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MAGAZINE OGGI 4 17 AGOSTO 2014 PRIMO PIANO Josè Alberto Mujica Cordano, il presidente “contadino” dell’Uruguay, è un libertario con radici nel Pel Paese di Paola di Paola di Paola di Paola di Paola Milli Milli Milli Milli Milli Un tupamaro dall’Italia D AL NOVEMBRE di cinque anni fa alla presidenza dell’Uruguay, la cui prima Costituzione risale al 1830, è stato democraticamente eletto Josè Alberto Mujica Cordano, nato il 20 maggio 1935 a Paso de la Arena, sobborgo di Montevideo, uno dei pochissimi casi al mondo, forse l’unico, di capo di Stato il cui ruolo istituzionale è calato e diluito all’interno dell’uomo, fino a confondersi, tanto densa e prodigiosa è la storia che promana dalla sua inequivocabile biografia, dalla semplicità disarmante delle sue dichiarazioni, dal suo stile di vita, dalla sua visione del mondo che si traduce in precise scelte di politica interna e soprattutto internazionale. Mancava in Italia un libro che raccontasse la storia di Mujica, due giornalisti italiani, Nadia Angelucci e Gianni Tarquini, hanno colmato questo vuoto con la prima biografia italiana, edita da Nova Delphi, «Il Presidente Impossibile Pepe Mujica da guerrigliero a capo di Stato», un libro prezioso, attuale e storico nel contempo, orientato alla comprensione di quel che è stato il Novecento, il secolo delle rivoluzioni e della tragedia di due conflitti mondiali. Ha scritto Erri De Luca nella presentazione del libro: “Pepe Mujica è il compagno che ognuno avrebbe voluto a fianco e che molti hanno conosciuto sotto diversi nomi. La sua vicenda prima che politica è sentimentale, perché fondata sul primo sentimento che affiora alla coscienza: la giustizia”. Quando Mujica vide la luce, l’Uruguay era un paese proiettato verso una positività diffusa, resa manifesta da uno sviluppo in espansione, da un’ospitalità costante che richiamava immigrati, rifugiati, dissidenti politici, rivoluzionari. Suo padre, Demetrio Mujica, originario di Muxica, nei Paesi Baschi, morì quando Pepe era bambino, la famiglia di sua madre Lucila Isabel Cordano, detta Lucy, proveniva dalla Liguria, Favale di Malvaro, un piccolo paese dietro Rapallo, alle pendici del monte Pagliaro, e arrivò in Uruguay, a Carmelo, per sfuggire alla povertà, alle asprezze di una terra che non offriva nulla. Il primo ad arrivare fu il suo bisnonno, i Cordano erano contadini come i Giorello, familiari della nonna materna Paula. Visse una povertà dignitosa che ha fatto la sua storia, Pepe Mujica, orfano, con la sorella minore e la mamma a coltivare e confezionare fiori, senza mai smettere di studiare, il rapporto con la terra non poteva che uscirne rafforzato, la terra che riveste per lui un significato quasi religioso, laicamente inteso. Ognuno è la sua storia, è per questo motivo che è nato il libro, ha detto Nadia Angelucci, per raccontare per intero la storia di Mujica, evitando di far emergere soltanto quella parte sovente strumentalizzata e banalizzata dai media, che plaudono e ironizzano sulla semplicità dell’uomo, sulla sobrietà con la quale affronta vita e impegno politico, sulla spinta solidale a favore degli ultimi e il senso di giustizia che nutre il suo respiro, da quando ha memoria di sé. I due autori rintracciano le radici che hanno portato Mujica a essere presidente, le radici che hanno portato il “Frente Amplio” a essere vittorioso e le radici che, si spera, in questo ambito dell’America Latina progressista porteranno alle prossime elezioni, anche senza Mujica, questo paese ad andare avanti sul cammino delle riforme, sul tema dei diritti civili. Sulla concezione della sinistra contemporanea, Mujica si è pronunciato più volte, dichiarando che vi sono almeno tre sinistre, quella dei nostalgici che dicono esattamente le cose che dicevano cinquanta anni fa; quelli che sono sempre e comunque d’accordo con il mercato; c’è, poi, una terza sinistra che critica il mercato per migliorarlo e lui si colloca in questa tipologia. L’adozione del vocabolo “Tupamaros” risale al 1965, quando venne inserito nei documenti del movimento; Mujica, arrestato una prima volta nel ’71 e ricatturato l’anno successivo, dopo il colpo di Stato militare del ’73 venne trasferito in un carcere militare, in cui trascorse [email protected] negoziazione tra il governo Mujica e i movimenti, viene fuori tutto il suo pragmatismo, lui sostiene: “Esiste il consumo di droghe, il narcotraffico in questo paese crea molti problemi, abbiamo avuto ottanta morti in regolamenti tra bande criminali e tre morti per overdose, allora che cosa è forse più pericoloso? Forse è meglio sottrarre al controllo delle bande criminali la produzione, la distribuzione, la vendita della droga, piuttosto che lasciare tutto così e occuparsi soltanto di reprimere”. Gianni Tarquini, enunciando la