settemiglia - anno v, n°2

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settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa anno V ‐ n°2 VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA, VOI SIETE LA LUCE DEL MONDO! Mt 5,13-16

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Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

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settemigliada Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno

Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa

anno V ‐ n°2

VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA, VOI SIETE LA LUCE DEL MONDO! Mt 5,13-16

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settemigliaSupplemento a

IN DIALOGOMensile della Chiesa di Nola

Aut.ne Trib. di Napolin. 3393 del 7/03/1985

Direttore ResponsabileMARCO IASEVOLI

Coordinatore RedazioneDON GIUSEPPE DE LUCA

RedazioneVINCENZO FIORENZA

PASQUALE VELLECA

PASQUALE VIOLANTE

ELENA FIORENZA

VINCENZO DONNARUMMA

RubricheROSA MATARAZZO

FRANCO CIPRIANO

FRANCESCO QUAGLIOZZI

VignetteROSARIA SCOTTO

E‐Mail ed [email protected]

Per leggere e scaricare lepubblicazioni precedenti:

www.settemiglia.it

StampaGrafica Cirillo

grazie a Coppola Spa

Ciro CoticelliVincenzo FiorenzaPasquale ViolantePasquale VellecaMarianna MilanoFranco CiprianoTonia VitielloRosa MatarazzoJoshuaElena FiorenzaAlessia Michilli

pag. 4 - 5

pag. 6 - 7

pag. 8 - 9

pag. 10 - 11

pag. 12 - 13

pag 14 - 17

pag 18

pag 20 - 21

pag 22 - 23

pag 24 - 25

pag 26

Keep on moving

Guida da te la tua canoa

Salvare la propria vita o perderla?

Chiara Lubich

Dalla sopravvivenza alla vita

La popolarità dell’arte

Spettatori o protagonisti

Ad ognuno la sua luce

Vai e sii scout

Non al denaro non all’amore...

In redazione

Voisiete

SALE dellaterra

IL

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Voi siete il sale della terra, voi sietela luce del mondo. Mt 5,13-16

Voi siete il sale della terra, voisiete la luce del mondo. Achi si riferisce Gesù?

Si riferisce ai discepoli ai quali ri-volge sul monte le congratulazionidi Dio. Sale della terra e luce del mondosono coloro che scelgono la povertàper il Regno dei cieli, coloro che ri-nunciano alla prepotenza e ad ogniforma di violenza, coloro che fannodi tutto per permettere il dialogo eavviare la riconciliazione, coloro chesi lasciano turbare e inquietare daDio invece di adagiarsi. A tutti costoro Gesù annuncia lecongratulazioni di Dio, cioè cheDio è orgoglioso di loro! Ciò che non fa notizia per il mondoè ben presente e prezioso agli occhidi Dio. Le immagini della luce e del sale ri-chiamano prima di tutto la dimen-sione verticale della vita cristiana: il

sapore con cui viviamo, il senso chediamo alla nostra quotidianità, conle conseguenti gioia e passione cheesprimiamo, prima di tutto vienedall’alto, è il dono della sapienza diDio. Le due similitudini richiamanoanche la dimensione orizzontaledella vita cristiana: si è sale in rap-porto ad una terra da salare e luce inrapporto ad un mondo da illumi-nare. Siamo chiamati a salire sul monte, astare sul monte, a progettare la testi-monianza. Essere sale e luce significa ricevereun dono che è fatto a noi ma non èper noi, è per il mondo e per gli altri.Tale dono va manifestato, reso visi-bile: è la natura della vita battesi-male a richiederlo, una spinta cheviene dal suo profondo. Non è uninvito all’esibizionismo, è bensìl’esigenza di gridare l’amore diColui che ha dato se stesso per noi. Buona Pasqua!

don Peppino, parroco

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Keep on moving

Sono Giorgio, ho otto anni e datre sono rinchiuso in questostanzone nutrendomi quasi

esclusivamente di pane e acqua. Escoda queste quattro mura solo per la-vorare o essere usato come cavia daalcuni signori in camice bianco.Ormai capisco più di qualche parolain tedesco, soprattutto quelle rivoltein maniera feroce dai nostri carce-rieri. Non ho mai capito cosa mistiano inettando e per quale motivo.Mi mancano i miei genitori che, sesono stati forti, sono in un paio di ca-pannoni più in là. So che non neuscirò vivo. Anche se forse vivo nonlo sono mai stato. Se dovessi uscire daqui in piedi, però, sarebbe un nuovovenire al mondo. Meglio non pen-sarci, questa guerra per me non fi-nirà. Io non ho scelta.

Sono Rajia e penso che non ci sianulla di più bello della musica. Ilpianoforte è il mio strumento e perdieci anni l'ho coccolato come e piùdi un figlio, cercando di superaretutti gli ostacoli dell'essere una stu-dentessa tra tanti uomini. Ho peròinsistito, combattuto, per terminaregli studi e realizzare il mio sogno. Ho addestrato le mie mani a volarenel cielo di tasti bianchi e neri. Da alcune settimane, le mani, nonle ho più. Può essere duro da leggere.Forse, lo spero, vi darà orrore sapereche qui a Mosul l'Isis me le ha am-

putate perché avevo adoperato il miosmartphone. Io lo usavo per fissare ledate dei miei concerti, ma questo miocomportamento è contro la legge im-posta dal nuovo califfato. Quegli uo-mini dal volto coperto hanno portatovia da me non solo una parte del miocorpo, violato la mia anima, morti-ficato il mio essere umano, umiliatola mia cultura, ribadito al mondoche la donna è per loro un animaleinferiore. Quegli uomini mi hannoseparato dal mio pianoforte. Il Si-gnore mi aveva dato la possibilità diesprimermi. Quegli uomini no.

