sezione i princÌpi di base della chirurgia capitolo … · 2010-05-25 · difficile che descrivere...

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IMPORTANZA DI COMPRENDERE LA STORIA DELLA CHIRURGIA È superfluo chiedersi se conoscere la storia della chirurgia sia impor- tante per la maturazione, l’educazione continua e la formazione di un chirurgo: non è peraltro necessario soffermarsi sul valore euristico che l’apprezzamento della storia può fornire nello sviluppo di ulte- riori gusti umanistici, letterari e filosofici. La medicina è evidente- mente un processo di apprendimento senza fine che dovrebbe rive- larsi un’esperienza gioiosa e gratificante; per un chirurgo lo studio della storia della chirurgia può contribuire a rendere questo sforzo formativo più piacevole, rafforzandolo costantemente. Delineare l’e- voluzione di quel che si fa quotidianamente e comprenderlo in una prospettiva storica diventano mete invidiabili: nella realtà è impossi- bile separare la moderna chirurgia e la pratica medica individuale dal- le esperienze di tutti i chirurghi negli anni che ci hanno preceduto. Per un chirurgo novizio è un’avventura meravigliosa collocare quel che sta apprendendo nel contesto delle istituzioni culturali, economi- che, politiche e sociali passate e presenti; il medico che esercita troverà che lo studio della professione – che si occupa, com’è giusto, di tutti gli aspetti della condizione umana, – offre un’eccellente opportunità di affrontare gli attuali concetti clinici in modi inconsueti. Studiando il passato della nostra professione, è sicuramente più fa- cile riferirsi alla storia della chirurgia “moderna” degli ultimi cento anni piuttosto che alle pratiche apparentemente “primitive” dei pe- riodi precedenti, perché è tanto più probabile che le pratiche chirur- giche somiglino a quelle odierne quanto più sono vicine nel tempo. Ma sotto molti aspetti scrivere la storia della chirurgia moderna è più difficile che descrivere lo sviluppo della chirurgia prima della fine del secolo XIX. Un’importante causa di questo stato di cose è il passo sempre più rapido dello sviluppo scientifico che si abbina all’ineso- rabile frammentazione – vale a dire specializzazione e sottospecializ- zazione – nell’ambito della professione. L’arte della chirurgia è in co- stante evoluzione, ed è tanto più difficile coglierne una prospettiva storica soddisfacente quanto più è rapido il cambiamento. Solo il lento passaggio del tempo consente un’analisi storica davvero valida. RAPPORTI STORICI FRA CHIRURGIA E MEDICINA Nonostante le apparenze, solo negli ultimi decenni del secolo XIX il chirurgo è davvero emerso come uno specialista nell’ambito della me- dicina per diventare un professionista clinico riconosciuto e stimato; analogamente, si può ritenere che solo nei primi decenni del secolo XX la chirurgia abbia ottenuto lo statuto di professione rispettabile. Prima di questo periodo l’ambito della chirurgia restava piuttosto li- mitato: i chirurghi, o almeno quei medici che usavano il soprannome di “chirurgo”, che fossero formati nelle università o attraverso privato tirocinio, curavano al massimo semplici fratture, lussazioni e ascessi, e occasionalmente eseguivano amputazioni, con abilità ma anche con alti tassi di mortalità; riuscivano a legare le arterie principali per gli aneurismi comuni e accessibili e compivano tentativi eroici di aspor- tare i tumori esterni. Alcuni individui si specializzavano nel tratta- mento delle fistole anali, ernie, cataratte e calcoli vescicali. Si facevano tentativi maldestri per ridurre ernie strozzate, e con qualche esitazio- ne si creavano colostomie o ileostomie piuttosto rudimentali, limi- tandosi a incidere la cute su una massa espansiva intraaddominale che rappresentava lo stadio terminale di una ostruzione intestinale di lun- ga data. Le fratture composte degli arti accompagnate da sepsi resta- vano per lo più non gestibili, con un’impressionante morbidità come probabile esito chirurgico. Sebbene alcuni chirurghi audaci si impe- gnassero a incidere l’addome nella speranza di tagliare le aderenze Storia della chirurgia Ira M. Rutkov CAPITOLO 1 IMPORTANZA DI COMPRENDERE LA STORIA DELLA CHIRURGIA RAPPORTI STORICI FRA CHIRURGIA E MEDICINA CONOSCENZA DELL’ANATOMIA UMANA METODI PER IL CONTROLLO DELL’EMORRAGIA BASE FISIOPATOLOGICA DELLE MALATTIE CHIRURGICHE ANESTESIA ANTISEPSI, ASEPSI E COMPRENSIONE DELLA NATURA DELL’INFEZIONE RAGGI X VOLGERE DEL SECOLO XX ASCESA DELLA CHIRURGIA SCIENTIFICA INTERNAZIONALIZZAZIONE, ASSOCIAZIONI E RIVISTE SCIENTIFICHE PRIMA GUERRA MONDIALE AMERICAN COLLEGE OF SURGEONS DONNE CHIRURGO CHIRURGHI AFROAMERICANI ERA MODERNA SECONDA METÀ DEL SECOLO XX CARDIOCHIRURGIA E TRAPIANTO DI ORGANI INFLUENZE POLITICHE E SOCIOECONOMICHE PUNTI CULMINANTI DELLA CHIRURGIA DEL SECOLO XX TENDENZE FUTURE 1 Francesca Romana Romani PRINCÌPI DI BASE DELLA CHIRURGIA SEZIONE I

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IMPORTANZA DI COMPRENDERE LA STORIA DELLA CHIRURGIA

È superfluo chiedersi se conoscere la storia della chirurgia sia impor-tante per la maturazione, l’educazione continua e la formazione di unchirurgo: non è peraltro necessario soffermarsi sul valore euristicoche l’apprezzamento della storia può fornire nello sviluppo di ulte-riori gusti umanistici, letterari e filosofici. La medicina è evidente-mente un processo di apprendimento senza fine che dovrebbe rive-larsi un’esperienza gioiosa e gratificante; per un chirurgo lo studiodella storia della chirurgia può contribuire a rendere questo sforzoformativo più piacevole, rafforzandolo costantemente. Delineare l’e-voluzione di quel che si fa quotidianamente e comprenderlo in unaprospettiva storica diventano mete invidiabili: nella realtà è impossi-bile separare la moderna chirurgia e la pratica medica individuale dal-le esperienze di tutti i chirurghi negli anni che ci hanno preceduto.Per un chirurgo novizio è un’avventura meravigliosa collocare quelche sta apprendendo nel contesto delle istituzioni culturali, economi-che, politiche e sociali passate e presenti; il medico che esercita troveràche lo studio della professione – che si occupa, com’è giusto, di tuttigli aspetti della condizione umana, – offre un’eccellente opportunitàdi affrontare gli attuali concetti clinici in modi inconsueti.

Studiando il passato della nostra professione, è sicuramente più fa-cile riferirsi alla storia della chirurgia “moderna” degli ultimi centoanni piuttosto che alle pratiche apparentemente “primitive” dei pe-riodi precedenti, perché è tanto più probabile che le pratiche chirur-giche somiglino a quelle odierne quanto più sono vicine nel tempo.Ma sotto molti aspetti scrivere la storia della chirurgia moderna è piùdifficile che descrivere lo sviluppo della chirurgia prima della fine delsecolo XIX. Un’importante causa di questo stato di cose è il passosempre più rapido dello sviluppo scientifico che si abbina all’ineso-

rabile frammentazione – vale a dire specializzazione e sottospecializ-zazione – nell’ambito della professione. L’arte della chirurgia è in co-stante evoluzione, ed è tanto più difficile coglierne una prospettivastorica soddisfacente quanto più è rapido il cambiamento. Solo illento passaggio del tempo consente un’analisi storica davvero valida.

RAPPORTI STORICI FRA CHIRURGIA E MEDICINA

Nonostante le apparenze, solo negli ultimi decenni del secolo XIX ilchirurgo è davvero emerso come uno specialista nell’ambito della me-dicina per diventare un professionista clinico riconosciuto e stimato;analogamente, si può ritenere che solo nei primi decenni del secoloXX la chirurgia abbia ottenuto lo statuto di professione rispettabile.Prima di questo periodo l’ambito della chirurgia restava piuttosto li-mitato: i chirurghi, o almeno quei medici che usavano il soprannomedi “chirurgo”, che fossero formati nelle università o attraverso privatotirocinio, curavano al massimo semplici fratture, lussazioni e ascessi,e occasionalmente eseguivano amputazioni, con abilità ma anche conalti tassi di mortalità; riuscivano a legare le arterie principali per glianeurismi comuni e accessibili e compivano tentativi eroici di aspor-tare i tumori esterni. Alcuni individui si specializzavano nel tratta-mento delle fistole anali, ernie, cataratte e calcoli vescicali. Si facevanotentativi maldestri per ridurre ernie strozzate, e con qualche esitazio-ne si creavano colostomie o ileostomie piuttosto rudimentali, limi-tandosi a incidere la cute su una massa espansiva intraaddominale cherappresentava lo stadio terminale di una ostruzione intestinale di lun-ga data. Le fratture composte degli arti accompagnate da sepsi resta-vano per lo più non gestibili, con un’impressionante morbidità comeprobabile esito chirurgico. Sebbene alcuni chirurghi audaci si impe-gnassero a incidere l’addome nella speranza di tagliare le aderenze

Storia della chirurgiaIra M. RutkovC A P I T O L O 1

IMPORTANZA DI COMPRENDERE LA STORIA DELLA CHIRURGIA

RAPPORTI STORICI FRACHIRURGIA E MEDICINA

CONOSCENZA DELL’ANATOMIAUMANA

METODI PER IL CONTROLLODELL’EMORRAGIA

BASE FISIOPATOLOGICADELLE MALATTIE CHIRURGICHE

ANESTESIA

ANTISEPSI, ASEPSI ECOMPRENSIONE DELLA NATURADELL’INFEZIONE

RAGGI X

VOLGERE DEL SECOLO XX

ASCESA DELLA CHIRURGIASCIENTIFICA

INTERNAZIONALIZZAZIONE, ASSOCIAZIONI E RIVISTESCIENTIFICHE

PRIMA GUERRA MONDIALE

AMERICAN COLLEGE OF SURGEONS

DONNE CHIRURGO

CHIRURGHI AFROAMERICANI

ERA MODERNA

SECONDA METÀ DEL SECOLO XX

CARDIOCHIRURGIA E TRAPIANTODI ORGANI

INFLUENZE POLITICHE ESOCIOECONOMICHE

PUNTI CULMINANTI DELLACHIRURGIA DEL SECOLO XX

TENDENZE FUTURE

1

Francesca Romana Romani

PRINCÌPI DI BASE DELLA CHIRURGIAS E Z I O N E I

ostruenti, le chirurgie addominali e le altre chirurgie intracorporeerestavano praticamente sconosciute.

Nonostante tutto questo e per di più con l’ignoranza dell’anestesiae dell’antisepsi accompagnata dal risultato non raro di soffrire deglieffetti di un’operazione chirurgica, e/o soccombervi, la chirurgia fu alungo considerata una terapia importante e valida da un punto di vi-sta medico. Quest’apparente paradosso – considerando la natura ter-ribile dell’intervento chirurgico, il suo limitato ambito tecnico e lesue maledette conseguenze prima dello sviluppo delle condizionimoderne – si spiega con il fatto che di solito le procedure chirurgi-che erano realizzate solo in presenza di difficoltà esterne che richie-dessero un’analisi anatomica “obiettiva”. I chirurghi o i seguaci dellacausa chirurgica vedevano quel che doveva essere curato (ad esem-pio ascessi, ossa rotte, tumori voluminosi, cataratte, ernie) e trattava-no il problema in modo razionale, per quanto lo permettessero itempi. Per converso, il medico era costretto a offrire una cura “sog-gettiva” per processi patologici che non erano né visibili né compre-si. Dopotutto, curare i sintomi di malattie come artrite, asma, infar-to e diabete, per limitarci a qualche nome, è un compito difficile inassenza di una comprensione scientifica o conoscenza “interna” dicosa costituisca i loro fondamenti patologici e fisiologici di base.

