onstage magazine aprile 2011

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CATERINA GUZZANTI | FOO FIGHTERS | SOURCE CODE | MAX PEZZALI | THE KILLS LORENZO Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/BS Anno V, n.40 - 2 aprile 2011 2011 GIANNA NANNINI SUBSONICA ROGER WATERS ANNA CALVI

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Onstage Magazine aprile 2011 n. 40

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Page 1: Onstage Magazine aprile 2011

CATERINA GUZZANTI | FOO FIGHTERS | SOURCE CODE | MAX PEZZALI | THE KILLS

LORENZO

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Anno V, n.40 - 2 aprile 2011

2011

Gianna nannini subsonica

RoGER WaTERs anna caLVi

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ONSTAGE 04 APRILE

EDITORIALE

CATERINA GUZZANTI | FOO FIGHTERS | SOURCE CODE | MAX PEZZALI | THE KILLS

LORENZO2011

GIANNA NANNINI SUBSONICA

ROGER WATERS ANNA CALVI

JOVANOTTI | GIANNA NANNINI | ROGER WATERS | SOURCE CODE | THE STROKES

OnStage_Banda_CappuccettoRossoSangue 14-03-2011 17:30 Pagina 1

SUBSONICA“Siamo l’unico gruppo

pop elettronico italiano”

CATERINA GUZZANTI | FOO FIGHTERS | SOURCE CODE | MAX PEZZALI | THE KILLS

GIANNANANNINI

JOVANOTTI

ROGER WATERS

SUBSONICA

ANNA CALVI

“Noi donne siamo libere di scegliere”

Onstage Magazine on tour - Aprile 2011SUBSONICA: 1 APRILE: PALASPORT, VERONA; 7 APRILE: PALALOTTOMATICA, ROMA; 11 APRILE: PALAOLIMPICO, TORINO; 12 APRILE: MEDIOLANUM FORUM, MILANO; 15 APRILE: MANDELA FORUM, FIRENZE; ROGER WATERS: 1/2/4/5 APRILE: MEDIOLANUM FORUM, MILANO; JOVANOTTI: 16 APRILE: 105 STADIUM, RIMINI; 19/20 APRILE: ZOPPAS ARENA, CONEGLIANO VENETO; 2/3 MAGGIO: MANDELA FORUM, FIRENZE; 5 MAGGIO: FUTURSHOW, BOLOGNA; GIANNA NANNINI: 29/30 APRILE: MEDIOLANUM FORUM, MILANO; 3/4 MAGGIO: PALALOTTO-MATICA, ROMA; THE KILLS: 2 APRILE: MAGAZZINI GENERALI, MILANO; MINISTRI: 23 APRILE: ALCATRAZ, MILANO; BELLE & SEBASTIAN: 14 APRILE: ALCATRAZ, MILANO; GIULIANO PALMA: 16 APRILE: ALCATRAZ, MILANO;

Tutti i locali di Milano e Roma dove trovi Onstage Magazine

Centri CTS dove trovi Onstage Magazine

MILANOBar Magenta, Banghrabar, Biblioteca Sormani, Blender, Bond, Cafè Milano, Cargo Colonial Cafè, Cuore, Deseo, Exploit, Felice-San Sushi, Frank Cafè, Fresco Art, Grey Cat Pub, Huggy Bar, Ied, Item, Jamaica, Julien Cafè, Ka-puziner, La Bodeguita del Medio, La Caffetteria, La Voglia Di, Le Coquetel, Le Scimmie, Lelephant, Magazzini Generali, Maxi Bar, Mom Cafè, Morgan’s, Pacino Cafè, Pharmacy Store, Refeel, Roialto Cafè, Salezucchero, Sergent Peppers, Skip Intro, Stardust, Sushi, The Good Fellas, Trattoria Toscana, Twelve, Union, Volo, Yguana ROMAAvalon Pub, Birreria Marconi, Cartolibreria Freak Out, Casina dei Pini, Circolo degli Artisti, Crazy Bull, Deja’Vu, Distillerie Clandestine, Express, Fata Morgana, Freni e Frizioni, Friend’s Art Cafè, L’Infernotto, Latte Più, Le Sorelle, Lettere, Cafè, Living Room Cafè, Locanda Atlantide, Micca Club, Mom Art, On The Rox, Open Music Cafè, Pride Pub, Rock Castle Cafè, Shanti, Simposio, Sotto Casa Di Andrea, Sotto Sotto, Tam Tam, Zen.O

BOLOGNA: Viale Filopanti 4/M FIRENZE: Borgo la Croce 42/rGENOVA: Via Colombo 21/r MILANO: C.so Porta Ticinese 100, Largo Gemelli 1 c/o ISU Univ. Cattolica, Via Carlo Bo 1 c/o IULMROMA: Via Solferino, 6-6/A, Piazza dell’Alberone 14, Piazza Irnerio 43C.so Vittorio Emanuele II 297, Via degli Ausoni 5, TORINO: Corso Belgio, 141/A, Corso Duca degli Abruzzi, 24VENEZIA: Dorsoduro Ca’ Foscari, 3252

Direttore responsabileEmanuele Vescovo

Direttore editorialeDaniele [email protected]

Art directorEros [email protected]

CaporedattoreStefano [email protected]

RedazioneFrancesca [email protected] [email protected]

Fashion editorChiara [email protected]

EditorialistiCharlie Rapino Mattia Odoli

Hanno collaboratoBlueglue, Antonio Bracco, Guido Amari, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Silvia Crivella, Emanuele Mancini

Direttore marketingLuca [email protected]

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Amministrazione, distribuzione, logisticaMario [email protected]

Concessionaria per la pubblicità Areaconcerti srlvia Carlo De Angeli, 320141 Milanotel. 02.533558 [email protected] di Romavia Nizza, 5300198 RomaTel. [email protected]

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StampaCentro Stampa Quotidiani SpaVia dell’Industria, 5225030 Erbruso (BS)

Webhttp://www.onstageweb.comhttp://www.mylive.ithttp://www.areaconcerti.net Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl, via Carlo De Angeli, 320141 Milano

Registrazione al Tribunale di Milano n. 362 del 01/06/2007

Magazine

ccettare l’invecchiamento del cor-po non è facile per nessuno. Tanto meno per chi ha consegnato la pro-pria forma estetica alla pubblica

notorietà. Attori, personaggi dello spettacolo, mu-sicisti s’imprimono nell’immaginario collettivo con determinati connotati fisici, associabili nella maggior parte dei casi a un’età giovane, magari matura, ma difficilmente anziana (amara rivincita per chi vorrebbe una società un po’ meno geron-tocratica). In ambito musicale – si parla di pop, nei generi “colti” è un’altra storia - l’avanzare dell’età porta agli artisti un problema ancora più grosso da affrontare: la credibilità. Premesso che i capola-vori si scrivono a vent’anni e non a sessanta, può un musicista restare credibile agli occhi del pub-blico, escludendo i fan (tifosi) che accettano tutto sempre e comunque, man mano che gli anni pas-sano? Certo, ma non è facile. Il problema qui non è più fisico – anche se l’aspetto gioca un ruolo de-cisivo pure nella musica - ma soprattutto artistico.

La fortuna di un musicista, o di una band, non dipende mai da un singolo fattore. Ci vogliono le canzoni innanzitutto, ma anche un’immagine, un modo di proporsi, un messaggio da portare al pubblico. Tutto questo crea una sorta di linguag-gio che cristallizza l’artista o la band nell’immagi-nario comune. Non significa che si debba rimaner ancorati a un unico codice stilistico per tutta la carriera, si può essere coerenti anche nel continuo reinventare se stessi. E poi non c’è cosa peggiore che rimanere prigionieri del passato, anche quan-do glorioso. Ma la fedeltà al proprio linguaggio, qualunque esso sia, è l’aspetto determinante per-ché un artista mantenga credibilità mentre il tem-po passa. Questo vale soprattutto per musicisti e band la cui attività non perde intensità negli anni.

Jovanotti è giovane – non ha nemmeno 45 anni – e ancora più giovani sono molti dei Subsonica, ma in entrambi casi si parla di carriere che durano ormai da parecchio tempo. Abbastanza per porsi la questione della credibilità. Lorenzo ha fatto del

trasformismo la sua arma vincente. Mai musical-mente prevedibile, è sempre alla ricerca di nuove forme stilistiche in grado di raccontare il momen-to artistico in cui si trova. È il suo linguaggio ed è proprio grazie a questo se Jova si è guadagnato un certo status - tale per cui oggi gli si perdona-no persino gli esordi all’insegna del cazzeggio.

I Subsonica affrontano invece una sfida diversa, perché sono uno dei pochi gruppi che ha avuto la forza di imporsi in Italia con una musica che sto-ricamente non appartiene alla cultura del nostro paese. Nonostante qualche passaggio meno ri-uscito, Samuel e soci sono riusciti a mantenersi fedeli alla propria essenza, senza lasciarsi travol-gere dal successo e appiattirsi in nome di questo.

Diversa è la questione credibilità per artisti meno giovani – stiamo sempre parlando in termini ana-grafici – come la Nannini e Roger Waters. La coe-renza di Gianna è straordinaria, così come la capa-cità di vivere la musica e la sua stessa vita senza imposizioni. Ed è proprio questa libertà, insieme alle canzoni, che le consente di essere credibile nei panni di rocker nonostante non sia più una ragaz-zina – e non dimentichiamoci che è una donna: quante altre ne abbiamo in Italia? Roger Waters, bè, è Roger Waters. È talmente grande quello che ha fatto con i Pink Floyd – vale eterna riconoscen-za – che gli è bastato restare fedele al mito per non perdere credibilità. Se oggi si permette il lusso di riportare in giro per il mondo il tour di The Wall, per di più senza una costola della band che lo incise nel 1979 (David Gilmour), è perché in questi anni non ha fatto a pezzi il credito ottenuto in passato. Im-presa non da poco, l’ego può giocare brutti scherzi.

Non tutti gli artisti riescono a conservare cre-dibilità lungo il corso della propria carriera. È più complesso di quanto sembri, specialmen-te quando ci si mette pure l’età. Una volta ot-tenuta l’attenzione del pubblico, è la sfida più importante che un musicista debba affrontare. Ma è l’unico modo per essere veramente gran-di e consegnare il proprio lavoro alla storia.

A

Daniele Salomone

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INDICE

28 Gianna Nannini Non temete: la recente maternità ha addolcito solo in parte la rocker nostrana. Il tour del suo album più recente, Io e te, promette scintille e alcuni vecchi cavalli di battaglia.

40 Roger Waters Torna dal vivo uno dei dischi più leggendari della storia del rock, affidato a Roger Waters che, coi Pink Floyd, lo scrisse e pubblicò nel 1979: The Wall!

rubriche

13 Jukebox Ad aprile abbiamo deci-so di stupirvi con una sele-zione che va dalla musica al cinema, passando per mostre e party esclusivi.

18 Face To Face Ancora due grandi inter-viste: Caterina Guzzanti ci presenta Boris - Il film, mentre Max Pezzali racconta il suo... secondo tempo.

46 Rock’n’Fashion Leccesi trapiantati a Milano, i due membri de Il Genio si divertono a posare per il nostro servizio di moda.

55 What’s New I nostri consigli del mese in fatto di dischi, libri, film e videogiochi: Foo Fighters, Britney Spears, Machete, Dragon Age II, Nick Kent…

62 Coming Soon Gli appassio-nati di musica italiana non possono per-dersi le tre date di Antonacci a Verona. Oltre ai concerti del nostro calen-dario.

22 Jovanotti Un disco elettronico al limite della techno, ma il solito clamoroso successo di critica e pubblico. Lorenzo si reinventa e ne parla nella nostra intervista.

34 Subsonica Max Casacci racconta a Onstage Magazine la genesi e i segreti di Eden, nuovo disco del quintetto torinese. Siete pronti per il ritorno Subsonica?

ONSTAGE 06 APRILE

webÈ online il nuovo sito di Onstage Magazine, al suo interno oltre al restyling grafico troverete contenuti esclusivi, il calendario di tutti i concerti, interviste live report e contest.

Continuate a seguirci sul nostro sito e scoprite come vincere, a partire da maggio, cinque coppie di biglietti (due a vincitore) per il Rock In IdRho, festi-val di cui Onstage è media partner ufficiale. Scopri come su www.onstageweb.com

www.onstageweb.com

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24/24:PARIS

www.lacostelive.com

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PICCOLI FANS. New York City, 1961. «Potevi sentire le sue canzoni e allo stesso tempo imparare a vivere». Bob Dylan su Woody Guthrie.Foto di Bettmann © Corbis

CELEBRATION

Cinquant’anni fa iniziava ufficialmente la carriera di Bob Dylan. L’11 aprile del 1961 per la precisione, quando il non ancora ventenne Robert Allen Zimmerman si esibiva nel Gre-enwich Village a Manhattan presentandosi per la prima volta con lo pseudonimo ispira-to al poeta di origine scozzese Dylan Thomas. Chitarra acustica e armonica a tracolla, all’inizio degli anni Sessanta Bob incarna-va il perfetto folk singer, una delle tante maschere che ha indossato (e di cui poi si è liberato) durante i numerosi atti di quel-la straordinaria commedia che è stata ed è la sua vita. Un’opera pirandelliana, come l’ottimo Todd Haynes – con Io non sono qui, pellicola del 2007 – ha egregiamente raccon-tato affidando le diverse fasi della carriera di Dylan all’interpretazione di attori differenti (tra cui Christian Bale e Richard Gere) e per-sino di una donna, l’affascinante Cate Blan-chett. Quale tra loro ha meglio fotografato il soggetto del biopic? Tutti e nessuno, per-ché Bob vive in tutte le sue rappresentazio-ni, non esiste un Dylan autentico, originale.È in questo senso che va letto l’ultimo Dylan? Vecchio nella presenza oltre che nell’età (a maggio compirà settant’anni) scontroso, cini-co e violento stupratore dei suoi pezzi storici, Bob da molti anni ormai si trascina in giro per il mondo di concerto in concerto – il fol-le progetto del neverending tour – con la voce sempre più roca, l’andatura dimessa, in loca-tion e spazi sempre più piccoli (a giugno suo-nerà all’Alcatraz di Milano, club da non più di 3000 posti). Quale conclusione per questa ultima messa in scena? Quale la fine di que-sta parabola? Probabilmente l’annientamen-to artistico, quel “nessuno” che Dylan non ha ancora mai interpretato. Ma che, come tutte le altre maschere, è in grado di vestire con la stessa nonchalance. How does it feel, Bob?

Uno, centomila, nessuno.

ONSTAGE 08 APRILE

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Preservativi

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Akuel SKYN OnStage 2-2011.pdf 1 31/01/11 16.11

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ANCORA ARMATI. ANCORA PERICOLOSI. ANCORA SULLA CRESTA.

DALL’11 MAGGIO AL CINEMAhttp://red.libero.it

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ANCORA ARMATI. ANCORA PERICOLOSI. ANCORA SULLA CRESTA.

DALL’11 MAGGIO AL CINEMAhttp://red.libero.it

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PARTECIPA AL CONCORSOGIOCA E VINCI

CONCORSO VALIDO FINO AL 30 APRILERicordati che potrai giocare una volta sola per

ogni persona e l’indirizzo e-mail deve essere esistente ed attivo. Nel caso contrario la giocata sarà annullata. Ogni biglietto è valido per 2 persone.

