 milioni di chilometri quadrati, la Cina rivendica sovranità e giurisdizione su 2,1 milioni di chilometri quadrati entro la linea a nove punti proclamata nel 1953 dalla Repubblica Popolare Cinese. Vietnam e Filippine, però, rivendicano i loro confini marittimi.

AVAMPOSTI STRATEGICILe rivendicazioni in quest’area riguardano anche porzioni di territori come le isole

Spratly, le isole Paracel e la Scarborough shoal, pugni di scogli praticamente inabitabili, ma ritenuti ricchi di gas e petrolio o strategici come avamposti operativi.

LE RICCHEZZE NASCOSTELe acque rivendicate da Pechino sono una regione strategica: in profondità sono

presenti petrolio, gas naturale e idrato di metano, una potenziale nuova fonte energetica. In più, la zona è un’importante riserva di pesca.

(Nota: nella mappa non sono indicati tutti gli stati che avanzano rivendicazioni territoriali nell’area)

Le aree contese

Fonte: China’s Maritime Safety Administration, Center for Strategie and International Studies

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• L’Energy Information Agency sta-tunitense stima che il Mar CineseMeridionale contenga circa 190trilioni di piedi cubi di gas natura-le e 11 miliardi di barili di petroliotra riserve accertate e probabili, lamaggior parte delle quali si trovalungo i margini del Mar CineseMeridionale piuttosto che sottoalle isole e agli scogli oggetto dicontesa.

• Nel 2012, lo United States Geolo-gical Survey ha stimato che po-trebbero esserci altri 160 trilioni dipiedi cubi di gas naturale e 12 mi-liardi di barili di petrolio ancora dascoprire nel Mar Cinese Meridio-nale.

• Le stime avanzate da Pechino perle risorse sottomarine di idrocarburisono considerevolmente più elevate,ma ancora modeste in rapporto alladomanda complessiva della Cina,considerando che si prevedeva chenel 2018 il consumo di petrolio delpaese avrebbe toccato i 12,8 milionidi barili al giorno.

Le dispute territoriali tra i paesi con-tendenti hanno precluso una verificaaccurata di tali stime. La Cina ha bloc-cato tentativi unilaterali di esplora-zione e rilevamento da parte di altripretendenti, inglobandoli invece at-traverso accordi di esplorazione con-giunta, come avvenuto con le Filip-pine e il Brunei. Dal punto di vista delgoverno USA, il Mar Cinese Meri-dionale possiede una rilevanza crucialenella strategia sulla sicurezza dellaCina. Secondo il rapporto annuale alCongresso 2017 dell’Ufficio del se-gretario della Difesa statunitense ilMar Cinese Meridionale svolge unruolo determinante in materia di si-curezza in tutta l’Asia orientale, dalmomento che il nord-est asiatico di-pende massicciamente dai flussi di pe-trolio e merci che viaggiano lungo lerotte di navigazione del Mar CineseMeridionale, tra cui oltre l’80 per-cento del greggio diretto in Giappo-ne, Corea del Sud e Taiwan. La Cinarivendica la sovranità sugli arcipela-ghi delle Isole Spratly e Paracelso esu altre formazioni di terra che si tro-vano all’interno della sua autopro-clamata “linea a nove punti”, riven-dicazioni contestate del tutto o in par-te da Brunei, Filippine, Malesia eVietnam. Taiwan, che occupa l’isoladi Itu Aba facente parte delle Spratly,avanza le stesse pretese territoriali.Nel 2009 la Cina ha contestato le ri-chieste di estensione della piattafor-ma continentale nel Mar Cinese Me-ridionale presentate da Malesia eVietnam. Nella contestazione porta-ta dinnanzi alla Commissione suiLimiti della Piattaforma Continentaledelle Nazioni Unite, la Cina ha in-cluso l’ambigua mappa della “linea anove punti”. La “linea a nove punti” rappresentala demarcazione definita in modo tut-

t’altro che chiaro dalla Cina della pro-pria sovranità e giurisdizione nelMar Cinese Meridionale, il quale siestende su un’area di 3,5 milioni dichilometri quadrati. All’interno di talearea, la Cina rivendica sovranità e giu-risdizione su 2,1 milioni di chilome-tri quadrati entro la linea a nove pun-ti proclamata nel 1953 dalla Repub-blica Popolare Cinese. La pretesa del-la Cina si basa su un confine traccia-to da un’ancora più ampia “linea a un-dici punti” definito dal governo del-la Repubblica Cinese nel 1947. Se-condo una rilevazione condotta nel1983 dal governo di Pechino, nel MarCinese Meridionale vi sono 252 iso-le e scogli, di cui 25 sono isole per-manentemente emerse. Attualmenteil Vietnam occupa 30 tra isole e sco-gli, la Cina ne occupa nove ed eser-cita pattugliamenti periodici su 21 diessi, le Filippine su sei; la Malesia neoccupa tre ed esercita pattugliamen-ti periodici su quattro; Taiwan e Bru-nei occupano un’isola o uno scoglioa testa. Lo sviluppo di riserve di pe-trolio e gas all’interno della linea anove punti, che interseca le ZEE dipaesi contendenti, giace al cuore del-la strategia per la sicurezza energeti-ca della Cina.

L’approccio ASEANL’Associazione sta cercando di trovareun equilibrio tra la rapida ascesadella Cina e il temporeggiare dei pae-si del sud-est asiatico a fronte del-l’incertezza che aleggia sulla leader-ship USA nella regione. La storia del-l’ASEAN ha dimostrato che la sua ef-ficacia dipende da quale paese ne as-sume la presidenza. In occasionedella presidenza della Cambogia nel2012 e a seguito della sua decisionedi eliminare i riferimenti al “pastic-cio del Mar Cinese Meridionale”, pervolere della Cina, per la prima vol-ta nei suoi 45 anni di attività l’ASE-AN non ha rilasciato il consueto co-municato congiunto dopo l’ASE-AN Regional Forum. A parte ciò,l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico ha svolto un ruolo fon-damentale nelle trattative per unCodice di condotta formale inteso amitigare gli scontri marittimi e a isti-tuire dei meccanismi di risoluzionedelle dispute. Nella sua qualità dipiattaforma multilaterale, l’ASEANfunge inoltre da contromisura al-l’utilizzo da parte della Cina di trat-tative bilaterali. Pechino continueràa sfruttare, come ha fatto nel passa-to, le fratture e la mancanza di uni-tà in seno all’ASEAN per portareavanti il proprio programma. Non-dimeno, ora più che mai la leadershipdell’ASEAN è cruciale per rafforza-re l’influenza economica e geopoli-tica dei paesi del sud-est asiatico neldifendere le regole e norme regionalidi fronte all’ascesa cinese. Tanto nelbreve quanto nel lungo termine, il

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CINA

Hainan

Luzon

Taiwan

FIL IPPINE

VIETNAM

CAMBOGIA

THAILANDIA

BRUNEI

SINGAPORE

LuconiaShoals

LAOS

ISOLEPARACELSO

ISOLESPRATLY

SCARBOROUGHSHOAL

ISOLE SPRATLY

Nel 2014 la Cina ha iniziato a costruire delle isole artificiali, prima nell’arcipelago delle Isole Spratly, poi sul Johnson South Reef, i Cuarteron e Hughes Reef e il Gaven Reef e ha trasformato il Fiery Cross Reef in un aeroporto e un porto. Tra le altre aree contese vi sono i Luconia Shoals, il Reed Bank e le Isole Paracelso. A disputarsi il gruppo di isolotti Luconia Shoals, che potrebbero contenere ampie riserve di petrolio e gas naturale, sono Cina, Taiwan e Malesia. Si ritiene che il Reed Bank (noto anche come Reed Tablemount) rivendicato da Cina, Taiwan e Filippine e situato lungo la costa filippina, contenga ingenti riserve di petrolio e gas naturale, la cui principale fonte della nazione, il giacimento di Malampaya (Palawan, Filippine), si esaurirà nel giro di un decennio.

SCARBOROUGH SHOAL

Situato a 230 chilometri da Luzon, la principale isola delle Filippine, Scarborough Shoal è una contesa formazione di scogli e secche che potrebbe celare riserve di petrolio e gas. Scarborough Shoal è stato al centro di una prolungata disputa tra le Filippine e la Cina, culminata in una sentenza, contestata da Pechino, emessa nel 2016 dalla Corte permanente di arbitrato delle Nazioni Unite che ha stabilito che la linea a nove punti cinese non aveva fondamento legale ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Nonostante la decisione di Manila di ricalibrare le relazioni con la Cina per concentrarsi su una collaborazione reciprocamente vantaggiosa, il presidente Rodrigo Duterte deve trovare un compromesso tra il fervore nazionalista contro le incursioni cinesi nelle acque filippine e la necessità di venire a patti con le aspettative di Pechino.

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Reed Bank

Malampaya

S t r e t t o d i L u zon

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I N D O N E S I A

M A L A Y S I A

L’INDUSTRIA ITTICASecondo i dati forniti dal ministro

dell’Agricoltura cinese, attualmente la Cina conta 19,31 milioni di persone impiegate

nell’industria ittica, che nel 2018 ha registrato un fatturato pari a 1,23 trilioni di renminbi, di cui il 51,54

percento proveniente dalla produzione oceanica. Per la Cina il Mar Cinese Meridionale rappresenta una zona primaria per le attività alieutiche. Con l’impoverirsi delle risorse ittiche lungo le coste del paese, i pescatori cinesi stanno già lavorando in zone contese e fungono da “milizia” per sovrintendere all’applicazione delle rivendicazioni della Cina sul Mar Cinese Meridionale. Le continue scaramucce tra i pescatori-miliziani

cinesi e i paesi contendenti, e addirittura con una nave della marina statunitense,

potrebbero scatenare degli scontri deleteri tra la Cina e le altre

parti in causa.

L’IDRATO DI METANONel maggio 2017 la Cina è riuscita

con successo a estrarre idrato di metano, il cosiddetto “ghiaccio

combustibile”, dal Mar Cinese Meridionale. Alcuni scienziati ritengono che l’idrato di metano

costituirà una nuova fonte energetica per il mondo. La Cina stima che il Mar Cinese Meridionale contenga dei depositi di ghiaccio di metano equivalenti a 80-100 miliardi di tonnellate di petrolio; tuttavia l’estrazione di questo tipo di metano è un’operazione costosa e ad alto rischio. Il metano è in effetti un potentissimo

gas serra con un potenziale di riscaldamento globale fino a 36 volte

superiore a quello della CO2.

CAMBOGIA

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sud-est asiatico rappresenta un ele-mento essenziale degli sforzi cinesiverso l’integrazione economica re-gionale. Secondo un rapporto pub-blicato nel 2018 dalla London Scho-ol of Economics, si prevede che il vo-lume totale degli scambi commercialiaumenterà di mano in mano chel’ASEAN passerà ad essere, da sestaa quarta economia mondiale entro il2050, con una crescita annua previ-sta del PIL pari al 5,25 percento trail 2016 e il 2020.

La competizioneGli interessi strategici della Cina siconcentrano sulla competizione peril predominio nel Mar Cinese Meri-dionale e sulla riduzione della di-pendenza dall’energia importata. Larilevanza strategica del Mar CineseMeridionale si è affermata sotto lapresidenza di Xi Jinping con la “Beltand Road Initiative” (BRI) e il piano“Made in China 2025” (MIC2025),dal momento che lo sviluppo di nuo-ve energie è un elemento chiave di en-trambe le iniziative. L’approccio a piùlivelli adottato dalla Cina, caratte-rizzato da un lato da un’azione di-plomatica “morbida” attraverso in-centivi al commercio e agli investi-menti e dall’altro da un’escalation dibattaglie a suon di colpi giuridici e dimanifestazioni di forza militare eparamilitare nel Mar Cinese Meri-dionale, rivela come la difesa del-l’identità e della sovranità nazionalesia il motore del processo decisiona-le sulla sicurezza energetica di Pe-chino. La dichiarazione del 2018 deldipartimento della Difesa statuni-tense sottolinea la chiara correlazio-ne tra la sicurezza energetica dellaCina e il Mar Cinese Meridionale: • Nel 2017 la Regione ha importato

petrolio per soddisfare il 67 per-cento circa della sua domanda. Se-condo le proiezioni dell’Interna-tional Energy Agency (IEA), que-sta cifra è destinata a raggiungerel’80 percento circa entro il 2035.Sempre nel 2017, il 34 percentodella domanda di gas naturale del-la Cina è stato soddisfatto con le im-portazioni e l’IEA prevede che ar-riverà al 46 percento entro il 2035.

• Per rispondere alla crescente do-manda di petrolio e gas, la Cinacontinua a guardare principalmenteal Golfo Persico, all’Africa e allaRussia/Asia centrale, facendo par-ticolare affidamento su SLOC (SeaLines of Communication, linee ditraffico marittimo di interesse na-zionale) libere da impedimenti,come il Mar Cinese Meridionale elo Stretto di Malacca, per assicurarsigli approvvigionamenti di idro-carburi. Nel 2017, circa l’80 per-cento delle importazioni di petro-lio e il 13 percento delle importa-zioni di gas della Cina sono transi-tati attraverso il Mar Cinese Meri-dionale e lo Stretto di Malacca.

• Nonostante gli sforzi di diversifi-cazione della Cina per ricercare rot-te di fornitura alternative, il volu-me complessivo di petrolio e gas na-turale liquefatto che il gigante asia-tico importa dal Medio Oriente edall’Africa continuerà a far sì che leSLOC strategiche rivestano una si-gnificativa importanza per il paese.Gli oleodotti separati che traspor-tano petrolio greggio dalla Russiae dal Kazakistan alla Cina sono unchiaro esempio degli sforzi com-piuti per aumentare il volume del-le forniture via terra. Con il com-pletamento della sua espansione av-venuto il 1° gennaio 2018, la Cina

ha raddoppiato la capacità del suooleodotto verso la Russia passandoda 300.000 a 600.000 barili al gior-no (b/g).

Pechino ha ben presente che un ina-sprimento dello scontro non andrànecessariamente a vantaggio dei pro-pri interessi. Il conflitto tra i con-tendenti potrebbe causare delle per-turbazioni nel commercio e fare au-mentare sostanzialmente i costi di spe-dizione e i premi assicurativi. Peresempio, secondo quanto riportato daalcuni media asiatici, nel periodo incui si è verificata la massima intensi-tà degli episodi di pirateria nelle ac-que al largo della Somalia, i premi as-sicurativi relativi al trasporto sono pas-sati da 500 a 150.000 dollari per im-barcazione. Secondo i dati forniti dalDipartimento dell’energia statuni-tense, nel 2016 sono stati trasporta-ti 15 milioni di barili di petrolio at-traverso il Mar Cinese Meridionale,dei quali il 42 percento è andato allaCina, il 20 percento al Giappone e il18 percento alla Corea del Sud. I me-dia cinesi hanno riferito che nel 2017l’80 percento delle importazioni di pe-trolio del paese è avvenuto attraver-so il Mar Cinese Meridionale. At-tualmente la Cina possiede riserve dipetrolio per soli 33 giorni. Per i pia-nificatori strategici cinesi, qualora lerotte marittime del Mar Cinese Me-ridionale venissero interrotte, l’im-patto economico e sociale sarebbeinimmaginabile. Al momento le azio-ni di Pechino nel Mar Cinese Meri-dionale sono concentrate sul tenerealla larga altri stakeholder capaci diazioni destabilizzanti, riservandosiquindi tale capacità. La Cina ha fat-to pressione sulle società occidenta-li affinché non collaborino alle esplo-razioni energetiche nel Mar Cinese

Meridionale con le parti contenden-ti. Nel 2018, incalzato da Pechino, ilVietnam ha sospeso un progetto sulgas naturale con la compagnia pe-trolifera spagnola Repsol.

La leadership USANella gestione della situazione geo-politica del Mar Cinese Meridiona-le, la Marina degli Stati Uniti ha con-dotto le operazioni denominate“Freedom of Navigation Operations”(FONOP) con l’intento di allentarela potenziale tensione in ambito ma-rittimo e mettere in chiaro che un’ag-gressione cinese è inaccettabile. Cosapiù importante, le FONOP statuni-tensi servono a difendere la libertà deimari in acque internazionali ai sensidel diritto internazionale. La presenzamilitare USA ha un ruolo cruciale nel-l’impedire l’imposizione della sovra-nità cinese su acque internazionali.Nonostante la politica “Rebalance toAsia” dell’Amministrazione Obamaintesa a riaffermare lo status degli Sta-ti Uniti come potenza del Pacifico, la decisione dell’AmministrazioneTrump di ritirarsi dalla Trans-pacificPartnership (TPP) e intraprendereuna guerra commerciale con la Cinaha alimentato il clima di incertezzasulla misura dell’impegno degli Sta-ti Uniti nella regione. La leadershipUSA è una variabile chiave nel-l’equilibrio delle dinamiche di pote-re nel sud-est asiatico. In questo pe-riodo di opportunità strategiche, laCina punta a costituire un esercito diprima classe, inclusa una marina d’al-to mare, entro il 2049. Il Mar Cine-se Meridionale rappresenta il fulcrodelle ambizioni navali della Cina.L’ammiraglio della Marina statuni-tense Philip Davidson nel 2018 ha di-chiarato: “Attualmente il paese è in

1990-2016 2016-2040 1990-2016 2016-2040 1990-2016 2016-2040 1990-2016 2016-2040

CARBONE (Mtec) PETROLIO (Mb/g) GAS (bcm) COMBUSTIBILI A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO (Mtep)

2034

152

607

-358

9

4

19

7

194

840

1277

113

582

1268

401

1407

Guardando al futuro,l’International Energy Agency

prevede che entro il 2030 la Cinadiventerà il maggiore

consumatore di petrolio delmondo, sorpassando gli Stati

Uniti. Nello scenario prefiguratodalla IEA (che evidenzia il

cambiamento della domandaglobale di energia primaria per

combustibile), la domanda di gasnaturale supererà i 600 miliardi

di metri cubi entro il 2040,facendo della Cina il secondomaggiore mercato al mondo

dopo gli Stati Uniti.