Con i progressi strabilianti fatti in anatomia patologica e fisiologiasperimentale durante il secolo XVIII e la prima parte del XIX, i me-dici avrebbero presto adottato un punto di vista terapeutico che èstato a lungo predominante fra i chirurghi: non era più questione dilimitarsi a trattare i sintomi, ma diventava necessario comprenderel’effettivo problema patologico. I processi patologici interni che simanifestavano con segni e sintomi esterni difficili da trattare furonofinalmente descritti mediante sperimentazione a base fisiologica oesaminati dal punto di vista patologico attraverso la lente di un mi-croscopio. Dato che questo mutamento di direzione della medicinainterna avvenne in un periodo relativamente breve e produsse risul-tati così notevoli nella classificazione, nella diagnosi e nella cura del-la malattia, la rapida ascesa della medicina “interna” della metà delsecolo XIX può sembrare ben più impressionante dell’avanzamento,penosamente lento ma costante, della chirurgia. In un’apparentecontraddizione della realtà scientifica e culturale della metà del seco-lo XIX, la medicina appariva la branca in maggior progresso, con lachirurgia che restava indietro. L’arte e il mestiere della chirurgia, no-nostante le loro potenzialità pratiche, rimasero seriamente limitatefino alla scoperta dell’anestesia nel 1846, e alla comprensione e al-l’accettazione della necessità dell’antisepsi e dell’asepsi chirurgichenegli anni ’70 e ’80 del secolo XIX. Ma i chirurghi non hanno maiavuto bisogno di una rivoluzione diagnostica e patologica a guisa deimedici: nonostante l’imperfezione delle loro conoscenze scientifiche,i chirurghi dell’età premoderna riuscivano a curare con una certa si-curezza tecnica.

L’idea secondo cui la graduale evoluzione della chirurgia sarebbestata soppiantata negli anni ’80 e ’90 del secolo XIX dalla rapida in-troduzione di nuovi sorprendenti progressi tecnici era basata su unsemplice assioma culminante – si erano finalmente identificati ecompresi i quattro prerequisiti clinici fondamentali richiesti perchéun’operazione chirurgica potesse essere considerata un procedimen-to terapeutico davvero praticabile: (1) la conoscenza dell’anatomiaumana; (2) un metodo per controllare l’emorragia e mantenere l’e-mostasi intraoperativa; (3) l’anestesia, per consentire di praticareprocedimenti indolori; (4) la spiegazione della natura dell’infezione,accanto all’elaborazione dei metodi necessari per ottenere un am-biente di sala operatoria antisettico e asettico. I primi due prerequi-siti erano stati essenzialmente soddisfatti nel secolo XVI, ma gli ulti-mi due non lo sarebbero stati completamente fino agli ultimi decen-ni del secolo XIX. A sua volta, l’ascesa della chirurgia scientifica delsecolo XX avrebbe unificato la professione e permesso di trasforma-re in un’occupazione dotta quel che era sempre stato arte e mestiere.Fu possibile istituire una formazione chirurgica standardizzata a li-vello di specializzazione e programmi di tirocinio che aiutassero aformare quadri di medici praticanti aggiornati da un punto di vistascientifico. E come affronto finale a un passato ascientifico, laborato-ri di ricerca chirurgica di base di nuova istituzione offrirono i mezziper provare o confutare le ultime teorie fornendo una base di verifi-ca per conquiste cliniche audaci ed esaltanti.

CONOSCENZA DELL’ANATOMIA UMANA

Pochi individui hanno avuto un’influenza così enorme nella storiadella chirurgia come il fiammingo Andrea Vesalio (1514-1564) (Fig.1-1). Dalla cattedra di anatomia e chirurgia di Padova Vesalio inse-gnava che l’anatomia umana può essere appresa solo per mezzo del-lo studio delle strutture rivelate dalla dissezione umana. In partico-lare, il suo grande trattato anatomico, De Humani Corporis FabricaLibri Septem (1543), offrì una descrizione dell’anatomia umana piùcompleta e dettagliata rispetto a qualsiasi suo illustre predecessore.Ancor più importante, Vesalio corresse gli errori degli insegnamentianatomici tradizionali diffusi 13 secoli prima dalle autorità greche eromane, le cui scoperte erano basate sulla dissezione animale e nonumana. Ancor più radicale era la netta affermazione di Vesalio se-condo cui la dissezione anatomica dovesse essere effettuata daglistessi medici-chirurghi – una rinuncia diretta alla vecchia dottrinasecondo la quale la dissezione sarebbe stata un compito ripugnante edisgustoso, da affidare a un inserviente, mentre dall’alto il medico-chirurgo teneva lezione leggendo da un testo anatomico ortodosso.Il principio dell’educazione pratica sarebbe rimasto il più importan-te e duraturo contributo di Vesalio all’insegnamento dell’anatomia.Le literae scriptae in latino di Vesalio consentirono di accedervi ai piùcelebri medici e scienziati dell’epoca. Il latino era la lingua degli in-tellettuali e la Fabrica divenne subito popolare: fu quindi del tuttonaturale che nei due secoli successivi l’opera avrebbe subito nume-rosi adattamenti, edizioni e revisioni, pur restando sempre un testoanatomico autorevole.

METODI PER IL CONTROLLODELL’EMORRAGIA

La posizione di Ambroïse Paré (1510-1590) (Fig. 1-2) nell’evoluzio-ne della chirurgia rimane di notevole importanza: egli giocò un ruo-lo di primo piano nel rinvigorire e aggiornare la chirurgia del Rina-scimento, spingendola verso l’età moderna, giacché sciolse l’ultimo

2 PRINCÌPI DI BASE DELLA CHIRURGIA

Figura 1-1. Andreas Vesalius.

legame fra il pensiero chirurgico e le tecniche degli antichi. Dal 1536fino a poco prima della morte, Paré fu impegnato ora come chirur-go militare, al seguito dei diversi eserciti francesi nelle loro spedizio-ni, ora esercitando la chirurgia nella pratica civile a Parigi. Anche sealtri chirurghi avevano avanzato osservazioni simili sulla difficoltà el’assurdità di usare l’olio bollente come mezzo per cauterizzare le fe-rite fresche d’arma da fuoco, l’impiego da parte di Paré di un emol-liente meno irritante a base di tuorlo d’uovo, olio di rose e trementi-na gli portò fama e gloria durature. La scelta di divulgare questa sco-perta in diversi manuali, tutti scritti in vernacolo, consentì alle sueopere di raggiungere un pubblico più vasto della sola élite colta. Frale importanti osservazioni collaterali di Paré c’è quella secondo cuinell’eseguire un’amputazione è più efficace legare i singoli vasi san-guigni piuttosto che tentare di controllare l’emorragia mediante le-gatura di massa dei tessuti o con oleum caldo. Secondo la descrizio-ne che si trova nei suoi Dix livres de la Chirurgie avec le Magasin desInstruments Necessaires à Icelle (1564), l’estremità libera o recisa diun vaso sanguigno era suturata doppiamente, e si consentiva alla su-tura di restare indisturbata in situ finché cadesse per effetto di sup-purazione locale. Paré attribuiva modestamente il suo successo con ipazienti a Dio, come notato nel suo famoso motto “Je le pansay. Dieule guérit”, cioè “Io l’ho curato. Dio l’ha guarito”.

BASE FISIOPATOLOGICADELLE MALATTIE CHIRURGICHE

Anche se sarebbero passati altri tre secoli prima della scoperta delterzo desideratum, l’anestesia, molte delle conoscenze scientifiche re-lative ai tentativi di alleviare le sofferenze derivate dalle operazionichirurgiche si basarono sull’opera del più importante studioso dichirurgia inglese del secolo XVIII, John Hunter (1728-1793) (Fig. 1-3). Considerato uno dei più autorevoli chirurghi di tutti i tempi, ilsuo impegno risalta per la prolificità della produzione scritta e laqualità della ricerca, soprattutto nell’uso della chirurgia sperimenta-le animale come via per comprendere la base fisiopatologica dellemalattie chirurgiche. Ancor più notevole è il fatto che Hunter faces-se poco affidamento sulle autorità passate e si basasse piuttosto sulleosservazioni personali, con i suoi fondamentali studi patologici de-scritti per la prima volta nel rinnovato manuale A Treatise on theBlood, Inflammation, and Gun-Shot Wounds (1794). Le sue volumi-nose ricerche e opere cliniche risultarono in ultimo in una raccoltadi più di 13.000 esemplari, che divennero una delle eredità più im-

portanti da lui lasciate al mondo della chirurgia: rappresentavanouna classificazione unica dei diversi sistemi organici, con la compa-razione fra questi sistemi, dal più semplice animale o pianta agliumani, dimostrandone l’interazione di struttura e funzione. Per de-cenni, la raccolta di Hunter, ospitata presso l’England’s Royal Colle-ge of Surgeons, restò il più importante museo di anatomia e patolo-gia comparata del mondo; questo fino a quando un bombardamen-to nazista su Londra durante la Seconda Guerra Mondiale provocòuna conflagrazione che distrusse gran parte della raccolta di Hunter.

ANESTESIA

Da tempo immemorabile l’incapacità dei chirurghi di portare a ter-mine operazioni indolori era il più terribile dei problemi medici: inepoca preanestetica, i chirurghi erano costretti a preoccuparsi piùdella velocità con cui era completata un’operazione che dell’efficaciaclinica della loro dissezione; analogamente, i pazienti rifiutavano orimandavano le operazioni chirurgiche il più a lungo possibile perevitare l’orrore personale di sperimentare il coltello del chirurgo. Gliagenti analgesici, narcotici e soporiferi come hashish, mandragola eoppio sono stati impiegati per millenni, ma la sistematica invasioneoperativa delle cavità del corpo e l’inevitabile progresso della storiadella chirurgia non sarebbero stati possibili senza che fosse sviluppa-to un mezzo efficace per rendere il paziente insensibile al dolore.

Con il miglioramento delle conoscenze anatomiche e delle tecnichechirurgiche, la ricerca di metodi sicuri per la prevenzione del doloredivenne più urgente. All’inizio degli anni ’30 del secolo XIX erano giàstati scoperti il cloroformio, l’etere e il protossido di azoto ed erano invoga, soprattutto in America, i “party con gas esilarante” e le “festedell’etere”. I giovani si divertivano con gli effetti collaterali piacevoli diquesti composti, mentre “professori” di chimica itineranti viaggiava-no per borghi, paesi e città, tenendo conferenze e dimostrazioni suglieffetti esilaranti di questi nuovi gas. Divenne presto evidente a varimedici e dentisti che le qualità “antidolorifiche” dell’etere e del pro-tossido di azoto sarebbero state applicabili alle operazioni chirurgichee alle estrazioni dentarie. Il 16 ottobre 1846 William T. G. Morton(1819-1868), un dentista di Boston, convinse John Collins Warren(1778-1856), professore di chirurgia al Massachusetts General Hospi-tal, a lasciargli somministrare etere solforico a un paziente chirurgicoal quale Warren riuscì ad asportare in modo indolore un piccolo tu-more vascolare congenito del collo. Dopo l’operazione, Warren – no-tevolmente impressionato dalla nuova scoperta, – pronunciò le suefamose parole: “Signori, questo non è un imbroglio”.

