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1 Università degli Studi di Roma Tre Corso di Laurea in Scienze Biologiche NOR Dispense delle lezioni di Laboratorio di Chimica Organica I anno – II semestre Prof. Giovanna Iucci A.A. 2007/2008

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Università degli Studi di Roma Tre

Corso di Laurea in Scienze Biologiche

NOR

Dispense delle lezioni di

Laboratorio di

Chimica Organica

I anno – II semestre

Prof. Giovanna Iucci

A.A. 2007/2008

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Tecniche di separazione e purificazione dei composti organici

I composti organici, sia di origine naturale che prodotti in laboratorio mediante sintesi chimica, si

trovano spesso miscelati ad altre sostanze dalle quali devono essere separati. Nel caso, ad esempio,

di una sostanza naturale presente in una data matrice biologica, per ottenere il composto allo stato

puro, è necessario estrarlo dalla matrice, separarlo e purificarlo dagli altri composti eventualmente

presenti. Nel caso di un prodotto ottenuto tramite sintesi chimica, può essere necessario rimuovere il

solvente, gli eventuali reagenti in eccesso, il catalizzatore e/o i possibili prodotti collaterali della

reazione.

I chimici hanno quindi messo a punto una serie di tecniche che consentono di separare un composto

(solido o liquido) contenuto in una miscela dagli altri componenti; queste tecniche sfruttano le

differenti proprietà chimico-fisiche dei componenti della miscela per separarli.

La tabella seguente elenca le più comuni tecniche di separazione e purificazione dei composti

organici in funzione dello stato di aggregazione delle sostanze da purificare e della proprietà

chimico-fisica utilizzata per separarle dagli altri componenti della miscela.

Tabella 1

Tecnica Stato di aggregazione proprietà chimico-fisica

Distillazione Liquido Punto di ebollizione

Sublimazione Solido Punto di fusione

Cristallizzazione Solido Solubilità

Estrazione con solventi Liquido/Solido Ripartizione tra fasi

Cromatografia Liquido/Solido Ripartizione tra fasi

Nelle prossime pagine analizzeremo in dettaglio le diverse tecniche di separazione e purificazione

dei composti organici, il loro principio di funzionamento e le loro applicazioni.

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Distillazione

La distillazione è una tecnica che permette di separare i diversi componenti di una miscela liquida

sfruttando il loro diverso punto di ebollizione; viene utilizzata, ad esempio, nella produzione di

bevande alcoliche e nella separazione del petrolio greggio nei suoi componenti. Possono essere

separati per distillazione composti liquidi aventi punto di ebollizione diverso.

Per la legge di Raoult, il vapore in equilibrio con una miscela di liquidi è più ricco nel componente

più volatile (avente punto di ebollizione più basso) rispetto alla miscela di partenza.

Consideriamo una miscela liquida di due composti A e B, aventi diverso punto di ebollizione. La

tensione di vapore dei due componenti nella miscela sarà:

0

AAA PxP = 0

BBB PxP =

Dove: PA, PB = tensione di vapore di A e B nella miscela

P0

A, P0

B = tensione di vapore di A e B allo stato puro

xA, xB = frazione di A e B nella miscela

La tensione di vapore totale della miscela (P) sarà:

0

BB

0

AABA PxPxPPP +=+=

Se definiamo yA, yB = frazione molare di A e B nel vapore

abbiamo che: PA=P.yA PB=P.yB

risulta quindi: B

A

0

BB

0

AA

B

A

B

A

x

x

Px

Px

P

P

y

y≠==

PB

0PA

0

PA=x

APA0

P B=x B

P B0

P=PA+PB

xA=1

xB=0

xA=0

xB=1

La composizione della fase vapore risulterà diversa da quella della fase liquida: il vapore sarà più

ricco nel componente più volatile, avente cioè allo stato puro punto di ebollizione più basso e

tensione di vapore più elevata; nel caso mostrato in figura, il componente B.

