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PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 1
Allegato 2 alla Deliberazione del Consiglio provinciale del ………….. N. ……….
PROVINCIA DI BRESCIA
Settore Caccia e Pesca
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Coordinamento
Mariapia Viglione
Supporto tecnico
Gaetano Gentili, Andrea Romanò, Silvia Porrini e Alessandra Ballerio
Ottobre 2011
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 2
INDICE
1 PREMESSA ............................................................................................................................. 3
2 INQUADRAMENTO NORMATIVO .......................................................................................... 5
3 OBIETTIVI DI PIANO ............................................................................................................... 8
4 CLASSIFICAZIONE E CATEGORIZZAZIONE DELLE ACQUE PROVINCIALI .................... 13
5 DIRITTI ESCLUSIVI DI PESCA E USI CIVICI ....................................................................... 18
6 CONCESSIONI IN ATTO DI PISCICOLTURA E ACQUACOLTURA E GESTIONI PARTICOLARI DELLA PESCA ............................................................................................. 21
7 ZONE DI PROTEZIONE, RIPOPOLAMENTO E TUTELA ITTICA ......................................... 23
8 TRATTI DI ACQUE NEI QUALI SI POSSONO SVOLGERE GARE E MANIFESTAZIONI DI PESCA .................................................................................................................................. 28
9 TRATTI LACUALI DOVE PUÒ ESSERE CONSENTITA LA PESCA SUBACQUEA ............ 30
10 TRATTI DI ACQUE OVE SI SVOLGE IN VIA ESCLUSIVA LA PESCA A MOSCA .............. 32
11 TRATTI A REGOLAMENTAZIONE PARTICOLARE ............................................................. 33
12 RIPOPOLAMENTI DI FAUNA ITTICA ................................................................................... 37
13 INDIRIZZI DI GESTIONE PER LE SPECIE DI INTERESSE CONSERVAZIONISTICO E PER QUELLE AUTOCTONE IN CALO ......................................................................................... 46
14 REGOLAMENTAZIONE E CONTROLLO DELLA PESCA .................................................... 48
15 OPERE IDRAULICHE TRASVERSALI CAUSA DI SQUILIBRIO ECOLOGICO.................... 58
16 ALTERAZIONI AMBIENTALI, CRITICITÀ ED INTERVENTI DI MITIGAZIONE .................... 63
17 OBBLIGHI ITTIOGENICI ....................................................................................................... 77
18 PROVVEDIMENTI AUTORIZZATIVI: PRINCIPI ED INDIRIZZI ............................................. 79
19 ORGANIZZAZIONE DELLA VIGILANZA A TEMPO PIENO PER LA PESCA ...................... 81
20 PREVISIONE DEI MEZZI FINANZIARI PER LA GESTIONE DEL PIANO ............................ 83
21 TRATTI DI ACQUE DOVE INIBIRE O LIMITARE LA NAVIGAZIONE A MOTORE .............. 84
22 ANDAMENTO DEI PESCATORI IN PROVINCIA DI BRESCIA ............................................. 86
23 SITI DELLA RETE NATURA 2000 E INCIDENZA DEL PIANO ............................................. 88
24 OBIETTIVI, MODALITÀ E TEMPI DI MONITORAGGIO E VERIFICA DEI RISULTATI OTTENUTI ............................................................................................................................. 91
25 INTERVENTI PRIORITARI .................................................................................................... 92
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 3
1 PREMESSA
Il territorio della Provincia di Brescia comprende un reticolo idrografico, composto da laghi
alpini, torrenti, fiumi e grandi laghi che non ha eguali per vastità e caratteristiche in
Lombardia e non solo. La maggior parte di queste acque ospitano popolamenti ittici
abbondanti e diversificati, di notevole interesse naturalistico ma anche per le attività di
pesca. Parlare di pesca oggi significa, da un lato riferirsi ai moltissimi appassionati della
pesca dilettantistica nelle sue diverse forme, che nella provincia di Brescia riguarda più di
34.000 persone, ma anche alla pesca professionale, che nella nostra provincia impegna
ancoro oggi circa 80 persone, fra il lago di Garda, il lago d’Iseo ed il lago d’Idro.
La pesca è rivolta alle popolazioni ittiche naturali dei nostri ambienti acquatici che
comprendono anche specie di notevole interesse faunistico, la cui gestione oculata diviene
quindi di particolare importanza; i principi ispiratori di queste linee gestionali sono
contenute nel presente Piano Ittico.
Il Piano Ittico Provinciale rappresenta lo strumento di pianificazione delle attività con le
quali una Provincia gestisce le comunità ittiche, anche in termini di modalità di prelievo
attraverso la pesca, sia dilettantistica che professionale. La fonte che fornisce al Piano gli
elementi conoscitivi necessari alla sua realizzazione, è costituita dalla Carta Ittica; si tratta
di uno studio, in continuo aggiornamento, sulle acque, sui pesci e sulla pesca che ha
messo in luce lo stato di fatto su tali temi e che ha definito le principali criticità su cui
intervenire.
I principali contenuti del presente Piano sono indicati quindi in parte dalla normativa
regionale vigente e in parte delle citate necessità gestionali che da questo documento di
indirizzo devono trarre i principi ispiratori. Il Piano sarà pertanto articolato secondo le
principali, seguenti tematiche:
inquadramento normativo;
obiettivi e indicazioni gestionali per i principali ambienti acquatici provinciali;
classificazione delle acque sulla base dei dati tecnico-scientifici emersi dalle attività
svolte nell’ambito della redazione e aggiornamento della Carta Ittica Provinciale;
categorizzazione delle acque secondo quanto previsto dal Documento Tecnico
Regionale;
ricognizione dei diritti esclusivi e delle concessioni;
definizione delle zone di salvaguardia;
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modalità di redazione dei piani di ripopolamento annuali con indicazioni riguardanti
specie, quantità, reperimento, ecc;
tratti a regolamentazione particolare;
criteri per la definizione dei regolamenti di pesca nei principali ambiti provinciali;
alterazioni ambientali e modalità di mitigazione;
indirizzi per la definizione dei futuri obiettivi gestionali.
Quanto riportato tiene altresì conto del dispositivo del decreto regionale di valutazione
di incidenza positiva del piano ittico provinciale, approvato dalla Direzione Generale
Sistemi Verdi e Paesaggio con atto 18.1.2011 n. 268.
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2 INQUADRAMENTO NORMATIVO
Il primo livello normativo specifico che disciplina le attività di gestione della fauna ittica e
della pesca è rappresentato dalla Legge Regionale n. 31 del 5 dicembre 2008 “Testo
unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale”
– Titolo IX “Disposizioni sull’incremento e la tutela del patrimonio ittico e
sull’esercizio della pesca nelle acque della Regione”; una legge di principi dettagliata e
definita dagli aspetti regolamentari presenti nel Regolamento Regionale n. 9 del 22
maggio 2003, recentemente modificato dal Regolamento Regionale 8 febbraio 2010 n. 4.
Nel 2005 la Regione Lombardia ha approvato il Documento Tecnico Regionale per la
gestione ittica e da ultimo, ma non meno importante, è da ricordare il complesso delle
norme riguardanti le aree protette le quali in Provincia di Brescia occupano porzioni
rilevanti di territorio.
Nel complesso, l’ente Provincia ha assunto dalla L.R. 31/2008 compiti e poteri molto più
ampi rispetto al periodo precedente; ciò attribuisce ancora più rilevanza alla pianificazione
provinciale che, di fatto, su molte tematiche sostituisce quella regionale.
La Regione Lombardia, attraverso l’emanazione della L.R. 31/2008, si pone l’obiettivo di
tutelare la fauna ittica, al fine di preservare la qualità dell’ambiente. La norma prevede,
pertanto, che Regione e Province assolvano specifiche funzioni in materia di gestione
dell’attività alieutica: la Regione ha, infatti, il compito di legiferare e fornire le linee guida a
cui ciascuna Provincia deve attenersi per gestire direttamente la pesca sul proprio
territorio. In particolare, le competenze regionali riguardano i rapporti con l’Unione
Europea, lo Stato, la formulazione di indirizzi programmatici in campo ittico, il
coordinamento delle funzioni conferite (art. 132, comma 1), mentre alle Province spetta
esercitare le funzioni amministrative e gestionali riguardanti aspetti quali i diritti esclusivi di
pesca, le concessioni a scopo di piscicoltura o acquicoltura, le zone di salvaguardia ittica,
il contenimento di specie ittiofaghe, i piani di ripopolamento ecc..
Mentre la legge quadro regionale 31/2008 si limita a fornire le direttive generali in ambito
di pesca e gestione della fauna ittica, le funzioni specifiche di competenza provinciale
sono dettagliate dal Regolamento Regionale. I contenuti previsti dal R.R. 9/2003 e succ.
mod., che comportano altrettanti compiti o possibilità per la Provincia, sono di seguito
sintetizzate:
traslare, ampliare o prevedere nuovi periodi di divieto;
sospendere o ridurre i periodi di divieto in casi di squilibrio;
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introdurre limiti di cattura più restrittivi, aumentare le misure minime o introdurre
ulteriori misure minime;
diminuire o eliminare le misure minime in casi di squilibrio;
consentire forme particolari di pesca in inverno nelle acque di categoria B;
limitare le modalità di pesca alle specie di maggior pregio;
ampliare gli orari di pesca per le specie tradizionali;
individuare le acque per la pesca da natante;
introdurre limitazioni ai mezzi di pesca;
consentire l’uso di attrezzi tradizionali non previsti;
autorizzare la pesca alle specie ittiche alloctone dannose in deroga ai limiti di tempi
e di peso;
individuare le acque per la pesca subacquea;
definire gli attrezzi per la pesca professionale;
classificare le acque per la pesca professionale;
introdurre sistemi di controllo sul pescato professionale;
controllare e approvare i programmi delle esclusività;
regolamentare le attività legate alle gare e alle manifestazioni di pesca;
autorizzare i Centri Privati di Pesca;
definire le modalità relative al permesso turistico di pesca;
introdurre un monitoraggio del pescato.
Nel febbraio 2005 la Regione Lombardia, come detto, ha approvato le linee guida per la
gestione della pesca in Lombardia, riportate nel Documento Tecnico Regionale per la
gestione ittica, approvato con DGR n 7/20557 dell’11 febbraio 2005.
All’elenco dei compiti e delle possibilità gestionali sopra riportati si aggiungono quindi i
contenuti successivamente definiti da tali linee guida, che prevedono, come principale
“novità pianificatoria”, la categorizzazione delle acque, distinte in:
1) acque di interesse ittico, a loro volta distinte in:
a) acque di pregio ittico;
b) acque di pregio ittico potenziale;
c) acque di interesse piscatorio;
2) acque che non rivestono particolare interesse ittico.
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Conseguentemente quindi, alla luce di tale previsione normativa, il Piano prevede, per
ogni bacino idrico principale, gli obiettivi specifici perseguiti dal Piano in funzione della
categoria di appartenenza del corpo idrico di interesse ittico, e in particolare:
a) le azioni di salvaguardia o riqualificazione ambientale opportune o necessarie per il
conseguimento degli specifici obiettivi di piano;
b) le azioni di gestione faunistica opportune o necessarie per il conseguimento degli
specifici obiettivi di piano;
c) l’individuazione delle eventuali opere idrauliche trasversali ritenute causa di
squilibrio ecologico;
d) i tempi e le modalità di verifica sul raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Nel complesso, ai fini di una loro migliore applicabilità, molte indicazioni di carattere
gestionale si riferiscono non a limitati contesti ambientali, ma a singole specie ittiche o a
singole tipologie di alterazione ambientale, così da consentirne la piena efficacia sull’intero
territorio provinciale, senza particolari vincoli di natura geografica.
Ai fini di verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, sono state programmate
specifiche attività di monitoraggio, quali:
la verifica dell’efficacia dei ripopolamenti;
la verifica dell’efficacia dei diversi istituti rispetto agli obiettivi di pianificazione;
la verifica dell’efficacia degli interventi di miglioramento ambientale realizzati (es.
substrati artificiali per la riproduzione) o autorizzati (es. passaggi artificiali per
pesci);
la raccolta organizzata dei dati del pescato della pesca professionale.
Infine, con l’obiettivo di dare piena applicazione alla DRG 23 gennaio 2004 n. 7/16065, si è
ritenuto opportuno aggiungere altri elementi ritenuti utili alla gestione quali le modalità di
definizione degli obblighi ittiogenici.
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3 OBIETTIVI DI PIANO
Il Piano Ittico costituisce lo strumento con il quale la Provincia si propone di perseguire le
finalità di tutela della fauna ittica, in particolare di quella autoctona, per salvaguardare la
qualità ambientale nel suo complesso. Il documento illustra pertanto una serie di
provvedimenti e di attività di carattere gestionale, nonché i criteri e i principi che stanno
alla base di una corretta e adeguata gestione dei popolamenti ittici e dell’attività alieutica,
proprio con il preciso intento di rendere concretizzabili le finalità di tutela di cui sopra.
Uno degli obiettivi principali del Piano è quello di favorire l’incremento naturale delle
comunità ittiche con particolare riferimento alle specie autoctone, a cui deve essere
affiancata una gestione della pesca sostenibile dal punto di vista ambientale, che non
alteri i delicati equilibri ecologici che si instaurano all’interno di un ecosistema.
La conservazione e la tutela degli habitat acquatici costituiscono però una condizione
indispensabile affinché qualunque tipo di intervento sul patrimonio ittico abbia successo;
proprio per tale motivo, i miglioramenti ambientali sono un elemento che il Piano deve
privilegiare rispetto alle pratiche di sostegno della fauna ittica quali i ripopolamenti.
Come è facilmente intuibile, dunque, la gestione contemporanea del patrimonio ittico, con
finalità di tutela e incremento, e della fruizione alieutica, costituisce un compito alquanto
complesso, in quanto richiede non solo la regolamentazione dei ripopolamenti e dei
prelievi alieutici (professionali e dilettantistici), ma anche la definizione degli interventi più
efficaci di salvaguardia degli ecosistemi acquatici, sulla base delle criticità ambientali
riscontrate sul territorio.
3.1 Obiettivi generali
Alla luce di quanto sopra argomentato e di quanto riportato nel Documento Tecnico
Regionale, gli obiettivi generali del Piano Ittico si possono pertanto sintetizzare come
segue:
mantenimento e incremento delle popolazioni ittiche di pregio soggette a maggior
pressione di pesca;
tutela delle specie ittiche di interesse conservazionistico;
sviluppo dell’attività di pesca dilettantistica come attività del tempo libero;
valorizzazione e razionalizzazione della pesca professionale;
gestione delle acque correnti e dei bacini idrici che privilegi la tutela della
riproduzione naturale e la sopravvivenza della fauna ittica.
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3.2 Obiettivi specifici delle azioni di gestione faunistica
Le azioni di gestione faunistica hanno due principali obiettivi:
la salvaguardia e l’incremento delle specie di interesse conservazionistico;
il “potenziamento” delle specie di interesse per la pesca dilettantistica e
professionale.
Per quanto riguarda il primo obiettivo, le attenzioni sono innanzitutto rivolte alle specie
autoctone e a questo proposito si riportano nella tabella che segue l’elenco di tali specie,
desunto dal Documento Tecnico Regionale.
ORDINE FAMIGLIA GENERE E SPECIE NOME COMUNE
Petromyzontiformes Petromyzontidae Lethenteron zanandreai Lampreda padana *
Petromyzon marinus Lampreda di mare
Acipenseriformes Acipenseridae Acipenser naccarii Storione cobice *
Anguilliformes Anguillidae Anguilla anguilla Anguilla
Clupeiformes Clupeidae Alosa fallax Alosa e agone
Cypriniformes Cyprinidae Rutilus pigus Pigo *
Rutilus erythrophtalmus Triotto
Leuciscus cephalus Cavedano
Leuciscus souffia Vairone
Phoxinus phoxinus Sanguinerola
Tinca tinca Tinca
Scardinius erythrophthamus Scardola
Alburnus alburnus alborella Alborella
Chondrostoma soetta Savetta *
Chondrostoma genei Lasca *
Gobio gobio Gobione
Barbus plebejus Barbo
Barbus meridionalis Barbo canino
Cobitidae Cobitis taenia Cobite
Sabanejeweia larvata Cobite mascherato *
Esocidae Esox lucius Luccio
Salmoniformes Salmonidae Salmo trutta fario Trota fario
Salmo trutta lacustris Trota di lago o lacustre
Salmo trutta marmoratus Trota marmorata *
Salmo carpio Carpione *
Salvelinus alpinus Salmerino
Thymallus thymallus Temolo
Gadiformes Gadidae Lota lota Bottatrice
Gasterosteiformes Gasterosteidae Gasterosteus aculeatus Spinarello
Scorpaeniformes Cottidae Cottus gobio Scazzone
Perciformes Percidae Perca fluviatilis Persico reale
Mugilidae Liza ramada Muggine calamita
Blenniidae Salaria fluviatilis Cagnetta
Gobiidae Padogobius martensii Ghiozzo padano *
Orsinigobius punctatissimus Panzarolo *
Pleuronectiformes Pleuronectidae Platichthlys flesus Passera di mare
* endemismi padano – veneti
Tabella 3-1: taxa indigeni attualmente presenti nelle acque della Regione Lombardia.
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Per quanto riguarda invece tutta una serie di ulteriori interventi connessi all’attività di
pesca, è doveroso tenere in considerazione anche tutte le specie che, pur provenienti da
altri paesi, sono ormai inserite nel nostro contesto territoriale senza presentare fattori di
particolare disturbo per le specie autoctone.
ORDINE FAMIGLIA GENERE E SPECIE NOME COMUNE
Cypriniformes Cyprinidae Cyprinus carpio Carpa
Ctenopharyngodon idellus Carpa erbivora
Aristichthys nobilis Carpa testa grossa
Hypophthalmichthys molitrix Carpa argentata
Salmoniformes Salmonidae Salvelinus fontinalis Salmerino di fonte
Oncorhynchus mykiss Trota iridea
Coregonus lavaretus Coregone o lavarello
Coregonus oxyrhynchus Bondella
Cyprinodontiformes Poeciliidae Gambusia holbrooki Gambusia
Perciformes Centrarchidae Micropterus salmoides Persico trota
Lepomis gibbosus Persico sole
Percidae Stizostedion lucioperca Sandra o lucioperca
Tabella 3-2: taxa alloctoni presenti nelle acque regionali non considerati dannosi per l’equilibrio delle comunità indigene.
Di contro, le attività faunistiche nel loro complesso dovranno tenere in considerazione il
fatto che tutte le specie alloctone non comprese nell’elenco riportato in Tabella 3-2 sono
da considerarsi con particolare attenzione e, ove possibile, limitate nella loro diffusione e
abbondanza. A tal proposito, infatti, il Documento Tecnico prevede quanto segue. “Tutte le
specie alloctone non comprese nell’elenco di cui sopra sono da considerarsi dannose, e,
come tali, ai sensi del R.R. n. 9/2003, non possono essere tutelate né con periodi di
divieto di pesca, né con misure minime, né con limiti di cattura. Inoltre, sempre ai sensi del
R.R. n. 9/2003, gli esemplari appartenenti alle suddette specie, se catturati, non possono
essere di nuovo immessi nei corsi d’acqua e devono essere soppressi. Ovviamente, per le
medesime specie non possono essere autorizzate immissioni in nessun corpo idrico.
Le Province possono disporre deroghe all’obbligo di soppressione dei carassi (Carassius
carassius) e dei pesci gatto (Ictalurus melas) catturati, limitatamente ai corpi d’acqua più
degradati e compromessi e purché i pesci siano liberati nello stesso corpo idrico in cui è
avvenuta la cattura. Nei corpi idrici in cui la presenza di una specie alloctona indesiderata
costituisce un grave fattore di squilibrio del popolamento ittico preesistente una valida
opzione gestionale può essere rappresentata dai prelievi selettivi mirati alla cattura della
specie indesiderata. I prelievi selettivi, che non costituiscono attività di pesca ai sensi di
legge, sono autorizzati dalle Province e sono effettuati con gli attrezzi che garantiscono la
massima efficacia possibile, in relazione alla specie oggetto di cattura e alla tipologia del
corpo idrico considerato (reti a grande cattura, pesca subacquea, ecc. ecc.)
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I prelievi selettivi sono diretti prevalentemente al contenimento delle specie alloctone di
accertata dannosità (siluro), ma possono interessare anche le specie autoctone che, in
particolari realtà locali, siano diventate sovrabbondanti e rappresentino un fattore di
squilibrio per altre specie più interessanti sotto il profilo naturalistico, alieutico, produttivo.”
3.2.1 Principali indicazioni gestionali per le acque correnti
Sulla base di quanto evidenziato nelle indagini di campo a carico delle acque correnti e dei
loro popolamenti ittici, emerge che le priorità di intervento riguardano:
il miglioramento qualitativo del materiale da ripopolamento, con particolare
riferimento a trote fario autoctone, trote marmorate e temoli per le acque montane e
ad alcuni Ciprinidi autoctoni per le acque di pianura; in particolare è meritevole di
attenzione e sostegno la situazione del pigo, della savetta, della lasca e del barbo
canino;
la pianificazione di zone di salvaguardia, con particolare riferimento alla
creazione di zone in cui la fauna ittica possa crescere e riprodursi autonomamente
e fungere da ripopolamento naturale.
3.2.2 Principali indicazioni gestionali per le acque lacustri
Sulla base di quanto evidenziato dalle indagini effettuate per le acque lacustri e i loro
popolamenti ittici, emerge che le priorità di intervento riguardano:
il miglioramento quantitativo e qualitativo del materiale da ripopolamento, con
particolare riferimento a coregone, carpione, trota lacustre, salmerino alpino e
luccio;
la pianificazione di un corretto prelievo, con particolare riferimento alla
regolamentazione degli strumenti di pesca professionale, rispetto a tipologia,
modalità, tempi e zone di utilizzo.
3.3 Obiettivi specifici delle azioni di salvaguardia o riqualificazione ambientale
Le comunità ittiche presentano una composizione specifica, un’abbondanza ed una
strutturazione per classi di età che risultano fortemente condizionate, oltre che dalla
gestione e dalle “pressioni umane”, anche dalle caratteristiche degli ambienti acquatici che
le ospitano. Le principali tipologie di fattori critici rilevati e le possibili azioni di mitigazione
sono descritte nel Capitolo 0 del Piano. Nel presente capitolo sono invece presentate le
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priorità sulle quali si ritiene di dover intervenire, distinte per tipologia ambientale e per
bacino imbrifero.
3.3.1 Principali indicazioni gestionali per le acque correnti
Sulla base di quanto evidenziato nelle indagini di campo a carico delle acque correnti e dei
loro popolamenti ittici, emerge che le priorità di intervento riguardano:
il rilascio costante di un DMV compatibile con il mantenimento ottimale dei
popolamenti ittici;
la rimozione degli impedimenti alle migrazioni dei pesci;
la limitazione/modificazione degli interventi di artificializzazione degli alvei fluviali;
il completamento dei sistemi di collettamento/depurazione degli scarichi civili e
industriali.
3.3.2 Principali indicazioni gestionali per le acque lacustri
Sulla base di quanto evidenziato dal quadro conoscitivo acquisito in riferimento alle acque
lacustri e ai loro popolamenti ittici, emerge che le priorità di intervento riguardano:
il miglioramento della qualità delle acque;
la stabilizzazione dei livelli idrici dei laghi, con particolare riferimento ai periodi
riproduttivi delle specie a frega litorale;
l’incremento dei canneti e la limitazione degli interventi di antropizzazione del
litorale.
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4 CLASSIFICAZIONE E CATEGORIZZAZIONE DELLE ACQUE
PROVINCIALI
In questo capitolo sono elencati e classificati tutti i principali ambienti acquatici della
Provincia di Brescia vocazionali alla fauna ittica.