COME PARTECIPAREPer partecipare invia una mail a [email protected] come oggetto “RED”, scrivi le risposte esatte e i tuoi dati:- nome- cognome- numero di cellulare- indirizzo- età

Medusa e Onstage Magazine ti regalano la fantastica opportunità di vincere 10 biglietti per l’anteprima del film Red a Milano e Roma. Per partecipare rispondi alle seguenti domande:

1 Chi sono i due autori del fumetto/graphic novel da cui è tratto il film?

2 Prima di ritirarsi a vita privata, qual era la professione del protagonista Frank Moses (Bruce Willis)?

3 Quale casa editrice ha pubblicato “Red”?

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JUKEBOX

R ipercorrendo la sua breve storia, viene da pensare immediatamente che la giovanissima Anna sia una predestinata, instradata verso la musica da un padre italiano emigrato a Londra

e collezionista di dischi. Prima ancora dell’adolescenza, Anna già apprezza Captain Beefheart, Jimi Hendrix, Django Reinhardt, Rolling Stones e Maria Callas e cerca di riprodurre questa incredibile mistura di influenze attraverso la sua chitarra. Lo spartiacque arriva però a 17 anni, dopo altre epifanie come la scoperta del flamenco, della musica africana e del blues di Robert Johnson: Anna decide di andare a scuola di musica e di imparare a can-tare. Vinta l’iniziale timidezza, la Calvi realizza di avere una voce molto particolare e duttile e, nel frattempo, fa la conoscenza della batterista Mally Harpaz: «Poco dopo aver iniziato a suonare con lei, ho scoperto l’harmonium come strumento e me ne sono innamorata. Ho chiesto a Mally di suonarlo per me anche se non l’aveva mai fatto prima e lei ha accettato di buon grado. È una musicista

fantastica». Il posto vacante come batterista viene presto occupato da Daniel Maiden-Wood e Anna comincia a esi-birsi dal vivo con questo inedito trio formato da chitar-ra, harmonium e batteria, oltre alla sua fantastica voce. «Mi piace l’idea di non avere il basso in formazione e che

Mally sia in grado di suonare parecchi strumenti, come una vera orchestra. Cerco di ottenere il massimo possibile da un trio, ma adoro le restrizioni, ti costringono a dare il meglio. Abbiamo un suono molto grezzo e c’è molto spazio nella nostra musica, proprio come me la sono sem-pre immaginata». Non c’è voluto molto tempo prima che qualcuno si accorgesse di tanto talento: più precisamente è stato Bill Rider-Jones, ex chitarrista dei Coral, a telefo-nare al boss della Domino dopo aver visto Anna dal vivo a Manchester. Laurence Bell ha messo sotto contratto la

ragazza dopo aver assistito a una performance, assicu-randosi le sue prestazioni. La garanzia definitiva di suc-cesso è arrivata dopo un incontro con Brian Eno, pure lui folgorato dalla classe cristallina della musicista dal vivo: «Mi ha invitata fuori a pranzo, è stato un vero signore.

Gli ho dato i miei demo e gli sono piaciuti moltissimo, mi ha mandato una lettera piena di complimenti e suggerimenti. Quello è sta-to il momento in cui ho capito davvero che ero sulla strada giusta e che stavo facendo

qualcosa di valido». La strada giusta l’ha condotta verso un debutto strabiliante, uno dei migliori album di questo 2011, prodotto da un altro nome pesante come Rob El-lis, collaboratore storico di una grande cantante inglese come PJ Harvey: «Rob pesta come un dannato dietro la batteria, è stato uno dei motivi per cui l’ho scelto. E poi entrambi siamo appassionati di musica classica e posse-diamo lo stesso modo di pensare e approcciare le cose. Mi sono trovata alla perfezione!». Basta un solo ascolto del suo esordio per rendersene conto…

« Ho dato i miei demo a Brian Eno e gli sono piaciuti moltissimo, mi ha mandato una lettera piena

di complimenti e suggerimenti »

The next big thingPer lei si sono scomodati due nomi come Nick Cave, che l’ha voluta in tour per aprire i suoi Grinderman, e Brian Eno, che l’ha eletta come la prossima Patti Smith. Lei ha risposto con un esordio discografico di primissimo livello, semplicemente intitolato Anna Calvi.

di Stefano Gilardino - foto © Emma Nathan

Musica, moda, cultura, spettacolo, cinema

Li hanno definiti gli

eredi di Simon & Garfunkel, ma i Belle And Sebastian sono solo uno dei gruppi più amati della scena indie. Pop, folk e... Norah Jones!

Senza il mi-nimo dubbio,

Source Code diventerà uno dei film del 2011. A darci questa sicurezza, la presenza in cabina di regia del talento visionario di Duncan Jones.

Se avete intenzione di

passare per Milano durante il Fuori Salone, non perdetevi questa mostra che si ispira a un classico del cinema anni ot-tanta comne Tron.

Suono scarso e spigoloso

per il duo più cool del pianeta. I Kills uniscono blues ed elettronica per un sound inedito.

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ONSTAGE 13 APRILE

Musica

09/04 Bologna, 10/04 Gambettola (FC), 11/04 Romalive

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Another love on the wall

Amor, ch’a nullo amato amar perdona porco cane/ lo scri-verò sui muri e sulle metropolitane di questa città, can-tava Jovanotti in Serenata Rap nell’estate ’94. Ora, i

Belle & Sebastian l’hanno fatto davvero: accompagnati da Kim Moore degli Zoey Van Goey, la ragazza immagine della copertina dell’album, hanno scrit-to con il gessetto il titolo del loro nuovo lavoro, Write About Love, sui muri della città di Glasgow. Un’idea curiosa che segue l’annun-cio di Stuart Murdoch - «Cercasi cantante che ami Ronet-tes, Twinkle e Friend And Lover. Astenersi aspiranti Céline Dion» -, per il progetto God Help The Girl, che ha lasciato in eredità ai B&S un suono tale da segnare una svolta defini-tiva. Il nuovo lavoro, infatti, abbandona definitivamente le incertezze e il folk delicato degli esordi, quando Stuart, tra

Il Giovane Holden e Miles Davis, mise in piedi un progetto, e non una band, composto da studenti liceali con l’intenzione di realizzare due album e poi sciogliersi. Ma, con il primo disco autoprodotto Tigermilk, pubblicato in sole mille copie in vinile, diventano una band di culto. Ecco allora che a di-

stanza di 15 anni, i B&S tornano in compagnia di artiste femminili del calibro di Carey Mulligan, e, soprattutto, della voce sublime e pulita di Norah Jones per Little

Lou, Ugly Jack, Prophet John. Due segni che timbrano il cam-biamento del gruppo scozzese, orientato su un soft pop che, delicato arriva senza disturbare, conservando, però, il lato letterario da sempre marchio di fabbrica dei Belle & Seba-stian: This is your art, this is your Balzac, your Brookside and your Bach.

Write About Love. Sono tornati con un disco molto romantico i Belle And Sebastian, con un beat elettronico più svelto, più colorato, più innamorato.

Anche questo mese vi presentiamo i vincitori del progetto, sia quelli selezionati da MTV che la nostra scelta personale.

DeniseDenise nasce nel febbraio del 2005, quando Deni-se e Alessandro Di Liegro creano e registrano un pu-gno di canzoni fra l’elet-tronica, il jazz e il pop con una forte base lo-fi. Il progetto trova il suo com-

pimento nel settembre 2010 con il singolo Burning Flames, dall’album di debutto Dodo, do!. Nel video la voce di Denise accompagna il suo personale viaggio in stile Alice nel paese delle meraviglie. Una piccola chicca.

FonokitMarco Ancona, (voce, chitarre), Paolo Pro-venzano (batteria) e Ruggero Gallo (bas-so): uno dei gruppi di punta della sce-

na musicale salentina, con un suono indie-rock d’influenza british, e testi che prendono spunto dal vissuto reale. Il videoclip di Chi sono io diret-to da Gabriele Surdo, premiato sia da SATV che dal M.E.I. – Meeting delle Etichette Indipendenti, vede una serie di persone coprirsi il volto con le facce dei simboli della nostra epoca, da Einstein a Maradona a Fonzie.

Scelto da noiTelesplashVengono dalla provincia di Arezzo e hanno una passione viscerale per i Beatles e i Clash, evidente fin dal primo EP Forever Together, 2009. Nel 2010 esce Bar Milano, con il vi-deo di Domani, colorato e ambientato alla fine di una festa, hanno reso alla grande quell’atmosfera retrò che trova il suo compimento in una dimen-sione tutta italiana.

di Marcello Marabotti - foto © Reuben Cox

JUKEBOX

Il nuovo lavoro, abbandona definitivamente le incertezze e il folk delicato degli esordi.

ONSTAGE 14 APRILE

Musica Musica

14/04 Milanolive

In occasione del Fuori Salone, Lacoste organizza uno degli eventi più attesi dell’intera Design Week: il La-coste Smash Party 2011. Il 14 aprile è la data da cer-chiare sul calendario, i Magazzini Generali di Milano la location scelta. Guest star della serata sarà Martin Solveig, il dj del momento, quello che mixa i piatti nello stesso modo in cui schiaccia palline da tennis sul campo. Con il video di Hallo, Solveig ha inizia-to il suo personale Roland Garros: nella partita della

vita sfida Bob Sinclair, un altro che di hit planetarie se ne intende parecchio, davanti a 12.000 spettatori. All’incontro partecipano vere star del tennis mondia-le come Novak Djokovic, Gael Monfils, Olivia San-chez, Mathilde Johansson e Nelson Montfort. L’in-gresso sarà riservato a una lista di invitati esclusiva: per accedere all’evento, infatti, è necessario l’invito cartaceo reperibile esclusivamente nelle moltissime boutique Lacoste.

Lacoste Smash PartyIl Fuori Salone di Milano, durante la Design Week, è uno degli appuntamenti clou della città meneghina. Tra le innumerevoli occasioni di divertimento ne abbiamo scelta una davvero particolare...

Spettacolo

Page 15: Onstage Magazine aprile 2011

D ai tempi del primo Live Aid sembra che i musici-sti siano autorizzati a sparare cazzate a rullo. Un esempio su tutti è il Noel Gallagher che a uno

sfortunatissimo Brit Awards di 15 anni fa presenta quella piaga di Stan Laurel/Tony Blair come l’uomo che avreb-be salvato l’Inghilterra. I conti li stiamo ancora pagando adesso. Leggo sul Times che, non nuovo alle mirabili stronzate, Jon Bon Jovi accusa Steve Jobs di essere l’uo-mo che ha rovinato il music business. Steve Jobs: genio responsabile di Mac, iPod, iPhone, iPad, ma non certo di Napster, p2p, file sharing e tutto quello che ha mandato a picco l’industria musicale. La mente di Apple ha creato semmai un sistema dove bisogna pagare per scaricare, da buon imprenditore. Chi ha ucciso il mondo della musica è stato viceversa Bon Jovi stesso, con i suoi video usa e getta buoni per MTV. Il pubblico non ne vuole più sapere di pagare per delle schifezze del genere! È una vecchia storia, nella società politicamente corretta l’importante è incolpare il creativo vero, l’imprenditore, il visionario, l’in-dividuo pensante. Ne so qualcosa io! Ultimamente si sen-tono sempre più spesso frasi tipo: “ah quando ascoltavo la musica in cuffia con la copertina in mano!”. Piaceva anche a me ma i tempi cambiano. In quegli anni non avevo tan-to lì in provincia, il massimo dell’intrattenimento erano calciatori da popolo basso. Non esisteva veramente altro che due cose di Giaccio e Arbore in radio. Per il resto c’era da mettersi le mani nei capelli. Cantautori a go-go che mi dicevano cosa fare, il resto era propinato dalla democra-zia fascio-comunista. Questi stronzi che non avevano uno straccio di idea me la menavano con gli “ideali”, mentre al di là delle Alpi c’era un italiano, un genio, un certo Giorgio Moroder, che se l’era data a gambe e faceva musica con le macchine. Altro che! ‘Sti musicistacci chissà che farebbero per stare aggrappati alla sedia. Invidio molto i giovani di oggi - con tutti gli strumenti che hanno a disposizione chissà cosa combinerei io - che non devono aspettare che lo zio d’America gli presti i soldi per farsi uno studio; gli basta un applicazione dell’iPad per fare musica. Sfor-tunatamente, la comunità democratica dei vecchiacci continua a perpetrare i suoi orrori. Attendo con treman-te delirio il disco di carità per le vittime del terremoto in Giappone. Roba da democrazia... roba da repubblica!

Source Code

C ompirà 40 anni il prossimo 30 maggio ed è sol-tanto al suo secondo film, eppure questo regista inglese possiede una merce rara per il cinema

degli ultimi tempi: idee originali. Moon, il film d’esordio che gli è valso un BAFTA (l’Oscar britannico, per inten-derci) come miglior debutto, è fantascienza pura, mini-male e filosofica, come la si faceva una volta quando i computer erano grossi come frigoriferi. Le offerte di la-voro non si sono fatte attendere e Duncan ne ha scelta una, un incrocio tra un racconto mai scritto di Philip K. Dick e i film Ricomincio da capo e Lola corre. Jake Gyllen-haal si sveglia a bordo di un treno in corsa con due grat-tacapi. Il primo: non ha idea di chi sia la ragazza seduta di fronte che gli parla a perdifiato. Il secondo: quando si specchia vede la faccia di uno sconosciuto, non la sua. Su quel treno c’è una bomba e lui, o meglio la sua mente nel corpo di un estraneo durante gli 8 ultimi minuti di vita,

deve trovare utili indizi. In realtà tutto è già accaduto, il treno è esploso e non ci sono stati sopravvissuti. Quegli 8 tesissimi minuti sono vissuti e rivissuti disperatamen-te dal nostro eroe, in un continuo loop generato da un futuristico progetto top secret del governo. L’obiettivo è scoprire una traccia, un volto, un elemento qualunque che permetta di sventare il prossimo attentato. Source Code sarebbe stato quel prevedibile prodotto hollywoo-diano che intrattiene il pubblico, ma che il pubblico non trattiene per più di 5 minuti dopo l’accensione delle luci in sala. Il Source Code di Duncan Jones invece pone più domande ai titoli di coda di quante risposte abbia voluto dare nel corso del film. Sarà finalmente orgoglioso suo padre, dopo che per una vita è stato l’inverso. Ora che vi siete fatti un’idea senza preconcetti del talento di questo Duncan, potete anche sapere di chi è figlio: David Robert Jones, altrimenti noto come David Bowie.

Duncan Jones. Ecco il buon motivo, con tanto di nome e cognome, per andare al cinema a fine mese e vedere il science-fiction thriller Source Code.

London caLLing

Bon Jobsdi Charlie Rapino - Produttore discografico

di Antonio Bracco

JUKEBOX

ONSTAGE 15 APRILE

Cinema

T ron Legacy. Un cult movie che, da oggi, è anche una mostra cult. Dall’11 al 17 aprile infatti, du-rante la settimana del design di Milano, Disney

e DuPont Corian si incontrano per uno degli eventi più

interessanti dell’interior design: Tron designs Corian, una mostra ispirata al film della Disney, Tron: Legacy, espo-sta al Padiglione Visconti di via Tortona 58, Milano. La forza espressiva di Tron: Legacy ha ispirato molti artisti e

creativi nei campi della moda, della musica, del design e della tecnologia, basti ricordare la fanta-stica soundtrack dei Daft Punk o le esclusive linee di abbigliamento come il nuovissimo videogame TRON: Evolution. Ora, il progetto Tron designs Corian, sviluppato con l’art direction di DuPont e Disney, ha ricreato gli ambienti del cult movie, dagli interni della casa, come sedie, tavoli, ban-coni del bar, vasche, alla facciata del Flynn’s, la sala giochi da cui ricomincia la saga nel secondo

episodio del film. Per scoprirli e per vederli dal vivo, “abbi pazienza, Sam Flynn, avrai presto tutte le risposte che cerchi...”.