Poche scoperte mediche sono state accettate così favorevolmentecome l’anestesia per inalazione: la notizia dell’importante evento si

STORIA DELLA CHIRURGIA 3

Figura 1-2. Ambroïse Paré.

Figura 1-3. John Hunter.

diffuse rapidamente attraverso gli Stati Uniti e in Europa: era co-minciata una nuova era nella storia della chirurgia; pochi mesi do-po la prima dimostrazione pubblica a Boston, l’etere era usato negliospedali di tutto il mondo. Ma, per quanto possa aver contribuito alsollievo del dolore durante le operazioni chirurgiche e ridotto l’an-goscia del chirurgo, la scoperta non ampliò immediatamente l’am-bito della chirurgia di elezione: questi trionfi tecnici avrebbero do-vuto attendere l’identificazione e l’accettazione dell’antisepsi e del-l’asepsi. L’anestesia aiutò a dare l’illusione di cure chirurgiche più al-lettanti, ma non poté produrre il prerequisito finale: le cruciali rifor-me igieniche.

In ogni caso, alla metà del secolo XIX dottori e pazienti comincia-vano a tenere la chirurgia in considerazione relativamente alta per ilfascino pragmatico, il virtuosismo tecnico e i risultati misurabili inmodo inequivocabile. Dopo tutto, la chirurgia appariva ad alcuniun’arte mistica: avere il permesso di penetrare consensualmente ilcorpo di un altro essere umano, di osservare la profondità della sof-ferenza di quella persona e di asportare il demone della malattia sem-brava una spaventosa responsabilità. Ma era proprio questo mistici-smo, a lungo associato con connotazioni religiose, ad affascinare ilpubblico e il suo appuntamento – temuto ma inevitabile – con il col-tello del chirurgo. I chirurghi avevano finalmente cominciato a con-siderarsi associatori di arte e natura che assistono la natura nel suocontinuo processo di distruzione e ricostruzione; questa considera-zione per il naturale si sarebbe pienamente realizzata solo con lacomprensione definitiva, seppure innaturalmente lenta, delle tecni-che di Joseph Lister (1827–1912) (Fig. 1-4) e il loro impiego.

ANTISEPSI, ASEPSI E COMPRENSIONE DELLA NATURA DELL’INFEZIONE

Per molti versi, nell’evoluzione della storia della chirurgia l’identifi-cazione dell’antisepsi e dell’asepsi fu un evento più importante del-l’avvento dell’anestesia per inalazione. Non c’è dubbio che l’isola-mento del dolore permise di condurre le operazioni chirurgiche inmodo più efficace: la fretta non era più la preoccupazione principa-le; tuttavia, se l’anestesia non fosse stata ideata, sarebbe ancora statopossibile eseguire un’operazione chirurgica, seppure con molte diffi-coltà. Non è così per il listerismo: senza antisepsi e asepsi, le più im-portanti operazione chirurgiche si sarebbero concluse con la morte,piuttosto che con il solo dolore. Ovviamente, la chirurgia aveva biso-gno sia di anestesia sia di antisepsi, ma quest’ultima si rivelò di mag-gior impatto individuale in termini di importanza complessiva.

Nella lunga evoluzione della chirurgia universale, i contributi didiversi individui emergono come preminenti. Lister, un chirurgo in-glese, può essere posto su questa lista selezionata in ragione dei suoisforzi monumentali per introdurre l’antisepsi sistematica su basescientifica nella cura delle ferite e nell’esecuzione delle operazionichirurgiche. Egli applicò pragmaticamente le ricerche altrui sulla fer-mentazione e sui microorganismi al mondo della chirurgia, ideandoun mezzo per prevenire le infezioni chirurgiche e sforzandosi di as-sicurarne l’adozione da parte di una professione scettica.

Era ben chiaro a Lister che un metodo per distruggere i batteri me-diante eccessivo calore non avrebbe potuto essere applicato a un pa-ziente chirurgico: si volse allora all’antisepsi chimica e, dopo aver fat-to esperimenti con cloruro di zinco e solfiti, si decise per l’acido fe-nico. Nel 1865 Lister già instillava acido fenico puro nelle ferite e sul-le medicazioni; alla fine avrebbe introdotto diverse modificazioninelle tecniche delle medicazioni, il modo di applicarle e mantenerle,e la scelta di soluzioni antisettiche in diverse concentrazioni: l’irrora-zione di acido fenico, pur restando il più celebre dei suoi molti con-tributi, fu alla fine abbandonata a favore di altre sostanze germicide.Lister non solo usava l’acido fenico sulle ferite e sulle medicazioni,ma arrivò anche al punto di spruzzarlo nell’atmosfera intorno al ta-volo operatorio; non enfatizzava la pulizia delle mani, ma si limita-va a intingere le dita in una soluzione di fenolo e sublimato corrosi-vo: era erroneamente convinto che lo strofinio creasse nelle palmedelle mani fenditure in cui sarebbero proliferati i batteri. Un secon-do importante miglioramento introdotto da Lister fu lo sviluppo disuture sterili assorbibili: credendo che gran parte della suppurazioneprofonda che si trovava nelle ferite fosse prodotta da legature di setaprecedentemente contaminate, sviluppò una sutura di catgut impre-gnata di fenolo che era migliore di ogni altra sviluppata in preceden-za. Riuscì a tagliare di netto le estremità della legatura, chiudendo co-sì strettamente la ferita, ed eliminando la necessità di far uscire fuo-ri le estremità della sutura mediante incisione, una pratica chirurgi-ca che persisteva dai tempi di Paré.

L’accettazione del listerismo fu un processo disuguale e notevol-mente lento, e questo per molte ragioni: innanzitutto, i differentimutamenti di procedimento che Lister fece nel corso dell’evoluzionedella sua metodologia crearono confusione; in secondo luogo, il li-sterismo come esercizio tecnico fu complicato dall’uso di acido feni-co, un inconveniente spiacevole che porta via molto tempo; cometerzo aspetto, diversi tentativi precedenti di usare l’antisepsi in chi-rurgia si erano rivelati assoluti fallimenti, e molti eminenti chirurghinon erano stati in grado di riprodurre i risultati generalmente buonidi Lister; ultimo più e importante aspetto, l’adozione del listerismodipendeva interamente dalla comprensione e dalla definitiva accetta-zione della veridicità della teoria dei germi, un’ipotesi che molti chi-rurghi pragmatici erano riluttanti ad accogliere.

Come gruppo professionale, i chirurghi di lingua tedesca sarebbe-ro stati i primi a cogliere l’importanza della batteriologia e della teo-ria dei germi: di conseguenza, furono fra i primi ad approfondire ilmessaggio di Lister sull’antisepsi, scartando la sua irrorazione a fa-vore della bollitura e dell’uso dell’autoclave. La disponibilità dellasterilizzazione termica produsse grembiuli, panni, strumenti e sutu-re sterili; in modo analogo, si evolse naturalmente anche l’uso di ma-scherine, guanti, cuffie e camici operatori. Alla metà degli anni ’90del secolo XIX delle tecniche asettiche meno scomode si erano fattestrada nella maggior parte degli anfiteatri chirurgici ed erano accet-tate quasi universalmente dai chirurghi americani. Ogni dubbio resi-duo sulla validità e l’importanza dei concetti fondamentali che Listeraveva promosso furono eliminati sui campi di battaglia della PrimaGuerra Mondiale, dove l’importanza della semplicissima antisepsidivenne una lezione importante per i chirurghi da campo, laddove leesigenze del campo di battaglia aiutarono a produrre la maturazionefinale e la giusta considerazione della chirurgia e dei chirurghi all’in-terno della comunità medica globale.

RAGGI X

Particolarmente rilevanti fra le scoperte della fine del secolo XIX, chehanno avuto enorme impatto sull’evoluzione della chirurgia, furonole ricerche di Wilhelm Roentgen (1845-1923) che nel 1895 portaro-no alla spiegazione dei raggi X. Essendosi interessato alla fosfore-

4 PRINCÌPI DI BASE DELLA CHIRURGIA

Figura 1-4. Joseph Lister.

scenza dei sali metallici esposti a luci, Roentgen fece un’osservazionecasuale nel far passare una corrente attraverso un tubo a vuoto, no-tando un bagliore verdognolo che veniva da uno schermo su unamensola a nove piedi di distanza. Questo strano effetto continuò an-che dopo aver spento la corrente: trovò che lo schermo era stato im-pressionato da una sostanza fosforescente. Procedendo con grandevigore sperimentale, Roentgen comprese presto che c’erano raggi“invisibili” in grado di attraversare oggetti solidi di legno, metallo ealtri materiali; ancor più importante, questi raggi penetravano anchele parti soffici del corpo in modo tale che le ossa più dense della ma-no potevano essere rivelate su una lastra fotografica trattata in modoparticolare. In breve tempo, furono sviluppate numerose applicazio-ni mentre i chirurghi applicavano rapidamente la nuova scoperta al-la diagnosi e alla individuazione di fratture e slogature e alla rimo-zione di corpi estranei.

VOLGERE DEL SECOLO XX

Alla fine degli anni ’90 del secolo XIX l’interazione di fattori politici,scientifici, socioeconomici e tecnici preparò la strada per quella chesarebbe diventata una spettacolare esibizione del nuovo prestigiodella chirurgia e delle sue conquiste: i chirurghi indossavano ormaicamici bianchi dall’aria antisettica; i pazienti e i tavoli operatori era-no rivestiti di bianco e abbondavano i lavabi per mettere a bagno glistrumenti in soluzione di bicloruro: d’un tratto tutto era pulito e or-dinato e la conduzione dell’operazione chirurgica non era più unapratica improvvisata. Questa riforma avrebbe avuto successo nonperché fossero essenzialmente cambiati i chirurghi, ma perché la me-dicina e i suoi rapporti con la ricerca scientifica erano mutati irrevo-cabilmente: il settarismo e la ciarlataneria, conseguenze del prece-dente dogmatismo medico, erano ormai insostenibili nell’ambitodella verità scientifica.

Una volta attuati tutti e quattro i prerequisiti clinici fondamenta-li, al volgere del secolo XX – messi in risalto dai trionfi clinici emer-genti di vari chirurghi inglesi, fra cui Robert Tait (1845-1899), Wil-liam Macewen (1848-1924) e Frederick Treves (1853-1923); di linguatedesca, fra i quali Theodor Billroth (1829-1894) (Fig. 1-5), TheodorKocher (1841-1917) (Fig. 1-6), Friedrich Trendelenburg (1844-1924)e Johann von Mikulicz-Radecki (1850-1905); francesi, soprattuttoJules Péan (1830-1898), Just Lucas-Championière (1843-1913) eMarin-Theodore Tuffiér (1857-1929); italiani, in particolare Eduar-do Bassini (1844-1924) e Antonio Ceci (1852-1920); e diversi ameri-cani, rappresentati da William Williams Keen (1837-1932), Nicholas

Senn (1844-1908) e John Benjamin Murphy (1857-1916), – gli ope-ratori del bisturi avevano essenzialmente esplorato tutte le cavità delcorpo umano. I chirurghi mantenevano però un senso residuo di di-sagio professionale e sociale e continuavano a essere descritti in sen-so peggiorativo dai nuovi medici “scientifici” come “non pensatori”che operavano in quel che era poco più di un mestiere manuale in-feriore e grossolano.

