asinu anno v n° 2

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UNISA www.asinupress.it ...per chi si ricicla... Anno V N. 2 SMALTIMENTO AZIENDALE L’editoriale Una volta non ero così. Una volta non avevo sei zampe che mi spuntavano dall'addome, la mia testa non era coronata da due lunghe e vistose antenne, né sono mai andato ghiotto di avanzi di cibo in decomposizione. Ritrovarsi in un corpo che non è il tuo è una cosa che ti capita così, dalla sera alla matti- na: la sicurezza di avere due gambe, due braccia, due occhi, due orecchie e di essere coperto di un'epi- dermide rosa e flaccida all'improvviso non è più una cosa da dare tanto per scontata. continua a pag. 2 UniSa Tra cumuli e macerie Tutti sulla stessa barca Università e aziendalizzazione Un’eco dimenticata Occhi pieni di paura, di rabbia, di speranza. Sfilate di occhi in questi mesi hanno riempito la Terra dei Fuochi. Gente che rivendicava il suo diritto alla vita, spostando dal viso i capelli bagnati dalla pioggia, trascinando le gambe stanche, sfor- zando ancora una volta la gola per dare fiato all'ennesimo grido. continua a pag. 3 Confondere la necessità di spazio fisico con quella di “apertura di spazi ideali”, intesi come momenti di discussione e partecipazione, è un errore sempre più frequente. Una disattenzione collettiva che può essere molto pericolosa all’interno di ogni sistema, anche per un campus universitario come quello di Salerno. Capiamo perché con il Dott. Davide Bubbi- co, Ricercatore di Scienze Sociali. continua a pag. 5 “Eh no, la guerra, in fondo, / Non è cosa civile: / D’incivilire il mondo / Il genio mercantile / S’è addos- sata la bega: / Marte ha messo bottega”. Il 2011 è stato un po’ il ’48 di noi studenti. C’era un progetto, quello di rendere l’istruzione pubblica efficiente, produttiva, europea, che trovava soluzio- ne nel trasformare gli atenei in qualcosa di sorpren- dentemente simile a un’azienda. continua a pag. 2 ALL’INTERNO: - Lo strano caso di Silvio B. a pag. 3 - A Lettere giochi di prestigio con gli appelli a pag. 4 - A che temperatura bruciano i libri? a pag. 6 - Novella senza voce a pag. 6 - Lunga vita alla sala a pag. 7 - 13/11/13 Arctic Monkeys @AssagoForum a pag. 7

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Page 1: Asinu anno V n° 2

UNISAwww.asinupress.it ...per chi si ricicla... Anno V N. 2

SMALTIMENTO AZIENDALEL’editorialeUna volta non ero così. Una volta non avevo sei zampe che mi spuntavano dall'addome, la mia testa non era coronata da due lunghe e vistose antenne, né sono mai andato ghiotto di avanzi di cibo in decomposizione. Ritrovarsi in un corpo che non è il tuo è una cosa che ti capita così, dalla sera alla matti-na: la sicurezza di avere due gambe, due braccia, due occhi, due orecchie e di essere coperto di un'epi-dermide rosa e flaccida all'improvviso non è più una cosa da dare tanto per scontata.

continua a pag. 2

UniSaTra cumuli e macerie

Tutti sulla stessa barca

Università e aziendalizzazioneUn’eco dimenticata

Occhi pieni di paura, di rabbia, di speranza. Sfilate di occhi in questi mesi hanno riempito la Terra dei Fuochi. Gente che rivendicava il suo diritto alla vita, spostando dal viso i capelli bagnati dalla pioggia, trascinando le gambe stanche, sfor-zando ancora una volta la gola per dare fiato all'ennesimo grido.

continua a pag. 3

Confondere la necessità di spazio fisico con quella di “apertura di spazi ideali”, intesi come momenti di discussione e partecipazione, è un errore sempre più frequente. Una disattenzione collettiva che può essere molto pericolosa all’interno di ogni sistema, anche per un campus universitario come quello di Salerno. Capiamo perché con il Dott. Davide Bubbi-co, Ricercatore di Scienze Sociali.

continua a pag. 5

“Eh no, la guerra, in fondo, / Non è cosa civile: / D’incivilire il mondo / Il genio mercantile / S’è addos-sata la bega: / Marte ha messo bottega”.