Il Flynn’s Arcade a MilanoNegli anni Ottanta è diventato un film famoso in tutto il mondo e un’icona di stile. Dopo essere ritornato di moda lo scorso anno grazie al suo sequel, Tron diventa anche una mostra di design.

di Marcello Marabotti

Moda

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L as Vegas, 23 aprile 1956: Elvis Presley tiene il suo spettacolo d’esordio, il primo di una lunga serie che lo porterà a essere incoronato re del

rock. Chissà quel giorno che accoglienza gli riservaro-no gli inconsapevoli spettatori di un concerto memo-rabile: oggi qualcuno potrà ancora vantarsi dicendo di aver visto il primo concerto di Elvis (anche se questo qualcuno avrebbe una novantina d’anni e nessuno gli crederebbe). Per non parlare di Sam Phillips, colui che ha scoperto e lanciato Presley nell’Olimpo musicale: esisteranno ancora talent scout così visionari? Dubito fortemente. Per affermarsi al giorno d’oggi, The Pelvis avrebbe dovuto passare le selezioni di Amici: inorridi-sco al pensiero di Elvis in tuta, che prende lezioni di bal-lo da Garrison, che viene sgridato da Platinette perché si dà troppe arie o umiliato da Yurman che gli fa cantare un pezzo di Tiziano Ferro. A proposito, se Sam Phillips passerà alla storia come lo scopritore di Elvis Presley, in Italia la discografica più famosa del momento, Mara Maionchi, è venerata per aver scoperto proprio Ferro. E questo la dice lunga. Se oggi fosse un cantante in erba, Elvis dovrebbe partecipare a X-Factor rischiando di avere Anna Tatangelo come coach: «Guarda Elvis tu sei bravo, ma secondo me non trasmetti l’emozione giusta, quindi elimino te». A quel punto arriverebbe Francesco Facchinetti a consolarlo con grandi pacche sulle spalle e un in bocca al lupo per il futuro. Ma siccome Elvis, ol-tre a essere un grande interprete, era anche un ottimo ballerino, non si sarebbe dato per vinto dopo l’ennesi-mo fallimento e avrebbe cercato fortuna a Ballando con le stelle. Peccato che, anche in questo caso, la carriera di questo ragazzotto di bell’aspetto e dai capelli impoma-tati verrebbe stroncata da un altro grande talent scout, Lamberto Sposini, che preferendo le movenze felpate di Povia, eliminerebbe Elvis consigliando a quest’ultimo di trovarsi un lavoro serio. Risultato: Elvis, al terzo rifiuto consecutivo, si fionderebbe nel bar della Rai di Saxa Ru-bra a prosciugare tutte le scorte di alcolici, spendendo i suoi averi e ingrassando di 120 chili nel giro di poche ore. Stanco e frustrato, il re del rock uscirebbe dalla Rai con un solo grande rammarico: non aver fatto la foto con Milly Carlucci. Sua mamma ci teneva molto.

corsi & ricorsidi Mattia Odoli - Autore

Per votare Elvis: Codice 04

13 aprile Comerica Theatre, Phoenix

Location: storica arena di Phoenix capace di contenere fino a 5500 persone. Con CTS: Volo per Phoenix da 604 euro a/rHotel*** da 26 euro a persona

22 aprile UIC Pavilion, Chicago

Location: Arena di 6958 posti, casa della squadra di basket di Chicago. Con CTS: Volo per Chicago da 587 euro a/rHotel*** da 45 euro a persona

14 aprile The Joint, Las Vegas

Location: Sala all’interno dell’Hard Rock Hotel e Casinò di Las Vegas. 4000 posti a sedere. Con CTS: Volo per Las Vegas da 633 euro a/rHotel*** da 20 euro a persona

28 aprile Orpheum Theatre, Memphis

Location: In questo teatro hanno suonato Bob Dylan e Robert Plant. Con CTS Volo per Memphis da 695 euro a/rHotel*** da 55 euro a persona

Chris Martin, frontman dei Coldplay, durante un’esibizione ad Ottawa li ha definiti «il più grande gruppo di sempre». Ora, gli Arcade Fire sbarcano in America per un tour forte del successo di The Suburbs, premiato ai Grammy Awards 2011 come “album dell’anno”: Ecco le offerte CTS per farveli seguire negli States.

Buon sangue non mente

P er quanto riguarda la sua band, giunta al quarto disco in studio, Hince ha un’altra partner, altret-tanto affascinante, ovvero Alison “VV” Mosshart,

come lui impegnata con microfono e sei corde. Il duo ha pian piano conquistato la ribalta affinando un pro-prio stile che, partendo da un sound scarno che traeva ispirazione dai Suicide e dai Velvet Underground, si è trasformato in qualcosa di più complesso e personale, senza perdere però quella “povertà” che l’ha reso così interessante. La parabola artistica dei Kills, per ora, si ferma a Blood Pressures, un album che lo stesso Hince de-finisce «ossessivo, claustrofobico, febbricitante, sognan-te e ripetitivo. Io e Alison abbiamo parlato spesso delle canzoni mentre lo stavamo incidendo e il tema attorno a cui ruotavano era quello delle relazioni interpersonali, del sesso, della pressione sanguigna. Da qui il titolo…».

Le nuove composizioni prendono vita soprattutto grazie all’esperienza acquisita da VV come cantante dei Dead Weather, il supergruppo messo in piedi assieme a Jack White (White Stripes, Raconteurs), Jack Lawrence (Ra-conteurs) e Dean Fertita (Queens Of The Stone Age) e con cui ha inciso un paio di album. «È stato molto strano far parte di una band con quattro elementi e avere un batterista in carne e ossa alle spalle invece che una drum machine, ma mi è servito molto per lavorare sulla voce, che ora uso come un vero e proprio strumento e non solo per cantare delle parole». I due punti focali di Blood Pres-sures restano comunque la drum machine – con campio-ni e suoni che arrivano da vere batterie di una banda sco-lastica americana! – e l’Optigan, una specie di mellotron degli anni settanta servito a creare, pure lui, alcune parti di batteria, senza contare il continuo scambio di idee

e suggerimenti da parte di una coppia ormai affiatata. «Solitamente componiamo in maniera solitaria, ognuno per i fatti suoi, ma poi le canzoni subiscono parecchie trasformazioni perché cerchiamo di farle diventare sod-disfacenti per entrambi. Le liriche di DNA, per esempio, sono di Jamie, ma le canto io, mi si adattano alla perfe-zione». Il blues, principalmente quello scarno e grezzo, è sempre stato uno degli elementi cardine del suono dei Kills, ma Jamie non nasconde di essere rimasto molto colpito dalle ritmiche reggae e dalla musica giamaicana in tempi recenti e il primo singolo tratto dal disco, Sa-tellite, ne risente in maniera piuttosto palese: «Mi sono appassionato al reggae soprattutto grazie a certe cose di Grace Jones, poi sono passato a Sly & Robbie e Peter Tosh, finendo per scoprire decine di artisti incredibili». Li aspettiamo per l’ennesima grande prova live…

Le nozze annunciate di Jamie “Hotel” Hince con la top model Kate Moss rivaleggiano con quelle di Kate e il principe William, ma prima di luglio siamo ancora in tempo, per fortuna, a parlare del nuovo disco dei Kills.

di Guido Amari - foto © Edouard Plongeon

Arcade Fire live in U.S.A.On Tour con

Le offerte indicate sono riservate ai soci CTS. Le quote dei voli sono per partenze da Roma e Milano. Le quote degli hotel sono a persona, a notte, in doppia, con prima colazione. Info e prenotazioni su www.cts.it, nelle sedi CTS o al n° 06-4411166.

JUKEBOX

ONSTAGE 16 APRILE

Musica

02/04 Milanolive

I biglietti del tour dei Kills sono in vendita presso i negozi Fnac!

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n successo inaspettato, orde di fan che ne fanno un culto. Dopo 3 stagioni e 42 episodi, la prima vera sitcom italiana de-gna di onori e rispetto emigra dalla TV al

cinema. Caterina, cosa ti ha dato Boris in questi anni? Con Boris ho fatto l’attrice vera approfittando di questa cosa meravigliosa di non doversi scrivere i testi, cosa che io avevo sempre fatto. Andare a lavorare avendo una sce-neggiatura molto bella scritta da altri è stata una pacchia.

Arianna, il tuo personaggio, è l’assistente alla re-gia che tenta di mantenere l’ordine in mezzo a una scalcinata troupe. Qual è per te, inve-ce, l’insormontabile difficoltà del set? Alzarmi presto al mattino. Mi distrugge. Quando lavoro con questi ritmi vado a dor-mire alle 7 e 20, sono una donna finita. Se mi vengono a prendere alle 6 e un quarto del mattino la mia vita va a puttane. Sono in stand-by, il mio cervello si setta sulla modalità “faccio questo e basta”. Non riesco neanche a fare la spesa, divento un’ameba.

Superato questo scoglio?Non c’è nulla che non mi sia piaciuto del set di Boris. I tempi della prima stagione sono stati faticosi, andavamo spesso in straordinario perché era un esperimento, una produzione coraggiosa però snella, tempi eterni, ma gran-de solidarietà, tutti per uno, entusiasti e sottopagati. Per la gioia di lavorare. Spesso, anche se non convocata, andavo lo stesso a vedere le riprese.

Addirittura?Sì, perché sai che quando finirà ti mancherà da morire. Quando sapevo che giravano qualcosa di figo, prendevo la mia macchina e andavo a vedere. Siamo una famiglia. An-che con il film è successo, perché abbiamo girato di meno rispetto alla serie. A metà ci è venuto un magone a tutti... stava per finire per sempre.

Vuoi dire che Boris finisce qui?Pare di sì. Non si parla di seguiti. Una cosa bella che per quattro anni ci ha dato popolarità e la stima di persone che stimi. Una gioia.

La satira sulle fiction inguardabili della serie TV di-venta satira sul mondo del cinema con Boris - Il film. Non è una presa in giro gratuita del cinema italiano, anche se prende di mira i cinepanettoni che è un po’ come spa-rare sulla croce rossa. Il film è una grossa metafora di un modo di fare italiano, della fatica che si fa quando uno ha un progetto. Gli impedimenti della burocrazia, delle rac-

comandazioni, della mancanza di coraggio, del fatto che poi il botteghino in qualsiasi campo è la cosa che preme di più a chi deve investire sulle idee nuove. Quando uno ha una bella idea in questo paese di solito gliela smontano se non c’è un tornaconto in denaro.

Nel film, il regista René Ferretti si ritrova tra le mani un improbabile adattamento del celebre li-bro/inchiesta “La casta” sui privilegi dei politi-ci. Esiste una “casta” anche nel mondo del cinema? Sì, altroché. Esiste la casta degli attori che lavorano e che sono sempre gli stessi, riconoscibili e riconosciuti dal pub-blico. C’è questo filone di film corali, con quei dieci attori che fanno tutti i film e si mangiano il budget che dovrebbe essere distribuito tra tutti quelli che campano di questo la-voro. Non solo i ruoli che vengono scritti sono sempre gli stessi, in più non c’è molta fantasia né coraggio come in televisione.

Quindi i provini non si fanno più?Si fanno per i ruoli minori e senza la presenza del regi-

sta. Non è molto incoraggiante. Poi io ho questa croce che, quando la mia agente mi propone, i direttori di casting dicono “perché, Caterina fa l’attrice? Non fa la comica?”. Pure questo è uno scoglio che pare insormontabile. Pen-sano a compartimenti stagni. Chi fa televisione fa quello e basta, chi fa le imitazioni o si mette il naso finto fa quello, gli attori fanno gli attori, le belle fanno le belle… Sono de-pressa, si lavora poco. È una situazione che, come direbbe Arianna, “qui non ce puoi sta’ perché ci sono i vigili”.

Però chi lavora, se non altro, è bravo. O no?Ci sono in Italia tutti questi attori improvvisati, me com-

presa, che non hanno fatto scuole. O che prima hanno iniziato a lavorare e poi hanno studiato e si trovano incastrati sempre a fare loro stessi. Chi è naturale e ha un po’ d’istinto riesce a essere credibile e sembra un miraco-

lo, perché devi dire delle battute che non diresti mai nella vita, quindi difficilmente risulti naturale, almeno nella fic-tion classica di prima serata della TV generalista. C’è un gruppo di attori che lavorano, anche bravissimi, ma sem-pre uguali a loro stessi perché non si scommette, non gli vengono proposte cose diverse. A me adesso propongono sempre ruoli buffi dove posso essere comica o fare l’amica imbranata.

Un film recente che hai visto e che ti ha lascia ben sperare?La nostra vita di Luchetti, mi è piaciuto tanto. Una storia semplice ben scritta e ben interpretata. Un film che avrei voluto fare.

Sabina, Corrado e te. Voi Guzzanti siete il patrimonio italiano della satira. Una domanda importante: come state? Stiamo bene grazie. Preoccupati, come tutti. Non sono giorni felici. Ma finché si va a mangiare la pizza va tutto bene. Forse quando ci toglieranno le pizzerie comincere-mo ad allarmarci.

Imitatrice, comica, attrice. Chi la segue e l’apprezza sa che possiede queste qualità, un pozzo di talento dal quale può attingere senza fine dimostrando tutta la sua versatilità. I numerosi video caricati su YouTube spazzano via ogni dubbio al riguardo (se mai ce ne fosse stato anche soltanto uno), così come la serie TV Boris ora approdata al cinema.

CATERINA GUZZANTIdi Antonio Bracco

« Chi fa televisione fa quello e basta, chi fa le imitazioni o si mette il naso finto fa quello, gli attori fanno gli attori, le belle fanno le belle… Sono depressa, si lavora poco »

FACE2FACE

U

ONSTAGE 18 APRILE

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È tornato a Sanremo dopo 16 anni. È tornato alla ribalta con Terraferma, dopo 4 anni dall’ultimo album di inediti, Time Out. È tornato dalle Hawaii con un nuovo suono. È tornato con un nuovo live show in cui mischia elettronica e hukulele. È tornato Max Pezzali.

MAX PEZZALIdi Marcello Marabotti

FACE2FACE

niziamo dalla tua esibizione sanremese. Dopo la tua “prima volta” nel ’95 con Senza averti qui, tratta dall’album La donna, il sogno & il grande incubo, quest’anno sei tornato alla kermesse di-

chiarando che l’impatto del palco di Sanremo è sempre comunque intimidatorio. Perché?È vero. Anche se il palco è cambiato, la situazione è rima-sta la stessa. Hai la sensazione di andare a disturbare a un matrimonio di gente che conosci poco, invitato dai paren-ti degli sposi e non da un tuo amico. Il problema non è il palco, ma l’atmosfera di leggero fastidio che si crea verso chi sale su quel palco, ed è lì forse anche il fascino.

All’inizio della tua carriera eri stato percepito come un personaggio per un pubblico adolescenziale, poi con il brano Gli anni hai mosso i primi passi della tua svolta, compiuta con Il mondo insieme a te. Ora, tor-nare con un album dopo 4 anni, distante come temi dai precedenti, rappresenta una nuova fase?In questo nuovo album ho osservato la realtà con una nuova lente, che mi ha permesso di ricollegarmi con il materiale vecchio anche a livello musicale. Ho cercato, però, un suono che fosse quello di oggi. Il risultato è un album per chi ha la mia età, chi ha superato i 35, che potrà ritrovarsi in alcuni testi, ma anche per chi è un po’ più giovane, perché è un lavoro che ha messo d’accordo sia chi mi ha seguito da “solista”, sia chi ha sempre voluto un maggior contatto con il passato.

Ho visto in Internet (maxpezzali.tumblr.com) una foto che ti ritrae con l’ukulele, tua nuova passione. (Ride) È uno strumento fantastico. Mi sono divertito pa-

recchio a comporre pezzi con l’ukulele, perché adoro le Hawaii e il mondo polinesiano. Ho comprato il primo ukulele due anni fa per ridere e mi sono reso conto che è uno degli strumenti più belli che esistano: dà immediata gratificazione e può esser propedeutico per la chitarra. È comodo e piccolo, è facile che trovi posto nel sottosella di una moto. Quando ero alle Hawaii ho letto la storia di questo strumento, di come fosse arrivato dal Portogal-lo, come sull’isola non avessero uno strumento a corda, il

modo in cui i locali rimasero affascinati, come noi, dall’El-vis di Blue Hawaii.

A livello musicale il tuo album è molto vario: si apre con sonorità dance anni ’90, vanta la collaborazione con Noego Crew per un pezzo hip hop come Quello che co-munemente chiamiamo amore, mentre pezzi più melo-dici completano la tracklist: perché questa scelta? È più adatta al momento?Oggi non ho un suono univoco che mi rappresenta, ascol-to una varia gamma di artisti, dai Chromeo a un gruppo come gli Old Crow Medicine Show, che parlano di dro-ga, temi che non c’entrano con la musica che suonano, il bluegrass. Forse oggi non c’è un suono definito dei nostri tempi, ci sono cento suoni dei nostri tempi.

Recentemente ho letto che «il rock per salvarsi è dovu-to scendere a patti con l’elettronica». È così secondo te? L’elettronica oggi è il nuovo rock. La vera rockstar è il dj,

perché è l’aggregatore che funziona, non è il creatore di contenuti. L’elettronica ha il grande vantaggio di essersi adeguata ai tempi molto più velocemente: il rock richiede delle liturgie complesse, l’elettronica ha il vantaggio della semplicità, anche come logistica. Una band di quattro ele-menti, ad esempio, non è paragonabile a un dj che con un solo laptop si attacca ovunque. In più è un genere in cui si canta poco, le voci sono usate come strumenti, non conta cosa dici ma come lo dici.

Parlando del tuo prossimo tour, che partirà il 30 aprile da Roma, come sarà? Ci sarà spazio an-che per l’ukulele?(Ride) Ci saranno dei pezzi con l’ukulele, sto pre-parando qualcosa. Per quanto riguarda la scalet-

ta, sicuramente proporrò i pezzi di Terraferma, ma darò grande spazio anche ai classici, rivisti in chiave moderna. Non si va in giro senza i classici: so che non posso pre-sentarmi in nessun palazzetto senza Hanno ucciso l’Uomo Ragno, Come mai, perché altrimenti rischio di non uscirne vivo.