complessità del libro, che affronta così tanti argomenti rifuggendo dalla banalità, facendo parlare tanta gente, tante voci, sposta l’attenzione di nuovo su Mujica contadino, che ha dimestichezza con fiori e verdure, ortaggi, che ancora guida il trattore; la sua, dice, è una storia di migranti, un ramo della famiglia è italiano, gente costretta a emigrare, ad andare in una parte del mondo che nemmeno immaginava, arrivando non a Montevideo, ma in un paesino sulle sponde di quello che sembra un mare, in realtà è un fiume, quello che alcuni emigrati italiani, che Tarquini ha conosciuto, chiamano un mare sporco, dicendo di ricordare il mare italiano bellissimo e di ritrovarsi in un mare sporco che, però, ha dato loro accoglienza. La sobrietà di Mujica, la bicicletta messa da parte, a Tarquini ricordano suo padre, suo zio, suo nonno contadini. Dice il presidente “impossibile”: “Io consumo il necessario, ma non accetto lo spreco perché quando compro qualcosa non lo faccio con i soldi, ma con il tempo della mia vita che spendo per guadagnarli, e il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci 7 7 7 7 7 dodici anni in totale isolamento, chiuso sotto terra, privato di acqua, cibo, cure mediche, torturato. Il 14 marzo 1985 Mujica e altri Tupamaros suoi compagni di lotta escono dal carcere, indicono una conferenza stampa, egli prova a spiegare che cosa vuol dire essere Tupamaros, che cosa sono la rivoluzione, il lavoro, perché non bisogna odiare, che cosa è la giustizia secondo lui. Dopo avere illustrato il programma conclude dicendo: “Questo è l’impegno che noi prendiamo, il futuro lo dirà, dirà se su questa cosa è valsa o no la pena e noi siamo già al futuro rispetto a questo, il futuro, in qualche modo, l’ha detto”. Il Frente Ampio, coalizione di centro sinistra che racchiude un fronte politico esteso dalla democrazia cristiana fino alla sinistra più radicale, da una decina d’anni sta governando in Uruguay, nel suo secondo mandato, ha scelto l’ex guerrigliero Mujica come presidente della Repubblica, eletto nel novembre 2009. Il presidente passa per essere, ricordava Nadia Angelucci, un uomo politico assai radicale, estremista, in realtà è un grandissimo mediatore che promuove la negoziazione, le ultime leggi sulla liberalizzazione della cannabis, sull’interruzione volontaria di gravidanza, sul matrimonio egualitario, per tutte le coppie, non solo etero, ne sono la prova. Queste leggi non erano nell’agenda politica di Mujica e neanche della sua formazione politica di appartenenza, l’MPP (“Movimiento de Partecipación Popular”), nascono da altre istanze, eppure sotto il governo di Mujica sono state portate a termine rapidamente, in quanto istanze provenienti dalla società civile e dai movimenti uruguaiany, tentando di dare un senso ad una cosa che esisteva. In questa piacciono e ci motivano, questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà”. Uno dei motivi per cui Mujica diventa politico e forse anche tupamaro, è la struttura della terra del suo paese, spazi amplissimi, popolazione scarsa, per questo accoglievano tanti migranti all’inizio dell’altro secolo, nel periodo in cui l’Uruguay era un paese laico, progressista, venivano accolti anche anarchici in fuga dall’Europa, dissidenti, rivoluzionari. All’Uruguay ancora nel presente, nella suddivisione internazionale, tocca la sorte di un paese che deve occuparsi di dare delle risorse agli altri, risorse provenienti dalla terra e questo diventa uno dei problemi in quello che vuole essere un nuovo modello di sviluppo. Mujica e i Tupamaros fanno dello scontro politico non uno scontro di classe, ma una conflittualità tra nazione e impero, hanno timore ad usare di nuovo la parola “imperialismo” perché hanno vissuto sulla loro pelle lo sfruttamento delle risorse di una nazione da parte di altre nazioni. Il loro primo passo politico importante è il riscatto della sovranità nazionale, senza la quale non è possibile introdurre cambiamenti significativi nel proprio paese. Nelle foto, Josè Alberto Mujica Cordano (in basso con la moglie Lucy Topolansky durante una manifestazione a Montevideo) e, in alto, uno scorcio di Favale di Malvaro, dietro Rapallo, il paese natale di Lucia Cordano, madre del “presidente contadino” dell’Uruguay “Consumo il necessario, ma non accetto lo spreco perché quando compro qualcosa non lo faccio con i soldi, ma con il tempo della mia vita che spendo per guadagnarli, e il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari” Promuove la negoziazione, è per l’interruzione volontaria della gravidanza, per il matrimonio egualitario fra tutte le coppie e per la liberalizzazione della cannabis: “E’ meglio sottrarre al controllo delle bande criminali la produzione, la distribuzione e la vendita della droga, piuttosto che lasciare tutto così e occuparsi solo di reprimere”

