settemiglia - anno iv, n°2

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settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa anno IV ‐ n°2 NATALE 2013

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Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

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Page 1: Settemiglia - anno IV, n°2

settemigliada Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno

Dioces i d i Nola – Parrocch ia San Francesco d i Paola – Scafat i – Sa

anno IV ‐ n°2

NATALE 2013

Page 2: Settemiglia - anno IV, n°2

teatrosanfrancescoAssociazione Oratoriale S. Giovanni Bosco

PARROCCHIA SAN FRANCESCO DI PAOLA - SCAFATI

TeatroAmatoriale

ConcorsoIIIANNO 2014

Sabato 10 MaggioCompagnia Teatrale “100% Poliestere”

La fortuna con l’effe maiuscola

Sabato 5 AprileCompagnia Teatrale“I Senzartenèparte”

Benvenuto sig. Schwarzkopt

Sabato 15 MarzoCompagnia Teatrale“Proloco in scena”

Miseria e nobiltà

Sabato 12 AprileAssociazione Teatrale e Culturale“Gli Scombinati”

Mettimmece d’accordo e ce vattimme

Sabato 18 GennaioCompagnia Teatrale “A Fenesta da Torre”

Filumena Marturano

Sabato 22 FebbraioCompagnia Teatrale“Ma chi m’o ffa fà”

‘A ricchezza d’a povertà

Sabato 8 FebbraioCompagnia Teatrale“Scacciapensieri”

Lu marito de Nannina

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3settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

settemiglia

Cambiamento è il tema di questonumero. Cambiamento è l'auspicioche noi facciamo ogni giorno a noistessi. Un Cambiamento che vadanella direzione di un superamentodel dualismo, del dolore, del con-flitto, dei buoni e cattivi, delladepressione, degli squilibri, dei con-sumi fini a se stessi, di una vita vis-suta senza chiedersi e lottare per ciòche si vuole davvero. Solo lavorando

su di noi, sul nostro "spirito", suinostri limiti, possiamo ottenere ciòche desideriamo. Basta allora erigerebarricate, di cercare ciò che ci sepa-ra anziché ciò che ci unisce.Abbattiamo le diffidenze, apriamo isensi, affidiamoci totalmente a Dio.Questo auguriamo a noi stessi e atutti voi.Buon Natale, con immeso affetto egratitudine!

MESE DICEMBRE 2013 - GENNAIO 2014

Supplemento a IN DIALOGOMensile della Chiesa di Nola

Aut.ne Trib. di Napolin. 3393 del 7/03/1985

Direttore ResponsabileMARCO IASEVOLI

Coordinatore RedazioneDON GIUSEPPE DE LUCA

RedazioneVINCENZO FIORENZA

PASQUALE VELLECA

ENZO VITIELLO

ALFONSO QUARTUCCI

ELENA FIORENZA

VINCENZO DONNARUMMA

RubricheROSA MATARAZZO

JOSHUA

FRANCO CIPRIANO

FRANCESCO QUAGLIOZZI

VignetteROSARIA SCOTTO

E‐Mail ed [email protected]

Per leggere e scaricare lepubblicazioni precedenti:

www.settemiglia.it

StampaArti Grafiche Bruno

In questo numero

RIFLESSIONIdi E. Fiorenzapag. 6-7

RIFLESSIONIdi P. Violantepag. 8-9-10

VOLTIdi P. Vellecapag. 11-12-13

LIFEdi Rosa Matarazzopag. 14

LIFEdi Tonia Vitiellopag. 15

ARTEdi F. Ciprianopag. 16-17-18-19

DIOCESIdi P. Violantepag. 20-21

MUSICAdi V. Donnarumma pag. 22-23

LIBRIdi V. Donnarummapag. 24-25

FILMdi Elena Fiorenzapag. 26-27

COPERTINAfoto diV. Donnarumma

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Dicembre, cordiale e insolito, ritorna dando vita all'improvvisa urgenzadi cambiamento il tempo a volte è ostile ed altre complice, soggettiva interpretazione, ma spesso torna utile poiché può dare modo di arrivare a mettersi in gioco

primavera, lieve e indolente, superba quindici anni capelli arruffati un segno di ribellione il tempo a volte è ostile ed altre complice l'arma più efficace è l'attesa questo è quanto diceva mio padre

se avrai calma e lucidità non subirai il fascino di comode scelte se avrai buon senso e volontà trascurerai l'abitudine per metterti in gioco

riecheggiano le estati tiepide di agosto e itrent'anni

ricordo l'insolenza e l'indecisione il tempo a volte è ostile ed altre complice l'arma più efficace è l'attesa questo è quanto diceva mio padre

se avrai calma e lucidità non subirai il fascino di comode scelte se avrai buon senso e volontà trascurerai l'abitudine

promettimi che eviterai mediocri vie di mezzoaccomodanti e che non soddisfano concilianti e che non ti appartengono la fortuna abbraccia gli audaci e non èpura coincidenza

se avrai calma e lucidità non subirai il fascino di comode scelte se avrai buon senso e volontà trascurerai l'abitudine per metterti in gioco.*

*Cambio stagione, testo di Ron

settemiglia | Dic 2013 - Gen 20144

ROSALINO CELLAMARE

detto RON

cantautore italiano

di DON PEPPINO DE LUCA

Mettersi in Gioco

Usa il codice Qr in basso, per ascoltare

la canzone direttamentesul tuo smartphone

o tablet.

Page 5: Settemiglia - anno IV, n°2

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Attendere non è un verbo statico,non immobilizza, non fissa ma èun infinito che si coniuga in pro-

getti, promesse, nuovi orizzonti, speran-ze. Il tempo dell’attesa è un tempofecondo che non può essere sprecato. E noi che abbiamo vissuto il periodo diavvento lo sappiamo bene. Esso è tempodi cambiamento, di conversione: c’èbisogno di preparare il cuore, non sipuò improvvisare. È tempo per abbassare le nostre difese,gettare le armi e allenare le orecchieall’ascolto per lasciarci trasformare dallaParola viva che si nasconde nei vagiti diquel Bambino appena nato. Una Parola,sorprendente e provocatrice, che ci assi-cura che esiste un altro modo per viverela paura, la delusione, la sofferenza per-

ché c’è un altro modo per vivere gliaffetti, i desideri, le scelte. Una Parolache ha bisogno di strade su cui cammi-nare, ha bisogno che noi stessi diventia-mo strada; ma le strade non spuntanomai dal nulla, si costruiscono e si incro-ciano, si lasciano modificare e perfezio-nare perché non venga interrotta la cir-colazione. Tutte strade che segnanol’unico cammino che ci permette diarrivare alla mangiatoia, la fonte in cuila vita viene rinnovata e dissetata disenso; il freddo e le tenebre scompaionoperché è lì che tutto fiorisce e si accendeuna nuova primavera.

Auguri!don Peppino De Lucaparroco

settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

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settemiglia | Dic 2013 - Gen 20146

Sembra sempre impossibile fino a quan-do non viene fatto. - N. Mandela

Siamo all’alba di un nuovo mondo!La strada è aperta, anzi spalancata,al grande cambiamento dell’uma-

nità. Già da tempo siamo fermi al bivioche ci conduce, da un lato, alla distru-zione, dall’altro alla vita, all’amore rea-lizzato, alla giustizia e alla pace. Sapremo imboccare la strada giusta? Io credo di sì perché il cambiamentonon è solo una possibilità, un’intuizio-ne, una speranza, un’utopia…, il cam-biamento è una necessità. Nel 1962 Raoul Follereau, rivolgendosiai giovani, gridava con tutto l’amore cheaveva nel cuore: “Giovani di tutto ilmondo, o la guerra o la pace sono per voi.[…] O gli uomini impareranno ad amar-

si o, infine, l’uomo vivrà per l’uomo, o gliuomini moriranno. […] Il nostro mondonon ha che questa alternativa: amarsi oscomparire”. Nel corso della mia vita ho incontratotante persone e con molte di loro hopercorso un pezzetto di strada insieme. Alcune si sono avviate decisamente sulsentiero della Speranza, altre si sono fer-mate a guardare dietro, a contare i falli-menti, a blaterare sulle delusioni e, infi-ne, a rinchiudersi nel pessimismo cherende tristi e soli. L’errore di queste per-sone non è nel fatto di soffermarsi aconsiderare i fallimenti, che realmentesono tanti, forse troppi; il loro errore stanel non essere capaci di spingere losguardo oltre il tempo limitato della loro vita.Un soldato che parte per il fronte e sache il nemico da combattere è crudele,

Ci lamentiamocopiosamente,

ma diventiamovigliacchi quando

si tratta diassumere dei

provvedimenti.Vogliamo chetutto cambi,

ma ci rifiutiamodi cambiare

noi stessi.Paulo Coelho

di VINCENZO FIORENZA

Le sfide del prossimo futuroLavoro, giustizia, pace, cura dei deboli...