Ad aprile abbatteranno il Palasharp. Hanno appena chiuso la Casa 139 e le Scimmie, e prima ancora la Casci-na Monluè, per non parlare dei problemi legati ai con-certi a San Siro. Tu, da lombardo, cosa ne pensi?Se Milano vuole essere una delle grandi città europee, deve assumersi le proprie responsabilità. Non è solo con i grattacieli che diventi città europea, ma è, soprattutto, tenendo viva una scena culturale che passa attraverso la musica. Che sia rock, hip hop, elettronica non importa, devono esserci gli spazi. Nel momento in cui li togli, re-gredisci.

I« In questo nuovo album ho osservato la realtà con

una nuova lente, che mi ha permesso di ricollegarmi con il materiale vecchio anche a livello musicale »

ONSTAGE 20 APRILE

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LIVESTYLE

ONSTAGE 22 APRILE

I biglietti del tour di Jovanotti sono in vendita presso i negozi Fnac!

Dopo un disco molto suonato (in senso classico) come Safari, Jovanotti è tornato con un album di musica elettronica, Ora, che assomiglia tantissimo a un progetto dance. Del resto lui è sempre stato così, lo aspetti da una parte e arriva dall’altra, con la musica non dà mai riferimenti. È questo il suo modo di spiazzare. Per tutto quello che lo riguarda come persona invece, è quello che si vede: un essere umano, un cuore pulsante di entusiasmo ed energia.

di Daniele Salomone

C hissà com’è davvero, di persona? Scagli la prima pietra chi non si è mai posto questa domanda pensando al proprio eroe musicale o comunque a un grande

artista. È naturale pensare che la realtà sia diversa dal-la fiction, dove per fiction s’intende il lato pubblico di certi personaggi, semplicemente perché molto spesso le cose stanno proprio così: l’uomo è diverso dall’ar-tista. Spesso ma non sempre. Lorenzo per esempio appartiene alla categoria dei “nudi e crudi”. Non ha mai creato un alter ego di se stesso a uso e consumo dell’audience, neanche quando cantava Jovanotti For President. Certo, qualche barriera esiste, ma è solo autodifesa. Lo capisci da quello che dice e da come lo dice, ma non solo. È qual-cosa di più, qualcosa che percepisci oltre le parole. C’è una profonda e fanciullesca umanità nel suo modo di essere ed è questo che coinvolge, che rapisce. Nelle parole di Lorenzo non si può fare a meno di cogliere l’onestà, nell’entusiasmo come nella riflessione e per-sino nel risentimento, quelle rare volte che emerge. Se bara, ma ne dubito fortemente, è davvero bravo.

Lorenzo, partiamo dalla copertina del tuo nuovo disco. Le cover sono spesso sottovalutate da pub-blico e critica, mentre per gli artisti sono importanti in quanto sintesi di tutto il lavoro fatto per l’album. Quanto sei legato alla copertina di Ora?Molto, è stata proprio una bella avventura. Aver lavo-rato con Maurizio Cattelan (autore dell’immagine del

disco, nda) e il suo team è stato davvero un grande re-galo per me. Ho sempre avuto grande attenzione per la grafica dei miei album e avere la firma di uno dei più importanti artisti al mondo è il massimo. Credo però che uno come Maurizio non avrebbe mai accettato di collaborare con me se non avesse visto che anche nei dischi passati c’è sempre stato un lavoro accurato.

Come sulla cover del tuo precedente lavoro Safari, anche stavolta il tuo volto è “disegnato”. Qui c’è una barchetta stilizzata sul tuo viso sospeso nell’univer-so. Che cosa significa?Non sta a me spiegare il significato delle cose che mi

riguardano. Gli artisti non devono mai tentare di rac-contare quello che fanno, quello è un altro mestiere.

Ripensando alle copertine dei tuoi album, noto che spesso hai piazzato il tuo viso in primo piano. Si potrebbe quasi ricostruire la tua maturazione fisica! Non credo sia vanità, per cui mi chiedo quale sia il motivo. Forse è solo un caso?Parto sempre con l’idea di non utilizzare la mia faccia, poi tutte le volte succede che il processo creativo mi porta in una zona dove niente funziona meglio di un viso. Mi piace l’idea che io “ci metta la faccia” in quello

che propongo. Che poi il mio viso non è più neanche mio, di volta in volta diventa la faccia del disco che ho fatto e resta lì, non cambia più. Mentre quella vera cambia sempre, si trasforma.

Parliamo della musica di Ora. Molti hanno inter-pretato la scelta di virare verso un sound dance come una sorta di chiusura del cerchio, visto che hai inizia-to come dj. Sinceramente mi sembra un’interpreta-zione un po’ banale. Io credo sia piuttosto l’ennesima riuscita trasformazione di una carriera in cui - a parti-re da Una tribù che balla - hai fatto della discontinu-ità la tua cifra stilistica.

Ti ringrazio molto. La verità è che ogni mio disco è un laboratorio. Si entra in studio e si cerca un sound fino a quando non arriva qualcosa che mi dice “eccomi!”. E questo qualcosa è diverso per ogni disco.

Quando, come e perché il sound che poi hai catturato con le tracce di Ora ti ha detto “eccomi”?

Dopo un paio di mesi passati in studio con i miei col-laboratori mi sono fermato perché il suono che cercavo non veniva fuori. Mi sono reso conto che nel mio iPod stava girando quasi solo musica elettronica e mol-ta dance, anche la più popolare tipo David Guetta o Black Eyed Peas. Era un periodo in cui ascoltavo più volentieri gli album di Rihanna che quelli dei cantau-tori, e allora ho deciso che bisognava assecondare quel momento.

E infatti «Ora è un disco ispirato da artisti come Lady Gaga e Black Eyed Peas. Questo è il sound

Jovanotti

L’ELEMENTO UMANO NELLA MACCHINA

« Mi piace l’idea che io “ci metta la faccia” in quello che propongo. Che poi il mio viso non è più mio, diventa la faccia del disco che ho fatto

e resta lì, non cambia più. Mentre quella vera cambia sempre, si trasforma »

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LIVESTYLE

ONSTAGE 23 APRILE

GIMME TWO. I singoli Yo e Welcome sono stati pubblicati sotto il nome d’arte di Gino Latino, anche se, nel 1988, Lorenzo aveva già scelto lo pseudonimo di Jovanotti.

live16/04 Rimini, 19-20/04 Conegliano (TV), 26-27/04 Acireale (CT), 29-30/04 Caserta Il calendario completo su onstageweb.com

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LIVESTYLEJovanotti

ONSTAGE 24 APRILE

che va forte oggi e non me ne frega niente se è bello o è brutto. La gente ha voglia di ballare». L’hai detto la sera in cui hai presentato il nuovo album alla stampa. Mi è sembrato che con que-sta frase volessi stoppare sul

nascere le inevitabili critiche di chi, pur apprezzan-do te, non ama gli artisti che hai citato come modelli. Non è più una questione di “bello o brutto” ma di ener-gia. Lady Gaga - i suoi pezzi, il suo modo di proporsi - ha oggi più energia dei Radiohead o dei Red Hot Chili Pep-pers, con tutto il rispetto per queste band che hanno scrit-to la storia del rock in maniera indelebile. I Black Eyed Peas sono più creativi della maggior parte dei jazzisti in circolazione. I loro testi di cinque parole funziona-no, raccontano dove siamo oggi. È la musica di adesso e a me interessa sempre la musica che racconta il mio tempo.

Hai anche sostenuto che le persone cercano nel corpo, e quindi nel ballo, le risposte ai momenti di crisi e per questo adesso hanno voglia di ballare. È una riflessio-ne che mi trova completamente d’accordo. Però non mi è chiaro perché per far muovere le persone si debbano abbandonare gli strumenti per passare ai sequencer! Un sequencer è uno strumento tanto quanto una chitarra. Non esiste più una gerarchia degli strumenti, c’è la musi-ca, esistono le idee. Gli strumenti servono a far venir fuori le idee. Io amo tutti gli strumenti, dal violino all’iPad, ma di fatto oggi il tablet di Apple è un giocattolo molto inte-ressante con il quale scrivere un pezzo.

A proposito di strumenti e sequencer, sta per arrivare la prova più difficile: il live. I tuoi concerti sono sempre stati caratterizzati da un’energia pazzesca, merito tuo ma anche della band che ti accompagna. Non credo che salirai sul palco solo con una consolle!No anzi, sarà il mio concerto più suonato in assoluto. Ci sarà molta elettronica ma sarà tutta prodotta dal vivo, sul palco. Niente di preregistrato.

Come si mettono nello stesso spettacolo Amami e, che ne so, Baciami ancora o Safari? Ci sono anche degli aspetti tecnici da tenere in considerazione. È un lavo-raccio…È un lavoraccio, te lo confermo. Ma è una sfida affasci-nante e alla fine vince la forza delle canzoni. I miei con-certi hanno la coerenza del loro cantante, ovvero nessuna sul piano formale ma totale sul piano umano.

In questi mesi ho notato che parli di Ora sempre con grande entusiasmo. È il lavoro che ti ha dato le maggiori soddisfazioni? Come lo collochi nella tua discografia? Ci vuole sempre qualche anno perché un mio disco trovi il giusto posto nella mia discografia. Per il momento è an-cora l’album che prediligo di tutta la mia carriera e spero che lo rimanga fino a quando non inizierò a preferire il prossimo.

Prima dicevamo della discontinuità musicale, mentre il tuo linguaggio - sempre a partire dai primi anni No-vanta - rappresenta un elemento di assoluta continuità nella tua carriera. Cosa cerchi nel testo di una canzone? In un testo cerco l’emozione. Anni fa ho cercato anche l’informazione o altro, mentre in questi ultimi tre dischi (Buon sangue, Safari e Ora, nda) ho cercato essenzialmente l’emozione, la parola che accenda l’emozione.

Credo che nell’insieme “linguaggio” rientrino an-

« Un pezzo come E’ qui la festa è ancora forte, è funky e oltraggioso. Ci piaceva e piaceva a una sacco di gente, di bella

gente. Se incontrassi me stesso a vent’anni anni sarei un suo fan,

ci vorrei fare la foto insieme »

1988 “Joe Vanotti”, divenuto poi per errore del tipografo “Jovanotti” esordisce nell’87 con l’album Jovanotti For President con la hit Gimme Five anticipa il boom del singolo La mia moto, 600.000 copie vendute.

1991 Per la prima volta Lorenzo filtra nei testi i temi dell’impegno sociale, il cui sigillo è il singolo Cuore, in memoria dI Giovanni Falcone, contenuta nell’album Una tribù che balla.

1997 L’albero sorprende critica e pubblico, con un suono intriso di musica etnica, world e un’appro-fondita ricerca dei testi che nel 2002 con il Quinto Mondo tocca l’apice della consapevolezza politica.

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che i video. Il clip di Tutto l’amore che ho ha suscitato qualche polemica perché rite-nuto troppo simile a quello di Solitude Is Bliss degli australia-ni Tame Impala. Ti ha dato fastidio?Non mi ha dato fastidio perché sono due video che usano qualcosa di simile per dire cose molto diverse.

Polemiche a parte, sei quel tipo di musicista che si trova molto bene davanti a una cinepresa. Ti hanno mai proposto di lavorare per il cinema?Me l’hanno proposto ma non fa per me, credimi, io non sono buono a recitare per il grande schermo. Mi piace scrivere canzoni e fare concerti.

Cinema o no, senti che manca qualcosa alla tua para-bola artistica per raggiungere l’apice? O va bene così?L’apice? Non è una scalata la mia, ma un’avventura uma-na. Ogni giorno è un giorno nuovo. Va bene così ma il meglio deve ancora venire. Abbiamo appena cominciato.

Però gli anni di carriera sono già più di venti. Che sensazioni hai ripensando agli esordi? Quando rileggo i miei primi articoli provo un misto di tenerezza, perché ci vedo tanta inesperienza, e orgoglio, perché comunque mi appartengono. Com’è per te riascoltare, per esempio, È qui la festa?Quando uscì in Italia quella roba aveva una forza assurda e quelli con le antenne alzate la beccavano. In genere le antenne alzate le hanno i bambini e chi mantiene accesa la propria parte infantile, disposta al gioco, che guarda più alla carica che alla grammatica. Erano dischi allegri, sfacciati, semplici e ingenui, con poca musica e molta vo-glia di spaccare il mondo. E la voglia di spaccare il mondo è l’elemento fondamentale in un disco di successo. Non sapevo scrivere una canzone e non sapevo fare niente ma avevo questa libertà dentro, non mi vergognavo di niente. Trovo che un pezzo come È qui la festa sia ancora forte, ha qualcosa di funky e di oltraggioso. Certo non puoi dare un giudizio musicale - risulterebbe un “non classificato” - eppure aveva qualcosa, ci piaceva e piaceva a una sacco di gente, di bella gente. Se incontrassi me stesso a vent’an-ni anni sarei un suo fan, ci vorrei fare la foto insieme.

Io ci credo. Che sia come dice lui intendo. Dopo l’in-tervista ho riascoltato È qui la festa (rigorosamente su cassetta originale dell’epoca, ma la notizia è che ho ancora un mangianastri!) e non posso che essere d’accordo. Come Lorenzo stesso ha raccontato, sia-mo sicuramente su un altro pianeta rispetto a un cer-to modo di intendere la musica - compresa quella che fa oggi Lorenzo sia chiaro. Ma quella voglia di spaccare il mondo di cui parlava Jovanotti è talmente im-mediata che risulta impossibile ignorarla. Avevo pochi dub-bi prima di lavorare a questa intervista e ne ho ancora meno adesso. Piacciano o no la sua voce, lo stile, la musicalità, il suo stesso modo di intendere l’idea dell’artista, Jovanotti e Lorenzo Cherubini sono la stessa cosa. E se anche fossero due persone ben distinte, non c’è dubbio che andrebbero d’accordo.

ONSTAGE 26 APRILE

LIVESTYLEJovanotti

2000 Lorenzo festeggia il nuovo millennio con il suo primo disco dal vivo, Autobiografia di una festa, doppio disco che raccoglie le hit della prima parte della sua carriera. Da segnalare il curioso booklet, disponibile in varie profumazioni.

2005 Arriva la prima influenza “elettroni-ca” con (Tanto)³, primo brano estratto dall’album Buon sangue. Il discorso elettronico viene accantonato poi con Safari - album dai suoni pop-rock che ha nelle ballate, A Te su tutte, la sua fortuna.

ORA Jovanotti sorprende ancora, con 15 tracce elettroniche (25 nell’edizione deluxe) di cui molte al limite della techno: ancora una volta, Lorenzo dimostra di essere l’interprete perfetto delle sonorità del nostro tempo.

« Non è più una questione di “bello o brutto” ma di energia. Lady Gaga ha oggi più energia dei Radiohead o dei Red Hot Chili Peppers,

con tutto il rispetto per queste band che hanno scritto la storia del rock »

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ONSTAGE 28 APRILE

LIVESTYLE

Gianna Nannini

live 27/04 Sondrio, 29-30/04 MilanoIl calendario completo su onstageweb.com

That’sall right,mama

Cantante rock, grande provocatrice e mamma chiacchierata. Gianna Nannini è abituata a far parlare di sé qualunque cosa faccia, e quando il 27 novembre scorso è nata Penelope Jane, la sua bambina tanto attesa, non ha fatto eccezione.

ncurante delle malelingue scatenatesi intorno alla sua maternità tardiva, visti i suoi 54 anni, ha pensato bene prima di usare l’ecografia come cover per l’uscita del singolo Ogni tanto, e poi di

ergersi a protagonista della copertina del nuovo album esponendo una sua foto in dolce attesa. E poi, alle pre-vedibili accuse di strumentalizzazione, ha risposto con il suo fare sbarazzino accentuato dalla cadenza toscana. «Le polemiche mi interessano molto poco», racconta, «volevo proporre una copertina che rappresentasse una nuova Statua della Libertà per il nostro Paese, per far capire che noi donne siamo libere, libere di scegliere! Ho deci-so di collaborare con Jean-Baptiste Mondino perché lo considero un pittore contemporaneo unico e straordinario, in grado di fotografare al meglio il momento e la sincerità delle mie emozioni». D’altronde, come ha ribadito più volte: «Io progetto le copertine mentre sto incidendo i dischi, infatti ho sempre delle occhiaie pazzesche! Per me arte e vita coincidono dall’inizio, fin da quando sono nata a Fontebranda e ho pianto come ha fatto la mia figliola. Da quel momento, come dicevo, arte e vita hanno co-minciato a viaggiare in parallelo».