CINA, COME CAMBIA LA DOMANDA

Fonte: IEA

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THE CHALLENGE

grado di controllare il Mar CineseMeridionale in tutti gli scenari fuor-ché in una guerra con gli Stati Uni-ti”. Gli attriti nelle relazioni USA-Cina costituiscono un fattore cata-lizzante che incoraggia le strategie ditemporeggiamento dei paesi del sud-est asiatico nei confronti di Cina e Sta-ti Uniti.

Implicazioni e prospettiveanche per l’OccidenteIl Mar Cinese Meridionale rimane unperenne punto caldo nella geopoliti-ca del sud-est asiatico. Per le societàenergetiche, i fornitori e gli stake-holder, la gestione dell’escalation ditensioni e del potenziale impattosulle attività aziendali richiede l’iden-

tificazione e il tracciamento degliindicatori di rischio. Secondo Nico-la Casarini, responsabile di ricercapresso l’Istituto Affari Internazio-nali, un think tank con sede a Roma,oltre un terzo degli scambi com-merciali esterni dell’Europa e unquarto di quelli degli Stati Unititransitano attraverso la regione indo-pacifica, e qualsiasi escalation delletensioni in tale area avrà senza dub-bio un impatto diretto sull’occiden-te. Guardando al futuro, l’Interna-tional Energy Agency prevede che en-tro il 2030 la Cina diventerà il mag-giore consumatore di petrolio delmondo, sorpassando gli Stati Uniti.Nello scenario prefigurato nel WorldEnergy Outlook 2017 della IEA, la

domanda di gas naturale supererà i600 miliardi di metri cubi (bcm) en-tro il 2040, facendo dell’area il se-condo maggiore mercato al mondodopo gli Stati Uniti e la maggiore fon-te di crescita della domanda globaledi gas: in questo periodo la quota digas nel mix energetico primario del-la Cina passerà da essere meno del 6percento a superare il 12 percento. Con la Cina sulla strada per diven-tare un attore di primissimo piano neimercati energetici, le società del set-tore farebbero bene a tener contodella geopolitica dell’energia nelMar Cinese Meridionale nei loro pia-ni strategici.

A COSA PUNTA PECHINOGli interessi strategici della Cina si concentrano sulla competizione per il predominio nel Mar CineseMeridionale e sulla riduzionedella dipendenza dall’energiaimportata. La rilevanza strategica del Mar Cinese Meridionale si è affermata sotto la presidenzadi Xi Jinping con la “Beltand Road Initiative” (BRI). Nella foto, un paesaggio nel sud della Cina.

© GETTY IMAGES

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fine aprile si è tenuto a Pechino il se-condo Belt and Road Forum (BRF).In questa occasione, che ha visto lapartecipazione di 150 paesi (37 deiquali rappresentati dai rispettivi capidi stato e governo), la Cina ha af-frontato molte delle critiche mosse neiconfronti della Belt and Road Initia-tive (BRI), anche nota come NuovaVia della Seta.Annunciato nel 2013, l’ambiziosoprogetto globale di connettività e svi-luppo infrastrutturale ha espostoPechino a critiche su due fronti. Ilprimo è quello della tesi secondo cuila BRI non sarebbe altro che il gran-de piano cinese per dominare ilmondo. Il secondo, a esso collegatoma più empirico, vede nei termini delprogetto una “trappola del debito”che esporrebbe precisamente i pae-si partecipanti a quello stesso domi-nio cinese.La Cina sta compiendo notevoli sfor-zi per portare avanti la BRI nono-stante le accuse di natura geopoliti-ca e le testimonianze di paesi cadutinella trappola del debito. Ignorandol’opposizione nei confronti dell’ini-ziativa, fino a poco tempo fa Pechi-

no aveva ostinatamente seguito laconsueta linea dura. Tuttavia, con l’av-vicinarsi del Belt and Road Forumsono arrivati i primi segnali di unaCina più disposta a discutere e a so-stenere le proprie ragioni ma anchea rivedere i termini di attuazione delprogetto.In Europa, il successo dello sforzo di-plomatico per far accettare la BRI pri-ma del forum è stato limitato. L’Ita-lia è stato il primo paese del G7 a ade-rire alla Nuova Via della Seta, ma lavisita del presidente cinese Xi Jinpingin Francia lo scorso marzo non è riu-scita a garantire all’iniziativa il so-stegno dell’UE. In tale occasione, ilpresidente francese Macron ha invi-tato la cancelliera tedesca Merkel e ilpresidente della Commissione euro-pea Junker all’incontro con Xi permostrare al presidente cinese un

fronte europeo compatto, nonostan-te l’uscita dai ranghi di un’economiadi peso come quella italiana. La po-sizione sostenuta dall’Europa erachiara: quanto finora attuato del pro-getto BRI non aveva rispettato le nor-me internazionali.

Malesia, i dubbi sul progettoferroviarioMa è soprattutto nel sud-est asiatico,terreno di interesse economico cine-se, che la Nuova Via della Seta è sta-ta messa a dura prova. Insediatosi nelmaggio del 2018, il nuovo governomalese ha sospeso l’East Coast RailLink (ECRL), progetto ferroviario divalore simbolico da 65,5 miliardi direnminbi (9,47 miliardi di dollariUSA) promosso nell’ambito dellaBRI. Alla luce degli scandali di cor-ruzione del precedente esecutivo, la

numero

quarantatré

Infrastrutture/Luci e ombre dell’iniziativa

Nonostante i difetti, che oraPechino promette di risolvere,progetti come la BRI sonofondamentali per i paesi del sud-estasiatico, che negli ultimi venti annihanno registrato investimentiinsufficienti. Il caso malese

Le speranze riposte nella Nuova Via della Seta

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MUNIR MAJID

Consigliere economico del primoministro malese Mahathir, Munir Majid,banchiere, ha avuto svariate esperienzelavorative in ambito giornalistico,nell’imprenditoria e nel campo della regolamentazione dei mercati.

A

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Malesia ha messo in discussione il co-sto e i termini finanziari dell’ECRL,suggerendo che la compagnia di sta-to cinese China CommunicationsConstruction Co Ltd (CCCC) avreb-be avuto un accordo con l’allora pri-mo ministro Najib Razak per can-cellare le passività derivanti dai suoimetodi disonesti.Questo avrebbe gonfiato i costi delprogetto. Ma il nuovo primo ministrorieletto, Mahathir Mohamad, non eraintenzionato a permetterlo. Secondoi calcoli del nuovo governo, alle con-dizioni finanziarie previste (che in-cludevano l’obbligo di effettuare pa-gamenti off-shore dal credito della ci-nese EXIM Bank in base a un calen-dario prestabilito anziché agli effet-tivi progressi dei lavori) il paese sa-rebbe stato soffocato da un debito di130 miliardi di renminbi (18,79 mi-

liardi di dollari). In effetti, 3 miliar-di di renminbi (434 milioni di dolla-ri) erano già stati corrisposti a CCCCsenza che i lavori avessero fatto pra-ticamente progressi, facendo sorge-re più di un interrogativo sulla veraragione di quei versamenti.La sconfitta elettorale del preceden-te esecutivo è in gran parte ricondu-cibile alla corruzione dilagante, esem-plificata al meglio dal noto scandalodel fondo sovrano 1MDB di cui si so-spetta un legame con l’ECRL. I ter-mini del progetto BRI sarebbero ineffetti presumibilmente collegati aipagamenti di interessi destinati a co-prire questo enorme buco finanziario.Il nuovo governo malese ha inoltre in-terrotto due progetti di gasdotti dalcosto di 9,4 miliardi di renminbi(1,36 miliardi di dollari) con ChinaPetroleum Pipeline Bureau che pre-

vedevano analoghi termini di paga-mento sulla base di scadenze presta-bilite anziché di progressi nei lavori.Anche in questo caso, erano stati cor-risposti 8,25 miliardi di renminbi(1,19 miliardi dollari, pari all’88 per-cento del costo totale) nonostante fos-se stato realizzato solo il 13 percen-to dei lavori.Il premier Mahathir e il suo esecuti-vo hanno avviato una grande opera-zione di risanamento, la cui impor-tanza per il paese è di gran lunga su-periore a quella che la BRI riveste perla Cina. L’ex primo ministro NajibRazak aveva lasciato il governo conenormi passività finanziarie che, senon affrontate, avrebbero portato lostato alla bancarotta: pertanto, laMalesia non poteva sostenere l’one-re dei progetti BRI, tanto cari allaCina, che avrebbero lasciato il paese

in ginocchio. La decisione di so-spendere l’ECRL (e di abbandonarei due progetti di gasdotti) è stata dun-que presa nell’interesse nazionale.In un tale contesto, non può che ve-nire in mente la tesi della trappola deldebito. Tuttavia, non bisogna di-menticare che dirigenti nazionalicorrotti possono “vendere” il propriopaese per trarne vantaggi personali orisolvere le difficoltà causate da un go-verno cleptocratico.La Malesia ha avuto la fortuna che ildispendioso progetto dell’ECRL nonfosse ancora troppo avanzato. Alcontrario, nel caso di Hambantota,città portuale dello Sri Lanka, era or-mai troppo tardi per evitare di cede-re per 99 anni il controllo del portoalla Cina a seguito di un enorme de-fault del debito. Per quanto riguardail Corridoio Economico Cina-Paki-

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THE CHALLENGE

IN VIAGGIO LUNGO LA VIA DELLA SETAIl fotografo Andrea Di Biagio ha percorso in treno la rottacommerciale tra Pechino e Urumqi, documentando le trasformazioni del territoriodovute al frenetico sviluppoeconomico dell’ultimo decennio.I 3.000 chilometri di ferrovia che collegano la capitaleall’avamposto industriale più a ovest della Cina attraversanotutto il paese coprendo 7 regioni,dal deserto del Gobi (nella foto)fino alla catena montuosa dello Xinjiang.

© ANDREA DI BIAGIO

Andrea Di Biagio è un fotografodocumentarista con attenzione a tematiche sociali e antropologiche. I suoi lavori sono stati pubblicati suriviste come Internazionale, Espresso, Il Tempo, L’OBS, Courrier International,Sportweek The Tripmagazine, BBC, Sportweek.

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I PROGETTI BRI NEI PAESI ASEAN (VALORI IN MLD $)

LE 10 OPERE PIÙ GRANDI(COSTI IN MLD $)

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI CINESI NEI PAESI ASEAN(VALORI IN MLN $)

0

20

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100

120

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160

180

Brune

i

Cambo

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Indon

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Male

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Laos

Singap

ore

Filipp

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Thail

andia

Vietna

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171,11151,68

103,96 98,46

70,09

47,7035,90

27,24 24,119,40

Fonte: Oxford Economics

L’INTERSCAMBIO COMMERCIALE DI BENI TRA ASEAN E CINA (VALORI IN MLD $)

Fonte: ASEAN Stats

Fonte: ASEAN Stats

Fonte: Oxford Economics

1096 7 854321

$ 14.300$ 9.600 $ 9.060

$ 7.300 $ 5.960 $ 5.800 $ 5.353$ 3.440 $ 3.190 $ 2.690

TRASPORTO

LOGISTICA

ENERGIA

PAESE DI INVESTIMENTO

SET

TOR

E

Malesia ThailandiaIndonesiaBruneiThailandiaLaosMalesiaMyanmarSingaporeCambogia

2017 201720172013201720162015Sconosciuto20172013

2010 2017201620152014201320122011

Costruzione dei binari della ferrovia Kuala Lumpur-

Kota Bahru

ChinaRailway

Construction,China

RailwayEng.

ChinaRailway

Eng.

ZhejiangHengyi

(petrolio)

Ferrovia ad alta velocità Bangkok -

Nakhon Ratchisisma

(Fase 1)

Progetto della ferrovia

Vientiane-Boten

ChinaGeneralNuclear

Costruzione del porto di acque

profonde, Kyaukpyu

Bank of China, Vanke, Hopu,

Hillhouse

Ferrovia Preah Vihear-Kaoh Kong

TOTALE EXPORT IMPORT

0

500

50

100

150

200

250

300

350

400

450

235,

5 294,

9

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7

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4

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6 436,

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112,

5

661,

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50

269,

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4,69

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6,85 2.78

3,75

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09

1,04

23,6

346

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28,6

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,74

-57,

60

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1 186,

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9

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2

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6

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2

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5

250,

4

Cos

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3,40

29,0

514

4,90

1.84

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1.67

8,39

1.60

7,30

3.44

1,17

2.10

5,65

2.00

5,29

2.41

8,03

3.05

3,43

23,5

012

,34

53,1

458

,78

6.25

4,64

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0,07

11.2

75,5

011

.295

,27

-2,9

3

2017201620152014

num

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Belt & Road,progetti einvestimentiHanno un valore complessivo di oltre 730 miliardi di dollari i progetti relativi alla Belt andRoad Initiative cinese nei paesidell’ASEAN. Il primo partner di Pechino in termini quantitativi è l’Indonesia, con progetti per 171 miliardi. Per quanto riguardale singole infrastrutture BRI, la più onerosa, dal punto di vistaeconomico, è la ferrovia tra KualaLumpur e Kota Bahru (la EastCoast Rail Link, ECRL). Il progetto, del valore di 14,3miliardi di dollari, è statorecentemente sospeso dal governomalese del premier Mahathir erinegoziato con il governo cinese.

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stan (peraltro contestato dall’India inquanto percepito come una minacciaalla sicurezza) l’esecuzione del con-tratto è talmente avanzata che laCina rifiuta di rinegoziarne i termi-ni malgrado le richieste del nuovo ese-cutivo eletto quest’anno.Nonostante tutto, neppure in Male-sia è stato semplice rinegoziare l’ac-cordo dell’ECRL per renderlo fi-nanziariamente sostenibile e salvareal contempo la faccia dei cinesi.Dopo mesi di trattative, si è raggiuntoinfine un accordo aggiuntivo. Il co-sto totale per chilometro della lineaferroviaria che collega la costa orien-tale della Malesia peninsulare alla par-te occidentale è diminuito di oltre il30 percento grazie a una leggera ri-duzione della lunghezza dei binari(648 km) e a nuove rotte che hannoconsentito di risparmiare una crestadi quarzo di 16 km (la più lunga digadi quarzo puro al mondo) comepure di ridurre la perforazione di gal-lerie attraverso le rocce ricche di si-lice della principale catena montuo-sa del paese.

Gli sforzi diplomatici per la revisione dell’accordoLa revisione dell’accordo è stataun’operazione delicata, poiché era ne-cessario riallacciare e preservare le re-lazioni sino-malesi. In effetti, le for-ti critiche nei confronti dell’ECRL edei gasdotti BRI, giudicati sospetti eunilaterali dal nuovo governo diKuala Lumpur, avevano suscitato lacollera della Cina. Solo un’attenta at-tività diplomatica e delicati negozia-ti hanno consentito di raggiungereuna nuova intesa sull’ECRL, defini-ta reciprocamente vantaggiosa.La visita a Pechino del premier Ma-hathir dello scorso agosto si era svol-ta all’insegna della tensione. Al-

l’epoca, il primo ministro maleseaveva definito “trattati iniqui” gliaccordi BRI nel suo paese e annun-ciato ai dirigenti cinesi che il progettodell’ECRL era sospeso e doveva es-

sere rinegoziato. Un’atmosfera benlontana da quella festosa che ha ca-ratterizzato la sua partecipazione alBelt and Road Forum dell’aprile diquest’anno, con il progetto del-

l’ECRL ormai salvo e gli interessi del-la Malesia tutelati.Accolto calorosamente, Mahathir haavuto l’onore di essere uno dei pochioratori non cinesi a intervenire du-

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THE CHALLENGE

La costruzione della moderna Via della Seta sta alimentando

la ripresa dell’industria pesantecinese (foto in basso). Grazie alle

nuove infrastrutture previste la Repubblica Popolare potrà

contare su introiti commercialipari a 2,5 trilioni di dollari

nei prossimi dieci anni. Nella foto in alto, i camerieridella carrozza ristorante del

treno intenti a scrivere il menu.

© ANDREA DI BIAGIO

© ANDREA DI BIAGIO

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quarantatré

rante il forum, un’occasione che hacolto per plaudire alla lungimiranzadella Nuova Via della Seta, ribaden-do che, se fossero state rispettate lecondizioni migliori, avrebbe portatogrande sviluppo a paesi meno avan-zati. Nel suo discorso di apertura, ilpresidente Xi ha ammesso la presen-za di problemi nell’attuazione dellaBRI e promesso maggiore attenzio-ne per garantire in futuro non solo so-stenibilità finanziaria ma anche tute-la dell’ambiente. Naturalmente nonè stata solo la questione dell’ECRL aportare a un tale risultato. Si trattapiuttosto di una reazione alle costanticritiche nei confronti dei termini deiprogetti BRI e del loro scarso rispettoper l’ambiente.Tuttavia, quello dell’ECRL potreb-be rivelarsi un utile caso di studio, oaddirittura un modello, di come usci-re da una situazione delicata senzasconvolgere le relazioni con la Cina.