ANDREA MANTEGNA

(1497-1500)Adorazione dei Magi

tempera a colla e oro su tavola

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Cominciate col fare ciò che ènecessario, poi ciòche è possibile. E all'improvvisovi sorprenderete a fare l'impossibile.S. Francesco d'Assisi

spietato, la personificazione stessa delmale, non può soffermarsi sulla violenzache lo circonda, sulla morte che abita inlui in ogni istante della giornata. Se vuole vivere, deve credere che il suosacrificio ha un significato, un valore cheva al di là della sua stessa vita. Michelangelo, quando cominciò a scol-pire la Pietà, o il Mosè, non si soffermòsul tempo che ci avrebbe impiegato esulla fatica che lo avrebbe consumato. Egli amò fin da subito quel marmo,prima informe, poi sempre più delinea-to, fino a diventare figura vera e parlan-te, segno del suo amore. Madiba, quan-do ha mosso i suoi primi passi nellapolitica attiva del suo Paese, non hapensato che ogni suo gesto sarebbe statoinutile, tanto “una noce nel sacco non farumore”. Egli è partito da una convin-zione radicale: la divisione tra bianchi eneri è ingiusta! Nemmeno il carcere e lamalattia l’hanno fatto indietreggiare,nella certezza che, prima o poi, inSudafrica il razzismo e l’apartheidsarebbero stati sconfitti. E così è stato. Francesco, quando restituì al padre isuoi vestiti, in realtà si spogliò dell’uo-mo vecchio che abitava in lui, deciso aseguire Chi, in quel momento, lo stavachiamando. Non sapeva cosa sarebbesuccesso il giorno dopo, non aveva pro-getti per il futuro, erasolo tra gli uomini,eppure s’incamminòcon fiducia sullastrada del cambia-mento radicale. Ogni giorno nel mondo, dall’alba deitempi, c’è chi scegliedi seguire la stessastrada, a volte piùcomoda, altre volte insidiosa, stretta,incerta, ma sempre l’unica che porta allapiena realizzazione della propria umani-tà. Prendiamo i Magi. Cosa li rese feliciquando finalmente poterono ammirarestupiti ed estasiati il volto del Re-

Messia-Bambino che aspettavano datanto tempo? La felicità gli venne dallacertezza che avevano fatto bene a crede-re alle loro visioni. L’incontro col Mistero della Povertà diBetlemme aveva coronato il sogno dellaloro intera vita: la storia sarebbe cam-biata, nulla sarebbe stato più lo stesso,l’umanità avrebbe accolto il Salvatore esi sarebbe fatta guidare da Lui nellacostruzione del nuovo mondo. È vero,Cristo è stato crocifisso dalla politica,dalle ipocrisie, dalle cattiverie, ma è pro-prio questo il punto su cui soffermarsicon coraggio e con fede: Egli non è statogeloso della propria regalità, della propriainfinitudine, del fatto di essere Lui stessoDio sulla terra. La Croce è il più grandedei segni del cambiamento totale, inequi-vocabile e definitivo della storia dell’uo-mo. Ecco cosa mi spinge a dire chesiamo all’alba di un nuovo mondo. Non

importa quanto duriquest’alba. Cosa sonocento, mille o unmiliardo di anniper l’infinità diDio? Di fatto noisiamo dentroquesto tempo

nuovo e ogni nostrogesto, ogni nostra scelta, ogni nostrosacrificio non sarò vano. Il male e l’in-giustizia sono destinati a scomparire e ilnostro impegno quotidiano è di diven-tare, ognuno nel suo vissuto, operatoredi amore.

settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

Niente cometornare in unluogo rimastoimmutato ci fascoprire quantosiamo cambiati Nelson Mandela

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Nella fede cristiana sono diversigli aspetti che vengono ritenutifondamentali per essere dei

buoni discepoli di Gesù: l’amore per ilprossimo, la vita morale, la preghiera,ecc., ma ce n’è uno sul quale invece siinsiste poco e che ritengo sia prioritario:è il combattimento interiore, cioè lalotta spirituale che ogni credente è chia-mato a combattere contro un acerrimonemico: il suo egocentrismo, che gli facredere di essere il centro del mondo,per cui tutto passa in secondo pianorispetto ai suoi desideri. Sì, questo combattimento non si rivol-ge verso qualcuno o qualcosa di esternoall’uomo, ma è interiore, cioè si opponeall’istinto cattivo che abita il cuore diogni uomo. Già il primo libro dellaBibbia ammoniva: “Il peccato è accovac-ciato alla tua porta, verso di te è il suoistinto, ma tu dominalo” (Gen 4,7). Ed anche Gesù ha dovuto affrontare uncombattimento interiore, come ci testi-moniano i Vangeli che parlano delle

tentazioni nel deserto e della preghieranell’orto del Getsemani.

Il fine della lotta spirituale è il cambia-mento interiore, quella continua con-versione che Gesù ci richiede, perché “senon vi convertirete e non diventerete comei bambini, non entrerete nel regno deicieli” (Mt 18,3). Senza lotta spirituale èquindi impossibile raggiungere la gioiaeterna, fine dell’esistenza umana. Ma come deve essere affrontata questalotta? Ognuno di noi vive dei conflitti con lepersone che ci sono accanto, in fami-glia, sui luoghi di lavoro, con gli amici espesso tendiamo a non riconoscere lenostre colpe e non consideriamo leragioni dell’altro. Questo modo di farenon porta alla risoluzione dei problemi,né ad una crescita umana e spirituale. L’altro viene considerato come colui chenon ci comprende o ci tratta male e neicasi estremi addirittura come un nemi-co da affrontare. Invece è proprio grazie

La lotta spiritualeè il cammino

attraverso il qualesi apprende l’arte

della resistenzaalla tentazione e

l’arte della scelta,per fare della nos-

tra vita umanaun capolavoro.(Enzo Bianchi)

settemiglia | Dic 2013 - Gen 20148

Il cambiamento interiore“Se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli”

di PASQUALE VIOLANTE

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“Se qualcunovuole veniredietro a me, rin-neghi se stesso,prenda la suacroce ogni giornoe mi segua. Chi vuole salvarela propria vita, la perderà, machi perderà lapropria vita percausa mia, la salverà” (Lc 9,23-24)

al conflitto con l’altro che è possibilegiungere ad una reale conoscenza delproprio io più profondo.

Non dobbiamo dimenticare che Dio ciparla anche tramite i fratelli che ci haposto accanto. L’altro può farci com-prendere quegli aspetti della nostra per-sonalità che hanno portato allo scontro,aspetti spesso sconosciuti a noi stessi. Ognuno di noi si porta dentro aspettinegativi del carattere che portano adavere un rapporto deformato con lecose, con gli altri e con Dio. Ecco allorache per poter intraprendere una lottaspirituale si deve innanzitutto conoscereil nemico: se non si ha consapevolezzadi chi è il nemico non si può nemmenocombatterlo. In questa lotta spirituale ènecessaria anche una grande umiltà, perpoter riconoscere i “mostri” che ci abita-no. Infatti è più semplice dare la colpaagli altri che guardarsi dentro e combat-tere contro le nostre cattive abitudini,ed i nostri peccati. Ciò comporta unalotta durissima contro il proprio ego-centrismo ed il proprio orgoglio peressere sempre più conformi a Cristo: èquanto ci dice Gesù quando ci chiede dirinnegare il nostro io (Lc 9,23): qui nonsi tratta di un autoannientamento, madi rinunciare a voler affermare sé stessi,contro e senza gli altri. Chi vince questoegoismo mortifero diventa libero divivere per gli altri, di generare pensieri,parole e azioni finalizzate alla comu-nione fraterna.