4.1 Classificazione delle acque
Sulla base dell’articolo 137 della Legge Regionale 31/2008, ai fini della pesca, le acque
provinciali sono distinte in acque di tipo A, di tipo B e di tipo C e acque pubbliche in
disponibilità privata.
Le acque di tipo A sono quelle dei grandi corpi idrici (laghi) con popolamenti ittici
abbondanti e diversificati che rappresentano anche risorse economiche per la pesca
professionale, dove tale attività è consentita.
Le acque di tipo B sono quelle che naturalmente, per le loro caratteristiche chimico-
fisiche, sono popolate in maggioranza da individui appartenenti a specie ittiche
salmonicole.
Le acque di tipo C sono quelle che naturalmente, per le loro caratteristiche chimico-
fisiche, sono popolate in maggioranza da individui appartenenti a specie ittiche ciprinicole
o comunque non salmonicole.
Le acque pubbliche in disponibilità privata sono rappresentate dai cosiddetti “laghetti di
pesca sportiva” o meglio dai Centri Privati di Pesca (CPP) autorizzati dalla Provincia ai
sensi della normativa vigente.
Si ricorda inoltre che sul territorio provinciale sono presenti anche le seguenti tipologie di
acque che comportano vincoli alla fruizione da tenere in considerazione:
diritti esclusivi di pesca ed usi civici (descritti nel Capitolo 5);
acque in concessione (descritte nel Capitolo 6).
Sulla base dei risultati delle indagini di campo, si definisce la classificazione delle acque ai
fini ittici riportata nella tabella che segue.
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Acque di tipo A
Lago di Garda
Lago d’Iseo
Lago d’Idro
Acque di tipo B
Valle Camonica: Fiume Oglio in Valle Camonica, con tutti i suoi affluenti e tutti i laghi alpini (ad eccezione del Lago Moro)
Affluenti del Lago d’Iseo
Valle Trompia: Fiume Mella e suoi affluenti sino a Sarezzo (confluenza T. Redocla compreso)
Valle Sabbia: Fiume Caffaro ed affluenti; Fiume Chiese fino a Vobarno e i suoi affluenti sino a Gavardo
Affluenti del Lago di Garda a monte di Salò (ad eccezione del Lago di Valvestino)
Acque di tipo C Tutte le acque non classificate di tipo A o di tipo B
Tabella 4-1: classificazione delle acque provinciali.
4.1.1 Linee di gestione
La classificazione sopra riportata tiene conto della struttura del popolamento ittico di ogni
ambiente considerato, classificandolo, come detto, in funzione della sua componente ittica
dominante; ciò comporta una serie di conseguenze regolamentari sull’attività di pesca ma,
dal punto di vista gestionale, in particolare per quanto riguarda i fiumi principali, non deve
trarre in inganno. Il passaggio da un popolamento ittico dominato dai Salmonidi ad uno
dominato dai Ciprinidi avviene, in un fiume, scendendo verso valle, in modo graduale e
spesso, in funzione della qualità ambientale dei singoli tratti, anche con delle inversioni di
tendenza. Per questo motivo, la presenza di alcune popolazioni ittiche di specie di pregio
andranno comunque sostenute con adeguati interventi di carattere gestionale ai fini di
mantenere, e se possibile incrementare, tali popolazioni. A titolo di esempio si citano la
presenza, non infrequente, di trote marmorate o di temoli in acque di tipo C, in cui le
specie citate sono normalmente vocazionali anche se non dominanti.
Così come per gli aspetti gestionali, anche per quelli regolamentari dovranno essere
tenute in considerazione le componenti ittiche “minoritarie” presenti; quindi, in particolare,
nei tratti di acque di tipo C con significativa presenza salmonicola o di altre specie di
particolare interesse faunistico o piscatorio, potranno essere introdotte limitazioni alle
modalità di pesca che preservino queste ultime.
4.2 Categorizzazione delle acque
Sulla base di quanto emerso dalle indagini di campo, ai sensi e per i principi contenuti nel
Documento Tecnico Provinciale (DGR. 7/20557 dell’11 febbraio 2005) “Adozione
documento tecnico regionale per la gestione ittica”, viene definita la categorizzazione delle
acque che segue, preceduta dalle definizioni concettuali che caratterizzano le singole
tipologie.
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a) Acque di pregio ittico, costituite da corpi idrici naturali e dagli eventuali sistemi
funzionalmente connessi, o da loro tratti omogenei; sono caratterizzate dalle buone
condizioni ecologiche e sostengono popolazioni di specie ittiche di interesse
conservazionistico la cui tutela è obiettivo di carattere generale ovvero comunità
ittiche equilibrate e autoriproducentisi.
b) Acque di pregio ittico potenziale, costituite da corpi idrici naturali o paranaturali e
dagli eventuali sistemi funzionalmente connessi, o da loro tratti omogenei; possono
potenzialmente sostenere popolazioni di specie ittiche di interesse
conservazionistico la cui tutela è obiettivo di carattere generale ovvero comunità
ittiche equilibrate ed autoriproducentisi. Risultano attualmente penalizzate dalla
presenza di alterazioni ambientali mitigabili o rimovibili.
c) Acque di interesse piscatorio, costituite preferibilmente da corpi idrici naturali o
paranaturali, anche artificializzati, e dagli eventuali sistemi funzionalmente
connessi, o da loro tratti omogenei; la tutela e l’incremento del loro popolamento
ittico attuale o potenziale sono prevalentemente finalizzati al soddisfacimento di
interessi settoriali legati all’esercizio della pesca dilettantistica e professionale e alla
valorizzazione del relativo indotto.
d) Acque che non rivestono particolare interesse ittico, corrispondenti a tutte le
acque non comprese nelle precedenti categorie. Su queste acque, fatte salve le
norme generali in materia di tutela ambientale ed ecologica, la pianificazione ittica
non prevedrà particolari condizionamenti della pesca e delle attività connesse agli
altri usi, con particolare riferimento a quelli civili, industriali, irrigui e ricreativi.
Acque di pregio ittico
Il Fiume Oglio in Valcamonica
Il Fiume Oglio sub-lacuale (per la parte di competenza della Provincia di Brescia)
sino al confine con la Provincia di Cremona
Fiume Mella sino a Bovegno
Fiume Chiese immissario ed emissario fino a Ponte S. Marco
Il Lago di Garda
Il Lago Moro
I torrenti montani vocazionali all’ittiofauna, o loro tratti, le cui portate sono naturali
I fontanili
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Acque di pregio ittico potenziale
Il Fiume Mella a valle di Bovegno sino al confine provinciale
Il Fiume Chiese a valle di Ponte S. Marco sino al confine provinciale
Il Torrente Garza
Il Lago d’Iseo
Il Lago d’Idro
Le rogge di pianura
Tutte le acque montane (di tipo B), ad eccezione dei laghi alpini, sottoposte a
derivazione delle acque
Acque di interesse piscatorio
Tutti i laghi alpini che presentano caratteristiche idonee a ospitare stabilmente un
popolamento ittico
I canali, le rogge e i navigli a carattere permanente, ma comunque soggetti ad
interventi di messa in asciutta annuale o programmata
Acque che non rivestono particolare interesse ittico
Tutti i canali ad utilizzo temporaneo o stagionale
Tutti i laghi alpini di alta quota che per limitata estensione, profondità e assenza di
immissari/emissari non costituiscono un habitat idoneo alla presenza di ittiofauna.
4.2.1 Linee di gestione
Acque di pregio ittico. Su tali acque la pianificazione ittica prevede la salvaguardia della
funzionalità degli habitat e il suo eventuale potenziamento; gli interventi diretti
sull’ittiofauna e sull’avifauna ittiofaga e la disciplina della pesca dovranno prioritariamente
assicurare la protezione delle specie sensibili eventualmente presenti, evitando tuttavia
regolamentazioni che possano penalizzare attività a ridotta interferenza.
Acque di pregio ittico potenziale. Su tali acque la pianificazione ittica dovrà prevedere il
consolidamento dei valori ecologici residui e il ripristino di un’adeguata funzionalità degli
habitat; gli interventi diretti sull’ittiofauna e sull’avifauna ittiofaga e la disciplina della pesca
dovranno prioritariamente favorire la protezione delle specie sensibili eventualmente
presenti e la strutturazione delle loro popolazioni, evitando tuttavia regolamentazioni che
possano penalizzare attività a ridotta interferenza.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 17
Particolare attenzione dovrà essere posta al recupero qualitativo delle acque del F. Mella
ed alla continuità idrica del F. Chiese, premesse necessarie al potenziamento delle loro
biocenosi; dovranno essere quindi sostenute le iniziative in tal senso ed evitate quelle che
possono rallentare il recupero del pregio ittico potenziale.
Acque di interesse piscatorio. Su tali acque, da individuarsi anche a domanda delle
categorie interessate, la pianificazione ittica dovrà prevedere le forme di tutela
strettamente funzionali al perseguimento degli specifici obiettivi; gli interventi diretti
sull’ittiofauna e sull’avifauna ittiofaga e la disciplina della pesca dovranno prioritariamente
tendere al miglior soddisfacimento delle esigenze espresse dal mondo piscatorio e alla
valorizzazione delle eventuali vocazioni turistiche e fruitive dei territori interessati.
Acque che non rivestono particolare interesse ittico. Su queste acque, fatte salve le
norme generali in materia di tutela ambientale ed ecologica, la pianificazione ittica non
prevedrà particolari condizionamenti della pesca e delle attività connesse agli altri usi, con
particolare riferimento a quelli civili, industriali, irrigui e ricreativi.
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5 DIRITTI ESCLUSIVI DI PESCA E USI CIVICI
In questo capitolo vengono presentate le diverse “esclusività” presenti sul territorio
provinciale e vengono indicate le linee guida per gli interventi gestionali e di controllo.
5.1 Diritti esclusivi di pesca
Dai documenti agli atti presso l’Ufficio Pesca sono risultati presenti sul territorio provinciale
più di 40 diritti esclusivi di pesca (DEP). La maggior parte di questi però non risulta attiva
poiché il proprietario non mette in atto, né in proprio né attraverso un soggetto delegato, le
azioni di gestione e controllo meglio precisate nel seguito del presente capitolo. È stato
quindi effettuato un censimento dei DEP attivi, riportati nella tabella che segue.
N. N. di archivio Corpo idrico Comuni Località
1 5 Lago di Garda Sirmione Lugana
2 12 Lago di Garda Desenzano sul Garda
Dal confine di Lonato al Cancello Rosso di Desenzano
3 12 b Lago di Garda Desenzano sul Garda
Spiaggia in contrada Vo’ denominata Spianada
4 13 Lago di Garda S. Felice del Benaco
Contrada Porticcioli
5 14 Lago di Garda Manerba Dal confine tra Manerba e S. Felice al confine tra Moniga e Padenghe
6 14 b Lago di Garda Manerba
Entro i confini determinati dello lo scoglio di S.Biagio prima del confine di S.Felice di Scovolo e dal confine del Comune di Moniga presso la Chiesa di S.Sevino
7 15 Lago di Garda S. Felice del Benaco
Dal confine di Salò a quello di Manerba
8 21 Lago di Garda Toscolano Maderno
Bornico: tratto antistante villa Mimosa
9 24 Lago di Garda Gardone Riviera
Dal confine con Toscolano Maderno a quello di Salò
10 34 a Lago di Garda Toscolano Maderno
Rivellino e Rovinato
11 34 b Lago di Garda Toscolano Maderno
Via Lungolago Zanardelli mappali 847 e 4677 ex 2162/b
12 35 Lago di Garda Desenzano Dal Cancello Rosso al confine di Rivoltella
13 38 Lago di Garda Gargnano Dalla Manega del Gas alla Val del Gas
14 42 Lago di Garda Sirmione Località Grò, pesche denominate Cavavoli da terra e spinada da trote
Tabella 5-1: elenco dei diritti esclusivi attivi in Provincia di Brescia.
Oltre a quanto sopra riportato, che si riferisce esclusivamente al Lago di Garda, sono
presenti sul territorio provinciale canali e rogge (Naviglio Grande bresciano, Naviglio di
Isorella) gestite dalla FIPSAS in via esclusiva da numerosi anni, attraverso interventi di
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 19
ripopolamento e vigilanza; di tali ambienti, prevalentemente al servizio di consorzi irrigui,
sono in corso di valutazione gli elementi documentali forniti dai concessionari.
A tal proposito si sottolinea che l’attività di censimento effettuata non modifica in alcun
modo i diritti patrimoniali dei legittimi proprietari, anche per i DEP eventualmente non
indicati.
5.2 Usi civici
Sugli ambienti acquatici della Provincia di Brescia gravitano gli usi civici elencati nella
tabella che segue.
N. CORPO IDRICO COMUNI LOCALITÀ / CONFINI
1 Lago d’Idro Idro e Anfo Acque pubbliche del lago d’Idro, esclusi i lotti di esclusivo diritto patrimoniale del Comune di Idro
2 Lago di Garda S. Felice Tutta la fascia litorale
Tabella 5-2: elenco degli usi civici in Provincia di Brescia.
In queste acque i cittadini residenti sono legittimati ad utilizzare gli strumenti propri della
pesca professionale, in particolare le reti, senza essere pescatori di professione. Tale
opzione, che deriva da diritti concessi ai cittadini di questi comuni secoli or sono, come
mezzo di sussistenza, oggi paiono anacronistici e creano evidenti disparità e possibili
squilibri gestionali. Se la situazione di S. Felice, rispetto all’intero lago di Garda, pare
marginale in termini di superficie e di attrezzi utilizzati (nel regolamento comunale è
previsto l’utilizzo di solo due tipi di reti), così non è per il lago d’Idro, dove l’intera superficie
lacustre è sottoposta a tale regime e gli attrezzi utilizzati sono tutti gli attrezzi previsti per la
pesca professionale. Ne consegue che il grande numero di potenziali utilizzatori di questi
strumenti comporta rischi di eccessiva pressione di pesca e quindi di prelievo, in
particolare per le specie di maggiore interesse alieutico. Per questo motivo è in corso
un’attività conoscitiva finalizzata ad individuare strumenti atti a rendere compatibile
l’esercizio dell’uso civico dei due Comuni con la corretta gestione dei popolamenti ittici del
lago, come richiesto dalla normativa regionale. La Giunta Provinciale, al termine di tale
approfondimento, definirà le modalità d’uso delle reti per i cittadini di Anfo e Idro.
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5.3 Verifica
Le iniziative riguardanti le esclusività previste dalla normativa vigente, descritte nel
paragrafo che segue, rendono opportuna una fase di verifica non solo tecnico-
amministrativa, ma anche gestionale delle sopraccitate esclusività così da accertarne nel
tempo l’effettiva funzionalità e, nel caso contrario, valutare la possibilità di conseguenti
espropri o di convenzioni che ne liberalizzino la fruizione.
5.4 Elementi di gestione e controllo
Entro il 31 agosto di ogni anno i titolari delle diverse forme esclusive di pesca, ai sensi
dell’art. 12 del Regolamento Regionale 9/2003 e succ. mod., devono trasmettere alla
Provincia:
il programma delle opere ittiogeniche (immissioni, miglioramenti ambientali,
contenimento di specie ittiche dannose, ecc.);
ulteriori indicazioni per la gestione della pesca;
informazioni sul sistema di vigilanza;
notizie sul pescato dell’anno precedente.
La Provincia verifica la compatibilità di quanto prospettato con le proprie linee di
pianificazione gestionale, approvando i programmi o disponendo eventuali prescrizioni o
integrazioni migliorative. In particolare, le specie oggetto di ripopolamento dovranno
essere scelte sulla base dell’autoctonia e della vocazionalità rispetto all’ambiente oggetto
di intervento e, quando possibile, derivate da ceppi locali. I titolari di D.E.P. possono
assolvere i programmi ittiogenici annuali che prevedono la semina di ittiofauna anche
mediante il pagamento alla Provincia di una somma corrispondente al valore del pesce da
immettere e dei costi di semina.
Per le specie ad elevata fecondità, dovranno essere privilegiati gli interventi di
miglioramento degli habitat riproduttivi e di mitigazione dei fattori limitanti. I dati sulla
pressione di pesca e sul pescato consentiranno di modulare al meglio le attività gestionali
negli anni successivi.
Sulla base di tali dati e della produttività naturale dell’ambiente interessato, la Provincia
potrà intervenire modificando il regolamento degli attrezzi, con particolare riferimento,
come detto, all’uso di attrezzi di pesca professionale effettuato all’interno degli usi civici da
pescatori non professionisti.
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6 CONCESSIONI IN ATTO DI PISCICOLTURA E ACQUACOLTURA E
GESTIONI PARTICOLARI DELLA PESCA
In questo capitolo sono elencate le acque provinciali affidate in concessione e sono definiti
i criteri per la valutazione di nuove richieste di concessione, ai sensi dell’art. 134 della L.R.
31/2008.
6.1 Concessioni in atto
All’entrata in vigore del presente piano sono presenti e sono confermate come tali le
concessioni, ai fini di gestioni particolari della pesca, riportate nella tabella che segue. La
Provincia approverà con specifico atto i relativi regolamenti indicando la durata delle
concessioni ai sensi dell’art. 134 comma 3.
N. AMBIENTI COINVOLTI TIPOLOGIA GESTIONALE
1 Tutte le acque superficiali del Comune di Corteno Golgi
Riserva di pesca a pagamento
2 Torrente Toscolano Riserva di pesca a pagamento
3 Lago Dasdana Riserva di pesca a pagamento
4 Laghetti Ravenola Riserva di pesca a pagamento
5 Lago Vaia Riserva di pesca a pagamento
6 Fiume Mella nei comuni di Castelmella e Capriano del Colle
Campo gara
7 Bacino di Lova Riserva di pesca a pagamento
8 Roggia Girelli da Bagnolo Mella a Poncarale
Campo gara
9 Roggia Santa Giovanna da Leno a Ghedi Campo gara
Tabella 6-1: elenco delle acque in concessione in Provincia di Brescia.
La cartografia delle singole concessioni indicate in tabella è riportata in allegato.
6.2 Criteri per la valutazione di nuove domande e di rinnovi
La Provincia può rilasciare concessioni ad uso piscicoltura o acquacoltura; può inoltre
affidare ad enti o associazioni di pescatori la gestione di tratti di corpi idrici per attuare
gestioni particolari della pesca. Normalmente, la gestione ittica delle acque pubbliche,
fatte salve le esclusività, è sotto il diretto controllo della Provincia; pertanto, tale
affidamento costituisce elemento di eccezionalità rispetto al principio generale di
liberalizzazione delle acque e riguarderà, in particolare, ambienti di scarsa o
insoddisfacente fruizione alieutica, per i quali si riterrà opportuno prevedere l’introduzione
di gestioni particolari e sito-specifiche.
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La Provincia valuterà l’affidamento della gestione ad altri soggetti, in particolare nei casi in
cui gli sforzi gestionali richiesti siano ingenti e continui e tale affidamento porti notevoli
benefici alla qualità gestionale e fruizionale dell’ambiente considerato.
Le linee gestionali saranno definite nell’atto di concessione dalla Provincia, che si riserva
di revocare la stessa in caso di sostanziali inadempimenti. Al concessionario spetteranno
le iniziative di gestione quali, ad esempio, ripopolamenti e vigilanza, i cui principi saranno
contenuti nell’atto di concessione; lo stesso ha la facoltà di definire, per il tratto in
concessione, un regolamento di pesca che deve comunque essere approvato dalla
Provincia, nel rispetto della normativa vigente e delle indicazioni del Piano Ittico.
Come indicato nella Legge 31/2008, sono da considerasi prioritarie le richieste presentate
dalle associazioni riconosciute di pescatori dilettanti e, per le acque di tipo A, quelle di
associazioni di pescatori professionisti.
6.3 Criteri per la concessione di acque a scopo di piscicoltura
La LR 31/08, all’art. 131, comma 1, prevede anche che la Provincia possa affidare in
gestione corpi idrici naturali o loro porzioni ai fini di allevamento dei pesci.
Vista la specificità dell’uso ed il possibile effetto dell’attività di allevamento sulla qualità
delle acque è necessario che, nella valutazione della richiesta, oltre agli elementi connessi
alla mancata fruizione pubblica dell’area e alle modalità di separazione del tratto dal
restante reticolo idrografico, vengano preliminarmente acquisiti i pareri favorevoli dei
soggetti competenti in termini di qualità delle acque e di obiettivi di qualità dei corpi idrici.
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7 ZONE DI PROTEZIONE, RIPOPOLAMENTO E TUTELA ITTICA
In questo capitolo sono elencate e definite le zone ittiche protette di istituzione provinciale
e di altri enti; vengono inoltre definite le linee gestionali da mettere in atto per le stesse.
7.1 ZONE DI ISTITUZIONE PROVINCIALE
Nel complesso si possono distinguere tre diverse finalità:
zone di protezione, per preservare habitat e popolazioni naturali di pregio (es.
riserve naturali o zone di particolare pregio faunistico-ambientale, significative
popolazioni di specie a rischio o particolarmente protette); tali zone possono essere
destinate alla cattura di riproduttori per attività di riproduzione artificiale, al
ripopolamento naturale per spostamento, alla tutela di tratti in cui i pesci si
concentrano per motivi naturali o artificiali (es. presenza di ostacoli che
impediscono gli spostamenti); in questo tipo di zone la pesca è chiusa;
zone di ripopolamento, per la crescita di novellame in ambiente naturale, che poi
può costituire direttamente o indirettamente (tramite cattura e rilascio)
ripopolamento delle acque limitrofe; in questo tipo di zone la pesca è chiusa;
zone di tutela, per tutelare specie ittiche di pregio in momenti definiti, in particolare
quelli riproduttivi; in questo tipo di zone, solitamente istituite sui laghi o sui grandi
fiumi, la pesca professionale è chiusa per periodi definiti, mentre la Provincia può
autorizzare la pesca da terra con una sola canna con non più di tre ami.
Sulle acque correnti provinciali sono istituite le seguenti zone di salvaguardia elencate
nella tabella che segue; la pesca in tali zone è vietata e la gestione è definita sulla base
delle condizioni operative dei recuperi e dei risultati prodotti.
N. CORPO IDRICO COMUNE
1 Fiume Oglio Temù
2 Fiume Oglio Temù
3 Fiume Oglio Vezza d'Oglio
4 Fiume Oglio Incudine
5 Fiume Oglio Sonico
6 Fiume Oglio Cedegolo
7 Fiume Oglio Ceto - Cerveno
8 Fiume Oglio Esine
9 Fiume Oglio Darfo Boario Terme - Esine
10 Valle di Grom Monno - Incudine
11 Torrente Davenino Incudine
12 Torrente Ogliolo Edolo
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N. CORPO IDRICO COMUNE
13 Torrente Remulo Sonico
14 Torrente Ogliolo Malonno
15 Torrente Allione Paisco Loveno
16 Torrente Cobello Niardo
17 Sorgente 3 Gaver Breno
18 Sorgente 4 Gaver Breno
19 Torrente Degna Prestine
20 Torrente Re Darfo Boario Terme
21 Torrente Bondo Tremosine
22 Torrente Sace Bagolino
23 Torrente Melga Bagolino
24 Torrente Bavorgo Collio
25 Torrente Toscolano Valvestino
26 Torrente Re Pertica Alta
27 Fiume Mella Tavernole
28 Torrente Biogno Marcheno
29 Naviglio di S. Zeno S. Zeno
30 Roggia Gambara Gottolengo
31 Torrente Vrenda Casto - Lodrino
32 Torrente Nozza Casto
33 Torrente Toscolano Toscolano
34 Torrente Trinolo Sabbio C. - Provaglio V.S
35 Torrente Agna Vobarno
36 Canale centrale NK Capriolo
37 Seriola Molini Monticelli Brusati
38 Canale Seriola Villanuova sul Clisi
Tabella 7-1: elenco delle zone di salvaguardia sulle acque correnti.