Diventava sempre più evidente che sarebbero stati necessari mo-delli di ricerca, concetti teorici e valide applicazioni cliniche per di-mostrare le basi scientifiche della chirurgia a un pubblico cauto: losforzo di mettere a punto nuovi metodi operatori richiedeva una fi-ducia ancor maggiore nella chirurgia sperimentale e un incoraggia-mento assoluto da tutte le parti interessate; ancor più importante, sa-rebbe stato necessario sviluppare una base scientifica per le racco-mandazioni terapeutiche chirurgiche – consistente in dati empirici,raccolti e analizzati secondo regole accettate a livello nazionale e in-ternazionale e distinte dalle autorevoli ipotesi individuali. In contra-sto con le precedenti dottrine inspiegabili, la ricerca scientifica avreb-be trionfato come arbitro finale fra le terapie chirurgiche valide equelle infondate.

A loro volta, i chirurghi non avevano altra scelta se non di mitiga-re la paura della società per l’ignoto chirurgico presentando la chi-rurgia come parte accettata di un armamentario medico di nuovaistituzione. Non sarebbe stato un compito facile: le conseguenze im-mediate delle operazioni chirurgiche – disagi e complicazioni relati-ve – spesso interessavano i pazienti più della conoscenza positiva cheun’operazione avrebbe potenzialmente potuto eliminare processi pa-tologici devastanti. Di conseguenza, il risultato più importante otte-nuto dai chirurghi nel corso della prima parte del secolo XX è statodi assicurare l’accettabilità sociale della chirurgia come impresascientifica legittima e l’operazione chirurgica come necessità tera-peutica.

ASCESA DELLA CHIRURGIA SCIENTIFICA

William Stewart Halsted (1852-1922) (Fig. 1-7) determinò, più diquanto abbia fatto ogni altro chirurgo, l’atmosfera scientifica di que-sto importantissimo periodo della storia della chirurgia, spostando lachirurgia dal melodramma del “teatro” operatorio del secolo XIX al-la semplicità e alla sterilità della moderna “camera” operatoria, unitaalla riservatezza e alla sobrietà del laboratorio di ricerca. Come pro-fessore di chirurgia del nuovo John Hopkins Hospital and School ofMedicine, Halsted si rivelò una personalità complessa, ma l’impatto

STORIA DELLA CHIRURGIA 5

Figura 1-5. Theodor Billroth.

Figura 1-6. Theodor Kocher.

di quest’uomo taciturno e riservato sarebbe stato enorme: egli intro-dusse una “nuova” chirurgia, mostrando come la ricerca basata suprincìpi anatomici, patologici e fisiologici, con l’impiego della speri-mentazione su animali, rendesse possibile lo sviluppo di metodi ope-ratori sofisticati e il loro impiego clinico, con risultati sorprendenti.Halsted dimostrò, a una professione spesso scettica oltre che al pub-blico, come fosse possibile costruire una catena ininterrotta dal labo-ratorio di ricerca chirurgica di base alla sala operatoria clinica; e,aspetto ancor più importante per l’autostima del chirurgo, dimostrònel corso di questo rinascimento dell’educazione medica d’inizio se-colo che i dipartimenti di chirurgia avrebbero potuto disporre di uncorpo docente la cui reputazione avesse pari importanza e prestigio dialtri campi più accademici od orientati alla ricerca, come anatomia,batteriologia, biochimica, medicina interna, patologia e fisiologia.

A livello individuale, Halsted sviluppò e diffuse un diverso sistema dichirurgia, così caratteristico da essere nobilitato dalla locuzione scuoladi chirurgia; quel che più importa, i metodi di Halsted rivoluzionaronoil mondo della chirurgia e guadagnarono alla sua opera l’epiteto diprincipi halstediani, che restano un imprimatur scientifico ampiamentericonosciuto e accettato. Halsted subordinava la brillantezza tecnica e lavelocità di dissezione a un’esecuzione meticolosa e sicura, fosse pure unpo’ lenta: come conseguenza diretta, lo sforzo di Halsted ebbe un ruoloimportante nel determinare la trasformazione autonoma della chirur-gia dalla subordinazione terapeutica alla necessità clinica.

A dispetto del suo contegno di recluso della professione, i risulta-ti clinici e di ricerca ottenuti da Halsted furono di quantità e portatastraordinarie. Il suo sistema di internato per la formazione dei chi-rurghi non solo fu il primo programma di questo tipo, ma era ancheunico nel suo scopo primario: al di là di tutti gli altri obiettivi, Hal-sted desiderava istituire una scuola di chirurgia che avrebbe infinediffuso in tutto il mondo chirurgico i princìpi e le qualità distintiveche considerava solidi e appropriati. Il suo obiettivo era di formarevalidi insegnanti di chirurgia, non solo chirurghi operatori compe-tenti; non c’è dubbio che Halsted abbia raggiunto la sua meta di-chiarata di produrre “non solo chirurghi, ma chirurghi del livello piùalto, uomini che stimoleranno il fiore della gioventù del nostro pae-se a studiare la chirurgia e a dedicare le loro energie e la loro vita aelevare gli standard della scienza chirurgica”. I suoi contributi sonostati così fondamentali che senza di essi la chirurgia non avrebbe maipotuto svilupparsi completamente, e avrebbe potuto restare impan-tanata in uno stato semiprofessionale.

La natura eroica e pericolosa della chirurgia poteva sembrare at-traente in epoche scientificamente meno sofisticate: ma ora i chirurghierano corteggiati per le loro qualità personali, al di là della loro asso-

luta audacia tecnica. Divenne sempre più evidente una tendenza allachirurgia ospedaliera, dovuta in parti uguali alle nuove operazioni,tecnicamente impegnative, e alle moderne strutture fisiche degli ospe-dali all’interno dei quali i chirurghi potevano lavorare con maggioreefficacia. La crescente complessità ed efficienza della chirurgia asettica,la necessità per la diagnosi dei raggi X e del laboratorio clinico, i van-taggi dell’assistenza continua e la disponibilità di chirurghi interni ca-paci residenti in ospedale rendevano la sala operatoria ospedaliera ilposto più plausibile e adatto per condurre un’operazione chirurgica.

Era ovvio sia per i direttori degli ospedali sia per l’intera professio-ne medica che le istituzioni per acuti stavano diventando una necessitàpiù per il chirurgo che per il medico: di conseguenza, un numero cre-scente di ospedali fece di tutto per offrire al loro personale chirurgicole migliori strutture per eseguire operazioni. Per secoli, le operazionichirurgiche erano state eseguite sotto l’illuminazione della luce solare,o tutt’al più di candele; ora le luci elettriche istallate nelle camere ope-ratorie offrivano una fonte di illuminazione molto più affidabile e sta-bile. La chirurgia divenne un esercizio molto più efficiente perché leoperazioni chirurgiche potevano essere portate a termine nelle tempe-stose mattine d’estate come negli umidi pomeriggi d’inverno.

INTERNAZIONALIZZAZIONE, ASSOCIAZIONI E RIVISTE SCIENTIFICHE

Con l’accresciuta sofisticazione della chirurgia, l’internazionalizza-zione divenne uno dei temi fondamentali: i chirurghi attraversavanogli oceani per visitare i colleghi e apprendere. Halsted e HermannKüttner (1870-1932), direttore della clinica chirurgica di Breslavia inGermania (località ora chiamata Wroclaw e situata nella Poloniasud-occidentale), istituirono il primo scambio ufficiale conosciuto dichirurghi interni nel 1914. Questo esperimento di formazione chi-rurgica aveva l’obiettivo di sottolineare lo spirito internazionale cheaveva avvolto la chirurgia; Halsted credeva fermamente che i giovanichirurghi potessero raggiungere una maggiore maturità clinica os-servando la pratica della chirurgia in altri paesi, oltre che nel loro.

L’inevitabile formazione di associazioni chirurgiche nazionali e in-ternazionali e l’apparizione e lo sviluppo di periodici dedicati ad ar-gomenti chirurgici si rivelarono un importante ausilio al processo diprofessionalizzazione della chirurgia. In gran parte, le associazioniprofessionali presero avvio come strumenti per consentire migliora-menti reciproci mediante l’interazione personale con i colleghi e lapubblicazione dei contributi presentati. A differenza dei chirurghidei secoli precedenti, che erano famosi per preservare gelosamente i“segreti industriali”, i membri di queste nuove organizzazioni enfa-tizzavano la pubblicazione degli atti dei loro incontri: in questo mo-do, non solo i loro colleghi avrebbero potuto apprendere i loro risul-tati clinici, ma fu anche possibile istituire una documentazione scrit-ta che potesse circolare in tutto il mondo della medicina.

La prima di queste associazioni chirurgiche fu l’Académie Royalede Chirurgie di Parigi, i cui Mémoires apparvero sporadicamente dal1743 al 1838. Gli atti più prestigiosi fra quelli delle associazioni delsecolo XIX furono i Mémoires e i Bulletins della Société de Chirurgiedi Parigi (1847), le Verhandlungen della Deutsche Gesellschaft fürChirurgie (1872) e le Transactions dell’American Surgical Associa-tion (1883). Nel secolo XIX non esistevano associazioni chirurgicheche pubblicassero resoconti professionali in Gran Bretagna: i RoyalColleges of Surgeons di Inghilterra, Irlanda e Scozia non intraprese-ro mai simili progetti. Anche se i manuali, le monografie e i trattatisono sempre stati il fondamento della letteratura medica, l’introdu-zione dei mensili – fra cui la Chirurgische Bibliothek (1771) di Augu-st Richter (1742-1812), il Journal de Chirurgie (1843) di Joseph Mal-gaigne (1806-1865), l’Archiv für Klinische Chirurgie (1860) di Ber-nard Langenbeck (1810-1887) e gli Annals of Surgery (1885) di LewisPilcher (1844-1917) – ebbero un enorme impatto nell’aggiornamen-to e nell’educazione permanente dei chirurghi.

PRIMA GUERRA MONDIALE

L’Austria-Ungheria e la Germania continuarono a essere le forze do-minanti nella chirurgia mondiale fino alla Prima Guerra Mondiale;ma i risultati del conflitto si rivelarono disastrosi per le potenze cen-

6 PRINCÌPI DI BASE DELLA CHIRURGIA

Figura 1-7. William Halsted.

trali (Austria-Ungheria, Bulgaria, Germania e Impero Ottomano) ein particolare per i chirurghi di lingua tedesca. L’Europa prese unnuovo aspetto sociale e politico, e ne fu triste ma prevedibile conclu-sione la fine del ruolo di leader mondiale della chirurgia della Ger-mania. Come in molti conflitti armati, l’enorme tributo umano, so-prattutto i feriti dei campi di battaglia, consentì straordinari pro-gressi in molte aree della chirurgia: senza dubbio, i maggiori risulta-ti chirurgici furono ottenuti nella cura delle infezioni da ferita. Laguerra di trincea, condotta in suoli contaminati da decenni di colti-vazione e da concime animale resero ogni soldato ferito un portato-re potenziale di un gran numero di bacilli patogeni: sul campo dibattaglia, la sepsi era inevitabile. Molti tentativi di affermare tecnicheasettiche si rivelarono inadeguati, ma la cura delle ferite infette me-diante antisepsi stava diventando una realtà pratica.

I chirurghi sperimentarono numerose soluzioni antisettiche e va-ri tipi di medicazioni chirurgiche: si sviluppò un principio di curadelle ferite applicato mediante sbrigliamento e irrigazione; i princi-pali protagonisti dello sviluppo di questo sistema esteso di tratta-mento delle ferite furono un chimico inglese, Henry Dakin (1880-1952), e il chirurgo franco-americano Alexis Carrel (1873-1944)(Fig. 1-8), vincitore del premio Nobel. Oltre ai successi ottenuti nel-la sterilità delle ferite, furono raggiunti progressi chirurgici con l’usodei raggi X nella diagnosi delle ferite sui campi di battaglia, e si pale-sò un notevole ingegno operatorio nella chirurgia facciale ricostrut-tiva e nella cura di fratture risultanti da ferite da arma da fuoco.