Perdere la pro-pria vita signi-fica avere il coraggio diammettere la propriadebolezza e mise-ria. Ecco allorache la lotta spiritua-le porta ad un cam-biamento interiore,ad un uomo nuovo. È per questo che rinne-

gando sé stessi, cioè abbandonando lanostra vecchia vita si trova la vita nuova,la vita vera, quella che ci fa sperimenta-re la gioia di essere in comunioned’amore con Dio e con i fratelli. Si com-prende allora perché chi pensa di salva-re la propria vita con il suo egoismo inrealtà la perde, mentre chi è disposto aperderla la trova in pienezza. Amare Dioed i fratelli è il vero e l’unico modo peramare anche sé stessi perché solo l’amo-re può dare la gioia. La gioia infatti èrelazionale ed è possibile solo come con-seguenza di una tensione al di fuori delproprio io, verso l’altro, verso il Regno.

Ma quali sono le armi spirituali delcombat-timento

interiore? Innanzitutto la lettura della

Sacra Scrittura. Secondo il Padre della

Chiesa Origene “lameditazione dellaParola di Dio è

simile a unatromba che

tiene il tuo cuore

9settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

“Benedetto il Signore, mia roccia! Egli addestra lemie mani allabattaglia, le miedita all’arte dellalotta”(Sal 144,1)

Page 10: Settemiglia - anno IV, n°2

desto per il combattimento, affinché tunon dorma mentre il tuo avversarioveglia”. Basterebbe per esempio leggerele letture della Messa del giorno, (dispo-nibili sul sito www.lachiesa.it) per con-sentire, “alla Parola di lavorare in noi,nel nostro cuore, realizzando la vera operadi trasfigurazione di tutto il nostro essere”(Enzo Bianchi, priore della comunitàmonastica di Bose). Fondamentali sonoanche la preghiera quotidiana, in quan-to relazione filiale dell’uomo con ilPadre, e l’invocazione del Signore, perchiederGli di non abbandonarci nellatentazione, ma di liberarci dal Maligno(Mt 6,13).Ma c’è un’altra arma che è indispensabi-le: si deve scegliere un padre spiritualedal quale apprendere l’arte della lotta,perché non ci si può guidare da soli. Al riguardo san Doroteo di Gaza affer-ma: “Non conosco alcuna caduta che nonsia stata causata dalla fiducia in sé stessi.Vedi qualcuno cadere? Sappi che si guida-va da solo. Nulla è più grave che guidarsida sé, nulla è più fatale”.

Il padre spirituale deve aiutare ad iden-tificare le proprie fragilità e a combatte-re per eliminarle o almeno attenuarle. Infatti da soli è difficile riconoscere le

proprie debolezze e combatterle, perciòè necessario farsi aiutare anche dallamoglie, dal marito e da tutti coloro checi amano. Il padre spirituale svolge unafunzione diversa da quella del confesso-re, anche se può avere dei punti incomune, per cui potrebbe anche esserela stessa persona. È quindi auspicabilechiedere al proprio confessore di fareanche da padre spirituale oppure sce-gliere un’altra persona.

Nel combattimento interiore bisognaperò aver presente che non sarà mai solol’impegno dell’uomo a conseguire la vit-toria, ma è la grazia di Dio, lo SpiritoSanto ad agire in noi per far maturare isuoi frutti: amore, gioia, pace, magna-nimità, benevolenza, bontà, fedeltà,mitezza, dominio di sé (Gal 5,22-23). L’unico merito dell’uomo consiste nelrendersi docile all’azione dello Spirito,nel consentire alla Grazia di operare nelcuore dell’uomo. E la vittoria sul pecca-to non sarà mai definitiva, perché santonon è chi non pecca, ma chi cade etrova sempre il coraggio di rialzarsi, affi-dandosi alla misericordia di Dio, checome ci insegna papa Francesco, mai sistanca di perdonarci.

“Tu devi lottarein te stesso,

perché il tuo nemico procede dal

profondo del tuo cuore. Non sono io a

dirlo, ma Cristo:«Dal cuore

provengono i pen-sieri malvagi, gli

omicidi, gli dultèri, le prostituzioni, i

furti, le false testi-monianze, lebestemmie»”

(Mt 15,19)(Origene)

settemiglia | Dic 2013 - Gen 201410

di PASQUALE VIOLANTE

s

Ispira le nostreazioni, Signore, e accompagnalecon il tuo aiuto

perchè ogni nostraattività abbia

da te il suo inizioe in te il suo compimento.

Page 11: Settemiglia - anno IV, n°2

di PASQUALE VELLECA

Alfonso Ratisbonne nacque ilprimo maggio 1814 aStrasburgo, da una famiglia

benestante di banchieri, ma il senso reli-gioso della tradizione ebraica, la fedenell'unico vero Dio, si erano in essaaffievoliti, cedendo il posto all'interesseper il dio denaro. Egli restò orfano dimamma a quattro anni e di padre asedici, di lui e dei suoi fratelli si occupòlo zio Luigi Ratisbonne, ricchissimo esenza figli, che, tra tutti, predilesseAlfonso, pensando di collocarlo ungiorno nella direzione della banca.

Il giovane Alfonso intraprese gli studidapprima nel Collegio Reale diStrasburgo e poi in un Istituto prote-stante. Conseguì il Baccellierato inLettere e poi, a Parigi, la laurea inDiritto. A questo punto lo zio Luigi lorichiamò per farne il suo successore, maAlfonso non era incline alla vita seden-taria di ufficio, amava i divertimenti e lasua meta preferita erano i Campi Elisidi Parigi. In realtà con i suoi compagnidi avventura si vantava di professare unprofondo ateismo, che tuttavia lasciavaspazio ad una certa onestà naturale. Una cosa sola impegnava il suo cuoresensibile: la sorte degli ebrei poveri. Perpoterli aiutare si iscrisse alla “Società diincoraggiamento al lavoro”, fondata aStrasburgo dal fratello Teodoro, e siprodigò nell'opera di emancipazionedegli ebrei.

Il 17 novembre 1841 partì daStrasburgo per Marsiglia, dove si imbar-cò sul primo battello a vapore diretto aNapoli. Il giorno 8 dicembre giungeva aCivitavecchia, nello Stato Pontificio, tra

i boati dell’artiglieria per la festadell'Immacolata Concezione di Maria. Quando apprese il motivo di tantagioia, si indignò e rifiutò bestemmiandodi scendere a terra. Nel suo diario scris-se: "Gente stolta e fanatica questi catto-lici”. All'alba del giorno seguente lanave giunse a Napoli, dove Alfonso sifermò per circa un mese. Egli poté cosìvisitare le cose belle della città, riversan-do però, nel suo diario, sulla religionecattolica e sul clero, la causa della pover-tà e di tutti i mali della popolazione. Partì per Roma il 5 gennaio e vi giunseil giorno seguente, festa dell'Epifania. Per due giorni girovagò tra ruderi,monumenti, gallerie, fontane e cata-combe. Grande fu la sua meraviglia,quando, transitando per via del Corso,si sentì chiamare per nome, era un suocompagno di scuola di Strasburgo,Gustavo de Bussières, protestante, con

Padre Alfonso Maria RatisbonneL’ebreo convertito da Maria

11settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

“Voi desiderateche io vi parlidella Vergine...Era bella, tantobella, una lucenella luce!”

Page 12: Settemiglia - anno IV, n°2

gioia rinnovarono la loro amicizia e pro-seguirono insieme la visita alla città. Gustavo l’ho invitò a colazione da suopadre, il Conte Atanasio e più tardi, glipropose anche una visita al fratel-lo, il barone Teodoro. IlRatisbonne non voleva accet-tare quest'ultimo invito,sopratutto perché il baronesi era convertito al cattoli-cesimo ed era oltremodofervente ma alla fine decisedi recarsi alla casa del baro-ne semplicemente per pre-sentare un biglietto di scuse eandarsene via. Il caso volle chevenisse ad aprire la porta undomestico, che, non comprendendouna parola di francese, lo annunciò e lointrodusse subito nel salotto. Alfonso fuaccolto con gentilezza e con gioia dallafamiglia de Bussières. Dopo i primi con-venevoli, la conversazione fu portata sulpiano religioso, Alfonso fu letteralmen-te assalito, ma seppe difendersi bene,formulando giudizi sarcastici contro ilcattolicesimo ed il governo papale, chelasciava gli ebrei di Roma nella miseria enel degrado. A questo punto, Teodorode Bussières intervenne, cercando dismorzare il tono della conversazione efacendogli la proposta di sottoporsi aduna prova molto innocente e cioè quel-la portare su di sé una medaglia dellaSanta Vergine a cui lui dava molto valo-re. Ratisbonne si stupì per la puerile sin-

golarità della proposta. Il suo primo impulso fu di ridere, mapoi gli venne in mente che quella scenapoteva divenire un delizioso capitolo

delle sue impressioni di viaggio eacconsentì ad infilare la medaglia

al collo, non senza sforzo, per-ché il cordone era troppo

corto e la testa non vi passa-va. Infine, tira e tira, riuscì amettere la medaglia sul pettoed esclamò con uno scoppiodi risa: "Ah! eccomi cattoli-co, apostolico, romano!".