Mi chiedo spesso cosa significhi es-sere uomo. State sereni, la rispostanon l'ho mica trovata!Sto facendo bene? Sto agendo se-condo gli insegnamenti dellaChiesa o rispettando in pieno - perdirla con Platone - la mia di Repub-blica o, semplicemente, mi sento aposto con la coscienza? Il mio fareha una finalità, è inconcludente, èquello che voglio fare? Insomma, afarla breve, le domande sono tantee scommetto che attanagliano pa-recchi di noi.Tuattavia queste domande sonoespressione di un mio piccolissimopasso nel cammino della vita e lovoglio condividere con chi haavuto la pazienza di leggere fino aquesto punto: la consapevolezzache bisogna riflettere, fare, pensare,

di CIRO COTICELLI

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respirare, gioire, scalare, suonare,studiare, guardare. Vivere, in-somma, e non lasciarsi vivere.Provare emozioni e non commuo-versi per emozioni degli altri. Capire dove va il mondo (magariattraverso la lettura) e non capire seil bomber di turno è andato sul-l'isola di... (dove sono? Ecchissene-frega?). Scrivere lettere e nonaspettare che ci sia "Posta per..."qualcun altro.Non credo che Dio al momentodella Creazione (qualunque cosaessa significhi) ci abbia pensato suldivano, anestetizzati da emozionifasulle. Confesso che era mia inten-zione inserire nell'articolo qualchecaso chiaro, esemplare, famoso diuomini/donne che sono con lapropria vita esempio di Vita. Poi ho cancellato tutto, perchèquesto non è un appello ad essereeccezionali, ma un appello ad unatroppo rara normalità. Guardiamoci attorno: a chi fa ser-vizio in Chiesa, alle associazioni, achi aiuta a pulire la Chiesa, a chidedica il prorpio tempo all'impe-

gno sociale e politico. Non c'è biso-gno di passare alla storia, c'è biso-gno solo di Vivere e non rimanerein gabbia.

Sono Mario e sono italiano. Il mesescorso ho scoperto una cosa bellis-sima. La televisione si può spegnere.Ho scoperto così che mi piace leggere,ho ripreso la chitarra, sto imparandoa cucinare quello che più mi piace.Ho scoperto che sotto casa mia c'è uncentro di assistenza per bisognosi esono entrato per vedere se potevodare una mano. Guardo la tv per inotiziari o qualche bel film, ma usoper questo anche internet e il cinema.Ho scoperto che la sera, quando vadoa dormire, sono più soddisfatto.

Proposta del mese: Program-miamo e limitiamo il nostro tempoavanti alla tv; imponiamoci di leg-gere almeno un libro nel mese; cer-chiamo in rete o su riviste dipolitica internazionale cosa sta suc-cedendo in Nigeria, Siria, Iraq.

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Guida da te la tua canoa...rendi unica la tua vita!

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di ENZO FIORENZA

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“Quando, da ragazzo, cominci ilviaggio della vita, sei natural-mente portato a pensare di es-

sere solo uno tra tanti, e a credere chela cosa migliore da fare sia seguire lamaggioranza. Questo modo di pen-sare è completamente sbagliato”.Così dice Baden Powell, il fondatoredel Movimento Scout, ai suoi gio-vani rover, nel suo libro “Rovering tosuccess” (“La strada verso il successo”- 1922) con un linguaggio confiden-ziale, quello che si usa tra buoniamici che si raccontano le loro espe-rienze e riflettono su ciò che puòdare senso alla vita, stando attenti anon assumere comportamenti sba-gliati come il gioco, la faciloneria,l’alcool, la pigrizia, intesi come“sco-gli” che mettono in pericolo la navi-gazione e che compromettono ilsicuro approdo. Baden Powell cono-sce a fondo l’animo dei giovani, sacome toccare le loro corde più pro-fonde e come spingerli oltre il quoti-diano: “Ricorda che tu sei tu. Sei tuche devi vivere la tua vita e, se vuoiriuscire a raggiungere la felicità, deviessere tu a guadagnartela. Nessunaltro può farlo per te”. In altre parole,rendi unica la tua vita, sii protagoni-sta della tua grande avventura. Ora,chi ha un minimo di esperienza nelcampo della formazione, sa bene che

i giovani possono essere eroi valorosio delinquenti spietati. I giovani nonconoscono le mezze misure, ed èvero; danno tutto ciò che hanno,sono generosi, ma anche violenti eciò dipende dal fatto che, in questafase della loro crescita, mancano diquell’equilibrio che arriverà con lamaturità e con l’acquisizione di re-sponsabilità nel lavoro e nella fami-glia, mancano del senso della misurae anche di quella “saggia paura” chene limita le azioni pericolose e senzasenso. Per questo il libro di BadenPowell rivoluzionò i rapporti traadulti e giovani. Da un lato egli avevasaputo conquistare il cuore degliadolescenti di tutto il mondo, ditutte le etnie, di tutte le religioni,dall’altro aveva fornito nuovi stru-menti educativi agli adulti che deigiovani si occupavano: genitori, in-segnanti, allenatori. Finalmente ca-devano preconcetti, stereotipi,paure. “[…] Nel viaggio della vita,devi spingere la tua canoa con la pa-gaia, non remare come in una barca.La differenza è che, nel primo caso,tu guardi davanti a te e vai sempreavanti, mentre nel secondo caso nonpuoi guardare dove vai, ma devi affi-darti ad altri che reggono il timone,col risultato che puoi cozzare controqualche scoglio prima di rendertene