Al centro di tutto c’è la questione del-la corruzione del paese ospitante.Le aziende cinesi vedono l’opportu-nità e la colgono al volo. Il risultatoè un’enorme perdita per il paese a cuila BRI dovrebbe arrecare benefici,esponendo le generazioni future aglioneri finanziari di progetti insoste-nibili. Se si rispettano le migliori pra-tiche, in particolare in materia di tra-sparenza, i politici corrotti dei paesiospitanti e le imprese cinesi non la fa-ranno franca.Durante il Belt and Road Forum, Xiha promesso un cambiamento inquesto senso. Per garantire che ciò av-venga realmente, potrebbe essereutile istituire gare d’appalto aperte,una revisione accurata delle propostecommerciali e finanziarie come purestudi sull’impatto ambientale primadella conclusione degli accordi. Inol-tre, occorre monitorare attentamen-te l’esecuzione dei progetti per ga-

rantire il rispetto dei termini sulcampo e non solo sulla carta.

Il Master Plan onConnectivity e la Vision 2030Nel sud-est asiatico, il Master Plan onASEAN Connectivity 2025 (MPAC)prevede cinque principi guida di cuidue, infrastrutture sostenibili ed ec-cellenza normativa, sono fondamen-tali per garantire che i progetti nondiventino un onere finanziario e am-bientale o un vero e proprio disastro.Gli altri principi sono innovazione, lo-gistica senza soluzione di continuitàe mobilità delle persone. Nel frat-tempo, lo scorso novembre a Singa-pore è stato adottato il progettoASEAN-China Strategic Partner-ship Vision 2030, che, tra le altre cose,esorta entrambe le parti a “rafforza-re la lotta alla corruzione tramite mec-canismi adeguati”.Vision 2030 invita inoltre ad armo-

nizzare le priorità comuni di BRI eMPAC 2025. Se vogliamo dare unsenso a queste dichiarazioni e prenderein parola quanto affermato dalla Cinain occasione del Belt and Road Forum,è certamente opportuno che l’ASEANe la Cina uniscano le forze per ga-rantire il successo dei progetti BRI pertutte le parti coinvolte. In questomodo si eviterebbero quei problemiche (per limitarsi alla regione) hannoafflitto l’ECRL, causato l’arresto delprogetto ferroviario Yangon-Man-dalay, lasciato incompiuto il piano del-la ferrovia ad alta velocità Jakarta-Ban-dung e portato a 6 miliardi di dollari(il 40 percento del PIL del Laos) il co-sto per il collegamento ferroviarioVientiane-Kunming.Un’indagine condotta lo scorso annoha rivelato che dei 1814 progetti chesi potrebbero ascrivere alla BRI in 78paesi, 270 erano stati annullati, sospesio arrestati, una percentuale di falli-

La periferia ovest di Pechino. Con circa 15 milioni di abitanti,

Pechino è la capitale più popolata al mondo

e la seconda città del mondo per popolazione dopo Shanghai.

I sobborghi di Turpan, nella regione dello Xinjiang.

Turpan era attraversata dal ramo centrale dell’antica

Via della Seta, che girava attorno al bacino del Tarim

e all’insidioso deserto di Taklamakan, proseguendo

verso il Pamir e l’Asia Centrale.

© ANDREA DI BIAGIO

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THE CHALLENGE

mento del 15 percento. Peggio ancora,in termini di valore si tratta del 32 per-cento: un dato non lusinghiero perun’iniziativa così visionaria e pro-mettente. Spetta all’ASEAN e allaCina far risalire il tasso di successo nelsud-est asiatico con le loro strette re-lazioni economiche e i numerosi im-pegni a consolidarle, anche tramite laconnettività e lo sviluppo di infra-strutture nell’ambito della BRI.Vista la maggiore disponibilità diPechino a correggere i difetti nel-l’esecuzione dei progetti BRI, è op-portuno che l’ASEAN induca la Cinaa ottenere un risultato positivo su unaquestione che, a differenza delle con-tese sul Mar Cinese Meridionale,trova tutti d’accordo. Gli investi-menti infrastrutturali nella regionesono insufficienti dai tempi della cri-si finanziaria asiatica del 1998. Se-condo AMRO (ASEAN + 3 Ma-croeconomic Research Office), il tas-

so di investimento si è attestato al 2,5percento del PIL, mentre dovrebbeessere pari al 6 percento.

Lo scetticismo dell’UE e l’opposizione USAIl successo della BRI nel sud-est asia-tico potrebbe contribuire efficace-mente a ottenere riscatto altrove, inparticolare nell’UE, che continua a es-sere scettica ma sarebbe intenziona-ta a prendervi parte se l’attuazione deiprogetti BRI rispettasse le norme in-ternazionali e le migliori pratiche, cosache la Cina garantisce per il futuro.Rimane l’opposizione degli america-ni, che vedono nella Nuova Via del-la Seta il grande piano cinese per do-minare il mondo tramite la trappoladel debito. Viene da chiedersi comesarebbe considerata la BRI in assen-za di questa trappola. Quando nel2016 la Cina ha lanciato la Banca asia-tica d’investimento per le infrastrut-

ture (AIIB), gli americani hannoobiettato che non sarebbe stata al-l’altezza degli standard internazionalidella finanza di progetto. Al contra-rio, la banca si è dimostrata piuttostotradizionalista e ora conta 70 mem-bri, tra cui alcuni dei più stretti alleatidegli USA.Sulla questione dell’AIIB, gli StatiUniti sono isolati. Lo resterebbero an-che sul fronte BRI, se l’iniziativa an-dasse per il meglio? Gli USA, che nonhanno saputo reagire in manieraadeguata all’ascesa della Cina, fa-rebbero meglio a non mostrarsi rea-zionari. Nella regione, è la Cina a det-tare le regole del gioco, mentre dal-le retrovie gli americani suggerisco-no agli altri paesi di non seguire la po-tenza emergente, senza però offrireuna chiara contro-strategia.Più che dalle conseguenze geopoliti-che, i paesi del sud-est asiatico sonoattratti dai vantaggi economici pro-

messi dalla BRI grazie allo sviluppoinfrastrutturale e al potenziamentodella connettività. Anche se la mag-gior parte di essi preferirebbe una pre-senza americana nella regione percontrobilanciare quella cinese, l’as-senza di iniziative di sviluppo diqualsiasi tipo da parte statunitense faperdere terreno agli USA, il cui im-pegno e le cui politiche rimangonoimprevedibili.La Cina, al contrario, è profonda-mente impegnata nella regione. Nonche gli altri paesi del sud-est asiaticole si siano arresi, ma la sua forte pre-senza economica è un dato di fatto. Atal fine, occorrono leader onesti checollaborino con la Cina (o del resto,con qualsiasi altra parte) in manieratrasparente, conformemente alle mi-gliori pratiche e alle norme interna-zionali.

© ANDREA DI BIAGIO

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a Association of Southeast Asia Na-tions è nata 52 anni fa con scopi pret-tamente politici. Ha in seguito allar-gato la platea dei partecipanti a die-ci stati, estendendo altresì le suecompetenze. L’integrazione è prose-guita senza scosse, fino alla situazio-ne odierna, nella quale la tradiziona-le neutralità rischia di non essere piùsufficiente e redditizia. La firma ap-posta sull’atto costituente a Bang kok,l’8 agosto 1967, conferma una indi-scutibile scelta di campo. I cinque sta-ti convenuti – Indonesia, Malesia, Sin-gapore, Filippine, Thailandia – sonotutti alleati degli Stati Uniti e del Re-gno Unito. La loro appartenenza èfortissima, il loro schieramento ma-nicheo. Sono tutti impegnati a scon-figgere i nemici interni, le insurrezionicomuniste, il radicalismo delle aspi-razioni anticoloniali. Venti anni dopo la fine del secondoconflitto mondiale, la guerra nel Pa-cifico orientale non è diventata fred-da come in Europa. Al contrario, per-

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quarantatré

ASEAN/La storia e gli obiettivi dell’organizzazione del sud-est asiatico

Quando ne siglano la nascita, i paesi dell’Associazione hanno di fronte due traguardi strategici:sconfiggere la povertà e contenerel’espansione di Mosca e Pechino.Ora c’è una nuova sfida, quella di smettere di essere un immensocuscinetto tra gli interessistatunitensi e cinesi

Verso il protagonismo

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ROMEO ORLANDI

Vice Presidente dell’Associazione Italia-Asean, economista e sinologo, insegnaGlobalizzazione ed Estremo Orienteall’Università di Bologna e ha incarichidi docenza sull’economia dell’AsiaOrientale in diversi Master postuniversitari. Ha diretto il think tankOsservatorio Asia. Collabora aquotidiani e riviste specializzate.

L

LAOSBounnhang VorachithPresidente della Repubblica

MALESIA • Abdullah di PahangSovrano

SINGAPORE • Lee Hsien Loong • Primo ministro

THAILANDIA • Prayuth Chan-ocha • Primo ministro© GETTY IM

AGES

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mane molto calda. Sono certamentevivi i ricordi delle carneficine dellaguerra civile in Corea, le tensioni perla sovranità di Taiwan conquistata dainazionalisti di Jiang Je Shi, la guerrasull’Himalaya tra India, Cina e Paki-stan, le infinite schermaglie di fron-tiera che interessano tutti i paesi.

Un’alleanza nata nonostante

i conflitti

Nei cinque paesi del sud-est asiaticoche si stringono nell’ASEAN, la si-tuazione non è certamente stabile. Inemici appartengono al campo so-cialista guidato dall’Unione Sovieti-ca e poi dalla Cina, che fornisce unesempio vittorioso di guerriglia con-tadina. Ne sono flagellate le Filippi-ne, la Malesia, la Thailandia. L’In-donesia ha appena deposto il Presi-dente dell’Indipendenza (Sukarno,leader del terzo mondo, alleato dei co-munisti indonesiani), perpetrandocontinui eccidi degli antagonisti. Sin-gapore ha da poco conquistato la sua

indipendenza, avviando un percorsodove l’adesione alla libera economiadi mercato appare la scelta più vali-da, mentre i potenti vicini mussulmanine minacciano l’esistenza. Quandodecidono di fondare un’associazioneregionale, i leader dei cinque paesihanno di fronte questi drammaticiscenari. Devono inoltre guardarsidal contagio vietnamita e dell’interaIndocina, allora in preda a una guer-ra che avrà esiti opposti a quelli au-spicati dall’ASEAN. Per unirsi, i cin-que paesi dimenticano le reciprochetensioni. Sono derubricate la “kon-frontasi” (la breve guerra nel Borneotra Malaysia e Indonesia), le scara-mucce per i confini marittimi tra Ma-nila e Kuala Lumpur, la ferita della se-parazione di Singapore. Vengonoanche silenziati i contrasti interni chenon lasciano spazio alle opposizionie alla democrazia. Fin dalla nascital’ASEAN mostra un’estrema pluralità.Nessun luogo al mondo offre unventaglio di lingue, religioni, etnie, si-

stemi politici così aperto. Moltospesso, queste diversità non hanno ar-ricchito ma colpito i diversi paesi, finoal limite della guerra civile. Su tutto,incombe una minaccia secolare: il per-durare del sottosviluppo. L’ASEANè una regione povera, contadina, conun’economia poco monetizzata. Lemalattie endemiche non sono scon-fitte, l’analfabetismo è una piaga,l’accesso all’acqua potabile proble-matico. La caratteristica di Singapo-re – una città stato con una posizio-ne strategica, un fermento commer-ciale, una nascente base industriale –rimane una luminosa eccezione.Quando siglano la nascita dell’ASE-AN, i cinque paesi hanno di frontedue traguardi strategici: sconfiggerela povertà e contenere l’espansione diMosca e Pechino. Sanno bene che idue obiettivi si sostengono: uno èstrumentale all’altro, nella generosaalleanza con gli Stati Uniti. Con unasintesi forse eccessiva si può affermareche i paesi erano chiamati a non di-

chiararsi guerra e a sostenere le ra-gioni dello sviluppo. Date le circo-stanze, non si trattava di ambizioni fa-cilmente raggiungibili. A distanza dianni, si può ragionevolmente affer-mare che essi siano stati raggiunti. Il sigillo al successo è avvenuto con lascomparsa degli antagonisti. Con lacaduta dell’Unione Sovietica, il crol-lo del Muro di Berlino, l’adesione del-la Cina alle logiche capitaliste, la di-visione ideologica viene inaspettata-mente messa di lato. Cessa il perico-lo di sistemi socio-politici antagoni-sti. Il Vietnam, che nel 1975 avevavinto la guerra e unificato il paese sot-to l’ala di Mosca, nel 1986 compie unavirata spettacolare nel campo della po-litica economica. La riforma DoiMoi (“rinnovamento”, ndr) riecheg-gia l’esperimento cinese e pone i va-lori dell’individualismo imprendito-riale accanto alla direzione centra-lizzata. Hanoi scopre che la produ-zione di valore è essenziale alla cre-scita del paese, che la logica militare

69

INDONESIA • Joko WidodoPresidente della Repubblica

VIETNAM • Nguyên Phú Tro.ngPresidente della RepubblicaCAMBOGIA • Norodom Sihamoni • Sovrano

FILIPPINE • Rodrigo DutertePresidente della Repubblica

BRUNEI • Hassanal BolkiahSultano

MYANMAR • Aung San Suu Kyi • Consigliere di Stato

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che l’ha governato non è stata in gra-do di farlo decollare. Con dramma-tica urgenza scopre che è megliodelegare la funzione economica amani private, aprendo contempora-neamente il paese ai rapporti conl’estero. Essi non sono più un conta-gio pericoloso, ma uno strumento perla crescita. Dopo dieci anni di stentie ricostruzione, il Vietnam preferiscelo sviluppo all’identità e – seppur gui-dato dallo stesso partito, come in Cina

– riconosce negli stati confinanti deivicini preziosi e non più pericolosi.Quando nel 1995 l’Associazione chelo aveva combattuto lo accoglie neisuoi ranghi, per il Vietnam è l’iniziodi un percorso più che la fine diun’era. Può finalmente costruire lapace dopo aver vissuto e vinto la guer-ra. L’adesione del Laos e di Myanmarnel 1997 e della Cambogia due annidopo (il sultanato del Brunei avevaaderito al tempo della sua indipen-

denza, nel 1984) completano l’ASE-AN. La sua fisionomia attuale è cer-tamente più potente e organica ri-spetto al suo battesimo.

Verso il conseguimento di nuovi obiettivi Dopo un trentennio di consolida-mento e allargamento, l’Associazio-ne appariva pronta per un suo rilan-cio e, soprattutto, si riteneva fosse ma-tura per conseguire nuovi obiettivi, al

di là della pace e della difesa delle pro-prie frontiere. Gli stati erano ancoragiovani, formati da movimenti anti-coloniali, ma ormai strutturati e go-vernati da una dirigenza non piùinesperta. Soprattutto, non eranopoliticamente minacciati. I consumatibastioni della Guerra Fredda appari-vano ora un ostacolo allo sviluppo,dopo aver rappresentato dei capisal-di della sicurezza. Colpiti dalla propria inadeguatezza,

numero

quarantatré

70

SEGRETARIO GENERALEÈ nominato per merito dai Capi dei Governi. I suoi compiti

consistono nell’iniziare, avvisare, coordinare e implementare le attività dell’ASEAN.

DIRETTORE GENERALEViene eletto per un mandato non rinnovabile di cinque anni a

rotazione tra i paesi membri ed è la guida amministrativa dell’ASEAN.

LEADERS’ FORMAL SUMMITÈ composto dai capi di stato o di

governo dei 10 stati membri e si tiene due volte all’anno, a rotazione secondo

il criterio alfabetico.

CONSIGLIO DI COORDINAMENTO

È composto dai ministri degli esteri e si riunisce

con cadenza semestrale.

Com’è strutturata

I momenti storici

2015

2016

2009

2008

1995

1992

1976

19671971

Nasce l’Associazione. La siglano Indonesia, Malesia, Filippine,

Singapore e Thailandia.

N

Viene adottata la dichiarazione di Kuala-Lumpur sulle zone di pace, libertà e neutralità

nel sud est asiatico.

L’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico è stata fondata nel 1967 con lo scopo principale di promuovere la cooperazione

e l'assistenza reciproca fra gli stati membri per accelerare il progresso economico e aumentare la stabilità della regione.

Per la prima volta gli USA organizzano un summit con i Capi di Stato dell’ASEAN a Sunnylands, in California.

