politiche sociali locali per gli immigrati

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POLITICHE SOCIALI LOCALI PER GLI IMMIGRATI Franco Pesaresi Direttore Asp “Ambito 9” Jesi UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE San Benedetto Del Tronto, 29 marzo 2017

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Page 1: Politiche sociali locali per gli immigrati

POLITICHE SOCIALI LOCALI

PER GLI IMMIGRATI

Franco Pesaresi Direttore Asp “Ambito 9” Jesi

UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE

San Benedetto Del Tronto, 29 marzo 2017

Page 2: Politiche sociali locali per gli immigrati

TIPOLOGIE DI POLITICHE

1. Politiche di immigrazione: stabiliscono le condizioni di ingresso e

soggiorno negli Stati e, all’opposto, le procedure di espulsione e di allontanamento;

2. Politiche per gli immigrati: rivolte a coloro che sono stati ammessi

a risiedere sul territorio e riguardanti l’accesso ai servizi e ai diritti civili, politici e sociali;

3. Politiche per i migranti: rivolte agli stranieri il cui status giuridico è

problematico perché entrati nel paese senza autorizzazione.

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I compiti istituzionali

Distribuzione dei compiti istituzionali

Stato

• Diritti di cittadinanza e livelli essenziali delle prestazioni;

• Diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini extracomunitari

• Norme generali sulla tutela della salute • Comitato per i minori stranieri (presso la

Presidenza del Consiglio dei Ministri)

Regioni

• Politiche dei servizi sanitari • Leggi regionali sull’immigrazione

Livelli territoriali locali

(Comuni, ecc.)

• Servizi sociali e servizi socio-educativi • Percorsi di inserimento e integrazione • Progetti per la comunicazione interculturale • Tutela dei minori non accompagnati • Accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo

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l1. POLITICHE PER GLI IMMIGRATI

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l1.1. MODELLI DI INTEGRAZIONE

lE SERVIZI

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Quale politica di accoglienza e convivenza?

Abbiamo tre diversi modelli di accoglienza e

convivenza (di integrazione) con gli immigrati:

1. Politiche di assimilazione;

2. Politiche di fusione;

3. Politiche multiculturali.

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Assimilazione/1

Il modello prevede l'assimilazione degli immigrati alla cultura del Paese ospitante. Gli immigrati devono rinunciare alle proprie tradizioni, alle proprie leggi e alle usanze della propria comunità di origine.

Eticamente, è coerente con la regola aurea che impone di trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi.

I più accaniti difensori della segregazione culturale equiparano l’assimilazione a un “genocidio culturale”.

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Assimilazione/2

I livelli di fiducia rimangono alti, perché i migranti assorbono i comportamenti dei locali. Adottando lo stesso comportamento culturale, i cittadini autoctoni e gli immigrati riconoscono nell’altro un loro simile.

La Francia rappresenta l'esperienza paradigmatica del modello assimilazionista. I migranti sono tenuti a conformarsi completamente alla cultura e alla società francese.

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Fusione Il modello di fusione si basa sulla metafora della società come una pentola in

cui si mescolano le varie comunità presenti (melting pot). Il risultato è

quello di dar vita ad una società omogenea, frutto della fusione di tutte le

culture che in essa coesistono.

Diversamente dall’assimilazione, garantisce immediatamente uguale dignità al

migrante e al cittadino autoctono. Data la supremazia numerica degli

autoctoni, si può presumere che la nuova cultura germogliata dalla fusione

sia prevalentemente influenzata da quella autoctona per cui i migranti

dovrebbero essere disposti a dare prova di maggiore capacità di

adattamento rispetto alla popolazione locale.

In termini pratici, la fusione produce effetti simili a quelli dell’assimilazione.

L’unica differenza è il potenziale rischio che il modello sociale si mescoli a

tal punto da diluirne dannosamente la funzionalità.

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Multiculturalismo/1

L'idea sulla quale si fonda è quella di valorizzare le diverse culture riconoscendone la dignità e il valore.

Nella comunità nazionale d'accoglienza grande importanza viene riconosciuta alle singole comunità etniche, che divengono interlocutori pubblici di primaria importanza.