In un tipico apparato per la

distillazione, la miscela liquida

viene portata all’ebollizione in un

recipiente; la temperatura del

distillato viene controllata tramite

un termometro. I vapori, più ricchi

nel componente più volatile,

vengono condensati in un

refrigerante e convogliati in un

pallone di raccolta.

Non sempre è possibile separare i componenti di una miscela mediante una singola distillazione

semplice ma può essere necessario effettuare più distillazioni.

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Sublimazione

La sublimazione è il passaggio dallo stato solido direttamente a quello gassoso; questa transizione

di fase ha luogo al di sotto di una data pressione, corrispondente al punto triplo del diagramma di

fase. Mostriamo a titolo di esempio il diagramma di fase della CO2.

La sublimazione può essere usata come metodo per separare un composto solido dalle impurità in

esso contenute purché meno volatili del composto da purificare.

La figura mostra un apparato per la

sublimazione; esso consiste sostanzialmente

in un tubo, all’interno del quale viene posto il

solido da purificare, munito di un refrigerante

e collegato ad una sistema di pompaggio che

permette di ridurre la pressione (pompa da

vuoto). Il solido, riscaldato in condizioni di

pressione ridotta, sublima; i suoi vapori,

venendo a contatto con il refrigerante, si

raffreddano e solidificano nuovamente sul

refrigerante. In questo modo è possibile solido

dalle impurità in esso contenute che risultino

meno volatili.

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Cristallizzazione

La cristallizzazione è una metodica utilizzata per purificare ed isolare composti chimici, consistente

in una solubilizzazione seguita da una precipitazione.

E’ possibile purificare un composto per cristallizzazione, ad esempio, sciogliendolo a caldo in un

solvente, facendolo successivamente precipitare per raffreddamento e filtrandolo. Per effettuare una

cristallizzazione è necessario quindi individuare un solvente, detto solvente di cristallizzazione, nel

quale il composto da purificare sia solubile a caldo e insolubile a freddo. In questo modo si può

separare il composto puro dalle impurezze insolubili nel solvente a caldo e/o da quelle solubili a

freddo.

Se non è possibile trovare un unico solvente di cristallizzazione, si scioglie il composto da

purificare in un solvente (1) in cui esso è solubile e successivamente si aggiunge un solvente (2) in

cui è insolubile, ottenendo così la precipitazione; i due solventi (1) e (2) devono ovviamente essere

miscibili tra loro.

Durante la cristallizzazione, i composti disciolti in un solvente solidificano disponendosi secondo

strutture cristalline ordinate, secondo un processo che implica una diminuzione di entropia.

La formazione di una singola particella solida, detta il germe di cristallizzazione, costituisce il punto

d'inizio del processo di cristallizzazione: tale singola entità funge da agglomerante catalizzando la

formazione del solido per accrescimento successivo.

Apparato per la filtrazione

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Estrazione mediante solventi

L’estrazione liquido-liquido è una metodica di laboratorio che utilizza il passaggio di un soluto da

un solvente ad un altro solvente allo scopo di ottenere composti puri da fonti animali o vegetali o

semplicemente per purificare sostanze impure.

I due solventi utilizzati non devono essere miscibili fra di loro; generalmente uno dei due solventi è

l’acqua e l’altro è un solvente organico, meno polare. Possono essere utilizzati sia solventi più

densi e pesanti dell’acqua (es. CH2Cl2, CHCl3, CCl4) che solventi meno densi e quindi più leggeri

dell’acqua (etere di petrolio, acetato di etile, il benzene e l’etere etilico). L’apparecchio più

semplice utilizzato per effettuare le estrazioni liquido-liquido è l’imbuto separatore, mostrato in

figura.

Introduciamo nell’imbuto separatore i due liquidi non miscibili, che costituiscono quindi due fasi

distinte; supponiamo che la fase 1 contenga la sostanza da purificare (soluto) e fase 2 sia il solvente

puro con il quale vogliamo estrarla. Se il soluto è solubile nella fase 2, alcune molecole di soluto

passeranno spontaneamente dalla fase 1 alla fase 2, e la quantità totale di soluto tenderà a dividersi

tra i due solventi (ripartizione tra fasi).