AMERICAN COLLEGE OF SURGEONS

Per i chirurgi americani gli anni immediatamente precedenti la PrimaGuerra Mondiale furono un periodo di unione attiva in varie orga-nizzazioni sociali ed educative: la più importante di queste associa-zioni fu l’American College of Surgeons, fondato nel 1913 da Frank-lin Martin (1857-1935), un ginecologo di Chicago. Ispirato ai RoyalColleges of Surgeons di Inghilterra, Irlanda e Scozia, l’American Col-lege of Surgeons istituì standard professionali, etici e morali per tuttii laureati in medicina che praticavano la chirurgia e conferì ai suoimembri il titolo di Fellow of the American College of Surgeons (FACS).Fin dall’inizio, fu suo scopo primario la formazione permanente deipraticanti di chirurgia: di conseguenza, i requisiti di ammissione fu-rono sempre legati alle opportunità di formazione del periodo; nel1914 i candidati dovevano essere laureati in medicina, avere l’appog-gio di tre membri e l’approvazione del locale comitato di credenziali.

In considerazione della necessità di essere segnalati dei colleghi,molti praticanti, realisticamente o no, consideravano l’American

College of Surgeons un’organizzazione elitaria. Con un evidente si-stema di veto inserito nei requisiti di ammissione, c’era una convin-zione giustificata secondo cui l’appartenenza era consentita in misu-ra limitata a molti chirurghi che fossero immigrati, donne o membridi particolari minoranze razziali o religiose. Questo pregiudiziostrutturale, in aggiunta a discutibili accuse di ripartizione delle par-celle e allo smodato disprezzo per le pratiche d’affari di certi chirur-ghi, ebbe per risultato di negare il “privilegio” dell’ammissione amolti eminenti chirurghi americani.

Gli anni ’20 e i decenni successivi si rivelarono un’epoca prosperaper l’associazione americana e i suoi chirurghi: dopotutto, la storiadella chirurgia mondiale del secolo XX è una storia di trionfi ameri-cani più di quanto non fosse nei secoli XVIII o XIX. Le entrate deimedici aumentarono enormemente e il prestigio dei chirurghi, aiu-tato dai successi sempre crescenti della scienza medica, mise solideradici nella cultura americana. Tuttavia, l’evidente mancanza di stan-dard e di regole nella specializzazione chirurgica divenne una seriapreoccupazione per i leader della professione: le difficoltà della Pri-ma Guerra Mondiale avevano notevolmente accentuato questa ne-cessità realistica di standard di specializzazione, dato che molti sedi-centi specialisti di chirurgia furono giudicati non qualificati dallecommissioni d’esame militari. Nell’ambito dell’oftalmologia, peresempio, più del 50% degli individui esaminati furono consideratiinadatti a curare le malattie dell’occhio.

Era una realtà indubitabile la mancanza di criteri stabiliti con cuidistinguere l’oftalmologo ben qualificato dall’optometrista parvenu ochiarire le differenze di competenza clinica fra lo specialista oftalmo-logo a tempo pieno in possesso di una formazione adeguata e l’oftal-mologo generico, a tempo parziale, dalla preparazione incompleta. Inconsiderazione della gravità della situazione, fu proposto il concettodi controllo interno mediante una commissione di esame professio-nale, appoggiata dalle più importanti associazioni volontarie di oftal-mologi, come meccanismo di certificazione della competenza. Nel1916 furono proposti standard e regole uniformi sotto forma di re-quisiti di formazione minimi ed esami scritti e orali, e fu costituitoformalmente l’American Board for Ophthalmic Examination, il pri-mo del paese. Nel 1940 erano già stati istituiti sei altri collegi di spe-cializzazioni chirurgiche, che includevano chirurgia ortopedica(1934), chirurgia del colon e rettale (1934), urologia (1935), chirurgiaplastica (1937), chirurgia generale (1937) e neurologica (1940).

Man mano che si faceva ordine nella formazione chirurgica spe-cialistica e maturava il processo di certificazione, fu evidente che lacontinua crescita di programmi di internato portava importanti im-plicazioni per la futura struttura della pratica medica e le relazionisociali della medicina con la società nel suo insieme. Si era consoli-data l’autorità professionale e la specializzazione, che si era evolutafin dai tempi della Guerra Civile, era ora riconosciuta come parte es-senziale, se non integrale, della medicina moderna. Sebbene la crea-zione di collegi delle specializzazioni chirurgiche fosse giustificatadall’ampio imprimatur di elevare il livello di formazione e valutare lacompetenza clinica degli specialisti, la certificazione collegiale co-minciò innegabilmente a restringere l’accesso alle specializzazioni.

Con l’evoluzione delle specializzazioni, si accrebbero l’influenzapolitica e l’autorità culturale di cui godeva la professione chirurgica.Questa forza socioeconomica fu espressa in particolare negli sforzi diriforma volti a modernizzare e standardizzare il sistema ospedalieroamericano. Ogni traccia di “kitchen surgery” era essenzialmentescomparsa e – a parte i numerosi piccoli ospedali privati costruiti so-prattutto dai chirurghi per il loro uso personale – le uniche struttu-re dove potesse essere condotta adeguatamente la chirurgia di mag-gior rilievo e i pazienti postoperatori potessero essere curati appro-priatamente erano gli ospedali moderni, ben equipaggiati e fisica-mente imponenti. Per questo motivo, l’American College of Sur-geons e la sua crescente lista di membri avevano forti motivazioniper far sì che il sistema ospedaliero americano fosse il più aggiorna-to ed efficiente possibile.

A livello internazionale, i chirurghi erano di fronte all’assenza diqualsiasi corpo organizzativo formale: una tale associazione non sa-rebbe esistita fino alla fondazione nel 1935 a Ginevra dell’Associa-zione Internazionale dei Chirurghi. Al principio, l’Associazione In-ternazionale fu concepita per servire di legame ai collegi e alle asso-ciazioni chirurgiche esistenti nei vari paesi del mondo; tuttavia, i suoi

STORIA DELLA CHIRURGIA 7

Figura 1-8. Alexis Carrel.

obiettivi di elevare l’arte e la scienza della chirurgia, favorire unamaggiore comprensione fra i chirurghi del mondo e fornire mezziper studi di specializzazione internazionali, non arrivarono maicompletamente a buon fine, in parte perché l’American College ofSurgeons si oppose risolutamente, e continua a opporsi, all’istituzio-ne di una vera sezione americana dell’Associazione Internazionaledei Chirurghi.

DONNE CHIRURGO

Una delle molte aree trascurate della storia della chirurgia riguarda ilcoinvolgimento delle donne; fino a tempi recenti, le opzioni a dispo-sizione delle donne per ottenere una formazione chirurgica avanza-ta erano severamente ristrette. Il motivo principale era che fino allametà del secolo XX solo una manciata di donne aveva praticato ab-bastanza la chirurgia per poter diventare mentori abilitati. Senzamodelli di ruolo e con un accesso limitato ai posti ospedalieri, la pos-sibilità per le poche dottoresse praticanti di specializzarsi in chirur-gia sembrava inesistente. Di conseguenza, le donne chirurgo furonocostrette a utilizzare strategie di carriera diverse da quelle degli uo-mini e ad avere mete di successo personale più divergenti per ottene-re soddisfazione professionale. A dispetto di queste difficoltà e con ladeterminazione e l’aiuto di diversi chirurghi maschi illuminati, so-prattutto William Byford (1817-1890) di Chicago e William Keen diPhiladelphia, esisteva un piccolo gruppo di donne chirurgo nell’A-merica di fine Ottocento. Mary Dixon Jones (1828-1908), EmmelineHorton Cleveland (1829-1878), Mary Harris Thompson (1829-1895), Anna Elizabeth Broomall (1847-1931) e Marie Mergler (1851-1901) avrebbero agito come nido per una maggiore uguaglianza deigeneri nella chirurgia del secolo XX.

CHIRURGHI AFROAMERICANI

C’è poco da discutere sul fatto che i pregiudizi di genere e razziali ab-biano influenzato l’evoluzione della chirurgia: ogni aspetto della so-cietà è interessato da queste discriminazioni, e gli afroamericani, co-me le donne, furono vittime innocenti delle ingiustizie che li co-strinsero a lotte infinite per ottenere competenza in chirurgia. Fin dal1868 fu istituito un dipartimento di chirurgia alla Howard Univer-sity: ma i primi tre direttori erano tutti WASP. Solo con la nomina aprofessore di chirurgia di Austin Curtis nel 1928 il dipartimento eb-be il suo primo direttore afroamericano. Curtis, come tutti i medicineri del suo periodo, fu costretto a formarsi negli ospedali “negri”,nel suo caso il Provident Hospital di Chicago, dove studiò sotto laguida di Daniel Hale Williams (1858-1931), il più autorevole e sti-mato dei primi chirurghi afroamericani. Nel 1897, Williams rag-giunse una considerevole notorietà quando riferì di aver suturatocon successo il pericardio per una ferita da taglio al cuore.

Avendo poche possibilità di ottenere l’ammissione all’AmericanMedical Association o alle associazioni affiliate, nel 1895 i mediciafroamericani si unirono per formare la National Medical Associa-tion. I chirurghi neri individuarono un bisogno ancor più specificoquando nel 1906 fu aperta la sezione chirurgica della National Medi-cal Association. Queste cliniche chirurgiche della National MedicalAssociation, che precedettero di quasi un decennio il Clinical Con-gress of Surgeons of North America, il predecessore del congressoannuale dell’American College of Surgeons, rappresentarono i primiesempi di educazione chirurgica mediante tutor (“show-me”) orga-nizzata negli Stati Uniti.

L’ammissione alle associazioni chirurgiche e l’ottenimento di cer-tificati di specializzazione erano importanti risultati sociali e psico-logici per i primi chirurghi afroamericani. Quando Daniel Williamsfu nominato membro dell’American College of Surgeons nel 1913, lanotizia si diffuse rapidamente in tutta la comunità chirurgica afroa-mericana. Ma le richieste di adesione dei chirurghi afroamericanierano spesso esaminate con una certa lentezza, il che lascia supporreche si praticassero clandestinamente rifiuti su base razziale in granparte del paese. Ancora alla metà degli anni ’40 Charles Drew (1904-1950) (Fig. 1-9), direttore del dipartimento di chirurgia alla HowardUniversity School of Medicine, ammetteva di essersi rifiutato di ade-rire all’American College of Surgeons perché a suo avviso questa as-sociazione chirurgica “rappresentativa a livello nazionale” non aveva

ancora cominciato ad accettare senza impedimenti i chirurghi afroa-mericani capaci e adeguatamente qualificati.

ERA MODERNA

Nonostante la depressione economica globale seguita alla PrimaGuerra Mondiale, gli anni ’20 e ’30 segnarono l’ascesa della chirurgiaamericana alla sua posizione attuale di leadership internazionale.Con le riforme educative delle scuole di medicina, la ridefinizionedei programmi di internato chirurgico avviata da Halsted e la cresci-ta delle specializzazioni chirurgiche, fu spianata la strada alla fioritu-ra della chirurgia scientifica. La ricerca chirurgica di base era unarealtà ormai consolidata quando George Crile (1864-1943), AlfredBlalock (1899-1964) (Fig. 1-10), Dallas Phemister (1882-1951) eCharles Huggins (1901-1997) diventarono “chirurghi-scienziati” difama mondiale.