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estranei alle nuove prospettive, tra-montano progressivamente i leaderautoritari: Marcos nelle Filippine,Suharto in Indonesia, i generali inThailandia. Le stellette tornano in ca-serma, la diaspora cinese è menovessata, l’imprenditoria privata è piùtutelata. I dieci governi hanno privi-legiato i rapporti economici, menoconflittuali e certamente più fruttuosi.È così iniziato un lungo periodo dicrescita costante e diffusa, senza che

i principi cardine dell’ASEAN sianomessi in discussione. Il primo rima-ne la non interferenza negli affari in-terni di ogni paese, interpretato nel-la sua maniera più rigida. Non esi-stono limiti alla sovranità nazionale.Ogni paese ha la sua moneta, la po-litica economica, i controlli alle fron-tiere, il proprio esercito. Svolge la suaazione senza vincoli e soprattuttosenza deleghe. La fotografia è nitidamente diversadall’Unione Europea. I concetti di“casa comune”, destino condiviso,universalità dei diritti non vengonoaccolti. Prevale invece un precisorealismo, la scelta cogente di non sol-levare argomenti irrisolvibili, anchea costo di apparire disinteressati a que-stioni di portata globale. Questa scel-ta prudente, misurata, di basso pro-filo ha dato buoni risultati. Uscita pre-sto dalla crisi finanziaria asiatica del1997, l’ASEAN e tutti i suoi paesihanno inanellato – pur nella loro di-versità – una serie di successi invi-diabili. Hanno associato due aspetticruciali: la crescita e la stabilità. Piac-ciono entrambi alle aziende e alle can-cellerie. La conversione di questiconcetti nella quotidianità è apparsanell’aumento del PIL, nei conti pub-blici tenuti sotto controllo, nel-l’emersione di una nutrita classe me-dia, nell’assenza di frizioni fuori con-trollo. L’ASEAN sostiene orgogliosamenteil suo ruolo di paziente mediazione,preferita al clamore delle decisioniunilaterali. Rivendica la gestione del-l’isolamento birmano, dove la non in-terferenza ha condotto alle elezioni eal ritorno di un governo civile, al con-trario di quanto altri metodi hannocausato in Siria e in Libia. Decenni disviluppo hanno dunque rafforzatol’Associazione. In un clima di cre-scente ammirazione, le analisi spes-so iniziavano con la preposizioneipotetica. Se l’ASEAN fosse un’uni-ca entità sarebbe - con i suoi 650 mi-lioni di abitanti – il terzo paese più po-poloso al mondo, il quarto esporta-tore, la quarta economia nel 2030, ilprimo ricettore di investimenti este-ri. Se ciò è vero, è indimostrabile ilcontrario: sarebbe stato possibile unsuccesso così rilevante se si fosseproceduto con un’integrazione piùspinta? In realtà le differenze tra i varipaesi sono così marcate che è inim-maginabile qualsiasi tentativo di uni-ficazione monetaria, militare, di im-migrazione. Il risultato probabil-mente più importante è stato rag-giunto nel 2015 con la creazione diun’area di libero scambio tra i diecipaesi, con assenza di misure tariffarieanche per la ridistribuzione di mer-ci importate da paesi terzi. Per le al-tre questioni, nonostante una co-mune attenzione ai temi sociali, ognigoverno ha mantenuto le proprieprerogative.

La predominanza della Cinae gli interessi degli USATuttavia, i nuovi assetti che si stannodelineando nell’Asia orientale con-sentono il mantenimento di questaposizione sostanzialmente defilata? Ilbasso profilo è compatibile conl’emersione di conflitti a ridosso del-le proprie coste? La risposta è larga-mente negativa. Potrà quindi l’ASEAN mantenere lapropria unità in presenza di interes-si divergenti al suo interno? È questoil nodo cruciale che i suoi esecutivinon potranno disattendere. Finora in-fatti, una divisione di responsabilitàha progressivamente preso forza,come si appartenesse all’ordine na-turale delle cose: la Cina garantisce iltraino economico, gli Stati Unitiforniscono la sicurezza. Questa situazione ha protetto le spal-le all’ASEAN che ha dovuto soltan-to districarsi con sapienza diploma-tica. Ora i vecchi assetti sono in di-scussione. La Pax americana scaturi-ta dalla resa del Giappone più di 70anni fa trova nello sconfinamento ma-rittimo della Cina una minaccia so-stanziale. Pechino rivendica uno spa-zio immenso nei mari che lambisco-no le coste di molti paesi ASEAN.Costruisce su isolotti deserti fari, at-tracchi, piste di atterraggio. Mostramappe secolari che dimostrano comequegli scogli siano indiscutibilmen-te cinesi, collegati dalla nine-dash-lineche sposterebbe le acque internedella Cina alcune miglia di chilome-tri verso sud. Le tensioni sono evidenti maggior-mente nelle dispute territoriali con ilVietnam e le Filippine, ma preoccu-pano tutti i paesi del sud-est asiatico.Confliggono ovviamente con il pre-sidio della settima flotta statuniten-se che solca quei mari e garantisce lalibertà di navigazione. Garantisce i ri-fornimenti alla Corea e al Giappone,perché dagli stretti di Malacca, Ma-kassar e Lombok transita la metà delpetrolio mondiale. È impensabile che Washington ri-nunci alla sua egemonia, che l’inter-minabile dopoguerra nel Pacificoabbia esiti così clamorosi. Eppure igoverni dell’ASEAN, pur preoccupati,non hanno la forza e l’unità per op-porsi alle mire di Pechino. La Cinarappresenta per l’intera Associazioneil maggiore partner commerciale el’investitore più assiduo, utile in par-ticolare per la costruzione di infra-strutture. Soprattutto per i paesi piùpiccoli o più vicini – come il Laos, laCambogia o Myanmar – è imprati-cabile resistere alla forza di Pechinonelle trattative bilaterali. Nella prudenza dell’Indonesia, ilpaese più grande e importante, spic-ca il paradosso della storia: Singapo-re – dove la popolazione è per trequarti cinese – ha la forza di distan-ziarsi da Pechino per mantenere la sua

amicizia con gli Stati Uniti, mentre ilVietnam, ignorando la guerra di 50anni fa, trova in Washington un al-leato in funzione anti cinese. Le di-spute territoriali sono indice di ten-sioni più grandi tra Cina e Stati Uni-ti. Si dipanano negli scambi com-merciali con la guerra dei dazi, nel-l’espansionismo cinese della Belt andRoad Initiative, nel suo versante ma-rittimo che interessa l’ASEAN, nel-la conquista della supremazia tecno-logica in settori strategici. È verosi-mile che le dispute aumentino e chesconfinino in territori più insidiosi. Laloro origine è infatti radicata e com-plessa, certamente non gestibile conestemporaneità e propaganda.

In attesa di un’altra svoltastorica Dopo la fine della Guerra Fredda,l’ASEAN è chiamato a un’altra svol-ta storica, questa volta ancora più im-pegnativa. Deve in sostanza cessare diessere un immenso cuscinetto tragli interessi statunitensi e cinesi. Laposta in gioco eccede i normali equi-libri e le rispettive convenienze. Do-vrà dunque assumere iniziative co-raggiose, perché ormai le sue di-mensioni globali sono conclamate ela sua popolazione sempre più esi-gente. L’evoluzione sociale non po-trà più essere sacrificata agli equilibripolitici. Se la sua debolezza è stata ineffetti una forza mascherata, se avertrascurato un ruolo internazionale hafavorito lo sviluppo interno, ora sonoopportune posizioni vincolanti. Perfarlo, l’architettura istituzionale del-l’ASEAN potrebbe rivelarsi insuffi-ciente. Sono ancora tanti gli squilibrisociali, le differenze di reddito, i vo-lumi del PIL. Stanno riemergendo,mai sopite, le pulsioni identitarie, l’or-goglio etnico, le rivendicazioni au-tonomiste, l’intolleranza religiosa.L’immensa sovrastruttura asiatica ri-vendica un proprio ruolo e probabil-mente i tradizionali capisaldi del-l’ASEAN – primo fra tutti la non in-terferenza – si mostreranno inade-guati. Dopo aver dato il timbro del-lo sviluppo a dieci paesi diversi, unaloro modifica appare in linea con laglobalizzazione. La potenza di statiforti e unitari, come la Cina e gli Sta-ti Uniti, impone soluzioni diverse per-ché la frammentazione rigida – chepur tanti risultati ha prodotto – rive-lerebbe la sua fragilità in ogni tavo-lo negoziale.

71

THE CHALLENGE

Nasce l’ASEAN Charter, una carta che ha trasformato l’Associazione in un ente giuridico mirando a creare una singola area di libero scambio per la regione.

Viene firmato il Trattato per la zona libera da armi nucleari del Sud-est asiatico, entrato in vigore nel 1997.

Viene firmato il trattato di Amicizia e Cooperazione con la maggior parte degli stati vicini.

Viene adottato il regime CEP (Common Effective Preferential Tariff) come piano per l’eliminazione graduale delle tariffe.

È stata istituita formalmente l’ASEAN Economic Community, un framework politico e normativo per la creazione di un mercato unico nella regione.

V

Si inaugura la Commissione intergovernativa sui diritti umani dell’ASEAN, un nuovo meccanismo per proteggere e promuovere i diritti umani.

P

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a regione del sud-est asiatico, popo-lata da 642 milioni di abitanti, ha co-nosciuto una rapida trasformazioneeconomica ed è emersa come im-portante forza a livello globale. Natanel 1967 per stimolare ulteriormen-te la crescita regionale, l’Associazio-ne delle nazioni del sud-est asiatico(ASEAN) è impegnata nella promo-zione dell’integrazione economicadei suoi dieci stati membri. A ormai50 anni dalla sua creazione, l’ASEANha quasi raddoppiato la propria quo-ta di prodotto interno lordo (PIL)globale – dal 3,3 percento nel 1967 al6,2 percento nel 2016 – diventandola sesta economia mondiale nonché laterza dell’Asia. Questo incremento è destinato acontinuare, dato che, con un tasso dicrescita medio annuo dello 0,9 per-cento, si prevede che la popolazionedella regione raggiunga i 782,8 mi-lioni di abitanti entro il 2040. In untale scenario, l’ASEAN come regio-ne si trova di fronte alla grande sfidadi dover soddisfare in modo sosteni-bile le esigenze dei suoi abitanti, so-prattutto per quanto riguarda la for-nitura di energia – motore del suo svi-

luppo economico – la cui domanda èin continua crescita.

Il raddoppio della domandadi energia al 2040Prendendo come periodo di riferi-mento i 25 anni dal 2015 al 2040, il“5th ASEAN Energy Outlook” suf-fraga la tesi della rapida crescita deipaesi dell’Associazione delle nazionidel sud-est asiatico. Utilizzando comeindicatore il consumo finale di ener-gia totale, si prevede che la doman-

da di energia passi da 427 milioni ditonnellate equivalenti di petrolio(Mtep) nel 2015 a 1046 Mtep nel2040 (ovvero più del doppio), con untasso di crescita annuo del 5,85 per-cento, a fronte di una crescita annuadel 3,4 percento nel periodo com-preso tra il 1995 e il 2015.I settori di industria, trasporti e resi-denziale continueranno a rappresen-tare la quota principale del consumofinale di energia totale, anche se conuna lieve variazione nel corso del tem-

CHRISTOPHER G.ZAMORA

È responsabile del programma diazione dell’ASEAN per la cooperazioneenergetica (APAEC) all’ASEAN Centerfor Energy (ACE), con sede a Giacarta. Il suo ruolo è coordinare e facilitarel’attuazione dell’APAEC 2016-2025 in collaborazione con gli Stati membri e gli organismi energetici dell’ASEAN, i partner e le organizzazioniinternazionali.

L

72numero

quarantatré

Prospettive/Previsioni energetiche e trasformazione economica

La regione dell’ASEAN è emersacome importante forza economicaa livello globale. Oggi si trova di fronte alla grande sfida disoddisfare, in modo sostenibile, le esigenze della sua popolazione,soprattutto per quanto riguarda la fornitura di energia, la cuidomanda è in continua crescita

Un futuro da potenza mondiale

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po (vedi Grafico 1). Nel 2015 tra-sporti e industria costituivano giàoltre la metà del consumo finale dienergia totale ed entro la fine del pe-riodo di riferimento aumenterannofino a rappresentarne i due terzi.L’incremento della domanda di ener-gia nel settore dell’industria e dei tra-sporti indica una tendenza all’urba-nizzazione, che comporta maggiorenecessità di servizi di trasporto. Daprevalentemente agricola, l’ASEANsi appresta dunque a diventare una re-

gione industrializzata. Seguendo l’an-damento dello sviluppo previsto, nelperiodo di riferimento l’ASEAN do-vrebbe registrare un incremento del-la domanda di tutti i tipi di combu-stibile. Quella di prodotti petrolife-ri, ad esempio, conoscerà un au-mento significativo: da 168 Mtepnel 2015 a 472 Mtep nel 2040. Il pe-trolio rimarrà dunque dominante intutti settori, attestandosi a una quo-ta del 40-50 percento tra il 2015 e il2040. Al secondo posto in termini di

consumo finale di energia totale figurail settore elettrico, che passa da 82Mtep nel 2015 a 207 Mtep nel 2040,mentre il settore della produzione del-l’energia elettrica dovrebbe cresceredi pari passo con quello residenzialee industriale.Con l’aumento della domanda dielettricità, la capacità di potenza to-tale di 205 GW del 2015 passerà a323 GW nel 2025 e nel 2040 tripli-cherà il suo valore base attestandosia 629 GW. Stando alle previsioni, per

73

Gigantesche strutture sintetichea forma di alberi che sorgono nel centro di Singapore, vicino al lago artificiale di Marina Bay.Sui tronchi, alti tra i 25 e 50metri, crescono più di 160 milapiante di 200 specie diverse.

Ryan Koopmans è un fotografo olandese-canadese interessato soprattuttoagli ambienti edificati e alle società che sono plasmate da quegli ambienti.

THE CHALLENGE

© RYAN KOOPMANS

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soddisfare l’enorme domanda di ener-gia elettrica la maggior parte degli sta-ti membri dell’ASEAN continuerà afare affidamento sui combustibilifossili, con un leggero aumento del ri-corso alle rinnovabili. Le previsionimostrano che il carbone rimarrà laprincipale fonte di produzione dielettricità nell’ASEAN a seguito del-la messa in servizio di numerosecentrali a carbone nella regione dal-l’inizio degli anni 2000. L’energia elet-trica prodotta a partire dal carbonedovrebbe passare da 63 GW nel2015 a quasi il doppio nel 2025 (119GW) e raggiungere 267 GW nel2040. Inoltre, si prevede che le cen-trali elettriche a gas naturale rad-doppino quasi il valore base, da 77GW nel 2015 a 156 GW nel 2040.Tuttavia, malgrado la dipendenzadai combustibili fossili della regione,è previsto anche uno slancio nel

campo delle rinnovabili. L’energiaelettrica da fonti rinnovabili dovreb-be in effetti passare da 50 GW nel2015 a 93 GW nel 2025 e 183 GWnel 2040.Di conseguenza, si prevede un au-mento di consumo energetico in tut-ti gli stati membri dell’ASEAN. A re-gistrare la maggiore crescita nel pe-riodo di riferimento saranno Cam-bogia, Laos e Vietnam, nonostante nelcomplesso i principali responsabili delconsumo finale di energia totale ri-mangano Indonesia, Thailandia, Viet-nam, Malesia e Filippine, con unaquota combinata di 388 Mtep (90,8percento) nel 2015 e di 972 Mtep(92,9 percento) nel 2040. L’Indone-sia resta il paese più energivoro del-l’ASEAN, responsabile del 39,9 per-cento del consumo finale di energiatotale (417 Mtep) nel 2040. A segui-to del grande sviluppo e dell’aumen-

to dei consumi energetici, si prevedeun incremento anche in termini di of-ferta totale di energia primaria.Osservando l’andamento dell’offertatotale di energia primaria come illu-strato nel Grafico 2, è previsto chel’ASEAN registri una crescita stabi-le, da 627 Mtep nel 2015 a 1450 Mtepnel 2040. Nel 2015 il petrolio è an-cora dominante, rappresentando il 33percento dell’offerta totale di energiaprimaria, ovvero 207 Mtep, seguitodal gas naturale al 23,7 percento(150 Mtep) e dal carbone, l’ultimo trai combustibili fossili con una quota del18,5 percento (circa 116 Mtep). Siprevede inoltre che l’ASEAN conti-nui a dipendere dai combustibili fos-sili per la produzione di energia an-che più avanti nel periodo di riferi-mento, con petrolio, gas e carbone arappresentare il 78,6 percento (circa1139 Mtep) dei 1450 Mtep totali nel

2040. Tuttavia, le rinnovabili regi-streranno un rapido aumento in ter-mini di offerta totale di energia pri-maria, con un tasso di crescita annuocomposto (CAGR) del 4 percento nelcorso del periodo di riferimento.Nel 2015 le fonti rinnovabili costi-tuiscono il 13,6 percento dell’offer-ta totale di energia primaria, con 18Mtep di idroelettrico (2,9 percento),12 Mtep di geotermico (1,9 percen-to) e 55 Mtep di altre fonti (8,88 per-cento). Durante il periodo di riferimento sa-ranno Laos, Vietnam e Filippine a re-gistrare l’aumento più marcato in ter-mini di quota di offerta totale di ener-gia primaria per paese, nonostante In-donesia, Thailandia, Vietnam, Malesiae Filippine restino dominanti in sen-so assoluto. Nel 2023 il Vietnamdovrebbe sorpassare la Malesia, piaz-zandosi al terzo posto.