La cartografia delle singole zone sopra indicate è riportata in allegato.
La durata delle zone sopra citate è pari a quella del presente piano. In considerazione
della notevole rilevanza positiva di questa tipologia di istituto per la tutela e l’incremento
dell’ittiofauna, la Giunta Provinciale, sentita la Consulta Provinciale per la Pesca, istituisce
nuove zone di salvaguardia e modifica quelle istituite con questo Piano secondo i criteri e i
vincoli esposti in premessa.
7.2 Zone di tutela del Lago di Garda
Le zone di tutela in ambito lacustre hanno un significato diverso rispetto a quelle poste
sulle acque correnti, infatti le aree del lago sono utilizzate da più specie con modalità
diversa in funzione del periodo dell’anno. Ai fini della salvaguardia di una specie, quindi, è
importante conoscere le sue abitudini comportamentali, in particolare riproduttive ed
alimentari. Per quanto riguarda il Lago di Garda, le zone di seguito indicate, sono
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 25
finalizzate in modo particolare a salvaguardare la riproduzione del luccio e sono istituite
per il periodo 1 febbraio – 30 aprile; la durata è pari a quella del presente piano.
In tali zone, per i periodi indicati, fatti salvi gli impianti fissi di cattura ivi esistenti, è vietata
la pesca professionale e la pesca dilettantistica come indicato nelle tabella sottostante:
N. COMUNE
1 Moniga del Garda – Manerba del Garda – Padenghe sul Garda dalla riva sino ad una profondità dell’acqua di 20 m
2 Sirmione dalla riva sino ad una profondità dell’acqua di 20 m
Tabella 7-2: elenco delle zone di tutela sul Lago di Garda.
La cartografia delle singole zone sopra indicate è riportata in allegato.
Si ricorda inoltre che nelle zone di seguito riportate, durante il periodo di tutela del luccio
stabilito per il lago di Garda, per una fascia compresa fra la riva ed una profondità
dell’acqua di 20 m , è vietata la messa in posa delle reti antana e antanello.
1. Dal porto vecchio in Comune di Toscolano Maderno fino al porto di Fasano in Comune di Gardone Riviera;
2. Dal porto di Barbarano in Comune di Salo’ fino all’Hotel Casimiro in Comune di Portese (Golfo di Salo’)
3. Dall’Isola Borghese fino all’Isola dei Conigli in Comune di Manerba (Golfo del Torchio);
4. Dal porto di Dusano in Comune di Manerba fino al porticciolo “Rabitti” in località Lido di Lonato;
5. Dalla località Zattera in Comune di Desenzano (Rivoltella) fino al porto Castello in Comune di Sirmione;
6. Dall’Hotel Boiola fino a Punta Gro (confine con la Provincia di Verona) in Comune di Sirmione.
7.3 Zone di tutela del Lago d’Iseo
Sono istituite sul Lago d’Iseo le seguenti zone di tutela.
COMUNE E CONFINI PERIODO LIMITAZIONE
Monteisola Dal porto di Peschiera Maraglio fino al porto di Carzano
01-12 / 31-01
Pesca unicamente da terra con una sola canna con o senza mulinello e con un massimo di 3
Marone Dall’albergo “La Galleria” fino all’inizio della prima galleria della strada vecchia a Vello denominata “Culumbirì”
PIANO ITTICO PROVINCIALE
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COMUNE E CONFINI PERIODO LIMITAZIONE
Pisogne: dal confine con la Provincia di Bergamo fino alla località Govine davanti al Cavallo di Troia
ami
Iseo Zona denominata “Lamette” dal confine con la Riserva naturale alla punta est dell’Ospedale civile
Tutto l’anno
Pesca unicamente da terra con una sola canna con e senza mulinello e con un massimo di 3 ami
Marone Lungolago compreso tra la Villa Cristina e l’imbocco della prima galleria a monte del paese
Marone In frazione di Vello, lungolago compreso tra la località Calchera e l’inizio della galleria Colombaro
Pisogne Dalla Valle di Govine fino al confine con il Comune di Costa Volpino (BG)
Tabella 7-3: zone di tutela sul Lago d’Iseo.
La cartografia delle singole zone sopra indicate è riportata in allegato.
7.4 Zone di tutela del Lago d’Idro
Ai fini della tutela delle specie ittiche a riproduzione litorale, sono istituite sul Lago d’Idro le
seguenti zone di tutela.
COMUNE E CONFINI PERIODO LIMITAZIONE
Idro Tutto il promontorio del Rio Vantone e precisamente dal confine nord al confine sud dei camping
01-04 / 15-06 Divieto di collocare attrezzi di pesca professionale per una distanza di 30 m dal battente dell’onda
Idro Dalla località Busetta fino al Porto Parole
Idro Dall’imbocco della galleria in località “Tre capitelli” sino alla foce del Torrente Neco nella frazione di Crone
Anfo Dal porto di Anfo sino al molo del circolo velico
Tabella 7-4: zone di tutela del Lago d’Idro.
La cartografia delle singole zone sopra indicate è riportata in allegato.
Nel lago d’Idro è inoltre stata individuata una zona con limitazione del prelievo come
specificato nel par. 11.3.1
PIANO ITTICO PROVINCIALE
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7.5 Gestione delle zone di protezione, ripopolamento e tutela ittica
In considerazione delle diverse finalità delle zone tutelate, gli interventi gestionali delle
zone stesse saranno così differenziati:
zone di protezione, interventi di miglioramento ambientale, ove necessari,
riproduzione artificiale delle popolazioni autoctone, prelievo di soggetti per interventi
di ripopolamento in altre aree quando possibile per densità e struttura di
popolazione;
zone di ripopolamento, immissione di novellame e recupero dello stesso al
termine della stagione di crescita e comunque prima della successiva immissione;
nel caso di limiti operativi nella possibilità del recupero, la funzione di ripopolamento
sarà limitata agli spostamenti naturali, in particolare durante le piene;
zone di tutela, interventi di miglioramento ambientale e/o di ripopolamento a
sostegno delle specie oggetto di tutela.
L’applicazione dei principi elencati e la verifica dei risultati raggiunti, sono i due principali
elementi che consentono nel tempo di mantenere o modificare la zona e la sua modalità
gestionale.
7.6 ZONE PROTETTE DA ALTRE NORME
Zone protette dall’attività di pesca possono essere individuate anche dai gestori dei Parchi
e delle Riserve Naturali. Tra quelli presenti sul territorio provinciali, ad oggi, hanno istituito
zone protette:
il Parco Regionale dell’Adamello, che ha normato la pesca in tutto il territorio e ha
vietato la stessa in tutte le acque che si trovano all’interno del Parco Naturale; tale
divieto, che riguarda sia i laghi che le acque correnti, potrà essere rivisto al
momento della definizione dei regolamenti specifici che seguiranno il Piano del
Parco Naturale.
la Riserva Naturale delle Torbiere del Sebino, che ha precluso la pesca in parte
degli specchi d’acqua, lasciando solo in una parte la possibilità di fruizione alieutica,
regolata con apposite norme.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
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8 TRATTI DI ACQUE NEI QUALI SI POSSONO SVOLGERE GARE E
MANIFESTAZIONI DI PESCA
Ai sensi della normativa vigente le gare di pesca devono essere autorizzate dalla
Provincia e devono svolgersi nelle acque previste dal Piano a questi fini.
In termini gestionali, le gare di pesca possono, teoricamente, essere effettuate sulla
maggior parte delle acque provinciali (ad eccezione delle zone di tutela ittica e delle zone
di maggior pregio faunistico); il potenziale impatto prodotto dalle stesse sull’ittiofauna
naturale è connesso al numero di manifestazioni effettuate, al numero di concorrenti, alle
eventuali immissioni (gare alla trota), all’eventuale rilascio (gare al colpo). La Provincia
può, quindi, autorizzare manifestazioni locali o di eccezionale interesse agonistico (nelle
acque di tipo C anche in periodo invernale) in tutte le acque classificate ai fini della pesca,
in cui non siano presenti elementi di particolare rilevanza o pregio, in quantità limitate
nell’anno fino a quattro. Quando tali manifestazioni riguardano i torrenti e non le aste
principali dei fiumi, le stesse, analogamente a quanto sopra espresso, dovranno
interessare i tratti terminali di tali torrenti o le zone di minor pregio ambientale, evitando,
ove possibile, i tratti di maggior pregio naturalistico e quelli in cui sono normalmente attuati
ripopolamenti con uova e novellame.
Nei comuni in cui è presente un campo di gara fisso di norma non vengono rilasciate
autorizzazioni per le manifestazioni sopra descritte.
Per l’effettuazione, oltre che delle manifestazioni locali, anche di eventi di carattere
agonistico che possono richiedere numerose gare all’anno, vengono appositamente
individuati i campi gara permanenti di seguito indicati.
N. CORPO IDRICO COMUNI
1 Fiume Oglio Edolo
2 Fiume Oglio Malonno
3 Fiume Oglio Ceto
4 Fiume Oglio Breno – Malegno
5 Fiume Oglio Esine
6 Fiume Oglio Darfo Boario Terme
7 Fiume Oglio Palazzolo
8 Fiume Oglio Rudiano
9 Torrente Frigidolfo – Fiume Oglio Ponte di Legno
10 Torrente Allione Paisco Loveno – Forni di Loveno
11 Torrente Valle delle Valli Prestine
12 Torrente Grigna Berzo Inferiore
13 Torrente Dezzo Angolo Terme
14 Torrente Caffaro Bagolino
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 29
N. CORPO IDRICO COMUNI
15 Fiume Mella Collio
16 Fiume Mella Bovegno
17 Fiume Mella Pezzaze
18 Fiume Mella Tavernole – Marcheno
19 Fiume Mella Tavernole – Marcheno
20 Fiume Mella Gardone Valtrompia
21 Fiume Chiese Sabbio Chiese
22 Fiume Chiese Vobarno
23 Fiume Chiese Gavardo – Villanuova
24 Fiume Chiese Gavardo
25 Naviglio Grande Bresciano Vari
26 Roggia Castrina Chiari
27 Fiume Mella Castel Mella – Capriano del Colle
28 Fiume Chiese Montichiari
29 Roggia Manerbia Dello
30 T. Vrenda di Sabbio Sabbio Chiese
31 Fiume Mella Offlaga
32 Fiume Mella Manerbio
33 Fiume Chiese Calvisano (parte nord e sud)
Tabella 8-1: elenco dei campi gara permanenti
La cartografia dei singoli campi gara sopra indicati è riportata in allegato.
La Provincia adotta un regolamento sullo svolgimento delle manifestazioni di pesca a
carattere agonistico individuando l'associazione che si occupa della gestione dei predetti
tratti nel rispetto delle indicazioni formulate dal presente piano. Il regolamento potrà
prevedere, sulla base dei vincoli ambientali e faunistici indicati ed entro i limiti complessivi
sopra riportati, l'individuazione di nuovi campi di gara o la modificazione, per sopravvenute
nuove esigenze relative a tali attività, dei confini dei campi di gara sopra elencati.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
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9 TRATTI LACUALI DOVE PUÒ ESSERE CONSENTITA LA PESCA
SUBACQUEA
La pesca subacquea (art. 10 Regolamento Regionale 9/2003) può essere effettuata da
soggetti in possesso della licenza di tipo B, solo in apnea, dall’alba al tramonto, con fucile
non provvisto di carica esplosiva e senza l’ausilio di fonti luminose. Chi esercita la pesca
subacquea deve, inoltre, attenersi alle norme di sicurezza previste dalle vigenti leggi in
materia di navigazione delle acque interne. Nella fase di avvicinamento alla zona di pesca
dove è ammessa la pesca subacquea, il fucile non deve essere trasportato armato.
La pesca subacquea può essere esercitata solo ed esclusivamente nei laghi d’Iseo e di
Garda (con le prescrizioni previste dall’art. 8 comma 3 del Regolamento interprovinciale
della pesca nel Lago di Garda approvato con Deliberazione del Consiglio Provinciale
12.6.2000 n. 22), limitatamente ai tratti di seguito indicati.
LAGO D'ISEO
1. Dall’inizio della Galleria “Colomber” in Vello fino alla “località Cavallo”, all’inizio
dell’abitato di Govine in comune di Pisogne.
LAGO DI GARDA
2. Da Limone a Gargnano: dal confine con la Provincia di Trento fino al porto di
Gargnano per 60 m dalla riva;
3. Toscolano: dal porto nuovo (scalo traghetti) al porto di Gargnano;
4. Da S. Felice a Desenzano: dal porto di Portese fino al ponte Feltrinelli in
Desenzano per 1 km dalla riva;
5. Da Desenzano a Sirmione: da Villa Miramare in Desenzano fino alle Grotte di
Catullo per 1,5 km dalla riva con una fascia di rispetto di 100 m dalla riva e con
divieto di esercizio dal 20 maggio al 20 giugno nel tratto da Villa Miramare fino al
Porto Sirmione 2;
6. Sirmione: dalle Grotte di Catullo fino alla località Lugana al confine con la Provincia
di Verona per 1,5 km dalla riva con fascia di rispetto di 200 m dalla riva e con
divieto di esercizio dal 20 maggio al 20 giugno da Porto Galeazzi fino alla località
Punta Grò.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 31
Nelle zone indicate viene svolta anche attività agonistica subacquea; tale attività, qualora
non regolamentata, potrebbe comportare nel complesso un cospicuo prelievo con effetti
significativi anche su specie di notevole interesse faunistico o gestionale. Per questo
motivo vengono definite le seguenti limitazioni al numero dei capi prelevati:
persico reale 5
luccio 2
anguilla 15
bottatrice 5
tinca 8
scardola 15
persico trota 3
cavedano 8
barbo 3
Non vengono posti limiti per le specie alloctone dannose per favorirne il prelievo (es.
siluro, aspio, ecc).
La Provincia, sentita la Consulta Provinciale della Pesca, può definire nell'atto
autorizzatorio di ogni singola manifestazione, sulla base dei dati che emergono dal
monitoraggio di tale attività, dall’andamento delle popolazioni ittiche e delle specifiche
esigenze locali, ulteriori limiti rispetto a quelli esposti.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 32
10 TRATTI DI ACQUE OVE SI SVOLGE IN VIA ESCLUSIVA LA PESCA A
MOSCA
La pesca a mosca è una modalità di pesca sempre più diffusa che, normalmente, in virtù
degli attrezzi utilizzati per praticarla, in particolare degli ami, ha un minor impatto sui pesci
dal momento che la loro liberazione avviene in modo meno traumatico rispetto ad altre
tecniche, soprattutto quelle che prevedono esche vive. La normativa regionale prevede
l’istituzione di tratti dedicati in via esclusiva a tale tecnica.
In tali tratti per la pesca a mosca, l’attività può essere svolta esclusivamente con la tecnica
a coda di topo, con amo singolo senza ardiglione o con ardiglione schiacciato e con un
massimo di tre mosche; in tali zone è obbligatorio il rilascio del pesce pescato con ogni
accorgimento utile al minor danno possibile e il pescatore non può detenere con sé pesci
pescati in altre zone.
N. CORPO IDRICO LOCALIZZAZIONE
1 Fiume Oglio Vezza d’Oglio
2 Fiume Chiese Sabbio Chiese
Tabella 10-1: elenco delle zone di pesca a mosca in Provincia di Brescia.
La cartografia delle singole zone sopra indicate è riportata in allegato.
In considerazione del fatto che si tratta di un tipo di istituto che ha il particolare pregio di
coniugare l’attività piscatoria con la tutela e l’incremento dell’ittiofauna, poiché è previsto il
rilascio di tutto il catturato e le modalità di cattura (amo senza ardiglione) consentono di
ridurre al minimo il danno causato dall’allamatura, la Provincia, sentita la Consulta
Provinciale può, successivamente all'approvazione del piano, sulla scorta delle indicazioni
ivi contenute, istituire nuove zone.
In queste zone l’attività alieutica sarà subordinata all’utilizzo di un apposito tesserino
predisposto in accordo con le associazioni dei pescatori, con restituzione al termine
dell’attività piscatoria giornaliera e con consegna alla Provincia al termine della stagione di
pesca.
Ove presenti significative popolazioni di temolo e sussistano le condizioni previste dalla
normativa vigente sarà possibile prevedere la possibilità di proseguire la pesca anche
dopo la data di chiusura della pesca delle acque a Salmonidi.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 33
11 TRATTI A REGOLAMENTAZIONE PARTICOLARE
In questo capitolo vengono indicate alcune tipologie di regolamentazione particolare che
possono rispondere a differenti obiettivi gestionali.
11.1 Zone con limitazione del prelievo
La protezione della fauna ittica può essere attuata attraverso particolari regolamentazioni
dell’attività di pesca che limitino il prelievo o lo rendano selettivo in modo da garantire
comunque una ottimale riproduzione naturale. Il prototipo di tali regolamentazioni
particolari è rappresentato dalle zone di pesca a mosca, che sono trattate nel capitolo
apposito; di seguito saranno, invece, illustrate le caratteristiche essenziali di altre tipologie
di gestione particolare.
11.1.1 Zone “no-kill”
Si tratta di zone in cui è obbligatorio il rilascio del pesce catturato; in queste zone è
necessario, per facilitare la slamatura del pesce, utilizzare ami singoli, senza ardiglione o
con ardiglione schiacciato, anche per la pesca a spinning. Così come nelle zone di pesca
a mosca, sarà vietato detenere pesce pescato in altre zone.
N. CORPO IDRICO LOCALIZZAZIONE FRUIZIONE
1 Fiume Oglio Sonico - Malonno Tutte le esche
2 Fiume Oglio Darfo B.T. Solo esche artificiali
3 Fiume Oglio Paratico Tutte le esche
4 Fiume Chiese Bedizzole “Parco Airone” Tutte le esche
5 Fiume Chiese Calcinato Solo esche artificiali
6 Fiume Chiese Calvisano Tutte le esche
Tabella 11-1: elenco delle zone no-kill in Provincia di Brescia.
La cartografia delle singole zone sopra indicate è riportata in allegato.
La Provincia, sulla base dei dati che emergono dai monitoraggi ittici, sentita la Consulta
Provinciale della Pesca, può modificare tali zone o inserirne altre nell’elenco.
11.1.2 Zone trofeo
Si tratta di zone in cui la taglia e solitamente anche il numero di soggetti catturabili sono
più restrittivi rispetto alla regolamentazione generale; questi tratti consentono una migliore
riproduzione naturale poiché i riproduttori presenti possono raggiungere taglie tali da
consentire anche più di un evento riproduttivo. Anche in queste zone è obbligatorio il
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 34
rilascio del pesce catturato e pertanto è opportuno che le tecniche e gli attrezzi utilizzati
facilitino tale operazione.
11.2 Zone di pesca invernale nelle acque di categoria B
Nelle acque classificate di tipo B la pesca si chiude la prima domenica di ottobre e riapre
l’ultima domenica di febbraio. L’art. 4, comma 2, del R.R. n. 9/2003 e succ. mod., consente
alle Province di fare eccezione a tale principio in due casi:
nelle acque in cui è presente una consistente popolazione di temolo;
nelle acque di scarso pregio ittiofaunistico in cui sono effettuate periodiche
immissioni di Salmonidi adulti.
Per quanto riguarda il primo caso, la pesca dovrebbe essere effettuata con tecniche poco
invasive e in modo selettivo, ad esempio solo a mosca, no-kill, senza ardiglione o con lo
stesso schiacciato. Il tratto dovrebbe ospitare una popolazione di temolo consistente e ben
strutturata nelle diverse classi di età.
Nel secondo caso, invece, è opportuno che nella zona vi siano evidenti segni di
alterazione qualitativa dell’habitat e non siano presenti trote autoctone in riproduzione. La
specie d’elezione per tale opzione gestionale è la trota iridea, specie non autoctona, che
normalmente non si riproduce nelle nostre acque e non è tutelata da un periodo di divieto.
Considerate le premesse citate ed il parere favorevole delle Regione Lombardia (Prot.
2010 0013315 del 22/7/2010) espressamente previsto dalle nome in questo caso, viene
istituita la zone di pesca invernale di seguito indicata.
CORPO IDRICO LOCALIZZAZZIONE
Fiume Mella Gardone V.T.
Tabella 11-2: elenco delle zone di pesca invernale.
Per tutta la durata della pesca invernale la Provincia di Brescia si riserva la gestione del
tratto individuando con apposito atto l’associazione di pescatori di cui si avvarrà per la
predetta gestione
La zona sopra indicata è stata riportata nell’allegata cartografia.
La pesca al temolo nel periodo invernale
Anche ai fini di determinare una presenza di pescatori con effetto dissuasivo sugli uccelli
ittiofagi, nelle acque di tipo B con significativa presenza di temoli, la Provincia, sentito il
competente ufficio regionale, può consentire particolari forme di pesca alla specie.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 35
11.3 Zone lacustri con limitazione del prelievo
La presenza, in alcune porzioni di lago, di particolari condizioni ambientali, ad esempio la
vicinanza di un corpo idrico immissario o la conformazione della riva e/o del fondale,
particolarmente favorevoli all’ittiofauna, possono determinare la necessità di limitare, ai
sensi dell’art. 138 comma 5 lett. g) della L.R. 31/2008 l’attività di pesca con strumenti di
grande cattura. Inoltre, negli ultimi anni la pesca dilettantistica si è notevolmente
sviluppata anche sui laghi con il supporto di imbarcazioni; ciò ha comportato, in taluni casi,
situazioni di interferenza con l’attività di pesca professionale. Tali situazioni sono state in
gran parte risolte attraverso apposite regolamentazioni che definiscono modi, tempi e
località per l’esercizio delle due forme di pesca: professionale e dilettantistica. Ciò
premesso, anche su specifica richiesta di alcune amministrazioni comunali, si introduce,
per la prima volta sul territorio provinciale, l’individuazione di specifiche e limitate aree di
limitazione al prelievo dell’uso di strumenti professionali. La valutazione dell’andamento
nel tempo di tali aree fornirà utili elementi di giudizio sull’efficacia e sulla ripetibilità di tali
vincoli.
11.3.1 Il Lago d’Idro
Il Lago d’Idro è un bacino lacustre di notevole interesse per l’attività di pesca dilettantistica
e professionale; sul lago insistono inoltre alcuni tratti di diritto esclusivo di pesca del
Comune di Idro e l’uso civico per i residenti dei Comuni di Anfo e Idro con l’utilizzo da
parte dei titolari di tutti gli strumenti a grande cattura previsti per la pesca professionale
come meglio specificato nel capitolo 5.2. Il popolamento ittico del lago è diversificato e,
nella zona di Bagolino, la vicinanza con la foce del Chiese e le immissioni effettuate
rendono frequente la cattura di trote. Le specificità ambientali, faunistiche e amministrative
citate, nonché una specifica richiesta del Comune stesso, hanno reso opportuna
l’individuazione di un’area, in comune di Bagolino, dove, ai fini del miglioramento,
incremento, difesa del patrimonio ittico, la pesca è vietata a tutti gli strumenti di grande
cattura come le reti ed è consentita per i soli strumenti della pesca dilettantistica. È
consentita la pesca dalla barca esclusivamente al di fuori della zona antistante la foce del
F. Chiese ed a una distanza da riva di almeno 30 m. In quest’area la pesca dalla barca ha
inizio l’ultima domenica di marzo. Tale area è rappresentata, in allegato, nella cartografia
di piano.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 36
11.3.2 Il lago di Garda
Sul lago di Garda, su richiesta dei Comuni territorialmente competenti la Giunta
provinciale, con apposito provvedimento, potrà istituire zone in cui la pesca professionale
è limitata in termini di tempo e modalità di accesso. Ad oggi tale provvedimento verrà
definito per il Golfo di Salo’ a seguito di specifica richiesta del Comune stesso.