Così come l’ascesa del chirurgo-scienziato cambiò il modo in cui ilpubblico e la professione consideravano la ricerca chirurgica, l’intro-duzione di tecnologie sempre più sofisticate ebbe un enorme impattosulla pratica della chirurgia. In tutto l’arco dell’evoluzione della chi-rurgia, la sua pratica – l’arte, il mestiere e infine la scienza di lavorarecon le proprie mani – era stata in gran parte definita dai suoi stru-menti: da quelli rudimentali di selce dei popoli antichi, ai semplici ton-sillotomi e litotritori del secolo XIX, fino a quelli sempre più comples-si sviluppati nel secolo XX, strumenti nuovi e perfezionati portaronodi solito a migliori risultati chirurgici. Il progresso della strumentazio-ne e delle tecniche chirurgiche procedeva di pari passo.

Le tecniche chirurgiche sarebbero naturalmente diventate più so-fisticate con il passar del tempo, ma alla conclusione della SecondaGuerra Mondiale quasi tutti gli organi e le aree del corpo erano staticompletamente esplorati. Essenzialmente, in meno di mezzo secolol’ambito della chirurgia si era consolidato a tal punto che i procedi-menti operatori fondamentali alla base della professione erano or-mai completati: di conseguenza, erano pochi i misteri tecnici rima-sti. A questo punto la chirurgia, per sostenere la sua crescita conti-nua, richiedeva la possibilità di diagnosticare le malattie chirurgichein uno stadio precoce, di individuare neoplasie maligne quando era-no ancora piccole e di somministrare cure postoperatorie più effica-ci, che consentissero ai pazienti di sopravvivere anche alle operazio-ni tecnicamente più complesse. Questa concezione può essere esem-plificata dall’introduzione nel 1924 della colecistografia da parte diEvarts Graham (1883-1957) e Warren Cole (1898-1990). In questocaso, una nuova tecnologia scientifica introduceva nuove possibilitànella pratica chirurgica, non necessariamente collegate ai soli mi-glioramenti tecnici: per il chirurgo, la scoperta e l’applicazione dellacolecistografia si rivelarono importantissime non solo perché con-sentivano diagnosi più accurate della colecistite, ma anche perché ve-

8 PRINCÌPI DI BASE DELLA CHIRURGIA

Figura 1-9. Charles Drew.

nivano a creare un flusso di pazienti chirurgici in un caso in cui que-sti erano in precedenza praticamente inesistenti. Se la chirurgia do-veva crescere, erano necessarie grandi quantità di individui con ma-lattie chirurgiche.

Era un periodo entusiasmante per i chirurghi, mentre si realizza-vano importanti progressi tecnici sia in camera operatoria sia nel la-boratorio scientifico di base. Fra i punti di maggior interesse, l’intro-duzione nel 1935 della pancreoduodenectomia per il cancro del pan-creas da parte di Allen Oldfather Whipple (1881-1963) e un reso-conto nel 1943 sulla vagotomia per la terapia operatoria dell’ulcerapeptica da parte di Lester Dragstedt (1893-1976). Frank Lahey(1880-1953) accentuò l’importanza dell’identificazione del nervo la-ringeo ricorrente nel corso della chirurgia della tiroide; nel 1932Owen Wangenteen (1898-1981) sottopose a decompressione leostruzioni meccaniche dell’intestino usando un apparecchio di aspi-razione di nuova concezione; nel 1921 George Vaughan (1859-1948)riuscì a effettuare la legatura dell’aorta addominale per aneurisma;nel 1935 Max Peet (1885-1949) presentò la sua resezione della milzaper l’ipertensione; negli anni ’20 Walter Dandy (1886-1946) eseguì lasezione intracranica di vari nervi cranici; nel 1936 Walter Freeman(1895-1972) descrisse la lobotomia prefrontale come mezzo per cu-rare varie malattie mentali; nel 1928 Harvey Cushing (1869-1939)introdusse l’elettrocoagulazione in neurochirurgia; nel 1931 MariusSmith-Petersen (1886-1953) descrisse un chiodo a flangia per im-mobilizzare una frattura del collo del femore e nel 1939 l’artroprote-si in vitallium; Vilray Blair (1871-1955) e James Brown (1899-1971)diffusero l’uso degli innesti cutanei a spessore variabile per copriregrandi aree di ferite in via di granulazione; nel 1939 Earl Padgett(1893-1946) ideò un dermatomo operatorio che permetteva la cali-brazione dello spessore degli innesti di pelle; nel 1923 Elliott Cutler(1888-1947) eseguì con successo la sezione della valvola mitrale perla cura della stenosi mitralica; nel 1933 Evarts Graham completò laprima asportazione riuscita di un intero polmone per cancro; nel1935 Claude Beck (1894-1971) innestò un muscolo pettorale nel pe-ricardio e fissò un innesto omentale peduncolato alla superficie del

cuore, fornendo così una circolazione collaterale a questo organo; nel1939 Robert Gross (1905-1988) riportò la prima sutura riuscita diun dotto arterioso pervio e nel 1945 una resezione per la coartazio-ne dell’aorta con anastomosi diretta delle estremità residue; nel 1944John Alexander (1891-1954) resecò un aneurisma sacciforme del-l’aorta toracica.

Con una così ampia varietà di operazioni chirurgiche complesseora realizzabili, era ovviamente divenuto impossibile per qualunquesingolo chirurgo padroneggiare tutte le abilità manuali accompagna-te dalle conoscenze fisiopatologiche necessarie per affrontare questicasi. Uno degli eventi più significativi e importanti nella chirurgiadel ’900 è stato il consolidamento – realizzatosi verso la metà del se-colo – dell’autorità professionale implicito nel movimento verso laspecializzazione, con molti individui che restringevano la loro prati-ca chirurgica a un singolo campo altamente strutturato. Ironicamen-te, gli Stati Uniti, che erano stati molto più lenti dei paesi europei nelriconoscere i chirurghi come un gruppo separato di specialisti di-stinti dai medici, avrebbero ora guidato con grande entusiasmo que-sta corsa alla specializzazione. La frammentazione della chirurgia inspecializzazioni e sottospecializzazioni procedeva manifestamente agrande velocità quando le cupe nubi della Seconda Guerra Mondia-le si addensarono sul mondo: le ramificazioni socioeconomiche epolitiche di questa guerra avrebbero prodotto un mutamento fonda-mentale nel modo in cui i chirurghi vedevano se stessi e le loro inte-razioni con la società in cui vivevano e operavano.

SECONDA METÀ DEL SECOLO XX

I decenni di espansione economica successivi alla Seconda GuerraMondiale hanno avuto un enorme impatto sull’importanza dellachirurgia, soprattutto negli Stati Uniti – quasi che vincere in batta-glia avesse trasformato da un giorno all’altro la medicina in un gran-de affare, convertendo rapidamente la ricerca disinteressata della cu-ra della salute nell’industria in maggior espansione del paese. Furo-no costruiti spaziosi complessi ospedalieri che non rappresentavanosoltanto il progresso scientifico delle arti della salute, ma dimostra-vano vividamente la forza del boom economico americano del do-poguerra: la società era disposta a dare alla scienza chirurgica un ri-conoscimento senza precedenti come preziosa risorsa nazionale.

L’enorme impatto della Seconda Guerra Mondiale sulla chirurgiasi risolse nell’improvvisa espansione della professione e nell’iniziodella capillare distribuzione dei chirurghi in tutto il paese. Molti diquesti individui, ribattezzati ai rigori di operazioni traumatiche tec-nicamente complesse, guidarono la costruzione e l’ammodernamen-to di ospedali, cliniche polispecialistiche e strutture chirurgiche nel-le loro città natali: i grandi ospedali urbani e locali istituirono pro-grammi di formazione e tirocinio chirurgici, riuscendo ad attirarecon relativa facilità tirocinanti e medici interni. Per la prima volta, iprogrammi di internato nelle specializzazioni della chirurgia rivaleg-giarono in crescita e sofisticazione di formazione con quelli di chi-rurgia generale: questi cambiamenti favorirono i successivi incre-menti delle iscrizioni ai dipartimenti di chirurgia. Non solo i chirur-ghi avrebbero raggiunto i più alti salari, ma la società si sarebbe pu-re appassionata al dramma della sala operatoria: serie televisive, film,romanzi e la non infrequente trasmissione in diretta di un’operazio-ne cardiaca in televisione esercitavano grande attrazione sul profano.

Nonostante l’entusiasmo dei profani, può essere difficile determi-nare il successo e il grado di accettazione di una disciplina nell’am-bito delle scienze biomediche, ma di recente ne è diventata misural’attribuzione del Premio Nobel per la medicina e la fisiologia. Il con-tinuo riconoscimento delle conquiste della chirurgia da parte dellasocietà è indicato dalla nomina di nove chirurghi a premi Nobel(Tab. 1-1).

CARDIOCHIRURGIA E TRAPIANTO DI ORGANI

Due sviluppi clinici hanno incarnato la magnificenza della chirurgiadel secondo dopoguerra, affascinando al tempo stesso il pubblico: lamaturazione della cardiochirurgia come “nuova” specializzazionechirurgica e la nascita del trapianto di organi potrebbero essere in-sieme i cartelli indicatori della nuova autostrada della chirurgia. Il fa-scino del cuore va ben oltre quello della medicina clinica: nella pro-

STORIA DELLA CHIRURGIA 9

Figura 1-10. Alfred Blalock.

spettiva storica dell’arte, dei costumi, della letteratura, della filosofia,della religione e della scienza, il cuore ha rappresentato la sede del-l’anima e la fonte stessa della vita. Questa venerazione ha anche resoquesto nobile organo a lungo stato intangibile per la chirurgia: men-tre la fine del secolo XIX e il XX hanno testimoniato una marcia con-tinua di trionfi chirurgici nell’apertura di nuove cavità del corpo, laconquista finale attendeva il perfezionamento dei metodi per le ope-razioni chirurgiche dello spazio toracico.

Questa conquista scientifica e tecnologica può essere fatta risalirealla cura delle ferite cardiache da arma da taglio per sutura diretta e aiprimi tentativi di riparare le valvole cardiache mal funzionanti: perquanto trionfale sia stata la prima sutura riuscita di una ferita pene-trata in una camera cardiaca che si conosca a opera di Luther Hill(1862-1946) nel 1902, solo negli anni ’40 si sarebbe potuto far affida-mento sullo sviluppo di una chirurgia intrapleurica sicura come qual-cosa di più di un evento occasionale. Durante la Seconda GuerraMondiale, Dwight Harken (1910-1993) si procurò ampia esperienzasul campo di battaglia nella rimozione di proiettili e shrapnel nel cuo-re o nei grossi vasi, o in relazione con questi, senza un solo esito mor-tale. Basandosi sulla sua esperienza bellica, Harken e altri pionieri del-la chirurgia, fra cui Charles Bailey (1910-1993) di Philadelphia e Rus-sell Brock (1903-1980) di Londra, continuarono a espandere la chi-rurgia intracardiaca sviluppando operazioni per curare la stenosi del-la valvola mitrale; questo procedimento fu progressivamente raffina-to, evolvendosi nella commissurotomia aperta usata oggi.

Nonostante i crescenti successi clinici, i chirurghi che operavanosul cuore dovevano lottare non solo con il lago di sangue che scorre-va nell’area nel corso di una difficile dissezione, ma anche con l’in-cessante movimento periodico del cuore che batte: non sarebbe sta-to possibile sviluppare ulteriori procedimenti di chirurgia cardiacatecnicamente complessi finché non fossero stati risolti questi proble-mi. John Gibbon (1903-1973) (Fig. 1-11) affrontò quest’enigmaideando una macchina che si sarebbe assunta il lavoro del cuore e deipolmoni mentre il paziente era sotto anestesia, essenzialmente im-mettendo sangue ricco di ossigeno nel sistema circolatorio scaval-cando il cuore, cosicché l’organo potesse essere operato comoda-mente. La prima operazione a cuore aperto riuscita nel 1953, usandouna macchina cuore-polmone, fu uno straordinario contributo chi-rurgico: con la sua determinatezza, la ricerca di Gibbon spianò lastrada a tutta la successiva chirurgia cardiaca, inclusi i procedimentiper la correzione dei difetti cardiaci congeniti, la riparazione di val-vole cardiache e il trapianto cardiaco.