IL BATTESIMO DI PENELOPEPungente e sincera da sempre, la signora del rock non ha perso occasione per ricordare l’anniversario dei 150 anni di Unità d’Italia a modo suo: «Vedere la reazione a questa copertina, e alla mia gravidanza in generale, mi

ha ricordato quanto sia diviso il nostro paese e, para-dossalmente, mi ha fatto sentire più italiana ancora». In fondo, ricorda la cantante, la nostra nazione «è sempre stata così. Certe cose fanno parte dei meccanismi del po-tere fin dalla notte dei tempi: dividi, soggioga e impera. Quindi l’unione è quasi impossibile, ma poco importa perché io non credo in quello, bensì nel rispetto delle dif-ferenze». Le premesse per uno show con i fiocchi ci sono tutte e l’Io e te tour 2011 si preannuncia pieno di sorprese. Il popolo rock di Gianna Nannini è più unito che mai e pronto a scatenarsi, anche perché per il 29 aprile a Mila-

no, prima tappa della tournée, si è parlato anche di un “battesimo rock” per Penelope. Mamma Gianna sta sul vago, non conferma e

non smentisce: «Deciderò quando sarà il momento...». Ma le attese sono forti, dato che la cantante ha accennato a «tanti ospiti, tra cui madrine e padrini d’eccezione. E sarà una cosa un po’ fuori dal normale, ovviamente. Ci saranno i miei fans, però sarà una cosa esclusiva, pre-parata con un invito particolare». Particolare e fuori dal normale, così è lei e ogni cosa che fa. La ricerca dell’inso-lito e di qualcosa di speciale emerge anche dal video del brano Ti voglio tanto bene, scritto insieme alla scrittrice Isabella Santacroce. L’ambientazione del clip è Verona, nel 1867. Per una volta, la rocker toscana abbandona l’ispirazione dantesca per abbandonarsi a un’atmosfera shakespeariana: i protagonisti, infatti, sono due bambi-ni di estrazione sociale differente, che per convenzione non possono stare insieme. Si rincorrono, si cercano con

Idi Silvia Crivella

« È importante mantenere la tensione tra l’eleganza degli archi e il sapore

rock delle chitarre »

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ONSTAGE 29 APRILE

LIVESTYLE

I biglietti del tour di Gianna Nannini sono in vendita presso i negozi Fnac!

FREEDOM. In una recente intervista, la cantante ha così replicato ad alcune critiche: «All’improvviso tutti si sono dimenticati della libertà e del diritto che ha ciascuno di noi di fare quello che vuole, quando e con chi vuole»

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ONSTAGE 30 APRILE

LIVESTYLEGianna Nannini

lo sguardo, ne nasce una delicata storia d’amore, intensa come può essere un sentimento vissuto nell’età dell’infan-zia: i due si amano a distanza, consapevoli dell’amore e del contatto impossibile tra loro. Guardando le immagini di questi Giulietta e Romeo in chiave ottocentesca, viene da pensare che la Nannini di oggi sia diventata ancora più poetica e un poco più romantica, pur mantenendo la grinta che l’ha resa famosa.

TERAPIA VOCALEL’ultimo album, Io e te, arriva certo in un mo-mento speciale della sua vita, ma è soprattutto il coronamento di un lungo percorso professio-nale e personale, iniziato tanti anni fa, quando Gianna era poco più che una ragazzina e a 18 anni lasciò la casa dei genitori, a Siena, per trasferirsi a Milano e rincorrere il suo sogno. Nel suo ultimo album, infatti, c’è un grande lavoro, che ha seguito quella che lei stessa ha definito una “terapia vocale” iniziata con il produttore tedesco Conny Plank negli anni 80. «Negli studi di Conny», spiega, «gli

arrangiamenti lasciavano il posto al sound design e a una ritmica mitteleuropea. Proprio lì è nato quel disegno del suono creato intorno alla mia voce. Oggi con Wil Malo-ne - con cui collaboro dal 2005 - abbiamo portato avanti il progetto utilizzando soprattutto l’orchestra, che questa

volta consta di ben 33 elementi. È importante mantenere la tensione tra l’eleganza degli archi e il sapore rock delle chitarre». Una vera e propria partitura orchestrale per ogni canzone, che permette un grande respiro e la creazione del massimo equilibrio possibile fra tutti gli strumenti. Tanto studio e ricerca della perfezione sono praticabili proprio perché alla base ci sono estro e ispirazione. Ma guai a farsi

ingannare, perché in realtà non esiste una regola fissa in fatto di composizione: «Dipende da molti fattori. Questo disco contiene sia brani scritti a tavolino che canzoni ve-nute fuori di getto e Dimentica è un esempio lampante. Un giorno sono tornata a casa per prepararmi a una puntata

di X-Factor, in cui ero ospite, quando il pianofor-te mi ha come chiamata: ho lasciato perdere il trucco ed è nata la prima canzone, tutta di getto, registrata mentre sotto casa manager e autista mi urlavano che era tardissimo». E in effetti questi lampi creativi non sono così rari per la Nannini: gira voce che una canzone sia addirittura nata in ascensore. «In realtà è l’inciso di Ogni tanto

che mi è venuto in mente scendendo con l’ascensore nel mio studio, ispirato per assonanza da quel magnifico ver-so dell’Inferno di Dante, “amore ch’a nullo amato amar perdona”, il cui concetto fa un po’ da colonna sonora a molte canzoni di questo album. È la prima traccia del nuo-vo lavoro e il primo singolo, ma è l’ultimo brano che ho terminato».

Incredibile ma vero: Sharon Stone avrebbe voluto Gianna in Basic Istinct 2. La cantautrice senese sarebbe stata perfetta per il ruolo di una cantante che flirta con Catherine Tramell e il dottor Glass. All’inizio la Nannini ha accettato, per poi ripensarci.

Tra gli ascolti preferiti di Gianna ci sono Coldplay, Muse, Audioslave e Sub-sonica.

L’opera rock Pia dei Tolomei realizzata dalla Nanni-ni, prende ispirazione dall’omonimo personaggio della Divina Commedia di Dante Alighieri, una gentildonna senese moglie di Nello dei Pannocchieschi, signore del Castel di Pietra in Maremma.

« Certe cose fanno parte dei meccanismi del potere fin dalla notte dei tempi: dividi, soggioga e impera. Quindi l’unione è quasi impossibile,

ma poco importa perché io non credo in quello, bensì nel rispetto delle differenze »

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LIVESTYLEGianna Nannini

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IO E TE IN TOURIo e te è un disco di cui va molto fiera e che le sta regalando il tutto esaurito negli stadi e nei palazzetti di tutta Italia. A Milano è stata aggiunta una data a quella già prevista, e così pure a Roma, mentre a Firenze ha addirittura tripli-cato le serate, ma lì gioca (quasi) in casa, c’era da aspettar-selo. E, ora della tappa finale, a Torino il 4 giugno, chissà cosa succederà, visto il travolgente entusiasmo. A concludersi è solo il giro italiano, perché la ro-cker passerà il resto dell’estate in giro per l’Eu-ropa. Sui dettagli dello show è Gianna stessa a svelare qualche dettaglio: «L’allestimento sce-nografico e visivo del tour sarà molto curato. Il regista dello spettacolo è l’inglese Patrick Woodroffe, che ha disegnato le luci per i Rolling Stones, gli AC/DC, Peter Gabriel e tanti altri. Conosce il rock ed è bravissimo a co-struire uno spettacolo, cosa che desidero fare con Io e te in questo tour proprio perché io e i musicisti saremo faccia a faccia con il pubblico e quindi con noi stessi. Patrick avrà il compito di unire la musica al suono, cosa indispensabile

per questo meraviglioso album: ci saranno pezzi inediti, una band formidabile fatta di grandi musicisti e anche gli archi. Inoltre alcuni studenti di musica saliranno sul palco con me e la mia band in ogni data del tour». I fans, dun-que, potranno godersi sia la performance dei nuovi brani che i momenti storici che hanno contribuito alla carriera dell’artista toscana. Una parabola costruita con fatica, con-

tro il volere della famiglia: da giovane, infatti, nemmeno sua mamma Giovanna l’ha incoraggiata: «La sua voce non mi sembrava un granché», ha commentato di recente, an-dando a trovare la figlia Gianna durante le prove di un concerto, aggiungendo però che «ai tempi si usava mettere il cordone ombelicale sotto una rosa per far venire la voce bella» e forse è per questo che la sua bambina è sbocciata

come rockstar. Senza nessun rimpianto il padre, invece, proprietario di un’azienda di dolci: «È stato duro, ma mi anche dato un grosso incoraggiamento. Perché io da pic-cola ero molto brava nel suo mestiere, a cinque anni ero capace a fare le crostate, avevo le mani sempre in pasta!». Sorride quasi con malinconia al ricordo: «Ero talmente brava che mio padre è rimasto molto male quando me ne

sono andata via. Più che altro lui non credeva in me come cantante perché ero proprio brava, so-prattutto a fare i ricciarelli: mi ero specializzata. Però, in ognuno di noi c’è questo rapporto con la famiglia, che crea dei complessi, delle reazioni». La riconciliazione canora con il padre arriva solo

nel 2006 nell’album Grazie, e con la canzone Babbino caro, uscita un anno prima della sua morte a 86 anni. In quel brano la cantante parla esplicitamente del loro rapporto difficile e unico: «Senza mio padre, probabilmente non sa-rei scappata di casa a 18 anni, per dimostrare di essere una cantante. È stata la sua scarsa fiducia in me a rendermi più forte e regalarmi le giuste motivazioni per farcela».

La copertina dell’album Ca-lifornia (1980) rappresenta la Statua della Libertà che impugna al posto della fiac-cola, un vibratore. La canzo-ne America, contenuta nel disco, è un inno alla mastur-bazione femminile.

L’album Io e te è stato registrato agli Abbey Road Studios di Londra e ha esor-dito al primo posto della classifica FIMI come album più venduto.

Il titolo originale di Un’estate italiana, meglio conosciuta come Notti magiche, è To be number one di Tom Whit-lock. Bennato e la Nannini hanno riscritto il testo per la versione italiana.

« Le polemiche mi interessano poco, volevo proporre una copertina che rappresentasse una nuova Statua della Libertà per il nostro Paese »

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LIVESTYLE

Subsonica

PARADISE. «Eden è allo stesso tempo il nome di una sala danze e il simbolo di un paradiso interiore, che si raggiunge solo credendo in se stessi e nella forza delle proprie promesse». Così Samuel ha descritto l’ultimo album dei Subsonica.

I biglietti del tour dei Subsonica sono in vendita presso i negozi Fnac!

COGLI LA PRIMA MELA

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LIVESTYLE

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A pochi giorni dall’uscita di Eden, sesto disco in studio dei Subsonica, abbiamo avuto modo di in-tervistare telefonicamente Max Casacci, chitarri-sta e mastermind della band di Torino. Con lui, principale produttore artistico del quintetto, par-liamo del cambio di rotta rappresentato da questo album e di complotti planetari segreti.

scoltando il disco mi è sembrato che abbiate spo-stato di più l’attenzione sull’impatto che i brani potranno avere dal vivo, piuttosto che sulla scrit-tura in senso stretto.

Da un lato è vero. Abbiamo passato la fase di scrittura in una casa di campagna, dove abbiamo messo insieme idee comple-tamente diverse fra loro, praticando infine un lavoro di sintesi, giunto in studio abbastanza inalterato. Per quanto riguarda la scrittura, a nostro avviso invece è un album di canzoni piuttosto che di flusso, come era L’eclissi. In realtà, essendoci avvicinati a questo disco dopo due anni in cui ognuno si è dedicato alle pro-prie inclinazioni individuali o parallele - più di quanto non fosse mai successo prima - quando ci siamo riuniti per scrivere Eden, ci siamo trovati tutti con le idee molto chiare, ma molto diverse.

E si sente, credo sia il vostro disco più eterogeneo.Esatto. In fase di scrittura abbiamo deciso di parlare poco e suo-nare tanto, abbiamo buttato giù idee, steso una cinquantina di canzoni, lasciandoci anche il tempo per farle decantare. Lavora-vamo sette giorni di fila, poi aspettavamo una settimana prima di ricominciare a suonare. La scelta è stata fatta in base ai brani che emergevano in maniera più netta, tridimensionale, più che sui gusti stilistici. Per questo ti parlo di un disco di “canzoni”.

Chiaro, ma voglio spostare la domanda su un altro piano: Microchip era quasi cantautorato. Le canzoni dei due dischi precedenti e dello stesso Eden sembrano scritte tenendo con-to della vastità di persone alle quali si rivolgeranno dal vivo, piuttosto che concentrandosi sulla scrittura. Infatti nei vostri live i brani della vecchia produzione oramai funzionano molto meno, a parer mio.Beh sì, per noi l’album è sempre stato uno strumento necessario a poter tornare sul palco, dove si svolge la vera vita dei Subso-nica. Evidentemente ormai tendiamo ad andare in automatico verso questa direzione. Gli arrangiamenti già di partenza sono simili a quelli che si porteranno dal vivo, mentre forse una volta, essendo noi nati in sala prove, usavamo lo studio e le possibilità che ci dava come un vero e proprio strumento. In questo caso è successo, in questo hai ragione, di limitarci volutamente sotto questo aspetto.

Nonostante ciò, la produzione è come al solito a livelli altis-simi. C’è sempre una cura dei suoni e dei dettagli superiore.Gli dedichiamo comunque molto tempo. Ad esempio con Ninja in questo disco abbiamo messo a punto un metodo di registra-zione della ritmica molto particolare: lui ha utilizzato una batte-ria elettronica suonandola fisicamente, dopodiché l’abbiamo ri-amplificata in una stanza in cui c’era la batteria acustica. Il suono di cassa e rullante elettronici veniva “sparato” vicino ai tamburi e ripreso con microfoni ambientali, con la finalità di smarrire un po’ il confine tra acustico e elettronico, fra uomo e macchina. È

Adi Emanuele Mancini

COGLI LA PRIMA MELA live01/04 Verona, 02/04 Genova, 07/04 Roma, 08/04 Caserta, 09/04 Bari, 11/04 Torino, 12-13/04 Milano, 15/04 Firenze, 16/04 Bologna.

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LIVESTYLELIVESTYLESubsonica

stato uno dei commenti che abbiamo ricevuto subito: “Mi piace, ma non capisco se è elettronica o meno”. Ecco da questo punto di vista la produzione risulta molto curata.

Parlando di produzione, sul versante dell’elettronica nei due precedenti album ho sentito molti rimandi alla dance anni 90, in Eden invece mi è sembrato vi siate ispirati all’elettropop italiano anni 80 e all’italo disco. Penso a Camerini, ai Matia Bazar e... ai Righeira, non a caso ospiti nella canzone La funzione.Come ti dicevo quest’album nasce da visioni molto diverse. Da un lato io e Ninja siamo più legati a queste sonorità che tu trovi anni 90, mentre Samuel aveva esigenze differenti. La sua esperien-za con i Motel Connection lo ha portato ad approfondire il revival dell’italo disco. Non tutti lo sanno, ma negli ultimi anni all’estero sono andati a ruba i vinili con i suoni elettronici ita-liani dell’epoca, e s’è crea-to pure un hype notevole intorno alla cosa. La funzio-ne è nata per gioco e io ne sono l’inconsapevole arte-fice. Mi sono messo a gio-care con una bassline richiamando un po’ gli Ultravox, c’ho cantato sopra per prendere in giro Boosta improvvisando un testo che par-la di un damerino che corteggia una ragazza e quando Samuel l’ha ascoltata ha detto: “Questo pezzo lo voglio nel disco!”. Poi come spesso accade, abbiamo discusso fra noi - ed è paradossale perché le discussioni nascono quando uno vuole inserire un brano dell’al-tro nell’album e togliere il proprio - fino a quando insistendo ha detto: “Ragazzi, la scena internazionale in questo momento guar-da proprio al pop elettronico italiano di quel periodo e noi forse siamo l’unico gruppo pop elettronico italiano. Se non lo facciamo noi, chi lo deve fare?” e ci ha convinto. Per connotare e sottolineare l’estemporaneità di questo brano, e visto che sono anni che ce lo ripromettiamo, abbiamo deciso che era giunto il momento di fare

un pezzo insieme ai nostri amici Righeira, ed ecco come è nata La funzione. L’idea era di shoccare, provocare, c’è sempre piaciuto far-lo fin dai tempi di Coccoluto in Microchip emozionale. In questo il nostro approccio alla musica è sempre stato italiano, nella misura in cui ci siamo sempre mossi in base a dove si stava muovendo la musica italiana in quel momento.

Mi sembra che il disco sia percorso da una leggerezza che man-cava da un bel po’ nelle vostre composizioni. Mi è sembrato vi siate voluti riappropriare del profilo ludico del fare musica. Un atto coraggioso, forse in reazione a una carriera stellare che di contro vi avrà caricato di ansie e aspettative. Quasi a voler dire “lasciateci divertire un po’”. Eden, il paradiso perduto, si riferisce a questa leggerezza che avevate dimenticato?