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12 RIPOPOLAMENTI DI FAUNA ITTICA
In questo capitolo sono dettagliatamente descritti i principi e i criteri che stanno alla base
di una corretta gestione della fauna ittica in materia di ripopolamento.
12.1 Le immissioni
Nell’ambito della gestione della pesca, il termine “ripopolamento” indica iniziative aventi
diversa natura e finalità. Ai fini di una maggiore chiarezza, è pertanto opportuno definire
immissioni tutte le operazioni che comportano la liberazione di pesci in ambiente naturale,
a loro volta ulteriormente distinguibili – in base alle specie utilizzate e alla loro
preesistenza o meno nell’area di intervento – in tre tipologie:
introduzione;
reintroduzione;
ripopolamento vero e proprio.
12.1.1 Introduzioni
Con il termine «introduzione», si definisce l’immissione di specie ittiche in un corpo idrico
nel quale dette specie non erano presenti in precedenza, che quindi devono essere
considerate alloctone o esotiche. Questo tipo di operazione comporta gravi rischi per la
stabilità dell’ecosistema acquatico, in quanto l’immissione di una nuova specie può turbare
i delicati equilibri che si sono sviluppati nel corso di migliaia di anni di evoluzione. I casi di
questo tipo sono piuttosto numerosi nella storia della gestione della pesca in Italia; se
l’introduzione dei coregoni nei grandi laghi prealpini ha rappresentato un successo dal
punto di vista economico, incrementando la pesca professionale senza alterare in modo
evidente le comunità ittiche preesistenti, altre immissioni hanno avuto effetti disastrosi per
la fauna ittica autoctona: basti ricordare il caso del siluro nel Po e della trota fario negli
ambienti vocazionali alla marmorata. Quest’ultimo esempio relativo alla trota fario
permette di puntualizzare che una specie deve essere considerata esotica non solo se
proviene da un altro paese, ma anche se, pur essendo presente in Italia, non è originaria
dell’ambiente in cui deve essere immessa: benché, infatti, la trota fario sia presente nei
corsi d’acqua montani delle Alpi e degli Appennini, essa è alloctona per i tratti di fondovalle
degli affluenti di sinistra del Fiume Po, nei quali la trota autoctona è la marmorata. Le
recenti acquisizioni nel campo della genetica applicata all’ittiologia hanno reso ancora più
urgente la necessità di porre attenzione a tale aspetto: è, infatti, ormai accertato che
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anche le trote fario comunemente allevate e utilizzate per i ripopolamenti appartengono ad
un ceppo «atlantico» originario dei corsi d’acqua d’oltralpe, quindi da considerarsi esotico
ai fini dell’immissione nei torrenti a sud delle Alpi e sugli Appennini, nei quali invece la trota
fario autoctona appartiene ad un ceppo «mediterraneo».
L’introduzione di specie esotiche deve quindi essere evitata, facendo attenzione anche al
rischio di immissioni accidentali: tale evento è particolarmente rischioso nel caso dei
ripopolamenti di Ciprinidi, che sono spesso difficili da identificare in fase giovanile, e tra i
quali si possono celare specie alloctone. Un’ulteriore possibilità di introduzione accidentale
di nuove specie è costituita dall’uso di pesci vivi come esca; la composizione specifica di
tali pesci è spesso alquanto eterogenea e la provenienza dubbia, così che possono
facilmente ospitare specie esotiche che se sopravvivono possono colonizzare il nuovo
ambiente.
L’utilizzo di specie esotiche per il ripopolamento può essere giustificato solo in casi
particolari, come nel caso di ambienti fortemente artificializzati; in ogni caso, è opportuno
che le specie utilizzate non siano in grado di riprodursi o che il corpo idrico in cui sono
immesse sia assolutamente confinato, in modo da prevenire ogni possibile diffusione dei
pesci immessi. Casi di questo tipo possono riguardare l’impiego della trota iridea e del
salmerino di fonte nei bacini artificiali sottoposti a periodici svuotamenti (ambienti confinati
e instabili), oppure l’utilizzo della trota iridea al posto della trota fario come materiale
«pronta pesca» per evitare l’inquinamento genetico delle trote fario di ceppo mediterraneo
e delle trote marmorate.
12.1.2 Reintroduzioni
Per «reintroduzione» si intende l’immissione di una specie ittica in un corpo idrico nel
quale è scomparsa per diversi possibili motivi (inquinamento, piene rovinose,
artificializzazione dell’habitat o delle portate, pesca eccessiva, malattie ecc.), ma di cui ne
era certa la presenza in passato. Tale operazione è attualmente condotta in diverse acque
italiane relativamente a specie pregiate quali, in particolare, la trota marmorata e il temolo.
Per il successo di questo tipo di immissione, che ha come finalità il ripristino delle
popolazioni naturali in grado di autosostenersi, è assolutamente fondamentale, oltre alla
qualità del materiale impiegato, che siano state rimosse, o quanto meno attenuate, le
cause dell’estinzione della specie da reintrodurre; senza quest’ultimo indispensabile
requisito, l’immissione di pesci in un ambiente sfavorevole potrà, al meglio, dare risultati
scarsi e di effimera durata. All’interno di questo tipo di operazioni è possibile comprendere
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 39
non solo la reintroduzione di specie scomparse, ma anche i tentativi di reintroduzione di
ceppi autoctoni di specie già presenti, ma rappresentate da popolazioni di origine
alloctona. Per la loro natura queste operazioni sono fortemente raccomandabili e da
sostenere con ogni mezzo possibile.
12.1.3 Ripopolamenti
Con il termine «ripopolamento» si intende l’immissione di individui di specie ittiche in un
corpo idrico nel quale esse sono già presenti, allo scopo di incrementarne artificialmente il
numero di individui. Questa operazione è giustificata nel caso in cui la popolazione
naturale della specie in questione non sia in grado di provvedere autonomamente al
mantenimento della densità ai valori consentiti dalle potenzialità ambientali (ossia se non è
in grado di raggiungere la capacità portante); questo può avvenire, per esempio, quando il
prelievo alieutico supera le capacità di reclutamento naturali, quando alterazioni ambientali
di vario tipo limitano il successo riproduttivo di una specie, o quando eventi naturali
catastrofici (piene, siccità ecc.) ne determinano un grave depauperamento. Il
ripopolamento di corpi idrici in cui le popolazione ittiche si trovano già in condizioni ottimali,
costituisce, invece, uno spreco di risorse, in quanto tutti i pesci immessi che eccedono la
capacità portante dell’ambiente sono destinati ad essere eliminati dalla selezione naturale.
Esso però non solo è inutile, ma può addirittura risultare controproducente; ogni
immissione comporta, infatti, rischi igienico – sanitari legati all’introduzione di agenti
patogeni, e il sovraffollamento accentua la possibilità di trasmettere infezioni. È inoltre
dimostrato che una densità eccessiva di avannotti di trota determina un peggioramento
dell’accrescimento individuale e quindi delle possibilità di sopravvivenza dei soggetti.
Queste considerazioni rendono necessaria un’accurata valutazione, per ogni corso
d’acqua, dell’opportunità o meno di condurre ripopolamenti e dei quantitativi necessari, per
i quali si rimanda all’apposito paragrafo.
12.2 Piano di ripopolamento ittico
Annualmente la Provincia predispone il piano di ripopolamento ittico provinciale. Lo stesso
deve contenere, per ogni ambiente acquatico considerato:
specie da immettere;
quantità;
taglia.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 40
Dovranno inoltre essere elencati e descritti gli interventi riguardanti le campagne di
riproduzione artificiale delle popolazioni naturali.
Dal punto di vista della provenienza del materiale da semina, lo stesso dovrà essere
reperito, ove possibile, dalle strutture produttive provinciali e originare dalla riproduzione di
popolazioni locali delle specie allevate.
Occorre precisare come il Piano, in materia di ripopolamenti, recepisca le prescrizioni
impartite dalla DGR 20 aprile 2001 – n. 7/4345 “Approvazione del Programma Regionale
per gli Interventi di Conservazione e Gestione della Fauna Selvatica nelle Aree Protette e
del Protocollo di Attività per gli interventi di reintroduzione di specie faunistiche nelle Aree
Protette della Regione Lombardia”. In un’ottica di coerenza, all’interno delle aree regionali
protette, le immissioni devono essere compatibili con le finalità di protezione,
conservazione e valorizzazione della fauna autoctona espresse dagli atti programmatori
propri degli enti gestori di tali aree; pertanto, un ulteriore elemento di cui la Provincia terrà
conto nella valutazione e autorizzazione delle immissioni di ittiofauna, riguarda la presenza
di batracofauna nei corpi idrici destinati alle immissioni, in particolare di quelle specie
protette ai sensi della L.R. 10/2008. Analoghe attenzioni saranno poste per i corpi idrici
minori in cui sono segnalate significative popolazioni di gambero autoctono. Saranno
pertanto evitate operazioni di ripopolamento anche di specie autoctone, in tutti quei bacini
naturali o artificiali che presentano caratteristiche ottimali per la riproduzione degli anfibi
(limitata estensione, ridotta profondità, assenza di immissari/emissari) e per la presenza
accertata di gambero autoctono.
Il Piano, inoltre, valuta l’opportunità di effettuare interventi di eradicazione/traslocazione di
ittiofauna introdotta in passato in bacini che presentano particolare interesse per la
batracofauna.
12.2.1 Vocazionalità ittica, autoctonia e specie da immettere
Sulla base di quanto premesso, di quanto previsto dal Documento Tecnico Regionale per
la Pesca e dei monitoraggi effettuati, la scelta delle specie da immettere sarà effettuata
sulla base della vocazionalità dei corpi idrici provinciali e delle caratteristiche riproduttive
delle diverse specie. Particolare attenzione verrà quindi posta alle specie la cui
riproduzione naturale nelle nostre acque è impossibile (es. anguilla), molto difficoltosa, o a
rischio di compromissione per cause naturali o artificiali (es. coregoni), alle specie
autoctone di maggior rilevanza faunistica che mostrano andamenti in calo rispetto alle
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 41
proprie potenzialità (es. carpione, salmerino alpino, trota marmorata), e alle specie di
maggior interesse per la pesca professionale.
Per quanto riguarda le immissioni nei parchi, le stesse saranno concordate con l’Ente
Gestore.
12.2.2 Quantificazione dei ripopolamenti
Gli elementi che consentono di stimare il numero di individui necessario a ripopolare un
ambiente acquatico sono diversi e fra questi si ricordano:
la dimensione del corso d’acqua;
la qualità dell’acqua e dell’habitat che ne determinano la capacità portante;
la presenza e l’entità della riproduzione naturale;
lo stadio vitale utilizzato.
12.2.3 Laghi
Le specie prioritarie nei piani di ripopolamento degli ambienti lacustri, sulla base di quanto
sopra indicato, sono: anguilla, coregone, carpione, trota lacustre, luccio; sulla base di
evidenze locali che indichino sofferenze specifiche sono ipotizzabili anche ripopolamenti
con tinca, carpa e persico reale, anche se normalmente la loro elevata fecondità rende la
riproduzione naturale sufficiente al mantenimento di tali specie.
Per tutti i laghi, oltre a quanto indicato, valgono una serie di principi che devono guidare
complessivamente la stesura del piano di gestione, tra cui:
tutelare e sostenere la riproduzione naturale e gli habitat a questa deputati, quali le
legnaie e le spiagge per le specie litofile;
conservare e incrementare le zone di canneto;
costruire i passaggi artificiali per pesci in corrispondenza degli sbarramenti
invalicabili presenti nei tratti terminali degli immissari e iniziali degli emissari;
rimuovere attivamente e selettivamente le specie ittiche non autoctone che
danneggiano l’equilibrio del popolamento ittico.
12.2.4 Corsi d'acqua a Salmonidi - vocazione a trota fario
In questa tipologia rientrano i corsi d’acqua torrentizi di piccole e medie dimensioni e il
tratto montano dei corsi d’acqua maggiori, dove le specie autoctone sono, oltre alla trota
fario di ceppo «mediterraneo», lo scazzone, la sanguinerola, il vairone.
Per quanto riguarda lo scazzone saranno effettuate reintroduzioni negli ambienti
vocazionali dove la specie risulta scomparsa.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 42
Nelle zone vocazionali alla trota fario, le immissioni dovranno essere condotte, ove
possibile, utilizzando esclusivamente ceppi locali di questa specie, preferibilmente con
avannotti prodotti negli incubatoi ittici provinciali, quando la copertura territoriale e la
produzione di questi ultimi sarà sufficiente.
Il calcolo del numero di giovani di trota fario da utilizzare in ciascun corso d'acqua, sarà
effettuato tenendo in considerazione i seguenti fattori:
superficie bagnata approssimativa in periodo di magra, che rappresenta il momento
limitante;
presenza o meno di riproduzione naturale;
consistenza e struttura delle popolazioni censite;
naturalità e morfologia del corso d'acqua (in particolare disponibilità di rifugi);
taglia utilizzata.
Sulla base degli elementi citati la quota di ripopolamento dovrebbe essere calcolata in un
range compreso fra 0,5 e 5 trotelle 6-9 cm ogni 10 m2 di superficie bagnata. In relazione
alla taglia da utilizzare, occorre tenere in considerazione che più i soggetti utilizzati sono
giovani, più hanno possibilità di adattamento nel lungo periodo, anche se questo comporta
una maggiore mortalità iniziale legata alla loro fragilità. L’utilizzo delle uova embrionate è
fortemente raccomandato negli ambienti di piccole dimensioni con portata stabile; la loro
messa a dimora richiede esperienza degli operatori oltre all’accessibilità dei siti in periodo
invernale; in sintesi, è possibile prevedere l’utilizzo di taglie maggiori al crescere del corso
d’acqua.
Gli aspetti quantitativi, comunque, non devono far passare in secondo piano il più
importante aspetto qualitativo del materiale utilizzato che, invece, deve diventare l’obiettivo
prevalente della campagna di ripopolamento. L’evoluzione della moderna troticoltura ha
portato alla produzione standardizzata di materiale ittico, normalmente originario del nord
Europa (la cosiddetta fario atlantica), scarsamente idoneo al ripopolamento di ambienti
naturali; occorre dunque una inversione di tendenza che, attraverso l’autoproduzione negli
incubatoi di valle, porti alla riproduzione di ceppi selvatici che dimostrino in natura capacità
di adattamento e di riproduzione naturale.
12.2.5 Corsi d'acqua a Salmonidi - vocazione a trota marmorata e temolo
Questi ambiti sono rappresentati dai tratti di fondovalle dei fiumi principali in cui la trota
marmorata e il temolo sono le specie maggiormente vocazionali. Tali specie sono presenti,
pur in modo largamente minoritario, anche in acque di pianura a vocazione mista e
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 43
potranno, anche qui, essere sostenute con interventi di ripopolamento. Dal punto di vista
quantitativo e qualitativo, valgono i concetti espressi per la trota fario, con la peculiarità
che tali specie sono scarsamente presenti sul mercato e quando lo sono hanno costi
proibitivi; anche per queste specie, pertanto, l’autoproduzione sarebbe altamente
raccomandabile, in questo caso, oltre che per motivi faunistici, anche per motivi
economici.
12.2.6 Corsi d'acqua con vocazione ittica mista
Per gli altri corsi d'acqua provinciali saranno indicate le specie ittiche che potrebbero
essere utilizzate per il ripopolamento, fermo restando il principio che per i Ciprinidi, in
funzione della loro elevata fecondità, è comunque da privilegiare la tutela degli habitat a
qualsiasi forma di ripopolamento. Particolare attenzione sarà posta alle specie migratrici,
che sono impedite nei loro spostamenti dalla presenza di limitazioni naturali o artificiali, e
ai predatori quali il luccio, quando la scarsità di habitat riproduttivi rende la specie
scarsamente presente.
L’effettuazione di ripopolamenti con specie ciprinicole sarà da valutare in particolare a
seguito di morie o asciutte, risolte le quali occorre ricostituire un popolamento ittico che è
stato gravemente o completamente ridotto.
12.3 Efficacia e limiti dei ripopolamenti
È opportuno ricordare che spesso i risultati ottenuti non sono proporzionali agli sforzi
effettuati, soprattutto perché la capacità portante, cioè la quantità di pesci che possono
vivere in un ambiente, non dipende dalle immissioni bensì dalla qualità ambientale del sito
e dalla qualità del materiale ittico utilizzato. In considerazione delle diverse condizioni
ambientali presenti sul territorio provinciale, è necessario programmare la verifica dei
risultati ottenuti e la rimozione, ove possibile, dei fattori ambientali limitanti, pena la scarsa
efficacia delle iniziative ittiogeniche intraprese.
12.4 Gli incubatoi ittici
L’incubatoio ittico è una struttura di produzione di pesce, normalmente legata ad un
territorio (incubatoio di valle) e gestito per la riproduzione artificiale delle specie ittiche di
maggior interesse per la pesca dilettantistica e professionale.
L’esigenza della creazione di incubatoi ittici di valle è legata alla necessità di migliorare la
qualità del materiale per i ripopolamenti, dato che in passato tale pratica era condotta
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 44
esclusivamente acquistando le uova o i pesci, a diversi stadi di crescita, direttamente dai
grandi produttori e dagli allevamenti industriali, i quali non erano, e non sono in grado di
fornire quelle caratteristiche genetiche, di rusticità e di adattabilità delle specie tipiche degli
ambienti naturali.
Il funzionamento degli incubatoi ittici dipende dalla cattura di riproduttori selvatici con il
relativo intervento di riproduzione artificiale; le uova fecondate così prodotte vengono
incubate e fatte schiudere allevando gli individui fino al raggiungimento dello stadio di
crescita più idoneo per la semina. Questo approccio assicura la certezza della
provenienza delle uova, di un patrimonio genetico frutto di millenni di selezione naturale,
l’assenza di problemi di tipo sanitario legati all’introduzione di possibili agenti patogeni, ed
evita le scarse capacità adattative che normalmente caratterizzano gli individui acquistati;
inoltre, la disponibilità in loco del materiale da semina permette una maggiore capacità
organizzativa per calibrare al meglio, a seconda della disponibilità del personale o delle
condizioni climatiche, i tempi e le modalità per le semine.
Riepilogando, quindi, l’importanza di queste strutture riguarda:
la qualità del prodotto, che deve originare preferibilmente dalla riproduzione
artificiale di popolazioni selvatiche;
la disponibilità del materiale in loco per tutta la stagione di crescita, che
consente una migliore programmazione dei ripopolamenti;
i costi rispetto alla qualità del prodotto, poiché la gestione è solitamente affidata
a personale volontario;
la crescita “culturale” dell’associazione impegnata nell’iniziativa, che diviene un
punto di riferimento per i pescatori della zona, ma anche per attività divulgativo-
didattiche.
Le strutture ad oggi presenti sul territorio provinciale che operano, convenzionate con la
Provincia, nell’ambito dei ripopolamenti ittici delle acque pubbliche, sono riepilogate nella
tabella seguente.
LOCALITÀ POTENZIALITÀ PRODUTTIVE AMBITO PREVALENTE
Desenzano Coregone, carpione, trota lacustre, marmorata e fario, luccio, Ciprinidi autoctoni
Lago di Garda e acque correnti dell’alto Garda
Cortefranca Coregone, luccio, Ciprinidi autoctoni Lago d’Iseo e acque coerenti del bacino imbrifero del F. Oglio
Tremosine Salmonidi Alto Garda
Casto Salmonidi Valle Sabbia
Vezza d’Oglio Salmonidi Valle Camonica
Tabella 12-1: elenco degli incubatoi ittici in Provincia di Brescia.
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Le prime due sono di proprietà della Provincia che le gestisce direttamente avvalendosi
della collaborazione di associazioni di pescatori; le altre strutture sono invece di proprietà
diversa ma gestite dalle locali Associazioni di pescatori e forniscono il materiale ittico alla
Provincia a seguito di convenzioni con i gestori.
Per quanto riguarda la struttura a servizio del Lago d’Iseo le ridotte dimensioni e le
prospettive di una mancata disponibilità futura dello stabile hanno comportato l’avvio delle
procedure tecniche, amministrative ed economiche per la realizzazione di una nuova unità
produttiva.
Ai fini di un’adeguata copertura del territorio provinciale sarebbe opportuno disporre di
strutture produttive anche in Valle Trompia.
Al completamento delle strutture, dovrà seguire una fase di programmazione in cui il
funzionamento delle diverse strutture viene “messo in rete” dall’Ufficio Pesca che, pur nel
rispetto delle specificità locali, mette a frutto le sinergie e le eccellenze delle singole
strutture per ambiti più ampi di quelli di propria competenza.
Sono inoltre presenti sul territorio provinciale numerose aziende ittiche con le quali, di
volta in volta, sarà possibile sviluppare rapporti di collaborazione e fornitura di materiale
ittico da ripopolamento, in relazione alle specificità ed alle regole che definiscono gli
acquisti della Pubblica Amministrazione.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 46
13 INDIRIZZI DI GESTIONE PER LE SPECIE DI INTERESSE
CONSERVAZIONISTICO E PER QUELLE AUTOCTONE IN CALO
Alcune specie ittiche meritano una particolare attenzione gestionale per il fatto di essere
particolarmente rare, magari non a livello locale ma a livello nazionale o comunitario, o
perché hanno un ruolo rilevante nella catena trofica o dal punto di vista degli interessi della
pesca professionale e/o dilettantistica. Entrambe queste tipologie necessitano di
attenzione gestionale.
13.1 Specie di interesse comunitario
Sono oggetto di particolare attenzione gestionale tutte le specie dell’Allegato II della
Direttiva Habitat presenti sul territorio provinciale riportate nella tabella seguente.
SPECIE ITTICA NOME SCIENTIFICO
Agone Alosa fallax
Barbo comune Barbus plebejus
Barbo canino Barbus meridionalis
Cobite comune Cobitis taenia
Cobite mascherato (Sabanejeweia larvata
Lampreda padana Lethenteron zanandreai
Lasca Chondrostoma genei
Pigo Rutilus pigus
Savetta Chondrostoma soetta
Scazzone Cottus gobio
Storione cobice Acipenser naccarii
Trota marmorata Salmo (trutta) marmoratus
Vairone Leuciscus souffia
Tabella 13-1: elenco delle specie presenti in Provincia di Brescia riportate nell’Allegato II della Direttiva Habitat
Per queste specie, fatte salve specifiche situazioni di notevole consistenza delle
popolazioni (es. agone nei grandi laghi), sono da prevedere limitazioni forti al prelievo di
pesca.
13.2 Specie di interesse gestionale in forte contrazione
Fra le specie non protette a livello comunitario sono da considerarsi al momento prioritarie
negli sforzi di gestione per la loro salvaguardia ed incremento:
il Carpione del Garda
l’ Alborella
il Luccio
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 47
la Trota lacustre.
Per ognuna di queste specie sono individuate specifiche misure (creazione di zone di
tutela della riproduzione naturale, progetti di riproduzione artificiale, sospensione e/o forte
limitazione del prelievo) finalizzate alla loro salvaguardia.
Per quanto riguarda sia l’alborella che il carpione la grande rilevanza faunistica delle due
specie e lo stato di forte contrazione in cui gravano, ad oggi, le rispettive popolazioni, al di
là degli aspetti strettamente regolamentari, suggeriscono la messa in atto di interventi
gestionali straordinari a sostegno delle due specie.