Agitiamo manualmente l’imbuto per aumentare la superficie di contatto e quindi lo scambio di

soluto tra le due fasi e raggiungere più velocemente un equilibrio tra la concentrazione del soluto

(A) nella fase 1 nella fase 2.

A1� A2

Per questo equilibrio possiamo scrivere la costante termodinamica, detta coefficiente di ripartizione

K, data dal rapporto tra le concentrazioni (moli/l) del soluto nei due solventi; più il coefficiente di

ripartizione è elevato maggiore sarà l'accuratezza dell'estrazione.

2

1

1

2

C

C

[A]

[A]K ==

C1 = concentrazione all’equilibrio della sostanza nella fase 1

C2 = concentrazione all’equilibrio della sostanza nella fase 2

In questo modo è possibile separare la sostanza da purificare da altre sostanze presenti in soluzione

e aventi una minor affinità per la fase 2, ovvero un valore inferiore di K.

Allo scopo di estrarre una maggior quantità di soluto può essere opportuno ripetere più volte

l’operazione; si può dimostrare matematicamente che si estrae più soluto dalla fase 1 alla fase 2

effettuando più estrazioni consecutive con piccole quantità di solvente (fase 2), piuttosto che con

una sola estrazione utilizzando una maggior quantità di solvente.

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Cromatografia

La cromatografia è un metodo per la separazione dei componenti di una miscela basato sulla

ripartizione tra fasi. In una separazione cromatografia i composti contenuti in una miscela vengono

separati in funzione della loro differente affinità per due fasi:

- una fase fissa, o fase stazionaria, che può essere un solido o un liquido supportato su solido;

- una fase mobile, liquida o gassosa, che viene fatta fluire in continuo sulla fase stazionaria.

Dobbiamo l’invenzione di questa tecnica al botanico russo Tswett che la usò per separare la

clorofilla contenuta negli estratti vegetali. Pose la miscela da separare in cima ad una colonna

riempita di una polvere di carbonato di calcio, attraverso la quale fece percolare etere di petrolio.

Mano a mano che l’etere di petrolio scorreva lungo la colonna, Tswett osservò la formazione di

bande colorate che si muovevano lungo la colonna con velocità diversa (la parola cromatografia

deriva dal greco “croma”=colore), bande dovute ai diversi pigmenti contenuti negli estratti vegetali.

Oggi la cromatografia può essere utilizzata, come vedremo, per separare sostanze sia colorate che

incolori.

In un tipico apparato per la cromatografia, mostrato in figura, la fase stazionaria (consistente in una

polvere finemente suddivisa, per aumentare lo sviluppo superficiale) è contenuta all’interno di un

tubo sottile detto colonna cromatografica. La miscela da separare viene posta in cima alla colonna

cromatografica e la fase mobile, detta anche eluente, viene fatta fluire in continuo attraverso la

colonna, muovendosi attraverso gli interstizi della fase mobile e riempiendoli. La figura mostra la

separazione di una miscela contenente tre diverse sostanze (bianca, nera, grigia) aventi diversa

affinità per la fase stazionaria e per la fase mobile.

miscela da separare

fasestazionaria

Flu

sso d

el so

lven

te

tempo Fig.1 Fig. 2

Le molecole dei vari componenti della miscela tenderanno a ripartirsi fra le due fasi (stazionaria S e

mobile M) in funzione del loro diverso coefficiente di ripartizione K:

AM� AS M

S

M

S

C

C

[A]

[A]K ==

[CM, CS= concentrazione di A della fase mobile (M), stazionaria (S)]

Quando le molecole del componente A si trovano nella fase mobile esse si muovono seguendo il

flusso dell’eluente; quando si trovano nella fase stazionaria rimangono ferme.