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conto”. Leggendo queste parole ognigiovane poteva scoprire il segretodella sua vita e imparare a guidare lasua canoa. Mi viene, però, di pensarea un altro grande conoscitore deigiovani, Gianni Rodari che, in unafamosissima favola, racconta di ungiovane gambero che impara a cam-minare in avanti. Credendo di avercompiuto un’impresa eccezionale, sipresenta orgoglioso alla sua famiglia.Purtroppo per lui, quel suo modo ri-voluzionario di camminare in avantiviene visto come una minaccia e cac-ciato via. È quello che abbiamo fattonoi negli ultimi quarant’anni senzarendercene conto e non riusciamoancora a comprendere i danni chestiamo causando al nostro futuro! Sì,perché il nostro futuro sono i giovanie noi li stiamo depauperando, listiamo spogliando della loro fre-schezza, della loro unicità per gui-

darli verso un mondo di omologati,dove non occorre essere protagoni-sti, dove, per essere felici si deveavere. Già, avere, perché il nostro èun mondo che vive su un bisognoprimario, essenziale, vitale: consu-mare! È il “consumo” che rende pos-sibile il benessere, che apre alprogresso! E così, piano piano, ab-biamo avvelenato i nostri giovani ene abbiamo fatto i primi e maggioriconsumatori. Stefano Laffi, nel suosaggio “La congiura contro i gio-vani”, sostiene che già da bambini siimpara che gli oggetti sono talmenteimportanti che, senza di essi, si di-venta infelici. Ecco perché la festapiù grande è quando la famiglia siriunisce e va al centro commerciale.Qui i grandi danzano lieti tra gliscaffali e, nel frattempo, i bambiniimparano a guidare, non la lorocanoa, ma il loro carrello.

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Salvare la propria vita o perderla?

Cosa vuol dire diventareprotagonisti della propriavita? Che io sono l’unico

artefice della mia esistenza? La mentalità dominante vorrebbefarci credere che l’uomo è autosuf-ficiente e deve credere soltantonelle proprie capacità, dimenti-cando la relazione con gli altri econ Dio. Questo atteggiamento èpericoloso in quanto può sfociarenella vanagloria e nell’orgoglio. Lavanagloria è il vizio di chi si credevirtuoso e fa le cose per farsi vedereed ottenere l’applauso degli altri. Il vanaglorioso diventa preda delfare e pensa di potersi affermareimponendosi sugli altri. Ognunodovrebbe invece far fruttare i pro-pri doni non solo per lo sviluppointegrale di sé, ma anche per il benedi tutti. Se infatti l’autostima è fon-damentale per il benessere dellapersona, va invece rifiutato l’orgo-glio che porta a non considerare ipropri limiti, esaltando sé stessi inmodo smisurato. Su questo puntova ricordato quanto dice S. Paolo:“che cosa mai possiedi che tu nonl’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto,perché te ne vanti?” (1 Cor 4,7). Infatti i talenti e le passioni sonodono di Dio. Nasciamo tutti ugualinella dignità di esseri umani, maogni essere umano è unico per le

sue potenzialità. Riconoscere il dono di Dio nonesime però l’uomo dalle sue re-sponsabilità. Pensiamo alla para-bola dei talenti: Dio chiederà contoall’uomo di come ha messo a fruttoi talenti ricevuti. La vita dell’uomosi sviluppa a partire dal dono, marichiede una scelta di libertà, l’ade-sione al progetto di salvezza di Dioper l’uomo. Oggi l’uomo ha dimenticato ilsenso dell’esistenza e spesso non sipone neanche più la domanda sulsenso della vita. Le nostre esistenzesono diventate sempre più disu-mane, presi da mille impegni percui non si riesce a trovare più iltempo degli affetti, delle relazioniautentiche. Ma a che vale “che unuomo guadagni il mondo intero eperda la propria vita?” (Mc 8,36).Bisogna prendere la vita tra le pro-prie mani, ma per farne cosa?Anche il salmista ci ammonisce:“Se vedi un uomo arricchirsi, non te-mere, se aumenta la gloria della suacasa. Quando muore, con sé nonporta nulla, né scende con lui la suagloria” (Sal 48, 17-18). Sul senso della vita ci illumina illibro del Deuteronomio, nel branoin cui Dio dice all’uomo: “Vedi, iopongo oggi davanti a te la vita e ilbene, la morte e il male. Oggi perciò,8

di PASQUALE VIOLANTE

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io ti comando di amare il Signore,tuo Dio, di camminare per le sue vie,di osservare i suoi comandi, perché tuviva. […] Io ti ho posto davanti lavita e la morte, la benedizione e lamaledizione. Scegli dunque la vita,perché viva tu e la tua discendenza,amando il Signore” (Dt 30, 15-20). Il proprium del cristiano non con-siste nel credere nei dogmi dellafede, ma nello scegliere di essereamato e salvato da Dio. Sì, Dio checi ha creati senza la nostra volontà,non ci salverà senza la nostra liberascelta (S. Agostino). “Hai davantia te la vita e la morte! Scegli!”. Èquesto il comandamento origina-rio, perché Dio vuole essere scelto,più ancora che ubbidito, perchéquella tra Dio e l’uomo è una rela-zione d’amore, che per essere vis-suta richiede una scelta di libertà. Il più grande desiderio di Dio è es-sere amato dall’uomo, ma non per-ché Dio ponga sé stesso comeobiettivo ultimo. Lo scopo di Dionon è essere adorato dall’uomo, maè l’uomo stesso. Il Figlio si incarnaper la salvezza dell’uomo. La gloriadi Dio è che l’uomo viva! Nella vitadell’uomo sta tutta la gioia di Dio(Ermes Ronchi). Il grande ingannodi Satana è invece quello di far per-cepire Dio come un nemico del-l’uomo, perché limita la sua libertà,per cui se l’uomo vuole davvero es-sere libero deve sbarazzarsi dei co-mandamenti di Dio e vivere comepiù gli aggrada. È l’antico ingannodel serpente ad Eva: “È vero che Dioha detto: non dovete mangiare dialcun albero del giardino?” (Gen