74numero

quarantatré

POPOLAZIONE DEI PAESI DELL’ASEAN, 2017 Stime nazionali, in migliaia

PIL A PREZZI CORRENTI 2017 (in milioni di USD)E TASSO DI CRESCITA DEL PIL 2010-2017 (in percentuale)

SCAMBI DI MERCI DA PAESI DELL'ASEAN, 2017 (in milioni di USD)

VALORE DELLE IMPORTAZIONI DI PETROLIO GREGGIO DAI PAESI DELL’ASEAN, 2017 (in milioni di USD)

VALORE DELLE ESPORTAZIONI DI OLIO GREGGIO DAI PAESI DELL’ASEAN, 2017 (in milioni di USD)

BRUNEI DARUSSALAM421

12.212 (-0.2%)

0,01.906,0

7.849

CAMBOGIA15.718

22.340 (7,1%)

0,0–

25.563

INDONESIA261.891

1.013.926 (5,5%)

7.063,65.237,6

325.796

3.951,46.954,0

MALESIA32.050

317.252 (5,2%)

412.472

0,0112,0

MYANMAR53.388

65.607(1) (7,0%)

33.131

2,2–

LAOS6.753

17.090 (7,5%)

8.387

SINGAPORE5.612

323.954 (3,9%)

700.946

21.420.269,8

FILIPPINE104.921

313.875 (6,2%)

176.130

3.774,6194,9

THAILANDIA67.653

455.704 (3,1%)

459.458

695,519.858.2

VIETNAM93.672

223.837 (6,1%)

424.557

635,72.830,8

L’ASEANin numeri

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L’equilibrio tra sviluppo e tutela dell’ambienteAlla luce delle dinamiche di doman-da e offerta dell’energia illustrate, èchiaro che l’ASEAN si trova di fron-te a una sfida: mantenere un equilibriotra la fornitura energetica a prezzi ac-cessibili per favorire lo sviluppo e ga-rantire al contempo la sostenibilità ela tutela dell’ambiente. Nel pro-grammare la strategia per raggiungeresostenibilità, economicità, accessibi-lità e sicurezza energetica a livello re-gionale, l’ASEAN ha elaborato l’ASE-AN Plan of Action for Energy Coo-peration (APAEC) 2016-2025, chefunge da linee guida per gli statimembri completandone gli obiettivienergetici nazionali. Forti del soste-gno dell’ASEAN Centre for Energy(ACE) – organizzazione intergover-nativa in seno all’Associazione dellenazioni del sud-est asiatico che rap-presenta gli interessi dei 10 statimembri nel settore energetico – i pae-si ASEAN stanno implementandosette aree di programma di impor-tanza collettiva: la rete elettrica tran-snazionale (ASEAN Power Grid,APG), il gasdotto transnazionale(Trans-ASEAN Gas Pipeline, TAGP),le energie rinnovabili, l’efficienza e ilrisparmio energetico, l’energia nu-cleare civile, le tecnologie del carbo-ne più pulite e la politica e pianifica-zione energetica regionale (RegionalEnergy Policy and Planning, REPP).L’ASEAN ha inoltre fissato un targetregionale per portare la quota di rin-novabili nel mix energetico al 23percento entro il 2025 e ridurre lapropria intensità energetica del 20 per-cento entro il 2020. Questo ultimotarget è già stato raggiunto nel 2016,con una riduzione aggregata dell’in-tensità energetica del 21,9 percento.Ora l’Associazione intende prose-guire e centrare l’obiettivo di ridu-zione a medio termine del 30 percentoentro il 2030. Nel 2015 la quota dirinnovabili nell’offerta totale di ener-gia primaria dell’ASEAN si attestavaal 13,6 percento, un divario di circail 10 percento rispetto all’obiettivoprefissato, per raggiungere il quale ipaesi ASEAN dovranno intensifica-re i propri sforzi. Poiché la regionepuò ora approfittare di tecnologie rin-novabili più economiche e di un au-mento degli investimenti nel settore,questo è il momento opportuno perampliare lo sviluppo su larga scala del-le rinnovabili.

Diversità geografiche e potenziali energetici diversiA tal fine, l’ASEAN dovrebbe tenerconto delle diversità di risorse ener-getiche e sviluppo economico di cia-scun stato membro, che si traduco-no in priorità di pianificazione ener-getica diverse. Alcuni paesi, ad esem-pio, hanno raggiunto un tasso dielettrificazione del 100 percento,

mentre altri devono ancora metter-si al passo. Inoltre, alle diversità geo-grafiche corrispondono potenzialienergetici diversi. Cambogia, Laos,Myanmar e Vietnam, ad esempio, di-spongono di abbondanti risorseidroelettriche, mentre Indonesia e Fi-lippine sono ricche di risorse geo-termiche. Tali disparità devono esseretenute in considerazione nella crea-zione di una strategia regionale vol-ta a potenziare lo sviluppo delleenergie rinnovabili.Queste differenze rappresentano tut-tavia anche punti di forza e un’op-portunità per un’integrazione ener-getica regionale più inclusiva. In ef-fetti, la diversità apre le porte all’in-novazione, in particolare per poten-ziare la resilienza di fronte a crisi ener-getiche e per raggiungere una con-nettività regionale. Il potenziamentodi progetti multilaterali di intercon-nessione potrebbe portare alla con-divisione di risorse, che a sua volta au-menterebbe la diffusione delle rin-novabili per elettrificare le zone ru-rali e remote, riducendo dunque la di-pendenza da combustibili fossili de-gli stati membri. A questo scopo,l’ASEAN deve superare barriere tec-niche e normative. Per promuoverel’interconnettività a livello regionaleoccorrono innanzitutto un accordo eun impegno a lungo termine, ac-compagnati dalla creazione di buoniquadri di riferimento per le questio-ni giuridiche e tecniche. Alcuni pas-si verso l’interconnessione sono sta-ti già stati compiuti nell’ambito delquadro dell’APG. Il Lao PDR-Thai-land-Malaysia-Singapore (LTMS)Power Integration Project, ad esem-pio, è il primo scambio multilatera-le di elettricità all’interno della re-gione. L’ACE ha inoltre assistitol’Heads of ASEAN Power Utili-ties/Authorities (HAPUA) - enteenergetico responsabile dell’APG -nella realizzazione dell’accordo diacquisto e trasporto di energia firmatonel 2017 da Laos, Malesia e Thai-landia. In base a tale accordo la Ma-lesia acquisterà fino a 100 MW dienergia elettrica dal Laos utilizzandola linea di trasmissione della Thai-landia. Questa significativa impresacollettiva rappresenta un’importantepietra miliare per l’ASEAN.Grazie alla collaborazione e agli sfor-zi congiunti, la regione sta colman-do il divario tra l’attuale livello di rin-novabili e il target previsto dal-l’APAEC. Catalizzatore regionale,polo di conoscenze e think tank vol-to a potenziare la cooperazione ener-getica all’interno dell’ASEAN, l’ACEeffettua molteplici studi e attività dicapacity building per aiutare gli sta-ti membri a raggiungere gli obietti-vi dell’APAEC. Per promuovere lerinnovabili e l’efficienza e il risparmioenergetico nella regione, l’ACE col-labora con partner di dialogo e or-

ganizzazioni internazionali come laDeutsche Gesellschaft für Interna-tionale Zusammenarbeit (GIZ)GmbH e il Japan-ASEAN Integra-tion Fund (JAIF), conducendo studi,organizzando attività di capacity buil-ding e lanciando iniziative con gli sta-ti membri. L’ASEAN Energy Ou-tlook, ad esempio, viene redatto dal-l’ACE per analizzare in maniera piùapprofondita le esigenze energetichedella regione e identificare racco-mandazioni per migliorarne il profi-lo energetico. L’ACE ha inoltre pub-blicato uno studio sul costo del-l’elettricità attualizzato per le tecno-logie rinnovabili nell’ASEAN, al finedi incentivare la creazione di merca-ti di rinnovabili competitivi. Coinvolgendo molteplici attori chetraggono vantaggio dalla collabora-zione e dallo scambio di conoscenze,azioni di questo tipo forniranno agli

stati membri dell’ASEAN le risorsee le competenze per migliorare ipropri piani energetici e tradurli inmisure concrete. Inoltre, dal mo-mento che la regione sta seguendo di-verse tendenze globali, ad esempioquella della digitalizzazione, l’ASE-AN dovrebbe riuscire a portare avan-ti il proprio sviluppo energetico inmaniera più lungimirante. Grazie alpotenziamento della cooperazionetra i governi degli stati membri e i loropartner nonché allo sviluppo di nuo-ve e innovative tecnologie, in futurosi prospettano per l’ASEAN maggioreconnettività energetica e una piùampia integrazione dei mercati, pre-supposti fondamentali per raggiun-gere sicurezza, accessibilità, econo-micità e sostenibilità energetica pertutti, come auspicato dall’APAEC.

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THE CHALLENGE

1. CONSUMO FINALE DI ENERGIA PER SETTORE

2. OFFERTA TOTALE DI ENERGIA PRIMARIA PER COMBUSTIBILE

Mtep Quota1200

1000

800

600

400

200

0

100%

90%

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70%

60%

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20%

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0%

2005

2010

2015

2020

2025

2030

2035

2040

Quota100%

90%

80%

70%

60%

40%

30%

20%

10%

0%20

40

USI NON ENERGETICI AGRICOLTURA COMMERCIALE RESIDENZIALE TRASPORTI INDUSTRIA

2005 2015 2025 2040

Mtep

2005

2010

2015

2020

2025

2030

2035 2005 2015 2025 2040

1600

1400

1200

1100

800

600

400

200

0

ALTRO BIOMASSE TRADIZIONALI ALTRE RINNOVABILI GEOTERMICO

IDROELETTRICO NUCLEARE GAS NATURALE PETROLIO CARBONE

Nel 2015 trasporti e industria costituivano oltre la metà del consumofinale di energia dell’ASEAN ed entro la fine del 2040 aumenterannofino a rappresentarne i due terzi. L’incremento della domanda dienergia nel settore dell’industria e dei trasporti indica una tendenzaall’urbanizzazione della regione, che comporta maggiore necessità di servizi di trasporto.

L’ASEAN registrerà una crescita stabile dell’offerta totale di energia,da 627 Mtep nel 2015 a 1450 Mtep nel 2040. Nel periodo diriferimento, la regione continuerà a dipendere dai combustibilifossili, con petrolio, gas e carbone a rappresentare il 78,6 percentodell’offerta nel 2040. Tuttavia, anche le rinnovabili registreranno un rapido aumento.

Fonte: The 5th ASEAN Energy Outlook

Fonte: The 5th ASEAN Energy Outlook

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numero

quarantatré

Giappone/La mancanza di risorse naturali e l’importanza della politica energetica

L’ascesa cinese ha creato una situazione di notevole difficoltà per ilgoverno di Abe sia sul piano della sicurezza sia su quello economico.Difficoltà aggravate da alcune scelte di politica estera di Trump

La strategia di Tokyo, tra Cina e USA

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l Giappone si trova oggi di fronte aduno scenario geopolitico molto com-plesso e ricco di sfide. In primo luo-go, è il paese asiatico che percepiscecon più intensità la minaccia cinese siain termini di sicurezza sia in terminidi status e prestigio. Inoltre, la poli-tica estera dell’amministrazioneTrump ha contribuito a complicareulteriormente alcune delle sfide geo-politiche ed economiche, generatedall’ascesa di Pechino.Il governo Abe ha risposto a questesfide con una strategia multi-dimen-sionale mirata a raggiungere una se-rie di obiettivi distinti: (1) mantene-re la coesione dell’alleanza con gli Sta-ti Uniti durante la presidenza Trump;(2) preservare le norme fondamentalidell’ordine politico ed economicoregionale, ampliando il ruolo delGiappone al suo interno; (3) costrui-re un rapporto stabile, sebbene par-zialmente competitivo, con la Cina.

La strategia per le spese militariL’ascesa cinese rappresenta una mi-naccia fondamentale sia alla sicurez-za sia per lo status di Tokyo nella re-gione. I dati sulle spese militari dan-no un’idea chiara della portata del-l’ascesa militare cinese. Nel 2000 laCina dichiarava un budget di 22 mi-liardi di dollari. Oggi quella cifra è sa-lita a 182 miliardi. Nel 2000 il Giap-pone spendeva 42 miliardi di dollari,mentre oggi spende circa 48 miliardi. Oltre all’espansione quantitativa del-le proprie risorse militari, l’EsercitoPopolare di Liberazione ha dato vitaad un vasto programma di moder-nizzazione, che include lo sviluppo dicapacità di proiezione di potenza intutta la Prima Catena di Isole, che vadal Giappone a Singapore; ha mi-gliorato il livello tecnologico di tut-ti i settori delle forze armate e ha svi-luppato una marina militare in gradodi sfidare non solo quella giappone-se, ma anche la settima flotta ameri-cana schierata nel Pacifico. Ciò hapermesso alla Cina di promuovereuna strategia mirata ad ottenere ilcontrollo del Mare Cinese Meridio-nale – che passa anche dall’occupa-zione progressiva di isole contestate– e a diminuire la credibilità delle al-leanze tra Stati Uniti e i loro alleatiasiatici. Pechino e Tokyo, inoltre, sono coin-volti in una disputa territoriale che ri-guarda le isole Senkaku-Diaoyu.Questa disputa si è periodicamenteriaccesa negli ultimi anni, e rappre-senta un termometro per l’anda-mento dei rapporti bilaterali tra i duepaesi.In questo contesto i problemi per ilGiappone sono molteplici. In primoluogo, la Cina in pochi anni, è di-ventata la maggiore potenza milita-re della regione, rendendo l’alleanzacon Washington vitale per la sicurezza

del paese. In secondo luogo, l’ascesacinese e la strategia ibrida, messa inatto nel Mare Cinese Meridionale,comportano due rischi: la possibile in-terruzione della principale via di co-municazione marittima che collegaGiappone, il Medio Oriente e l’Eu-ropa in caso di escalation e la possi-bile erosione della credibilità delle al-leanze americane nella regione.La Cina non rappresenta però solo unproblema di sicurezza. Costituisce an-che una minaccia allo status delGiappone, che dalla restaurazioneMeiji, nella seconda metà dell’Otto-cento, in poi è stato il paese più pro-spero e più avanzato dell’Asia Orien-tale. Ora questo status è minacciatodall’ascesa economica cinese. Nel 1990 il PIL giapponese rappre-sentava circa il 70 percento dellaricchezza della regione, mentre laCina era ferma al 10 percento. Oggiquesta proporzione si è invertita: laCina produce il 50 percento del PILregionale. Inoltre il Dragone si è an-che proposto come leader nel campodei processi di governance economi-ca e finanziaria regionale: gli esempipiù significativi sono la Nuove Viadella Seta (o Belt and Road Initiati-ve), la creazione della Banca Asiaticaper le Infrastrutture e gli Investimenti(AIIB) e la promozione del mega ac-cordo commerciale definito RegionalComprehensive Economic Partner-ship (RCEP).

Abe, Trump e l’alleanzaNell’ultimo decennio, ed in partico-lare dopo il ritorno di Shinzo Abe allaguida del governo, la risposta delGiappone all’ascesa cinese ha messoin campo diverse strategie: il raffor-zamento dell’alleanza con gli StatiUniti, culminata con l’approvazione,nel 2015, delle nuove linee guida perla difesa; la costruzione di rapporti bi-laterali e mini-laterali con altri par-tner asiatici, quali il “QUAD”, conAustralia e India; il tentativo di co-struire forme di governance econo-mica “trans-pacifici”, quali la Trans-Pacific Partnership.Questa strategia multidimensionale èstata messa in seria difficoltà dal-l’elezione di Donald Trump alla pre-sidenza degli Stati Uniti. Sia da can-didato sia da presidente Trump ha di-chiarato più volte il suo scetticismonei confronti delle alleanze, e ha ac-cusato i principali partner europei edasiatici di sfruttare le alleanze per evi-tare di “pagare il conto” in termini dispese militari. Trump, inoltre, si è di-chiarato contrario a ribadire, in modoincondizionato, l’impegno america-no nella difesa dei propri alleati, su-bordinando la prosecuzione delle al-leanze a possibili concessioni econo-miche e commerciali. Nel settore economico, Trump ha im-mediatamente dichiarato l’uscita dal-la TPP, mossa interpretata nella re-

77

Il piano di azione multi-dimensionale del governo giapponesepunta a preservare l’alleanza con Washington, espandere i rapporti di collaborazione con le altre democraziedella regione e regolare gli aspetti competitivi della relazione con la Cina.

MATTEO DIAN

È docente presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Socialidell’Università di Bologna. Il suo ultimolibro è “New Regional Initiatives in China’s Foreign Policy. The IncomingPluralism in Global Governance”,Palgrave MacMillan, 2018, con SilviaMenegazzi.

I

THE CHALLENGE

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0,8%TASSO DI CRESCITA

REALE ANNUO(2018)

0,2%INDICE DEI PREZZIAL CONSUMO (CPI)

(FEBBRAIO 2019)

¥548.904,4miliardi (5.023 MILIARDI DI $)PIL NOMINALE (2018)

DATI MACROECONOMICI

2,3%TASSO DI DISOCCUPAZIONE(FEBBRAIO 2019)

TOKYO

IL MIX ENERGETICOLo Strategic Energy Plan giapponese prevede, entro il 2030, una drastica riduzione dell’uso dei combustibili fossili, compensata da un significativo incremento del nucleare, che dovrebbe tornare a fornire quasi un quarto del fabbisogno energetico del paese.

RINNOVABILE

COMBUSTIBILI FOSSILI

NUCLEARE

2010(PRE-FUKUSHIMA) 2016

2030

(PREVISIONE)

10%

2%

15%25%

65% 83% 56%

22%22%

gione come la fine del tentativo di pla-smare le norme dell’integrazioneeconomica regionale in favore diuna forma di capitalismo di liberomercato, a vantaggio del capitali-smo di stato cinese. L’amministra-zione Trump, inoltre, ha imposto ta-riffe contro i propri alleati, incluso ilGiappone, colpendo settori quali al-luminio e acciaio. Abe ha messo in campo una rispostachiara, attribuendo priorità assolutaalla sicurezza e al mantenimento del-l’alleanza con Washington. Subitodopo le elezioni del novembre del2016 ha cercato di costruire un rap-porto personale privilegiato conTrump e di separare la gestione del-l’alleanza dalla serie di problemi po-litici ed economici generati dallanuova amministrazione americana.Per il momento la strategia di Abe hapermesso di evitare una crisi piùprofonda nei rapporti bilaterali ed haattenuato i timori giapponesi di un di-simpegno americano. Inoltre, sviluppisfavorevoli al Giappone, come un ac-cordo bilaterale tra Stati Uniti con laCorea del Nord in assenza di de-nu-clearizzazione, appaiono oggi menoprobabili rispetto al passato recente. Ciò non ha però completamente dis-sipato il clima di incertezza che ca-ratterizza l’alleanza durante l’ammi-nistrazione Trump. Tokyo teme sia ilrischio di “intrappolamento”, nelcaso in cui la guerra commerciale conla Cina porti ad un innalzamento del-la tensione tra le due grandi potenzeanche nel settore militare, sia unpossibile “abbandono”, nell’ipotesi incui Trump sia pronto ad accettare ac-cordi con Pechino che danneggino gliinteressi e la sicurezza giapponesi.