Di conseguenza, tra i componenti della miscela da separare le sostanze che hanno una maggiore

affinità per la fase mobile vengono eluite (trasportate dall’eluente attraverso la colonna

cromatografica) più rapidamente di quelle che hanno maggiore affinità per la fase stazionaria.

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Immaginiamo di porre all’uscita della colonna un rivelatore che registra il passaggio di una

sostanza eluita ed elabora i dati su di un cromatogramma. Un cromatogramma è un grafico che ha in

ascissa il tempo (t) trascorso dall’inizio della cromatografia ovvero il volume di eluente (V)

corrispondente (supponendo un flusso costante, tempo trascorso e volume di eluente sono tra loro

proporzionali) ed in ordinata il segnale del rivelatore, proporzionale alla concentrazione di soluto

nella soluzione che fuoriesce dalla colonna. Ogni volta che una sostanza viene rivelata, il

cromatogramma registra un picco più o meno alto a seconda della sua concentrazione (vedi figura).

cromatogramma

Si definisce tempo di ritenzione (tR) il tempo necessario alla sostanza analizzata per essere eluita

dall’inizio all’uscita della colonna. Il corrispondente volume di ritenzione (VR) è volume di fase

mobile necessario ad eluire l’analita.

Viene detto tempo morto (tM) il tempo di ritenzione di un composto che non è trattenuto dalla fase

stazionaria e che passa attraverso la colonna alla stessa velocità con cui fluisce la fase mobile; è pari

quindi al tempo che la fase mobile impiega per attraversare tutta la colonna. Il volume morto (VM) è

il volume di ritenzione di un composto che non è trattenuto e corrisponde al volume di fase mobile

contenuto all’interno della colonna.

Il tempo di ritenzione è dato dalla somma del tempo trascorso dalla sostanza analizzata nella fase

stazionaria (tS) e nella fase mobile (tM); poiché quando la sostanza si trova nella fase mobile si

muove con alla stessa velocità della fase mobile, il tempo trascorso dalla sostanza analizzata nella

fase mobile è pari al tempo morto (tM). Di conseguenza:

tR=tM+tS

Si definisce infine rapporto di ritenzione R di una sostanza eluita il rapporto tra tempo morto ed il

suo tempo di ritenzione:

M

SSM

M

R

M

t

t1

1

tt

t

t

tR

+

=+

==

Se una sostanza ha, ad esempio rapporto di ritenzione R=0,2, questo significa che essa, attraversano

la colonna trascorre il 20% del suo tempo nella fase mobile e il restante 80% nella fase stazionaria.

Il tempo trascorso dalla sostanza analizzata in ciascuna delle due fasi è proporzionale numero di

moli di sostanza (n) che durante la cromatografia si trovano in quella fase, che possono essere

calcolate facendo il prodotto fra la concentrazione della sostanza nella fase ed il volume della fase

stessa (n=cV). Ne deriva quindi:

M

S

MM

SS

M

S

V

VK

Vc

Vc

t

t== �

M

S

V

VK1

1R

+

=

VM, VS= volume della fase mobile (M), stazionaria (S)

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Il rapporto di ritenzione R risulta quindi tanto minore e il tempo di ritenzione tR tanto maggiore

quanto più grande è il coefficiente di ripartizione K.

Perché la cromatografia possa essere utilizzata efficacemente per separare due sostanze contenute in

una miscela (risoluzione) bisogna che esse abbiano coefficiente di ripartizione e quindi rapporto di

ritenzione abbastanza diverso da produrre nel cromatogramma due picchi aventi tR molto differente

(selettività), che risultino perciò separati tra loro. Per ottenere una buona selettività è necessario

soprattutto scegliere opportunamente la fase mobile e la fase stazionaria in modo da ottenere valori

di tR molto diversi per le sostanze da separare. Avere una buona selettività non è però sufficiente

perché, anche se i picchi sono ben distanziati, possono essere tanto larghi da sovrapporsi; è

necessario quindi che la separazione cromatografica presenti anche una buona efficienza, ovvero

che i picchi nel cromatogramma risultino stretti.

