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Informazioni generali:
DURATA DEL VIAGGIO: 25 – 26 giorni.
PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Giugno – Settembre.
COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Consigliamo di adoperare sia per l’andata che per il ritorno lo scalo
aeroportuale di Irkutsk.
FUSO ORARIO: + 7 ore rispetto all’Italia.
DOCUMENTI NECESSARI: Passaporto con validità residua di almeno 6 mesi e visto obbligatorio da fare
precedentemente all’arrivo sia per l’ingresso in Russia che in Mongolia. All’arrivo
in Russia si deve compilare la Carta di Immigrazione che deve essere vidimata
entro 7 giorni da un Ufficio del Servizio Federale di Immigrazione(UFMS). In
Mongolia nelle aree rurali è necessario registrarsi al proprio arrivo nelle stazioni
di polizia e per entrare in auto nella nazione dalla Russia è necessaria
un’autorizzazione scritta del Dipartimento Immigrazione del Ministero
dell’Interno mongolo.
PATENTE RICHIESTA: Patente Italiana accompagnata da Patente Internazionale con obbligo di
assicurazione a breve termine presso l’agenzia Ingosstrakh (per chi noleggerà in
Russia come indicato).
RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Possibili momentanee interruzioni del servizio di erogazione di energia elettrica,
specie nella Mongolia rurale. In Mongolia lo standard qualitativo degli ospedali è
in genere basso, molto rudimentale nelle campagne. Prestare particolare
attenzione al consumo di cibi crudi (specie di pollame o uova) per la presenza di
zoonosi. Utile un’assicurazione sanitaria per il rimpatrio in caso di necessità.
MONETA: Rublo Russo in Russia, Tugrik in Mongolia.
TASSO DI CAMBIO: 1 € = 67, 58 Rubli Russi.
1 € = 2843,25 Tugrik Mongoli.
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Descrizione del viaggio:
1° giorno: trasferimento fino a Irkutsk
Viaggiare nel profondo cuore orientale della Siberia è oggi un’esperienza molto più agevole che un tempo, i collegamenti aerei si sono
velocizzati ed esistono linee che collegano direttamente la cittadina di Irkutsk, punto nevralgico come snodo dei trasporti della regione, alla
capitale Mosca. Tuttavia sia per la lunghezza delle tratte aeree da compiere, che per questioni inerenti i fusi orari (viaggerete verso est
cambiando ben 7 fusi orari in avanzamento), è necessario sempre investire tutta la prima giornata (almeno) per raggiungere quest’area
siberiana. In genere i collegamenti dall’Italia verso Irkutsk fanno scalo presso uno degli aeroporti moscoviti e si sviluppano su lunghezze
effettive di 16-19 ore compresi i tempi di transito a Mosca. Un’idea intelligente per ottimizzare i tempi è poi quella di espletare
immediatamente le procedure burocratiche di ingresso alla nazione russa e per il noleggio auto ad Irkutsk appena atterrati. In merito vi
esortiamo a prepararvi anticipatamente prenotando via internet il vostro veicolo (indispensabile che sia 4x4 e possibilmente un fuoristrada)
premunendovi di concordare con l’agenzia di noleggio che possiate liberamente circolare anche nella vicina Mongolia e varcare senza
problematiche le frontiere. Questa tipologia di logistica è oggi finalmente possibile ma ancora disponibile solo molto limitatamente, pertanto
siate premurosi in merito ma al contempo non lasciatevi scoraggiare e incentivate questa nuova forma di turismo in fase localmente ancora
embrionale.
2° giorno: IRKUTSK
Irkutsk è una graziosa rarità nell’universo siberiano orientale essendo di gran lunga l’abitato più grande, artisticamente valido e dotato di
un’atmosfera vibrante nel raggio di migliaia di chilometri (la città più vicina e smile è Krasnoyarsk sita a oltre 1000km di distanza). Irkutsk
alterna scenari un poco squallidi tipici di una realtà post comunista a interessanti architetture ottocentesche come testimoniano i profili delle
diverse chiese ortodosse ben visibili da chilometri di distanza ma vanta una storia più antica e decisamente avventurosa. Fondata dai
cosacchi nel 1651 come guarnigione per soggiogare i buriati autoctoni nel secolo successivo divenne la base delle diverse spedizioni
esplorative dirette verso nord-est che portarono i russi ad annettersi le immense distese della Jacuzia e a controllare persino l’Alaska. Tutte
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queste conquiste territoriali fecero in breve affluire ad Irkutsk enormi quantitativi di pellicce, avorio e minerali di estrazione dalla Siberia
orientale è la città divenne il mercato principale della zona in cui si smistavano e commerciavano queste materie prime da convogliare verso
le economie cinesi, mongole ed europee. Parzialmente distrutta da un furioso incendio nel 1879 Irkutsk venne in breve riedificata più fastosa
di prima con diversi palazzi aristocratici in mattoni grazie ai nuovi fiumi di denari derivanti dal commercio dell’oro che si era nel frattempo
trovato in larghe quantità lungo il corso del fiume siberiano Lena. Fiera oppositrice della rivoluzione bolscevica cadde sotto il giogo
comunista solo nel 1920 e sotto il dominio dell’URSS conobbe infine il suo recente boom industriale e scientifico.
Il punto focale di una visita ad Irkutsk è costituito dal parco che si allunga lungo la sponda orientale del possente fiume Angara in prossimità
del centro storico della città. Qui la vista è rapita dalla possente Statua commemorativo dello Zar Alessandro III che si erge praticamente di
fronte all’ottocentesco e raffinato palazzo in mattoni che oggi ospita il Museo Regionale locale e che un tempo fu la sede della Società
Geografica Siberiana. Quest’area è la zona prediletta poi per le passeggiate da parte degli abitanti di Irkutsk e costituisce anche il cuore
della vita notturna della capitale dell’Oblast (regione) omonima. Dal lungofiume sull’Angara si stacca quindi l’asse portante di Irkutsk,
Ulitsa Karla Marksa, che vi permetterà di tagliare in due rapidamente il centro dell’abitato dandovi la possibilità di ammirarne le fattezze
principali tra architetture in mattoni dell’800, insignificanti condomini comunisti e tipiche abitazioni in legno antiche sparse qua e là.
Percorrendo Ulitsa Karla Marksa fino al suo limitare orientale vi troverete quindi in prossimità di due altri monumenti di spicco di Irkutsk:
la Cattedrale Bogoyavlensky dalle tinte sgargianti che illumina questo tratto fluviale dell’Angara e la Casa Museo Volkonsky, un conte
decabrista (rivoluzionari ottocenteschi che tentarono di rovesciare gli zar senza successo e vennero esiliati in Siberia) in ancora perfette
condizioni di mantenimento che vanta al suo interno mobili, fotografie e oggettistica dell’epoca. Infine nel pomeriggio risulta interessante
una visita al Monastero Znamensky, del 1762, che serba ancora atmosfere del passato intatte visto che non è infrequente qui udire canti
gregoriani proferiti dai monaci del complesso. Oltre che per i fastosi affreschi che ne ornano le sale interne il monastero possiede un
sarcofago d’oro con le spoglie di San Inokent che fu un illuminato missionario siberiano e i resti di Grigory Shelekhov, l’uomo che rivendicò
in nome della Russia il possesso sull’Alaska. Conclusa anche questa visita avrete quindi sufficiente tempo per tornare verso il cuore di Irkutsk
e concedervi qualche ora a curiosare tra i suoi negozi e bar storici, piacevolmente scoprendo che l’uso dell’inglese (spesso sconosciuto nelle
aree rurali limitrofe) è qui diffuso e non vi sarà difficile scambiare qualche parola coi locali. Per la serata infine vi consigliamo di tornare
verso le rive dell’Angara dove si concentrano ristorazioni e locali di livello.
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Uno degli scenari più pittoreschi di Irkutsk: la Cattedrale Bogoyavlensky ammantata di una soffice coltre nevosa durante i mesi gelidi
dell’inverno siberiano, quindi scene di vita nel centro storico locale dove si trovano diverse antiche architetture in legno in estate ed infine
l’interno della Casa Museo Volkonsky, autentica testimonianza del periodo degli esili decabristi ottocenteschi.