Per il carpione in particolare è da prevedersi l’ulteriore sviluppo di iniziative come quella in
atto attraverso il Progetto SALVACARPIO, sostenuto anche dalla Regione Lombardia, che
ha consentito per la prima volta di ottenere la riproduzione artificiale di soggetti allevati in
cattività.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 48
14 REGOLAMENTAZIONE E CONTROLLO DELLA PESCA
In questo capitolo sono presi in esame alcuni aspetti della gestione della fauna ittica, utili
al miglioramento delle modalità gestionali della pesca in Provincia di Brescia. Le
indicazioni che seguono costituiscono riferimento per le scelte provinciali in merito ai
compiti che il Regolamento Regionale n. 9/2003 e succ. mod. affida alle province.
Per quanto riguarda le acque interprovinciali e interregionali (laghi d’Iseo e di Garda e il
Fiume Oglio), piuttosto che quelle che ricadono in ambiti protetti (Parco Nazionale dello
Stelvio, Parchi Regionali, Riserve Naturali, Siti della Rete Natura 2000), gli indirizzi di
seguito espressi rappresentano la posizione della Provincia all’interno dei gruppi di lavoro
che portano alla definizione degli specifici regolamenti che regolano la pesca in tali ambiti.
In sintesi quindi i vincoli espressi nei paragrafi che seguono riguardano le acque A, B e C
provinciali con l’esclusione degli ambiti sopra citati per i quali è prevista apposita
regolamentazione.
14.1 Specie oggetto di particolare tutela per le quali si prevede il divieto di pesca
In virtù del particolare pregio faunistico di alcune specie ittiche e dello stato di forte
contrazione che le stesse hanno mostrato sul territorio, viene definito uno stato di
particolare tutela, che si traduce nel divieto di pesca temporaneo, per la durata del
presente piano, per le specie di seguito elencate:
lasca (Chondrostoma genei);
barbo canino (Barbus meridionalis);
scazzone (Cottus gobio);
spinarello (Gasterosteus aculeatus);
cobite (Cobitis taenia);
cobite mascherato (Sabanejeweia larvata);
ghiozzo padano (Padogobius martensii);
panzarolo (Orsinigobius punctatissimus);
alborella (Alburnus alburnus alborella);
savetta (Condrostoma soetta);
pigo (Rutilus pigus);
triotto (Rutilus erythrophthalmus);
lampreda padana (Lethenteron zanandreai).
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 49
La cattura di un soggetto appartenente alle specie citate comporta la sua immediata
liberazione. Si ricorda che è inoltre vietata la cattura di individui della specie Storione
cobice (Acipenser naccarii).
La Provincia, sulla base dei dati che emergono dai monitoraggi ittici, sentita la Consulta
Provinciale della Pesca, può revocare tali divieti o inserire altre specie nell’elenco.
14.2 Periodi di divieto
Il periodo di divieto di pesca è una momentanea sospensione del prelievo alieutico che
risponde alla necessità di tutelare le diverse specie ittiche durante il loro periodo
riproduttivo. Ai sensi del comma 3 dell’art. 2 del Regolamento Regionale 9/2003, la
Provincia, a parziale integrazione e modifica di quanto già indicato nel comma 1 dello
stesso articolo, individua le misure minime idonee alla tutela e all’incremento delle diverse
specie ittiche. È quindi necessario che, per i singoli ambienti acquatici e per le singole
specie, vengano definiti i periodi di riproduzione locali; tali periodi possono differire o
essere di maggiore durata rispetto alle indicazioni del Regolamento Regionale, indicati
nella tabella che segue. La tabella che segue riguarda sole le acque B e C interamente
situate all’interno dei confini provinciali.
SPECIE PERIODO DI DIVIETO
Trota marmorata e ibridi prima domenica di ottobre ultima domenica di febbraio
Trota fario prima domenica di ottobre ultima domenica di febbraio
Coregoni 1-12 / 15-1
Persico reale 5-4 / 20-5
Luccio 20-2 / 30-4
Tinca 20-5 / 20-6
Barbo comune 20-5 / 20-6
Vairone 15-4 /31-5
Cavedano 1-5/31-5
Carpa 15-5/30-6
Scardola 1-5/31-5
Persico trota 15-4 /31-5
Tabella 14-1: periodi di divieto di cattura
Sempre in termini di periodo di pesca, per il tratto di fiume Chiese fra Gavardo e Vobarno,
e per il Lago di Valvestino, pur classificati come acque di tipo C, in considerazione della
composizione parzialmente salmonicola del popolamento ittico presente e della tipologia di
ripopolamenti in atto, è prevista la chiusura della pesca nel periodo invernale compreso fra
la prima domenica di ottobre e l’ultima domenica di febbraio.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 50
La Provincia, sulla base dei dati che emergono dai monitoraggi ittici, sentita la Consulta
Provinciale per la Pesca, può modificare tali divieti o inserire periodi per altre specie
nell’elenco.
Per gli ambienti acquatici che risultano condivisi con altre Province (laghi di Garda e
d’Iseo, Fiume Oglio), la definizione di tali periodi avverrà attraverso apposite
regolamentazioni congiunte, che eviteranno differenti periodi di chiusura su lati diversi
dello stesso ambiente.
14.3 Misure minime di cattura
Il significato faunistico di stabilire una misura minima di prelievo è relativo alla necessità di
tutelare i pesci nella loro fase giovanile di vita sino, almeno, alla loro prima riproduzione,
così da consentire la sopravvivenza della specie. Talvolta poi, quando la specie oggetto di
pianificazione è in uno stato di forte contrazione numerica, è opportuno proteggere anche
più di una stagione riproduttiva. La definizione della misura minima di cattura passa quindi
da una fase tecnico-scientifica in cui viene definito il rapporto età - lunghezza che, oltre ad
essere ovviamente diverso per ogni specie, può essere anche sito-specifico.
Ai sensi del comma 7 dell’art. 3 del Regolamento Regionale 9/2003 e succ mod, la
Provincia, a parziale integrazione e modifica di quanto già indicato nel comma 1 dello
stesso articolo, individua le misure minime idonee alla tutela e all’incremento delle diverse
specie ittiche. Nelle acque di tipo B e C interamente situate nei confini provinciali, valgono
le misure che seguono:
SPECIE ITTICA MISURA MINIMA DI CATTURA
Trota marmorata e ibridi 40
Trota fario 22
Trota iridea 18
Carpione 30
Coregoni 30
Salmerino alpino 22
Temolo 35
Persico reale 18
Luccio 45
Tinca 25
Barbo comune 25
Anguilla (Anguilla anguilla) 40
Carpa 30
Cavedano 25
Persico trota 28
Tabella 14-2: misure minime per le singole specie.
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Anche nel caso delle misure minime, per gli ambienti acquatici che risultano condivisi con
altre Province (laghi di Garda e d’Iseo, Fiume Oglio), la definizione di tali misure avverrà
attraverso apposite regolamentazioni congiunte che eviteranno differenti misure minime su
lati diversi dello stesso ambiente.
La Provincia, sulla base dei dati che emergono dai monitoraggi ittici, sentita la Consulta
Provinciale per la Pesca, può modificare le misure minime o inserire altre specie fra quelle
soggette a tale misura di tutela.
14.4 Limiti di cattura
Ai fini di tutelare le specie o le popolazioni in regressione, la Provincia, ai sensi dell’art. 3,
comma 7, del Regolamento Regionale 9/2003, può introdurre ulteriori limitazioni
quantitative o di peso rispetto ai limiti stabiliti dal regolamento stesso (1 capo di trota
marmorata, 2 capi di luccio). In particolare, per alcune specie di particolare pregio
faunistico o particolarmente protette anche a livello comunitario, il limite di 5 kg al giorno
non è conciliabile con la tutela di cui tali specie necessitano. Sulla base dell’attuale stato
dei popolamenti ittici provinciali, tale limite è posto uguale a 1 kg complessivamente per le
seguenti specie:
vairone (Leuciscus souffia);
gobione (Gobio gobio);
sanguinerola (Phoxinus phoxinus).
La Provincia, sulla base dei dati che emergono dai monitoraggi ittici, sentita la Consulta
Provinciale per la Pesca, può revocare tali divieti o inserire altre specie nell’elenco.
14.5 Pesca nel fiume Oglio a valle del lago d’Iseo
Il Fiume Oglio a valle del lago d’Iseo è un corpo idrico interprovinciale poiché esso è
ricompreso nei confini amministrativi, oltre che della provincia di Brescia, anche delle
province di Bergamo, Cremona e Mantova. Ai sensi delle vigente normativa regionale le
quattro Province si sono riunite e hanno prima predisposto poi condiviso un testo
regolamentare per la pesca nel Fiume Oglio sublacuale, approvato nel 2006 da ciascuna
Provincia.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
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14.6 Obiettivi di gestione per il Lago di Garda
Il Lago di Garda è il principale specchio lacustre italiano. La sua gestione, dal punto di
vista dell’ittiofauna e della pesca, è condivisa, attraverso un apposito regolamento
interregionale, fra le province di Brescia, Verona e Trento.
L’attuale versione del regolamento risale al 2000 e necessita di alcuni interventi di
adeguamento, previsti per un prossimo futuro.
Gli interventi regolamentari e gestionali saranno orientati verso i seguenti obiettivi generali:
- la pesca professionale rappresenta un’attività economica di rilievo che deve essere
tutelata e sostenuta;
- la pesca dilettantistica, che si è notevolmente modificata nel corso degli anni, deve
trovare occasioni fruitive adeguate alle attese;
- fra le specie ittiche, necessitano di interventi utili all’incremento delle popolazioni,
prioritariamente il carpione e l’alborella, ma anche il luccio, la trota di lago nonché il
coregone per il suo ruolo nella pesca professionale; in particolare per le prime due
specie citate, l’attuale situazione comporta anche interventi regolamentari severi;
- il centro ittico di Desenzano rappresenta una risorsa strategica per la gestione ittica
del lago e la sua gestione deve essere adeguatamente sostenuta e potenziata;
- la riproduzione naturale delle specie ittiche presenti è un elemento imprescindibile
per il mantenimento del popolamento ittico del lago, che deve essere salvaguardata
da periodi di divieto, misure minime e strumenti di cattura adeguati all’obiettivo;
- tutti gli interventi ambientali, diretti ed indiretti, che possono migliorare gli habitat
lacustri sono da sostenere.
14.7 Obiettivi di gestione per il Lago d’Iseo
Il Lago d’Iseo è uno dei principali bacini lacustri lombardi. La sua gestione, dal punto di
vista dell’ittiofauna e della pesca, è condivisa, fra le province di Brescia e Bergamo.
Tale condivisione sarà conseguita compiutamente dal punto di vista regolamentare
attraverso la redazione e l’approvazione di un apposito Regolamento di pesca del Lago di
Iseo.
Gli interventi regolamentari e gestionali saranno orientati verso i seguenti obiettivi generali:
- la pesca professionale rappresenta un’attività economica di rilievo che deve essere
tutelata e sostenuta;
- la pesca dilettantistica, che si è notevolmente modificata nel corso degli anni, deve
trovare occasioni fruitive adeguate alle attese;
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 53
- fra le specie ittiche, necessitano di interventi utili all’incremento delle popolazioni il
luccio, la trota di lago, il salmerino alpino e l’alborella, nonché il coregone per il suo
ruolo nella pesca professionale;
- per l’alborella in particolare lo stato della popolazione non pare ad oggi compatibile
con ulteriori prelievi;
- la situazione dell’incubatoio ittico oggi in uso richiede l’individuazione e la messa in
atto di soluzioni diverse, in particolare attraverso la costruzione/affitto di un nuovo
incubatoio;
- la riproduzione naturale delle specie ittiche presenti è un elemento imprescindibile
per il mantenimento del popolamento ittico del lago, che deve essere salvaguardata
da periodi di divieto, misure minime e strumenti di cattura adeguati all’obiettivo;
- tutti gli interventi ambientali, diretti ed indiretti, che possono migliorare gli habitat
lacustri sono da sostenere.
14.8 Il Lago d’Idro
Il Lago d’Idro è un bacino lacustre di notevole interesse per l’attività di pesca dilettantistica
e professionale; sul lago insistono inoltre alcuni tratti di diritto esclusivo di pesca del
Comune di Idro e l’uso civico per i residenti dei Comuni di Anfo e Idro. Il popolamento ittico
del lago è abbondante e ben diversificato e, nella zona di Bagolino, la vicinanza con la
foce del Chiese e le immissioni effettuate rendono frequente la cattura di trote. Le
specificità ambientali, amministrative e faunistiche citate hanno reso necessaria una
specifica regolamentazione di pesca, riepilogata nelle tabelle che seguono.
SPECIE ITTICA PERIODO DI DIVIETO
LAGO D’IDRO
Alborella (Alburnus alburnus alborella) 1-5/ 30-6
Barbo comune (Barbus plebejus) 20-05 / 20-06
Carpa (Cyprinus carpio) 20-05 / 30-06
Cavedano (Leuciscus cephalus) 15-05 / 15-06
Coregone lavarello (Coregonus lavaretus) 01-12 / 15-01
Luccio (Esox lucius) 01-03 / 15-04
Persico reale (Perca fluviatilis) 01-04 / 30-05
Persico trota (Micropterus salmoides) 01-05 / 15-06
Salmerino alpino (Salvelinus alpinus) Prima domenica di ottobre / ultima domenica di febbraio
Tinca (Tinca tinca) 20-05 / 30-06
Trota fario e lacustre (Salmo trutta trutta) Prima domenica di ottobre / ultima domenica di febbraio Trota marmorata (Salmo trutta marmoratus)
Tabella 14-3: periodi di divieto nel Lago d’Idro.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
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SPECIE ITTICA MISURA MINIMA (cm)
LAGO D’IDRO
Anguilla (Anguilla anguilla) 35
Barbo comune (Barbus plebejus) 30
Carpa (Cyprinus carpio) 30
Cavedano (Leuciscus cephalus) 25
Coregone lavarello (Coregonus lavaretus) 30
Luccio (Esox lucius) 40
Persico reale (Perca fluviatilis) 18
Persico trota (Micropterus salmoides) 30
Salmerino alpino (Salvelinus alpinus) 30
Tinca (Tinca tinca) 30
Trote fario, marmorate e lacustri 40
Tabella 14-4: misure minime nel Lago d’Idro.
Nella porzione di lago ricadente nei confini amministrativi del Comune di Bagolino, in
funzione delle sopra citate specificità ambientali e faunistiche, connesse allo sbocco del F.
Chiese ed all’abbondanza dei Salmonidi, la pesca di ogni tipologia, viene effettuata
unicamente dall’ultima domenica di febbraio alla prima domenica di ottobre.
14.9 La Riserva Naturale “Le Torbiere del Sebino”
La riserva naturale è composta da bacini di interesse per l’ittiofauna e per la pesca, la
quale risulta normata da un regolamento apposito, proposto dall’Ente Gestore ed
approvato dalla Provincia. Tale regolamento potrà essere modificato in considerazione dei
dati che emergono dai monitoraggi ittici e in relazione agli effetti prodotti dall’attività di
pesca.
Gli obiettivi gestionali che hanno ispirato tale regolamentazione, dal punto di vista
faunistico e piscatorio, sono:
tutela e incremento delle specie autoctone;
controllo e limitazione delle specie alloctone dannose, a cominciare dal siluro;
sviluppo della fruizione piscatoria dell’area, pur nell’ottica di un prelievo sostenibile
e di una piena compatibilità con gli obiettivi di protezione dell’area.
14.10 Il Parco dell’Adamello
Il Parco Regionale dell’Adamello ha adottato un regolamento che prevede alcune
restrizioni all’attività di pesca, in particolare all’interno del Parco Naturale, ove, tranne che
per i bacini artificiali, la pesca è vietata.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
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14.11 Attrezzi per la pesca professionale
Con l’obiettivo di assicurare l’equilibrio di popolamenti ittici dei bacini oggetto di pesca
professionale, la Provincia approva l’elenco degli attrezzi per la pesca professionale per
ciascun bacino lacustre oggetto di tale attività, definendo le maglie delle reti branchiali
sulla base dei dati di crescita al fine di tutelare le classi pre-riproduttive.
Tali elenchi saranno specifici per ognuno dei tre laghi oggetto di pesca professionale e,
per quanto riguarda i laghi di Garda e d’Iseo, concordati con le Province vicine.
Nel lago di Iseo e d’Idro nel periodo dall’1 aprile al 30 settembre le reti con le relative
segnalazioni dovranno essere salpate alle ore 17 di ogni sabato per essere riposte in
pesca ogni successiva domenica dalle ore 17. Dall’1 ottobre al 30 marzo le reti dovranno
essere salpate alle ore 17 di ogni sabato e messe in posa alle ore 14 di ogni domenica.
Per quanto riguarda il lago d’Idro gli attrezzi per la pesca professionale e le caratteristiche
d’uso sono indicati nella tabella 14-5. La Provincia fissa ulteriori norme di dettaglio e di
carattere generale relative alle modalità d’uso degli attrezzi professionali.
Rete Lunghezza massima
Altezza Massima
m
Maglia mm
Dotazione max per
pescatore
Modo d’uso Periodo vietato
Pala 250 (min. 100)
8 >= 45 m 250 compresa
congiunzione
Da posta in superficie E’ possibile usarla legata ad un solo capo in modo che possa muoversi in senso orario o antiorario
Divieto trota e coregone
Paletta 50 5 >= 45 n. 5 reti con divieto di
congiunzione
Esclusivamente da posta a fondo
Divieto tinca e carpa
Tremaglio
100 1,50 >=26 <=28
m 200 con divieto di
congiunzione
Esclusivamente da posta a fondo
Divieto persico reale
Antana 100 2 >=26 <=28
m 400 con divieto di
congiunzione
Esclusivamente da posta a fondo
Divieto persico reale
Gerola 50 2 >=10 M 50 Esclusivamente da posta in superficie
Divieto alborella
Palamiti o Spaderna
Lunghezza del filo m 300 max ami n.
100 del n. 4
1
Tirlindana (dirlindana) a 1 cucchiao
Lunghezza max del filo m 30
1
Tirlindana (borò) con non più di 15 Ami o cucchiai
1
Divieto pesca trota
Tabella 14-5: attrezzi professionali del Lago d’Idro.
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14.12 Attrezzi ed esche per la pesca dilettantistica
Ai fini del perseguimento degli obiettivi di piano, in relazione all’uso degli strumenti di
pesca dilettantistica, sono introdotte, ad integrazione di quanto previsto dalla normativa
regionale, le seguenti limitazioni:
è vietata la pesca con piombo terminale (camolera) sul tratto di F. Chiese
immissario del Lago d’Idro in modo permanente e, su tutte le acque di tipo B e /o
con presenza del temolo durante il periodo di riproduzione del temolo stesso;
è vietato l’ utilizzo della “lanzettiera” e della bilancia o bilancella sul lago d’Idro.
Oltre che nelle acque di tipo B è vietato l’uso della larva di mosca carnaria (cagnotto) nelle
acque di tipo C in cui sono previste immissioni di Salmonidi, individuate dal Piano di
Ripopolamento Ittico provinciale, fra queste il lago di Valvestino.
Per quanto riguarda la pesca con l’esca viva, ai fini della limitazione della diffusione delle
specie alloctone, è consentito solo l’uso di specie autoctone e/o pescate precedentemente
nello stesso bacino in cui si intende praticare la pesca.
14.13 Attrezzi di pesca tradizionali
Nel lago di Iseo, esclusivamente nel censuario di Monte Isola, è consentito ai pescatori
dilettanti residenti in quanto tipologia di pesca tradizionale, l’uso della spaderna o palamite
con non più di cinquanta ami di misura non superiore al n. 4, con il limite di una spaderna
per ciascun pescatore da utilizzarsi nel solo censuario di Monte Isola.
14.14 Pesca notturna
Nelle acque di tipo A e C è consentita la pesca nelle ore notturne all’anguilla, al siluro ed
alla carpa attraverso la tecnica nota come carpfishing.
14.15 Pesca da natante
È consentita la pesca da natante ancorato o in movimento nei soli laghi di Garda, Iseo,
Idro e Moro. In tutte le altre acque provinciali l’uso del natante per le attività di pesca è
consentito solo se quest’ultimo poggia con una estremità alla riva.
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14.16 Istituzione di modalità di controllo del pescato
La verifica dei risultati ottenuti grazie agli interventi gestionali messi in atto è un passo
necessario per il loro miglioramento; ciò è possibile anche grazie alla disponibilità di dati
sul pescato, sia nei laghi che nelle acque correnti. Tali informazioni consentono, in modo
oggettivo, di modulare qualità e quantità degli interventi, a cominciare dai ripopolamenti
sino alle regole di pesca. È quindi importante disporre, per ogni ambiente acquatico
sottoposto ad interventi gestionali significativi, di dati di pressione di pesca e di catturato.
Ai fini di disporre di dati affidabili relativi al prelievo della pesca professionale e
dilettantistica, verranno definiti, sentita la Consulta Provinciale per la pesca, strumenti di
controllo e monitoraggio del pescato professionale e dilettantistico ai sensi dell’art. 11,
comma 5, e dell’art. 18, comma 12, del Regolamento Regionale 9/2003 e succ.mod.
L’utilizzo di tali documenti sarà gradualmente esteso ai diversi ambiti territoriali e tipologie
di pesca e sarà, nel tempo, un utile supporto anche per l’attività di vigilanza.
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15 OPERE IDRAULICHE TRASVERSALI CAUSA DI SQUILIBRIO
ECOLOGICO
Ai sensi della DGR 23 gennaio 2004 n. 7/16065 “Disposizioni per la tutela della fauna
ittica, ai sensi dell'art. 12, comma 2, della l.r. 12/2001”, tutte le nuove derivazioni realizzate
su corsi d’acqua che il Piano Ittico provinciale classifica come acque “di interesse ittico”,
devono consentire i naturali movimenti in senso longitudinale dell’ittiofauna. In particolare,
la delibera stabilisce che è compito della Provincia individuare, con un proprio atto, tutte le
opere esistenti che comportano l’alterazione dell’equilibrio ecologico e che quindi
necessitano di interventi di adeguamento finalizzati al ripristino della continuità fluviale e
della libera circolazione della fauna ittica.
15.1 Individuazione
Il reticolo idrografico bresciano, in virtù della sua abbondanza di risorse idriche, è
fortemente interessato da opere di captazione idrica. Fra tutte le opere nel complesso
presenti, individuate e descritte nella Carta delle Vocazioni Ittiche, quelle ritenute di
maggior impatto per l’ecosistema fluviale e per l’ittiofauna sono quelle presenti lungo le
aste dei fiumi principali, ossia:
il Fiume Oglio in Valle Camonica,
il Fiume Oglio emissario del Lago d’Iseo da Sarnico sino al confine provinciale,
il Fiume Mella,
il Fiume Chiese dal Lago d’Idro sino al confine provinciale.
Tutte le opere che impediscono la libera migrazione dei pesci in tali corsi d’acqua
necessitano di interventi di realizzazione di passaggi artificiali per pesci.
Sono altresì ritenuti prioritari gli interventi riguardati le opere che interrompono la continuità
ecologica nei tratti terminali degli immissari dei corpi idrici citati, impedendo le migrazioni
da e per questi corpi idrici.
15.2 Effetti sulla continuità fluviale
Fra i numerosi effetti ambientali delle derivazioni idriche, descritti nel dettaglio nel capitolo
che segue, in questo paragrafo, rispetto alle specifiche competenze dell’Ufficio Pesca
della Provincia, viene presa in considerazione l’interruzione della continuità fluviale per la
presenza fisica della traversa che accompagna l’opera di presa, che impedisce il
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passaggio di organismi. I danni alla fauna ittica si verificano soprattutto nel periodo
riproduttivo quando i pesci adulti si spostano naturalmente verso zone caratterizzate da
acque basse e correnti, andando a compromettere il naturale reclutamento giovanile di un
intero tratto di un corso d’acqua; un’ulteriore criticità è rappresentata dalla maggiore
esposizione degli stadi giovanili all’attività predatoria e al rallentamento della loro
migrazione verso valle. Nei torrenti alpini il problema spesso riveste un’importanza minore
rispetto ai tratti a quota intermedia ed elevata, per la presenza di discontinuità naturali
quali salti e cascate. L’impatto può invece essere rilevante nei tratti finali dei torrenti e
soprattutto nei fiumi dove l’interruzione di percorribilità preclude migrazioni ittiche
riproduttive e trofiche. In tali tratti la realizzazione di passaggi artificiali per pesci è un
intervento necessario per la tutela e il mantenimento dell’ittiofauna.