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Page 1: PRIMO PIANO Josè Alberto Mujica Cordano, il presidente ... · Pepe Mujica da guerrigliero a capo di Stato», un libro prezioso, attuale e storico nel contempo, orientato alla comprensione

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PRIMO PIANOJosè Alberto Mujica Cordano, il presidente “contadino”dell’Uruguay, è un libertario con radici nel Pel Paese

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Un tupamaro dall’Italia

D AL NOVEMBRE di cinque anni faalla presidenza dell’Uruguay, la cuiprima Costituzione risale al 1830, èstato democraticamente eletto Josè

Alberto Mujica Cordano, nato il 20 maggio 1935a Paso de la Arena, sobborgo di Montevideo,uno dei pochissimi casi al mondo, forse l’unico,di capo di Stato il cui ruolo istituzionale è calatoe diluito all’interno dell’uomo, fino aconfondersi, tanto densa e prodigiosa è la storiache promana dalla sua inequivocabile biografia,dalla semplicità disarmante delle suedichiarazioni, dal suo stile di vita, dalla suavisione del mondo che si traduce in precise sceltedi politica interna e soprattutto internazionale.

Mancava in Italia un libro che raccontassela storia di Mujica, due giornalisti italiani, NadiaAngelucci e Gianni Tarquini, hanno colmatoquesto vuoto con la prima biografia italiana,edita da Nova Delphi, «Il Presidente ImpossibilePepe Mujica da guerrigliero a capo di Stato»,un libro prezioso, attuale e storico nel contempo,orientato alla comprensione di quel che è statoil Novecento, il secolo delle rivoluzioni e dellatragedia di due conflitti mondiali.

Ha scritto Erri De Luca nella presentazionedel libro: “Pepe Mujica è il compagno cheognuno avrebbe voluto a fianco e che moltihanno conosciuto sotto diversi nomi. La suavicenda prima che politica è sentimentale, perchéfondata sul primo sentimento che affiora allacoscienza: la giustizia”.