2° - 3° - 4° - 5° - 6° - 7° - 8° giorno: LAGO BAJKAL
Di fronte ad eccezioni naturali incredibili come il Lago Bajkal risulta davvero difficile trovare aggettivi in grado di rendere giustizia alla
grandiosità di questo luogo. Esteso per 636km da nord a sud e con una larghezza media di 48km il Lago Bajkal ha come principale
peculiarità quella di essere un bacino lacustre incredibilmente profondo, raggiungendo nel suo punto più abissale i 1637m di profondità ma
vantando soprattutto una profondità media di 744m (questi numeri sono possibili perché si trova a ridosso di una fossa tettonica attiva) che
gli permettono di contenere da solo quasi un quinto delle acque dolci non ghiacciate del pianeta Terra, sorpassando come cubatura persino
la sommatoria di tutti i bacini dei grandi laghi nordamericani messi assieme. Peculiarità poi unica delle sue acque cristalline è quella di
essere ancora oggi potabili in quasi ogni suo anfratto, una caratteristica che dovrà essere tutelata con cura anche nei prossimi anni. La
purezza delle sue acque è dovuta sia al fatto di trovarsi in una zona del pianeta tra le meno antropizzate ma anche dal fatto che ha un
notevole ricambio idrico grazie ad un bacino imbibifero di 557.000 km2 (tra gli immissari principali si ricordano il Selenga e il Barguzin) e
alla presenza di un possente emissario: l’Angara che scorre per Irkutsk prima di convergere nel grande fiume siberiano Jenisej. I primati del
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Bajkal non si fermano però qui: essendo al centro di una zona spiccatamente continentale possiede infatti un clima dominato dalle fortissimi
escursioni termiche tra le stagioni (il principio mitigatorio delle acque è presente ma non è preponderante) passando da estati calde (anche
oltre i 30°) ad inverni rigidissimi (si sono registrate temperature prossime ai -50°), inoltre le sue acque vantano una concentrazione di
ossigeno disciolta superiore alle medie planetarie, fatto che permette il proliferare della vita persino nei suoi abissi più profondi (fatto
decisamente inusuale per un lago d’acqua dolce) e la creazione di diverse (oltre 2.500) specie animali endemiche tra cui spiccano l’omul
(lontano parente del salmone) e la nerpa, o foca del Bajkal, sorella minore delle foche marine ma comunque all’apice della catena alimentare
locale. Anche se negli anni i trasporti su e attorno al Bajkal sono man mano migliorati la via di accesso principale al grande lago siberiano
rimane quella di Irkutsk dal cui porto salpano in estate diverse linee di traghetti che si muovono principalmente nella sua sezione meridionale
o verso la costa orientale. Da non dimenticare è poi la possibilità di esplorare il lago mediante la ferrovia Transiberiana o quella del
Cirumbajkal a sud o mediante le propaggini della BAM (ramo della ferrovia Transiberiana) a nord. Le vie di comunicazioni principali
rimangono però quelle vie terra, anche se non esistono strade che ne compiano il periplo intero (sebbene si stia cercando di ultimare almeno
un sentiero escursionistico, il Great Bajkal Trail, che ne percorra il perimetro interamente). Di inverno invece se capiterete in queste lande
gelide potrete muovervi liberamente con auto private o con taxi sopra il manto ghiacciato e molto spesso che si viene a creare per il
congelamento delle acque del lago più profondo del mondo.
Per un primo approccio al grande lago siberiano vi consigliamo di organizzarvi per compiere un’escursione giornaliera da Irkutsk
alla volta dell’angolo sud-occidentale del Bajkal, una sezione nota con l’appellativo di Circumbajkal per la presenza in questo tratto
dell’ardita linea ferroviaria omonima che collega la località di Slyudyanka a Port Bajkal, cittadina dall’aspetto industriale
novecentesco sita laddove il fiume Angara fuoriesce dal grande bacino lacustre e che dal 1900 al 1904 fu un capolinea locale della
Transiberiana che ancora non oltrepassava il Bajkal (era necessario trasbordare oltre il bacino per riprendere il percorso verso
l’estremo oriente). Anche se la logica farebbe presupporre che vi consigliassimo di esplorare la zona proprio prendendo parte a uno
dei viaggi (lenti e perigliosi) dei treni che si muovono tra promontori rocciosi, foreste vergini che digradano nel lago, tunnel in pietra,
spiagge ciottolose, varchi negli strapiombanti stolby (affioramenti rocciosi peri lagunari simili a torreggianti guglie) e villaggio
agresti dall’atmosfera retrò in realtà la scarsità di corse ferroviarie ed i loro orari scomodi ci fanno propendere a consigliarvi di
prendere parte alle crociere giornaliere che ogni sabato e domenica salpano da Irkutsk verso quest’area del Bajkal (per questioni
logistiche che capirete in seguito fate in modo di fare quest’escursione di sabato). La partenza da Irkutsk avviene alle 10.30 e dopo un
paio d’ore di navigazione controcorrente sull’Angara raggiungerete Capo Tolsty, una prominenza della linea costiera del Bajkal dove
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le navi sostano per circa un’ora per permettervi di scattare qualche interessante fotografia. Si perviene quindi in breve al villaggio di
Shumikha (altra sosta) ed infine alla zona di Capo Polovinny, da molti considerato il punto più scenografico della zona: qui godrete
infatti di scenari bucolici fatti di foreste che digradano fino a spiagge incontaminate che si allungano sulle rive del maestoso Bajkal in
cui soffermarsi per le due ore e mezza (14.30-17.00) di sosta della vostra imbarcazione. Per i più volenterosi poi ci si potrà addentrare
un poco nell’entroterra selvaggio mitigato solo dalla presenza dei binami della Cirmubajkal, mentre i più impavidi potranno sfidare le
acque gelide (mai oltre i 14°) del lago per una rigenerante nuotata. Concluso il tempo a disposizione dovrete quindi risalire sul vostro
traghetto e fare quindi rientro ad Irkutsk per l’ora di cena (19.30 in genere).
Uno sferragliante convoglio a vapore ancora in uso lungo la storica tratta ferroviaria della Cirumbajkal, prodigio ingegneristico
russo del secolo scorso. Quindi uno scorcio ameno in chiave autunnale degli anfratti costieri presso Capo Polovinny e un’istantanea
che ritrae la superficie ancora gelata in primavera del Bajkal da sempre adoperata come via di comunicazione da genti, cavalli e auto.
La seconda giornata sul Bajkal ha inizio con un moderato spostamento che vi impegnerà pressoché tutta la mattinata permettendovi di
abbandonare Irkutsk per muovere alla volta dell’Isola di Olkhon (300km, 5 ore, compreso un breve tratto in traghetto per raggiungere
l’isola da Sakhyurta). Sono diversi i motivi che ci sospingono a suggerirvi questa grande isola lacustre come meta per i vostri
successivi due giorni di viaggio: indubbiamente qui la componente naturalistica è predominante con atmosfere serene e silenziose,
talvolta selvagge, che vi permetteranno di entrare in profonda simbiosi con il microcosmo del Bajkal, ma per di più Olkhon è celebre
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per essere considerata dai buriati uno dei cinque poli mondiali dell’energia sciamanica ed essere venerata come un luogo sacro.
Giacché arriverete in loco giusto per l’ora di pranzo vi suggeriamo di convogliare subito presso Khuzhir, il centro principale
dell’isola, dove si trovano gli alloggi migliori, le opportunità di noleggio di biciclette e servizi per turisti più efficienti, e dove non
mancano le occasioni per assaporare un po’ di freschissimo omul affumicato nelle invitanti ristorazioni locali. Nel pomeriggio potrete
quindi iniziare a prendere dimestichezza con quei luoghi selvaggi e incantevoli: Khuzhir con le sue strade in terra battuta e le sue
scarne attrattive ha l’indubbio vantaggio di collocarsi nella sezione migliore di Olkhon per quanto riguarda gli scenari litoranei: sia a
nord che a sud dell’abitato si aprono grandi e dorate spiagge che si affacciano sul Maloe More (Piccolo Mare), ossia la porzione del
Bajkal compresa tra Olkhon e la terraferma, che ha la favorevole caratteristica di essere un bacino più piccolo e meno profondo e
quindi possiede acque meno gelide del resto del lago (i locali si lanciano in nuotate senza problemi ma per voi potrebbe essere arduo
il tentativo). Le due spiagge sono separate dal celebre Capo Burhan la cui estremità è rinomata in zona per la presenza delle
cosiddette Rocce dello Sciamano, care alle tradizioni buriate. Altre due spiagge di pregevole fattura con piccoli bacini sabbiosi che si
incuneano nell’entroterra ma sempre contornate da pinete che si spingono fino alle acque del Bajkal punteggiate da abitazioni
tradizionali in legno si trovano poi a circa 15-20km verso nord rispetto a Khuzhir e possono essere una meta ancora più solitaria e
meditativa, ideale specie nei mesi di luglio e agosto dove l’affollamento a Olkhon comincia a divenire cospicuo. Per la notte
ovviamente però riparate in quei di Khuzhir.
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Tre scorci iconici dell’Isola di Olkhon: Capo Burhan con i suoi anfratti ameni e le Rocce dello Sciamano che si trovano a breve
distanza dalla località di Khuzhir, capoluogo locale visibile in seconda fotografia. Ed infine una tipica spiaggia di Olkhon con pinete
che lambiscono il Bajkal tra scenari maestosi e silenti rotto solo dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi.
La seconda giornata sull’Isola di Olkhon merita sicuramente una sveglia anticipata per potersi godere con la maggiore calma
possibile l’escursione presso Capo Khoboy, l’estremità settentrionale, selvaggia e severa, di Olkhon. Ancora una volta vi troverete a
muovervi su strade sterrate (ma in genere in buone condizioni a patto che non abbia piovuto molto di recente) che copiano la linea di
costa occidentale dell’isola e sorpassano vallate erbose incontaminate, pinete antichissime e lande sabbiose costiere in cui la presenza
umana è regalata solo a sparute fattorie sperse per le praterie. Una volta parcheggiato in prossimità di Capo Khoboy (40km, 75
minuti da Khuzhir) potrete quindi iniziare una comoda escursione fino a raggiungere il capo vero e proprio che è costituito da
scogliere dirupate ammantate di macchie di foresta e pendii erbosi che si gettano nelle acque blu cobalto del Bajkal. Lo scenario è
davvero spettacolare e si respira un’atmosfera quasi magica (specie per i giochi di luce che spesso il cielo offre in questa zona) e non
farete fatica a comprendere come mai i credenti nello sciamanesimo abbiano interpretato la zona come sacra. Poco a sud lungo la
costa orientale di Olkhon vi suggeriamo poi di non mancare la discesa presso la fiabesca Uzury Bay: un anfiteatro naturale a forma di
mezzaluna contornato dalle rocce di Olkhon che digrada erboso lentamente verso il lago e la sua antistante spiaggia di ciottoli. La
presenza di un minuscolo villaggio rurale in loco dona poi un’aura davvero magica al posto, dove è usuale vedere cavalli al galoppo
(se riuscirete a entrare nelle grazie dei proprietari concedetevi assolutamente un’escursione di qualche ora nelle vicinanze).