� Risoluzione scarsa

� BBuuoonnaa rriissoolluuzziioonnee ddoovvuuttaa aa bbuuoonnaa

sseelleettttiivviittàà

� BBuuoonnaa rriissoolluuzziioonnee ddoovvuuttaa aa bbuuoonnaa

eeffffiicciieennzzaa

L’allargamento dei picchi cromato grafici dipende dal fatto che le molecole di un analita non si

muovono lungo la colonna tutte con la stessa velocità: la loro dispersione ha generalmente un

profilo Gaussiano. Il centro del profilo (banda di eluizione) rappresenta la velocità media.

I fattori che possono influenzare l’efficienza di una colonna cromatografica sono molteplici.

Uno dei fattori che maggiormente

contribuisce all’allargamento dei picchi è la

possibile esistenza di percorsi multipli per le

molecole che si muovono attraverso la fase

stazionaria, come mostrato in figura. Per

ovviare a questo inconveniente è necessario

procedere ad un impaccamento della colonna

cromatografica, facendo in modo che la fase

stazionaria si disponga nel modo più

compatto e omogeneo possibile.

Un altro fattore che contribuisce all’allargamento dei picchi cromatografici è la diffusione

longitudinale (in direzione perpendicolare al flusso del solvente) della sostanza da analizzare.

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La cromatografia può essere usata sia a scopo preparativo, per separare e purificare i componenti di

una miscela, che come tecnica analitica, per determinare la composizione di un campione; la

cromatografia analitica consente di effettuare un’analisi sia qualitativa che quantitativa di una

miscela.

Esistono vari tipi di tecniche cromatografiche, generalmente classificate in funzione della natura

delle fasi stazionaria e mobile e del meccanismo di distribuzione.

La seguente tabella ne riassume alcune.

Le varie tecniche possono essere classificate in base alla natura della fase mobile (liquida o gassosa)

e della fase stazionaria (solida o liquida); la cromatografia liquida si suddivide in cromatografia

liquida classica (utilizzata a scopo preparativo) e cromatografia liquida ad alta pressione o HPLC,

che può essere sia preparativa che, soprattutto, analitica. Un altro parametro importante è il tipo di

supporto usato per contenere la fase stazionaria: colonna o strato sottile (TLC, cromatografia su

carta).

Infine vi è un'ulteriore suddivisione basata sul meccanismo di separazione: si distinguono infatti la

cromatografia di adsorbimento, di ripartizione, di scambio ionico, e di esclusione dimensionale

(vedi pagina seguente).

Tecnica fase meccanismo

stazionaria mobile di distribuzione

____________________________________________________________

Liquida solido liquido adsorbimento

liquido liquido ripartizione

HPLC solido liquido adsorbimento

(high performance liquido liquido ripartizione

liquid chromatography)

Gascromatografia solido gas adsorbimento

liquido gas ripartizione

TLC (Strato sottile) solido liquido adsorbimento

Carta liquido liquido ripartizione

Scambio Ionico solido liquido scambio ionico

GPC (gel permeation solido liquido esclusione

chromatography) dimensionale

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Adsorbimento: la fase stazionaria è un solido. Le sostanze vengono separate in base alla loro

differente tendenza ad adsorbirsi sulla fase stazionaria (solida) o a rimanere disciolte nella fase

mobile (generalmente liquida o gassosa).

Ripartizione: la fase stazionaria è un liquido. Le sostanze vengono separate in base alla tendenza a

ripartirsi tra le due fasi.

Scambio ionico: la fase stazionaria è una resina scambiatrice di ioni. Questa tecnica serve per

separare molecole cariche.

Esclusione dimensionale: la fase stazionaria è un gel poroso. Le sostanze vengono separate in base

alle loro dimensioni. E’ una tecnica usata per separare polimeri o macromolecole biologiche.

Andiamo ora ad analizzare le varie tecniche cromatografiche.