I piani regionali del governo giapponeseLe altre direttrici della strategia di Abesono considerate complementari enon sostitutive dell’alleanza con gliStati Uniti. In primo luogo, il Giap-pone ha promosso una serie di ini-ziative bilaterali e mini-laterali che

coinvolgono una serie di partner inAsia Orientale e Sud-Orientale. Que-ste iniziative sono mirate a contrastarel’espansione dell’influenza cinese nel-la regione, sia nel settore economicosia nell’ambito della difesa.Nel settore politico-militare Tokyoha fortemente sostenuto l’idea del“QUAD”, ovvero della cooperazio-ne quadrangolare tra le democraziedella regione, oltre a Giappone e Sta-ti Uniti, India e Australia. Il mancatosuccesso di questa iniziativa ha in-dotto il governo giapponese a con-centrare i propri sforzi sulla pro-mozione di nuove relazioni bilateralinel campo della sicurezza. Ciò haportato alla creazione di accordi bi-laterali con Australia, Vietnam, Fi-lippine e Indonesia. Queste par-tnership, sebbene non costituiscanovere e proprie alleanze, hanno favo-rito lo sviluppo di nuove forme dicooperazione in particolare nel cam-po dell’addestramento, della sorve-glianza e del pattugliamento di areemarittime e nella cooperazione tec-nologica in campo navale. Lo sfor-zo giapponese di creare un networkdi nuove relazioni nel settore delladifesa rappresenta un tentativo diaiutare gli stati, in particolare nelsud-est asiatico, che non sono in gra-do di opporre resistenza all’aggres-sività di Pechino. Nel settore della governance eco-nomica il Giappone ha cercato di rea-gire alla svolta protezionista impostada Trump in diversi modi. In primoluogo, ha promosso l’approvazione ela firma della nuova versione dellaTPP, denominata TPP-11 o Com-prehensive and Progressive Agree-ment for a Trans-Pacific Partnership.Questo accordo, che include i partnerprecedenti della TPP, ad esclusionedi Washington, tenta di dare vita adun’area “trans-Pacifica” di integra-zione, basata su un approccio di liberomercato, che limita in modo signifi-cativo il ruolo del settore pubblico edelle imprese di stato, creando cosìun ambiente inospitale per le imprese

78Fonte: Strategic Energy Plan

numero

quarantatré

Il Giapponein num

eri

Fonte: FocusEconomics

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di stato cinesi. Il peso della TPP-11per quanto significativo è, tuttaviamolto ridotto dall’assenza degli Sta-ti Uniti.L’altro passo significativo è l’appro-vazione dei due accordi con l’Unio-ne Europea: l’Accordo per il Parte-nariato Strategico e l’Accordo per ilPartenariato Economico. Entrambisegnalano come il Giappone, cosìcome l’Unione Europea, cerchi diconsolidare l’ordine internazionalecontemporaneo, minacciato non solodall’ascesa cinese, ma anche dallepolitiche dell’amministrazione Trump.

Il rapporto con la CinaNonostante la Cina rappresenti peril Giappone una sfida fondamentaleed una minaccia al proprio status nel-la regione, il governo giapponese ècosciente della necessità di costrui-re una relazione stabile e funzionante,per quanto parzialmente competiti-va con Pechino.Questa necessità è determinata sia dal-l’elevata interdipendenza tra le dueeconomie, sia dal fatto che la sicurezzagiapponese sarebbe fortemente mi-nacciata da un’escalation militare.Inoltre, l’incertezza che caratterizzal’alleanza con gli USA durante la pre-sidenza Trump rende la posizionegiapponese ancora più precaria.Dopo sei anni senza visite di stato bi-laterali, il premier cinese Li Keqiangè andato in visita a Tokyo, e Abe si èrecato a Pechino in occasione del qua-rantesimo anniversario del Trattato Bi-laterale di Pace e Amicizia del 1978. Queste visite hanno portato ad una se-rie di accordi. Il più significativo ri-guarda la svolta giapponese sul pro-getto Belt and Road. Tokyo ha deci-so di passare da un’implicita opposi-zione al progetto ad una partecipazionecon una quota notevole di investimenti(fino a 18 miliardi di dollari).Alcuni sviluppi significativi hanno toc-cato anche il settore della sicurezza.Nel giugno del 2018, i due paesi han-no approvato una linea di comuni-cazione diretta tra le forze armate, mi-rata ad evitare incidenti ed escalationindesiderate.Sarà possibile dare un giudizio defi-nitivo sul significato politico e stra-tegico di questi accordi solo nel me-dio-lungo periodo. Ad oggi sembra-no indicare la volontà delle due par-ti di regolare la competizione bilate-rale, limitandone le ricadute econo-miche e di sicurezza. Solo il tempodirà se si tratta di una distensione bi-laterale generata dalle tensioni traWashington e Pechino, unite alle dif-ficoltà attraversate dall’alleanza, o sesi tratta di una svolta significativa neirapporti bilaterali.

La politica energeticaIn questo contesto la politica ener-getica assume un’importanza semprepiù centrale per il Giappone, paese

completamente privo di risorse na-turali. La dipendenza energetica dal-l’estero, e la vulnerabilità a potenzialishock esterni tendono ad accentuareulteriormente i rischi per il paese.Il disastro di Fukushima, seguito alterremoto e allo tsunami dell’11marzo 2011, ha aggravato questa si-tuazione. Il governo è stato costret-to a chiudere numerose centrali nu-cleari e a ridurre l’utilizzo di altre, por-tando il tasso di autosufficienza ener-getica dal 20 percento del 2010 a li-velli inferiori al 10 percento negli annisuccessivi. Ciò ha comportato un incremento deiprezzi dell’energia elettrica e un au-mento della dipendenza sia dal pe-trolio mediorientale sia dall’LNGimportato da Qatar, Australia e In-donesia, accrescendo ulteriormentel’importanza delle linee di comuni-cazione marittima che passano per il

Mare Cinese Meridionale. Il governo giapponese ha recente-mente pubblicato un nuovo pianoenergetico, chiamato Strategic Ener-gy Plan 2030. Questo piano prevedeuna drastica riduzione dell’uso deicombustibili fossili, con una diminu-zione dell’uso del petrolio al 3 percentodel fabbisogno, mantenendo LNG ecarbone attorno al 25 percento. Questo piano evidenzia l’impossibi-lità di costituire un mix energetico cheriduca la dipendenza da combustibi-li fossili, e di conseguenza menosoggetto a shock esterni, senza tornaread investire in modo molto signifi-cativo sull’energia nucleare, che do-vrebbe fornire circa il 22 percento delfabbisogno nel 2030.

Uno sguardo al futuroL’ascesa cinese e la politica estera del-l’amministrazione Trump hanno crea-

to una situazione di notevole difficoltàper il Giappone, che deve fronteg-giare una Cina sempre più assertivasia nel settore della sicurezza sia nelsettore economico. Il governo Abe ha messo in campouna strategia multi-dimensionale chepunta a preservare l’alleanza conWashington, espandere i rapporti dicollaborazione con le altre democra-zie della regione e a regolare gliaspetti competitivi della relazionecon la Cina. Questa strategia, perquanto abbia ottenuto risultati si-gnificativi nel breve e medio periodo,non può nascondere quanto il Giap-pone abbia bisogno, nel lungo pe-riodo, di una politica estera americanain grado di fornire sicurezza stabili-tà e promuovere un sistema di go-vernance economica aperta.

79

THE CHALLENGE

Le mosse di Abe STATI UNITI. Subito dopo le elezioni del novembre del 2016 Abe cerca dicostruire un rapporto personale privilegiatocon Trump, separando la gestionedell’alleanza dai problemi politici ed economici generati dalla nuovaamministrazione americana, scettica riguardoalla cooperazione su difesa e sicurezza e protezionista in ambito commerciale.

CINADurante la visita di Abe a Pechino inoccasione del quarantesimo anniversario del Trattato Bilaterale di Pace e Amicizia del 1978, Cina e Giappone siglano una seriedi accordi strategici in materia di commercio,finanza, tecnologia e cooperazione per lo sviluppo. Il più significativo è quello che riguarda la Belt and Road Initiative:Tokyo decide di passare da un’implicitaopposizione al progetto ad unapartecipazione con una quota notevole di investimenti (fino a 18 miliardi di dollari).

UNIONE EUROPEAGiappone e Unione Europea siglanol’Accordo per il Partenariato Strategico e l’Accordo per il Partenariato Economico.Quest’ultimo è entrato in vigore il 1ºfebbraio 2019 creando una zona di liberoscambio che interessa 635 milioni di persone e circa un terzo del PILcomplessivo a livello mondiale.

ASIA-PACIFICOIl mancato successo del QUAD(cooperazione quadrangolare traGiappone, USA, India e Australia),induce il governo giapponese a concentrare i propri sforzi sulla promozione di nuove relazionibilaterali nel campo della sicurezza,siglando accordi con Australia,Vietnam, Filippine e Indonesia.Sul versante economico, Abepromuove la firma della nuovaversione della TPP, denominataTPP-11 o Comprehensive andProgressive Agreement for a Trans-Pacific Partnership, che include tutti i partner precedenti della TPPad esclusione di Washington.

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pesso, quando si vuole fornire una de-scrizione del posizionamento dellaCorea in politica estera, si ricorre aldetto “in una lotta tra balene il gam-beretto soccombe”. Se, infatti, il re-lativo isolamento geografico dellapenisola ha talvolta offerto protezio-ne alle sue genti, spesso, nel corso deisecoli, la Corea si è trovata, suo mal-grado, coinvolta in una tumultuosacontesa tra potenze, che ha costan-temente provocato massicce deva-stazioni. Nel XVI secolo, la deter-minazione giapponese nel sostituir-si, in qualità di egemone regionale,alla Cina dei Ming condusse allaGuerra del fiume Imjin, che ebbe laCorea come teatro di scontro; nel se-colo successivo fu la volta dei Man-chu, i quali, volendo sovvertire il do-minio dei Ming, trascinarono la Co-rea in un sanguinoso conflitto. Se, nelXIX secolo, la Corea si trovò investitadal conflitto sino-giapponese, in quel-lo successivo essa fu al centro degli ap-petiti di russi e giapponesi, finendoper essere assoggettata alla brutale co-lonizzazione imposta da questi ulti-mi. Alla fine della seconda guerramondiale, proprio quando la libera-zione dal giogo coloniale sembravapoter finalmente segnare l’inizio di unperiodo di tranquillità e indipen-denza, la penisola dovette subire la di-visione imposta dalla contrapposi-zione dei due blocchi emersi dallaGuerra fredda, che sfociò nella san-guinosa Guerra di Corea (1950-53). Il destino della Corea sembra non es-sere cambiato nel corso di questo se-colo, dato che il paese appare stret-to in una morsa tra il suo storico al-leato, gli Stati Uniti, e la potenza in

La metropolitana di Seoul è uno dei sistemi di trasporto urbano piùutilizzati al mondo, con oltre 8 milioni di spostamenti giornalieri.

Studentesse di Seoul. Il numero di ore di studio nella scuola superioreè altissimo (fino a 21 ore al giorno), soprattutto durante l’ultimo anno.

Dongdaemun Design Plaza. Centro culturale situato nel quartiereDongdaemun, punto di riferimento dello sviluppo urbano di Seoul.

ANTONIO FIORI

È docente di Storia e istituzioni dell’Asiaall’università di Bologna e analistapresso l’Ispi. La sua pubblicazione piùrecente è “The Korean Paradox:Domestic Political Divide and ForeignPolicy in South Korea”, Abingdon,Routledge, 2019 (con Matteo Dian eMarco Milani).

S

80numero

quarantatré

Corea del Sud/Le possibili conseguenze della crisi dei dazi

Il paese appare stretto in unamorsa tra il suo storico alleato, gliStati Uniti, e la potenza in ascesa,la Repubblica Popolare Cinese,che, dopo aver riaperto i canalidiplomatici formali con Seoul nel 1992, ha finito per diventarneil principale partner economico

Tra due fuochi

© FILIPPO VENTURI

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MADE IN COREAIn meno di mezzo secolola Corea è diventata unodei paesi più moderni e tecnologicamenteavanzati al mondo. La rincorsa al progressoè stata realizzataimponendo alla societàuno smisurato sensodella competizione, nellaricerca della perfezionedal punto di vistascolastico, professionaleed estetico. Nella foto in alto,grattacieli nella città di Incheon. In basso, la riproduzione dellafontana di Trevi nelcentro commercialeLotte World, a Seoul.

Filippo Venturi (Cesena, 1980) è un fotografo documentarista. I suoi lavori sono stati pubblicati su giornali come The Washington Post, Financial Times, Newsweek,Vanity Fair, Der Spiegel, e Geo.

THE CHALLENGE

© FILIPPO VENTURI

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1,8%TASSO DI CRESCITAANNUALE DEL PIL

4,1%TASSO DI DISOCCUPAZIONE

0,6%TASSO DI INFLAZIONE

4.120BILANCIA COMMERCIALE(milioni di dollari)

DATI MACROECONOMICI

ascesa, la Repubblica Popolare Cineseche, dopo aver riaperto i canali di-plomatici formali con Seoul nel 1992,ha finito per diventarne il principalepartner economico. Anche il rapportocon gli Stati Uniti si è però evoluto,andando oltre i meri dettami in am-bito di sicurezza: allo stato attuale, peresempio, l’interazione commercialetra Seoul e Washington è superioreai 70 miliardi di dollari. Le crescen-ti tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina,tuttavia, rischiano di rimettere laCorea del Sud al centro di un peri-coloso fuoco incrociato, manifestatosigià in diverse occasioni, come nel-l’estate del 2015, allorché in Corea siinizio a discutere dell’eventualità diunirsi alla Banca InfrastrutturaleAsiatica – creazione cinese alla qua-le gli Stati Uniti si erano fortemen-te opposti – e soprattutto nell’estatesuccessiva, a causa dell’annosa disputasul dislocamento sul suolo coreano delsistema antimissile THAAD.

La controversia con Pechinosul sistema antimissile Immediatamente dopo essere statoeletto presidente, nel maggio del2017, Moon Jae-in dovette confron-tarsi con una delle questioni più spi-nose lasciategli in eredità dal suo pre-decessore, Park Geun-hye, la quale,successivamente al quinto test nuclearenordcoreano, avvenuto nel gennaio del2016, aveva deciso di dotare il propriopaese del THAAD (Terminal High Al-titude Area Defense), che sarebbestato fornito dagli americani. L’emer-sione della corrotta gestione del potereda parte della presidentessa Park, checondusse all’impeachment e al suc-cessivo arresto, aveva messo in dubbiola necessità di dare seguito alla forni-tura del THAAD, di cui Moon Jae-in– allora candidato progressista alle pre-sidenziali – non era interamente con-vinto, soprattutto a causa del forte mal-contento cinese. La decisione, tutta-via, non poté essere sovvertita ed ilTHAAD, posizionato nella zona di Se-ongju, tra le vibranti proteste della po-polazione locale, fu reso attivo. La di-sputa sul THAAD si riverberava su unamoltitudine di questioni di primariaimportanza, concernenti l’assetto po-litico interno della Corea del Sud, il fu-turo delle relazioni tra Seoul e Pechi-no, e l’efficacia della deterrenza neiconfronti di Pyongyang. Nella pro-spettiva di politica estera, l’ammini-strazione Moon era obbligata a bi-lanciare la sua rilevante alleanza con gliStati Uniti con la nuova posizione as-sunta nei confronti della Corea delNord e i legami crescentemente im-portanti con Pechino. Quest’ultima fuparticolarmente irritata dalla decisio-ne sudcoreana di accettare il posizio-namento del THAAD, sostenendocome esso avrebbe potenzialmentereso più difficile la sua capacità di rea-zione e, soprattutto, avrebbe “allungato

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quarantatré

Quasi i quattro quinti (78,9%) delle esportazioni della Corea del Sudnel 2018 hanno riguardato 15 paesi. Il primo partner commerciale in assoluto è la Cina che riceve il 26,8% delle esportazioni, il secondogli Stati Uniti con una quota del 12,1%.