Il 2011 è stato un po’ il ’48 di noi studenti. C’era un progetto, quello di rendere l’istruzione pubblica efficiente, produttiva, europea, che trovava soluzio-ne nel trasformare gli atenei in qualcosa di sorpren-dentemente simile a un’azienda.

continua a pag. 2

ALL’INTERNO:- Lo strano caso di Silvio B. a pag. 3

- A Lettere giochi di prestigio con gli appelli a pag. 4

- A che temperatura bruciano i libri? a pag. 6

- Novella senza voce a pag. 6

- Lunga vita alla sala a pag. 7

- 13/11/13 Arctic Monkeys @AssagoForum a pag. 7

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Tutti sulla stessa barcacontinua dalla prima pagina

Lo strano caso di Silvio B.

La versione integrale dell’articolo sul sito www.asinupress.it

Manifestazioni e cortei per essere ascoltati, per far capire a chi ci sta uccidendo che finché non siam morti, non smettiamo di difenderci.Il mondo ci ha guardati: siamo finiti al telegiornale e sulle prime pagine dei quotidiani. Gli occhi delle teleca-mere hanno inquadrato nei nostri occhi il riflesso della nostra terra martoriata, coperta dal fumo scuro dei roghi, ma anche dalla cattiveria di chi guarda, e lascia che tutto questo avvenga.Tutti hanno parlato della Terra dei Fuochi, pecora nera di questa famiglia perfetta che si chiama Italia, famiglia che intanto sembra averci ripudiato e cancellato dal testamento, famiglia che ci osserva tra il compassione-vole e il severo, ma che non muove un dito.In realtà il resto del paese non è poi così diverso da noi: il Ministero della Salute ha stilato un rapporto in cui si parla di 44 siti avvelenati dall'inquinamento, dove ogni giorno cresce la mortalità causata da tumori, malattie respiratorie, circolatorie, neurologiche e tumorali.Riportiamo alcuni esempi segnalati dal rapporto del SIN (Siti bonifica Interesse Nazionale):Alessandria: presenza di un'industria per la lavorazione di manufatti in amianto. Si registra un eccesso della mortalità per tutti i tumori e per le malattie del sistema circolatorio.Genova: presenza di un impianto per la produzione del bicromato di sodio e di una discarica. Inoltre uno studio recente, effettuato dal CNR e da ARPA Liguria1, ha analizzato i sedimenti marini, evidenziando alte

concentrazioni di metalli pesanti.Trento: suoli inquinati dalle passate attività industriali di produzione della Carbochimica Prada, che ha cessa-to la produzione nel 1984, e della produzione di piombo tetraetile da parte della Società Lavorazioni Organiche Inorganiche (SLOI), attiva dal 1939 al 1978. Si segnala un aumento di mortalità per tumore del colon-retto sia negli uomini sia nelle donne.A Taranto l'ILVA ha fatto 83 morti all'anno dal 2004. Le restanti segnalazioni riguardano l'intera penisola.Non siamo noi, quindi, la scena del film da tagliare, farlo non basterebbe: il film è tutto da rifare, e nessuno se ne accorge. Noi non siamo che un banale fermo immagine.Bisogna spiegare al mondo che l'inquinamento è un tumore che si espande, e che saremo forse i primi a morirne, ma di certo non i soli.I nostri occhi hanno sfilato per le strade della nostra terra, per salvare una terra che è in realtà di tutti. Occorrono, però, altri occhi: occhi che si aprano, che smettano di guardare noi come se rappresentassimo una realtà lontana.La verità è che siamo tutti sulla stessa barca, una barca che sta tristemente annegando, e non bastiamo noi a remare per trascinare un intero paese in salvo, sulla terra ferma, o nel nostro caso, su una terra sana.