Alfonso era vissuto fino a 23anni, senza alcuna religione,

perfino senza credere in Dio,aveva sempre riso delle apparizioni erifiutato di credere ai miracoli. Eraquindi ben lontano dal pensare che pro-prio lui avrebbe dovuto farne esperien-za, nei pochi giorni che aveva deciso dipassare ancora a Roma.

Il 20 gennaio andò a salutare il baroneTeodoro de Bussieres, lo trovò per stra-da in carrozza. Il barone lo fece salire elo pregò di accompagnarlo un momen-to alla vicina chiesa di Sant'Andrea delleFratte, per predisporre i funerali di unamico deceduto improvvisamente. La chiesa, allora come oggi, era officiatadai Padri Minimi di S. Francesco diPaola. L'assenza di Teodoro non durò più di10-15 minuti ed il Ratisbonne ingannò

settemiglia | Dic 2013 - Gen 201412

di PASQUALE VELLECA

A una suora chegli chiedeva: -

Come fate a cam-biare la

sofferenza ingioia? - risponde-

va: - Dico tuttoalla Vergine

Santa, le confidotutto ciò che mipuò tormentare,

addolorare einquietare e poi

la lascio fare.Come posso allora

essere triste?

Page 13: Settemiglia - anno IV, n°2

13settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

l'attesa girovagando per la chiesa edosservando distrattamente marmi edipinti. L'attuale cappella dell'Apparizione eraallora dedicata a S. MicheleArcangelo e all'AngeloCustode, ma vi era anche unpiccolo quadro che rappre-sentava l'Arcangelo Raffaele.Terminata la sua commis-sione, Teodoro ritornò inchiesa, ma non vide l'ami-co. Solo in un secondomomento lo trovò inginoc-chiato nella cappella di S.Michele come in estasi.“Dovetti toccarlo tre o quattrovolte”, affermerà nella lettera a TeodoroRatisbonne, il fratello sacerdote diAlfonso, scritta due giorni dopo, il 22gennaio 1842, e poi finalmente volseverso di lui la faccia bagnata di lacrime,con le mani giunte e con un espressionedifficile da descrivere. Poi estrasse dalpetto la medaglia miracolosa, la coprì dibaci e di lacrime, e proferì queste paro-le: “Ah, come sono felice, quanto èbuono Dio, che pienezza di grazia e difelicità, come sono infelici coloro chenon sanno niente!". Trascorso questoprimo momento di grande emozione,Alfonso chiede all'amico di condurlosubito da un confessore e dominandosia stento, riesce a fare il racconto di questasua esperienza: "Stavo da poco in chiesa,quando all'improvviso l'intero edificio èscomparso dai miei occhi e non ho vistoche una sola cappella sfolgorante diluce. In quello splendore è apparsa inpiedi, sull’altare, grande, fulgida, pienadi maestà e di dolcezza, la VergineMaria, così come è nella MedagliaMiracolosa. Una forza irresistibile mi haspinto verso di Lei. La Vergine mi ha fatto segno con lamano di inginocchiarmi e sembravavolesse dirmi: - Così va bene! -. Lei nonha parlato, ma io ho compreso tutto!". Nello spazio di tre minuti, commenta

sempre Teodoro de Bussières, Alfonsoaveva fatto un'esperienza in cui gli erastato dato tutto. Egli accettò di essereafferrato da Dio, con un cambiamento

radicale, totale e definitivo ditutto il suo essere. Per tutta la

vita Alfonso Ratisbonnevivrà di questa illuminazio-ne di un istante, pur conser-vando le debolezze, la viva-cità e le asprezze di uncarattere appassionato,impetuoso, indipendente e

perfino originale. Intanto ilVicariato di Roma istruì unregolare processo canonico sul-

l'apparizione dell'Immacolata esulla conversione subitanea dell'ebreo. Alfonso stesso, nella deposizione delprocesso canonico, proverà a spiegareciò che, in quel momento di illumina-zione della grazia, aveva istantaneamen-te capito: “Alla presenza della SS.Vergine, quantunque non mi dicesseuna parola, compresi l’orrore dello statoin cui mi trovavo, la deformità del pec-cato, la bellezza della ReligioneCattolica: in una parola capii tutto!". Dalla severa inchiesta risultò che non viera stata traccia di allucinazione o diautosuggestione fanatica. La cappella diS. Michele non aveva alcuna statua oquadro della SS. Vergine, che avessepotuto colpire la fantasia del veggente. L'apparizione di Roma prendeva così ilprimo posto delle otto apparizioni rico-nosciute dalla Chiesa, in questi ultimi150 anni. Il suo esempio e, ancor più lasua carità, ebbero un'efficacia vasta eprofonda. Alla sua morte si poteronocontare ben 28 membri della famigliaRatisbonne, che si erano convertiti alcattolicesimo. Con grande spirito ecu-menico ripeteva spesso: 'Bisogna allar-gare il cuore; non bisogna fare alcunadistinzione tra il latino, il greco, il mao-mettano e l'ebreo, ma occorre abbrac-ciar tutti con amore!

s

Il 4 febbraio celebrò inSant'Andrea per l'ultimavolta e poi scrisse al fra-tello sacerdote: È statoduro allontanarmi daquesto altare e da questa chiesa. Uscendosono stato sul punto dicadere. Mi sembra cheuna parte dei mio cuore,della mia anima e dellamia vita resta là. Avreitanto desiderato dimorirvi. L’ho chiesto aMaria con insistenza,ma, dalla cappella difronte, quella dell'EcceHomo, ho udito uncomando: “Va! Va!” edio ho obbedito.

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Capita che mentre tutto sembraproseguire come sempre, ci siritrova con qualcosa di diverso.

Ci si guarda alla specchio e si nota unaruga nuova, un'espressione diversa,una luce negli occhi raggiante o unosguardo stanco e spento. La vita è un'oscillazione continua trabelle e radiose sensazioni ed inesorabilisconfitte. Eppure al mattino ci si alza dal letto,come sempre.Eppure si continua ad andare al lavoro,a scuola, come sempre. Eppure si ritorna a casa, ci si mette lepantofole , ci si riposa, come sempre. E allora da dove viene quel cambiamen-to? Tutto sembra uguale e monotono.

C'è da capire che siamo parte di unacontinua evoluzione che non avvienesempre al di fuori di noi, ma spessodentro di noi, nel cuore, nell' anima,negli occhi. Ci adeguiamo alle cir-costanze, proviamo in tutti i modi aplasmarci per attutire i colpi, per sen-tire il meno possibile il peso dei doloriche ci portiamo dietro ed attaccarcimagari ancor di più alle cose per lequali vale la pena di rimanere in piedi.

A volte il cambiamento ci spaventa, cirende diversi agli occhi degli altri. Ilcambiamento muta le relazioni, scon-volge, complica le cose. Altre volte,invece, le rende più semplici. È comequando una donna scopre di aspettareun bambino. Un attimo prima eraconcentrata su se stessa, l'attimo dopola sua vita raddoppia di significato.Una mamma non mette su chili maingrandisce il suo cuore affinché possa

fare spazio ad un amore senza limiti. Adatta il suo corpo e la sua anima adaccogliere una nuova vita. Inizia a fareprogetti, a sognare, a rinnovarsi, acrescere, a condividere la gioia. Fa piùattenzione a salvaguardare la propriaintegrità perché da ora vive per due. Ha continui sbalzi d'umore, è preoc-cupata ed emozionata per tutto ciò chel'aspetta. Si accarezza continuamente ilventre come per farsi riconoscere. Inizia a capire che è diventata indis-pensabile per qualcuno e questa con-vinzione le riempie il viso di colori e disensazioni del tutto nuove: da oggi inpoi non ci sarà un momento in cuiresterà sola perché un figlio, vicino olontano, piccolo o grande, alto obasso, non si dimentica mai della suamamma e continua a percepire quellegame indelebile che l'ha tenuto invita per 40 settimane... e poi per tuttal'esistenza.