Export, i partner principali

CINA: $ 162,2 miliardi (26,8% delle esportazioni totali della Corea del Sud)

STATI UNITI: $ 73,1 miliardi (12,1%)

VIETNAM: $ 48,6miliardi (8%)

HONG KONG:$46miliardi (7,6%)

GIAPPONE: $ 30,6miliardi (5,1%)

TAIWAN: $ 20,8miliardi (3,4%)

INDIA: $ 15,6miliardi (2,6%)

FILIPPINE: $ 12,1 miliardi (2%)

SINGAPORE: $ 11,9 miliardi (2%)

MESSICO: $ 11,5 miliardi (1,9%)

AUSTRALIA: $ 9,6 miliardi (1,6%)

GERMANIA: $ 9,4 miliardi (1,5%)

MALESIA: $ 9 miliardi (1,5%)

INDONESIA: $ 8,9 miliardi (1,5%)

THAILANDIA: $ 8,5 miliardi (1,4%)

RESTO DEL MONDO: $ 125 miliardi (21%)

Fonte: CIA World Fact Book, 2019

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gli occhi” all’interno del territoriocinese, grazie al potente radar di cui ilsistema dispone. I media cinesi co-minciarono a battere insistentementesulle “conseguenze” che la Corea delSud avrebbe subito a causa della de-cisione di accogliere il sistema anti-missile, asserendo che ciò avrebbepotenzialmente comportato l’avviodi una corsa al riarmo nel continenteasiatico con l’obiettivo di “contenere”la Cina. Pechino decise quindi subitodi dare vita ad un’intensa pressione aidanni della Corea del Sud, rispon-dendo con l’adozione di una serie dimisure sanzionatorie di tipo econo-mico. La questione relativa al THA-AD ha aperto un grande ed interes-sante interrogativo in relazione all’at-teggiamento che Pechino potrebbe te-nere nei confronti di Seoul. Se, infat-ti, la relazione tra Seoul e Pechino hacontinuato a crescere ed a consolidarsisia dal punto di vista economico sia daquello politico a seguito dell’aperturadi canali diplomatici avvenuta nel1992, ciò che è avvenuto dimostre-rebbe come Pechino avanzi delle con-tinue richieste di osservanza del prin-cipio di sovranità e di non interferen-za a proprio vantaggio, ma adotti uncomportamento completamente di-verso nei riguardi delle potenze “piùdeboli”. L’interferenza cinese nei con-fronti della politica interna di Seoul,l’aperta pressione, il mancato rispet-to di qualsivoglia protocollo diplo-matico e, soprattutto, la totale indif-ferenza dell’indisputabile diritto diSeoul di accogliere qualunque dispo-sitivo atto a difendere i propri confi-

ni nazionali potrebbe certamente ri-proporsi in futuro, considerata la ne-cessità della Corea del Sud di proce-dere alla modernizzazione del suoapparato di difesa, congiuntamente oindipendentemente dagli Stati Uniti. La controversia sul THAAD ebbe del-le notevoli ripercussioni sull’economiasudcoreana – dato che il mercato ci-nese rappresentava circa un quarto del-le esportazioni nazionali – e, più in ge-nerale, sulle relazioni tra Seoul e Pe-chino. Quando la rappresaglia neiconfronti del gruppo Lotte – uno deipiù importanti conglomerati industrialisudcoreani, resosi responsabile dellacessione del terreno che avrebbe do-vuto accogliere il THAAD – comin-ciò a svilupparsi, il costo che l’econo-mia sudcoreana dovette sopportare fualtissimo, pari a circa 7,6 miliardi didollari nel solo 2017. Il governo cinese,inoltre, adducendo una serie di viola-zioni relative alla sicurezza, decise disospendere l’attività del gruppo Lot-te, che fu costretto a mettere in ven-dita molti dei suoi punti vendita. In ag-giunta, i programmi televisivi prodottiin Corea furono banditi e una fortestretta fu imposta anche sull’industriadel turismo e su quella delle automo-bili. I cinesi, naturalmente, masche-rarono tali misure sostenendo che sitrattasse esclusivamente di scelte as-sunte liberamente dai consumatori.

L’inversione di rotta dei cinesie i “3 no” di SeoulAlla fine di ottobre 2017, tuttavia, icinesi modificarono il proprio atteg-giamento, decidendo di seppellire

l’ascia di guerra. Entrambi i paesi ri-lasciarono delle dichiarazioni in cuisostenevano di volersi lasciare l’ac-caduto alle spalle. Le ragioni di que-sto repentino cambiamento nonsono mai state interamente chiarite epotrebbero, probabilmente, esserestate originate dal convincimento daparte cinese che ormai nulla potevaessere più fatto per ostacolare il po-sizionamento del THAAD sul suolocoreano, decidendo, quindi, di assi-curarsi qualunque concessione an-cora possibile da parte sudcoreana.Seoul, da parte sua, fece delle con-cessioni sostanziali annunciando icosiddetti “3 no”: • nessuna aggiunta al sistema anti-missile esistente;

• nessuna partecipazione sudcoreanaa un sistema integrato di difesa co-ordinato dagli americani;

• e nessuna possibilità di dare vitaad una alleanza trilaterale con ame-ricani e giapponesi.

La Cina, tuttavia, non ha mai inte-ramente rinunciato ad esercitarepressioni sulla Corea del Sud: du-rante i colloqui bilaterali tenutisi inoccasione del vertice annuale del-l’ASEAN nell’agosto del 2018, il mi-nistro degli esteri cinese, Wang Yi,intimò alla sua controparte coreana,Kang Kyung-wha, di trovare una“soluzione completa” al problemadel THAAD, indicando così che laCina non stava abbandonando lapresa su quella specifica questione.La rappresaglia cinese ha in qualchemodo destato l’attenzione dei co-reani, che ritenevano che le relazioni

bilaterali avessero ormai raggiuntoun punto di maturità dal 1992. Datal’asimmetria tra Cina e Corea delSud, Pechino aveva probabilmentecalcolato che Seoul avrebbe fattodelle concessioni a fronte di unapressione sempre più intensa. Ciòche però i cinesi non avevano presoin considerazione era la forte indi-gnazione che i cittadini coreanihanno cominciato a provare nei loroconfronti a seguito dell’accaduto: no-nostante le crescenti tensioni di varianatura con Washington, molti hannocominciato a ritenere di vitale im-portanza il rapporto con gli StatiUniti proprio per arginare l’aggres-sività e la postura intimidatoria dellaRepubblica Popolare Cinese. Se, dauna parte, il posizionamento delTHAAD ha rappresentato una vit-toria per Seoul e Washington nelbreve termine, appare chiaro comesia Moon sia i suoi successoriavranno il loro bel da fare per rima-nere in equilibrio nel tiro alla funetra Pechino e Washington. La crescente minaccia nordcoreana e,più di recente, la preoccupante “asce-sa” cinese hanno amplificato la ne-cessità di rendere ancor più stringenteil coordinamento su questioni di vi-tale importanza in seno all’alleanza traSeoul e Washington. Ciononostante,mentre le leadership sudcoreana e sta-tunitense discutono della possibilitàdi mettere formalmente fine allaGuerra di Corea attraverso la ratifi-ca di un vero e proprio trattato dipace, molti, tra i sostenitori di Moon,hanno cominciato a chiedersi se ed in

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THE CHALLENGE

Un ragazzo prova un visore per larealtà virtuale al Samsung

d’light. Samsung d’light è unospazio espositivo che mostra gli

ultimi prodotti di SamsungElectronics, a Seoul, nel distretto

di Gangnam. Samsung è il piùimportante gruppo industriale

del paese e un colosso che da solo genera un quinto

del PIL sudcoreano.

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quale misura l’alleanza con gli StatiUniti sarebbe ancora utile nell’even-tualità di una penisola pacificata.Quella tra Corea e Stati Uniti èprincipalmente un’alleanza in ambi-to di sicurezza: la diminuzione dellecriticità al punto di fluttuazioni geo-politiche senza precedenti portereb-be con sé il rischio di sbriciolare lastessa architettura che ha, negli ulti-mi sei decenni, contribuito a mante-nere una condizione di pace, sicurezzae prosperità.

L’alleanza asimmetrica con WashingtonLa coesione dell’alleanza in questagiuntura critica è di vitale importan-za a causa dei presumibili cambiamentipolitici che potrebbero avere luogo trale due Coree e tra queste ultime e legrandi potenze. La natura asimmetrica

dell’alleanza tra Seoul e Washington,del resto, ha prodotto un paradossosenza precedenti nella mente dei co-reani, che si esplicita, da una parte,nell’insoddisfazione relativa allo squi-librio di potere ma, dall’altra, nel-l’accettazione della necessità strategicadi tale rapporto in qualità di fonda-mento della propria sfera di difesa.Tale ambivalenza nei confronti del-l’alleanza si rivela anche nel timore av-vertito da Seoul nei confronti di unpossibile “intrappolamento”: nel-l’eventualità di un conflitto tra StatiUniti e Cina, o anche di un confron-to su scala più bassa tra Cina e Giap-pone, i coreani non avrebbero alcu-no spazio di manovra risultando, in-volontariamente, coinvolti. La pres-sione esercitata dalla Cina sulla Co-rea del Sud nella recente diatriba sulTHAAD ha amplificato a dismisura

il grande timore di coreani e cioè lanecessità di controbilanciare Pechinotenendo al contempo salda la propriaalleanza con gli Stati Uniti. Le rispostead un recente sondaggio condotto dal-lo Asan Institute for Policy Studies,d’altronde, confermano l’importanzache l’alleanza con gli Stati Uniti ri-copre nella percezione dell’opinionepubblica: alla domanda su quale pae-si essi ritengano centrali per la sicu-rezza della Corea del Sud, più del 68percento degli intervistati ha citato gliStati Uniti e solo il 6 percento la Re-pubblica Popolare Cinese. Sebbenel’amministrazione Moon invochi unasostanziale autonomia decisionale a fa-vore di Seoul in ambito di sicurezzae difesa, è evidente un forte consen-so tra i suoi concittadini sulla neces-sità di preservare l’alleanza con gli Sta-ti Uniti.

La Corea del Sud, del resto, potreb-be rimanere imprigionata anche nel-la recente “guerra commerciale” svi-luppatasi tra Washington e Pechino.Seoul, diventata ormai la quarta po-tenza economica asiatica, è partico-larmente vulnerabile ad un asproconflitto sulle tariffe a causa del-l’importanza del commercio estero,in modo particolare con i suoi due piùimportanti partner, Stati Uniti eCina per l’appunto. L’escalation del-la crisi, che ha sconvolto i mercati mi-nacciando pesantemente la crescitaglobale, arriva in un momento mol-to particolare per la Corea del Sud, lacui economia ha subito, forse inmodo inatteso, delle pesanti contra-zioni nei primi quattro mesi dell’an-no. In qualità di principale produttoredi microchip destinate ad esseremontate su telefoni cellulari e com-puter, la Corea del Sud ha beneficia-to per anni del rapido e continuo svi-luppo di questo settore. La doman-da globale di telefoni cellulari, però,è in ribasso e ciò, combinato con il ral-lentamento cinese e una crescita glo-bale costantemente in ribasso, hanuociuto pesantemente all’econo-mia sudcoreana dipendente dalleesportazioni. La possibilità che ciò ac-cadesse è sempre esistita, a causadella sua vicinanza geografica e com-merciale. L’imposizione di nuove ta-riffe commerciali da parte degli Sta-ti Uniti potrebbe determinare l’in-nalzamento dei prezzi di numerosiprodotti elettronici; se ciò accadesse,la Cina potrebbe decidere di contin-gentare l’invio di tali prodotti agli Sta-ti Uniti, ma ciò determinerebbe an-che, come conseguenza diretta, unacontrazione nelle vendite di semi-conduttori da parte della Corea delSud. La reazione a catena potrebbeessere ferale per l’economia di Seoul,visto che il comparto dei semicon-duttori si sviluppa proprio in funzio-ne dell’esportazione verso la Cina. Se-condo altri analisti, però, la situazio-ne potrebbe anche non essere così ne-gativa, dato che a quel punto la Co-rea del Sud potrebbe decidere difornire i suoi prodotti direttamenteagli Stati Uniti, dove essi sarebberopoi assemblati. La guerra commerciale potrebbe an-che avere un impatto di lunga dura-ta sul settore manifatturiero asiatico,considerato che molte aziende po-trebbero decidere di sradicare la pro-pria produzione dalla Cina comemezzo per proteggersi dal “conflitto”.Molti produttori coreani hanno giàassunto tale decisione, volgendo laloro attenzione a paesi economica-mente più convenienti nel sudestasiatico. Ciò che rimane da vedere èquali contromisure la Cina decideràdi adottare e in quale misura esse siritorceranno ancora contro Seoul.

600 ˜ 800 km

200 km

120°

SISTEMA ANTIMISSILE THAAD

2014 2015 2016 2018 2019

56,6%

21,1%15,5%

10,0%

18,1%

11,6%9.2%

19,7%

6,9%

19,2%

6,0%

63,1%60,6%65,0%

68,2%

USA

CINA

COREA DEL NORD

IL PAESE PIÙ IMPORTANTE PERLA SICUREZZA DI SEOUL

Obiettivo sicurezza

Il sistema antimissilistico THAAD (Terminal HighAltitude Area Defence) ha un raggio diintercettazione di 200 km e di 120° ed è dotatodi un radar con una portata di 6-800 chilometripotenzialmente estendibile fino a 2milachilometri. Pechino teme che possa servireanche a spiare lo spazio aereo della Cina.

I risultati di un recentesondaggio condotto dall’Asan Institute for Policy Studies confermano l’importanza che l’alleanza con gli Stati Unitiricopre nella percezionedell’opinione pubblica coreana.

Fonte: Asan Institute for Policy Studies

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cavallo del nuovo millennio il siste-ma delle relazioni internazionali havissuto un momento di straordinariatrasformazione, avviata dal crollodell’Unione Sovietica e dalla finedel bipolarismo a livello globale, e ca-ratterizzata dall’emergere di una po-tenza egemone – gli Stati Uniti – edall’affermarsi di un mondo multi-polare animato da una serie di potenzeregionali, Cina in primis. Il settoreenergetico ha seguito, quasi di paripasso, queste trasformazioni, speri-mentando anch’esso un progressivocambiamento negli equilibri e nelledinamiche sul piano internazionale.Nel giro di pochi anni si è passati darelazioni stabili e prevedibili (perquanto complesse) tra il nucleo di pae-si consumatori appartenenti al bloc-co delle democrazie occidentali,OCSE, e un gruppo relativamente ri-stretto di produttori riuniti attorno al-l’OPEC (più la Russia), a un mondo

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NICOLÒ SARTORI

È senior fellow e responsabile del Programma Energia dello IAI, dovecoordina progetti sui temi della sicurezzaenergetica, con particolare attenzionesulla dimensione esterna della politicaenergetica italiana ed europea.

A

Energia/L’impatto geopolitico della transizione

Manca una figura guida che voglia assumersi i costidella creazione di una nuovagovernance. Gli Stati Uniti di Trump rifuggono da qualsiasitentazione di leadershipglobale, mentre la Cina appareoggi ancora troppo ancorata a dinamiche bilaterali in politica estera

Alla ricerca di un nuovo ordine mondiale

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caratterizzato da nuove aree di pro-duzione e consumo – specialmente inAsia orientale – in rapida espansione.Un passaggio che ha generato un li-vello di complessità nelle relazionienergetiche a livello transnazionale ra-ramente sperimentati in passato e dif-ficile da gestire attraverso modelli digovernance impostati nei decenniprecedenti.Il cambiamento, su entrambi i fron-ti, sembra non volersi arrestare. Ne-gli ultimi anni, violenti attacchi al pro-cesso di globalizzazione e ai tradi-zionali modelli di cooperazione mul-tilaterale, e l’emergere di forti spin-te verso un percorso di transizione

energetica, stanno ridisegnando –rendendole decisamente più com-plesse – le esigenze e le relazioni deidiversi attori internazionali in mate-ria di energia. Una complessità difronte alla quale appare quanto maiurgente – seppur estremamente dif-ficile – definire nuove architetture digovernance internazionale stabili edinclusive.

Crescita dei sovranismi e destino dell’approcciomultilateraleL’emergere della retorica sovranistacome ricetta di politica interna, con-dita da continui, insistenti, attacchi al-

l’attuale ordine globale multilatera-le rappresenta uno degli elementi ca-ratterizzanti l’attuale panorama in-ternazionale. Mai come oggi, a par-tire dalla fine della seconda guerramondiale, l’idea di un ordine globa-le basato sull’istituzionalismo multi-laterale sembra essere messo in crisidall’atteggiamento (e da alcune ini-ziative concrete) dei grandi attoriglobali. Primi fra tutti gli Stati Uniti, che conl’elezione di Trump alla Casa Biancahanno di fatto abdicato al loro de-cennale ruolo di garanti (dopo essernestati i creatori) dell’architettura in-ternazionale fondata sul ruolo delle

Nazioni Uniti e di istituzioni multi-laterali e inclusive, per perseguire unapproccio deliberatamente unilateralesu diversi dossier di natura globale.Dalle politiche commerciali al clima,dal disarmo nucleare al rigetto dellariabilitazione internazionale dell’Iran,le scelte dell’attuale amministrazioneamericana sembrano studiate perminare alla base qualsiasi tentativo diperseguire la via del multilateralismocome modus operandi nelle relazio-ni internazionali. Un approccio ine-dito per il suo vigore, che non soltantoha esacerbato le relazioni tra Wa-shington e il suo principale compe-titor globale, Pechino, ma che, ad

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ero

quar

anta

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Mt

40%della produzione mondiale di greggio

75%del consumo

energetico globale

50%Oltredella produzione energetica globale

77%del consumo

energetico globale

72,2%Consumo di petrolio(+ 0,5% se si considera anche China Hong Kong SAR)

Consumo di gas68,2%

(+ 0,1% se si considera anche China Hong Kong SAR)

50,29%della produzione mondialedi gas naturale nel 2017

64%delle riserve mondiali

di gas naturale

81,89%delle riserve petroliferemondiali

60%delle esportazioni di petrolio sul totale scambiato a livello internazionale

81%delle emissioni di CO2 legate all’energia

G20

IEA IEA

OPEC

GECF

P R O D U Z I O N E

C O N S U M I

I grandi attoridel mercatodell’energia

Fonte: IEA, OPEC e GECF

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esempio, ha creato un solco senza pre-cedenti nei rapporti con i partner eu-ropei in seno all’Alleanza Atlantica,della quale Trump in più occasioni hamesso in discussione l’utilità e l’esi-genza.E con il capofila che prende le di-stanze dalla via maestra, in un siste-ma anarchico come quello delle re-lazioni internazionali, molti possonoessere tentati dal seguirlo. Da qui,l’emergere di nuove spinte unilateralianche a livello regionale, come nelcaso di Jair Bolsonaro e Andres Ma-nuel Lopez Obrador, recentementeeletti alla presidenza in Brasile eMessico, o del giro-di-vite attuato da

Erdogan in Turchia, passando per ilrafforzamento delle politiche di po-tenza in aspiranti potenze globalicome Cina e Russia. Anche in ambi-to europeo, nonostante l’esito dellerecenti elezioni abbia di fatto scon-giurato l’emergere di una maggio-ranza sovranista in grado di prende-re il controllo delle istituzioni, l’Unio-ne appare ancora fortemente divisa esegnata da posizioni nazionaliste.Ciò determina da un lato una debo-lezza intrinseca dell’UE nella defini-zione delle proprie politiche e prio-rità d’azione, e dall’altro rischia di li-mitarne la proiezione internaziona-le a tutela di quell’approccio multi-

laterale e inclusivo di cui le istituzio-ni europee si sono storicamente fat-te promotrici. Senza un’Europa forte sul piano in-ternazionale, con gli Stati Uniti fe-rocemente schierati contro globaliz-zazione e primato delle Nazioni Uni-te, con la Cina alla ricerca di una lea-dership globale (ma non disposta a so-stenere i costi di potenza egemone) econ un numero di attori regionali de-siderosi di ritagliarsi un ruolo nelleloro sfere di influenza, le speranze dimantenere in vita meccanismi dicooperazione solidi ed efficaci sem-brano oggi ridotte al lumicino. Apren-do di fatto la porta a dinamiche di in-

certezza e conflittualità internazionalee regionale per gli anni a venire.