Alternativamente il posto è perfetto per un pic-nic all’aria aperta. Da Uzury Bay infine potrete scegliere una pista poco più
impegnativa per il vostro fuoristrada (ma breve) che vi riporterà velocemente sulla costa occidentale di Olkhon e nel volgere di 75
minuti (35km) nuovamente a Khuzhir. Come preannunciato però in questa giornata dovrete stare attenti all’orologio: infatti dal
piccolo porticciolo di Khuzhir salpa alle 17.15 (ma solo in luglio e agosto e solo il lunedì, corse speciali dovrebbero essere integrate
ma unicamente tra fine luglio e metà agosto anche di mercoledì) un traghetto per Ust Barguzin, località collocata sulla costa orientale
del Bajkal, che dovrete assolutamente prendere per continuare il vostro viaggio. La tratta dura circa 3 ore e mezzo e attraversa il
Bajkal proprio sopra il suo ipogeo ed è un’occasione speciale per godersi le immensità di questo bacino lacustre da una posizione
privilegiata. Ust Barguzin in sé è infine una pittoresca località rurale del Bajkal, ancora composta da tradizionali architetture in legno
con finestre scolpite e dipinte con le tipiche tonalità bianche e blu da cui si godono splendide viste serali verso la vicina Penisola
Svyatoy Nos. Vi suggeriamo di scegliere Ust Bagurzin come nuova vostra base per il proseguo del viaggio, visto che nell’area risulta
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essere per distacco la località con più sistemazioni accettabili e alcune ristorazioni che servono piatti succulenti anche se in ambienti
abbastanza modesti.
L’aspro e mistico Capo Khoboy costituisce la severa estremità settentrionale dell’Isola di Olkhon, imperdibile per chi è in zona.
Quindi uno scorcio sulla Uzury Bay, appartata e bucolica, ed infine diverse affumicamenti diversi dell’omul del Bajkal.
La Riserva Nazionale di Barguzin, oggi compresa nel più ampio Parco Nazionale del Transbajkal, costituisce il cuore selvaggio della
vostra esplorazione al grande lago siberiano. Probabilmente in nessun altro luogo affacciato sul Bajkal avrete modo di respirare
un’atmosfera tanto severa, ancestrale ma al contempo estasiante e profonda come in queste zone. Istituita già nel lontano 1916
quest’area protetta è una delle più antiche di tutta la Russia e per visitarla senza incorrere in sanzioni dovrete necessariamente
registrarvi, pagare le tariffe di ingresso e ottenere i permessi presso la direzione del parco. Per evitare estenuanti attese (anche di più
giorni per l’espletamento di queste seccature burocratiche) è possibile e vincolante il fatto di contattare anticipatamente via email la
direzione parco in modo di farvi inoltrare i permessi appositi prima della vostra partenza verso la Siberia (indicate per bene le zone
che vorrete visitare, per ognuna serve un permesso). Per una visita esaustiva di questo palcoscenico naturale unico servirebbe non
meno di una settimana o più ma per una visita sommaria ma comunque soddisfacente possono bastare anche solo 4 giorni.
Tra le aree da non mancare vi ricordiamo quella della Penisola Svyatoy Nos che si eleva per oltre 1800m con rupi maestose sulle
acque del Bajkal e che è comodamente raggiungibile con un’uscita giornaliera in barca a noleggio dal porto di Ust Bagurzin. Questa
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zona è un vero tempio per gli amanti della pesca e per chi è interessato a scorgere alcune delle specie ittiche predominanti del Bajkal
come le foche nerpa (numerosissime nei pressi degli isolotti Ushkanny) o i banchi di omul, storioni, temoli, taimen e lenok che invece
prediligono le acque più tiepide del vicino Golfo Chivyrkuysky. Esiste anche un sentiero ben tracciato detto “della baia serpentina”
che copia il lato orientale del perimetro della Penisola Svyatoy Nos (20km) ma a noi appare meno scenografico che la giornata sulle
acque del Bajkal.
Alcuni scenari che si aprono visitando la penisola Svyatoy Nos nei pressi di Ust Bagurzin: dapprima l’immensa calotta ghiacciata del
Bajkal in chiave invernale, quindi alcuni esemplari di foche nerpa sulle rocce delle isole Ushkanny ed infine le amene viste sul Golfo
Chivyrkuysky, vera mecca per gli amanti della pesca.
Accompagnati da guide potrete quindi dilettarvi in un paio di giorni almeno all’esplorazione delle aree disabitate della Riserva di
Barguzin spingendovi per decine di chilometri verso nord lungo la linea di costa (fatevi accompagnare da qualche barcaiolo locale)
per raggiungere l’idilliaco villaggio abbandonato composto da magnifiche case in legno di Davsha e magari poi dilettarvi nella
giornata seguente a risalire il vallone di Shumilikha (12km sola andata) insinuandovi tra scenari montani imponenti nelle sezioni più
remote del parco. Qui non vi sarà difficile vedere alcuni esemplari tipici della fauna locale come alci, galli cedroni, marmotte, il
maral (un chiassoso cervo dai canini affilati) e gli orsi bruni che dominano la catena alimentare locale. Proprio per la concreta
possibilità di trovarvi faccia a faccia con animali potenzialmente pericolosi e per l’impossibilità a ricevere tempestive cure in caso di
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necessità (l’area è disabitata e potrete chiedere aiuto solo con telefoni satellitari) è necessario che vi affidiate a personale
equipaggiato ed esperto di questi ecosistemi. Ovviamente per il pernotto e le vivande dovrete essere autonomi e muniti di buone tende.
Lo scenario maestoso in cui sorge il villaggio di Davsha, irraggiungibile se non via lago che rappresenta uno dei gioielli della Riserva
di Barguzin (dettaglio poi sulle sue architetture tipiche). Quindi il malat, particolare cervide che popola questi habitat selvaggi.
Un’ultima escursione giornaliera che infine non dovreste perdervi mentre sarete in zona è quella, automobilistica, da compiersi nella
Valle di Barguzin , una valle davvero sospesa nel tempo fatta di scenari amplissimi dove i cavalli pascolano e trottano in immense
praterie contornate da vette apparentemente inaccessibili e i villaggi hanno ancora abitazioni in legno tipiche della tradizione
siberiana. Anche i viaggiatori più scafati qui non potranno che cogliere dell’atmosfera magica quasi da selvaggio west. Barguzin
(50km, 50 minuti da Ust Barguzin) è il primo e principale villaggio che troverete lungo la strada di accesso al vallone. Fondata nel
1648 è un vero scrigno del passato con architetture un po’ decadenti dove incrocerete la vecchia chiesa, l’ufficio postale e case
coloniche ancora autentiche. Vi consigliamo quindi di prendere il tracciato meno battuto e più accidentato che da Barguzin si porta
sul versante orientale della vallata omonima e raggiunge nell’ordine i villaggi di Uro, Suvo e Bayangol permettendovi di fare
esperienza di guida su terreni accidentati, guadi e di ammirare appieno i grandiosi scenari della Valle di Barguzin. Questa tortuosa
pista (indispensabile avere a disposizione un buon fuoristrada) si congiunge infine al tracciato principale, sempre sterrato, nei pressi
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del villaggio di Kurumkan (calcolate nel complesso 75km per 3 ore almeno di guida effettiva, ma le soste fotografiche saranno
moltissime) che ha nel suo piccolo tempio datsan buddista il suo elemento saliente. Vi consigliamo di intrattenervi in zona quanto più
potrete ma siate accorti a muovervi a ritroso verso Ust Bagurzin per tempo, vi attendono infatti ancora 150km (2 ore e mezzo) di pista
ben battuta prima di raggiungere a sera la vostra location sulle rive del Bajkal.
Un dettaglio sulle architetture tradizionali siberiane in legno del villaggio di Barguzin, quindi due scenari tipici dell’omonima vallata:
le vaste praterie disseminati di villaggi in vista delle catene montuose che la separano dal Bajkal e alcuni strumenti da lavoro agreste
del passato ancora adoperati in questa terra dimenticata.
9° - 10° giorno: ULAN UDE
Con il nono giorno di viaggio giunge quindi il tempo di abbandonare la natura incontaminata propria della regione del Lago Bajkal per
tornare alla civiltà, inoltrandosi nel territorio della Repubblica dei Buriati, una etnia di origine mongola che costituisce una larga parte della
popolazione di questa regione russa incastonata tra le sponde del Bajkal e la vicina Mongolia. I buriati sono autoctoni di queste regioni da
millenni e in origine erano tutti credenti in pratiche animiste e sciamaniche elaborate nel corso del tempo grazie al loro profondo legame con
la natura. Già a partire dall’800 però una vasta fetta della popolazione buriata decise di convertirsi al buddhismo tibetano cominciando a
costruire diversi datsan (templi) che impreziosirono il panorama architettonico dell’area. Nonostante le distruzioni che subirono quasi tutti
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questi luoghi di culto in epoca comunista oggi la verve religiosa buriata è tornata in auge e i templi si stanno man mano ristrutturando
facendoli tornare agli antichi aspetti. Altra peculiarità della regione è il fatto di possedere come lingua una forma dialettale di astrazione
altaica per i più incomprensibile e persino il russo, parlato con reticenza nelle grandi città, è poco conosciuto nelle campagne.