3,1). Ma quando l’uomo pensa cheDio sia un suo nemico diventa in-vece nemico di sé stesso, impara adamare ciò che gli fa male e speri-menta il dolore del peccato. Sce-gliere invece di amare Dio e di farela sua volontà vuol dire vivere inpienezza. Dio si è fatto uomo per-ché l’uomo diventi veramenteuomo (Enzo Bianchi), un uomocome Dio lo ha pensato, salvato dalmale e partecipe della vita divina.Gesù ha detto di essere la via, la ve-rità e la vita, perché è Lui la viaverso la vita vera, il cammino checonduce all’autentica umanizza-zione di ogni uomo. Egli infatti hamostrato che il vero uomo non è ilsuperbo ma l’umile, non il ricco,ma il povero, non il potente, ma ilservo, non chi odia, ma colui cheama fino a dare la vita per i suoiamici. Gesù ha mostrato con la suavita come deve essere la vera vitaumana, vissuta come un capola-voro. La sua è stata una proesi-stenza, cioè una vita offerta perl’altro. Quanto più imito il modoin cui ha vissuto Gesù, tanto piùsarò ciò che sono chiamato ad es-sere: perfetto come il Padre (Mt5,48). Ecco allora che diventareprotagonista della propria vitavorrà dire tentare di avvicinarsisempre di più alla vita di Gesù, unavita buona, bella e beata, in virtùdella quale potremo davvero esseresale della terra e luce del mondo(Mt 5,13-14). E capiremo cosa in-tendesse Gesù dicendo “chi perderàla propria vita per causa mia, la sal-verà”. (Lc 9,24) 9s

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10settemiglia

Chiara LubichIl prossimo è chiunque ti passa accanto, povero o ricco, bello o brutto;ignorante o dotto, santo o peccatore, della tua patria o straniero,sacerdote o laico; chiunque. Prova ad amare chi ti sfiora nel momentopresente della vita e scoprirai nell’animo tuo nuovi germogli di forzeprima non conosciute: esse daranno sapore alla tua vita e risponderannoai tuoi perché.

Chiara Lubich nasce aTrento il 22 gennaio 1920,seconda di quattro figli,

viene battezzata col nome Silvia. Lamadre è cristiana praticante e ilpadre socialista. In gioventù Silviainizia a frequentare l’Azione Cat-tolica. Nel 1938 si diploma maestraelementare e per alcuni anni inse-gna nella provincia di Trento. Siiscrive all’Istituto Universitario diVenezia, ma per lo scoppio dellaSeconda Guerra Mondiale ben pre-sto è costretta ad abbandonare glistudi. A 19 anni, partecipando a uncorso per ragazze dell’Azione Cat-tolica, visita il santuario mariano diLoreto che, secondo la tradizione,custodisce la Casa della Santa Fa-miglia. Lì intravede la sua futuravocazione: una comunità sul mo-dello della famiglia di Nazareth. In-vitata ad animare il Terz’Ordinefrancescano a Trento, Silvia è at-tratta dalla scelta radicale di Chiarad’Assisi, di cui prende il nome.Sullo sfondo di odio e distruzioneprovocato dalla guerra, alla do-manda se esista un ideale che nonpossa essere distrutto, Chiara av-

verte nel cuore una risposta: sì, èDio. Con un primo gruppo dicompagne inizia a mettere in pra-tica le parole di quel Vangelo lettonei rifugi antiaerei durante gli al-larmi mettendolo in pratica parolaper parola durante la giornata. Fral'altro, Chiara e le compagne eranostate particolarmente colpite daquelle parole di Gesù che diconocome ogni nostra azione, buona ocattiva, fatta al prossimo, la rite-neva fatta a sè: "L'avete fatto a me"(Mt 25,40). Il 13 maggio 1944 unviolento bombardamento colpisceTrento, mentre la famiglia sfolla inmontagna, Chiara decide di rima-nere in città. Di lì a poco le vienedato in uso un piccolo apparta-mento che chiamano la“casetta” inriferimento alla casetta di Nazarethe diventerà, di fatto, il primo “foco-lare, dove va ad abitare con alcunedelle sue compagne dedicandosicompletamente ai poveri della cittàed iniziando a condividere quantohanno. Evidentemente quel primonucleo di ragazze era destinato anon rimanere chiuso all’interno delpiccolo capoluogo trentino, dove

di PASQUALE VELLECA

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dopo appena qualche mese eranogià 500 le persone di tutte le età econdizioni sociali che condivide-vano l’ideale dell’unità. Esso benpresto travalicò i confini regionali.Finita la guerra, infatti, le prime fo-colarine si trasferirono in alcunecittà d’Italia per esigenze di studioe di lavoro accettando inviti daparte di persone desiderose di co-noscere il carisma di questo movi-mento. La stessa Chiara si recò nel1948 a Roma, poi a Firenze, Mi-lano, Siracusa… Nel 1956 comin-ciò la diffusione in Europa, nel1958 in America Latina, nel 1961nell’America del Nord. Il 1963 fula volta dell’Africa, il 1966 del-l’Asia, il 1967 dell’Australia. Il carisma del movimento, che sipone il raggiungimento dell'unitàfra generazioni, fra culture, fra reli-gioni va oltre la religione cristiana,riunisce persone di ogni fede.Scopo del movimento è infatti con-tribuire a realizzare i dialoghi conle altre realtà nella Chiesa cattolica,con le Chiese e comunità ecclesia-stiche non cattoliche, con le per-sone di altre religioni e con personedi convinzioni non religiose. Chi entra a far parte del movi-mento, è invitato a mettere in co-mune anche il superfluo, seguendol'indicazione evangelica «date e piùvi sarà dato». Il movimento dei fo-colari è rivolto principalmente apersone laiche; alcune di esse pos-sono decidere di consacrarsi a Diotramite il movimento. Tali personevengono definiti "focolarini" e

fanno riferimento ad un "focolare"(la "cellula" del Movimento). Questo è composto dai "focolarinia vita comune" e da "focolarini spo-sati", che scelgono di consacrarsi aDio ciascuno nel proprio stato. I focolari possono essere maschili ofemminili; i focolarini e le focola-rine. Nei focolari possono convi-vere anche persone appartenenti aconfessioni diverse, ma accomu-nate dal desiderio di donarsi inmodo totale a Dio. Chiara Lubich al Congresso euca-ristico di Pescara nel 1977, ricor-dando la nascita del suomovimento disse: «La penna nonsa quello che dovrà scrivere, il pen-nello non sa quello che dovrà dipin-gere e lo scalpello non sa ciò chedovrà scolpire. Quando Dio prendein mano una creatura per far sorgerenella Chiesa qualche sua opera, lapersona scelta non sa quello chedovrà fare. È uno strumento.Quando tutto iniziò a Trento io nonavevo un programma, non sapevonulla. L’idea dell’Opera era in Dio,il progetto in Cielo».L'Opera di Maria, come ha dettopapa Francesco, è nata “da un pic-colo seme” che “ha dato vita a un al-bero che ora distende i suoi rami intutte le espressioni della famiglia cri-stiana e anche tra membri delle di-verse religioni e tra molti checoltivano la giustizia e la solidarietàinsieme alla ricerca della verità".