Le implicazioni dellatransizione energeticaIn parallelo a questa drammatica ri-definizione dei paradigmi in esserenello scacchiere internazionale, ilsettore energetico globale sta speri-mentando una serie di nuovi cam-biamenti, molti dei quali di naturaepocale. Alcuni di essi sono già in atto,altri prenderanno definitivamentepiede nei prossimi anni, ma ciò che ri-sulta chiaro è che queste tendenze ag-giungeranno ulteriore complessità eincertezza ad uno scenario già in

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fase di profonda trasformazione. Iprocessi di transizione energetica edecarbonizzazione indotti – princi-palmente, ma non solo – dalla lottaglobale ai cambiamenti climatici,porteranno infatti con sé una serie dicambiamenti non circoscrivibili alsettore energetico, ma che avranno unimpatto geopolitico di ampia porta-ta. Fattori come la delocalizzazionedella produzione di energia, la cre-scente penetrazione delle rinnovabi-li, l’aumento dell’efficienza e del-l’autoconsumo, la progressiva ridu-zione dell’uso dei combustibili fossi-li, determineranno infatti una ridefi-nizione di quelle che sono le esigen-ze energetiche (e a ruota le priorità dipolitica internazionale) e il modusoperandi dei principali attori nelloscacchiere internazionale.In un’ottica di medio periodo, latrasformazione del paradigma ener-getico su scala globale potrà com-portare una ridefinizione degli equi-libri di potenza tra paesi produttori epaesi consumatori, l’emergere dinuove aree di interesse geopolitico e

strategico e il progressivo disinteres-se verso altre. Si pensi ad esempio allanecessità di accedere a nuove risorsenaturali quali il litio, il cobalto e le ter-re rare, e la possibile competizione trai maggiori player internazionali perassicurarsi il controllo (o, in caso, l’ac-cesso preferenziale) su aree e regio-ni di maggiore produzione. Si assi-sterebbe pertanto a una ridefinizio-ne del concetto stesso di sicurezza de-gli approvvigionamenti, non tantospazzato via dall’affermarsi della tran-sizione energetica, ma semplice-mente traslato verso altri settori e al-tre aree del globo. Dal punto di vistageopolitico, il progressivo affranca-mento dai combustibili fossili po-trebbe inoltre avere notevoli impli-cazione sulla stabilità interna deigrandi paesi produttori, attualmentefortemente dipendenti dalle renditepetrolifere. La riduzione degli introitiderivanti dall’export di petrolio egas sui mercati internazionali im-porrebbe a questi governi di rivede-re in profondità il loro modello di svi-luppo economico, e con esso tutte

quelle relazioni di natura socio-poli-tica che ne hanno assicurato la stabi-lità in questi ultimi decenni. Il rischiodi crescente conflittualità interna,seppur non scontato, rimane dietrol’angolo, con la possibilità che l’in-stabilità possa propagarsi anche su sca-la regionale e globale. In ultimo vanno considerate le im-plicazioni di natura tecnologica ecommerciale, soprattutto in un’epo-ca storica caratterizzata dal ritorno delprotezionismo, delle “trade wars” edei dazi. Lo sviluppo di nuove tec-nologie d’avanguardia per il settoreenergetico – dai sistemi di accumu-lo alle pale eoliche, dai veicoli elettriciall’idrogeno – assumerà sempre di piùuna connotazione di potenza sulloscacchiere internazionale. Se da unlato la disponibilità di competenze eknow-how tecnologico potrà rap-presentare un imprescindibile ele-mento di sicurezza energetica sulpiano nazionale, dall’altro la capaci-tà di competere su scala internazio-nale e di penetrare nei grandi mercatienergetici del presente e del futuro (si

TRANSIZIONE ENERGETICA ED EQUILIBRI GEOPOLITICILa trasformazione del paradigmaenergetico su scala globale potràcomportare l’emergere di nuovearee di interesse geopolitico e strategico e il progressivodisinteresse verso altre. Si pensi ad esempio allanecessità di accedere a nuoverisorse naturali quali il litio, il cobalto e le terre rare.Nella foto, il Salar de Uyuni in Bolivia: sotto la sua superficiesi trova uno dei più grandidepositi di litio del mondo.

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THE CHALLENGE

pensi al potenziale del subcontinen-te africano, dove circa seicentomilapersone non hanno accesso a servizielettrici di base) rappresentano fattoristrategici tanto per lo sviluppo eco-nomico interno quanto per la pro-iezione geopolitica su scala interna-zionale. In questo contesto altamen-te competitivo, fattori come prima-to tecnologico e espansione com-merciale potranno diventare due ele-menti chiave della politica energeti-ca delle grandi potenze globali, conforti implicazione sul loro posizio-namento sullo scacchiere globale.

Quale governance per il futuro? Il mondo sta cambiando velocemen-te, e con esso anche il mercato del-l’energia. Emergono nuovi attori siasul lato dell’offerta che della do-manda, si strutturano nuovi interes-si e nuove priorità strategiche, sicreano nuove relazioni commercia-li e geopolitiche, emergono nuovearee (tematiche e geografiche) dicompetizione. In questo contesto, gli

attuali meccanismi di governancedel settore energetico – basati in so-stanza sul dualismo tra un compattogruppo di paesi consumatori rac-colti sotto il cappello della IEA, e ipaesi produttori consorziati in ambitoOPEC (e da alcune sue estensioni, ve-dasi ROPEC) e, seppur con impattopiù limitato, GECF (Gas ExportingCountries Forum) – si stanno dimo-strando inadeguati ad affrontare icambiamenti in atto da due decennia questa parte, e lo saranno ancora dipiù nel far fronte alle sfide dellatransizione energetica. Il dibattito in-terno alla IEA sull’ampliamento del-la membership in modo da poter in-cludere i nuovi grandi paesi consu-matori, la crisi dell’OPEC e la suacrescente incapacità di influenzarel’andamento dei mercati petroliferi,e le difficolta del GEFC ad assume-re un ruolo guida nel settore del gassono una chiara testimonianza del-l’inadeguatezza delle attuali archi-tetture istituzionali internazionali inambito energetico.Le nuove dinamiche innescate dalla

transizione energetica, quindi, im-pongono un ripensamento di quelliche sono gli strumenti e i meccanismidella governance energetica globale.Una necessità di riforma che può cer-tamente sfociare in risultati positivi,ma per la quale non si possono tut-tavia escludere esiti parziali o nega-tivi. Molto dipenderà da come que-sto processo di trasformazione verràgestito, e soprattutto da chi. Comedetto, infatti, sembra mancare a livelloglobale la chiara volontà dei princi-pali attori globali di affrontare inmodo concertato e condiviso la que-stione della transizione energetica edi creare un’architettura istituzio-nale globale in grado di gestire, in-dirizzare e valorizzare tale comples-sità, prevenendo i rischi di una com-petizione incontrollata e dannosa. A livello generale, infatti, l’enfasi del-le grandi e medie potenze verso unaretorica nazionalista e sovranista (incampo energetico, ma non solo),strumentale a raccogliere facili con-sensi sul fronte interno, rappresentaun ostacolo concreto alla definizionedi rinnovate e rafforzate forme di go-vernance internazionale. A ciò si ag-giunge la mancanza di una figura gui-da, egemone o meno, in grado diprendersi carico di tutta una serie dicosti legati alla creazione e al mante-nimento di un ordine energetico glo-bale. Gli Stati Uniti di Trump sonopiù che mai pronti a rifuggire da qual-siasi tentazione di leadership globale,mentre la Cina appare oggi ancortroppo ancorata a dinamiche bilate-rali (e talvolta predatorie) in materiadi politica estera. A queste di aggiungeun’Unione europea in fase di transi-zione, troppo debole sul fronte internoper farsi promotrice di uno sforzo in-ternazionale e garante della coesionetra tutte le componenti in campo.Nel frattempo, restano in piedi alcunesoluzioni parziali per la discussionedelle implicazioni internazionali del-la transizione energetica. Da un latol’estensione del mandato e dellamembership della IEA, che tuttaviarimarrebbe un’organizzazione a for-te connotazione occidentale, e quin-di parziale (se non minoritaria) difronte alle tendenze in atto nel settoreenergetico internazionale. Dall’al-tro, il rafforzamento del ruolo del G-20 – i cui membri contribuiscono inaggregato all’80 percento dei consu-mi energetici mondiali – ma che tut-tavia ha una limitata capacità di in-dirizzo sui temi dell’energia, non es-sendo parte delle questioni “core”trattate dal gruppo.Tutte opzioni sub-ottimali e transi-torie, a dimostrazione del fatto chequella della governance energeticaglobale – sulla base delle tendenze at-tuali – rimane una delle grandi sfideinternazionali negli anni a venire.

LA RIVOLUZIONE DEL TRASPORTO PRIVATOSotto la spinta della lotta ai cambiamenti climatici, anchele automobili stanno cambiando,non soltanto da un punto di vistatecnico con l’adozione di motoriibridi ed elettrici, ma anche dal punto di vista sociale, graziealla diffusione sempre maggioredi servizi come il car sharing.

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Tempo di contrasti

Mercato fisico tightma le aspettative“congelano” i rialzi

Prezzo del greggio in costantecrescita nei primi mesi del 2019.I tagli OPEC mantengono “tight”

un’offerta già penalizzata dalle perditegeopolitiche e il prezzo da aprile saleanche oltre 70 $/b. L’OPEC e gli alleatinon OPEC confermano nel JMMC dimaggio – in attesa del meeting ufficiale– l’intenzione di mantenere il controllodelle produzioni. Gli operatori sonotuttavia in cerca di segnali più chiari. Il surriscaldamento della guerracommerciale tra Cina e USA torna ad allertare sul rischio di unadecelerazione della crescita dellaeconomia mondiale. Accanto alle incertezze sul livelloassoluto del prezzo si aggiunge una elevata volatilità dei prezzi relativitra greggi di qualità differente. Analisti e operatori si aspettano che gli“incombenti” cambiamenti di qualitàsui carburanti per le navi – IMO imponea livello mondiale da gennaio 2020 fuela 0,5 percento di zolfo –penalizzeranno i combustibili e i greggiad alto tenore di zolfo. Finora tuttaviaqueste tipologie di greggi e prodottihanno sofferto di forti tagli, sia percircostanze di mercato (sanzioni Iran,crisi Venezuela, tagli OPEC) sia pereffetto di cambiamenti strutturalidell’industria (conversione più spintadella raffinazione mondiale). La finedelle deroghe alle sanzioni USA control’Iran sta pesantemente riducendol’export di greggio iraniano e continuaa scendere l’output del Venezuela,colpito da una crisi senza precedenti.Di recente nel mondo dei greggimedium sour è intervenuto anchel’incidente al greggio russo Ural, che

sta congelando le forniture ad alcuneraffinerie dell’Europa centro-settentrionale, per effetto dellacontaminazione da cloruro organicodei flussi via Druzbha e dal porto di UstLuga (Mar Baltico). Anche i sabotaggiad alcune infrastrutture petrolifere delMedio Oriente evidenziano la fragilitàgeopolitica della più importante area di produzione mondiale. Nel frattempol’export dagli USA continua a crescere,spostando il bilancio globale dell’offertadi greggio verso la qualità sweet light.Le tensioni di breve si riflettono sullastruttura dei prezzi dei benchmarkinternazionali: Dubai e Brent sono da diversi mesi in backwardation, un premio delle quotazioni di brevesulle scadenze più lontane che risultaoltretutto in progressivo allargamento. I prezzi di lungo termine restano stabili,fornendo un’ancora ai repentinicambiamenti di “sentimento” di un mercato che teme le minacce del rallentamento della domanda,nonostante le tensioni di offerta.DOMANDA Nel 1T19 la domandamondiale di petrolio cresce di 0,6 Mb/grispetto allo scorso anno. Il modestoincremento evidenzia dinamichediverse tra paesi OCSE e non OCSE: la domanda non OCSE infatti aumentadi 0,9 Mb/g grazie a Cina, India eRussia, mentre nell’OCSE la domandacala di 0,3 Mb/g per il secondotrimestre consecutivo. Nell’area OCSEil consumo di petrolio cresce solo negli USA per il continuo dinamismodell’industria petrolchimica. Nonostantevi siano crescenti timori diindebolimento del contesto economicoglobale a causa delle tensioni

commerciali, rimane improbabile una recessione in virtù dell’adozione di politiche monetarie espansive e stimoli fiscali.

• Cina e India contribuiscono al 43percento dell’incremento dell’areanon OCSE. In Cina la domanda di petrolio durante il 1T19 è statatrainata dai consumi di GPL, nafta,jet-kerosene, mentre gasolio ebenzina hanno subito un bruscocalo. In India, nello stesso periodo,la domanda aumenta più che in Cina grazie alla forte crescita del GPL sostenuto dai sussidi del governo che punta a stimolarnela crescita e la sua sostituzione al posto del kerosene nel settorecivile; anche il continuo boom dellamobilità privata sostiene le venditedi carburanti.

• Negli USA la crescita nel 1T19registra un rallentamento. Ladomanda di LPG/etano rimanesostenuta grazie all’avvio di nuovicracker a etano mentre quella digasolio mostra segnali di minorecrescita rispetto al 2018, annocaratterizzato dal forte aumentodell’e-commerce e dal boomdell’attività economica. I primi mesidel 2019 invece evidenziano unrallentamento della produzioneindustriale e un maggiore utilizzodegli oleodotti per il trasporto delloshale oil al posto dei mezzi pesanti,fattori che impattano negativamentei consumi di gasolio. Nello stessoperiodo la domanda di benzinadiminuisce a causa delle avversecondizioni meteorologiche chehanno penalizzato il traffico afebbraio/marzo. La domanda di jet-kerosene aumenta sensibilmente. A marzo il traffico aereo internoregistra la più forte crescita da inizio2016 in un contesto di tenuta

èGLI ANDAMENTIDEL MERCATO

A cura diANNA CAPALBO, SIMONA SERAFINIe FRANCESCA VENDRAME - Eni

QUOTAZIONE DEL GREGGIO BRENT

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BILANCIO OFFERTA/DOMANDA

VARIAZIONE ANNUALE DELLA DOMANDA MONDIALE E PER AREE

VARIAZIONE ANNUALE DELL’OFFERTA DI PETROLIO

dell’attività economica e di bassadisoccupazione.

OFFERTA Nel 1T19 l’offerta di petrolioscende a 99,8 Mb/g, circa 2 Mb/g inmeno rispetto al picco di fine 2018, dicui 1,6 Mb/g greggio OPEC e i restantiRussia e Canada. Il calo è guidatodall’entrata in vigore del nuovo accordoOPEC+ che prevede un taglio di 1,2Mb/g rispetto a ottobre, di cui 0,8Mb/g a carico dell’OPEC e 0,2 Mb/gdel non OPEC. Sin dall’inizio i grandiOPEC mostrano una elevata disciplinae il surplus di oltre 2 Mb/g di fine 2018si riduce a 0,7 Mb/g nel 1T19. L’ArabiaSaudita in particolare taglia ben al disotto del target. A ridurre ulteriormentel’offerta il crollo sotto 1 Mb/g delVenezuela, colpito da nuove sanzioniUSA e da ripetuti black out. Grande attesa per il prossimo meetingdi inizio luglio, dove gli alleati OPEC+dovranno valutare se continuare i taglia sostegno del prezzo e della riduzionescorte o coprire le perdite geopoliticherischiando di generare una percezionedi “oversupply” in un contesto dicrescita economica incerta.I dati di aprile:

• OPEC produzione in leggeracrescita (+0,1 Mb/g vs marzo),dopo quattro mesi di segnonegativo. Gli aumenti di Libia,Nigeria e Iraq sono superiori ai calidi Iran (-0,13 Mb/g) e Venezuela (-0,04 Mb/g). La compliance resta a 131 percento con l’Arabia Sauditaa 9,8 Mb/g, ancora sotto il target.

• NON OPEC in calo di 0,5 Mb/gper le manutenzioni in Canada,Azerbaijan e Kazakhstan e per i tagli della Russia. Volumicomunque superiori a un anno fadi 1,4 Mb/g. In aumento il Brasileper lo start up da inizio anno di quattro FPSO e gli USA, che toccano il record di 12 Mb/g.

Fonte: elaborazioni Eni su dati IEA

Fonte: elaborazioni Eni su dati IEA, variazione annuale

Fonte: elaborazioni Eni su dati IEA, variazione annuale

Fonte: EIA-DoE, Europe Brent Spot FOB mensili

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