Valentina Comiato

-

Il 27 Novembre 2013 il Senato della Repubblica Italiana ha votato a favore della decadenza dell'onorevole Silvio Berlusconi, espellendolo dal Parlamento.Per capire come si è arrivati a ciò si deve riavvolgere il nastro tornando indietro con le pagine dei giornali all’1 Agosto di quest'anno. Dopo poco più di sette anni è stato posto l'ultimo punto alla sentenza Mediaset, che vedeva tra gli imputati Silvio Berlusconi.La condanna inflitta al Cavaliere, confermata in Cassa-zione il 1 Agosto, ha dato il via all'applicazione della Legge Severino.Da quel primo Agosto sono iniziati i dibattiti, parla-

mentari e non, riguardo all'applicazione della legge in questione, che prevede l'incandidabilità di coloro che hanno riportato condanne definitive.Il nodo gordiano della vicenda risiede in una norma costituzionale, l'Articolo 25, che al secondo comma dispone:"Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto com-messo".Su queste poche parole è sorto lo strano caso di Silvio B.

Tommaso Mauro

continua dalla prima paginaL’editoriale

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Università e aziendalizzazioneUn’eco dimenticata

continua dalla prima pagina

E c’erano coloro a cui questa idea non piaceva, che di fronte all’eliminazione del tetto massimo del 20% sulle tasse universitarie, all’introduzione del prestito d’onore, ai conti-nui tagli all’istruzione e alla cultura in nome dell’austerity si insospettivano. E protestavano.Era il progetto dell’aziendalizzazione delle università, termi-ne che all’epoca faceva scoppiare manifestazioni in ogni città d’Italia. E furono scontri fieri, imponenti, in Parlamento come nelle piazze, dove non c’era spazio per i compromessi: le università restavano università, le aziende erano tutt’altra cosa.“Le nobili utopie / Del secolo di Artù / Son vecchie poesie / Da novellarci su: / Oggi a pronti contanti / I cavalieri erranti, / Con tattica profonda / Nell’arena dell’oro / A tavola rotonda / Combattono tra loro, / Strappandosi coi denti / Il pane delle genti”.Passano i mesi e la riforma Gelmini si impone con la forza della necessità. C’è la crisi, bisogna fare sacrifici e ottimizza-re dove si può. Anche a costo di gravare ancora di più sugli studenti. Qualche piccola vittoria ottenuta qua e là rende meno aspra la protesta, e non fa che assicurare il risultato. All’Unisa abbiamo ottenuto l’innalzamento del numero delle fasce ISEE a 10, il blocco del tetto massimo al 20% sulle nostre tasse. Ma continuiamo a pagare una tassa del diritto

allo studio più che raddoppiata, esami soprannumerari il cui costo totale (30 euro per ogni cfu) è pari a quello di una rata, affitti da far invidia agli appartamenti del centro di Roma. Mentre i servizi erogati sono sempre minori, a volte più scadenti. Di aziendalizzazione non si parla più, nonostante la si viva ogni giorno. E’ l’università che è entrata nella logica del profitto, ma ha scelto il periodo sbagliato per farlo. Oggi le aziende devono tagliare e restringersi per produrre, lesinare sulla qualità per puntare alla quantità. Così è per noi, ed è già tanto se non ci licenziano.“Strumento di conquista / Fu già la guerra; adesso / E’ affar da computista: /Vedete che progresso! / Pace a tutta la terra; / A chi non compra, guerra”.Gli energici movimenti di due anni fa sembrano lontani, ma il desiderio di cambiamento è tutt’altro che spento. Il perdu-rare di una situazione precaria e illusoria non significa che essa continuerà a essere accettata pacificamente. E il cambiamento non potrà che giungere, che siano gli studenti a pretenderlo scendendo in piazza, o il nostro governo a metterlo in atto con una riforma illuminata dell’istruzione.L’ironia di Giuseppe Giusti, poeta risorgimentale autore di questi versi, è pungente per ambo le parti.

Albio Scuotilancia

Non ricordo la sensazione provata nel preciso momento in cui sono cambiato, ma sento ancora vivida quella voce che mi rimbomba in testa, e che si ripete all'infinito: "sotto i tuoi piedi c'è l'inferno". Prima sono riusciti ad alienarmi dal mio lavoro; poi dalla possibilità di vivere con lo stretto necessario; poi dal piacere del corpo e della sessualità, reprimendomi tra gli estremi della repressione e della perversione; credevo che la mia terra fosse l'unica cosa che nessuno mi avrebbe tolto, ma adesso mi sento un estraneo anche con lei, e come due estranei piangia-mo reciprocamente per la fine che abbiamo fatto, ma in silenzio, senza abbracciarci.Credo che il problema sia come al solito il persistere di credenze e superstizioni sbagliate: la letteratura ha sempre propinato la figura della blatta come quella che si sente a suo agio tra sporcizia e ambienti malsani, e allora qualcuno avrà pensato di farmi un favore; ma io stavo