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“Puoi alzarti molto presto al-l’alba, ma il tuo destino si è al-zato un’ora prima di te”, recita

un proverbio africano.In effetti, per chi nasce e vive inAfrica è spesso difficile poter pensaredi essere protagonisti della propriavita, del proprio futuro, se la storiaed il luogo ti condannano invece anon avere scelte.In una condizione di povertà, disa-gio e difficoltà estreme spesso non siimmagina neanche come potrebbeessere diversa o addirittura migliorela vita, non si sa di avere alternativea ciò che si vive. La grande miseria dialcuni luoghi africani priva gli abi-

tanti di ogni cosa, compreso la pos-sibilità di agire per determinare ilproprio futuro. In questi casi, allora,il vero protagonista è colui che piùche plasmare il suo destino soprav-vive ad esso, chi accetta la propriacondizione di indigenza in silenzio,senza lamentarsi ma non perché pas-sivo ed inetto, ma per dignità perso-nale e per rispetto della vita.Protagonista diventa dunque, il piùdelle volte, chi vive con coraggio lapovertà. Ma l’Africa è, nello stessotempo, una risorsa di vita incredibile,una miniera di talenti inimmagina-bile, e seppur in un contesto di biso-gno estremo, se si hanno i mezzi, gli12

di MARIANNA MILANO

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Dalla sopravvivenza alla vitaProtagonista in Africa

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strumenti e le opportunità, si puòuscire da questa perenne impotenzadi non poter esser protagonisti masolo spettatori passivi della propriavita. Questo l’obiettivo di Trame Afri-cane: “essere sale e luce” per i tantiche nel villaggio di Machaka e di Kii-rua, non avevano speranza perchénon sapevano neanche cosa essafosse. Intervenire per dare alle per-sone la possibilità di poter scegliere,mettendo a loro disposizione nuovestrutture, conoscenze e competenze.Sostenerle lungo la via del riscattosociale ed economico, offrendo lorola possibilità di riprendere in manoil proprio destino. Come?Attraverso l’istruzione innanzitutto.Nelson Mandela diceva: "La mia piùgrande ambizione è che ogni bam-bino in Africa vada a scuola perchél'istruzione è la porta d'ingresso allalibertà, alla democrazia e allo svi-luppo". L’istruzione come unica strada persradicare la povertà e promuovere ilprogresso, dunque: questa l'idea allabase del nostro progetto di educa-zione scolastica in Kenya. Chi viveuna povertà materiale, molte volte,vive anche una povertà di prospet-tive future, di possibilità di crescita.L’istruzione scardina questo status.Istruirsi, infatti, significa formarsi,sviluppare competenze, acquisire, in-nanzitutto, la consapevolezza che èpossibile scegliere ed avere alterna-tive a quello che sembrava il decorsonaturale della propria esistenza. L’istruzione fornisce alle persone lecapacità di cui hanno bisogno per

partecipare attivamente alla vita per-sonale ma anche a quella del propriovillaggio, della propria comunità;aiuta a scoprire i propri talenti e a svi-lupparli.Istruzione, ma anche formazioneprofessionale e lavoro per impadro-nirsi della propria dignità, per co-struirsi il proprio futuro, perintraprendere la propria strada chenon sia quella polverosa o fangosadel proprio villaggio. Un bambinoche, strappato alla strada, inizia unsuo percorso di scolarizzazione, ini-zia ad imparare, ad incuriosirsi neiconfronti della vita, ad impadronirsidella facoltà di scegliere. Decideràprobabilmente di continuare glistudi, magari di frequentare l’Uni-versità, riuscirà ad inserirsi nelmondo del lavoro. O ancora una ra-gazza che decide di lasciarsi allespalle la propria storia di degrado fa-miliare o di prostituzione e intra-prende gli studi per imparare l’artedel taglio-cucito, o della lavorazionedelle perline. Ecco chi sono i veriprotagonisti: quelli che dalla soprav-vivenza passano alla vita!

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La ricerca di una via socialedella pratica e l’organizza-zione dell’arte furono impe-

gno che dalla fine degli anni sessantapervase diversi ‘territori’ di linguaggie contesti geografici. La coscienzache le manifestazioni dell’arte, nellemolteplici forme ‘autoriflessive’ delleavanguardie, hanno difficoltà a na-scere e diffondersi come pratica diespressione collettiva, ha spinto al-l’elaborazione, teorica e operante,d’una possibilità d’interazione traspazio sociale (e politico) con la ri-cerca artistica. Attraverso la forma-zione di esperienze in cui l’artistadiviene “animatore” di luoghi delle

marginalità urbane e territoriali, spe-rimentando forme espressive cheemergono dall’incrociarsi con la“creatività” dei soggetti sociali; diquesto è indicativa l’attività di Ric-cardo Dalisi nel rione Traiano diNapoli. Il riemergere di tradizionipopolari (costruttive, gestuali, musi-cali ), inserite in un percorso di acca-dimenti pluriespressivi, contaminanol’autorialità dell’artista e intendonotracciare un canale partecipativo, di“nuova socialità dell’arte”. Si opera nel recupero di situazioni difeste (laiche e religiose), di espe-rienze di “didattica pubblica”, persperimentare forme aperte di ricerca14

di FRANCO CIPRIANO

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La popolarità dell’arte?Partecipazione, memoria e critica sociale dal 68 a oggi