Quando Mujica vide la luce, l’Uruguay eraun paese proiettato verso una positività diffusa,resa manifesta da uno sviluppo in espansione,da un’ospitalità costante che richiamavaimmigrati, rifugiati, dissidenti politici,rivoluzionari. Suo padre, Demetrio Mujica,originario di Muxica, nei Paesi Baschi, morìquando Pepe era bambino, la famiglia di suamadre Lucila Isabel Cordano, detta Lucy,proveniva dalla Liguria, Favale di Malvaro, unpiccolo paese dietro Rapallo, alle pendici delmonte Pagliaro, e arrivò in Uruguay, a Carmelo,per sfuggire alla povertà, alle asprezze di unaterra che non offriva nulla. Il primo ad arrivarefu il suo bisnonno, i Cordano erano contadinicome i Giorello, familiari della nonna maternaPaula. Visse una povertà dignitosa che ha fattola sua storia, Pepe Mujica, orfano, con la sorellaminore e la mamma a coltivare e confezionarefiori, senza mai smettere di studiare, il rapportocon la terra non poteva che uscirne rafforzato,la terra che riveste per lui un significato quasireligioso, laicamente inteso.

Ognuno è la sua storia, è per questo motivoche è nato il libro, ha detto Nadia Angelucci, perraccontare per intero la storia di Mujica, evitandodi far emergere soltanto quella parte soventestrumentalizzata e banalizzata dai media, cheplaudono e ironizzano sulla semplicitàdell’uomo, sulla sobrietà con la quale affrontavita e impegno politico, sulla spinta solidale afavore degli ultimi e il senso di giustizia chenutre il suo respiro, da quando ha memoria disé.

I due autori rintracciano le radici che hannoportato Mujica a essere presidente, le radici chehanno portato il “Frente Amplio” a esserevittorioso e le radici che, si spera, in questoambito dell’America Latina progressistaporteranno alle prossime elezioni, anche senzaMujica, questo paese ad andare avanti sulcammino delle riforme, sul tema dei diritti civili.Sulla concezione della sinistra contemporanea,Mujica si è pronunciato più volte, dichiarandoche vi sono almeno tre sinistre, quella deinostalgici che dicono esattamente le cose chedicevano cinquanta anni fa; quelli che sonosempre e comunque d’accordo con il mercato;c’è, poi, una terza sinistra che critica il mercatoper migliorarlo e lui si colloca in questa tipologia.

L’adozione del vocabolo “Tupamaros” risaleal 1965, quando venne inserito nei documentidel movimento; Mujica, arrestato una primavolta nel ’71 e ricatturato l’anno successivo,dopo il colpo di Stato militare del ’73 vennetrasferito in un carcere militare, in cui trascorse

[email protected]

negoziazione tra il governo Mujica e imovimenti, viene fuori tutto il suo pragmatismo,lui sostiene: “Esiste il consumo di droghe, ilnarcotraffico in questo paese crea moltiproblemi, abbiamo avuto ottanta morti inregolamenti tra bande criminali e tre morti peroverdose, allora che cosa è forse piùpericoloso? Forse è meglio sottrarre al controllodelle bande criminali la produzione, ladistribuzione, la vendita della droga, piuttostoche lasciare tutto così e occuparsi soltanto direprimere”.

Gianni Tarquini, enunciando la complessitàdel libro, che affronta così tanti argomentirifuggendo dalla banalità, facendo parlare tantagente, tante voci, sposta l’attenzione di nuovosu Mujica contadino, che ha dimestichezza confiori e verdure, ortaggi, che ancora guida iltrattore; la sua, dice, è una storia di migranti, unramo della famiglia è italiano, gente costretta aemigrare, ad andare in una parte del mondo chenemmeno immaginava, arrivando non aMontevideo, ma in un paesino sulle sponde diquello che sembra un mare, in realtà è un fiume,quello che alcuni emigrati italiani, che Tarquiniha conosciuto, chiamano un mare sporco,dicendo di ricordare il mare italiano bellissimo edi ritrovarsi in un mare sporco che, però, hadato loro accoglienza. La sobrietà di Mujica, labicicletta messa da parte, a Tarquini ricordanosuo padre, suo zio, suo nonno contadini.