meglio prima, sinceramente, e comunque la prossima volta che volete farmi un favore, ve lo dico col cuore, non vi crucciate troppo. Poi ho sentito che qualcuno voleva reagire, che si poteva pensare di riversarci tutti in strada, come un unico fiume in piena; pioveva è vero ma non ho avuto paura, 'ormai - mi sono detto - sono uno scarafaggio, di cosa dovrei più avere paura?'. E allora camminando mi sono riappropria-to delle gambe, urlando ho ritrovato la mia voce, ascol-tando ho riscoperto il piacere di avere le orecchie, in poche parole ho ritrovato il mio corpo, lottando per ritrovare la mia terra.Poi ho capito che dovevo continuare. Essere scarafaggi non è male, sia chiaro, credo che come animale debba essere rivalutato; ma non è quello che sono, è quello che gli altri hanno deciso per me; voglio lottare per ricordar-mi che, a discapito di quello che dice chi pretende di decidere per me, sono ancora un essere umano.

Stefano D’Alessandro

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FacolTa'

A Lettere giochi di prestigio con gli appelli

? ?!

UniSa: tra cumuli e macerie- Venerdì 11 Ottobre 2013, viene demolito l'ex Laborato-rio Studentesco situato al secondo piano della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Salerno. Che significato ha questa cosa, se ha un significato di per se?

Concedendomi un po' di retorica, la fine di un'epoca e di una stagione. Un ricordo netto che ho dell'esperienza del labora-torio fu quando ci vedemmo nel marzo del 1994, per organiz-zare la trasferta a Milano per la manifestazione promossa in occasione del 25 aprile dal Manifesto, a ridosso di un mese dalla vittoria di Berlusconi. Pensavo al fatto che siano passati 20 anni e che proprio ieri Berlusconi sia decaduto.

Tempi di decadenza insomma...Vedi, il punto è che quando frequenti un luogo come quello, e dopo diversi anni lo ritrovi abbandonato, la percezione che si ha è che quell'esperienza fosse finita in modo già evidente, ancor prima della demolizione di per se.

- E' più importante conquistare uno spazio o esercitare lo spazio, quello intorno a noi?

Lo spazio di per se era utile semplicemente perché si organiz-zavano le riunioni, alle volte ci si andava a studiare; era un luogo di ritrovo. Secondo me ha la stessa importanza quanto quello di esercitare l'attività politica all'interno di una strut-tura. E' un segno di riconoscibilità.

- Quanto può essere limitante racchiudere una grande idea in un piccolo spazio come il laboratorio?

Ma no uno spazio è sempre una sede, non è questo il proble-ma. E' importante avere una sede, un punto di ritrovo, un punto di contatto insomma. Credo che sia utile per questo. Un qualsiasi collettivo politico ha storicamente avuto ed avrà comunque una sede, un ritrovo fisico. Nella lotta nella mobilitazione, è necessaria la presenza e non essere presenti o tenersi in contatto nella rete virtuale.

- Oggi c'è una necessità di spazi in questo campus? Tante associazioni universitarie hanno uno spazio fisico, c'è ancora bisogno di “spazio” nell'Unisa?

L'università non ha bisogno di spazi, perché ne ha. C'è bisogno di un Collettivo di sinistra movimentista tradizional-mente presente in tutte le università. L'impressione è che non ci siano realtà significative all'interno del nostro campus. Comunque sta di fatto che delle nuove realtà, pur senza sede, hanno fatto tanto, più di altre che l'avevano. Quindi tornando alla domanda, forse non è necessaria una sede se sei in grado di fare attività.

- C'è secondo lei una effettiva chiusura di spazi demo-cratici nell’Università degli Studi di Salerno?