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espressiva con laboratori e seminaridi analisi e proposte sulla “nuovacreatività”. Sono esperienze di “didat-tica alternativa”, anche nei contestiistituzionali scolastici - di cui singo-larissimi risultati si sono avuti nel la-voro di Vincenzo De Simone aCicciano. Di rilievo sono i coinvol-gimenti ambientali in situazioni ur-bane come gli “esercizi diriappropriazione analitica dei luo-ghi” del Gruppo Salerno75 conDavide, Marano e Rescigno. “Artenel sociale” è la declinazione di unaopzione di arte partecipativa e con-testuale, teorizzata nel 1975 dallostorico e critico Enrico Crispolti eche fu presente alla Biennale di Ve-nezia del 1976 sul tema “Ambientecome sociale”. Altri versanti eranogià operanti nella fine degli anni Ses-santa – gli “environments” delGruppo P.66 con Desiato e Pappa,in particolare - e nei primi anni Set-tanta: dalle azioni di animazione ur-

bana - come il teatro di strada di Pi-stoletto a Torino e di Tony Ferro aNapoli – alle contaminazioni con lalotta politica – manifestatesi con aNapoli con la provocazione diLUCA Luigi Castellano che, in-sieme a giovani artisti già militantidel movimento del dopo Sessan-totto, realizzò la rivista NO e succes-sivamente la Prop art. Da Scafati nacque la proposta, nel1972, di Politikaction, mostra-acca-dimento che metteva in campo l’op-posizione sociale e politica attraversoi linguaggi dell’arte. Ancora da Sca-fati, interventi multimediali a scalaurbana su temi delle lotte sociali pro-gettò e realizzò il collettivo OCT, 15

Biennale di Venezia 1976, Operazione teatro contadinocon Vincenzo De Simone

e allievi della scuola media di CiccianoVINCENZO DE SIMONE e allievi della scuola media

di Cicciano, Teatro contadino, 1975GRUPPO SALERNO 75, Volterra 1976

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come il “Carneval’è” del 1976. Diqueste e altre esperienze in Campa-nia, lo storico dell’arte Stefano Tac-cone ha scritto nel suo libro “ Lacontestazione dell’arte”. In situa-zioni nazionali emergevano altrelinee di azione teorica e di linguag-gio: incursioni di militanza ‘ideolo-giche’ dell’arte e di contestazione delsistema dell’arte come critica al capi-talismo emersero in diversi spazidella ricerca artistica, come nelleopere-manifesto di Francesco Ma-tarrese e nelle operazioni di AldoGiraldi. Durante gli anni Ottanta laricerca di uno spazio “sociale” del-l’arte arretrò (pur non sparendo) peril risorgere di attenzione di neo epost-avanguardie per la pratica dellapittura e della scultura. Negli anniNovanta si fece più decisa la ripresadi una dimensione sociale, d’inter-vento nel campo urbano, di temati-che di opposizione civile e di critica

del sistema dell’arte. Linguaggi d’in-stallazione multimediale, perfor-mance in spazi pubblici, arte“comportamentale” e “relazionale”sono state le vie sviluppatesi negli ul-timi decenni, in dialettica con altreopzioni espressive. La partecipazionedel pubblico diviene elemento costi-tutivo della struttura performativadell’azione artistica. Così avvienenella video-installazione relazionale“Evoluzione” di Ciro Vitale, checoinvolge gli abitanti del quartiereVetrai di Scafati nel backstage di unprogetto video che attiva critica-mente la memoria e il rapporto conlo spazio del presente. Coinvolto indispositivi interattivi, o, in diverseforme, a farsi co-produttore del-l’opera-azione artistica, il pubblicomuta in attore del processo relazio-nale che è di per sé già evento arti-stico. La visione ‘partecipativa’, giàutopia di risarcimento sociale del-

di FRANCO CIPRIANO

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l’arte nelle neo-avanguardie, ritornanelle pratiche pubbliche degli ultimidecenni. Spesso ha perso la sua ten-sione ‘contestativa’ nel rientrare incornici istituzionali, ma persistendoanche in aree di ricerca ‘indipen-dente’. Nel tempo della ristrutturazione glo-bale del sistema di diffusione e pro-duzione dell’arte, rimane in piedil’interrogazione su di una dimen-sione di partecipazione ‘creativa’ lacui possibilità sia nella scomparsadella figura dell’artista come sog-getto ‘privilegiato’ dell’espressività.Verso una dispersione dell’autorenella pratica collettiva dell’esperienzaestetica, come liberazione dalleforme alienate del fare umano. Ap-punto come profetizzava il “situazio-nismo”, movimento di radicalecritica dell’arte come funzione ‘spet-tacolare’ delle merci/immagini nel-l’era del capitalismo. s

Copertina libro di STEFANO TACCONE, foto di installazione di Giuseppe DESIATO del 1966

Carnival’è, Scafati 1976CIRO VITALE, frame dal video Evoluzioni, 2008

CIRO VITALE, Backstage di Evoluzioni,Quartiere Vetrai, Scafati, 2008

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Spettatori o protagonisti?

Nella vita di ogni giorno atutti capita di sentirsi di-sorganizzati, disorientati e

disordinati. Disordinati nelle azioni, nei ri-cordi, nei pensieri, nei sentimenti,nell’alimentazione, nella sintassi,negli orari. C’è voglia di crescere e la paura difarlo, la voglia di comunicare e lapaura di sembrare un predicatore,c’è la voglia di ricercare i giustiequilibri che puntualmente ven-gono stravolti dagli eventi dellavita. Una volta, leggendo un libro, misono imbattuta nel testo di unacanzone che ha un incipit moltoforte:

“…c'è gente che rimane sempre uguale

e crescono e rimangono ancoratisicuri come un treno sui binari

viaggiano sulle generazioniconoscono tutte le stazioni…”

Sicuramente restare fedele alle pro-prie abitudini può risultare rassicu-rante, ma quante cose perdiamolungo il viaggio? Tante.