La mattinata del nono giorno sarà investita nel trasferimento da Ust Barguzin fino a Ulan Ude (270km, 4 ore), capoluogo locale
fondato nel 1775 come luogo di sosta per le carovane che commerciavano il tè cinese che possiede un gradevole centro cittadino
incorniciato da un panorama collinare interessante. Fulcro di Ulan Ude è la piazza Ploshchad Sovetov, un animato spazio urbano
ricco di rivendite commerciali costruite già nel 1838, della presenza del Teatro Bajkal dell’opera assai raffinato e in cui campeggia
una statua raffigurante la Testa di Lenin più grande del mondo. Da qui si stacca quindi Ulitsa Lenin, la strada principale della città
che funge da autentica spina dorsale all’abitato, essendo adornata da begli edifici ottocenteschi e fungendo da epicentro della vita
notturna locale. Sempre in Ulitsa Lenina si colloca poi anche il Museo Storico di Ulan Ude che espone icone e oggetti recuperati dagli
antichi monasteri buddhisti della zona prima della repressione comunista, carte mediche di Atsagat (medicina tibetana in uso qui fino
agli anni ’40) e una sezione che ripercorre la storia dei buriati. Non dimenticate infine di compiere una deviazione poco fuori città
fino al Museo Etnografico, sito circa a 6km dal centro cittadino, che raccoglie abitazioni tradizionali, totem di pietra e tumuli
sepolcrali della Repubblica dei Buriati e nel quale sono solite essere messe in scena rappresentazioni delgi usi e costumi tipici di
questo popolo. A sera fate poi rientro ad Ulan Ude città e godetevi un po’ il brio di questa accogliente località siberiana, sia lungo
Ulitsa Lenina che, in estate, sul lungofiume del Selenga dove sorgono molti caffè all’aperto.
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La grandissima statua della Testa di Lenin domina la scena in Ploshchad Sovetov, la principale piazza di Ulan Ude. Quindi una delle
architetture lignee tipiche buriate e un gruppo di donne locali intente in danze popolari nel bel Museo Etnografico poco fuori città.
La decima tappa del viaggio consiste principalmente in un laborioso trasferimento dalla Repubblica dei Buriati in Russia fino ad
Erdenet, capoluogo della provincia di Orkhon in Mongolia. Anche se vi consigliamo caldamente una sveglia mattutina in quei di Ulan
Ude comunque la giornata non si risolve in un mero spostamento, anzi a breve distanza da Ulan Ude vi imbatterete quasi subito lungo
la strada nel principale motivo di interesse della tappa: il monastero buddhista di Ivolginsk Datsan (40km, 1 ora). Questo centro di
spiritualità è in realtà un vasto complesso fondato nel 1946 e oggi costituisce il centro primario del buddhismo siberiano. Qui
troverete oltre all’elaborato tempio centrale dai tetti variopinti anche alcune casette e mense dai colori sgargianti che risplendono
letteralmente nella luce del mattino della vallata erbosa contornata di rilievi collinari in cui sono ubicati. Anche se gli esterni
avrebbero bisogno di un po’ di manutenzione (l’intonaco è in parte deteriorato) le statue di tigri e i motivi dipinti sui mattoni
incastonati nei muri imbiancati a calce sono gradevoli, mentre all’interno del tempio principale si trova l’Albero della Bodhi, derivato
dal Bodh Gaya originale sotto il quale il Buddha ebbe l’illuminazione. Recentemente è stato poi aggiunto al complesso anche il
Tempio Etigel Khambin, in stile coreano, eretto in onore del dodicesimo Khambo Lama del luogo, i cui resti sorprendentemente a
distanza di oltre 70 anni dalla sua morte non si stanno minimamente decomponendo. Vi consigliamo di intrattenervi in compagnia
degli affabili monaci per alcune ore prima di riprendere l’autovettura e iniziare a muovere verso il confine russo-mongolo.
Il valico di frontiera di Kyaktha – Altanbulag (205km, 3 ore dall’Ivolginsk Datsan) è uno delle principali vie di collegamento tra
Russia e Mongolia e pertanto risulta essere sempre aperto giorno e notte e, nonostante dobbiate mettere in conto in genere un’oretta
di attesa per espletare le procedure burocratiche per l’ingresso nel paese asiatico, è in genere scorrevole e privo di problematiche.
Una volta penetrati in territorio mongolo avrete ancora da percorrere poco più di 300km di strada (4 ore e mezza di guida effettiva)
nelle lande della Mongolia settentrionale per pervenire ad Erdenet, trafficato paese operario che sopravvive grazie all’enorme
miniera di rame e molibdeno che trova collocazione poco fuori l’abitato. Aspetto che però apprezzerete sicuramente di Erdenet è la
presenza stranamente cospicua di buoni alberghi e discrete ristorazioni in cui riposarvi e sfamarvi dopo il viaggio compiuto in
giornata. Qui potrete assaporare sia il pirozhki (sfoglia fritta ripiena di carne) che i buuz (ravioli al vapore ripieni di montone) e poi
dilettarvi a curiosare o ad acquistare qualche tappeto tessuto in maniera tradizionale di lana presso la rivendita della fabbrica locale.
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Due istantanee che ritraggono le variopinte architetture dell’Ivolginsk Datsan, culla del buddhismo in terra di Siberia. Quindi una
vista panoramica sulla cittadina mongola di Erdenet, incastonata tra alture verdeggianti spesso adibite al pascolo delle greggi.
11° giorno: AMARBAYASGALANT KHIID
L’undicesima tappa dell’itinerario fa perno sempre su Erdenet per la nottata ma durante il giorno si incentra sull’escursione fino al
recondito monastero di Amarbayasgalant Khiid, letteralmente disperso tra i rilievi selvaggi dell’aimag (provincia) mongola di Selenge.
Considerato uno dei tre templi buddhisti principali della Mongolia Amarbayasgalant Khiid risulta probabilmente essere il più interessante di
tutti sotto un profilo artistico. Per raggiungere questa gemma dovrete ripercorrere a ritroso una porzione della statale verso Darhan fino
poco oltre l’abitato di Baruunburen (80km, 75 minuti) dove si stacca, segnalata solo da una piccola paletta in legno, la pista sterrata che in
35km sorpassa alcune colline ammantate da infinite praterie talvolta punteggiate da gher (tende tipiche della zona), talvolta animate da
mandrie di cavalli, fino a pervenire ad Amarbayasgalant Khiid nel volgere di circa 90 minuti. Il monastero fu costruito tra il 1727 e il 1737
per volere dell’imperatore mancese Yongzheng che voleva commemorare così lo scultore e monaco buddhista mongolo Zanabazar. Questa
figura fu determinate per il rinascimento mongolo del ‘600, fu infatti lui a ideare il soyombo, emblema della nazione, a riformare la scrittura
mongola e a impreziosire con le sue opere molti monasteri nazionali. Oggi Zanabazar riposa per l’eternità in una stupa
dell’Amarbayasgalant Khiid che riuscì fortunosamente a evitare le devastazioni ordinate da Stalin contro qualsiasi luogo di culto nell’ex
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URSS. L’Amarbayasgalant Khiid è costruito in stile perfettamente mancese, dalle iscrizioni alla pianta simmetrica, dagli abbinamenti
cromatici fino alle statue poste a sentinella di ogni angolo del tetto ma nonostante sia stato recentemente ristrutturato vuoi per alcune
sbiadite travi in legno, vuoi per una natura indomabile che cerca di soverchiarlo appare sempre sobrio e sull’orlo della sua rovina. A
sventare questa sciagurata ipotesi però lavorano alacremente un gruppo di 30 monaci, ultimi discendenti della comunità di oltre 2000
religiosi che fino al 1936 animavano Amarbayasgalant Khiid. L’elemento architettonico saliente del sito rimane comunque il Tsogchin
Dugan, un tempio riccamente decorato che ospita una dettagliatissima statua a grandezza naturale di Rinpoche Gurdava, un lama della
Mongolia interna che visse a lungo in Tibet prima di fare rientro in patria nel 1992 per aiutare nei lavori di recupero del monastero.
Momento davvero affascinante in cui visitare Amarbayasgalant Khiid è infine il Gongoriin Bombani Hural, un festival religioso che cade a
cavallo di ferragosto durante il quale la gente del posto sale fino agli otto stupa bianchi disseminati sulle colline sopra Amarbayasgalant
Khiid e nelle cui vallate adiacenti sorgono accampamenti di gher a decine in cui riparano i fedeli durante la notte.