L'università è tendenzialmente uno dei posti dove l'esercizio della democrazia è alle volte inesistente. L'università non è più un luogo di discussione e di confronto, per tantissime ragioni. Non è detto che sia così dappertutto perché in una università ci possono essere tantissime università: ci sono diversi dipartimenti, corpi docenti, sono diversi gli studenti di un corso di laurea piuttosto che un altro. Resta il fatto che la democrazia è un esercizio molto limitato, se per democrazia intendiamo non le condizioni di poter votare qualcosa o meno, ma di essere nelle condizioni di poter partecipare ad un processo decisionale e programmatico. Senza che nelle tue decisioni, ci siano altri fattori condizionanti. Tutti abbia-mo votato per il Rettore, i Senatori accademici, i Rappresen-tanti degli Studenti, abbiamo eletto le nostre componenti, però in realtà non c'è stata dal mio punto di vista una discus-sione seria e libera. Ci sono stati molti interessi che hanno condizionato il voto degli studenti, il voto del personale non docente, in parte del personale docente, per questioni legate ad appartenenze, gruppi, carriere, risorse, e quant'altro. Ci muoviamo sempre su un falso piano...

Marco Giordano (Wave)

NON TI SEMBRA CHE MANCHI QUALCOSA?

IL NOSTRO PROSSIMO VIGNETTISTA POTRESTI

ESSERE TU!

continua dalla prima pagina

La versione integrale dell’intervista sul sito www.asinupress.it

“L’appello c’è, l’appello non c’è. L’appello c’è, l’appello non c’è. Non c’è trucco, non c’è inganno, signori!”

Non c’è mai trucco né inganno, solo tanta confusione. E’ questo il vero artificio: un buon prestigiatore distoglie l’attenzione di chi guarda facendolo concentrare su altro, gesti inutili, parole superflue, giochi di luce, e intanto fa le sue mosse. Come si può svelare un simile piano?, vi chiedere-te: analizzando al rallenty la scena. Iniziamo.Erano i primi di Maggio quando ricevemmo alcune segna-lazioni su una presunta abolizione dell’appello di Dicembre nella Facoltà di Lettere e Filosofia. Per poter comprendere quanto fosse vaga questa notizia, occorre precisare due cose: la maggior parte delle segnalazioni che riceviamo sono accompagnate da un non ben definito “gira voce che”; inoltre, la Facoltà di Lettere e Filosofia ‘sulla carta’ era stata scomposta da almeno un semestre in più Dipartimen-ti, e questo ha creato un po’ di confusione. A metà Maggio nella nostra università, come nel resto d’Italia, si votava per il rinnovo del CNSU, in una battaglia senza esclusione di colpi tra t-shirt personalizzate, manife-sti e volantini. In questi giorni di confusione, tra un’intervista e l’altra, chiedemmo ai rappresentanti quanto fosse attendibile quella diceria. Solo un timore, ecco cos’era. Un timore com-pletamente infondato, ci dissero. I poveri studenti di Lette-re e Filosofia, che si erano battuti durante tutto l’a.a. 2010/2011 per un appello aggiuntivo e si erano visti rifilare per l’a.a. 2011/2012 l’anticipazione di un appello di recupero da Gennaio a Dicembre, avevano paura di perdere anche questo scarno guadagno.Passato il caos del CNSU, l’attenzione si è ovviamente spostata sulla sessione estiva ormai imminente, con immancabili problemi legati agli appelli. Luci spente sul palco, un solo faro punta sull’elemento importante: gli esami di Giugno e Luglio. L’appello di Dicembre perde ancora la ribalta.Ma arriva Settembre col suo brusco rientro fatto di studio, esami e tasse. Qualcuno, però, vuole organizzarsi il carico di studio, progettare in anticipo quali esami dare e in quale sessione; in questo istante si accorge che l’appello di Dicembre è ancora avvolto da un’ignota oscurità. Arrivano altre segnalazioni e intanto hanno inizio i corsi. Dopo la