Questo modello che tende alla separatezza ha incontrato sovente le preferenze espresse da importanti comunità di immigrati. Un esempio oggettivo di separatezza è quello del modello insediativo degli immigrati. In assenza di politiche che lo impediscano (Canada), gli immigrati tendono a concentrarsi in aree specifiche. Infatti, gli immigrati arrivati prima di loro costituiscono naturalmente una valida fonte di informazioni e di assistenza.

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Multiculturalismo/2

Portato all’eccesso, questo modello può portare all’isolamento culturale dei migranti che vivono chiusi all’interno della loro comunità, con una lingua a parte, in cui il matrimonio con membri esterni al gruppo non è ben visto. Non c’è scambio con la società.

Le politiche multiculturali possono produrre una scarsa padronanza della lingua nazionale da parte dei migranti e una maggiore segregazione spaziale.

la società multiculturale però è più varia e stimolante di quella monoculturale.

Il rischio principale è quello di ridurre la società a una somma di comunità incapaci di entrare in contatto tra loro e confrontarsi.

La Gran Bretagna ha adottato il modello del multiculturalismo.

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Le differenze in un esempio: il velo

Il contrasto tra l’approccio francese e quello britannico rispetto alle usanze

culturali degli immigrati è simboleggiato dall’atteggiamento nei confronti

della possibilità di indossare il velo. In Francia si è ritenuto che indossare il

velo fosse incompatibile con il principio di fratellanza e pertanto è stato

vietato. Il divieto è stato appoggiato tanto dai comunisti quanto dalla

componente principale della destra.

In Gran Bretagna tutti i partiti hanno stabilito che il governo non dovesse

interferire nella questione.

Una delle conseguenze di queste diverse scelte politiche è che in Gran

Bretagna sempre più donne indossano il velo mentre in Francia il velo non

esiste.

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Quale modello per l’Italia?

l’Italia non ha adottato uno specifico modello di integrazione culturale.

O meglio , nel corso del tempo si è imposto una sorta di “ non modello”, il cui contenuto, pasticciato, è decifrabile dall’insieme dei singoli provvedimenti riguardanti questo o quel settore della politica dell’immigrazione.

In Italia, l’assenza di un modello di politica migratoria, ha lasciato spazio a un alternarsi di politiche incerte, con una forte delega della gestione agli enti locali e alle istituzioni religiose e laiche della società civile.

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Serve il modello di integrazione per le politiche locali?/1

Si, serve. In assenza di un modello nazionale

(auspicato) è bene definirlo almeno a livello

locale (politica).

La scelta di un modello piuttosto che un

altro definisce le politiche nazionali e

locali. Le politiche cambiamo con i diversi

modelli.

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Serve il modello di integrazione per le politiche locali?/esempi

Qualche esempio per capire meglio:

Se si sceglie il modello del multiculturalismo il comune fornirà le sedi

alle associazioni etniche degli immigrati (associazione nigeriani,

peruviani, ecc.).

Se si sceglie il modello della fusione il comune fornirà la sede alla

associazione «Cittadini del mondo» (di italiani e stranieri).

Modello multiculturalismo: il comune finanzia corsi di arabo per gli

immigrati di seconda generazione.

Modello dell’assimilazione: il comune finanzia corsi di italiano.

Oppure finanzia club di cucina per imparare l’italiano alle donne

cucinando insieme. Oppure condiziona l’erogazione di prestazioni

assistenziali alla frequenza di corsi di italiano per le donne.

Nella realtà spesso assistiamo a pasticci incoerenti.

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Gli immigrati sono integrati?

Solo una minoranza di stranieri è veramente integrata e partecipa alla vita sociale, culturale ed economica della società italiana. Per il resto l’integrazione è molto parziale.

Gli immigrati tendono a concentrarsi in certe zone della città, tendono a frequentare persone della medesima nazionalità, tendono a vedere la TV del loro paese. Tendono ad isolarsi culturalmente. La responsabilità è evidentemente anche degli italiani.

Ma la nostra comunità ha invece bisogno di integrazione, di coesione sociale, di condivisione di valori per promuovere l’inclusione ed il benessere.

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Accelerare il processo di integrazione

Oggi, abbiamo bisogno di accelerare il

processo di integrazione.