Quando sentirete di aver passato sufficiente tempo in questo monastero buddhista, e magari dopo aver trovato un’illuminazione interiore
aiutati da questo contesto selvaggio e religioso, potrete quindi percorrere a ritroso i 115km che separano Amarbayasgalant Khiid da Erdenet
(2 ore e mezza). Qualora vi avanzassero tempo ed energie vi suggeriamo caldamente di fare una visita alla locale Miniera di Rame a cielo
aperto che domina la scena cittadina poco a sud-est del centro. Questa miniera fu una delle opere minerarie più grandi di tutto l’URSS e per
decenni rifornì di rame e molibdeno lo stato comunista e anche se oggi è stata sopravanzata come importanza da altri siti simili situati verso
il Gobi rimane il motore lavorativo principale di questa sezione della Mongolia settentrionale. Per visitarla ricordate che avrete bisogno di
un invito (facilmente ottenibile in albergo a Erdenet) e del passaporto. Singolare e inconfondibile infine a breve distanza dal centro è il
Monumento all’Amicizia, sfacciatamente bolse vico, che domina a nord il centro di Erdenet.
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Tre immagini che rendono giustizia al meraviglioso complesso monacale di Amarbayasgalant Khiid: dapprima una vista panoramica del
monastero così come appare letteralmente disperso tra le alture disabitate della Mongolia settentrionale, quindi l’interno dello Tsogchin
Dugan, il tempio principale del monastero e uno scorcio delle architetture buddhiste site al suo interno.
12° giorno: MORON
La dodicesima giornata di viaggio consta principalmente in un trasferimento da Erdenet fino a Khatgai, la prima località che incontrerete
sulle sponde del meraviglioso lago Khovsgol Nuur. Il percorso si snoda su 500km di percorrenza circa e vi terrà impegnati per almeno 7 ore
di guida effettiva nelle lande della Mongolia settentrionale. Il tracciato è monotono e fornisce una veritiera impressione degli enormi spazi
vuoti e delle solenni proporzioni delle steppe mongole ma alla lunga risulterà un poco noioso anche al più entusiasta tra i viaggiatori.
L’apparizione della cittadina di Moron lungo la tratta (400km,5 ore e mezza da Erdenet) risulta così incredibilmente propizia sia per una
sosta per il pranzo che per intrattenersi un momento tra i due siti di interesse principali del luogo. In città non dovreste mancare una visita al
Museo dell’Aimag di Khovsgol, un museo regionale che mette in mostra il meglio della provincia locale annoverando una serie di animali
impagliati che vi permetteranno di prendere confidenza con la nutrita fauna locale (stambecchi, linci e persino una zanna di mammut
risalente a 40.000 anni fa) e una sezione etnografica in cui approfondire le vostre conoscenze sulle usanze locali come i costumi tipici degli
sciamani, sci coperti di pelle di tsaatan e sacchi per i cereali fatti in pelle di antilope. Appena ad ovest della città di Moron poi non mancate
una veloce deviazione fino al sito preistorico di Uushigiin Uver risalente all’età del bronzo che consta di 14 stele del cervo dipinte con figure
bianche su sfondo ocra. Le stele del cervo mongole sono in realtà monoliti di roccia che si innalzano dal suolo in svariati punti della nazione
frutto del lavoro di uomini preistorici che si stima volessero costruire dei siti religiosi e spirituali attorno ai quali raccogliersi (non sono
invece mai stati rinvenuti resti umani attorno a questi complessi che inizialmente erano stati interpretati come tumulazioni a causa della
credenza in voga nelle tribù delle steppe che l’anima dei defunti lasciasse questo mondo per salire in cielo sul dorso di un cervo). Conclusa
anche questa visita, altamente fotogenica, potrete quindi continuare il vostro percorso alla volta del lago Khovsgol Nuur che approccerete
pervenendo all’abitato di Khatgai (100km, 90 minuti) che vi consigliamo di utilizzare come base per esplorare questo territorio selvaggio
della Mongolia settentrionale.
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Due immagini simboliche di questa tappa del viaggio che si snoda nella Mongolia settentrionale: a sinistra la statua equestre di Chingunjav
che ricorda il condottiero settecentesco che guidò la rivolta della Mongolia Esterna, quindi il sito preistorico di Uushigiin Uver poco distante
da Moron dove svettano tra le praterie le 14 steli del cervo, tipiche testimonianze dell’età del bronzo mongole.
Dal 13° al 18° giorno: PARCO NAZIONALE DI KHOVSGOL NUUR
Il Khovsgol Nuur è una perla straordinaria, misconosciuta ai più al di fuori dei confini russi e mongoli. Questo bacino lacustre di origine
glaciale è un invaso di ben 136km di lunghezza che si inoltra in territori vergini di taiga siberiana alternata a rilievi montuosi e sembra quasi
una continuazione ideale del Bajkal a sud-ovest (la loro genesi è dovuta ai medesimi movimenti tettonici) se visionato su una cartina
geografica. Un aspetto di cui vi innamorerete non appena poserete gli occhi sul Khovsgol Nuur sarà l’incredibile trasparenza (si vede il
fondale fino a 40m di profondità in condizioni ottimali) e le tonalità variegate delle sue acque che passano da sezioni blu cobalto ad altre
smeraldine che ricordano i bacini caraibici. Il Khovsgol Nuur è il secondo bacino lacustre per estensione della Mongolia dietro al lago
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salato Uvs Nuur situato nelle remote aree occidentali della nazione, ma a differenza di quest’ultimo che raggiunge solo i 12m massimo di
profondità il Khovsgol Nuur si inabissa fino a -262m permettendo di raccogliere nel suo bacino ben l’1,5% di tutte le acque dolci non
ghiacciate planetarie (peraltro potabili senza alcun trattamento). Sotto un profilo della fauna il parco del Khovsgol Nuur offre riparo a
migliaia di capi di pecore argali, stambecchi, pregiati zibellini, alci, oltre a diversi ghiottoni e orsi sulla terraferma, mentre nel lago nuotano
banchi di trote lenok, pesci persici, temoli e storioni. Aspetto da non sottovalutare infine è quello che nell’area del Khovsgol Nuur convivono
in estrema armonia a stretto contatto ben tre etnie molto diverse tra loro: i darkhad, i buriati e gli tsaatan che amano perpetrare a tutt’oggi
antiche tradizioni e rituali, spesso legate allo sciamanesimo.
Una vista panoramica sul bacino cristallino e incontaminato del Khovsgol Nuur così come appare da una delle alture montuose che ne
circondano specialmente la costa occidentale. Quindi un raggruppamento di autoctoni a cavallo durante il Naadam di luglio, una
manifestazione che rievoca antiche tradizioni delle tribù locali, ed infine carovane di cani da slitta che percorrono il lago gelato in inverno.
Come predetto il vostro approccio iniziale alla regione avverrà mediante il villaggio di Khatgai, allegro agglomerato di tetti variopinti, case
lignee e vicoli sterrati posto al limite meridionale del lago dove si stacca il suo emissario principale: l’Elgiin Gol. Khatgai è il centro
principale dei servizi del Khovsgol Nuur e qui troverete le migliori sistemazioni notturne, spesso ospitate dentro fantastiche gher (tende)
tradizionali mongole, e diversi negozi di generi alimentari di prima necessità con cui rifornirvi di viveri prima di partire per le escursioni
nelle aree limitrofe. A Khatgai poi si trovano diverse opportunità di noleggio mountain bike, kayak e possibilità di escursioni a cavallo.
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Non esiste una modalità migliore di altre per esplorare le incontaminate aree del Parco Nazionale del Khovsgol Nuur, dipenderà soprattutto
dal tempo a disposizione e dalle proprie inclinazioni. Se siete amanti della pesca non dovrete far altro che noleggiare il necessario a Khatgai,
compresa la barca a remi, e spingervi anche per giorni in queste acque cristalline e pescose per dar sfogo alle proprie pulsioni. Se invece
amate l’acqua ma sotto un profilo più sportivo potrete sempre optare per i kayak e muovervi nella sezione meridionale del lago (esistono
anche tour con barche a motore in piena estate che vi possono condurre fino al Modon Huys, pittoresco isolotto posto all’incirca al centro
del Khovsgol Nuur e lambito da acque turchesi). Qualora invece siate amanti della terraferma potrete sbizzarrirvi tra numerosissimi percorsi
escursionistici che vanno dalla conquista della panoramicissima vetta dello Tsartai Ekh Uul (2515m) situata poco a nord-ovest di Khatgai e
fattibile in due giorni previo equipaggiamento da outdoor di buon livello (le viste onnicomprensive del lago sono davvero memorabili) fino al
gran tour da 6 giorni almeno che si inoltra nelle sezioni più selvagge dell’angolo sud-ovest del Khovsgol Nuur. Se opterete per questa
seconda opzione il primo giorno di cammino consiste nel superamento del passo Jankhai Davaa (raggiungibile anche con mezzi motorizzati),
spesso sede di pastori di renne tsataan che si sono qui migrati dai territori storici per ottenere qualcosa dai visitatori, e nella successiva
discesa nuovamente verso le sponde del lago che intercetterete nei pressi dei magnifici promontori di Jankhai, poco oltre i quali sorge
l’accampamento di Toilogt che vi consigliamo di adoperare con sosta per la notte. Da qui in seconda giornata continuerete per diverse ore a
camminare verso nord lungo le rive lacustri sorpassando dapprima un stazione militare e pervenendo a sera nell’idilliaca radura ammantata
di prati stracolmi di fiori selvatici di Khar Us, che può essere una base perfetta per piantare le tende. In terza giornata si continua ancora per
3 ore circa lungo il perimetro del lago fino a Jiglegiin Am, piccola comunità dove potrete rifocillarvi a dovere, prima di intraprendere la
salita verso il passo Jiglegiin Davaa (2500m) su terreni spesso resi ostili dalla cospicua presenza di fango. Da qui nelle due giornate
successive potrete quindi seguire a ritroso il corso del grande torrente Arsayn Gol tra scenari montuosi intatti e praterie d’alta quota
incontaminate. In sesta e ultima giornata infine valicherete nuovamente lo Jankhai Davaa per ritornare a Khatgai. Il nostro suggerimento è
di compiere questo tour da sei giorni (attenzione solo alle condizioni atmosferiche che possono rendere i guadi impraticabili anche per
giorni) con l’ausilio di cavalli, muovendosi con guide locali che potranno organizzarvi anche soggiorni in gher appositamente per voi a
prezzi non eccessivi. Cavalcare per giorni in contesti così selvaggi ed arcaici sarà probabilmente una delle esperienze che più vi rimarranno
nel cuore del vostro viaggio in Siberia e Mongolia. Esisterebbe anche la possibilità di fare tour equestri più lunghi per e da la vicina
Depressione di Darkhad ma ve la sconsigliamo sia per l’eccessiva lunghezza del tracciato (non meno di 16 giorni) che è sempre troppo
influenzato dalle condizioni meteorologiche sia perché il tour vi lascerebbe troppo poco tempo per godervi la zona raggiunta.