Studiare, confrontarsi, superare ledifficoltà, scontrarsi, affrontare ilbrutto della vita. Vivere è un duro mestiere. Ma c’èun momento in cui cambia tutto.Ed è quando si vive con l’inten-zione di vivere. Solo allora si puòapprezzare il bello che prima non sivedeva. Solo quando si decide dibruciare di passione per la propriastessa vita, si riesce anche a vedere ipropri errori come esperienze di cuiessere orgogliosi. Forse si decide di aspettare perchéci si sente sopraffatti. Forse si pensache non ne valga la pena, che cam-biare qualcosa vuol dire affrontaredelle persone e delle situazioni chepossono essere troppo dolorose.Forse si ha bisogno di qualcuno cheti sostenga e non lo si trova. Quello che non sappiamo è che de-cidendo di aspettare sottovalu-tiamo la nostra forza. Accettare il cambiamento significasperimentare se stessi, significa rin-novare sempre il proprio sogno oprogetto, significa non diventareapatici e soprattutto non lasciarsiandare.18

di TONIA VITIELLO

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Ad ognuno la sua luce

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di ROSA MATARAZZO

“Un guerriero della luce c onoscei propri difetti, ma conosce anchele proprie qualità. Alcuni dei

compagni si lamentano continua-mente: “gli altri hanno più oppor-tunità di noi”. Forse hanno ragione;ma un guerrero della luce non si la-scia paralizzare da questo e cerca divalorizzare al massimo le proprievirtù. Sa che il potere della gazzellarisiede tutto nell’abilità delle suegambe. Il potere del gabbiano è lasua precisione nel centrare il pesce.Ha appreso che una tigre non hapaura della iena, perché è consape-vole della propria forza. Un guer-riero cerca di scoprire su cosa puòcontare. Verifica sempre l’equipag-giamento, composto da tre cose: fede,speranza e amore. Se sono tutte e trepresenti, egli non esita ad andareavanti.”Come il cielo che ogni notte fa

esplodere una stella, il mondo ognigiorno fa nascere una nuova vita.Tutto questo accade in maniera tal-mente scontata che quasi non ci ac-corgiamo della magnifica e quasiillogica bellezza del primo pianto,degli occhi di un bambino che perla prima volta si schiudono e si an-corano al mondo, così come ilboato ineccepibile di una stella chesi fa spazio nell’Universo.Miliardi di nuove cose, animali epersone si addentrano nel mondoogni giorno e nessuna di questeemergenti realtà è uguale all’altra.Questo dovrebbe spiegarci la no-stra unicità, dovrebbe renderci con-sapevoli che lo spazio cheoccupiamo non somiglia a nessunaltro angolo del cosmo riservato aqualsiasi altra entità. Ed è proprioquesta consapevolezza che do-vrebbe scuoterci, farci fare quel

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passo, farci pronunciare quella pa-rola, donare quello sguardo così dapoter lasciare quel segno che nes-suno potrà mai come noi. Ogni singola persona possiede nelproprio intimo sogni, aspirazioni eidee che vorrebbe realizzare, ma ca-pita che il timore di fallire o di es-sere distanti dai luoghi comunipossa frenare quella spinta cheporta al compimento di importantiprogetti, differenti a seconda dellanatura di ogni individuo. Ed è così che ci spegniamo, che ini-ziamo a credere che non ne valga lapena, che i nostri desideri, essendodiversi da quelli della maggiorparte delle persone, siano sbagliati.Ma perché, invece, non iniziamo acapire che siamo solamente e sem-plicemente unici? Che è giusto cheil mondo sia un puzzle di personecon sfumature ed angoli diversi ma

che sono fatti per intersecarsi allaperfezione tra di loro? Bisogna soloimpegnarsi a trovare il lato giustodel pezzo da unire all’altro ed ilgioco è fatto. Un lato concavo euno convesso. Una scatola con ilsuo coperchio. Un bottone e la suaasola.Quindi, prendiamo in mano la no-stra vita e “facciamone un capola-voro”, ma non dimentichiamocimai che, inevitabilmente, avremo ache fare con altre realtà e, che cipiacciano o no, noi dobbiamo pursempre accettarle. Solo in questo modo saremo ingrado di diventare padroni dellanostra luce, quella che farà splen-dere il nostro cuore e che saprà farsispazio nell’Universo.

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Vai e sii Scout

Sii scout, corri il rischio(!)scegliendo strade più dure diquelle imboccate da altri e

per questo di trovarti da solo, disporcarti le mani e spezzarti laschiena per la fatica, mentre gli altrisaranno comodamente seduti sudivani a chiacchierare di politica,calcio e gossip, tu sii scout e sii co-raggioso!Che non vuol dire correre in ura-gani di problemi per risolverli nelnome di un “bene superiore”, lapace nel mondo lasciala agli eroi diStan Lee perché sono le piccolecose, l’agire quotidiano, che fannoveramente la differenza, rubacchiasorrisi qua e là e regalali poi a chi tista intorno, perché, fidati, avere co-

raggio non è solo salvare Loys Lanedall’ennesima invasione aliena, maanche sorridere e far sorridere, inun mondo che di sorrisi, al mo-mento è avaro.Ma tu sii scout e gioca!Siamo sommersi da gente che siprende troppo sul serio, fa’ inmodo di rendere la tua vita ungioco, ma non di quelli banali,senza scopo, statici, ma di quelliche per giocarci ti devi circondaredi amici, di quelli che poi ti fannoveramente ridere, che ti fanno sen-tire magari anche un po’ scemo, su-dare, sgolare, di quelli che quandosono finiti l’unica cosa che riesci adire poi non è ”sono stanco” ma:“quando lo rifacciamo?”22

di JOSHUA

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Sii scout quindi e abbi il coraggio,ripeto, di correre il rischio di tro-varti solo lungo la tua strada, maforte della consapevolezza che èquella giusta e se poi avrai la for-tuna di trovarti abbastanza vicino adelle persone da poter mostrareloro il tuo sorriso, mostralo, magarisarai così fortunato che ti lasce-ranno intravedere il loro e, chissà,potrebbero pure seguirti sul tuopercorso, un po’ come in ForrestGump! (no, però questo non ti giu-stifica dallo strafogarti di cioccola-tini!)