Da tempo immemorabile il centro di interesse della chirurgia erastato principalmente l’asportazione e la riparazione: ma a comincia-re dal secolo XX l’altro estremo dello spettro chirurgico, ricostruzio-ne e trapianto, divenne una realtà. L’esperienza del secolo XIX aveva

dimostrato che i tessuti cutanei e ossei potevano essere “autotrapian-tati” da una parte all’altra nello stesso paziente; ci sarebbero volute leferite orrende e mutilanti della Prima Guerra Mondiale per far avan-zare in modo deciso i trapianti di pelle e legittimare il concetto dichirurgia come metodo ricostruttivo. Quando l’inglese Harold Gil-lies (1882-1960) e l’americano Vilray Blair stabilirono unità militaridi “chirurgia plastica” per trattare complesse ferite maxillofacciali, fuun punto di volta nel modo in cui la società considerava la raison d’ê-tre della chirurgia: i chirurghi non si sarebbero più limitati a poten-ziare i poteri curativi della natura, ma avrebbero anche alterato deci-samente quel che in precedenza sarebbe stato considerato un destinofisico ineluttabile. Per esempio, nel 1902 Hippolyte Morestin (1869-1919) descrisse un metodo di mammoplastica; John Staige Davis(1872-1946) di Baltimora diffuse un modo per realizzare innesti cu-tanei a spessore variabile e in seguito scrisse il primo manuale com-pleto di questa nuova specializzazione, Plastic Surgery: Its Principlesand Practice (1919). Immediatamente dopo la guerra, Blair avrebbecontinuato istituendo il primo servizio indipendente di chirurgiaplastica in un’istituzione civile al Barnes Hospital di St. Louis. Nel1916 Vladimir Filatov (1875-1956) di Odessa in Russia usò un inne-sto peduncolare intubato, e l’anno dopo Gillies introdusse una tecni-ca simile.

E la sostituzione di organi danneggiati o malati? Dopo tutto, an-che a metà del secolo, la sola idea di trapiantare con successo parti delcorpo consunte o malate rasentava la fantascienza. All’inizio del se-colo XX Alexis Carrel aveva sviluppato nuove tecniche rivoluziona-rie di sutura per anastomizzare i più piccoli vasi sanguigni; applican-do il suo slancio chirurgico agli animali da laboratorio, Carrel co-minciò a “trapiantare” reni, cuori e milze. Tecnicamente le sue ricer-che furono un successo, ma qualche processo biologico sconosciutoportava sempre al rigetto dell’organo trapiantato e alla morte dell’a-nimale. A metà del secolo i ricercatori medici avevano cominciato achiarire la presenza di reazioni immunitarie “difensive” sottostanti ela necessità di indurre l’“immunosoppressione” come mezzo perconsentire all’ospite di “accettare” il trapianto estraneo. Usando me-dicinali immunosoppressivi ad alto potenziale e altre modalità mo-derne, presto la strada fu inaugurata dal trapianto del fegato, e nonpassò molto tempo prima che diversi organi, e persino mani intere,fossero sostituiti.

10 PRINCÌPI DI BASE DELLA CHIRURGIA

TABELLA 1-1. I chirurghi che hanno ottenuto il Premio Nobelper la Medicina e la Fisiologia

Chirurgo Campo (nascita-morte) Paese (anno di nomina)

Theodor Kocher Svizzera Malattie della tiroide (1909) (1841-1917)

Allvar Gullstrand Svezia Diottrie oculari (1911) (1862-1930)

Alexis Carrel Francia e Chirurgia vascolare (1912) (1873-1944) Stati Uniti

Robert Bárány Austria Malattie vestibolari (1914)(1876-1936)

Frederick Banting Canada Insulina (1922)(1891-1941)

Walter Hess Svizzera Fisiologia del mesencefalo (1949)(1881-1973)

Werner Forssmann Germania Cateterismo cardiaco (1956)(1904-1979)

Charles Huggins Stati Uniti Oncologia (1966)(1901-1997)

Joseph Murray Stati Uniti Trapianto di organi (1990) (n.1919)

Figura 1-11. John Gibbon.

INFLUENZE POLITICHE E SOCIOECONOMICHE

Benché gli anni ’50 e ’60 abbiano sperimentato alcuni dei progressi piùstraordinari della storia della chirurgia, negli anni ’70 influenze politi-che e socioeconomiche cominciavano a offuscare molti dei trionfi cli-nici. Era l’inizio di un’esistenza schizofrenica per i chirurghi: furonocompletate complesse e drammatiche operazioni salvavita con lodi in-numerevoli, mentre contemporaneamente le critiche della pubblicaopinione all’economia della medicina, in particolare alle pratiche chi-rurgiche costose, rappresentavano il chirurgo come un individuo avi-do, spinto dai soldi ed egoista. Questo contrastava fortemente conl’immagine piuttosto disinteressata e santificata del chirurgo primadello sviluppo del lavoro specializzato e dell’introduzione della parte-cipazione statale alla somministrazione di cure mediche.

Pur essendo filosoficamente incoerenti, i tratti drammatici e tea-trali della chirurgia – che rendono i chirurghi eroi da un punto divista e simboli di corruzione, falsità e avidità dall’altro – sono pro-prio le ragioni per le quali la società chiede così tanto ai suoi chi-rurgi. Ci sono la natura precisa e definitiva dell’intervento chirurgi-co, l’attesa di successo che circonda un’operazione, il breve ambitotemporale in cui se ne realizzano gli esiti, gli alti livelli di reddito dimolti chirurghi, e la curiosità quasi insaziabile dei profani per tuttigli aspetti dell’atto di tagliare consensualmente la carne di un altroessere umano. Questi fenomeni, ancor più sensibilizzati in un epo-ca di mezzi di comunicazione di massa e telecomunicazioni istanta-nee, fa sembrare il chirurgo più responsabile dei suoi colleghi medi-ci e, al tempo stesso, simbolo del meglio e del peggio della medici-na. In modo precedentemente inimmaginabile, quest’ampia trasfor-mazione sociale della chirurgia controlla oggi il destino del singolopraticante in misura di gran lunga maggiore di quanto i chirurghicome forza collettiva siano in grado di fare nei loro tentativi di in-dirizzare la professione.

PUNTI CULMINANTI DELLA CHIRURGIA DEL SECOLO XX

Fra le difficoltà dello studio della chirurgia del ’900 c’è l’abbondanzadi nomi famosi e di importanti contributi scritti, al punto che di-venta compito difficile e ingrato tentare una selezione razionale dipersonalità rappresentative insieme ai loro scritti più importanti, ar-ticoli e monografie. Benché molti nomi a buon titolo celebri possa-no mancare, la seguente descrizione dei progressi della medicina sipropone di mettere in rilievo in ordine cronologico alcuni degli stu-pefacenti progressi clinici del secolo scorso.

Nel 1900 il chirurgo tedesco Hermann Pfannenstiel (1862-1909)descrisse la sua tecnica di incisione chirurgica soprapubica; nellostesso anno William Mayo (1861-1939) presentò all’American Surgi-cal Association i suoi risultati relativi alla gastrectomia parziale. Lacura del tumore al seno cambiò radicalmente quando (1901) Geor-ge Beatson (1848-1933), professore di chirurgia a Glasgow in Scozia,propose l’ovariectomia e la somministrazione di estratto di tiroidecome possibile cura. Nel 1903 John Finney (1863-1942) di The JohnHopkins Hospital scrisse un articolo su un nuovo metodo di gastro-duodenostomia, ossia piloroplastica allargata. In Germania, FedorKrause (1856-1937) descriveva la cistectomia totale e l’ureterosig-moidostomia bilaterale. Nel 1905, Hugh Hampton Young (1870-1945) di Baltimora presentava studi precedenti sulla sua prostatecto-mia radicale per il carcinoma. William Handley (1872-1962) era chi-rurgo al Middlesex Hospital di Londra quando pubblicò Cancer ofthe Breast and its Treatment (1906); in questo lavoro propose la teo-ria secondo la quale nel tumore della mammella la metastasi è dovu-ta a estensione attraverso i vasi linfatici e non a diffusione attraversoil flusso sanguigno; nello stesso anno, il madrileno José Goyanes(1876-1964) usò innesti venosi per ripristinare il flusso arterioso.L’inglese William Miles (1869-1947) descrisse per la prima volta lasua operazione di resezione addominoperineale nel 1908, lo stessoanno in cui Friedrich Trendelenburg (1844-1924) tentò l’embolecto-mia polmonare. Tre anni dopo, il tedesco Martin Kirschner (1879-1942) descrisse un filo per la trazione dello scheletro e per la stabi-lizzazione dei frammenti ossei, o immobilizzazione delle articolazio-ni. Donald Balfour (1882-1963), della Mayo Clinic, fornì la prima re-lazione della sua importante operazione di resezione del sigma, co-

me aveva fatto William Mayo nel 1910 per la sua chirurgia radicaleper il carcinoma del retto.

Nel 1911 Fred Albee (1876-1945) di New York cominciò a usaretrapianto ossei vivi come ferule interne. Il chirurgo tedesco WilhelmRamstedt (1867-1963) descrisse una piloromiotomia nel 1912, nellostesso periodo in cui Pierre Fredet (1870-1946) riferiva di un’opera-zione analoga. Nel 1913 il newyorkese Henry Janeway (1873-1921)sviluppò una tecnica di gastrectomia nella quale avvolgeva la pareteanteriore dello stomaco attorno a un catetere e la suturava in situ,stabilendo una fistola permanente. Nel 1918 Hans Finsterer (1877-1955), professore di chirurgia a Vienna, migliorò la descrizione diFranz von Hofmeister (1867-1926) di una gastrectomia parziale conchiusura di una porzione della piccola curva e anastomosi retrocoli-ca del resto dello stomaco fino al digiuno. Il londinese ThomasDunhill (1876-1957) fu un pioniere della chirurgia della tiroide, so-prattutto nella sua operazione del gozzo con esoftalmo (1919). Il ca-nadese William Gallie (1882-1959) usò suture fatte con la fascia latanelle erniorrafie (1923). Barney Brooks (1884-1952), professore dichirurgia alla Vanderbilt University di Nashville nel Tennessee, intro-dusse per la prima volta l’angiografia clinica e l’arteriografia femora-le nel 1924. Cinque anni dopo l’urologo portoghese Reynaldo dosSantos (1880-1970) riferì della prima aortografia translombare. Ne-gli anni ’30 Cecil Joll (1885-1945), professore di chirurgia a Londra,descrisse esaurientemente il trattamento della tireotossicosi median-te tiroidectomia subtotale.