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Alcuni degli scorci naturali incontaminati di cui vi nutrirete durante le meravigliose escursioni a cavallo di più giorni che si possono
tranquillamente intraprendere da Khatgai verso le coste occidentali e le alture del Khovsgol Nuur. Inutile affermare che l’estasi di fronte a
tanta serenità e maestosità dei panorami vi accompagnerà per buona parte del percorso.
Dal 18° al 23° giorno: DEPRESSIONE DI DARKHAD
Posto giusto oltre la catena montuosa che cinge ad occidente il bacino del Khovsgol Nuur si trova un territorio incredibilmente suggestivo e
al di fuori del tempo, una terra che un tempo fu un bacino lacustre glaciale grande quanto il Khovsgol Nuur e oggi risulta ammantata da
infinite praterie punteggiate da oltre 300 laghetti che creano un’atmosfera davvero magica: stiamo parlando della Depressione di Darkhad.
Non bastasse questo scenario naturale etereo la vallata risulta essere di davvero difficile accesso e questo ha permesso nel corso dei secoli
che la locale popolazione degli tsataan mantenesse inalterate usanze, costumi e credenze e che perpetri ancora oggi uno stile di vita
autentico. Gli tsataan (letteralmente uomini-renna) sono indissolubilmente legati alle loro mandrie di renne da cui praticamente ricavano
tutto il loro sostentamento, sebbene i laghi locali siano pescosi e pieni di carpe, salmoni, trote e mastodontici taimen e siano soliti anche
raccogliere i frutti selvatici della zona per alimentarsi (come pinoli, frutti di bosco e patate selvatiche). Dal latte di renna essi ricavano
diversi formaggi, dalle loro corna sculture e medicamenti della tradizione sciamanica, mentre di rado questi capi vengono usati adoperati
come alimento, poiché costituiscono un ottimo mezzo di trasporto in queste lande selvagge. Gli tsataan sono una popolazione di stirpe tuvana
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(originari della Repubblica di Tuva in Russia) e parlano sia il loro dialetto locale che il mongolo, sono pastori nomadi che spostano
continuamente i loro accampamenti (ail) alla ricerca delle migliori erbe e muschi prediletti dalle loro renne e per abitazioni itineranti non
adoperano le classiche gher mongole, bensì le ort: tende coniche simile a quelli dei nativi americano con intelaiatura classica in corteccia di
betulla. Inoltre sono tra i più ferventi credenti ancor oggi delle tradizioni sciamaniche e animiste del passato millenario della regione.
Per visitare la Depressione di Darkhad dovrete mettere in conto una prima giornata dedicata solamente all’avvicinamento alle zone più
remote e autentiche in cui avvicinarvi alla culture tsataan. Partendo di prima mattina da Khatgai dovrete infatti percorrere circa 330km di
piste sterrate (non meno di 9 ore di guida nel complesso), spesso in condizioni non ottimali, percorrendo dapprima un pezzo di strada a
ritroso verso Moron e poi svoltando a destra verso il villaggio di Arbulag da cui vi raccorderete alla pista che si inoltra nella Depressione di
Darkhad. La prima vista che vi si paleserà davanti agli occhi poco prima della borgata di Ulaan Uul sarà sicuramente uno degli scenari che
vi rimarrano più impressi del vostro viaggio mongolo-siberiano poiché pochi luoghi al mondo danno l’idea di essere tanto grandiosi e
incontaminati. Il primo villaggio degno di nota che incontrerete durante il percorso sarà quindi la comunità di Renchinlkhumbe (280km, 7
ore da Khatgai), che si trova più o meno al centro geografico del bacino geologico della Depressione di Darkhad. Sebbene spesso risulti
infestato da sciami di zanzare ed insetti alquanto fastidiosi in estate Renchinlkhumbe è assai interessante in occasione del Festival della Valle
Blu che si tiene annualmente in giugno e che prevede gare equestri e competizioni di canto tradizionali e in luglio durante il Naadam locale,
una festa composta da gara di corsa per cavalli, competizioni di tiro con l’arco e incontri di lotta libera. Proseguendo per altri 40km verso
nord e verso le aree più remote della Depressione di Darkhad raggiungerete infine Tsagaannuur, ossia l’ultimo centro abitato stabile prima
di spingersi nelle aree degli accampamenti nomadi degli tsataan. Qui è ubicato il TCVC (centro visitatori locale) che offre sia la possibilità di
giacigli notturni, che di noleggio dei cavalli per raggiungere gli accampamenti nomadi tsataan. Gestito dagli stessi tsataan questo centro
regola de facto il flusso turistico ed è l’unica modalità di accesso alle sezioni nord della Depressione di Darkhad. Vi ricordiamo che per
esplorare le aree degli tsataan è necessario un permesso speciale che potrete farvi rilasciare ad Ulan Bator o più comodamente a Moron nei
giorni precedenti e che dovrete esibire al posto di controllo non appena arriverete a Tsagaannuur (diversi alloggi a Khatgai si offrono di
espletare loro le procedure per il rilascio dei permessi a Moron ma sappiate che dovrete abbandonare per giorni il vostro passaporto). Per la
nottata ovviamente fermatevi a Tsagaannuur.
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Alcuni scenari tipici della grandiosa Depressione di Darkhad: cavalli al pascolo nelle immense praterie della piana delimitata da alte
montagne sul perimetro, mandrie di renne condotte verso nuovi appezzamenti di erba e muschi da un pastore tsataan ed infine uno dei
centinaia di laghetti post glaciali che caratterizzano la regione.
L’indomani potrete quindi iniziare un tour di almeno quattro giorni alla volta degli accampamenti tsataan nomadi, rigorosamente
accompagnati da una guida locale che oltre ad evitare che vi smarriate in queste lande desolate potrà introdurvi alle comunità locali
facendovi da interprete (indispensabile fattore giacché gli tsataan sanno solo il loro dialetto o il mongolo). Le esperienze più affascinanti che
potrete fare durante questi tre giorni, oltre alle sontuose cavalcate in territori straordinari, saranno però di certo quelle che farete mentre
soggiornerete presso gli tsataan. Essi infatti accolgono volentieri i turisti che si dimostreranno disponibili ad aiutarli nelle loro faccende
quotidiane come la mungitura delle renne o la preparazione dei formaggi, e anche quelli che investiranno un po’ di denaro acquistando le
loro produzioni artigianali o soggiornando nelle loro tapee (tende tradizionali) incentivando così la scarna economia locale. Evitate al
contempo di scattare continuamente fotografie agli tsataan come fossero esemplari di un zoo e badate bene a non lasciare rifiuti in giro
(gesto veramente deplorevole sia per loro che per il contesto naturale), mentre sono graditi omaggi ed è consigliabile portarsi dietro le
vivande per essere quasi autosufficienti per evitare di razziare involontariamente gli scarsi depositi di cibo che gli tsataan si sono creati con
fatica. Ricordatevi poi che vi muoverete in un territorio selvaggio, dove la taiga domina ed il clima è spesso freddo e inclemente (come i
moscerini), pertanto partite equipaggiati. Alla fine di quest’esperienza davvero lontana dai comuni stili di vita moderni non è infrequente che
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i turisti finiscano per nutrire grande ammirazione, rispetto e un po’ di profondo legame con queste popolazioni nomadi mongoliche.
Calcolate infine un giorno ancora di viaggio per rientrare da Tsagaannuur a Khatgai (il sesto nella Depressione di Darkhad) percorrendo a
ritroso la strada fatta giorni addietro. Un consiglio molto utile che vi diamo per evitare di rimanere bloccati in zona è quello di fare
rifornimento ogniqualvolta possibile poiché le interruzioni di corrente a Darkhad sono frequenti e se rimarrete a secco le pompe di benzina
non potranno funzionare e soddisfare i vostri serbatoi.
Vallate selvagge ornate da alture spesso innevate e taiga sono la casa dove risiede la popolazione nomade imperniata su antiche tradizioni
degli tsataan che vedete in abiti tradizionali con le immancabili renne in seconda immagine. Quindi una delle tapee (tende) in cui potrete
soggiornare in questo territorio ancestrale e severo negli ail tsataan.