richiesta di chiarimento fatta da alcuni professori agli studenti, diventa palese che una questione “appello di dicembre” esiste. Agita le dita della mano il prestigiatore, con così tanta grazia. E’ forse quello il trucco? E se ti stessi concentrando sulla mano sbagliata?I rappresentanti danno risposte contrastanti; si viene a sapere che la questione “appello di dicembre” non solo esiste, ma se ne è discusso in Consiglio di Dipartimento. La confusione aumenta quando, nel Calendario delle Attività Didattiche sul portale della facoltà, l’appello di Dicembre compare preceduto dalla dicitura “Sessione straordinaria riservata ai laureandi in debito di massimo due esami”. Dalla segreteria smentiscono prontamente: l’appello straordinario non solo c’è, ma è aperto a tutti gli studenti. La dicitura verrà eliminata poco dopo e tutti torneranno felici e inebetiti...almeno per il momento.Già, pare che la questione sia stata solo rinviata dal momento che qualunque decisione avessero preso in consiglio, non sarebbe entrata in vigore in questo anno accademico. Infatti, tutto ciò che compete l’anno accade-mico futuro va stabilito entro il mese di Maggio dell’anno accademico precedente. Ma perché l’ex Facoltà di Lettere e Filosofia ha questo rapporto così tormentato con gli appelli? Molti professori si sono dichiarati favorevoli all’eliminazione perché, a loro parere, questo appello è superfluo. Infatti, nonostante le numerose prenotazioni, solo un esiguo numero di studenti si presenta effettivamente in seduta d’esame e, per ogni seduta d’esame, in base al numero dei partecipanti, non solo i docenti comprendono la mole e il tempo del lavoro, ma si organizzano le commissioni, suddividono le aule e stabiliscono i giorni. Un lavoro reso inutile, a quanto dicono, dalla poca serietà da parte degli studenti. Questi, dal canto loro, sono fermamente contrari all’eliminazione dell’appello straordinario; anzi, alcuni preferirebbero aggiungerne un altro. “Cosa cambia a un professore?! Viene pagato per fare questo!”, recita come un mantra una stragrande maggioranza del corpo studentesco. Qualunque sia il futuro di questo appello, per il momento resta un dubbio: siamo sicuri che il trucco non sia riuscito?

Anna Colacori

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13/11/13 Arctic Monkeys @AssagoForumErano forse quattro anni che aspettavo di vederli dal vivo. Da quando ho figurato che era una delle band della nostra epoca da vedere assolutamente. Ormai, dopo qualche album in più a dimostrare la loro forza, credo siano la grande band della mia epoca, un gruppo che ho visto nascere e sarà ricordato per molto tempo, forse per sempre; aspetto solo il capolavoro definitivo che ancora deve arrivare.Le attese erano alte e le premesse facevano prospettare un evento importante, forse unico. Peccato per la pessima acustica del Mediolanum di Assago che mi rovina l’esperienza mistica.In ogni caso è stato bello vedere gli Arctic in gran forma passare da un album all’altro costruendo una scaletta splen-dida, nonostante l’assenza di un brano del calibro di “When The Sun Goes Down”. In apertura ci sono i validissimi The Strypes che fanno da sottofondo all’avventura mia e di Alberto, fratello con cui ho condiviso l’attesa durata anni e prolungata a causa mia, per conquistare il fisicamente vuoto parterre, pieno solo alla biglietteria (misteri di Ticketone). A proposito della discesa dalle gradinate al parterre colgo l’occasione per ringraziare i tre angeli di Brescia che ci hanno salvato.L’inizio è affidato alla marziale “Do I Wanna Know?” tratta dal loro ultimo album. Quanto sono cresciuti lo si nota in brani del genere: le chitarre si sono fatte ruvide e devote al doom e allo stoner, infatti come non citare la dichiarazione

d’amore ai Sabbath durante la bestiale “Arabella”. Chi non ha notato il tributo a “War Pigs” ha molte cose da ripassare in materia.Subito dopo si segguono “Brainstorm” e “Dancing Shoes”. La seconda, soprattutto, soffre per l’acustica che “premia” solo i brani più granitici.Uno dei momenti del live è senza dubbio “Pretty Visitors”: senza dubbio uno dei pezzi più intensi e geniali allo stesso tempo dell’intera discografia della band inglese.Il concerto è tiratissimo, una delle poche tregue avviene quando ci salutano prima del reprise con la bellissima “I Wanna Be Yours”.Gli Arctic si ripresentano sullo stage con la ballabilissima “Snap Out Of It” e poi eseguno una versione acustica della storica “Mardy Bum”.Il finale, il vero finale ci regala il momento più alto e sentito. “R U Mine?”: è il suo momento, il brano che meglio descrive la strada intrapesa dagli Arctic Monkeys. Una chitarra duris-sima ed un incedere pesantissimo, degno dei migliori dischi stoner degli anni ’90.Ci salutano così, con una scarica di adrenalina ed un riff nella testa tutta la notte. Ma anche col pensiero che forse sarebbe meglio rivederli, magari all’estero dove chi ama la musica è ancora preso in considerazione. Almeno un po’ di più e mi accontenterebbe.