Nel 1931 George Cheatle (1865-1951), professore di chirurgia aLondra, e il chirurgo newyorkese Max Cutler (1899-1984) pubblica-rono l’importante trattato Tumours of the Breast; nello stesso annoCutler descrisse minuziosamente il suo uso sistemico di ormoni ova-rici nel trattamento della mastite cronica. All’incirca nello stesso pe-riodo il tedesco Ernst Sauerbruch (1875-1951) completò il primo in-tervento chirurgico riuscito per l’aneurisma cardiaco, e il suo conna-zionale Rudolph Nissen (1896-1981) rimosse un intero polmonebronchiectasico. Geoffrey Keynes (1887-1982) del St. Bartholomew’sHospital in Inghilterra espresse le ragioni della opposizione alla ma-stectomia radicale e il suo favore per il trattamento radioterapico deltumore alla mammella (1932). Nel 1936 il chirurgo irlandese ArnoldHenry (1886-1962) ideò un approccio operatorio per l’ernia femo-rale. Nel corso degli anni ’30 Earl Shouldice (1891-1965) di Torontocominciò per primo a fare esperimenti su una riparazione dell’erniainguinale basata su strati sovrapposti tenuti insieme da una sutura afilo continuo. Nel 1937 René Leriche (1879-1955) propose un’arte-riectomia per le trombosi arteriose e in seguito una simpatectomiaperiarteriosa per migliorare il flusso arterioso; Leriche enunciò an-che una sindrome aortoiliaca occlusiva nel 1940. Nel 1939 EdwardChurchill (1895-1972) del Massachusetts General Hospital eseguìuna pneumectomia segmentale per le bronchiectasie. Nel 1945 Cla-rence Crafoord (1899-1984) usò per primo un trattamento chirurgi-co di coartazione aortica; l’anno successivo Willis Potts (1895-1968)realizzò un’anastomosi dell’aorta a una vena polmonare per certi ti-pi di malattie cardiache congenite. Nel 1948 Chester McVay (1911-1987) diffuse una riparazione delle ernie inguinali basata sul lega-mento pettineo. Nel 1951 Charles Hufnagel (1916-1989), che lavora-va al Georgetown University Medical Center di Washington, ideò einserì in un uomo la prima protesi valvolare cardiaca funzionante;nello stesso anno il parigino Charles Dubost (1914-1991) eseguì laprima resezione riuscita di un aneurisma aortico addominale e l’in-serimento di un trapianto omologo. Nel 1955 Robert Zollinger(1903-1994) ed Edwin Ellison (1918-1970) descrissero per la primavolta l’adenomatosi poliendocrina che prende il loro nome; l’annosuccessivo Donald Murray (1894-1976) completò la prima protesivalvolare omologa riuscita. Nello stesso periodo John Merrill (1917-1986) eseguiva il primo trapianto omologo riuscito al mondo di fe-gato umano fra gemelli identici.

TENDENZE FUTURE

Per gran parte della sua evoluzione la pratica della chirurgia è stataampiamente determinata dai suoi strumenti e dagli aspetti manualidel mestiere. Gli ultimi decenni del secolo XX hanno testimoniato unprogresso senza precedenti nello sviluppo di nuova strumentazionee di tecniche di rappresentazione; questi miglioramenti non sono

STORIA DELLA CHIRURGIA 11

stati privi di notevoli costi sociali ed economici. Il progresso conti-nuerà senza dubbio, perché se c’è una lezione da trarre dalla storiadella chirurgia è che ci si deve sempre attendere progresso, almenoper quanto riguarda la tecnologia. Ci saranno operazioni chirurgichepiù sofisticate con risultati migliori; alla fine, l’automazione potreb-be anche robotizzare la mano del chirurgo per certi procedimenti,ma le scienze chirurgiche manterranno sempre le loro radici storichedi arte e mestiere fondamentalmente manuali.

Da molti punti di vista, le sfide future più difficili per i chirurghinon saranno in ambito clinico, ma richiederanno di comprenderemeglio le forze socioeconomiche che influenzano la pratica della chi-rurgia e di apprendere a gestirle nel modo migliore: oggi esistonomolte splendide scuole di chirurgia praticamente in ogni principalecittà industrializzata, ma nessuna può pretendere la supremazia intutte le discipline che compongono la chirurgia; allo stesso modo, lapresenza di singole personalità autorevoli che aiutano a guidare lachirurgia è oggi più rara di quanto avvenisse in passato. Gli obiettivinazionali e lo status socioeconomico sono diventati fattori domi-nanti nell’assicurare e guidare il futuro della chirurgia a livello mon-diale. Se si comprendono le tortuosità della storia della chirurgia,predire quel che avverrà nel futuro sembra un compito ingrato e ov-viamente impossibile: nel 1874 il londinese John Erichsen (1818-1896) scriveva che “l’addome, il torace e il cervello saranno per sem-pre chiusi alle operazioni di un chirurgo saggio e umano”. Pochi an-ni dopo Theodor Billroth dichiarava “un chirurgo che cerchi di su-turare una ferita cardiaca merita la disistima dei suoi colleghi”. Evi-dentemente, la sfera di cristallo della chirurgia è nella migliore delleipotesi un po’ torbida.

Studiare la storia affascinante della nostra professione, con le suemolte splendide personalità e gli straordinari risultati scientifici e so-ciali, non ci aiuta necessariamente a prevedere il futuro della chirur-gia, ma getta molta luce sulle pratiche cliniche del nostro tempo. Se ichirurghi del futuro vorranno essere considerati qualcosa in più disemplici tecnici, la professione dovrà necessariamente apprezzare dipiù il valore delle sue esperienze passate. La chirurgia ha un’ereditàillustre che rischia di essere dimenticata: anche se il futuro dell’arte,del mestiere e della scienza della chirurgia resta ignoto, essa poggiasenza dubbio su un glorioso passato.

BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

Allbutt TC: The Historical Relations of Medicine and Surgery to the End of the SixteenthCentury. London, Macmillan, 1905.Un discorso incisivo e provocatorio del Regius Professor of Physic dell’Università di Cam-bridge riguardo le relazioni talvolta burrascose fra i primi medici e i praticanti di chi-rurgia.

Billings JS: The history and literature of surgery. In Dennis FS (ed.): System of Surgery.Vol. 1. Philadelphia, Lea Brothers, 1895, pp. 17-144.Il capitolo di Billings – chirurgo, architetto di ospedali, fondatore dell’Index Medicus edirettore della New York Public Library – è un’ampia rassegna della chirurgia, seppurebasata su un tema agiografico.

Bishop WJ: The Early History of Surgery. London, Robert Hale, 1960.Il testo di Bishop, un importante bibliofilo medico, dà il meglio di sé nella descrizione del-la chirurgia nel Medioevo, nel Rinascimento e nei secoli XVII e XVIII.

Cartwright FF: The Development of Modern Surgery from 1830. London, ArthurBarker, 1967.L’opera di Cartwright, anestesista del King’s College Hospital di Londra, è ricco di detta-gli e di interpretazioni.

Cope Z: Pioneers in Acute Abdominal Surgery. London, Oxford University Press, 1939.Cope Z: A History of the Acute Abdomen. London, Oxford University Press, 1965.

Queste due opere, di uno stimato chirurgo inglese, offrono rassegne complete dell’evolu-zione degli interventi chirurgici per le patologie intraaddominali.

Gurlt EJ: Geschichte der Chirurgie und ihrer Ausübung (3 vols.). Berlin, A Hirschwald, 1898.Storia incredibilmente dettagliata della chirurgia dagli inizi della storia scritta fino allafine del secolo XVI. Gurlt, un chirurgo tedesco, include innumerevoli traduzioni di anti-chi manoscritti. Sfortunatamente, l’opera non è stata tradotta in inglese.

Hurwitz A, Degenshein GA: Milestones in Modern Surgery. New York, Hoeber-Harper,1958.I numerosi capitoli dell’opera – i cui Autori sono chirurghi presso il Maimonides Hospi-tal di Brooklyn – contengono informazioni introduttive, inclusa una breve biografia diogni chirurgo (con ritratto) e un estratto ristampato o tradotto del più importante con-tributo chirurgico di ciascuno di essi.

Leonardo RA: History of Surgery. New York, Froben, 1943.Leonardo RA: Lives of Master Surgeons. New York, Froben, 1948 (plus Lives of Master

Surgeons, Supplement 1, Froben, 1949).Questi testi di un eminente chirurgo e storico di Rochester, New York, costituiscono in-sieme un’approfondita descrizione dell’intera storia della chirurgia, dall’antichità allametà del secolo XX. Sono particolarmente utili le innumerevoli biografie di chirurghi no-ti e meno noti.

Malgaigne JF: Histoire de la chirurgie en Occident depuis de VIe jusqu’au XVIe siècle, etHistoire de la vie et des travaux d’Ambroise Paré. In Malgaigne JF (ed): AmbroiseParé, Œuvres Complètes... Vol. 1, Introduction. Paris, JB Baillière, 1840-1841.La storia di Malgaigne – considerato uno dei più brillanti chirurghi francesi del secoloXIX – è particolarmente notevole per il suo studio della chirurgia europea dei secoli XVe XVI. L’intera opera è stata tradotta magistralmente in inglese da Wallace Hamby, unneurochirurgo americano, in Surgery and Ambroïse Paré by J. F. Malgaigne (Norman,University of Oklahoma Press, 1965).

Meade RH: An Introduction to the History of General Surgery. Philadelphia, WB Saun-ders, 1968.

Meade RH: A History of Thoracic Surgery. Springfield, IL, Charles C Thomas, 1961.Meade, un infaticabile ricercatore di argomenti storici, praticò la chirurgia a Grand Ra-pids, nel Michigan. Accompagnati da vaste bibliografie, i suoi due libri sono fra i lavorisistematici più ambiziosi nel loro genere.

Porter R: The Greatest Benefit to Mankind, a Medical History of Humanity. New York,WW Norton, 1997.Meraviglioso tour de force letterario di uno dei più eruditi e avvincenti fra i modernistorici della medicina. Sebbene sia una storia dell’intera medicina piuttosto che specifi-catamente della chirurgia, questo testo è diventato un classico istantaneo e dovrebbe es-sere una lettura obbligata per tutti i medici e i chirurghi.

Rutkow IM: Surgery, An Illustrated History. St. Louis, Mosby-Year Book, 1993.Rutkow IM: American Surgery, An Illustrated History. Philadelphia, Lippincott-Raven,

1998.Combinando un testo dettagliato e numerose illustrazioni a colori, questi libri esploranol’evoluzione della chirurgia, a livello mondiale e negli Stati Uniti.

Thompson CJS: The History and Evolution of Surgical Instruments. New York, Schu-man’s, 1942.I chirurghi sono spesso definiti dal loro armamentario chirurgico, e questo testo forniscediscussioni dettagliate sull’evoluzione degli strumenti come il bisturi, il coltello da am-putazioni, il craniotomo, i lacci emostatici, il trequarti e anche tavoli operatori.

Thorwald J: The Century of the Surgeon. New York, Pantheon, 1956.Thorwald J: The Triumph of Surgery. New York, Pantheon, 1960.

In uno stile letterario drammatico, Thorwald usa come narratore un testimone ocularedi fantasia per creare continuità nella storia dello sviluppo della chirurgia nei suoi piùimportanti decenni di crescita, la fine del secolo XIX e l’inizio del XX. Imbevuti di unamiriade di fatti storici autentici, questi libri sono fra i più godibili in circolazione nel-l’ambito del genere della storia della chirurgia.

Wangensteen OH, Wangensteen SD: The Rise of Surgery, from Empiric Craft to Scienti-fic Discipline. Minneapolis, University of Minnesota Press, 1978.Non una storia sistematica, ma piuttosto una descrizione di varie tecniche operatorie (ades., chirurgia gastrica, tracheotomia, ovariotomia, chirurgia vascolare) e fattori tecnici(ad esempio sbrigliamento, flebotomia, anfiteatro chirurgico, preparazioni per l’opera-zione) che contribuirono all’evoluzione della chirurgia o la ritardarono. Wagensteen eraun noto docente di chirurgia sperimentale e clinica all’University of Minnesota e sua mo-glie una valida storica della medicina.

Zimmerman LM, Veith I: Great Ideas in the History of Surgery. Baltimore, Williams &Wilkins, 1961.Zimmerman, ex-professore di chirurgia alla Chicago Medical School, e Veith, un magistra-le storico della medicina, forniscono narrazioni biografiche ben scritte che accompagnanonumerose letture e traduzioni tratte dalle opere di quasi 50 famosi chirurghi di vari periodi.

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