24° - 25° giorno: Trasferimento dal Khovsgol Nuur fino a Irkutsk
Questa ultima sezione dell’impegnativo viaggio tra Siberia orientale e Mongolia settentrionale consta nel rientro dal lago Khovsgol Nuur
fino alla cittadina russa di Irkutsk per la riconsegna dell’autovettura noleggiata e per prendere il volo di rientro verso l’Italia.
Il primo giorno di questa fase del viaggio sarà adoperato solamente per percorrere l’insidiosa pista che lambisce la costa orientale del
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Khovsgol Nuur. Questo tracciato è spesso (almeno fino alle gher di Sevsuul) un vero e proprio banco di prova anche per i grandi conoscitori
del fuoristrada: aspettatevi, fango, rocce, radici e guadi in quantità, oltre al superamento del passo Ikh Santiin Davaa e al raggiungimento
dell’incantevole punto panoramico di Borsog le cui viste spaziano grandiose sul Khovsgol Nuur (unico fattore che cercherà di lenire i vostri
probabili dolori al fondoschiena dovuti ad un fondo stradale quantomeno dubbio). Per la nottata vi esortiamo a pernottare a Khankh (190km,
almeno 9 ore di guida da Khatgai), ossia l’ultima località prima del valico di frontiera con la Russia, un abitato collocato giusto ai piedi del
monte Munko-Saridak che con i suoi 3491m risulta essere l’asperità più elevata di tutta la Siberia orientale.
Alcuni degli scenari in cui vi imbatterete durante il transito lungo l’ardita pista che percorre la sponda orientale del Khovsgol Nuur. Da
rimarcare nell’ultima fotografia la sagoma in lontananza del monte Munko-Saridak, il più alto rilievo della Siberia orientale che si specchia
nelle acque turchesi del grande lago mongolo.
L’indomani inizierete quindi la vostra giornata proprio con le procedure di ingresso nella federazione russa superando la dogana di Mondy
(20km, 20 minuti da Khankh), aperta secondo le ultime indicazioni tutti i giorni d’estate (eccezion fatta per le feste pubbliche) dalle 10 alle
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indicazioni fornite pare abbiano finalmente concesso il transito anche ai cittadini di tutte le altre nazionalità (previo pagamento di diversi
balzelli doganali). Vi consigliamo però caldamente, vista la situazione in divenire della gestione della frontiera di Mondy, di informarvi
appena prima di prenotare il vostro viaggio, se infatti rimaneste qui bloccati dovreste compiere un lunghissimo giro di più giorni per
rientrare in Russia dal confine di Kyaktha – Altanbulag oltrepassato nei giorni precedenti. Una volta penetrati sul suolo russo dovrete quindi
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discendere la lunghissima e boscosa Valle Tunka (stavolta però su comoda strada asfaltata), una zona montuosa incredibilmente remota e
ancorata alle tradizioni con villaggi rigorosamente caratterizzati dalle costruzioni in legno da cui è solito vedere pennacchi di fumo
fuoriuscire dai cammini. Si guida qui immersi in scenari montuosi di prim’ordine propri dei selvaggi Monti Sayan orientali per circa 3 ore
(215km) fino a pervenire alla località di Kultuk sulle agognate sponde del lago Bajkal, ideale per una sosta per il pranzo. Da qui nel
pomeriggio potrete quindi in breve (100km, 90 minuti) raggiungere Irkutsk per riconsegnare l’automobile e prendere il vostro volo di rientro
verso l’Italia, anche se noi vi consiglieremmo di vivere questi ultimi momenti di viaggio con un po’ più di serenità (tempo a disposizione
permettendo) concedendovi un’ultima serata nella grande cittadina siberiana e muovendo verso l’aeroporto solo l’indomani mattina.
Uno scorcio della lunga ma comoda strada asfaltata che percorre interamente la Valle Tunka dal confine mongolo fino alle sponde del lago
Bajkal con sullo sfondo i selvaggi e spesso innevati rilievi dei Monti Sayan Orientali. Quindi due scene tipiche della vallata: alcune
architetture tradizionali in legno ammantate dalla candida coltre nevosa invernale e mandrie di cavalli liberamente al pascolo.
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Note a margine dell’itinerario:
Vista l’enorme ampiezza del territorio siberiano è stato necessario eludere dalla trattazione alcuni luoghi che di per sé sarebbero stati molto
interessanti ma che per questioni logistiche legate alla grande distanza rispetto al cuore dell’itinerario proposto sarebbero risultati
irraggiungibili in tempi utili. Per amor di completezza vogliamo qui comunque elencarveli e descriverli almeno brevemente cosicché nel caso
capitaste in loco per altre ragioni possiate apprezzarli cogliendone gli elementi essenziali e visitando i loro punti salienti.
KRASNOYARSK:
Capoluogo del Territorio di Krasnoyarsk, una delle suddivisioni amministrative più estese di tutta la Russia, questa metropoli siberiana
costituisce una vivace e singolare eccezione nel panorama delle grandi città siberiane. Di certo molti dei progetti e delle novità che stanno
plasmando Krasnoyarsk derivano dai proventi delle industrie petrolifere che caratterizzano (e deturpano) le immensità siberiane boreali ma
qui amministratori illuminati hanno saputo donare alla città un’aura diversa dal solito agglomerato urbano post comunista anonimo e
ripetitivo nelle forme: ci sono alcuni begli edifici art nouveau e alcune abitazioni tradizionali in legno, specie nel centro storico ed il
panorama di locali notturni, sale da concerto e teatri è superiore a qualsiasi centro abitato dell’area. Contribuisce a questo anche il fatto che
Krasnoyarsk risulti circondata da gradevoli alture collinare verso sud e sia percorsa dall’alveo del grande fiume Jenisej, una delle principali
direttrici fluviali siberiane. Krasnoyarsk possiede inoltre numerose sistemazioni di qualità per la notte e un aeroporto internazionale sempre
frequentato che la collega specialmente a Mosca e San Pietroburgo con voli diretti.
Per la visita di Krasnoyarsk vi consigliamo di prendere come riferimento la grande Prospekt Mira, una grande strada che taglia da est a
ovest il centro città e che risulta il fulcro della vita locale essendo animata di locali e bancarelle di alimentari (come sul lungofiume dello
Jenisej) che vendono samsas (paste originarie dell’Asia centrale), shawarma (carne e insalate alla griglia avvolte nel pane) e khachapuri
(pane al formaggio di origine georgiana). Un’altra zona vibrante del cuore di Krasnoyarsk è la limitrofa piazza del teatro posto in direzione
dello Jenisej colma la sera di gente che affolla le birrerie e i locali di shashlyk. Passeggiando poi nel centro città meritano un’occhiata anche
la possente Statua di Lenin collocata all’ingresso del grande Parco Cittadino e le forme elaborate della settecentesca Cattedrale
dell’Intercessione. La vera attrattiva principale di Krasnoyarsk è collocata però oltre la riva meridionale dello Jenisej e prende il nome di
Riserva Naturale Stolby caratterizzata da colonne di pietra vulcanica dalle forme stravaganti che si trovano a decine nell’area. Per
raggiungere le concentrazioni massime di queste stranezze geologiche potrete dedicare un pomeriggio ad un’escursione vera e propria o fare
passeggiate in prossimità dell’arrivo a monte della seggiovia che risale i pendii collinari dalla città di Krasnoyarsk.
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Tre immagini iconiche di Krasnoyarsk: una veduta aerea della metropoli siberiana lambita dal possente corso del fiume Jenisej in chiave
estiva, la centrale Piazza del Teatro epicentro anche della vita notturna cittadina e le formazioni geologiche note come stolby che
caratterizzano le sue alture collinari circostanti.