Franco Galato

Lunga vita alla salaEntro. Odore di pop corn, vociare della gente. Mi metto in fila. Impaziente, come in tutte le file. Sappiamo già cosa vogliamo vedere. Entro. Odore di pop corn, vociare della gente. Mi metto in fila. In quei pochi minuti, decidiamo cosa vedere. Proposte, si mettono ai voti. Proteste, qualcuno non è mai d'accordo. Biglietto. Strappo. Sala. Le luci sono accese, cerchiamo i nostri posti, li troviamo. Sono occupati. Ci sediamo da un'al-tra parte. Biglietto. Strappo. Sala. Le luci sono spente. Attento ai gradini. La maschera quando serve non c'è mai. Non mi serve la maschera, faccio da me. Prendo il cellulare, cerco la H. I posti sono liberi. Quelli sono più centrali, aggiudicati. Se arriva qualcuno, ci spostiamo. Titoli di testa. Immersione. Nell'arco di un paio d'ore, un bambino piange, risate sguaiate, squilla un telefonino, combo di colpi di tosse e starnuti, sgranocchiare di pop corn. Non c'è più religione. Mi perdo una battuta, chiedo al mio amico. Titoli di testa. Immersione. Sprofondo nella poltroncina, 90 gradi, 110, 180. Sono steso. Commento. Occhi sgranati. Sorrido.

Titoli di coda. Brivido. Si accendono le luci. Non mi alzo, belli. Titoli di coda. Brivido. Si accendono le luci. Comincio a infilarmi il cappotto, mi alzo. Guardo le facce della gente. Chi siete? Che volete? C'eravate anche voi? Bello, eh? Maniglione antipanico. Corridoio. Stordimento. Ok, mi sono alzato. Ma ora torno dentro. Maniglione antipanico. Corridoio. Stordimento. Seguo la folla, mi porteranno da qualche parte. C'è troppa luce. Esco. Cielo blu scuro. L'aria pizzica. Macchina. Si decide dove andare. Nel buio dell'abitacolo, in silenzio, sono ancora nel film. Esco. Cielo blu scuro. L'aria pizzica. Macchina. Altri com-menti sul film. Che si fa? Andiamo a mangiare. Comunque bellissimo, al più presto dobbiamo tornare.Dicono che in un futuro non troppo lontano chiuderanno le sale cinematografiche e i film si guarderanno comodamente sullo schermo del proprio computer. È come chiudere le chiese perché si può tranquillamente pregare a casa.

Camilla Di Spirito

B. . ook

CrossingA che temperatura bruciano i libri?

Novella senza voceE’ arrivato già Natale? Non me ne sono accorta. Non ho sentito arrivare il freddo. Quando è caduta la neve? Sono andata via, e quando l’ho fatto non ho acceso una cande-la… non c’era convivialità.Sorrido alla telecamera, mi preparo sì, e poi comincio. Ti dico quello che voglio, tanto lo sappiamo entrambi che mi accontenterai, che non puoi farne a meno.Ieri ti sei accarezzata la guancia, ma la mano era la mia. Te l’ho stretta, quando ho imparato a farlo da te. La pasta te la conto io, passami un bicchiere frizzante d’acqua.Guardami da lontano mentre ci affogo le mie mani, strin-gile, ti prego, non posso più farlo da sola.In cambio ti sorrido, ricambia.Ho smesso di respirare e da qui non me ne vado fino alla soluzione. Trovane una, aiutami, ti prego.L’acqua mi ha riempito la pancia, si è gonfiata, cosa ci vedi ora? Se sono i miei difetti, non te ne accorgerai finché non sarò andata via davvero.Ma davvero sono l’unica a pensare che tutto questo non sia normale? Che non dovrei essere davvero qui? Sorride-te tutti, e allora sorrido anch’io, ma non è normale.Qui ho freddo, la luce è troppo forte, e il cuore ha comin-ciato ad accelerare.Sto sanguinando, le mie mani sanguinano, aiutami a farle smettere. Perché non riusciamo a trovare una soluzione? Te l’ho detto, non avresti mai fatto caso ai miei difetti finché non ho deciso di andarmene, e allora hai visto la mia pancia gonfia.Se solo potessi lasciarmi anche tu, io ti perdonerei sai. Ma tu devi stringermi forte le mani, falle smettere di sanguinare, ti prego.