È vero, non abbiamo mai associato questa compo-nente al titolo del disco, come tu hai fatto, ma è una lettura giusta. Questo “la-sciateci divertire” che tu pronunciavi in effetti vuo-le anche dire “ok, abbiamo

fatto cinque album, abbiamo dimostrato quello che dovevamo di-mostrare”. Fra di noi abbiamo da sempre come codice relazionale l’ironia, ci prendiamo sempre in giro, e nelle comunicazioni con l’esterno, anche quelle fatte tramite il sito, siamo sempre stati iro-nici e molto meno falsi di nostri amici colleghi. Per cui per la pri-ma volta ci siamo concessi anche la leggerezza di far filtrare nella nostra musica questa ironia e autoironia, come nel caso di Benzina Ogoshi. L’eclissi andava a intercettare un’atmosfera che sentivamo vibrare in quel momento, allo stesso modo, nonostante percepiamo la realtà di oggi come non molto rassicurante, sentiamo la presenza di certe energie che cominciano a muoversi, che si intuiscono anche se magari non si vedono ancora. Energie di cambiamento molto forti che meritano un incoraggiamento, non un’atmosfera cupa, al

« La situazione è tragica ma dobbiamo reagire e non si reagisce in preda alla

disperazione, si reagisce costruendo. Eden, il brano, è proprio un’esortazione a diventare

adulti, a dare concretezza alle proprie promesse »

FUORI DAI SUBSONICA #1Gli Amici di Roland: una gran-dissima passione per le sigle dei cartoni animati e un’abilità tecnica fuori dal comune hanno reso Gli Amici di Roland una delle band culto degli anni Novanta, in cui hanno militato per parecchio tempo Boosta e Samuel. Disco consigliato: Gli Amici di Roland (1997) Motel Connection: gruppo italiano di musica elettronica nato nel 2000 a Torino dall’incon-tro tra Samuel, Pisti e Pierfunk, primo bassista dei Subsonica. La loro fisicità live ha trovato anche il giusto equilibrio in fase di registrazione.Disco consigliato: Give Me A Reason To Wake Up (2002) Africa Unite: Storico gruppo reggae italiano, il cui nome deriva dall’omonima canzone di Bob Marley. Nati da un’idea di Bunna e Madaski, quest’anno festeggiano i 30 anni di carriera. Dal 1991, per sei anni, alla chitarra ha suonato Max Casacci.Disco consigliato: Un sole che brucia (1995)

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limite un’esortazione come facciamo in Prodotto interno lu-rido, un incitamento a liberarsi.

Vorrei ascoltarlo più volte prima di esprimere il mio parere definitivo, ma nonostante, per ora, lo trovi il vo-stro lavoro meno brillante, ho apprezzato molto questo gesto forte, il desiderio di leggerezza che diventa catarsi-punk con Benzina Ogoshi. La situazione è tragi-ca ma non dobbiamo farci togliere il sorriso.La situazione è tragica ma dobbiamo reagire e non si reagisce in preda alla disperazione, si reagisce costruendo. Eden, il brano, è proprio un’esortazione a diventare adulti, a dare concre-tezza alle proprie promesse. In realtà l’Eden è la costruzione di una propria dimensione che si libera, che crea i propri spazi e che in qualche modo ti deve somi-gliare.

Due video prima dell’uscita dell’album: se non sba-glio non era mai successo.Vero, non era mai successo prima. Abbiamo sentito mol-to il fatto di essere stati distanti dalle scene per parecchio tempo, volevamo tornare non buttando fuori un album come un macigno, ma arrivarci per gradi, e forse abbiamo addirittura esagerato (ride). Praticamente una settima-na prima dell’uscita fra pre-release varie e brani regalati (Benzina Ogoshi allegato a una rivista), alla fine l’avevamo fatto già sentire tutto. Volevamo affermare che eravamo

ancora vivi e di nuovo pronti a interpretare la contempo-raneità con un metro differente. Devo aggiungere poi che negli anni 90 per noi era più facile farci ascoltare. Quando è uscito Colpo di pistola mediamente c’era più gente che ascoltava musica e di qualità più alta, si conoscevano la jungle, la drum’n’bass tanto quanto invece oggi si cono-

scono poco nuove frontiere della sperimentazione come quelle di un’etichetta come la Warp, a cui il beat di Eden fa riferimento. Per noi il processo creativo è rimasto lo stesso, nel senso che le migliori suggestioni dei territori di ricerca, le prendiamo, le elaboriamo e ne facciamo una canzone,

che è quello che il pop deve fare. Un tempo la musica mi-gliore era più condivisa, oggi si fa più fatica, soprattutto in Italia, ad arrivare alle cose più valide in circolazione, per cui è più difficile capire cosa stanno facendo i Subsonica in questo momento.

C’è una ghost track alla fine dell’album (si intitola Scemo di guerra) registrata al contrario. Non ho avuto ancora il tempo per decifrarla ma lo farò presto e magari ne riparleremo.(ride) Prima di decifrarla, vai su Google e cerca sincromisticismo e Subsonica. Ci sono dei matti che hanno fatto dei video in cui analizzano i no-stri testi e che sostengono che nelle nostre can-

zoni abbiamo profetizzato eventi come l’undici settembre e che siamo al soldo della casta degli Illuminati, un’elite che ha impiantato un microchip emozionale nel cervello di tutti per soggiogare il genere umano. Capirai ancora meglio il perché di questa ghost track...

« Il processo creativo è rimasto lo stesso, nel senso che le migliori suggestioni dei territori di

ricerca, le prendiamo, le elaboriamo e ne facciamo una canzone, che è quello che il pop deve fare »

LN Ripley: Progetto in continuo dive-nire, basato sul concetto di collettivo e che ruota attorno alle figure chiave di Enrico Matta, Ninja e Max Casacci. Sorta di punk elettronico per il nuovo millennio, quello degli LNRipley è uno dei nomi su cui puntare. Disco consigliato: LNRipley (2007)

Caesar Palace: un vero supergruppo formato da Boosta con Dade e Tozzo dei Linea 77 e dedito a un sound “decadandy”, come lo ha definito il tastierista, ma che lascia ben intuire la provenienza rock dei protagonisti.Disco consigliato: Dogs From V-Gas (2008)

Deproducers: integrazione tra musica e scienza quella dei Deproducers, band che coinvolge Casacci, Gianni Maroccolo, Vittorio Cosma e Riccardo Sinigallia, oltre a Howie B e all’astro-fisico Fabio Peri. In attesa del disco e di un tour che, siamo certi, toccherà tutta la galassia…

FUORI DAI SUBSONICA #2

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I biglietti del tour di Roger Waters sono in vendita presso i negozi Fnac!

CommuniCationRoger Waters

Prima ancora che un manifesto spietato contro ogni tipo di conflitto - nel caso specifico la Seconda Guerra Mondiale, vista attraverso gli occhi di un bambino che perde il padre -, The Wall è un manifesto dell’incomunicabilità e di ciò che succede quando si decide di

costruire una prigione impenetrabile attorno a se stessi.

n disco come The Wall non nasce certamen-te dal nulla, ma prende forma poco per volta, mattone dopo mattone si potrebbe dire, quando si è al culmine di una carrie-

ra musicale da fantascienza. Alla fine degli anni Settanta i Pink Floyd sono i dinosauri del rock per eccellenza, i loro show mastodontici sono spettacoli che non aiutano certo il crescente disagio del leader solitario della band, quel Roger Waters che si sta imponendo come autore principale oltre che bassista e cantante. I primi sintomi si vedono nel 1977 a Montreal alla fine del tour di Ani-mals, quando Waters, dopo essere stato interrotto un paio di volte dalle urla di alcuni fans prima dell’esecuzione di Pigs On The Wing, sputa in faccia a un ragazzo che supera una transenna e tenta di raggiungere il palco. L’interazione fra musicisti e supporter non esiste più, frantumata da un gesto estremo e dal primo mattone di quel muro che diventerà l’ossessione del bassista per i successivi anni.

UN UOMO SOLO AL COMANDOLa metafora del muro come prigione in cui rinchiudersi per non dover affrontare la propria vita è perfetta per descrivere un musicista tormentato dalla scomparsa del padre durante la guerra – ovviamente il protagonista del

disco/film è proprio Waters – e le splendide liriche del doppio album ripercorrono un’infanzia e una giovinezza fatte di angherie scolastiche, madri amorevoli ma asfis-sianti, paure recondite, tentativi di ribellione e l’impos-sibilità di venire a patti con una perdita terribile. «Credo si capisca che la figura della madre è una metafora del governo, c’è una certa similitudine tra un genitore op-pressivo e l’autorità dello stato. Da giovani, se si è sani,

è necessario ribellarsi contro lo status quo, cercare una via autonoma, pensare con la propria testa. Per questo motivo Mother è uno dei momenti clou dello spettaco-lo, quello in cui il pubblico si riconosce nel protagoni-sta». Recentemente, nella medesima intervista, l’artista è ritornato anche sull’argomento principe del disco, la scomparsa del padre, parlando del singolo Another Brick In The Wall: «Posso dire che finalmente sia un argomento chiuso, qualcosa con cui sono venuto finalmente a patti. Mio padre è dentro di me e lo scopro quando ho certe reazioni di empatia verso altre persone che hanno subito

lo stesso shock, quello di una tragedia difficile da spie-gare. Come fai a giustificare una guerra? Ognuno avrà la propria teoria immagino… Comunque sia, ascolto quella canzone ogni giorno, la stiamo provando per lo spetta-colo, ma non mi capita mai di associarla a mio padre o alla mia infanzia. È più facile pensare a quello che sta accadendo al giorno d’oggi, alle decine di stupide e inu-tili guerre che tormentano questo pianeta, le migliaia di

persone che muoiono per alimentare i fat-turati delle fabbriche di armi e per la stu-pidità di quelli che ci governano». Il mes-saggio giunge forte e chiaro: la validità di quel disco, uscito nel 1979 e, contempo-raneamente, ultimo disco dei Pink Floyd in senso stretto e primo di Waters come

solista, è ancora notevole e anche per questo motivo me-rita di essere ascoltato dal vivo, arricchito da un impian-to scenografico con pochi rivali al mondo. Lo spettacolo originale, per esigenze economiche, fu limitato a poche date e sancì la definitiva spersonalizzazione della band, sostituita nella prima parte dello show da quattro contro-figure, ma pure la bontà delle idee di un genio visionario come Waters, così rinchiuso in se stesso da rischiare la follia – e il paragone con il “diamante pazzo” Syd Barrett, primo chitarrista del gruppo. «Non ho mai avuto attimi di violenza alla Led Zeppelin per intenderci, mai distrut-

di Stefano Gilardino

UPer tornare a sentire il calore dei fans, però, toccherà

aspettare che Waters decida di rimettere mano al repertorio della sua vecchia band e portare in tour

prima The Dark Side Of The Moon e, ora, The Wall.

Breakdown

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DI NUOVO INSIEME. Il 10 luglio 2010, Waters si è esibito insieme al vecchio compagno David Gilmour per la Hoping Foundation e ha confermato che il chitarrista suonerà Comfortably Numb in almeno uno dei suoi prossimi show The Wall Live.

live 1-2-4-5/04 Milano

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LIVESTYLERoger Waters

Waters, dopo essere stato interrotto un paio di volte dalle urla di alcuni fans prima dell’esecuzione di Pigs On The

Wing, sputò in faccia a un ragazzo che tentava di superare una transenna per raggiungere il palco.

to stanze di albergo o buttato televisori dal balcone, però ho vissuto anche io dei momenti bui e disperati».

IL MURO TARGATO 2011Per fortuna, la sanità mentale del Nostro, nel 2011, è decisamente solida e The Wall si preannuncia l’esperienza definitiva per chiunque voglia ascoltare uno dei capola-vori della storia del rock. È lo stesso musi-cista a raccontare come si svolge lo show, da gustare comodamente seduti per non perdersi nemmeno una nota: «È difficile spiegarlo a chi non ha mai assistito al concerto: all’inizio c’è una piccola parte di muro costruita ai lati del palco e, durante la pri-ma metà del live, che dura 50 minuti, vengono aggiunti

tutti i mattoni fino a ottenere un muro completo, con la band che suona nascosta dalla struttura. La seconda par-te invece è molto più teatrale, perché sul muro vengono proiettati filmati e i disegni animati di Gerald Scarfe, che

già illustrò lo spettacolo e il disco originali». Eccolo che torna, quel senso di separazione e di divisione, due ter-mini così in voga in questi giorni: nord contro sud, mu-sulmani contro cristiani, bianchi contro neri. Per un muro

che cade, quello di Berlino che proprio Waters celebrò con una versione live di The Wall passata alla storia e ricchis-sima di ospiti, se ne formano altri come in Medio Oriente, in un ciclo aberrante di stupidità che pare infinito. Qual-

che buona notizia però arriva, quella di un piccolo muro che si sgretola, quello che ha tenuto divisa la band per quasi vent’anni, tra recriminazioni, cause in tribunale e in-sulti nemmeno troppo velati: nel 2008 al Live 8, per la prima (e ormai ultima) volta i Floyd ritornano su un palco tutti e quat-

tro assieme per una giusta causa, spronati da Bob Geldof in persona, e questo permette a Waters e Gilmour di rial-lacciare un minimo di rapporti e tornare a parlare di mu-sica. Non è un mistero che il chitarrista abbia accettato di

anotHer BriCk in tHe waLLSe siete dei veri floydiani appassionati, non potete certo perdervi un avvenimento che fungerà da corollario e com-pletamento dei quattro concerti di Roger Waters al Forum di Assago. Photographia e Galleria Galetti, in viale Lazio 1 (ang. Via Montenero) a Milano, presentano una splendida mostra, Just Another Brick In The Wall, esposizione dei lavori di grandi foto-grafi del rock e dedicata alle immagini e alla musica dei Pink Floyd. L’esibizione sarà aperta da giovedì 7 aprile a mercoledì 20 (dalle 11 alle 19, tutti i giorni), ma per permettere di partecipare ai numerosi fans che giungeranno a Milano per i concerti, ci sarà una special preview a partire dal primo aprile. Per maggiori informazioni, consultate il sito www.photo-graphia.it oppure telefonate allo 02.94433038. Fo

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LIVESTYLERoger Waters

partecipare a qualche data di questo nuovo tour di The Wall come ospite in Run Like Hell e Comfortably Numb, i due pezzi che scrisse per l’album, per il resto interamente composto da Roger. “David è un musicista straordinario, un maestro della chitarra e il suo lavoro per The Wall è stato comunque incredibile. Non sempre sono stato in grado di riconoscere il suo talento, lo ammetto…». Certamente non nel 1983, quando il gruppo, senza Rick Wright, cacciato pro-prio dal bassista, pub-blica l’ultimo album a proprio nome, The Final Cut, atto finale della paranoia watersiana, che ritorna sull’episodio della morte del padre, ad Anzio durante la Seconda Guerra Mondiale, e gli dedica un disco decisamente meno ispirato del precedente capolavoro.