Pertanto una politica migratoria adatta allo

scopo dovrà adottare una serie di strategie

finalizzate a promuovere l’integrazione

degli immigrati. Il testo unico sull’immigrazione definisce l’integrazione: «quel

processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani

e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione

italiana, con il reciproco impegno a partecipare alla vita economica,

sociale e culturale della società».

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L’integrazione è multidimensionale

L’integrazione è un fenomeno multidimensionale che

può essere favorito od ostacolato da molti fattori:

• Il lavoro

• La casa

• La scuola per i figli

• L’accesso ad ambiti fondamentali del welfare

• La fruizione dei servizi su un piano di parità

• La ricongiunzione della famiglia

• La cittadinanza italiana

• Fattori soggettivi, individuali (relazioni, contesto ….)

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l1.2. SERVIZI PER TUTTI O

lSERVIZI PER GLI IMMIGRATI?

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Servizi locali per tutti o servizi riservati agli immigrati?

Le politiche di integrazione non possono tollerare la separatezza dei servizi.

L’organizzazione dei servizi e l’accesso agli stessi deve essere unitaria e la stessa per italiani e stranieri. Questa è l’inegrazione.

Cosa significa per l’organizzazione? Organizzazione

unitaria che prevede servizi per tutti ma che in qualche caso tiene conto anche delle particolarità degli immigrati (es. di organizzazione, es. badanti)

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l1.2.1. BADANTI

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Esempio: le politiche locali x badanti

Politiche per tutti ma tenendo conto delle caratteristiche degli stranieri che sono prevalenti:

• SPORTELLI: devono dare informazione e orientamento ma anche abbinamenti domanda/offerta. E accompagnamento continuativo del processo assistenziale. L’informazione sui pacchetti integrati di servizi deve circolare altrimenti l’organizzazione è inutile.

• FORMAZIONE. Percorsi brevi organizzati per moduli. Tutoraggio on the job attraverso gli operatori domiciliari, collegamento con gli albi. La formazione non ha rilevanza se non viene opportunamente valorizzata in un albo e nel successivo matching. Se non esiste un mercato che valorizza la formazione questa è inutile.

• Registri ed ALBI delle assistenti familiari. Strumento di lavoro dei servizi e di qualificazione. Collegamento con i centri per l’impiego.

• CONTRIBUTO ECONOMICO alle famiglie: collegarlo ad altri servizi.

Su tutti questi aspetti si gioca la possibilità di qualificare il lavoro di cura.

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Qualche eccezione ai servizi per tutti?

Si. Ci possono essere delle eccezioni

all’impostazione che prevede servizi per

tutti, italiani e stranieri.

E’possibile prevedere servizi solo per gli

immigrati ma solo se legati proprio alla

promozione di specifiche politiche di

integrazione. Esempio: mediatori culturali,

centri per l’integrazione, corsi di italiano, ..

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l1.2.2 LA MEDIAZIONE

lINTERCULTURALE

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esempio: LA MEDIAZIONE INTERCULTURALE

Figura professionale del mediatore interculturale

La Regione Marche, con D.G.R. n. 242/2010, definisce la figura professionale del mediatore culturale come “operatore sociale che funge da tramite tra la popolazione immigrata e i servizi pubblici di primo contatto per facilitare la comunicazione tra individuo, famiglia e comunità nell’ambito delle azioni volte a promuovere l’integrazione sociale dei cittadini immigrati.

Svolge attività di mediazione e di informazione tra i cittadini immigrati e la società di accoglienza favorendo la rimozione delle barriere culturali e linguistiche, la valorizzazione della cultura di appartenenza, promuovendo la cultura dell’accoglienza, l’integrazione socio-economica e la fruizione dei diritti e l’osservanza dei doveri di cittadinanza”.

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l2. POLITICHE LOCALI PER I MIGRANTI

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SERVIZI LOCALI PER GLI STRANIERI IRREGOLARI

1. SPRAR

2. MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

3. ACCOGLIENZA (EMERGENZA)

ORGANIZZATA DALLE PREFETTURE

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE

e-mail: [email protected]

Blog: francopesaresi.blogspot.com/