REPUBBLICA DI TUVA – MONTI ERGAKI:
Rimasta indipendente fino alla seconda guerra mondiale la Repubblica di Tuva, una regione oggi posta sotto il controllo russo, è un mix
stravagante di cultura comunista e mongola. Gli abitanti della zona possiedono infatti molte più affinità con i vicini di oltre confine che col
resto dell’immensa nazione russa, sia per motivazioni prettamente geografiche (sono separati dalla Siberia dalla catena dei Monti Sayan) che
per retaggio culturale: le medesime usanze e costumi delle popolazioni nomadi mongoliche trovarono qui infatti terreno fertile per attecchire
tra panorami composti da steppa semidesertica a sud e montagne ammantate di laghi e foreste a nord. Ad oggi circa due terzi degli abitanti
della Repubblica di Tuva sono di etnia tuva e praticano ancora una religione che è una singolare mistura di buddhismo e animismo, parlano
una propria lingua di astrazione altaica composta da un particolare alfabeto cirillico addizionato di segni e fonemi locali. Persino gli sport
amati dai tuva hanno radici che si perdono nella storia: sono infatti patiti delle corse di cavalli su lunghe distanze e praticano la pittoresca
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khuresh, una sorta di lotta simile al sumo senza però l’ausilio di ring o di masse di adipe abnormi, in genere arbitrate da personaggi in
uniformi tradizionali. Particolarissimi sono poi i canti tipici dei tuva, in genere di gola con toni bassi e sibilanti, detti khoomei. Tonalità del
tutto singolari sono poi quelle del sygyt e del kargyraa, altre modalità di canto tradizionali. Tra gli strumenti classici di accompagnamento in
queste esibizioni si riscontrano l’arpa ebrea, l’igil a due corde e il doshpular (una sorta di banjo a tre corde). Una modalità eccezionale per
entrare in contatto con tutte queste peculiarità della cultura tuva è quella di assistere al festival Naadym che si svolge a metà agosto
generalmente avendo come epicentro delle manifestazioni il capoluogo Kyzyl. Kyzyl è collocato quasi esattamente al centro geografico
dell’Asia (esiste un obelisco in città noto come il Centro dell’Asia molto apprezzato dai locali) e con ogni probabilità rappresenta la città di
una certa dimensione più lontana al mondo da qualsiasi bacino marino ed oceanico. A compensare il paesaggio ci pensa però il fiume Jenisej
che qui riceve le acque dei due fiumi principali che ne costituiscono il corso alto. Sebbene Kyzyl possa apparire come un brutto centro
composto per lo più da anonimi palazzi di epoca comunista in realtà possiede alcuni interessanti siti piacevolmente posti a breve distanza
l’uno dall’altro nel centro città. Il Teatro Nazionale è un edificio in cemento bianco con decorazioni in legno gradevoli e costituisce il luogo
prediletto dove poter udire concerti di musica tradizionale tuvana, oppure il posto ideale per provarvi a cimentare in questi canti locali
aiutati da esperti del Centro Khoomei situato all’interno del teatro. Qualche isolato a est raggiungerete quindi il Museo Nazionale Aldan
Maadyr che espone francobolli rarissimi, banconote e fotografie dell’effimera repubblica indipendente di Tuva che vide la luce tra gli anni
’30 e il termine della seconda guerra mondiale, oltre a yurte tipiche dei pastori di renne della selvaggia zona orientale di Tuva nota come
Todzha, un’area ancora pressoché inaccessibile via terra nel XXI secolo. Emblematica sarà infine una seduta presso il Centro Sciamanico
Tos Deer composto da totem e yurte che si trovano proprio al centro di Kyzyl. Se vorrete provare quest’esperienza siate educati e rispettosi,
per i tuva questi personaggi sono davvero delle semi divinità. Tra le vie centrali di Kyzyl potrete infine assaporare la cucina tipica locale che
si impernia sul khoitpak (latte acido in fermentazione prodotto in apposite tinozze), dalla fermentazione del quale si ottiene il liquore araka
con cui i tuvani sono soliti esagerare sfociando in ubriacature moleste. Tra le pietanze invece si ricordano l’oreme (panna acida), il dalgan
(cereale tostato) e i formaggi che spaziano dal fibroso byshtag al durissimo kurut ma il piatto nazionale per antonomasia rimane l’han, una
specie di salsiccia composta da sangue di pecora.
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In prima immagine un tipico combattimento di khuresh, la tradizionale lotta libera caratteristica della Repubblica di Tuva in occasione dei
festeggiamenti annuali del Naadym, il principale festival locale. Al centro poi la squadrata fisionomia del Museo Nazionale Aldan Maadyr di
Kyzyl che vi permetterà di conoscere meglio storia e cultura locali ed infine un suonatore di doshpular, strumento classico della musica tuva.
Un’escursione di alcuni giorni che vi suggeriamo caldamente infine da Kyzyl è quella che vi porterà ad esplorare i Monti Ergaki, che
costituiscono probabilmente la sezione più spettacolari degli estesi Monti Sayan. La zona è fortunatamente accessibile senza troppi problemi
se vi doterete di un mezzo autonomo (o se riuscirete a prendere un autobus diretto ad Abakan, capoluogo della regione della Khakassia)
mettendo in conto uno spostamento di 175km (2 ore e mezza di guida) che vi condurrà alla località Turbaza Yermak dotata di parcheggio
custodito, deposito bagagli e noleggio attrezzatura da escursionismo e tende. Da qui inizia un sentiero abbastanza battuto che nel volgere di
un giorno di cammino (8km) vi porterà a raggiungere l’area dei Laghi Svetloe meravigliosamente incastonati tra formazioni rocciose arcigne
e slanciate e contornati da splendide foreste selvagge. Vi consigliamo di spendere al minimo altri due giorni nell’area seguendo ii sentieri
che vi condurranno agli altri splendidi laghi minori della zona o sulle sommità delle possenti montagne locali. In ultima giornata poi potrete
ridiscendere verso la vostra automobile e guidare a ritroso verso Kyzyl e da qui iniziare il vostro laborioso rientro verso l’Italia. L’aeroporto
di Kyzyl è infatti al collegato al resto della Russia ed è pressoché obbligatorio uno scalo aggiuntivo presso lo scalo aeroportuale di
Krasnoyarsk prima di riuscire a raggiungere la capitale Mosca e da qui la madrepatria. In compenso questo fatto rende de facto l’asse
Krasnoyarsk – Kyzyl – Ergaki uno spunto interessante per un tour a sé stante nella Siberia centrale.
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Tre immagini esemplificative dei meravigliosi scenari naturali incontaminati che incontrerete se deciderete di fare un trekking di più giorni
nei Monti Ergaki: si passa da una vista sul Lago Svetloe, principale bacino locale incastinato tra guglie rocciose, alle splendide fioriture
primaverili della zona per finire con un tipico accampamento autonomo che sarà la vostra base mobile per questa esperienza.
YAKUTSK – TORRIONI DELLA LENA:
Capoluogo della più grande suddivisione amministrativa della Russia, la Repubblica di Sakha, Yakutsk è una cittadina moderna di medie
dimensioni che però collocandosi nell’inospitale Jacuzia poggia letteralmente su palafitte conficcate nel permafrost, il suolo ghiacciato
perenne che caratterizza questo mondo parallelo scandito per molti mesi all’anno da ondate di gelo intensissime. Gli unici periodi in cui la
colonnina di mercurio oltrepassa gli 0° sono infatti compresi tra i mesi di maggio e settembre (le massime più elevate si vedono in genere in
luglio, fino a 25°, ma spesso in primavera tutti i territori circostanti si trasformano in un immenso pantano per il disgelo. Da novembre a
febbraio invece, complice la notte artica, le massime non superano quasi mai i -20° e le minime i -40°, con un record accertato in febbraio di
-64°. La via più ovvia per raggiungere Yakutsk è quella aerea essendo il suo aeroporto collegato sia alle metropoli russe europee (Mosca e
San Pietroburgo) che a tutte le principali località siberiane e dell’estremo est russo, possedendo peraltro collegamenti con le aree estreme
del nord siberiano che qui torvano il loro hub di riferimento. Yakutsk possiede un crogiolo etnico particolare: metà delle sue genti sono infatti
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jacuzi mentre buona parte del resto della popolazione è costituita da immigrati cinesi. I russi invece sono una misera minoranza in patria. La
città venne fondata nel 1632 come forte dai cosacchi ma divenne celebre nel periodo delle purghe staliniane essendo una delle destinazioni
preferite per esiliare i più facinorosi o pericolosi nemici del comunismo, per la sua collocazione tra paludi infestate da moschini, montagne,
gelo e la minima distanza di 1000km dalla più vicina cittadina degna di nota era infatti una perfetta prigione all’aperto. Una visita a Yakutsk
è poi caldamente consigliata in occasione del solstizio d’estate (21-22 giugno) quando si svolge la festa yakuta Ysyakh (epicentro è il vicino
villaggio di Zhetai) che prevede sfilate di centinaia di figuranti in costume, scorpacciate di pietanze tipiche e una notte insonne all’insegna
degli eccessi in compagnia della popolazione locale.
Per quanto concerne la visita la piazza principale di Yakutsk è Ploshchad Lenina nelle vicinanze della quale si trovano due musei degni di un
poco del vostro tempo: il Museo Regionale (a est) che vi permetterà di conoscere meglio la cultura della Jacuzia con sale dedicate agli
scenari naturali tipici del posto, alla storia del luogo dai primi coloni russi allo sfruttamento delle risorse minerarie locali fino all’epoca
della rivoluzione bolscevica e al ruolo di esilio forzato che ebbe in seguito alla seconda guerra mondiale. Il Museo dei Mammut invece (a
ovest di Ploshchad Lenina) traccia la storia di questo mastodontico animale siberiano che regnò incontrastato nell’area per millenni prima
della sua relativamente recente estinzione. I punti salienti di una visita a Yakutsk sono però siti lontano dal centro cittadino. Nelle immediate
vicinanze della città sarà d’obbligo una sosta all’Istituto del Permafrost che studia ed espone le proprie ricerche su questo suolo ghiacciato
che ricopre buona parte della Siberia e che va incontro a radi disgeli che comportano instabilità del terreno che spesso causa crolli di
abitazioni (oltre a mantenere ibernate testimonianze animali e vegetali di ere geologiche del passato). Situati invece a circa 220km a sud di
Yakutsk si trovano gli imponenti Torrioni della Lena, una distesa di roccia calcarea lunga 80km e formatasi 35 milioni di ani fa che ammanta
il gigantesco corso del fiume Lena, uno dei principali corsi d’acqua siberiani. Guglie frastagliate dalle forme improbabili disseminate in un
territorio apparentemente senza fine e maestoso sono ciò che vi attenderanno se prenderete parte a crociere di due o tre giorni sulla Lena in
partenza da Yakutsk che costituiscono la modalità migliore per esplorare l’area.
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Scene di vita quotidiana a Yakutsk, immersa per mesi nella morsa inesorabile del gelido inverno siberiano che in terra di Jacuzia regala
annualmente temperature che raggiungono senza troppe difficoltà i -50°. Quindi un teschio congelato di mammut estratto dal permafrost e
visibile presso il Museo dei Mammut cittadino e infine le spettacolari formazioni geologiche note con l’appellativo di Torrioni della Lena.