PRO E CONTRO DI UNA CARRIERA SOLISTAÈ l’inizio della vera carriera da solista che regalerà poco materiale ai fans, solo tre dischi (quattro contando l’opera in tre atti Ça Ira) nessuno dei quali memorabile, a cominciare da The Pros And Cons Of Hitch Hiking, fatica del 1984 ed ennesimo concept album, questa volta imperniato sul fallimento del suo matrimonio con Judy Trim: le canzoni parlano di sesso, monogamia, tradimento, vita famigliare e della scelta finale del protagonista Reg, che prediligerà l’amore e le nozze alla promiscuità sessuale. Ad aiutare Waters ci sono fior di musicisti come Eric Clapton e David Sanborn, oltre che l’amico Ger-ry Scarfe, che si occupa ancora una volta della grafica. Il pubblico e i fans, però, mostrano poco interesse e molte date nelle venue più grandi vengono addirittura cancellate per scarsa prevendita. Dopo il primo fallimento, arriva anche il secondo, con l’uscita nell’87 di Radio K.A.O.S., altro disco a tema: Billy, il protagonista, è un ragaz-zo gallese affetto da mutismo ma capace, attraverso poteri telepa-tici, di collegarsi mentalmente a una stazione radio di Los Angeles

e a dare ordine a tutte le basi di lancio missilistiche di distruggersi vicendevolmente. Se, da un lato, c’è il ritorno a una tematica anti-militarista, dall’altro Waters pare aver perso ormai lo smalto dei tempi belli e tocca aspettare il 1990 per rivederlo in forma proprio grazie a The Wall e alla caduta del muro di Berlino. Nella capitale tedesca, finalmente unita e libera, si tiene una straordinaria cele-

brazione e ben 200.000 persone si accalcano alla porta di Brande-burgo per assistere a una perfomance che vede alternarsi sul palco star del calibro

di Sinead O’Connor, Scorpions, Bryan Adams, Joni Mitchell, Van Morrison, Cyndi Lauper oltre che l’orchestra sinfonica della Ger-mania Est e una banda dell’Unione Sovietica. Paradossale che, mentre cadevano i muri, quello tra Waters e i tre ex compagni resi-stesse senza neppure una scalfittura e l’assenza di Gilmour, Wright e Mason siamo certi che sia l’unico momento davvero triste di quel-la serata memorabile. Dopo un cambio di etichetta e il secondo di-vorzio, nel 1990, arriva l’ultimo capitolo della discografia solista del bassista, Amused To Death, influenzato dai fatti di piazza Tien-An-Men e dalla prima guerra del Golfo e feroce critica contro la spet-tacolarizzazione televisiva dei conflitti a fuoco. Sarà il suo miglior prodotto del dopo-Pink Floyd, quello che gli regalerà persino un discreto successo di classifica dopo così tanti anni. Per tornare a sentire il calore dei fans, però, toccherà aspettare che Waters decida di rimettere mano al repertorio della sua vecchia band e portare in tour prima The Dark Side Of The Moon e, ora, The Wall. Grazie alla moderna tecnologia e a nuovi effetti speciali, si potrà di nuovo assi-stere al miracolo della costruzione del muro e chissà come si sentirà là dietro Roger, se protetto dal mondo esterno oppure in prigione. Inutile chiederglielo, viene da pensare: il musicista selezionato non è al momento raggiungibile…

« Mio padre è dentro di me e lo scopro quando ho certe reazioni di empatia verso altre persone che hanno subito

lo stesso shock, quello di una tragedia difficile da spiegare. Come fai a giustificare una guerra? »

The Who Tommy (1969) Sebbene non sia il primo concept album della storia, Tommy è certamente il

modello su cui si sono modellati tutti quelli venuti in seguito. Autentico capolavoro, la saga di Tommy, il ragazzo cieco, sordo e muto resta l’apice degli Who.

DAVID BoWIe The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars (1973)

Bowie inventa il suo alter ego venuto dallo spazio e registra un capolavoro di

glam rock. Dopo averne insce-nato persino la morte virtuale in scena, darà vita ad altre mutazio-ni che renderanno leggendaria la sua carriera. GeNeSIS The Lamb Lies Down On Broadway (1974)

Per il suo per-sonale canto del cigno, Peter Gabriel sceglie di raccontare la sto-

ria surreale di Rael, un giovane portoricano appena uscito dal riformatorio e deciso a salvare il fratello John dalle strade perico-lose di New York.

MARILYN MANSoN Antichrist Superstar (1996)

In tempi più recenti, tocca a Manson utilizzare il medium del concept per

raccontare una storia fatta di violenza. Antichrist Superstar narra di una persona sottoposta ad abusi che si trasforma in una rockstar dal carattere distruttivo.

GReeN DAY American Idiot (2004)

Il più grande suc-cesso del terzetto di Berkeley è un attacco al passivo stile di vita ameri-

cano, influenzato dai media e da un presidente, all’epoca George W. Bush, considerato il vero “americano idiota”. Dal disco è stato tratto anche un musical nel 2010.

ONSTAGE 44 APRILE

outside the wallCinque concept album che hanno fatto la storia del rock.

Nella foto sopra (e in quella di pagina 42), le creazioni scenografiche di Gerald Scarfe per il tour di The Wall.

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ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 46 APRILE

IL GENIO RIBELLE

foto: Loris Savino stylist: Silvia Gabrielli

hair and make up: Fabio D’Onofrio using Mac Cosmetics per TWA

a cura di Chiara Zannini

Una poetica che sembra appartenere a un’altra epoca, quella de Il Genio. Tra sonorità vintage, sottile ironia e citazioni musicali d’antan.

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ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 47 APRILE

Per Gianluca polo in maglia operata Cruciani, giacca He by Mango, Jeans Seven For all Mankind

Per Alessandra blusa in seta stampata MSGM, gonna Angelos Frentzos

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trana storia, quella de Il Genio. Una parten-za tutta particolare, atipica, di quelle che non ti aspetteresti da due artisti che pro-ducono un tipo di musica così particolare. Eppure ti stupiscono raccontando divertiti che la loro avventura è nata per caso, quasi per gioco, come se il destino avesse costru-

ito tutto per loro. Entrambi di origine leccese, sono ormai milanesi d’adozione, e ci scherzano su: «Vi abbiamo stupi-ti, eh? Tutti pensano che i leccesi siano scuri e olivastri… e invece eccoci qui, pallidi. Anzi grigi!». Alessandra e Gian-luca si sono conosciuti più di dieci anni fa, tramite amici co-muni: «È nata subito una certa simpatia, nonostante qual-che amico lo definisse spigoloso», racconta lei. Lui ascolta tutto, ma non commenta. È un personaggio Gianluca, parla poco e quel poco che dice di primo acchito ti spiaz-za. È serafico e ha un’ironia pungente, quando racconta qualcosa non riesci a capire, dietro le lenti scure dei suoi occhiali e l’espressione impenetrabile, se ti sta prendendo in giro. E spesso lo sta facendo, anche se non te ne accorgi. Alessandra arriva prima di lui, prova diligentemente tut-ti gli abiti che le proponiamo, ci racconta contenta che ha preso qualche chilo e ora si sente più femminile. Gianluca arriva dopo, e la prima cosa che fa è notare un maglioncino giallo («Questo non lo metterò mai, nemmeno un milione di euro»). Sembrano fratelli, poche parole, una risata, si ca-piscono al volo. Alessandra ha lavorato come scenografa per importanti case di produzione, sia a Roma che a Mi-lano. Proprio nella città meneghina la raggiunge Gianluca qualche anno dopo e si stabilisce a casa di lei. Inizia una convivenza un po’ estemporanea: lui cerca di capire cosa vuole fare della sua vita, le giornate scorrono e le serate si gioca a Risiko, o più spesso, a creare basi musicali con il computer che poi caricano su MySpace, così, per diver-timento e senza impegno. Ma il web dà loro una sorpresa

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ROCK’N’FASHION

Camicia a maniche corte in seta fantasia e gonna Missoni, calzettoni Calzedonia, stringate Church’s

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ROCK’N’FASHION

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Per Alessandra tuta in seta MSGM

Per Gianluca Polo Lacoste, giacca in maglia Cruciani, jeans Levi’s, scarpe vintage, occhiali Rayban

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ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 50 APRILE

inattesa: le loro canzoni nate per caso sono molto apprezzate e raccolgono consensi, la Cramps li contatta, vuole incontrarli. E qui, il panico. Perché loro non erano pronti a presentarsi come band, non avevano un vero e proprio progetto in mano. In due giorni e due notti compongono dieci can-zoni, quelle del loro primo disco, Il Genio, uscito nel 2008. E il nome. Già, ci vuole un nome. Alla fine optano per Il Genio, un’idea che frullava nel-la testa di Gianluca da tempo, che immaginava di mettere su una band psichedelica che avrebbe chiamato così. Lui, già musicista, ama la lirica e la classica e predilige strumenti dalle sonorità vintage, come l’organo Farfisa. Il successo di Pop porno è immediato, la voce innocente e bambina di Alessandra diventa un punto di forza, il loro immaginario anni Sessanta, un po’ naÏf, piace. I riferimenti? Ornella Vanoni, la preferita di Ales-sandra, mentre Piero Ciampi è l’icona di Gianluca. Nel 2010 esce il loro secondo album, Vivere negli anni X, con pezzi che rivisitano con la consueta ironia le atmosfere glamour dei 60, in cui la voce suadente di Alessandra incontra quella più cupa e impostata di Gianluca in duetti che ci portano ad altri tempi. Forse un po’ usciti dal circuito del tormentone radio, stanno trovando la loro strada (e la loro fetta di pubblico) ponendosi come un punto di riferimento per un certo genere di mu-sica che in Italia non è poi così diffuso.

Giacca H&M, jeans Seven For all Mankind, camicia in cotone stampato MSGM

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ROCK’N’FASHION

ONSTAGE 51 APRILE

Per Alessandra abito in seta Chicca Lualdi, cintura Diane Von Furstenberg

Per Gianluca giacca in maglia Cruciani, camicia Neil Barrett, jeans Seven For alla Mankind, occhiali vintage

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ROCK’N’FASHION

It’s time to shop!Non prestate attenzione a chi dice che non esistono più le mezze stagioni. La primavera è ricca di spunti per scegliere qualche pezzo passe-par-tout

o dare un tocco di colore al guardaroba.

Jovanotti & Anna Calvi

a cura di Chiara Zannini

ONSTAGE 52 APRILE

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Forse potrebbe essere un po’ inclemente come giu-dizio, ma la sensazione che la montagna abbia partorito un topolino è quella più ricorrente dopo

aver sentito Wasting Light, settimo album in studio per i Foo Fighters. Eppure motivi per ingolosirsi ce n’erano a sufficienza: a cominciare dalla presenza in cabina di regia del buon Butch Vig, le-gato a filo doppio a quel Nevermind che ha decretato il successo planetario dei Nirvana e il personale come produttore più richiesto e cool del pianeta. Dopo aver ripreso i contatti con Vig nel recente Greatest Hits, per cui si occupò dei due inediti in scaletta, Grohl ha anche formalizzato ufficialmente il ritorno in formazione di Pat Smear, di nuovo all’opera in studio dopo The Colour And The Shape del ‘97, il quale rafforza il sound chitarristico del quintetto e permette a Dave di concentrarsi maggior-mente sul canto anche in sede live. A tutto ciò, aggiun-gete pure una lista di ospiti che include il vecchio amico

Krist Novoselic, compagno di scorribande nirvaniane, al basso (e fisarmonica!) in I Should Have Known, una bel-la ballad posta verso al fine del disco, e un monumento dell’hardcore e indie rock americano come Bob Mould – capace di regalare fior di capolavori alla guida dei semi-

nali Hüsker Dü -, in veste di chitarrista e cantante su Dear Rosemary, uno dei vertici di Wasting Light. E per i comple-tisti, citiamo anche ai cori il vecchio Fee Waybill, frontman dei Tubes, band supercult degli anni 70, autrice del classi-co White Punks On Dope, davvero una sorpresa ritrovarlo in forma anche ai giorni nostri. Per celebrare degnamente tanta grazia, è stato chiamato anche Lemmy (Motörhead), nelle (quasi) inedite vesti di attore per il video del primo

singolo White Limo, una bordata rock’n’roll che non toglie o aggiunge nulla ma serve per passare tre minuti a ricor-darsi come, talvolta, i canonici quattro accordi abbiano ancora senso persino nel 2011. E proprio questa eterna im-mutabilità da garage band di superlusso – e non è un caso

che Wasting Light sia stato registrato nel-lo studio casalingo di Dave Grohl, situato proprio nel suo garage! – rappresenta la forza e la debolezza del disco, così clas-sicamente Foo Fighters da essere persino preoccupante. L’attacco iniziale di Bridge

Is Burning spiega bene quest’ultima affermazione, racco-gliendo in un unico brano tutti gli stilemi del quintetto e lucidandoli per l’occasione. La corsa a perdifiato tra gli 11 brani della tracklist tocca momenti di gran pregio come il prossimo singolo Rope, These Days e Back And Forth, ma pure degli attimi di stanca che zavorrano l’album verso una sufficienza che non lo rende uno dei capitoli irrinun-ciabili di una discografia comunque ricca e preziosa.

Musica, cinema, videogames, libri

WHAT’SNEW

Tutto è uguale a primaLa band di Dave Grohl ritorna con un nuovo inedito capitolo della saga Foo Fighters, ma invece che sull’effetto sorpresa punta decisamente su un illustre passato rock’n’roll che sembra non passare mai di moda…

di Stefano Gilardino

Aprile è il mese scelto

da molti big per il proprio comeback discografico: si parte con Foo Fighters e Strokes per finire con Britney Spears, Glasvegas, Kills e un live di Bob Marley.

Ne abbiamo per tutti i

gusti: ultraviolenza con Machete e l’horror The Ward, tenerezza con Poetry, risate assi-curate con l’italiano Boris e con Kick Ass.

Da segnalare il ritorno di

Dragon Age con il suo secondo capitolo. Tutti gli altri si potranno acconten-tare con Homefront e Okamiden.

I libri musicali non manca-

no mai da queste parti, specie se sono scritti da campioni come Nick Kent, storica firma di New Musical Express. Per stomaci forti, invece, le proposte di Gianni Miraglia e Antonin Varenne.

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L’eterna immutabilità da garage band di superlusso rappresenta la forza e la debolezza del disco, così

classicamente Foo Fighters da essere persino preoccupante.

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Foo Fighters Wasting Light (RCA/Sony) H H H H

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WHAT’S NEW

Travis BarkerGive The Drummer Some (Interscope)

H H H di Marcello Marabotti

Da quando è entrato nel music business nel lontano 1996, Tra-vis Barker non è si è mai limi-

tato a percuotere le pelli della sua batteria: 7 anni di successi con i Blink 182 si sono alternati ai progetti paralleli con Boxcar Racer, Transplants e la produ-zione di artisti come Pharrell Williams, che ora gli ha reso il favore. Per il suo album di debutto, infatti, Travis ha voluto una line-up da panico, principal-mente (ma non solo) mutuata dalla scena hip hop. Lil Wayne, Rick Ross, Swizz Beatz, Game Raekwon, Tom Morello, Ludacris, E-40 & Dev, The Cool Kids, Busta Rhymes, Lil Jon, Slash, Cypress Hill, Snoop Dogg e, appunto, Pharrell. Barker ha voluto esagerare, senza farsi mancare nulla. Risultato: un album dall’ottimo sound, confezionato alla grande, che sembra, però, più figlio di un hobby che di un progetto.

The StrokesAngles (RCA/Sony)

H H H di Stefano Gilardino

Il commento migliore arriva dal Guardian, autorevole quo-tidiano inglese, che parlando

di Angles lo definisce “un disco fatto da musicisti che non avevano nessuna voglia di incidere un album”. È una stroncatura troppo forte? Probabilmente sì, ma qualche fondo di verità c’è di sicuro, soprattutto se vogliamo dare retta alle parole del chitarrista Nick Valensi che non ha gradito per nulla le session di regi-strazione, con la band in uno studio e Julian Casablan-cas, cantante e leader, nonché principale compositore, praticamente assente per forzare i quattro musicisti in una situazione di controllo (quasi) totale. Giochini a parte, Angles ritorna - dopo cinque anni di pausa - con

grande piacere, quantomeno nostro, al primo sound targato Strokes, quello di Is This It?, ma senza perdere di vista eventuali sbocchi futuri e un percorso che li ha comunque visti impegnati a progredire uno stile vincente e personale. Quella che si potrebbe definire una salomonica via di mezzo è ben rappresentata da episodi come Machu Picchu, dal singolo Under Cover Of Darkness, da You’re So Right e dall’ottima Gratisfac-tion, ma ci sono anche aperture interessanti come la conclusiva Life Is Simple In The Moonlight a garantire un repertorio più poliedrico e complesso. Se questo è il risultato di un gruppo con scarsa voglia di suonare, chissà cosa ci potremmo aspettare con un minimo di applicazione in più…

Britney SpearsFemme Fatale (Jive/Sony)

H H di Guido Amari

Troppo facile, direte voi. Cri-ticare ferocemente Britney è come sparare sulla Croce Ros-

sa, lo sport preferito dal critico musicale, che non vede l’ora che escano dischi del genere per poterli smontare. Tutto giusto, ma il problema resta, perché Femme Fatale è un disco di una pochezza imbaraz-zante, prodotto in serie per sembrare uguale a tanti altri e cercare di replicarne il successo. Probabile che accada, quelle restano preoccupazioni di Britney, a noi invece rimangono 12 tracce che si dibattono nelle mediocrità senza neppure cercare vie d’uscita: senza scomodare un passato che l’aveva resa “miss Ameri-can Dream, since I was 17”, molto meglio aveva fatto la biondina americana quando, mentalmente a pezzi, aveva avuto un sussulto d’orgoglio con Piece Of Me, sublime esempio di pop/dance, e Womanizer.