15.3 Mitigazioni
La presenza di strutture invalicabili quali gli sbarramenti impedisce, come
precedentemente descritto, alla fauna ittica i movimenti migratori sia trofici che riproduttivi
lungo l'asta fluviale; tale problema può essere almeno in parte risolto mediante la
predisposizione di opportuni passaggi artificiali per pesci, detti anche “scale di risalita”:
si tratta di dispositivi artificiali, costruiti o montati sugli sbarramenti, che permettono il
passaggio dei pesci da valle verso monte.
Il principio di funzionamento di una scala di risalita consiste nell'attirare i pesci che
migrano in un punto preciso del corso d'acqua a valle dell'ostacolo e nel costringerli a
passare a monte di esso, attraverso un passaggio d'acqua appositamente progettato.
Di seguito sono descritte in modo sintetico le principali tipologie di passaggi artificiali per
pesci.
Passaggio a bacini successivi: è la tipologia di scala attualmente più utilizzata.
L'altezza da superare viene suddivisa in una serie di piccoli salti che alimentano
altrettanti bacini fra loro comunicanti per mezzo di stramazzi, di orifizi o di fenditure;
tali aperture, attraverso le quali fluisce l'acqua, regolano il livello dell'acqua in
ciascuno dei bacini.
Scale a rallentamento o di tipo "Denil": il principio consiste nel disporre sul fondo
e/o sulle pareti di un canale a forte pendenza, una serie di deflettori di forma più o
meno complessa, la cui funzione è quella di ridurre le velocità medie della corrente.
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Passaggio rustico o rapida artificiale: si tratta di un canale scavato su una delle
due rive, che congiunge due tronchi del corso d'acqua monte-valle; il canale è
caratterizzato da sponde e fondo rugoso, con presenza di ostacoli, in modo da
imitare un ambiente di ruscello naturale.
La realizzazione di queste strutture è tanto più importante quanto più è rilevante il flusso
migratorio nel tratto considerato, mentre in situazioni ambientali caratterizzate dalla
presenza di impedimenti naturali, quali cascate, rapide, ecc., essa risulta meno
significativa, e diventa invece preferibile una maggiore attenzione verso il DMV o altre
misure compensative. In termini di priorità sono certamente da privilegiare i tratti fluviali di
fondovalle.
15.4 Valutazione dei progetti dei passaggi per pesci
Ai sensi della sopra citata DGR 23 gennaio 2004 n. 7/16065 ” … il grado di funzionalità di
ogni singola struttura per la risalita dell’ittiofauna deve essere valutata ed approvata, in
fase progettuale, dalla provincia competente per territorio”.…..
Ai fini di esperire tale procedura di valutazione ed approvazione tutti i soggetti tenuti, ai
sensi della vigente normativa, alla presentazione di un progetto di realizzazione e/o
adeguamento di un passaggio per pesci dovranno, per il tramite dell’autorità concedente,
far pervenire all’Ufficio pesca ella Provincia gli elaborati che seguono.
RELAZIONE TECNICO DESCRITTIVA: CONTENUTI
Descrizione dell’asta fluviale e/o del sistema idrografico di appartenenza con
particolare riferimento alla presenza di altre eventuali discontinuità ed alla
condizione di frammentazione del corridoio acquatico,
Descrizione della localizzazione dello sbarramento di derivazione con informazioni
relative all’are di intervento e indicazioni delle caratteristiche plano altimetriche dei
siti, individuazione delle aree di accesso e delle viabilità sia per le fasi cantieristiche
che per le successive attività di manutenzione, caratterizzazione dei manufatti
esistenti con l’obiettivo di individuare i eventuali vincoli al contorno.
Descrizione delle caratteristiche idrauliche e di funzionamento dello sbarramento
con riferimento ai livelli idrici di valle e di monte e relative fluttuazioni;
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Individuazione dalla/delle specie ittiche target e dei periodi di ottimale
funzionamento sulla quale definire la tipologia e le caratteristiche dell’opera;
Indicazione di eventuali fenomeni di erosione/sedimentazione a monte e a valle
dello sbarramento, potenzialmente interferenti;
Indicazione del DMV e delle modalità di rilascio per la quota che non transita sul
passaggio;
Indicazione delle motivazioni di localizzazione del passaggio per pesci con
particolare riguardo al collegamento monte-valle ed alla sinergia con il rimanente
DMV.
Definizione della portata di progetto del passaggio (con range di variazione) e
descrizione delle modalità e degli organi che ne garantiscano l’alimentazione: scala
delle portate in cui vengano indicate, in funzione dei livelli idrici di monte, le portate
transitanti;
Dimensionamento del passaggio con riferimento ai parametri indicati dalla
manualistica di settore;
Per quanto riguarda la tipologia a bacini successivi indicazione di: pendenza media,
dimensioni del bacino tipo, caratteristiche del setto (dimensioni luci a battente ed a
stramazzo), dislivello idrico fra due bacini, potenza dissipata;
Per quanto riguarda le rampe in pietrame indicazione della pendenza, portata
specifica, dimensioni e posizioni dei massi e/o dei setti grezzi;
Sviluppo di un piano di manutenzione, ovvero previsione di opere di protezione
contro i corpi flottanti e il materiale sedimentato
Illustrazione del piano di collaudo e monitoraggio per poter testare oggettivamente
l’efficacia dell’opera
Documentazione fotografica dello stato di fatto
ELABORATI GRAFICI: CONTENUTI
Una planimetria generale di inquadramento dei luoghi (in scala 1:10000)
Una planimetria in scala di dettaglio (ad esempio 1:500, 1:200) dello stato di fatto
con riportato il rilievo plano-altimetrico, con chiaramente individuabili livelli idrici di
monte e valle;
Una planimetria di progetto in idonea scala (1:200, 1:100) con l’inserimento delle
soluzioni proposte nella loro localizzazione e con rappresentati gli elementi di
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interazione (ad esempio punto di recapito quota parte di Deflusso Minimo Vitale,
opere di grigliatura o sgrigliatura, punti di sedimentazione).
Una planimetria tecnica particolareggiata (ad esempio scala 1:100, 1:50) del
passaggio per pesci con tutte le quote utili ad individuarne caratteristiche
geometriche e particolari costruttivi;
Il profilo longitudinale sviluppato sull’asse dell’opera con riportati, oltre alle
caratteristiche geometriche, profili idraulici di progetto, minimi e massimi il tutto
quotato con indicazioni delle distanze progressive, delle pendenze e così via;
Sezioni tipologiche in più punti con particolare riferimento ai punti di imbocco,
sbocco e due punti significativi intermedi;
Particolari costruttivo e geometrici di un bacino tipo o di un tratto tipo comprensivo
di tipologia costruttiva (ad esempio per i passaggi a bacini successivi tipologia di
setto e scelta delle fessure laterali e fori di fondo, rivestimento del fondo del
bacino);
Particolari costruttivi delle opere accessorie (parapetti, opere di accesso come scale
e passerelle, eventuali paratoie di regolazione e soluzioni adottate per le attività di
ispezione, manutenzione e monitoraggio.
Una tavola di cantiere con indicazioni delle piste e degli accessi, le eventuali ture o
gli interventi di messa in asciutta o deviazione delle acque, le interferenze generate
dalle necessità operative e le opere finali di ripristino eventualmente previste e
prevedibili.
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16 ALTERAZIONI AMBIENTALI, CRITICITÀ ED INTERVENTI DI
MITIGAZIONE
In questo capitolo sono descritte le principali tipologie di alterazioni ambientali presenti
sugli ambienti acquatici del territorio provinciale, i relativi effetti, in particolare
sull’ittiofauna, e le indicazioni di adeguate misure di mitigazione delle stesse. Tali misure di
mitigazione saranno prospettate dal Settore durante le Conferenze dei Servizi e l’Esame
delle pratiche di Valutazione di Impatto Ambientale riguardanti interventi a carico degli
ambienti acquatici. Gli argomenti trattati sono:
le captazioni idriche;
le artificializzazioni degli alvei e delle sponde;
l’inquinamento delle acque;
le specie ittiche esotiche;
gli uccelli ittiofagi.
Vengono poi indicati gli obiettivi gestionali relativi agli obblighi ittiogenici e alle misure di
salvaguardia della fauna ittica in caso di interventi in alveo e asciutte.
16.1 Captazioni idriche
Con questo termine si intendono i prelievi idrici effettuati a scopo idroelettrico in montagna
e a scopo idroelettrico e irriguo in pianura. Tali captazioni, per le conseguenze sull’habitat
fluviale e sulla fauna ittica, costituiscono la principale criticità per le comunità ittiche delle
acque correnti sull’intero territorio provinciale.
16.1.1 Effetti sull’habitat fluviale
L’effetto più evidente che una captazione idrica provoca sull’habitat fluviale di un corso
d’acqua, consiste nella riduzione di portata a valle dell’opera di presa, che nei casi estremi
può portare al completo prosciugamento del corso d’acqua. L’habitat subisce quindi in
primo luogo un’alterazione di tipo quantitativo, con la diminuzione del volume d’acqua
presente; in relazione alla morfologia fluviale questo comporta anche una riduzione della
superficie bagnata dell’alveo e dei parametri idraulici come la velocità di corrente, la
profondità dell’acqua e la turbolenza.
La conformazione dell’alveo a valle della captazione emerge quale fattore di primaria
importanza nel determinare la gravità e la natura dell’impatto sull’habitat idraulico-
morfologico: a parità di riduzione di portata, infatti, un alveo stretto e profondo subirà una
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minore perdita di superficie bagnata rispetto ad un alveo largo e piatto; lo stesso tipo di
deflusso residuo che consente la presenza di acqua in un alveo poco permeabile, in un
alveo con substrato fortemente permeabile potrebbe essere invece insufficiente a
garantire lo scorrimento superficiale delle acque. Nei tratti con elevata pendenza
caratterizzati da sequenze di cascate con sottostanti pozze, la riduzione di portata può
invece avere conseguenze minori per le biocenosi, in quanto lo spazio vitale delle pozze si
conserva comunque.
L’alterazione dell’habitat idraulico, oltre ad essere di tipo quantitativo, è anche di tipo
qualitativo: la diminuzione di velocità di corrente, di profondità dell’acqua e di turbolenza
comportano una perdita della diversità idraulico–morfologica; in generale si assiste ad una
banalizzazione dell’habitat fluviale, con la scomparsa dei tratti di acque poco profonde e
veloci quali riffle e run, motivo per cui i tratti a ridotta pendenza, in cui dominano tali
tipologie, sono particolarmente vulnerabili alla riduzione di portata. In considerazione della
conformazione del reticolo idrografico di una valle alpina e dei sistemi di captazioni, può
accadere che il prelievo idrico nei torrenti laterali sia convogliato ad un canale di gronda,
anziché essere restituito al corso d’acqua di provenienza; questo provoca indirettamente
una riduzione della portata nel fiume principale di fondovalle, a cui è così sottratta una
consistente frazione dell’apporto idrico dei suoi tributari. In termini generali, gli effetti di una
derivazione idrica a carico dell’habitat e delle biocenosi fluviali, sono riassumibili nei punti
elencati di seguito.
Diminuzione della superficie dell’alveo bagnato e della profondità dell’acqua;
ciò determina una diminuzione della produttività complessiva dell’ecosistema
fluviale, poiché si riduce lo spazio disponibile per gli organismi acquatici per tutte le
attività vitali (spazio vitale, alimentazione e riproduzione) e, di conseguenza, la loro
abbondanza, sia in termini numerici che di biomassa. Vengono accresciuti lo stress
e il tasso di mortalità per le popolazioni residue, per effetto dell’aumento della
competizione intra e interspecifica e dell’esposizione a possibili predatori. Inoltre, le
condizioni idrologiche e la qualità dell’ambiente fluviale influenzano il tipo di taxa
rappresentati nella comunità macrobentonica, il loro numero complessivo e il
numero di individui con cui ciascun taxon è presente.
Diminuzione della capacità autodepurativa; ciò dipende dai processi di
demolizione della sostanza organica al suo interno operati dalla componente
microscopica della comunità biologica fluviale. Questa viene gravemente disturbata
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dalle alterazioni idrologiche, determinando cattiva ossigenazione (turbolenza),
scarso volume d’acqua (diluizione) e scarsa superficie bagnata disponibile come
substrato. Nei torrenti alpini questo aspetto è in genere meno importante rispetto al
fondovalle per la minore presenza di sorgenti di inquinamento.
Alterazione della capacità di omeostasi termica; un ridotto volume d’acqua in
alveo e una minore velocità di deflusso, espongono più facilmente la massa
d’acqua rimanente all’influsso della temperatura dell’aria e all’irraggiamento solare,
con un conseguente aumento delle temperature nel periodo estivo e una
diminuzione durante il periodo invernale. Nei torrenti d’alta quota il rischio maggiore
è legato alla formazione di ghiaccio invernale, mentre per i fiumi di fondovalle il
maggiore riscaldamento estivo per irraggiamento solare può modificare la comunità
ittica a sfavore dei Salmonidi e a favore dei Ciprinidi. Non solo per la fauna ittica ma
anche per le comunità macrobentoniche possono instaurarsi fenomeni di stress
legati proprio alle mutate condizioni termiche, determinando anche la loro
scomparsa.
Hydropeaking; la produzione di energia idroelettrica, ove possibile, prevede
l’accumulo dell’acqua durante la notte e nei fine settimana, quando la richiesta
energetica è minima, mentre durante le ore diurne dei giorni lavorativi essa viene
rilasciata per mettere in funzione le turbine e produrre elettricità. Ne consegue che i
tratti di corsi d’acqua interessati dal deflusso delle acque turbinate, subiranno dei
bruschi e consistenti aumenti di portata in corrispondenza della produzione di
energia elettrica, seguiti da altrettanto repentine e notevoli riduzioni di portata
quando invece la domanda cessa. Proprio in questo consiste l’hydropeaking, e si
può tradurre in cambiamenti di: velocità di corrente, profondità dell’acqua,
composizione del substrato ecc., interferendo con la vita della biocenosi fluviale. Il
danno per le popolazioni ittiche presenti risulta maggiore soprattutto per gli stadi
giovanili, a causa delle ridotte capacità natatorie; nel caso dei macroinvertebrati si
instaurano fenomeni di deriva a valle (drift).
Sghiaio dell’opera di presa; a monte di ogni sbarramento, per il processo di
sedimentazione di materiale fine quale limo, sabbia, ghiaia, devono essere messe
in atto procedure periodiche di rimozione, per evitare danni alla funzionalità della
presa stessa, con il conseguente rilascio a valle della captazione del materiale
accumulato. Tale operazione può rivelarsi estremamente dannosa per l’ecosistema
fluviale in quanto il trasporto solido che ne consegue può danneggiare sia gli
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organismi che gli habitat in cui essi vivono. Gli effetti sugli organismi acquatici
possono essere sia diretti per abrasione o intasamento degli organi respiratori o di
filtrazione, sia indiretti a seguito dell’occlusione degli interstizi del substrato di
fondo, dove trovano il loro habitat i macroinvertebrati, rendendo di fatto limitata la
risorsa alimentare per la fauna ittica. Dal momento che le operazioni di sghiaio sono
spesso indispensabili alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle opere
idrauliche, e considerati gli effetti negativi che possono determinare sull’ambiente
fluviale, è necessario che siano condotte nel modo meno rovinoso possibile per
l’ecosistema acquatico a valle (es. rimozione meccanica dei sedimenti,
monitoraggio in continuo dell’operazione, momento stagionale non concomitante
con il periodo riproduttivo).
16.1.2 Misure di mitigazione
Dalle problematiche esposte precedentemente, risulta di vitale importanza per il
mantenimento delle caratteristiche di un corso d’acqua, sia dal punto di vista dell’habitat
che dal punto di vista biologico degli esseri viventi in esso ospitati, la determinazione e il
rilascio, come elemento di mitigazione, di un adeguato Deflusso Minimo Vitale a valle
delle captazioni, tale da assicurare le condizioni minime che garantiscono agli organismi
acquatici lo svolgimento delle funzioni vitali e la sopravvivenza delle specie.
Il Programma di Tutela e Uso delle Acque della Regione Lombardia (PTUA, marzo 2006)
ha previsto che dall’inizio del 2009 venga effettuato il rilascio della componente idrologica
del DMV, ed entro il 2016 l’applicazione dei coefficienti correttivi che potrebbero
incrementare, anche significativamente, il DMV idrologico.
L’Ufficio Pesca verrà chiamato a esprimersi sull’eventuale modulazione delle portate; la
scelta verrà effettuata sulla base del popolamento ittico presente, del regime idrologico del
corso d’acqua e della sua dimensione.
In relazione invece alle nuove domande di derivazione che riguardano corpi idrici naturali
si prospetta quanto segue.
Nei corsi d’acqua classificati come “Acque di pregio ittico” l’obiettivo è mantenere una
“eccellente” qualità dell’habitat fluviale e delle rispettive biocenosi. Ne consegue che
eventuali nuove derivazioni idriche relative a corpi idrici che oggi presentano la totalità
delle portate fluenti, che lascino defluire a valle meno del 20% della portata media annua
nel periodo da ottobre a marzo, o meno del 40% nel periodo da aprile a settembre, non
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consentiranno il mantenimento degli obiettivi di qualità ecologica e di mantenimento delle
biocenosi presenti in tali tratti.
16.2 Artificializzazione dell’alveo e delle sponde
Uno degli impatti maggiormente significativi, in quanto modifica in modo diretto la struttura
dell’alveo, è l’artificializzazione dei corsi d’acqua. Gli obiettivi legati a tali interventi,
normalmente, si propongono:
il controllo delle piene e la riduzione dell’erosione delle sponde;
il miglioramento delle condizioni di drenaggio;
l’aiuto alla navigazione e a altri usi.
16.2.1 Effetti ambientali e faunistici
Le principali tipologie di intervento legate alla regimazione e, più in generale, alla
artificializzazione degli alvei di corsi d’acqua sono:
la stabilizzazione delle sponde, mediante rivestimenti e protezioni di sponda nelle
quali si utilizzano strutture tipo gabbioni (muri a gabbia con intelaiature di rete
metallica), lastre o pannelli di calcestruzzo, massicciate (blocchi di calcestruzzo
oppure massi di cava cementati tra loro o meno);
l’ampliamento dell’alveo in larghezza/profondità, per facilitare il deflusso delle
portate di piena;
la rimozione della vegetazione e dragaggi sistematici di sedimenti e tronchi
d’albero, in modo da ridurre la resistenza idraulica sulle sponde e sul fondo
(riduzione della scabrezza e quindi deflusso migliore);
il controllo del trasporto solido con briglie, che diminuiscono le pendenze e
favoriscono il deposito del materiale più fine.
Ciascuna di queste azioni determina una serie di effetti sull’idraulica del corso d’acqua,
sulla morfologia e sulle componenti vegetali e animali. Dal punto di vista idraulico, gli effetti
possono essere molto negativi, in quanto, se da un lato le azioni di canalizzazione
tendono a far defluire più velocemente l’acqua dalle zone che si vogliono proteggere,
dall’altro possono spostare il problema più a valle dell’area canalizzata, dove si possono
verificare inondazioni che altrimenti non si avrebbero.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 68
Per quanto riguarda gli aspetti morfologici, come già esposto nel paragrafo precedente, gli
impatti si manifestano inizialmente sugli habitat fluviali, per poi ripercuotersi sugli
organismi che costituiscono le comunità acquatiche.
Le azioni di alterazione della geometria naturale tendono a determinare cambiamenti del
mesohabitat (pozze, raschi, ecc.), comportando una riduzione della diversità idraulico-
morfologica. Con azioni di ampliamento dell’alveo si ottiene una riduzione della velocità di
corrente e della profondità, apprezzabili quando le portate sono ridotte, cui è associato un
aumento della temperatura dell’acqua. Tali operazioni provocano una perdita di zone di
rifugio per la fauna ittica. In queste condizioni si verifica, innanzitutto, una perdita di habitat
stabile all’interno del corso d’acqua, in cui si possa effettivamente insediare una comunità
vegetale e macrobentonica.
In Provincia di Brescia sono riscontrabili numerose situazioni in cui interi tratti fluviali
hanno perso, quasi totalmente, le loro caratteristiche naturali a fronte di una “politica di
regimazione” volta esclusivamente alla salvaguardia dei manufatti e dei beni antropici, ma
che troppo spesso non tengono conto delle complesse interazioni ambientali e biologiche,
intercorrenti all’interno dell’habitat fluviale; inoltre, in molte occasioni sono presenti opere
di regimazione idraulica trasversali (briglie) che, pur artificializzando modeste porzioni di
superficie all’interno dell’alveo, soprattutto di tratti montani o pedemontani di torrenti,
influenzano l’habitat di lunghi tratti.
16.2.2 Misure di mitigazione
A fronte della situazione sopra descritta è possibile prevedere alcuni interventi mirati alla
rinaturalizzazione degli ambienti degradati.
Numerose sono le tipologie di intervento nel campo della rinaturalizzazione; le principali
sono:
deflettori: realizzabili con una grande varietà di materiali (tronchi, massi, pietrame,
gabbionate, reti metalliche), sono utilizzati per accelerare il ritorno di un corso
d’acqua canalizzato alla sua naturale forma a meandri; sono impiegati inoltre per
restringere o approfondire l'alveo, indirizzare la corrente in habitat particolari,
variare localmente la velocità della corrente, proteggere le sponde dall'erosione;
introduzione di massi in alveo: metodo semplice e utilizzabile in corsi d'acqua di
diverse tipologie; l'introduzione di massi singoli o in gruppi permette di creare
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ulteriori habitat utilizzabili dalla fauna ittica come rifugi, di proteggere le sponde
dall'erosione, di ricreare meandri nei tratti canalizzati;
rifugi sotto sponda: la creazione di rifugi artificiali mediante utilizzo di elementi
naturali o artificiali quali pensiline in tavole di legno sporgenti dalla riva, strutture
flottanti ancorate al substrato, cumuli di massi o pietrame grossolano lungo le
sponde, alberi e arbusti abbattuti e saldamente ancorati, può risultare di vitale
importanza, visto il ruolo fondamentale per la sopravvivenza di molte specie ittiche
svolto dai rifugi naturali;
realizzazione di difese spondali con ramaglia e copertura con astoni: tali
strutture sono impiegate per evitare i fenomeni erosivi mediante la messa in
sicurezza della sponda per la possibile fruizione; esse consentono allo stesso
tempo la crescita di vegetazione arbustiva e arborea che, oltre ad avere funzione di
consolidamento, ha finalità naturalistiche e paesaggistiche.
16.3 Inquinamento delle acque
Lo stato qualitativo delle acque può essere alterato sia dall'immissione di sostanze
inquinanti sia da interventi che modificano il regime idraulico e termico.
Per quanto riguarda le alterazioni dovute alla presenza di sostanze inquinanti, si tratta
generalmente di alterazioni della qualità di origine antropica, determinata da reflui di tipo
urbano, industriale e agricolo.
In generale, i contaminanti immessi nelle acque esercitano effetti negativi sulle popolazioni
animali e vegetali e sulle comunità acquatiche nel complesso, che possono essere
sintetizzati come segue:
Effetti deossigenanti: sono causati dalla presenza di sostanze biodegradabili (ad
esempio sostanze organiche di origine metabolica) e di altri eventuali composti ad
azione riducente presenti in numerosi scarichi industriali, la cui mineralizzazione ad
opera dei microrganismi presenti in acqua comporta il consumo di ossigeno
disciolto. Accanto a questo effetto si assiste alla formazione di composti ridotti e
tossici per gli organismi, quali l’ammoniaca, i solfuri, le ammine.