La mamma accetta ogni cambiamento,piacevole o meno che sia e lo fa peramore. Soltanto, immensamente peramore.

di ROSA MATARAZZO

s

Cambio e son felice “La madre ha inventato l'amore sulla terra”. - Sofocle

“Sempre si giravanoindietro prima disvoltare l'angolo,

poichè la mammasempre era alla

finiestraadannuire e a sor-ridere, facendo

cenni con lamano.In un certosenso era come sefosse loro impos-

sibile trascorrere lagiornata senza

quel gesto, poichè,qualunque fosse

il loro umore,l'ultima

occhiata al quelvolto materno,

influiva su di lorocome la luce

del sole.”Louise May Alcott,

"Piccole donne"

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di TONIA VITIELLO

Quando diciamo cose tipo “Lepersone non cambiano”, faccia-mo impazzire gli scienziati.

Perché il cambiamento è letteralmentel’unica costante di tutta la scienza. L’energia, la materia, cambiano conti-nuamente, si trasformano, si fondono,crescono, muoiono. È il fatto che le per-sone cerchino di non cambiare che èinnaturale, il modo in cui ci aggrappia-mo alle cose come erano invece dilasciarle essere ciò che sono, il modo incui ci aggrappiamo ai vecchi ricordiinvece di farcene dei nuovi, il modo incui insistiamo nel credere, malgradotutte le indicazioni scientifiche, chenella vita tutto sia per sempre.

Il cambiamento è costante. Come viviamoil cambiamento? Questo dipende da noi.Possiamo sentirlo come una morte o pos-siamo sentirlo come una seconda occasionedi vita. Se apriamo le dita, se allentiamola presa e lasciamo che ci trasporti, possia-mo sentirlo come adrenalina pura, come sein ogni momento potessimo avere un’altraoccasione di vita, come se in ogni momen-to potessimo nascere ancora una volta.Parole non mie, purtroppo. Mi ci sonoimbattuta per caso mentre riguardavo

alcune puntate di Grey’s Anatomy, unaserie televisiva famosa in tutto il mondo. Quanto c’è di vero in quello che la pro-tagonista dice? A mio avviso, tutto.

Pensate ai fiori, alla bellezza dei lorocolori e dei loro profumi. Però prima diarrivare ad essere ciò che sono, nasconoda un piccolo seme. Un piccolo semeche lentamente sotto terra cresce, siespande, si nutre dalla terra e dall’acqua,pianta le sue radici sempre più a fondoper spingersi sempre più in alto verso laluce. Una volta fuori estende il suo fustofino a sviluppare il frutto di tutto il suoviaggio. La meraviglia della natura. Ai più sembra una cosa statica, immuta-bile. Eppure se ci riflettiamo un po’ nonè così. Lei muta, si trasforma continua-mente.

Noi siamo un po’ come i fiori. Nasciamo da un piccolo semino cheogni giorno cambia e si rinnova. Sta sol-tanto a noi non cedere alla paura delcambiamento. Se lo facessimo rischie-remmo di chiuderci a riccio e così facen-do non faremmo mai conoscere almondo la nostra luce.

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Il cambiamento è costantePensate ai fiori...

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di FRANCO CIPRIANO

Oltre il sensoL’evento ‘creante’ dell’arte. Tra immagine e astrazione, realtà e visione Da Giotto verso l’opera religiosa di Salvatore Manzi

Un ‘inizio’ che le trascende: l’artee la religione hanno in comunequesto evento. Nel loro manife-

starsi adombrano il riflesso di un invisi-bile che le costituisce e che risuona nelleimmagini e nei segni del loro ‘operare’,opere d’arte e opere di Dio. Sono epifaniedi ‘altro’ senso che rivelano nella loro‘reale’ presenza le apparizioni che pro-vengono dal profondo (caotico e cosmico:la cometa dell’Epifania cristiana cheappare improvvisa nell’oscurità nottur-na) e inquietano lo spirito. Con il loromovimento creante, irrompono nelsenso del tempo e ne oltrepassano i con-fini. Vie d’accesso a esperienze dell’in-comprensibile e dell’irrangiungibile. Differenti e in dialogo, arte e religione –fuori da schemi e convenzioni dei ‘tradi-zionalisti’ o dei ‘modernisti’ – sono“mania profetica”, cioè un’eccedenzache “fa mondo”, indica un destino dialterità; per l’arte l’oltre è nel suo lin-guaggio, per la religione l’oltre è presup-posto della sua narrazione. Il terminemania per i greci indicava la disposizio-

ne della mente ad andare oltre i limiti,in forme estreme del conoscere. In quest’accezione, origine del cambia-mento è “il volo della mente”. L’arte - antica, classica, medievale emoderna- con fratture e discontinuitàradicali quanto inattese, ha rappresenta-to l’incrociarsi del suo enigma “creativo”con l’indicibile del tempo dell’uomo. Tra corpo, linguaggio dell’arte, bellezza,natura e mondo si è estesa la domanda– come riflessione dell’anima – delmondo occidentale sulla soglia tra iltempo e l’eterno. È l’interrogarsi per-sistente e ineludibile, necessario, a infor-mare il cambiamento delle formeespressive, a cercare un passaggio tral’evidente e l’ignoto, tra il senso e il‘non-senso’. Il ‘venire al mondo’ di ciò che non è nelnostro comune pensare è ‘scandalo’. È ilmanifestarsi di qualcosa che eccede lanostra narrazione del tempo, sta fuoridella nostra capacità di comprensioneimmediata dell’enigma delle coseumane. È essenziale cambiamento che

SALVATORE MANZI,Untitled, 2012

acrilico e foglia d’oro su tela

(particolare)

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ci sospende in un altrove della mente, làdove la ‘ragione quotidiana’ non riesce adimorare. Per il credente la possibilità diabitare l’alterità è nella Fede, per il noncredente è nell’interrogazione inesaustadel mondo, ma per entrambi, comeindicò il Cardinale Martini, la ricercadella verità custodisce l’ombra del dub-bio. Il corpo di Gesù – annunciato, nato,crocifisso, risorto - è evento incompren-sibile dal pensiero logico: non semplice-mente ripetizione del ‘nuovo’ – nuovoprofeta o nuovo sapiente – ma inauditadifferenza nell’indistinta opacità delnostro ‘essere al mondo’. Nel divino ches’incarna è il paradosso della Storia, si fauomo il Dio e avviene a corpo delSacrificio per inaugurare il tempo dellaRedenzione e della Rivelazione. Eventoche ‘mette in crisi’ la visione umanadelle cose e cambia il mondo. Non èsemplice rinnovarsi del corso storico. Ilconcetto di “nuovo” dice che da innova-re è qualcosa lo preceda: una forma, unpensiero, una vita, una produzione evo-lutiva di varietà ‘creative’. L’Evento inve-ce è il manifestarsi che avviene come

suscitato da potenza indecifrabile che sirivela, che apre alla finitudine le portedell’infinito, a un altro sguardo sulsenso del mondo, oltre il senso medesi-mo, in una radicale metanoia dell’espe-rienza che accede all’ascolto dell’imme-moriale, perché fuori dal tempo. Il Tempo dell’Avvento dell’irruzione deldivino come umano tra gli umani, è ilparadossale rivelarsi di un Dio che siritrae per fare del Figlio la sacrificale,corporea parola dell’Annuncio. L’arte come la Lieta Novella cristiana èevento di ‘possibilità dell’impossibile’che trasformano l’idea del mondo. Annunciandosi come ricerca generanteeventi del linguaggio, è l’arte che farisuonare le cose di alterità, della diffe-renza che possono già essere o dell’inau-dito che possono rivelare. La rappresentazione umana dell’arte/nel-l’arte è profondamente cambiata dall’ec-cedenza immaginativa dell’incarnazionedivina. Anche qui non si tratta di ‘novi-tà’ in adattamento a ‘nuove forme’ di unpensiero fondamentale ‘progressivo’, madi uno sconvolgimento dell’essenza del-l’immagine, che cristianamente risuona

Dall’alto a sinistra:PIERO DELLA FRANCESCA,Natività, c. 1470. ANDREJ RUBLËV , Natività, Icona russa -Scuola di Mosca, Sec XV. GIOTTO, Natività (1303-6) dellaCappella degli Scrovegnidi Padova CARAVAGGIO, Natività con i santiFrancesco e Lorenzo.BEATO ANGELICO, Natività degli Affreschi diSan Marco - Firenze(1440-1445)LORENZO LOTTO, Natività, 1530FRANCISCO ZURBARAN,Natività della Vergine,anno 1629, LUCIO FONTANA, Concetto spaziale, attesa, 1960