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Cromatografia su colonna

Si tratta di una tecnica impiegata a scopo esclusivamente preparativo.

Si riempie una colonna di vetro con il materiale che funge da fase stazionaria, generalmente un

solido (cromatografia di adsorbimento) o, più raramente, un liquido supportato su solido

(cromatografia di ripartizione). Per realizzare un buon impiccamento della colonna, il riempimento

viene effettuato disperdendo la fase stazionaria nella fase mobile, creando una sospensione che

viene inserita nella colonna e lasciando stratificare lentamente la fase stazionaria.

Si pone la miscela da separare in cima alla

colonna e si fa fluire lungo la colonna la fase

mobile (eluente) che, sotto l’influenza della

gravità, scende trasportando con sé i

componenti della miscela.

I vari componenti si separano gli uni dagli

altri muovendosi a velocità diverse lungo la

colonna in funzione della loro differente

affinità per la fase stazionaria e la fase

mobile. Nel corso dell’intero processo di

separazione cromatografia, l’eluente in uscita

viene raccolto in diverse frazioni ed ogni

frazione viene analizzata alla ricerca di

componenti disciolte mediante, ad esempio,

cromatografia analitica (vedi in seguito)

oppure analisi spettroscopica.

miscela da separare

fasestazionaria fase

stazionaria

fase mobile

frazioni

Le fasi stazionarie più frequentemente utilizzate nella cromatografia su colonna sono fasi solide

polari quali il gel di silice (SiO2) o l’allumina (Al2O3). La fase stazionaria deve essere una polvere

finemente suddivisa o un gel, per avere un elevato sviluppo superficiale, poiché il processo di

adsorbimento ha luogo sulla superficie del materiale.

La fase mobile è un solvente o una miscela di solventi; le fasi mobili vengono classificate in

funzione della loro polarità (serie eluotropica).

iiddrrooccaarrbbuurrii aalliiffaattiiccii

oolleeffiinnee

iiddrrooccaarrbbuurrii aarroommaattiiccii

aallooggeennuurrii

ssoollffuurrii

eetteerrii

nniittrrooccoommppoossttii

eesstteerrii,, aallddeeiiddii ee cchheettoonnii

aammmmiinnee

ssoollffoonnii

ssoollffoossssiiddii

aammmmiiddii

aacc.. ccaarrbboossssiilliiccii

aaccqquuaa

p

o

l

a

r

i

t

à

Influenza della fase mobile:

I solventi possono essere distinti a

seconda della loro polarità (serie

eluotropica).

Le sostanze polari avranno maggiore

affinità per i solventi più polari, le

apolari per i non polari.

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HPLC

La cromatografia liquida “ad alta prestazione”, in inglese “High Performance Liquid

Cromatography” o HPLC, costituisce un’evoluzione della classica cromatografia su colonna che

permette di ottenere un notevole miglioramento della risoluzione della separazione cromatografica.

L’HPLC può essere utilizzata come tecnica sia preparativa che analitica per effettuare analisi sia

qualitative che quantitative.

L’aumento dell’efficienza della separazione

cromatografica è dovuto alle dimensioni

estremamente ridotte delle particelle che

costituiscono la fase stazionaria (diametro da 3 a

10 µm), permettendo così un migliore

impiccamento, ed al diametro sottile della

colonna cromatografica, in modo da ridurre la

diffusione longitudinale. Per mantenere una

ragionevole velocità di flusso dell’eluente

attraverso la colonna, e quindi un tempo di analisi

ragionevole, è necessario applicare elevate

pressioni, dell'ordine delle centinaia di atmosfere.