Infine, insomma, spero che quandosarai arrivato dove neanche tu orasai, per poter guardare tutta la

strada che hai percorso, dovrai fartispazio tra la gente che avevi allespalle, sederti per la fatica di avervissuto e sospirare: “Però, wow, neè valsa la pena, lo rifarei”.

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Joshua

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Mentre la primavera avanzacon passo incerto e pro-fumo d’erba tagliata, e

mentre l’unico desiderio sarebbequello di una bella passeggiata in bi-cicletta col sole sul viso e il vento trai capelli, un verso si fa strada nellamemoria: “Dove sono Elmer, Her-man, Bert, Tom e Charley,/ l’abulico,l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il ris-soso?/ Tutti, tutti, dormono sulla col-lina.” Così Edgar Lee Masters, poeta ame-ricano vissuto ai primi del ‘900, fa ca-polino tra i pensieri, proprio quandociò che appariva spento dall’invernoinizia a dare segni di rinascita.“Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith eLizzie,/ la tenera, la semplice, la vo-ciona, l’orgogliosa, la felice? / Tutte,tutte, dormono sulla collina.” Con l’Antologia di Spoon River,(raccolta di poesie sotto forma diepitaffi) le voci irrisolte di chi dormesulla collina prendono vita e a noi ar-riva l’eco gelata di chi non ha saputo,voluto, o potuto, vivere a piene manila vita, percepiamo la sospensione didubbi, vendette, amori, inganni, spe-ranze che non hanno più modo dipotersi realizzare, ormai, lontane …“Forse pensi, viandante, che il De-stino/sia un trabocchetto esterno/chepuoi schivare usando/previdenza e

saggezza.//Così puoi credere osser-vando la vita degli altri/come chi, allamaniera di Dio, si piega su un formi-caio/e saprebbe evitarne gli osta-coli.//Ma entra nella vita:/e vedraiche il Destino a suo tempo ti si avvi-cina in forma della tua immagine allospecchio://o mentre siedi al focolare,solo,/d'improvviso la sedia accanto ate conterrà un Ospite,/e tu conosceraiquest'ospite,/potrai leggergli il messag-gio negli occhi.”Ed ecco farsi strada il monito diLyman King: entra nella vita, finchéil Destino prenderà i tratti del tuovolto, fa’ che la tua voce manifesti ilmondo che hai dentro prima che siatroppo tardi, anche se “non riesci adesprimerlo con le parole”, trova la tuastrada.Sono proprio le voci le protagonistedel capolavoro di Masters, voci cosìintense che hanno colpito la sensibi-lità di uno dei cantautori più prolificidel panorama italiano: Fabrizio de André che nel ’71 pub-blica l’album “Non al denaro nonall’amore né al cielo” coadiuvato daGiuseppe Bentivoglio e Nicola Pio-vani.“Dov'è quel vecchio suonatore Jones/che giocò con la vita per tutti i novan-t'anni, /fronteggiando il nevischio apetto nudo,/bevendo, facendo chiasso,24

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Non al denaro, non all’amore né al cielo

di ELENA FIORENZA

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non pensando né a moglie né a pa-renti,/ né al denaro, né all'amore, néal cielo?” Ogni vita si snoda attraverso un per-corso unico e individuale, anche sel’incontro del nostro cammino conquello degli altri è inevitabile, così daciascuno di noi s’innalza un cantodapprima timido e sussurrato chepoi, lentamente, s’insinua nel corpoprendendo vigore, fino a giungereall’anima diventando energia ingrado di smuovere il tempo e lo spa-zio, acquistando l’immortalità dellamemoria. Lo stesso De André affermava che ilcanto dovesse avere l’obiettivo diguarire le persone, quindi di emozio-narle, e perciò diceva di avere unavoce da Sciamano. Ognuno di noipuò farsi sentire nel frastuono del-l’esistenza, ma solo se riesce a com-prendere qual è la vera natura delproprio essere. Essere protagonisti oggi è un rischioperché nella confusione che ci cir-conda è facile trovarsi a rincorrereuna chimera sognando che sia altro,

per questo l’Antologia di SpoonRiver è un testo da meditare profon-damente, perché può aiutarci, attra-verso la bellezza della poesia, a fare ilpunto della nostra vita.“Chi vorrete biasimare per la volontàin voi/ che si nutre e vi rende grami-gna,/dente di leone o verbasco,/e chenon sa mai servirsi dell’aria o delsuolo/per rendervi gelsomino o wista-ria?”

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Non al denaro non al-l'amore né al cieloAlbum musicale diFABRIZIO DE ANDRÉ,1971

Antologia di Spoon RiverLibro diEDGAR LEE MASTERS

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Per sapere il valore di un annochiedilo a uno studente che è statobocciato all’esame di maturità.

Per sapere il valore di un mesechiedilo a una madre che ha messo almondo un bambino in pericolo di vita.

Per sapere il valore di una settimanachiedilo a un vagabondo che sta inmezzo alla strada, senza riparo e vi-veri.

Per sapere il valore di un giornochiedilo a un lavoratore che cercadi guadagnare per andare avanti.

Per saper il valore di un’orachiedilo a un disabile che habisogno sempre di aiuto.

Per saper il valore di un minutochiedilo ad una persona che ha persol’aereo, il bus, il treno che gli avrebbecambiato la vita.

Per sapere il valore di un secondochiedilo ad una persona che havissuto un incidente.

Per sapere il valore del temporicorda i brutti momentied impara da loro.

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dal WEB segnalato e rielaborato da Alessia Michilli

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Il tempo non ritorna

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