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di FRANCO CIPRIANO

dell’altro di sé. Mentre la imago paganaè di visione idolatrica, simulacro, merosimbolo delle potenze naturali, il voltoe il corpo cristiano sono ‘icona dell’Altro’,allegoria della creazione divina. Lo spazio umano e la presenza del divi-no sono l’essenziale cambiamento dellapittura di Giotto. Che muove dalla spi-ritualità delle iconografie bizantine maconduce l’immagine al terrestre legamecon il divino, nella risonanza della nar-razione evangelica. La sua Natività è unpensiero radicalmente nuovo, che mettein questione l’arte come rappresentazio-ne cultuale e apre il cammino dell’artecristiana occidentale. Ma anche inOriente la pittura è in movimento. Nella continuità dell’iconografia del“Santo Volto” dell’Icona ( indicataanche come “archeiropoietòs”, che tra-duce “non fatto da mano d’uomo”)irrompe una narrazione che divieneTeologia visiva. Il monaco russo AndrejRublëv, il più grande e singolare pittoredi Icone, fatto Santo, fa dell’immagineun’articolazione complessa e insolita chetende a uscire dalla ieraticità figurale perfar splendere la luce divina non comesfondo ma nel corpo stesso delle figuredipinte. Nella Natività attribuita aRublëv o alla sua scuola, la figura cen-trale, sproporzionata rispetto al circo-stante, è Maria distesa come partorien-te, intorno alla quale ruotano gli angeli,

i pastori, Giuseppe e altre donne. La luce dorata pervade tutta la scena esembra scaturire da un abisso ‘formato’dallo sviluppo a cerchi concentrici del-l’icona che ha come origine l’oscurospazio della caverna. Il tempo del rac-conto è sconvolto dalla compresenzatopologica di fasi diverse come dallesconnessioni dimensionali e dalle traiet-torie degli sguardi. Immanenza e tra-scendenza della pittura qui non sono insimboliche rappresentazioni ma nel-l’esperienza medesima dell’artista, nellacui mano ‘creante’ è la memoria delsacro che si riflette nella divina narrazio-ne. Passando per alcune ‘stazioni’ nodalidell’arte occidentale che incrocia lavisione religiosa – come, tra le altre,l’opera di Caravaggio, Piero dellaFrancesca, Zurbaran, Beato Angelico –la vicenda dell’immagine ‘spirituale’ del-l’arte s’imbatte nell’evento decisivo dellaastrazione. Più che da origini iconocla-stiche, l’arte astratta nasce come eco delprofondo delle cose. Nasce quando la ‘rappresentazione’ delreale fa ostacolo al ‘chàrisma’ del colore,della forma e dei segni, originaria scrit-tura visiva dei percorsi del pensiero e del‘sentimento’ nel mondo e fuori delmondo. In avventure della materia e delgesto che generano dimensioni altre delvisibile come spazio memoriale del

A latoPIET MONDRIAN

Composizione con grande piano rosso,giallo, grigio e blu, 1921

YVES KLEIN, Re12, 1962

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mistero, quando le cose e il loro sensonon ci sono, ma v’è il signum che dice,tra nascondimenti e apparizioni del lin-guaggio, l’invisibile del mondo. Malevic scava la tela con abissali spazineri che sono il controcanto degli oridelle icone, Mondrian iniziando dallastruttura dell’albero indaga le costantimatrici della physis nelle linee verticali eorizzontali incrociate che assurgono asimbolo del primario legame tra terra espirito. In Rothko sospese spazialitàcromatiche sono visioni mistiche delcreato, oltre il senso del conosciuto,essenziali campi di luce della luce. E Yves Klein nel suo personalissimo blumaterializza tracce del quotidiano nelletonalità liriche del colore che trascendela materia medesima. Fontana invecebuca la tela e la materia per aprire varchiall’ignoto di ulteriori dimensioni delpensiero vedente. Anche nella ‘erranza’dei linguaggi espressivi della modernacontemporaneità, l’arte è memoria delmistero. Condensando la sua espressio-ne in pensieri ‘radicali’oltrepassa il‘senso’ e accede allo spazio dell’irrappre-sentabile. Il cambiamento della pittura èil mutamento del rapporto tra soggettoe mondo, tra verità e realtà. Un’altra viadell’esperienza s’inoltra a cercare ‘inspie-gabili’ eventi, germinanti camminicome quello del giovane artista napole-tano Salvatore Manzi. Con gesto lentocome meditazione e preghiera, tessesuperfici con segni ‘iniziali’, prelingui-stici, come incisioni originarie dell’esse-re. La tela si fa corpo di luce, modulatodalla graphia, ha la fluttuazione di unosplendore lontano che cerca varchi. La pittura di Manzi, aniconica e iterati-va, ha l’andamento monodico dell’invo-cazione rituale, paziente e monogenicapratica del gesto che, su fondi oro inmemoria d’Icone, segna e ripete, come aprolungare all’infinito la silente risonanzadell’invisibile. Una contemporaneaintensità religiosa della pittura.

A latoK.MALEVIC

Suprematismo Mistico(croce nera su ovalerosso), 1920

SALVATORE MANZI,Untitled, istallazione site specific,spazio Di.St.Urb.,Scafati, 2013

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di PASQUALE VIOLANTE

Il 18 settembre 2013 presso il teatrodella nostra parrocchia si è tenutaun’assemblea dei fedeli della terza

zona pastorale. Il vescovo ha volutoconvocare quest’assemblea per fare ilpunto della situazione riguardo al cam-mino sinodale che la chiesa di Nola haintrapreso l’11 ottobre 2012. Il vescovo ha esordito chiedendoall’assemblea: “Ma il sinodo è solo unastrategia pastorale o un atto di obbe-dienza allo Spirito? Abbiamo bisogno dinuovi stili pastorali e di evangeliz-zazione, ma prima dobbiamo ascoltarci. Se il sinodo è un gesto di obbedienzaallo Spirito, voi in parrocchia pregateper il sinodo? Voi parroci coinvolgete ifedeli riguardo al sinodo? Visitando leparrocchie ascolterò il racconto del vis-

suto di fede delle vostre comunità. L’arcivescovo di Canterbury disse chenon c’è rinnovamento nella chiesa senzaritorno al Vangelo ed alla preghiera. Lo scrittore francese André Frossard hascritto un libro autobiografico dal titolo“Dio esiste, io l’ho incontrato”. Anche noi dobbiamo poter dire“Abbiamo visto il Signore e ci ha fattoardere il cuore”, come con i discepoli diEmmaus. L’ho incontrato, l’ho visto edi miei parametri mentali sono cambiati.Nell’omelia a Santa Marta del 7 settem-bre, papa Francesco ha messo in guardiadal fatto che oggi s’incontrano tanticristiani senza Cristo. Spesso trasmet-tiamo la fede con prassi pastorali in usoda più di mille anni, con riti religiosivuoti e insignificanti, con la teologia ed

“Dobbiamoaccompagnare le

persone in tutte lefasi della loroesistenza per

fornire all’uomol’esperienza di

una fede che nonsi appiccica come

una vernicesuperficiale, mavi si amalgama

fino a costituirneil corpo,

che la plasma e la orienta”

padre Beniamino

Il cambiamentodella Chiesa di NolaLa chiesa che sogna il nostro Vescovo

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21settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

i devozionismi, ma ciò non va più bene. Tornate al pozzo d’acqua viva ha detto ilConcilio. Basta con l’esilio della Parola. Il cristianesimo non è una dottrina,un’etica, un’emozione, un sentimento, maun incontro con il Maestro. La fede è unarelazione. Dice Gesù nel Vangelo diGiovanni al capitolo 8: “Se rimanete inme sarete miei discepoli”. Il cristianesi-mo non è la religione del libro, ma dellarelazione con Gesù e con il Padre. La Parola crea e fonda relazione, comeafferma la Dei Verbum. Dio ha rivelatosé stesso, non delle dottrine. Il nostroDio parla. La chiesa è una comunità chenasce perché Dio ha parlato. Dall’ascolto della Parola nasce la comu-nione ecclesiale, la testimonianza e lamissione. Ascolto vuol dire: “apri ilcuore”. Il peccato di Israele consiste nelnon aprire il cuore. Dio non riesce adentrare per il cuore indurito che nonapre la porta all’incontro con Gesù. Senon incontriamo Gesù è vana la nostrafede. La Parola è come la pioggia chescende e feconda, (Is 55, 10-11) ci faumani. La fede serve per rendere la vitaumana. Se la Parola entra nel cuore ven-gono fuori i frutti dello Spirito (vediGal 5, 22-23), cioè amore, gioia, pace,magnanimità, benevolenza, bontà,fedeltà, mitezza, dominio di sé. Se ilcuore è vuoto genera vuoto, se c’èautoreferenzialità, ci sarà la rivalità del-l’altro, mentre dal cuore pieno di Dioesce Dio e viene donato agli altri. SanFrancesco diceva “Predicate il Vangelo ese è proprio necessario usate anche leparole”. Tornare a Gesù e incontrarlonella Parola: è questo il segno che siamodiscepoli. La parrocchia deve far incon-trare Gesù; ce lo chiede il mondo:vogliamo vedere Gesù, dice la gente. La scelta di fondo di ogni parrocchia deveessere la Lectio divina comunitaria primadi tutto, per far cessare l’io del singologruppo e formare il noi comunitario. Senza Parola manca l’ossigeno. Il parro-co deve fare la Lectio: è suo compito,