M.L.

"Ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l'arma. Castriamo la mente dell'uomo." (dal libro Fahrenheit 451 di Ray Bradbury).

I libri costruiscono la coscienza sensibile di ogni individuo: dando accesso a realtà alternative, vicine o lontane alla nostra, permettono al lettore di immedesimarsi nel prota-gonista della storia, rivivendo con lo sfogliare delle pagine epoche, personaggi, ma permettono di abbracciare nuove scuole di pensiero, di costruirsi un modo di essere e di pensare che non dia conto degli stereotipi o dei luoghi comuni.Montag questo non lo sa, il suo lavoro consiste nel bruciare i

libri e, con essi, bruciare la conoscenza collettiva. Montag è un pompiere al contrario: lui il fuoco non lo spegne, lo appicca, con in testa il suo elmetto "451", nelle case dei sovversivi, di coloro che non si lasciano estasiare dai giganteschi schermi sparsi in tutta la città, dalle litanie, dai bei sonni-feri.In un 1960 che appare ai nostri occhi non come il

passato, ma come un possibile futuro, Montag incontra Clarisse: "Mi piace sentire l'odore delle cose, guardare le cose come son fatte, e alle volte resto alzata tutta la notte, a camminare, e a vedere il sole che si leva.", e con poche seppur significative parole, la diciassettenne detta "pazza" risveglia Guy Montag dall'apatia in cui, l'epoca da lui vissuta e dal lavoro da lui svolto, l'aveva per molto tempo cullato. Dove trovare la risposta?Nei libri, ovviamente: nei libri che, stavolta, invece di incenerire, deruba, ed è in questi frangenti che incontra l'anziano Faber, da cui apprende ciò che nelle parole di uno scritto si può comprendere, della vita, della società e di sé stessi.Come lo specchio che riflette l'altro lato di sé, non più carne-fice, il "pirofilo" letterato incarna la critica che Ray Bradbury pare voler fare alla Società Moderna, atrofizzata e sempre più votata verso il consumismo, la cui progressiva perdita di

coscienza lo rende sempre più simile all'altro, non più atten-to a ciò che gli succede intorno, ma solo interessato ai valori materiali, dimenticando con i libri, anche la propria identità.

Laura Ferraro

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Page 5: Asinu anno V n° 2

Donne: tra Nina Leen e Picasso

Negli anni in cui Nina Leen collabora con la prestigiosa

reportage volti a scrutare il mondo dei giovani e il loro stile

tra i divi di Hollywood e il Rock ‘n’ Roll: lo sfondo è una

permette ai ragazzi di immedesimarsi nel cosiddetto "sogno

americano". Il suo modo di rappresentare l'estrema natura-

lezza delle ragazze nella foto si può trovare apparentemente

in contrasto con le pose plastiche che Picasso, attraverso il

pennello, sceglie di far assumere alle sue demoiselles;

eppure la Leen, nel guardare la scena dall'alto, lascia alle

spalle dei suoi soggetti solo il fondo piatto della spiaggia,

fornendoci tramite la decontestualizzazione dei loro corpi

una descrizione che va oltre lo spazio e il tempo. Proprio

come Picasso, il quale, annullando la distinzione tra pieno e

vuoto, punta a trascendere la soggettività della rappresen-

tazione dell'istante per fornirci una visione totale della

percezione dell'artista.

Stefano D’Alessandro

L’Italia che decide

L’Italia che decade

Concedetemi il dubbio di farmi piacere una città piena di luci.Enormi falli illuminati impongono la loro bellezzaStrade splendenti, draghi di maresemafori ionizzatiAccecante vanitàUn amico della Zeta O vive in un'altra città.Con la luce si strofina e agghindatristezza e povertàFalse speranze e illusioni di specchi illuminatida energie cassaintegratepercuotono l’inverno di un ospite a Salerno.

Felice La versione integrale della poesia sul sito www.asinupress.it

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