cromatografia su colonna

HPLC

La figura che segue mostra lo schema di un cromatografo HPLC

serbatoiosolvente

pompa iniettore colonna rivelatore

flusso dell'eluente

campione

elaboratore

dati

filtro

manometro

L’eluente, contenuto in un serbatoio, viene prelevato tramite la pompa, filtrato e sospinto ad alta

pressione attraverso la colonna; la pressione viene misurata da un manometro. Il campione da

analizzare viene miscelato con l’eluente prima di entrare nella colonna tramite un dispositivo detto

iniettore. Alla fine della colonna è applicato un rivelatore (indice di rifrazione, UV-VIS) che

analizza in continuo l’eluente che fuoriesce uscita della colonna ed un elaboratore che, elaborando il

segnale ricevuto dal rivelatore, traccia il cromatogramma che consente di identificare e quantificare

le sostanze iniettate.

tR

NH2

NO2

NH2

NO2

NH2

NO2

Il cromatogramma si presenta come una

sequenza di picchi di varia ampiezza ed

altezza distribuiti lungo l'asse del tempo.

Dal tempo di ritenzione di ogni picco (a parità

di condizioni di analisi) è possibile dedurre

l'identità del composto eluito; dall'area dei

picchi è possibile dedurre la concentrazione

delle sostanze eluite.

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Cromatografia a scambio ionico

Nella cromatografia a scambio ionico la fase stazionaria è costituita da una resina scambiatrice,

ovvero un materiale polimerico, insolubile in acqua e nei comuni solventi organici, che presenta

gruppi funzionali carichi, in grado di interagire con gli ioni presenti nella soluzione. Le resine

scambiatrici possono essere divise in due categorie:

- resine scambiatrici anioniche, che possiedono gruppi carichi positivamente e sono quindi in

grado di interagire con gli ioni negativi.

R+Y

- + X

- � R

+X

- + Y

-

- resine scambiatrici cationiche, che possiedono gruppi carichi negativamente e sono quindi in

grado di interagire con gli ioni positivi.

R-Y

+ + X

+ � R

-X

+ + Y

+

La cromatografia a scambio ionico trova applicazione nella separazione delle miscele ioniche ed, in

particolare, dei composti organici e biologici aventi gruppi acidi o basici, quali, ad esempio, gli

aminoacidi. La carica netta di questi composti dipende dal loro pKa e dal pH della soluzione in cui

sono disciolti; operando in opportune condizioni di pH è possibile separare tra loro gli aminoacidi

aventi diverso pKa, e quindi diversa carica netta.

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GPC

La cromatografia di permeazione sul gel (Gel Permeation Chromatography, GPC), detta anche

cromatografia di esclusione dimensionale, è una tecnica cromatografica nella quale le molecole del

campione analizzato vengono separate in base alle loro differenti dimensioni o, in termini tecnici, al

loro volume idrodinamico. Questa tecnica viene solitamente applicata alle macromolecole, quali i

polimeri biologici (ad es. proteine) o sintetici.

Nella GPC la fase stazionaria è costituita da un gel di polimero poroso, avente pori di dimensioni

diverse. Quando l’eluente fluisce attraverso la colonna, le molecole più piccole possono enetrare in

tutti nei pori della fase stazionaria, mentre quelle più grandi ne sono escluse. Più grande è la

molecola, minore è il numero di pori in cui essa può entrare e quindi minore il percorso che compie

attraverso la colonna e più rapida la sua eluizione. Più una molecola è piccola, maggiore il numero

di pori in cui entra, più lungo il percorso che compie e maggiore il suo tempo di eluizione.

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Cromatografia su strato sottile (TLC) e su carta

La cromatografia su strato sottile (Thin Layer Chromatography TLC) è una tecnica cromatografica

di semplice e rapido impiego, utilizzata principalmente come metodologia analitica, per effettuare

rapidi test di laboratorio, controllando ad. es. lo svolgimento di una reazione o l’efficacia di una

separazione.

In questa tecnica, la fase stazionaria (gel di silice, allumina, cellulosa) è depositata su una lastrina di

vetro sotto forma di strato sottile (circa 1 mm). Nel caso della cromatografia su carta, la fase

stazionaria è l’acqua adsorbita sulla carta. La TLC è quindi una cromatografia di adsorbimento

(solido/liquido) mentre quella su carta è una cromatografia di ripartizione (liquido/liquido).