non ci vogliono esperti. Se c’è un tavoloper studiare ed un inginocchiatoio perpregare, la Lectio la può fare anche unlaico. La Lectio va fatta anche infamiglia. Sogno la fine dei corsi in parroc-chia e la famiglia che fa la Lectio. LaLectio divina ogni giorno è la pausa conDio.La nostra vita è diventata disumana e lerelazioni sono sempre arrabbiate. Lasosta con Dio ci salva dalla disumanità. Purtroppo i gruppi del Vangelo dopo lamissione diocesana del 2005 non sonopiù proseguiti. Dobbiamo rilanciare i centri d’ascolto egli esercizi spirituali in comunità. LaParola di Dio deve innervare tutta la pas-torale, altrimenti siamo fuori pista. La Parola ci fa vedere la realtà, ci fa leg-gere la storia con gli occhi ed il respirodi Dio: è questo lo sguardo sapienzialeche dobbiamo assumere. L’Eucarestiadomenicale è una grande opportunità. Ma voi siete davvero convinti che Dio ciparla la domenica? Il lettore è la boccadello Spirito. La lettura non siimprovvisa, si impara a proclamare, per-ché il frutto della Parola dipende dacome viene proclamata. Voglio parroc-chie che siano luogo della fede, per edu-carsi al pensiero di Dio, comunità cheformano alla fede ed a pensare la fede. San Tommaso diceva che una fede nonpensata è inesistente. Dovete darragione della speranza che è in voi (1 Pt,3,15). Faccio una proposta a voi laici:iscrivervi al corso biennale per operatoripastorali dell’Istituto Superiore diScienze Religiose, che sarà possibile fre-quentare anche qui a Scafati. La buonavolontà non basta, ci vuole anche lacompetenza per trasmettere la fede. Laformazione non può essere delegata aqualche gruppo, perché tutti i gruppidevono fare formazione. È difficile con-vertire i cristiani, perché sembra chesanno già tutto. La fede non è riducibilealla conoscenza, tuttavia richiede com-petenza e formazione”.

“È necessario uncambio di rotta,dai bambini agliadulti. La nostrapastorale è cen-trata essenzial-mente sui bambi-ni, dobbiamoandare dai bam-bini agli adulti,dalla preoccu-pazione di for-mare ai sacra-menti all’impegnodi formare lacoscienza.”padre Beniamino

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Ecco una traduzione di una canzo-ne di Bob Dylan “The times theyare a changin’ ”. Questa canzone è

stata un inno per il movimento deidiritti civili e antiguerra negli stati unitinegli anni sessanta. Però ancora oggi èattuale come allora che è stata scritta.

Il testo parla con la sicurezza di chi sa diessere nella ragione ed è sicuro di quel-lo che sta facendo. La retorica suggeri-sce apertamente che tutto ciò che staaccadendo sia inevitabile e faccia partedella storia.Le parole della canzone sono a metàstrada tra il consiglio e l’ultimatum:prima o poi arriveremo anche a voi, apoco servirà il vostro istinto di conser-vazione.Il verso della terza strofa, “presto scuote-rà le vostre finestre e farà tremare i vostrimuri”, sembra avere come protagonistanon la battaglia citata precedentementema il vento di “Blowin’ in the wind”,dentro cui soffia la risposta alla doman-da che una generazione di studenti sipone già da qualche tempo: “Quantestrade deve percorrere un uomo prima chelo si possa chiamare uomo?” .Entrambe le canzoni ci dicono che ilcambiamento è dietro l’angolo, colpiràa morte chiunque tenterà di fermarlo. Ma non in senso materiale. In sensometaforico.Le finestre e i muri scossi sono le fine-stre e i muri dei cuori di chi non haancora capito che opporsi al mutamen-to dell’attuale stato delle cose non hapiù senso. Sembra quasi che Dylan dica:“È per il vostro bene”.

Come gather 'round peopleWherever you roamAnd admit that the watersAround you have grownAnd accept it that soonYou'll be drenched to the bone.If your time to youIs worth savin'Then you better start swimmin'Or you'll sink like a stoneFor the times they are a-changin'

The Times They Are AChangin' Troveremo mai quello che stiamo cercando?

di VINCENZO DONNARUMMA

The line it is drawnThe curse it is castThe slow one nowWill later be fastAs the present nowWill later be pastThe order isRapidly fadin'.And the first one nowWill later be lastFor the times they are a-changin'

Usa il codice Qr in basso, per ascoltare

la canzone direttamentesul tuo smartphone

o tablet.

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23settemiglia | Dic 2013 - Gen 2014

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The Times They Are a-Changin'

Columbia Records - 1954

The times they are a-changin'Bob Dylan - testo tradotto

Venite intorno genteDovunque voi vagate Ed ammettete che le acqueAttorno a voi stanno crescendoEd accettate che prestoSarete inzuppati fino all'osso.E se il tempo per voiRappresenta qualcosaFareste meglio ad incominciare a nuotareO affonderete come pietrePerché i tempi stanno cambiando.

Venite scrittori e criticiChe profetizzate con le vostre penneE tenete gli occhi ben apertiL'occasione non torneràE non parlate troppo prestoPerché la ruota sta ancora girandoE non c'è nessuno che può direChi sarà scelto.Perché il perdente adessoSarà il vincente di domaniPerché i tempi stanno cambiando.

Venite senatori, membri del congressoPer favore date importanza alla chiamataE non rimanete sulla portaNon bloccate l'atrioPerché quello che si feriràSarà colui che ha cercato di impedire l'entrata

C'è una battaglia fuoriE sta infuriando.Presto scuoterà le vostre finestreE farà tremare i vostri muriPerché i tempi stanno cambiando.

Venite madri e padriDa ogni parte del PaeseE non criticateQuello che non potete capireI vostri figli e le vostre figlieSono al dì la dei vostri comandiLa vostra vecchia stradaSta rapidamente invecchiando.Per favore andate via dalla nuovaSe non potete dare una manoPerché i tempi stanno cambiando.

La linea è tracciataLa maledizione è lanciataIl più lento adessoSarà il più veloce poiEd il presente adessoSarà il passato poiL'ordine sta rapidamenteScomparendo.Ed il primo oraSarà l'ultimo poiPerché i tempi stanno cambiando.

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Oggi condivido con voi la gioia ela forza di parole che non dannotregua al mondo finchè non

saranno compiute, parole e notizie cheperciò saranno sempre penultime, prov-visorie, sospese in attesa di realizzarsi.

In piccoli, brevi e intensi capitoli, loscrittore Erri De Luca, come già è avve-nuto in tanti suoi libri, esplora la SacraScrittura, soffermandosi su alcune suestorie e sulle parole che, rilette e ritra-dotte dall’ebraico, possono svelarne unnuovo, più attuale e più profondosenso. Un nuovo e più profondo e fortesenso capace di produrre sorpresa emeraviglia nel lettore attento.

Ecco allora susseguirsi pagine di rarabellezza sul discorso della montagna; sulprofumo del legno della croce capace difar sorridere Gesù sul Golgota, il figliodel falegname; sul sogno di Giuseppe, ilpiù credente degli uomini in terra capa-ce di credere con la sovrabbondanza del-l’amore, non con la carestia della sapienzae sul divertente errore di Melchiorregiunto in ritardo alla mangiatoia delbambino.