Dice il presidente “impossibile”: “Ioconsumo il necessario, ma non accetto lo sprecoperché quando compro qualcosa non lo facciocon i soldi, ma con il tempo della mia vita chespendo per guadagnarli, e il tempo della vita èun bene nei confronti del quale bisogna essereavari. Bisogna conservarlo per le cose che ci

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dodici anni in totale isolamento, chiuso sottoterra, privato di acqua, cibo, cure mediche,torturato. Il 14 marzo 1985 Mujica e altriTupamaros suoi compagni di lotta escono dalcarcere, indicono una conferenza stampa, egliprova a spiegare che cosa vuol dire essereTupamaros, che cosa sono la rivoluzione, illavoro, perché non bisogna odiare, che cosa èla giustizia secondo lui. Dopo avere illustrato ilprogramma conclude dicendo: “Questo èl’impegno che noi prendiamo, il futuro lo dirà,dirà se su questa cosa è valsa o no la pena e noisiamo già al futuro rispetto a questo, il futuro, inqualche modo, l’ha detto”.

Il Frente Ampio, coalizione di centro sinistrache racchiude un fronte politico esteso dallademocrazia cristiana fino alla sinistra più radicale,da una decina d’anni sta governando inUruguay, nel suo secondo mandato, ha sceltol’ex guerrigliero Mujica come presidente dellaRepubblica, eletto nel novembre 2009. Ilpresidente passa per essere, ricordava NadiaAngelucci, un uomo politico assai radicale,estremista, in realtà è un grandissimo mediatoreche promuove la negoziazione, le ultime leggisulla liberalizzazione della cannabis,sull’interruzione volontaria di gravidanza, sulmatrimonio egualitario, per tutte le coppie, nonsolo etero, ne sono la prova.

Queste leggi non erano nell’agenda politicadi Mujica e neanche della sua formazionepolitica di appartenenza, l’MPP (“Movimientode Partecipación Popular”), nascono da altreistanze, eppure sotto il governo di Mujica sonostate portate a termine rapidamente, in quantoistanze provenienti dalla società civile e daimovimenti uruguaiany, tentando di dare unsenso ad una cosa che esisteva. In questa

piacciono e ci motivano, questo tempo per sestessi io lo chiamo libertà”.

Uno dei motivi per cui Mujica diventapolitico e forse anche tupamaro, è la strutturadella terra del suo paese, spazi amplissimi,popolazione scarsa, per questo accoglievanotanti migranti all’inizio dell’altro secolo, nelperiodo in cui l’Uruguay era un paese laico,progressista, venivano accolti anche anarchiciin fuga dall’Europa, dissidenti, rivoluzionari.All’Uruguay ancora nel presente, nellasuddivisione internazionale, tocca la sorte diun paese che deve occuparsi di dare delle risorseagli altri, risorse provenienti dalla terra e questodiventa uno dei problemi in quello che vuoleessere un nuovo modello di sviluppo.

Mujica e i Tupamaros fanno dello scontropolitico non uno scontro di classe, ma unaconflittualità tra nazione e impero, hanno timoread usare di nuovo la parola “imperialismo”perché hanno vissuto sulla loro pelle losfruttamento delle risorse di una nazione da partedi altre nazioni. Il loro primo passo politicoimportante è il riscatto della sovranità nazionale,senza la quale non è possibile introdurrecambiamenti significativi nel proprio paese.

Nelle foto, Josè Alberto Mujica Cordano(in basso con la moglie Lucy Topolansky

durante una manifestazione a Montevideo)e, in alto, uno scorcio di Favale di Malvaro,

dietro Rapallo, il paese nataledi Lucia Cordano, madre del

“presidente contadino” dell’Uruguay

“Consumoil necessario, ma non

accetto lo sprecoperché quando

compro qualcosanon lo faccio

con i soldi, macon il tempo

della mia vitache spendo

per guadagnarli,e il tempo della vita

è un benenei confronti del quale bisogna

essere avari”

Promuove la negoziazione,è per l’interruzione volontaria

della gravidanza,per il matrimonio egualitario

fra tutte le coppiee per la liberalizzazione

della cannabis: “E’ megliosottrarre al controllo delle bande

criminali la produzione,la distribuzione e la vendita

della droga, piuttostoche lasciare tutto così

e occuparsi solo di reprimere”