La miscela da separare viene depositata alla base della lastrina, sufficientemente lontano dal bordo,

e la lastrina viene successivamente inserita verticalmente in un recipiente che contiene uno strato di

eluente alto circa 1 cm; il recipiente viene quindi chiuso per mantenere l'ambiente saturo di vapori

di solvente (vedi figura). L’eluente tende a salire lungo la lastrina per capillarità, trasportando con

sé i vari componenti della miscela e separandoli tra loro in funzione della loro diversa affinità per la

fase mobile e la fase stazionaria; prima che il recipiente raggiunga la sommità della lastrina, si pone

fine alla separazione estraendo la lastrina del recipiente e lasciando evaporare l’eluente.

Se le sostanze contenute nel campione sono colorate, a separazione avvenuta è possibile osservarle

sulla lastrina come macchie presenti a distanza diversa dalla base. Per l’analisi di sostanze incolori,

si ricorre all'osservazione sotto luce ultravioletta; in questo caso, la separazione viene effettuata su

lastre impregnate di una sostanza fluorescente. Quando la lastrina viene esposta alla radiazione UV,

qualsiasi sostanza presente attenuerà la fluorescenza e sarà evidenziata da aloni più scuri. In

alternativa si può ricorrere alla reazione con reagenti che sviluppano composti colorati, quali lo

iodio e la ninidrina, usata per rivelare gli amminoacidi, evidenziandoli con colori diversi.

Per riconoscere con certezza le diverse componenti, a fianco della miscela da separare si possono

depositare sulla lastra sostanze note di cui si sospetta l’esistenza nella miscela e che servono da

riferimento.

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Gascromatografia

La gascromatografia (gas-cromatography, GC) è una tecnica usata esclusivamente a scopo analitico

che utilizza come fase mobile un gas e può quindi essere utilizzata per analizzare sostanze gassose,

ma anche liquide o solide, purché volatili nell’intervallo 0-500°C.

Nella GC non vi sono interazioni significative tra le molecole della miscela da analizzare e la fase

mobile, essendo questa un gas; i componenti della miscela vengono separati soprattutto in funzione

della loro differente volatilità (più un componente è volatile minore sarà il suo tempo di ritenzione)

ed, in secondo luogo, in funzione della loro differente affinità per la fase stazionaria (più un

componente è affine alla fase stazionaria maggiore sarà il suo tempo di ritenzione).

La GC può essere utilizzata per analizzare sostanze gassose, ma anche liquide o solide, purché

volatili nell’intervallo 0-500°C.

La fase stazionaria utilizzata può essere un solido (cromatografia di adsorbimento) e in tal caso si

parla di GSC (gas-solid chromatography) oppure un liquido supportato su di un solido

(cromatografia di ripartizione) e in tal caso si parla di GLC (gas-liquid chromatography); può

riempire tutto l’interno della colonna (colonna impaccata) oppure può essere distribuita come film

sottile (circa 1 µm) sulle pareti interne di una colonna estremamente lunga (10 m o più) ed avente

un diametro interno inferiore al millimetro (colonna capillare).

La fase mobile è un gas inerte (N2, He, Ar), detto “gas vettore” o “carrier”.

In un tipico apparato per la gascromatografia il campione viene immesso tramite l’iniettore in testa

alla colonna e trasportato attraverso la colonna dal gas vettore.

La colonna è inserita in un termostato detto “forno” che permette di scegliere la temperatura più

idonea per una data analisi cromatografica. La scelta della temperatura è molto importante perché al

variare della temperatura varia la volatilità dei composti analizzati e quindi variano i loro tempi di

ritenzione. Una separazione cromatografica può essere effettuata tenendo la temperatura costante

(isoterma) o variandola secondo il gradiente più opportuno.

In fondo alla colonna è posto un rivelatore, per monitorare l’uscita dalla colonna delle sostanze

eluite; il segnale prodotto dal rivelatore viene inviato ad un elaboratore che registra il

cromatogramma.