Le tre paginette sul deserto, poi, si rive-lano una lettura essenziale del Salmosessantatrè, sull’urgenza della ricercadella divinità nell’oppressione del deser-to in cui l’uomo è pellegrino e dove

Davide ricercava ardentemente Diocome chi cerca l’aurora nella notte.

Agli esseri umani spetta il deserto. L’incontrano nei rovesci della fortunaquando gli amici si dileguano, l’imparanoin una grave malattia, quando anche lapremura degli altri, se c’è, non medical’isolamento della condizione di infermoin lotta con il proprio male (…) Deserto èil campo di concentramento in cui stivia-mo i pellegrini che scavalcano il mare, lefrontiere, la notte.

A tutti quelli costretti in un’angustia,quelli per cui il mondo si è richiuso a saccosulla testa, auguro la spinta sfrenata diDavide a cercare con forza l’avvento del-l’aurora.

È stata l’ultima parte del libro, però, aprovocare in me l’impressione più forte. Leggere il decimo capitoletto intitolatoLa caloria pulita ha avuto in me l’effet-to di dischiudermi definitivamente lacomprensione di cosa sia l’amore perDio, secondo la formula ebraica cheErri De Luca definisce di imperativofuturo “e amerai Iod tuo Elohìm”. La risposta è negli essenziali versi delDeuteronomio e nella pregnante e acutatraduzione dall’ebraico di De Luca: ladivinità chiede di essere amata “in tuttoil tuo cuore e in tutto il tuo fiato e in tuttele tue forze” non con l’intelligenza della

settemiglia | Dic 2013 - Gen 201424

di VINCENZO DONNARUMMA

Ieshu/GesùnotiziePenultimecirca

un libro di Erri De Luca

ERRI DE LUCA

(Napoli, 20 maggio 1950)è uno scrittore, traduttore

e poeta italiano

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mente e del cervello.Quando riceve in sogno l’offerta di undono da parte della divinità, rispondesenza esitare: “un cuore che ascolta” (1Re3,9). Salomone il saggio per eccellenza, illeggendario sapiente versato in tutte leconoscenze, il principe degli intellettualidi ogni tempo, chiede e ottiene un cuoreche ascolta. Perché è quello l’organo del-l’intelligenza. L’antico ebraico sapeva chela conoscenza si radica nel cuore, non nelremoto cervello, sede di organi di superfi-cie, naso, occhi, orecchie, gusto. Sa che senza uno scatto di cuore, non sifissa esperienza. Solo il cuore conosce laprofondità e non si concede pausa, a diffe-

renza della testa che ha bisogno di spe-gnersi nel sonno. Di questo sta parlando ladivinità quando chiede di essere amata“in tutto il tuo cuore”.

Nel recente incontro con lo scrittore,avvenuto il 21 Novembre presso laCattedrale di Nola in occasione deiDialoghi in Cattedrale, Erri De Luca haparlato di questa energia superiore forni-ta dal verbo amare aggiungendo: “io lenotizie sul verbo amare le ho imparatenella scrittura sacra.”

“L’amore è questaincomprensibileenergia per la quale piùse ne spende, piùse ne riproducenelle fibre.Al contrario, chilo risparmia lo spreca, se loritrova inutile emarcito. L’amore è fattodella stessa mate-ria della manna,che va consumata,intera nel medesi-mo giorno di rac-colta. Se lasciataavanzare ci sali-vano i vermi”.

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Erri De Luca nasce a Napoli il giorno 20 maggio 1950. A soli diciotto anni (è il 1968) si trasferisce aRoma dove entra nel movimento politico Lotta Continua - una delle maggiori formazioni extraparla-mentari di orientamento comunista rivoluzionario - divenendone uno dei dirigenti attivi durante glianni Settanta. In seguito Erri De Luca impare diversi mestieri spostandosi molto, sia in Italia cheall'estero: compie esperienze come operaio qualificato, autotrasportatore, magazziniere o muratore.Durante la guerra nei territori della ex-Jugoslavia è autista di convogli umanitari. Come autodidattaapprofondisce lo studio di diverse lingue; tra queste c'è l'ebraico antico, dal quale traduce alcuni testidella Bibbia. Lo scopo delle traduzioni di De Luca, che lui stesso chiama "traduzioni di servizio" nonè quello di fornire un testo biblico in lingua accessibile oppure elegante, bensì di riprodurlo nella lin-gua più simile e aderente all'originale ebraico.Come scrittore pubblica il suo primo libro nel 1989, quando ha quasi quarant'anni: il titolo è "Non ora,non qui" e si tratta di una rievocazione della propria infanzia trascorsa a Napoli. Negli anni successi-vi pubblica numerosi libri. Dal 1994 al 2002 i suoi lavori vengono regolarmente tradotti in lingua fran-cese: la notorietà letteraria transalpina gli vale i premi "France Culture" per il libro "Aceto, arcobaleno",il Premio Laure Bataillon per "Tre Cavalli" e il Femina Etranger per "Montedidio".Erri De Luca è anche collaboratore giornalista di diverse importanti testate giornalistiche tra cui "LaRepubblica", "Il Corriere Della Sera", "Il Manifesto", "L'Avvenire". Erri De Luca è uno straordinario e prolifico scrittore: tra poesie, saggi, narrativa e testi teatrali hascritto e pubblicato oltre 60 opere.

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Come si cambia..., cantava FiorellaMannoia urlando una fragilitàtutta femminile che legge la vita

attraverso gli occhiali della paura. Nonuna paura semplice, quella che ti bloccale gambe e non ti fa deglutire, ma lapaura di un nuovo inizio, quella che tispinge ad aggrapparti alla vita “per nonmorire”.

“Come siamo diversi!” È un'esclamazione che si sente di fre-quente quando guardando foto del pas-sato (magari neanche troppo remoto)non si riconosce quel viso che ciapparteneva. Ecco, allora, nascere ildesiderio d'immortalare tutto per esseresicuri che di ogni attimo della nostraesistenza ne rimanga una traccia tangi-bile. Io c'ero. Io ci sono.

Ogni giorno si gioca una partita con iltempo, la morale, i costumi che cam-biano a velocità sempre più vertiginose;ormai mi capita spesso di guardare degliadolescienti e pensare “Ai miei tempi...”sentendomi subito ridicola (consideratoil lasso di tempo irrisorio che mi separada loro).

Eppure di una partita in particolare vivorrei parlare, anzi, “Due partite”. È proprio questo il titolo di una piéceteatrale di Cristina Comencini - felice-mente adattata per il cinema da EnzoMonteleone - uno sguardo tutto fem-minile per spiare dal buco della serratu-

ra quel mondo ovattato e stranamentedistante che sono le donne. Dinanzi allo spettatore se ne presentanoquattro, quattro amiche che nel 1966giocano a carte e si raccontano la vita, isogni infranti, i desideri più nascosti, lepaure e le gioie in un alternarsi di risa epianti, di quegli stati d'animo così con-trastanti e divergenti tra loro ma che, inun istante, convergono esplodendo intutta la loro potenza. Gli uomini sono lontani, relegati in unmondo quasi onirico. Presenze. Nella stanza accanto le figlie giocano afare le donne ritagliando fotografie diGrace Kelly. 1996, trent'anni dopo. Rientriamo in quella casa ormaispogliata dei colori vivaci ed eccentricidel boom economico e rivestita da unapatina di grigio e smog. Di nuovo quattro ragazze, stavoltaemancipate, in carriera, contemporaneeeppure... disilluse. Ancora. Un cambiamento è avvenuto, ma versodove? Altre problematiche si sono affac-ciate dalla finestra del tempo ma il retro-gusto amaro è rimasto lo stesso. Quando, finalmente, potremo per-cepire il positivo di una metamorfosi? Quando “queste cose che ci fanno soffrirecosì tanto, non esisteranno più?”

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di ELENA FIORENZA

Tu dimmi quando Rimanendo uguali a ieri

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Un giorno esisterà la fanciulla e la donnadi Rainer Maria Rilke

Un giorno esisterà la fanciulla e la donna,il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile,ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine,ma solo a vita reale: l'umanità femminile.Questo progresso trasformerà l'esperienza dell'amore,che ora è piena d'errore, la muterà dal fondo,la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano,non più da maschio a femmina.E questo più umano amore somiglieràa quello che noi faticosamente prepariamo,all'amore che in questo consiste,che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.

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DUE PARTITE

Un film di Enzo Monteleone. Con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini.2009, Drammatico,

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*grazie mille in lingua swahili

Asantesana!*

Buon Natale e Felice anno nuovo!

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