Effetti tossici: si tratta di effetti di varia natura, esercitati da sostanze quali i tossici
inorganici (sali di metalli), metallorganici, organici (pesticidi, oli, idrocarburi). Tali
effetti consistono ad esempio in azioni a livello biochimico (alterazioni enzimatiche,
fisiologiche, morfologiche) e comportamentale (ad esempio alterazioni sui
movimenti, sull’equilibrio).
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 70
Effetti meccanici: si tratta di effetti fisico-meccanici, causati da acque ad elevato
contenuto di solidi sospesi, che si esercitano tramite l’alterazione degli organi di
scambio fra organismi e ambiente (ad esempio abrasione dell’apparato
respiratorio).
Contaminazione microbiologica: riguarda principalmente aspetti legati al rischio
igienico-sanitario più che all’ecosistema acquatico, ed interessa quindi le
problematiche connesse agli usi delle acque (balneazione, agricoltura, potabile).
Effetti eutrofizzanti: sono tipici degli ambienti lentici (laghi e serbatoi artificiali)
mentre non interessano ambienti di acque correnti, tipici dell’area in esame.
Elementi aggravanti i fenomeni di inquinamento delle acque, sono le alterazioni idrauliche,
le quali possono portare alla riduzione di portata in alveo, con la conseguente diminuzione
della capacità di diluizione delle eventuali sostanze inquinanti presenti e quindi, a parità di
altre condizioni, l'aumento delle concentrazioni di tali sostanze. Inoltre, come già esposto
per il paragrafo delle derivazioni idriche, una riduzione di portata determina una
diminuzione della naturale capacità autodepurativa del corso d'acqua, in quanto la
riduzione della velocità e della turbolenza influiscono negativamente sui processi di
riareazione atmosferica, arrivando in alcuni casi a determinare situazioni di deficit di
ossigeno, con gravi ripercussioni sui processi biochimici ossidativi e sugli organismi
superiori come macroinvertebrati e pesci.
Riguardo alla temperatura, un suo aumento comporta un incremento della cinetica di tutte
le reazioni biochimiche che avvengono in un corso d’acqua; le conseguenze principali
consistono in una diminuzione della concentrazione di saturazione dell’ossigeno disciolto,
con riduzione di intensità del processo di riareazione. Aumenti della temperatura possono
essere determinati da scarichi di acque ad elevata temperatura (in genere di scarichi
industriali o centrali termoelettriche), ma anche dalla riduzione della portata, per
aumentato effetto dell’irraggiamento solare.
Effetti negativi del rialzo termico:
direttamente sul metabolismo: è noto, ad esempio, che l’accelerazione dei processi
metabolici a causa di aumenti di temperatura determina il raggiungimento della
maturità sessuale e della deposizione, spesso senza che l’organismo abbia
accumulato sufficienti riserve energetiche; questo può arrivare a riflettersi sulla
struttura demografica stessa della popolazione; effetti letali derivano invece dalla
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denaturazione di strutture cellulari vitali e dall’inattivazione degli enzimi, in caso di
raggiungimento di temperature limite;
indirettamente, per effetto di altre componenti ambientali che vengono alterate dalla
temperatura; a titolo di esempio si riporta l’ammoniaca non ionizzata (forma più
tossica), la cui concentrazione relativa rispetto alle altre forme aumenta con la
temperatura.
16.4 Specie ittiche esotiche
È ormai un fatto accertato che nelle nostre acque sono ospitate numerose specie ittiche
non appartenenti agli ambienti acquatici italiani, cioè derivanti da bacini idrografici esteri
anche molto lontani, tali specie, sono comunemente indicate come “esotiche” o alloctone.
Infatti, da una trentina di specie di pesci presenti in Italia alla fine del secolo scorso si è
passati all’attuale settantina di specie.
I motivi che hanno portato alla introduzione di specie ittiche estranee nelle nostre acque
sono numerosi: alcuni pesci sono stati immessi per ragioni economiche, dal momento che
possiedono un valore per la pesca professionale o per l’acquacoltura; altri, combattivi o
con carni prelibate, sono stati introdotti per la pesca sportiva sia in acque libere che in
laghetti privati allo scopo di accrescerne la pescosità. Altri pesci sono stati poi introdotti
per la loro utilità come arma biologica; è il caso della gambusia, importata in Italia nel 1927
per combattere la diffusione della malaria. Altre specie sono state introdotte in modo del
tutto involontario, e questo fenomeno è stato anche favorito dall’inadeguatezza delle leggi
che regolamentavano le importazioni e la commercializzazione di materiale ittico vivo;
insieme al pesce che viene periodicamente “seminato”, possono essere presenti anche
specie estranee; ciò capita spesso per il cosiddetto “pesce bianco” costituito da
mescolanze di Ciprinidi. Altri tipi di immissioni involontarie possono derivare dall’utilizzo di
esche vive appositamente importato e venduto come tale; è il caso del rodeo amaro e
della pseudorasbora.
Le immissioni sono avvenute anche in tempi storici non recenti, durante i quali non erano
ancora conosciuti i problemi legati all’introduzione di specie alloctone che possono
derivare da questa pratica. In alcuni casi, specie esotiche introdotte in ambienti acquatici
italiani, non hanno provocato scompensi rilevanti alle specie autoctone e si sono adattate
e ben inserite in particolari nicchie ecologiche che risultavano libere, non entrando in
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competizione con le specie naturalmente presenti; è il caso della carpa, presente in Italia
fin dall’epoca Romana e ormai parte integrante della fauna ittica italiana.
In altri casi, al contrario, introduzioni di particolari specie esotiche, condotte con troppa
leggerezza, hanno causato e causano tuttora, importanti scompensi negli ecosistemi,
poiché, dotate di particolari caratteristiche di adattabilità, competizione e prolificità, alle
specie naturalmente presenti. Succede spesso che in determinati ambienti si instaurino
popolazioni nettamente dominanti di specie alloctone; come esempio si può indicare il
caso del siluro, proveniente dall’Europa orientale e introdotto nel Po e nell’Adda negli anni
’60, in questi ambienti ha trovato condizioni idonee alla crescita e alla sua dispersione in
tutto il reticolo idrografico padano; ora a causa delle sua voracità, costituisce una seria
minaccia alla fauna ittica autoctona.
In ogni caso, l’immissione di specie estranee può portare a conseguenze dannose e
imprevedibili e a farne le spese sono spesso le pregiate specie autoctone. Come in tutti gli
ecosistemi, anche negli ambienti acquatici, i delicati equilibri instauratesi tra le diverse
componenti delle biocenosi si sono stabiliti durante un lento e sincronizzato processo
evolutivo. L’arrivo di una nuova specie con abitudini diverse porta inevitabilmente allo
sconvolgimento degli equilibri stabilitesi; l’impatto di tale modifica è in relazione alle
esigenze dell’organismo “ospite” e del grado di “reattività” dell’ambiente ospitante: se
‘organismo estraneo è poco esigente e se l’ambiente è riattivo, ovvero, in un buono stato
ecologico, l’impatto può essere assorbito senza troppi scossoni; mentre se l’ambiente
risulta già compromesso, con alterazioni sia fisiche che biologiche (inquinamento,
cementificazioni, captazioni idriche), la nuova specie può compromettere la sopravvivenza
delle altre specie già sofferenti.
Un altro aspetto che non va sottovalutato è la possibilità che le specie esotiche possano
essere portatrici di nuovi parassiti e agenti patogeni, provenienti dai loro paese di origine,
nonché provocare anche serie forme di ibridazione con conseguente perdita dei ceppi
originari.
Alla luce di quanto descritto emergono quindi due necessità:
evitare l’introduzione di ulteriori specie esotiche;
arginare la diffusione delle specie esotiche già presenti esercitando attività di
controllo selettivo per quelle a maggior impatto.
Come è emerso precedentemente, esistono specie esotiche presenti nelle nostre acque
ormai da parecchio tempo, perfettamente adattate che non costituiscono un reale
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problema, le azioni di contenimento se mai dovranno essere orientate su quelle specie
riconosciute come effettivamente infestanti e dannose.
Fondamentale risulta il controllo attento delle “possibili fonti” quali:
laghetti di pesca sportiva;
pesci esca, il cui uso deve riguardare esclusivamente le specie autoctone;
immissioni non monospecifiche di pesci di cattura o allevamento; bisogna prestare
particolare attenzione a quelle attività legate alla cattura di pesce, provenienti da
ambienti naturali, già colonizzati da specie esotiche, destinati a ripopolare altri
ambienti, che se non adeguatamente controllate da personale esperto, rischia di
veicolare anche specie pericolose e favorirne la diffusione in habitat non ancora
contaminati;
iniziative “private” di singoli pescatori o associazioni; si ricorda che ai sensi
dell’articolo 140, comma 5, della L.R. 31/2008: “È vietato immettere nelle acque
fauna ittica senza l’autorizzazione della Provincia competente per territorio”;
tale divieto si applica per tutte le specie ittiche a qualsiasi stadio di sviluppo, uova
embrionate comprese.
16.5 Uccelli ittiofagi
Da qualche anno si è verificato, non solo in Provincia di Brescia, ma in tutta l’Europa, un
costante e cospicuo incremento delle popolazioni di uccelli ittiofagi come svassi, aironi e
cormorani. Le popolazioni di tali volatili hanno in alcuni casi raggiunto dimensioni tali da
arrecare danni sensibili al patrimonio ittico. In particolare negli ultimi vent’anni è stata
registrata una notevole espansione delle popolazioni di cormorano (Phalacrocorax carbo
sinensis), svasso maggiore (Podiceps cristatus) e, in misura minore, alcuni Ardeidi, tra cui
airone cenerino (Ardea cinerea).
Le conseguenze dell’espansione di queste popolazioni ornitiche sull’ittiofauna sono
rappresentate non soltanto da una maggiore pressione predatoria intesa come prelievo
diretto di pesci, ma anche da numerosi effetti secondari correlati all’attività di predazione,
che possono incidere sulla struttura di popolazione quali:
il ferimento dei soggetti che sfuggono alla cattura (che riportano la tipica lesione da
“beccata”), la quale può condizionare lo stato sanitario e renderli maggiormente
suscettibili alle malattie;
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 74
una possibile alterazione del comportamento dei pesci, che vengono spaventati e
spesso indotti ad abbandonare il loro habitat naturale, anche in momenti strategici
quali la riproduzione o il periodo di rifugio invernale; gli effetti a lungo termine di tali
modificazioni comportamentali non sono facilmente prevedibili in termini quantitativi
ma certamente negativi.
Quanto sopra illustrato determina evidentemente un grave danno non soltanto al
patrimonio ittico, ma anche alle attività di pesca professionale e sportiva e di pescicoltura.
Considerate le presenze significative rilevate sul territorio provinciale, sono in atto da
alcuni anni interventi di controllo dell’avifauna ittiofaga, finalizzati alla mitigazione degli
impatti dovuti alla predazione sulla fauna ittica e quindi alla tutela del patrimonio ittico, in
particolare delle specie autoctone negli habitat più esposti alla predazione.
16.6 Salvaguardia del patrimonio ittico in casi di asciutte, interruzioni e interventi in alveo
L’articolo 141 ai commi 5, 6 e 7 della Legge Regionale n. 31/2008, prevede una serie di
misure che tutelano e salvaguardano la fauna ittica presente nei corsi d’acqua, che
naturalmente non sono interessati da asciutte naturali, imponendo a carico dei soggetti
che intendono svuotare o interrompere tali corpi d’acqua, gli oneri del recupero dei pesci e
il loro spostamento in altre acque pubbliche o del ripopolamento di tali ambienti.
Il comma 9 di tale articolo esclude l’applicazione delle norme precedentemente citate ai
canali, ai bacini artificiali creati a scopo irriguo su corsi d’acqua naturali e ai canali di
derivazione idrica per gli impianti di acquacoltura. É doveroso però ricordare che
frequentemente, negli ambienti artificiali, come i canali irrigui o nei bacini artificiali, sono
presenti consistenti comunità ittiche, migrate spontaneamente dagli ambienti naturali o
spostatesi per “necessità”, proprio per la cronica carenza d’acqua che tali opere idrauliche
generano. In questi ambienti artificiali è possibile ritrovare anche specie ittiche di notevole
interesse ecologico, poiché trovano talvolta condizioni migliori rispetto ai loro ambienti
naturali fortemente penalizzati; la non applicazione alle norme imposte per la salvaguardia
del patrimonio ittico in caso di asciutte in questi ambienti artificiali, rischia di aggravare la
già critica situazione. Per questo motivo è necessario che nei canali ritenuti significativi, in
cui non ci sia l’intervento diretto del concessionario, ci sia un intervento coordinato dalla
Provincia i cui oneri potranno essere conteggiati al concessionario stesso attraverso una
maggiorazione degli obblighi ittiogenici. Infatti, la norma citata, oltre alla quantificazione di
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 75
base legata al quantitativo di acqua derivata, ha previsto la possibilità di incrementare tali
obblighi in relazione a:
modificazione di habitat a valle della derivazione;
fuoriuscita diretta di ittiofauna;
alterazione delle caratteristiche ecologiche dovuta alle opere trasversali;
grado di funzionalità delle opere di risalita, frequenza e incidenza delle manovre di
organi mobili;
effetti delle restituzioni.
In prospettiva, la presenza di ittiofauna nei canali di derivazione dovrebbe essere
comunque ridotta da strutture atte a limitarne l’uscita, anch’esse previste dalla DGR sopra
citata.
16.7 Effetti delle variazioni di livello dei laghi regolati su alcune specie ittiche
Un aspetto importante, che influenza non poco la biologia di alcune specie ittiche che si
riproducono e depongono le uova a riva negli ambienti lacustri, è la elevata variazione
stagionale dei livelli dei grandi laghi regolati e sfruttati ad uso irriguo o idroelettrico come
l’Iseo, l’Idro e, in parte, anche il Garda.
Questo tipo di regolazione determina escursioni di livello dei laghi che possono essere
significative e, nell’Iseo, ad esempio, sono comprese in un intervallo di 140 cm intorno allo
zero idrometrico di Sarnico. Le oscillazioni di livello possono danneggiare pesantemente la
riuscita della riproduzione delle specie ittiche quali il lavarello, l’agone e l’alborella. Esse,
infatti, depongono le loro uova nelle acque basse in prossimità della riva, zone
particolarmente vulnerabili al rischio di asciutta nel caso di abbassamento di livello. La
possibilità che la frega di queste specie, di rilevante interesse ai fini della pesca, sia
compromessa parzialmente o interamente dalla regolazione artificiale del livello dei laghi
dipende da diversi fattori:
il momento in cui avviene l’abbassamento di livello: è evidente infatti che il
periodo a rischio è quello in cui avviene la riproduzione delle specie interessate e
dura fino al termine dell’incubazione delle uova sul fondo, al termine del quale
avviene la schiusa e le larve possono nuotare liberamente;
l’entità dell’escursione di livello in rapporto alla profondità cui sono state
deposte le uova;
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 76
la pendenza della riva utilizzata per la frega; a parità di diminuzione di livello,
infatti, la perdita di superficie bagnata sarà tanto maggiore quanto più aggradato è il
profilo della stessa.
Per limitare tali effetti è importante definire un accordo con i consorzi di regolazione ai fini
di rendere minime e comunque non repentine le variazioni di livello almeno nei periodi di
seguito citati:
dal 15 dicembre al 31 gennaio per la riproduzione del coregone;
dal 1 giugno al 15 luglio per la riproduzione dell’alborella e dell’agone.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 77
17 OBBLIGHI ITTIOGENICI
I soggetti che derivano acqua dal reticolo idrografico superficiale devono attenersi ai
cosiddetti “obblighi ittiogenici”, per mitigare gli effetti delle captazioni sul popolamento ittico
del corso d’acqua interessato; si tratta di un quantitativo di pesci, o del corrispettivo
economico, che i derivatori mettono a disposizione dell’Amministrazione Provinciale. La
quantificazione di tali obblighi ha recentemente trovato una definizione ufficiale nella DGR
23 gennaio 2004 n. 7/16065 che ha approvato le disposizioni per la tutela della fauna ittica
ai sensi dell’art. 12, comma 2 della L.R. 12/2001 e che resta pienamente valida anche a
seguito dell’approvazione della nuova L.R. 31/2008.
La norma prevede che “a fronte della mera sottrazione di acqua” corrisponda
un’immissione di 250 trote fario di 9 -12 cm ogni modulo di acqua o frazione di esso; alla
Provincia è data facoltà di monetizzare tale immissione con l’equivalente economico
dell’immissione. Tale opzione è di gran lunga da preferire poiché la Provincia può
indirizzare i fondi nel modo migliore, anche verso iniziative ittiogeniche alternative
all’acquisto di pesce, ma con le medesime finalità, quali riproduzione artificiale di ceppi
autoctoni o progetti di recupero ittiofaunistico. L’assolvimento degli obblighi ittiogenici potrà
avvenire, su indicazione della Provincia ed a seguito di specifico accordo in tal senso,
anche attraverso la realizzazione di interventi tecnico-economici con finalità ittiogenica da
parte del concessionario.
Per le concessione vigenti le modalità di calcolo del DMV rimango quelle sopra indicate e
restano invariate rispetto alla situazione attuale.
Per le nuove concessioni di derivazioni idriche e per i loro rinnovi invece, ai fini di dare
piena applicazione alla deliberazione regionale sopra indicata che prevede che:
”L’immissione andrà commisurata alle alterazioni causate, comprendenti la sottrazione
d’acqua, la modificazione di habitat a valle della derivazione, la fuoriuscita diretta di
ittiofauna, l’alterazione delle caratteristiche ecologiche dovuta alle opere trasversali, il
grado di funzionalità delle strutture per la risalita, la frequenza e l’incidenza delle manovre
di organi mobili, gli effetti delle restituzioni”, la definizione quantitativa sopra indicata, di
semplice proporzionalità con la quantità di acqua derivata, è integrata tenendo in
considerazione gli ulteriori seguenti aspetti:
lunghezza del tratto fluviale coinvolto dalla derivazione, intesa come la pozione di
corso d’acqua compresa fra l’opera di presa e la restituzione (nel caso di prese
multiple si considera quella sul corpo idrico principale);
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rilevanza e caratteristiche del popolamento ittico presente o potenzialmente
presente;
presenza ed efficienza del passaggio artificiale per pesci.
La formula di calcolo degli obblighi ittiogenici così definita, per le nuove derivazioni idriche
e per i loro rinnovi, risulta essere come di seguito indicato.
Valore economico di:
N. Trotelle (9-12 cm) = 250 * N. moduli medi derivati previsti dalla concessione * K
Dove K= 1 + L + P.I. + C.E. determinati come indicato nelle tabelle che seguono
DETERMINAZIONE DEL FATTORE LUNGHEZZA (L)
Lunghezza del tratto coinvolto Valore
< 100 metri 0
compreso fra 100 e 500 0,2
compreso fra 500 e 1.000 0,4
compreso fra 1.000 e 2.000 0,6
compreso fra 2.000 e 5.000 0,8
> 5.000 metri 1
DETERMINAZIONE DEL FATTORE PREGIO ITTICO (P.I)
Pregio ittico Valore
acque di interesse piscatorio o non piscicole 0
acque di pregio ittico potenziale 0,25
acque di pregio ittico 0,5
DETERMINAZIONE DEL FATTORE CORRIDOIO ECOLOGICO (C.E.)
Migrazioni ittiche Valore
Passaggio per pesci funzionante o assenza migrazioni naturali 0
Passaggio assente o non funzionante con impedimento alle migrazioni 0,5
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 79
18 PROVVEDIMENTI AUTORIZZATIVI: PRINCIPI ED INDIRIZZI
L’Ufficio Pesca è spesso chiamato, nell’esercizio delle suo funzioni tecnico-ammistrative, a
rilasciare autorizzazioni e pareri nell’ambito di procedure autorizzative.
Alcuni di essi comportano valutazioni specifiche che potranno essere effettuate secondo i
principi e gli indirizzi di seguito riportati.
Pesca dei riproduttori in periodo di frega
La Giunta Provinciale approva i criteri per il recupero dei riproduttori selvatici di coregone
durante il periodo di frega, determinando per ciascun bacino la possibilità di avvalersi della
collaborazione dei pescatori di professione debitamente autorizzati, definendo le zone di
pesca e le giornate, gli attrezzi consentiti, le modalità di spremitura dei riproduttori.
Analoghe modalità possono essere definite per le altre specie di interesse per la
riproduzione artificiale.
Centri privati di pesca
I soggetti interessati ad acquisire l’autorizzazione dei Centri Privati di Pesca dovranno
corredare la domanda della seguente documentazione: 1) atti comprovanti la disponibilità
privata delle acque interessate; 2) planimetria catastale scala 1:2.000 del corpo idrico; 3)
corografia scala 1:10.000 dell’area circostante il corpo idrico; 3) elenco delle specie
presenti nei CPP alla data di presentazione della domanda anche a seguito di immissioni
già effettuate; 4) dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà contenente l’assunzione di
responsabilità del richiedente per quanto attiene tutti gli aspetti assicurativi e della
sicurezza dei fruitori; 5) eventuali elaborati progettuali delle opere di derivazione o di
isolamento delle acque dei CPP.
In caso di presenza di specie ittiche alloctone dannose all’interno di laghetti, cave ed altri
specchi d’acqua in disponibilità privata alla data di presentazione della domanda di
autorizzazione di Centro Privato di Pesca, l’autorizzazione potrà essere rilasciata previa la
cattura e la soppressione delle predette specie con intervento da effettuarsi nei tempi e nei
modi stabiliti dalla Provincia stessa.
La deroga prevista dal comma 3 dell’art. 14 del R.R. 9/2003 potrà essere concessa previa
garanzia che il CPP sia permanentemente isolato. Nel caso vi fosse collegamento con
acqua pubblica dovranno essere messi in atto da parte del titolare tutte le opere definitive
per garantire tale isolamento.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 80
Autorizzazioni all’uso dell’elettrostorditore
La Giunta provinciale approva i criteri per il rilascio di autorizzazioni alla cattura di fauna
ittica con apparecchi a generatore autonomo di corrente per le finalità di cui all’art. 140
commi 3-4-6 della L.R. 31/2008 stabilendo, in particolare, che l’autorizzazione per gli
interventi a scopo di ricerca scientifica e di sperimentazione potrà essere rilasciata
esclusivamente a professionisti specializzati o ditte di comprovata esperienza, enti di
ricerca, scuole e istituti, enti pubblici. Il calendario delle operazioni deve essere concordato
con la Provincia. Tutta la fauna ittica autoctona catturata durante le operazioni deve
essere reimmessa nei corsi o bacini d’acqua di provenienza o in altri preventivamente
concordati con la Provincia, ad eccezione delle specie ittiche alloctone dannose.
Per ogni operazione effettuata deve essere redatto un resoconto da inviare alla Provincia
unitamente ai risultati delle indagini.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 81
19 ORGANIZZAZIONE DELLA VIGILANZA A TEMPO PIENO PER LA
PESCA
L'attività di vigilanza sulla pesca, e più in generale, sulle attività previste dalla L.R. 31/08, è
svolta principalmente dal Corpo di Polizia Provinciale che, attraverso una specifica
turnazione, garantisce una continua e omogenea copertura del territorio. La notevole
estensione della Provincia di Brescia e dei suoi corpi idrici ha sempre richiesto una
massiccia presenza di vigilanza che opera per effettuare i controlli (istituti pescatori in
generale, campi gara e manifestazioni di pesca in acqua pubblica, supporto operativo alle
sperimentazioni scientifiche sul territorio), ma anche attraverso l’effettiva operatività
tecnica per le principali attività legate alla gestione della pesca. In sintesi, tali interventi
hanno riguardato:
campagne ittiogeniche e semine nei bacini lacustri;
coordinamento delle attività produttive degli incubatoi ittici provinciali;
supporti realizzativi al piano di ripopolamento annuale;
recuperi ittici nelle zone di ripopolamento e cattura; sopralluoghi di verifica nei casi
di programmazione di asciutte nei corpi idrici;
sopralluoghi tecnici preventivi per procedure autorizzative o altri sopralluoghi di
varia natura;
contenimento della fauna ittiofaga e dell’ittiofauna dannosa;
gestione dei mezzi e delle attrezzature tecniche e organizzazione logistica.
L’attività di vigilanza è effettuata sia sulla pesca dilettantistica che professionale e riguarda
le diverse tipologie di ambienti acquatici, dai grandi laghi e fiumi di pianura, per risalire sui
torrenti montani sino ai laghi alpini; particolare attenzione è posta alle aree e ai momenti
della riproduzione delle specie ittiche autoctone.
Fatte salve le attività specifiche di vigilanza, i nuovi e sempre maggiori compiti del Corpo
di Polizia Provinciale rendono fondamentale la collaborazione con il personale volontario e
con l’associazionismo attraverso la messa a punto di protocolli che prevedono il loro
coordinamento per interventi operativi.
Per la preparazione dei volontari sarà necessaria la loro partecipazione a corsi formativi
per l’accesso all’esame abilitativo nonché la frequenza a corsi di aggiornamento periodici,
L’attività formativa dovrà concretizzarsi con un corso, da ripetere periodicamente, in cui
saranno fornite ai partecipanti tutte le nozioni necessarie relative a:
la normativa vigente nell’ambito della pesca;
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 82
la normativa relativa alla tutela degli ambienti acquatici;
i principi di ecologia degli ambienti acquatici;
i pesci delle acque bresciane;
la pesca dilettantistica;
la pesca professionale.
Le attività formative più specifiche dovranno riguardare la gestione degli incubatoi ittici e le
attività operative quali i recuperi ittici e i ripopolamenti.
Fra gli ulteriori ambiti oggetto di attenzione crescente vi dovranno essere inoltre i controlli
sui diritti esclusivi di pesca, gli usi civici e i centri privati di pesca.
Particolarmente importanti, infine, sono le competenze e i relativi interventi della vigilanza
nell’ambito ecologico-ambientale, poiché la tutela dei popolamenti ittici è legata alla tutela
degli ambienti naturali, nei quali l’effetto delle alterazioni qualitative e quantitative è molto
spesso ben più rilevante dell’attività di pesca stessa.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 83
20 PREVISIONE DEI MEZZI FINANZIARI PER LA GESTIONE DEL PIANO
La Regione Lombardia eroga annualmente alle Province fondi per la gestione ittica che
potranno essere utilizzati per il finanziamento del presente piano; i fondi sono ripartiti in
percentuale rispetto al numero delle licenze di pesca emesse dalla Provincia e alla
superficie complessiva delle acque interne provinciali. I suddetti finanziamenti regionali
coprono in parte gli interventi programmati dalla Provincia.
Altre entrate sono rappresentate in particolare dagli obblighi ittiogenici derivanti dai canoni
di derivazione idrica. Per quanto riguarda il triennio 2010- 2012 sono previste le entrate
dettagliate nella tabella che segue. Ulteriori fonti di finanziamento dell’attività provinciale,
quantitativamente meno rilevanti dei precedenti e di difficile quantificazione, sono
rappresentate dalle sanzioni amministrative in materia di pesca e dagli obblighi delle
esclusività.
RISORSA DESCRIZIONE CAPITOLO IMPORTO 2010 IMPORTO 2011 IMPORTO 2012
224 R.L. Trasferimenti per compiti provinciali in materia di pesca L.R. 25/82 art. 51
260.000 210.000 210.000
402 Rimborso spese varie in materia di pesca
50.000 50.000 50.000
73 Introito diritti sulle derivazioni d'acqua 110.000 110.000 110.000
T O T A L E 420.000 370.000 370.000
Tabella 20-1: previsione delle entrate.
Dal punto di vista della spesa, le principali voci riguarderanno le attività dirette e indirette a
sostegno della fauna ittica; il peso finanziario dei singoli interventi si modificherà via via al
raggiungimento dei diversi obiettivi. Saranno inoltre finanziate le attività didattico-
formative, necessarie alla creazione di un corpo di vigilanza volontaria a sostegno anche
delle attività ittiogeniche, e le attività di verifica dei risultati raggiunti con gli interventi
individuati nel presente piano.
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 84
21 TRATTI DI ACQUE DOVE INIBIRE O LIMITARE LA NAVIGAZIONE A
MOTORE
L’uso di natanti a motore, soprattutto se di notevole potenza, sulle acque dei laghi può
generare notevoli disturbi sia dal punto di vista faunistico che della pesca.
Per la fauna ittica può essere causa di forte stress soprattutto per le specie che vivono o
stazionano prevalentemente presso le rive, durante la stagione riproduttiva, o durante i
periodi di accrescimento delle larve e degli avannotti: l’azione di disturbo delle
imbarcazioni a motore si manifesta con la formazione di onde, anche di notevole entità,
che, se l’imbarcazione si trova in prossimità della sponda, si infrangono sulle rive con una
certa violenza. Da non sottovalutare la generazione di rumori che poco si addicono ai
tranquilli ambienti lacustri; tali ambienti ospitano spesso numerose colonie di uccelli
acquatici sia stanziali che migratori e altre specie di fauna terrestre, che possono venire
disturbate. Dal punto di vista sociale, l’uso di natanti a motore può interferire con attività
legate alla pesca sia sportiva, sia professionale, con il reale rischio, durante il passaggio
dei natanti, di rottura delle reti posate, con conseguente danno economico; occorre infine
considerare anche il disturbo arrecato alle popolazioni rivierasche e alle attività turistico-
ricreative. Le competenze in materia di navigazione sono state delegate alle province
lombarde con 14/7/2009 n. 11 “testo unico delle leggi regionali in materia di trasporti” e
attuate con Delibera della Giunta Regionale n. 473 17/1999. Il testo unico vieta (art. 104)
l’accesso a qualsiasi unità nelle zone mantenute a canneto e in quelle di rilevanza
archeologica o naturalistica appositamente delimitate nonché nella fascia ad esse esterna
di metri trecento. Sul lago d’Idro la navigazione a motore è limitata ai soli natanti forniti di
motore di potenza effettiva non superiore ai 10 HP (delibera della giunta regionale n. 42
del 20 ottobre 1976). Si ricorda, inoltre, che su tutti i laghi del territorio regionale è tuttora
in vigore l'O.P.G.R. n. 58600 3/7/97, che disciplina, in via generale, i limiti di velocità e
potenza dei motori. Sono in genere escluse dal divieto: unità in servizio di ordine pubblico,
vigilanza, soccorso nonché unità operative appositamente autorizzate – unità in servizio di
trasporto pubblico di linea – unità adibite ad operazioni di controllo, assistenza e giuria
durante lo svolgimento di manifestazioni sportive autorizzate – le unità adibite e utilizzate
in modo esclusivo per la pesca, di proprietà di pescatori professionali o muniti di licenza di
categoria “A” residenti nei comuni rivieraschi che possono operare anche nella fascia
costiera adottando particolari accorgimenti atti ad evitare interferenze con altri utenti.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 85
La Giunta Provinciale può decidere ulteriori restrizioni alla navigazione a motore, laddove
esistano particolari condizioni di interferenza con l’ambiente lacustre o con le attività legate
al lago stesso.
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22 ANDAMENTO DEI PESCATORI IN PROVINCIA DI BRESCIA
La pesca professionale viene svolta esclusivamente sui tre grandi laghi. L’attività, molto
importante sino alla prima metà del 1900 per il sostentamento delle popolazioni
rivierasche, soprattutto in alcuni contesti lacustri isolati e privi di risorse, ha subito, in
concomitanza con lo sviluppo industriale ed economico, una forte contrazione degli addetti
che hanno avuto accesso ad altre attività più remunerative e meno sacrificanti. Dalle oltre
500 unità degli anni Sessanta del Novecento si è passati al centinaio di addetti degli anni
Novanta. La categoria ha poi avuto una certa stabilità per un decennio. A partire dai primi
anni del 2000, alle cessazioni di attività dei pescatori anziani non è corrisposto un
adeguato numero di nuovi pescatori. Nel 2004 i professionisti erano così ripartiti sui tre
ambienti acquatici: 50 sul Lago di Garda, 29 sul Lago d’Iseo e 3 sul Lago d’Idro. Alla data
della stesura del presente piano, sono così distribuiti: Lago di Garda 45, Lago d’Iseo 32,
Lago d’Idro 3. Rispetto al 2004 il numero complessivo è diminuito solo di qualche unità. La
pesca gardesana ha subito più contrazioni di addetti rispetto al Sebino dove peraltro si
registrano alcuni giovani nuovi pescatori con meno di venti anni.
La pesca dilettantistica interessa circa 34.500 pescatori con licenza di pesca di tipo B
valida. Negli anni il numero dei dilettanti è pressoché stabile. Le nuove licenze rilasciate
nel triennio mostrano che l’andamento non presenta variazioni di rilievo.
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009
numero di licenze di tipo B rilasciate annualmente
Figura 22-1: andamento del numero delle licenze di pesca.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 87
Fenomeno decisamente in crescita è il permesso turistico di pesca che consente, a chi
non è in possesso di licenza B, la pesca in tutte le acque della Provincia di Brescia per
un periodo limitato di 15 giorni. Nell’ultimo triennio si è passati da un centinaio di permessi
agli attuali 800 che interessano, nell’80% dei casi, proprio i pescatori bresciani.
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23 SITI DELLA RETE NATURA 2000 E INCIDENZA DEL PIANO
In questo capitolo sono elencati i Siti di Interesse Comunitario e le Zone di Protezione
Speciale presenti nel territorio provinciale.
N. CODICE TIPOLOGIA DENOMINAZIONE COMUNI GESTORE
1 IT2040024 SIC Da Belvedere a Vallorda Corteno Golgi, Sernio, Tirano, Villa di Tirano
Provincia di Sondrio e Provincia di Brescia
2 IT2040044 ZPS Parco Nazionale dello Stelvio
Ponte di Legno, Vezza d'Oglio, Vione, Temù, Valdidentro, Valdisotto, Valfurva, Bormio, Livigno, Sondalo
Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio
3 IT2060006 SIC/ZPS Bosco del Giovetto di Paline
Borno, Azzone Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste
4 IT2060015 SIC/ZPS Bosco dell'Isola Orzinuovi, Roccafranca, Soncino, Torre Pallavicina
Parco dell'Oglio Nord
5 IT2060304 ZPS Val di Scalve Angolo Terme ERSAF
6 IT2070001 SIC Torbiere del Tonale Ponte di Legno Parco dell'Adamello
7 IT2070002 SIC Monte Piccolo - Monte Colmo
Edolo, Incudine Parco dell'Adamello
8 IT2070003 SIC Val Rabbia e Val Galinera Edolo, Sonico Parco dell'Adamello
9 IT2070004 SIC Monte Marser - Corni di Bos
Saviore dell'Adamello, Sonico
Parco dell'Adamello
10 IT2070005 SIC Pizzo Badile - Alta Val Zumella
Ceto, Cimbergo Parco dell'Adamello
11 IT2070006 SIC Pascoli di Crocedomini - Alta Val Caffaro
Breno, Niardo, Prestine Parco dell'Adamello
12 IT2070007 SIC Vallone del Forcel Rosso Cevo, Saviore dell'adamello
Parco dell'Adamello
13 IT2070008 SIC Cresta Monte Colombe' e Cima Barbigiana
Paspardo Parco dell'Adamello
14 IT2070009 SIC Versanti dell'Avio Edolo, Temù Parco dell'Adamello
15 IT2070010 SIC Piz Olda - Val Malga Berzo Demo, Sonico Parco dell'Adamello
16 IT2070011 SIC Torbiera La Goia Berzo Demo Parco dell'Adamello
17 IT2070012 SIC Torbiere di Val Braone Braone Parco dell'Adamello
18 IT2070013 SIC Ghiacciaio dell'Adamello Edolo, Ponte di legno, Saviore dell'Adamello, Temù
Parco dell'Adamello
19 IT2070014 SIC Lago di Pile Ceto Parco dell'Adamello
20 IT2070015 SIC Monte Cas - Punta Corlor Tignale, Tremosine Parco dell'Alto Garda Bresciano
21 IT2070016 SIC Cima Comer Gargnano Parco dell'Alto Garda Bresciano
22 IT2070017 SIC Valli di S. Antonio Corteno Golgi Comune di Corteno Golgi
23 IT2070018 SIC Altopiano di Cariadeghe Serle Consorzio gestione Altopiano di Cariadeghe
24 IT2070019 SIC Sorgente Funtani' Vobarno Comune di Vobarno
25 IT2070020 SIC/ZPS Torbiere d'Iseo Corte Franca, Provaglio d'Iseo, Iseo
Consorzio gestione Torbiere del Sebino
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 89
N. CODICE TIPOLOGIA DENOMINAZIONE COMUNI GESTORE
26 IT2070021 SIC Valvestino Capovalle, Gargnano, Magasa, Tignale, Valvestino
Parco dell'Alto Garda Bresciano
27 IT2070022 SIC Corno della Marogna Tignale, Tremosine Parco dell'Alto Garda Bresciano
28 IT2070023 SIC Belvedere - Tri Plane Cedegolo, Paspardo Parco dell'Adamello
29 IT2070301 ZPS Foresta di Legnoli Ono San Pietro ERSAF
30 IT2070302 ZPS Val Caffaro Bagolino ERSAF
31 IT2070303 ZPS Val Grigna Berzo inferiore, Bienno, Bovegno, Darfo Boario Terme, Esine, Gianico
ERSAF
32 IT2070401 ZPS Parco Naturale Adamello
Braone, Breno, Cedegolo, Ceto, Cevo, Cimbergo, Edolo, Niardo, Paspardo, Ponte di Legno, Temù, Saviore dell'Adamello, Sonico, Vezza d'Oglio, Vione
Comunità Montana Parco Regionale dell'Adamello
33 IT2070402 ZPS Alto Garda Bresciano
Gargnano, Magasa, Tignale, Toscolano Maderno, Tremosine, Valvestino
Comunità Montana Parco Alto Garda Bresciano
34 IT20A0006 SIC Lanche di Azzanello Borgo S. Giacomo, Azzanello, Castelvisconti
Parco dell'Oglio Nord
35 IT20A0007 SIC Bosco della Marisca Orzinuovi, Villachiara, Genivolta , Soncino
Parco dell'Oglio Nord
36 IT20A0008 SIC/ZPS Isola Uccellanda Villachiara, Genivolta, Azzanello
Parco dell'Oglio Nord
37 IT20A0009 ZPS Bosco di Barco Orzinuovi, Soncino Parco dell'Oglio Nord
38 IT20A0017 pSIC Scolmatore di Genivolta Villachiara, Azzanello, Genivolta
Parco dell'Oglio Nord
39 IT20A0019 SIC Barco Orzinuovi, Soncino Parco dell'Oglio Nord
40 IT20A0020 SIC Gabbioneta Seniga, Gabbioneta binanuova, Ostiano
Parco dell'Oglio Nord
Tabella 23-1: elenco dei Siti della Rete Natura 2000 presenti nel territorio provinciale.
Per ognuno di essi, nei quali sono presenti ambienti acquatici significativi e specie di
interesse comunitario per la cui tutela il sito è stato individuato, come previsto dalla DGR 8
agosto 2003 n. 7/14106, è stata valutata l’incidenza delle misure previste dal presente
piano; tale valutazione è stata inviata, con lettera 7 settembre 2010 P.G. 100558/10, alla
D.G. Sistemi Verdi e Paesaggio della Regione Lombardia, ai sensi dell’art. 2, Allegato C
della citata deliberazioneCon decreto 18.1.2011 n. 268 la Direzione Generale Sistemi
Verdi e Paesaggio ha espresso la valutazione di incidenza positiva, ovvero assenza di
possibilità di arrecare una significativa incidenza negativa sull’integrità dei siti con il
rispetto di prescrizioni miranti al perseguimento di:
- coinvolgimento dei soggetti gestori nella individuazione delle strategie gestionali
della fauna ittica all’interno dei Siti Rete Natura 2000;
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PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 90
- il recepimento delle misure di conservazione previste dai piani di gestione dei SIC e
ZPS
- la revisione del Piano nonché, salvo diversamente indicato dai Piani di gestione dei
SIC e ZPS, l’istituzione di nuovi campi di gara fissi e di manifestazioni locali di
carattere temporaneo, le azioni di controllo selettivo di specie di uccelli ittiofagi, gli
interventi di ripopolamento di ittiofauna all’interno dei Siti Rete Natura 2000 devono
essere sottoposti alla valutazione di incidenza.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 91
24 OBIETTIVI, MODALITÀ E TEMPI DI MONITORAGGIO E VERIFICA DEI
RISULTATI OTTENUTI
In questo capitolo, anche in ottemperanza a quanto previsto dalla Valutazione Ambientale
Strategica a cui il presente Piano è sottoposto, in particolare dalla fase 4 della VAS di
Attuazione, Gestione e Monitoraggio dei contenuti del Piano, vengono di seguito riassunti i
più significativi obiettivi del monitoraggio delle norme e degli interventi previsti:
verifica dell’efficacia dei ripopolamenti;
verifica degli effetti delle misure di regolamentazione della pesca;
verifica dell’efficacia dei diversi istituti previsti rispetto agli obiettivi di istituzione;
verifica degli effetti degli interventi di miglioramento ambientale.
Ai fini della corretta effettuazione delle attività di monitoraggio indicate, è necessaria la
definizione di indicatori e di modalità operative specifiche.
Per quanto riguarda gli indicatori, gli stessi non possono che essere legati a situazioni
oggettive misurabili quali ad esempio biomassa, densità, struttura delle popolazioni ittiche
dei diversi ambienti oggetto di interesse e monitoraggio; tali indicatori potranno essere
anche utilizzati come verifiche indirette dell’efficacia degli interventi pianificatori e
ambientali previsti.
Dal punto di vista metodologico, le verifiche, che potranno trovare sostegno e integrazione
anche in una registrazione dei dati del pescato, sia professionale sia dilettantistico,
dovranno essere effettuate con un approccio di carattere scientifico e con personale e
strumenti adeguati allo scopo.
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25 INTERVENTI PRIORITARI
Sulla base dei dati raccolti nei monitoraggi ittici e ambientali della Carta Ittica, viene
individuata una serie di interventi utili ai fini della tutela e incremento dei popolamenti ittici
e del miglioramento della fruizione alieutica.
25.1 Miglioramenti ambientali
Questo paragrafo assume particolare rilevanza in quanto le alterazioni ambientali
rappresentano il principale fattore limitante delle popolazioni ittiche, quindi la loro
rimozione, o quanto meno mitigazione, consentirà significativi miglioramenti a carico degli
ecosistemi e delle comunità biologiche che essi ospitano.
Pur nella consapevolezza che le iniziative di questa tipologia possono essere solo in parte
portate avanti dal solo Settore Pesca, in ottemperanza alle disposizioni regionali relative
all’art. 141, comma 2, della L.R. 31/2008, sono ritenuti prioritari i seguenti interventi:
mantenimento del deflusso minimo vitale a valle di ogni singola captazione utile alla
salvaguardia delle biocenosi acquatiche;
realizzazione di idonei passaggi artificiali per pesci nel reticolo idrografico prioritario
per le migrazioni.
Inoltre, sulla base dei dati raccolti si ritengono di grande rilevanza anche:
interventi di miglioramento e manutenzione delle aree di riproduzione ittica presso i
litorali lacustri.
25.2 Interventi diretti per l’incremento delle popolazioni ittiche autoctone
In questo paragrafo vengono elencate le principali iniziative di sostegno alle popolazioni
ittiche:
ultimazione delle strutture produttive (incubatoi ittici) che possono costituire una
vera e propria “Rete degli incubatoi provinciali” con una adeguata copertura del
territorio e sviluppo di un programma organico di gestione;
riproduzione artificiale delle principali specie ittiche autoctone utilizzando individui
selvatici di popolazioni locali;
creazione e gestione di zone a “fruizione di pesca differenziata”, con l’obiettivo di
tutelare gli stock di riproduttori;
recupero e incremento del carpione.
PIANO ITTICO PROVINCIALE
PROVINCIA DI BRESCIA - SETTORE CACCIA E PESCA 93
25.3 Interventi sulle specie predatrici e/o competitrici
In considerazione del sempre più rilevante effetto che specie di uccelli ittiofagi o specie
ittiche alloctone dannose producono sulle specie ittiche autoctone, verranno messe in atto
in acqua pubblica attività di contenimento di tali effetti attraverso:
mitigazione dell’attività predatoria degli uccelli ittiofagi;
controllo di specie ittiche alloctone dannose, quale ad esempio il siluro anche
mediante pescatori subacquei
25.4 Interventi diretti a sostegno dell’attività di pesca
Il complesso delle attività citate nei paragrafi precedenti ha il fine di sostenere le
popolazioni ittiche in condizioni naturali e quindi, indirettamente, la loro fruizione attraverso
l’attività di pesca. Resta comunque fra gli obiettivi da perseguire anche l’effettuazione di
una serie di interventi diretti a sostegno della diffusione e incremento della pesca, intesa
anche come mezzo di conoscenza e godimento degli ambienti naturali, presupposto,
questo, utile alla loro protezione.
25.5 Interventi formativi
Ai fini di poter disporre di supporti operativi a disposizione del personale volontario che
possa coadiuvare le iniziative provinciali nell’ambito della gestione e della vigilanza, si
intende effettuare:
corsi di formazione e aggiornamento di guardia pesca volontari;
corsi di formazione per operatori nell’ambito degli interventi di recupero ittico e nei
diversi interventi ittiogenici.
A tal fine saranno anche sostenute le Associazioni che offriranno la loro collaborazione in
tal senso.
25.6 Programmazione e pianificazione annuale
Ai fini rispondere in modo tempestivo alle esigenze del territorio e alle indicazioni che
emergono dal monitoraggio degli interventi effettuati, la Provincia, sulla base delle
indicazioni contenute nel presente piano e al fine di facilitare la diffusione delle
informazioni all’utenza, provvede annualmente a formulare un calendario di pesca nel
quale, fra l’altro, saranno indicati:
orari e mezzi di pesca;
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periodi di divieto e misure minime della fauna ittica;
limiti di cattura.
Inoltre, sempre con finalità divulgative, saranno riepilogati gli istituti presenti sul territorio,
con le loro eventuali modifiche, con particolare riferimento a:
zone soggette a particolari norme;
zone di salvaguardia (protezione, ripopolamento e tutela);
campi di gara ove si svolgono manifestazioni a carattere agonistico, indicandone la
gestione.
25.7 Tempi e modalità di applicazione
Nelle more della predisposizione dei provvedimenti attuativi del presente Piano e degli
interventi necessari di tabellazione dei nuovi istituti, nonché di dettagliata informazione
all’utenza, si prevedono scenari temporali differenziati:
sino all’adozione dei regolamenti attuativi del presente piano, restano in vigore i
regolamenti provinciali preesistenti;
in sede di approvazione del presente piano saranno individuate le norme
immediatamente efficaci e le modalità di entrata in vigore della disposizioni di
pianificazione territoriale (la classificazione e categorizzazione delle acque, le
zone di salvaguardia, i tratti a particolare regolamentazione, le aree di pesca
subacquea, ecc.)