GlasvegasEuphoric ///Heartbreak\\\ (Sony)

H H H di Stefano Gilardino

Le riviste musicali inglesi, tanto per non sbagliare, li hanno già definiti la migliore rock’n’roll del mondo, in un tripudio di

eccitazione che manco per gli Oasis ai tempi d’oro. Senza sco-modare nessun paragone o superlativo, i Glasvegas, scozzesi di Glasgow (ma con una nuova batterista svedese), fanno il proprio ritorno con un secondo album che li conferma ispirati e in possesso di un sound personale. James Allan, vero leader del quartetto, ha un talento spiccato per coniugare testi pre-gnanti, un po’ alla Morrissey, tanto per capirsi, e linee musicali epiche, facendo dei Glasvegas dei potenziali hitmakers, senza però rinunciare a una libertà compositiva rara da trovare nella musica pop. The World Is Yours, Stronger Than Dirt e Euphoria, Take My Hand sono il miglior biglietto da visita possibile di questo secondo lavoro in studio.

Architecture In HelsinkiMoment Bends (Cooperative Music)

H H H di Marcello Marabotti

A quattro anni da Places Like This, usci-to nel 2007, gli Architecture In Helsinki tornano con un disco pop. La loro gam-

ma musicale rimane legata alla varietà strumentale giocata sulla miscela tra gli strumenti come sintetizzatori analogici, campionatori, glockenspiel, e strumenti più classici come la tromba, la tuba, il trombone, la chitarra, il basso e la batteria. Ma qui, in Moment Bends, la band australiana mette in risal-to la sua voglia di divertirsi e suonare, con la spensieratezza anni 80 colorata da ritmi calypso e percussioni a profusione, guidate dalla produzione e dal mixaggio di Francoiz Tetaz. Registrato in due anni, Moment Bends riflette l’esigenza del gruppo, esplicitata dal frontman Cameron Byrd: «L’album è il frutto della nostra vera ossessione per la musica pop».

ElbowBuild A Rocket Boys! (Fiction)

H H H di Claudio Morsenchio

Le band di Manchester hanno sempre avuto un carisma particolare: Joy Divi-sion, Smiths, Stone Roses, Oasis, sono

per citarne alcune, hanno creato, se pur con identità e suoni differenti, una inopinabile guida per tutto il rock inglese. Gli Elbow portano sulle spalle questa pesante eredità, rappre-sentando da anni il lato più oscuro, etereo, impalpabile della musica di quella città. Piani sussurrati, dissonanti riverberi, rumori in lontananza, un’elettronica mai invadente, la chitar-ra e la calda voce di Guy Garvey. Questo nuovo lavoro non raggiunge le vette del pluridecorato The Seldom Seen Kid, ma continua l’edulcorato percorso musicale della band, forse trop-po onesta e sincera per essere notata dal music business e dal grande pubblico, ma di sicuro un riferimento costante nell’in-finito panorama del rock alternativo di classe.

Musica

ONSTAGE 56 APRILE

. Onstage ti regala 5 copie del nuo-vo disco dei Glasvegas! Invia una mail a [email protected] con oggetto “Glasvegas”

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WHAT’S NEW

Bob Marley & The WailersLive Forever (Universal)

H H H di Gianni Olfeni

Quando esce un disco postumo non pos-so fare a meno di chiedermi che bisogno ci sia. Intendo oltre al business. Cosa potrà

mai aggiungere alla storia artistica del defunto un disco che esce senza la sua personale approvazione? C’è solo una categoria di operazioni postume che non crolla di fronte a questa domanda: i “docualbum”, ossia quei lavori che documentano un momento realmente importante nella carriera di un musicista. Live Forever è uno di questi. La sera del 23 settembre 1980, allo Stanley Theatre di Pittsburgh, Bob Marley sale per l’ultima volta sul palco. Pochi mesi dopo, l’11 maggio 1981, sarebbe morto per colpa di un me-lanoma. La setlist è composta da gran parte dei pezzi più famosi della discografia di Bob, da No Woman No Cry a Redemption Song. Oggi i 18 brani di quel concerto sono finiti in un doppio cd, a tutti gli effetti una sorta di Legend dal vivo. Live Forever non è migliore di altri album dal vivo di Marley, ma è la testimonianza di un momento importante di una straordinaria vicenda artistica.

The KillsBlood Pressure (Domino)

H H H di Marcello Marabotti

Il duo garage Alison “VV” Mosshart e Ja-mie “Hotel” Hince torna a distanza di tre anni dall’ultimo lavoro, Midnight Boom.

Nel frattempo, lei ha suonato con i Dead Weather di Jack White, lui è diventato Mr. Moss, vista la relazione con la supermodella Kate. Se da una parte il gossip ha aiutato la fama dei Kills, la col-laborazione della Mosshart con Jack ha reso il suono del gruppo più maturo. Rispetto ai dischi precedenti, Blood Pressure è un la-voro più deciso, a livello vocale e strumentale, con l’elettronica che, grazie all’uso di tastiere anni 70 come l’Optigan, risalta le percussioni e le distorsioni delle chitarre elettriche. Risultato: un album sognante e febbrile, ripetitivo e ossessivo. Tendenze “noi-se” e dimensioni acustiche sottolineano il ritorno al marchio di fabbrica dei Kills, quelle “dark guitar rock” che qui si liberano, giocando anche a tempo di valzer. «Come posso fare affidamen-to sul mio cuore se lo rompo con le mie mani». Blood Pressure, The Kills.

The VaccinesWhat Did You Expect From The Vaccines? (Columbia)

H H H di Claudio Morsenchio

Come da consuetudine, ogni anno la no-stra amata Inghilterra annuncia l’arrivo dei messia del rock. Stampa, media e ad-

detti ai lavori si affannano a trovare, promuovere e diffondere in ogni dove l’ennesimo miracolo della musica britannica, ri-filandoci ogni tanto qualche metallo grezzo per oro zecchino. Questa volta i salvatori del Regno Unito si chiamano Vaccines, giovani musicisti modaioli dalle facce d’angelo che fanno il ver-so agli Strokes più commerciali e amano il sound romantico dei Jesus & Mary Chain. La loro musica, pur non essendo l’apice dell’originalità, delizia i palati di grandi e piccini, fra trascinan-ti e spensierati ritornelli pop e dolci e appassionanti atmosfere, vicine ai canoni tipici della new wave anni Ottanta. Trascinanti l’apripista Wreckin Bar (Ra Ra Ra) e la successiva If You Wanna, dal retrogusto punk, mentre sensibile e garbata è la chiu-sura tenue di Family Friend. Lasciando da parte ogni più rosea profezia, il rock d’Oltremanica per questa volta ha fatto ancora centro.

James BlakeJames Blake (Atlas/A&M)

H H H di Marcello Marabotti

La BBC e NME lo hanno inserito al se-condo posto della classifica del “Sound of 2011”. Con la rivisitazione del brano

di Feist, Limit To Your Love, ha conquistato la Top 40 britannica. “Best electronic artist” secondo iTunes USA. Blake è considera-to un genio e la carrellata di riconoscimenti piovutigli addosso rendono onore a un esordio fenomenale. Il suo album omonimo è una vera rarità, una sorpresa di cui avevamo bisogno. Oltre l’apparente dubstep minimalista, James cela sfumature da fuo-riclasse. Con una manciata di beat elettronici, una voce che ri-corda John Legend, a tratti saturata con il vocoder, un tappeto musicale imprevedibile - dal gospel di I Never Learnt To Share, costruita su di una unica strofa ripetuta, a Lindesfarne, vicina a Hide And Sick di Imogen Heap – Blake ha scritto un nuovo lin-guaggio, ha rivoluzionato canoni ai quali eravamo abituati, se-gnando un nuovo riferimento per la musica soul e, soprattutto, per quella elettronica.

Hot List

Dieci brani della playlist diANDREA MOLINARI

Andrea Molinari racconta insieme a Marina Minetti e Laura Gramu-glia il weekend degli ascoltatori di Radio Deejay con Weejay, in onda il sabato alle 18.00 e la domenica alle 16.00.

Santeria Sublime Sublime (1996, MCA) Midnight Marauders Fat Freddy’s Drop Midnight Marauders (2002, Sonar Kollektiv) Sinnerman Nina Simone Pastel Blues (1965, Philips Records) Don’t Stop Me Now Queen Jazz (1978, EMI Records/Parlophone) Hallelujah I Love Her So Ray Charles Hallelujah I Love Her So (1956, Atlantic) Che Notte Mike Patton’s Mondo Cane Mondo Cane (2010, Ipecac Recordings) 54-46 Was My Number Toots and the Maytals 54-46 (That’s My Number) (1969, Pyramid) Cani Sciolti Sangue Misto SxM (1994, Century Vox) St. Jimmy Green Day American Idiot (2004, Reprise) Free Time The Aggrolites Reggae Hit L.A. (2007, Hellcat Records)

Musica

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ONSTAGE 57 APRILE

. Onstage ti regala 5 copie del nuovo disco dei Vaccines! Invia una mail a [email protected] con oggetto “Glasvegas”

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Machete Usa, 2010, 105 min.

Cast: Danny Trejo, Jessica Alba, Steven Seagal, Robert De Niro, Lindsay Lohan...

di Robert Rodriguez, Ethan Maniquis

critica H H H HHpubblico H H H

L’ex agente federale messica-no Machete è assoldato per as-sassinare un senatore, ma pro-prio mentre sta per compiere l’attentato capisce di essere oggetto di un complotto. Pur essendo stato ferito, Machete sopravvive e dichiara vendet-ta contro chi l’ha assunto. Sco-prirà una fitta trama di interes-si che coinvolge ugualmente forze di polizia e criminali.

Perché vederlo?È il film più inventivo, origi-nale, sopra le righe, politico, divertente, coraggioso dal più compiaciuto degli autori ame-ricani contemporanei, ovve-ro Robert Rodriguez. Danny Trejo, scelta perfetta, è l’incar-nazione del “male buono”, ma nel cast spiccano grandi nomi che hanno piacevolmente ac-cettato il “gioco”.

Stufo dello squallido mondo della tv, il regista René Ferretti abbandona la bruttissima serie televisiva Boris che dirige ormai da anni per lanciar-si nel mondo del cinema d’autore. Scoprirà, suo malgrado, che i salotti intellettuali e le dinamiche dell’indu-stria culturale possono essere mol-to più infime di ciò che ha lasciato. Perché vederlo?Eccezione alla regola della bassa quali-tà per i prodotti televisivi, Boris appro-da al cinema nel migliore dei modi e con il difficile compito di non deludere il proprio fedelissimo pubblico. Dietro le gag esilaranti (e attuali), getta ben-zina su un focolaio mai spento: chi è responsabile del degrado culturale in Italia?

Il giovane Dave Lizewski è il prototipo del nerd perfetto: fanatico di comics, circondato da amici altrettanto sfigati e invaghito di Katie, che non lo con-sidera nemmeno. Per dare una svolta alla sua vita, Dave decide di diventa-re un supereroe. Senza supereroi, ma con una gran voglia di far male. Coa-diuvato dai suoi amici, anche loro “en travesti”, Kick Ass diventa presto una celebrità. Perché vederlo?Dall’omonimo fumetto di Mark Millar e John Romita, una rivelazione della scorsa stagione (in clamoroso ritardo nelle sale italiane). Del politically cor-rect non si vede traccia, rimpiazzato con forza da un compiaciuto piacere per la provocazione. Nerd power.

Yang Mija ha 66 anni, un carattere eccentrico e vitale, e un nipote adole-scente a carico. Mossa da uno spiccata sensibilità per la bellezza, decide di iscriversi a un corso di poesia. Mentre è in cerca d’ispirazione, riceve due brut-tissime notizie: il dottore le diagnostica il morbo di Alzheimer e Wook, il nipo-te, si caccia in un bruttissimo guaio: è accusato, assieme ad altri coetanei, di aver molestato e istigato al suicidio una compagna di scuola. Perché vederlo?Saranno poche le sale che proiette-ranno Poetry, ma cercate di fare tutto il possibile per trovarne una perché è davvero un capolavoro. È un film sulla poesia come chiave di lettura per resi-stere alla mostruosità del quotidiano, visivamente miracoloso, commovente, graziato da Jeong-hie Yun, indiscussa signora del cinema coreano.

Perché la giovane Kristen si è risve-gliata rinchiusa in un ospedale psi-chiatrico? Imbottita di sedativi e ri-coperta di ferite, non ricorda nulla di ciò che è successo prima. Con lei ci sono altre quattro pazienti, tutte gravemente disturbate, che contribu-iscono a rendere quel luogo sinistro e inquietante. Il tutto finché, una ad una, cominciano a scomparire, lascian-do a Kristen una sola chance: fuggire. Perché vederlo?In barba allo splatter più spinto e a brutti tentativi di far paura attraverso il 3D, il grande John Carpenter fa il suo ritorno al cinema dopo dieci anni con un horror “old school” a basso budget, che devia verso il paranormale e che si riaggancia al suo cinema degli esordi. Bentornato.

Boris - Il filmItalia, 2011, 108 min. Cast: Francesco Pannofino, Ninni Bruschetta, Pietro Sermonti, Caterina Guzzanti di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo

critica H H H pubblico H H H H

Kick AssGran Bretagna/Usa, 2010, 117 min. Voci di: Aaron Johnson, Lyndsy Fonseca, Mark Strong, Nicolas Cage di Matthew Vaughn

critica H H H Hpubblico H H H

PoetryCorea Del Sud, 2010, 139 min. Cast: Yun Jeong-hie, Lee Da-wit di Lee Chang-dong

critica H H H H pubblico H H H H

The Ward - Il RepartoUsa, 2010, 88 min. Cast: Amber Heard, Mamie Gummer, Danielle Panabaker di John Carpenter

critica H H H pubblico H H H

WHAT’S NEWCinema

a cura di

www.nicklive.it

ONSTAGE 58 APRILE

Page 59: Onstage Magazine aprile 2011
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WHAT’S NEWVideogames

Dragon Age II (Bioware)

Disponibile per: X-Box 360/Ps3 Genere: Action / RPGH H H H

Che Bioware abbia fatto un ottimo lavoro con il secondo atto di Mass Effect è cosa nota e confermata all’unanimità. Ora però è giunto il momento

di affrontare una nuova sfida, altrettanto impegnativa: dare un seguito al capolavoro del 2009 che risponde al nome di Dragon Age: Origins. Le vicende di Dragon Age II, quasi completamente slegate dalla trama del primo episodio e narrate in maniera impeccabile da un nano di nome Varric, si sviluppano nell’arco di una decina di anni e ci vedono impegnati a vestire i panni di Garrett Hawke; il protagonista, in fuga dalle terre di Ferelden con la sua

famiglia, è destinato a divenire il campione della città di Kirkwall, ma i dettagli della sua avventura verranno rile-vati solo a tempo debito e attraverso ad una serie di fla-shback. Il fatto che gli eventi si svolgano sostanzialmente in zona Kirkwall e dintorni non deve ingannare, perché come da tradizione Bioware la presenza di intrecci, sub-quest e “distrazioni” renderà l’esperienza piuttosto lunga (il tempo medio di completamento del gioco si aggira in-torno alle quaranta ore) ma non per questo tediosa: sarà davvero troppo facile venire risucchiati dall’universo che ci circonda e, verosimilmente, la curiosità avrà la meglio, costringendoci a risolvere anche misteri non direttamente collegati alla storia principale. I passi in avanti in ambi-

to grafico e sonoro sono indiscutibili: pur avendo come termine di paragone l’ottimo Origins, qui si sfiora la per-fezione. Ma il vero rischio corso dai programmatori è sta-to quello di spostare l’equilibrio RPG/azione a favore di quest’ultima: intendiamoci, le componenti del gioco di ruolo ci sono tutte – e in alcuni casi è stata perfino miglio-rata la loro gestione – ma la maggiore velocità dei combat-timenti costringe il giocatore ad affrontare tali sezioni con cura per non incorrere in miseri fallimenti. I piccoli dubbi legati a un possibile sviluppo frettoloso di questo sequel (già disponibile, a neanche un anno e mezzo dall’uscita di Origins) vengono spazzati via in un batter d’occhio: Dra-gon Age II è il capolavoro epico che aspettavamo.

Nick KentApathy For The Devil (Arcana)

Per chi non lo conoscesse, Kent è stato uno dei “ragazzi terribili” della re-dazione dell’NME, il più importante settimanale di musica inglese. All’ini-

zio dei 70, un giovanissimo Nick ha cominciato la sua ascesa nello stardom (e contemporaneamente la sua discesa nell’inferno dell’eroina) del giornalismo rock raccontando, con stile asciutto e secco, i retroscena di molte rockstar come Led Zeppelin, Rolling Stones, Sex Pistols, Rod Stewart, di cui diventò amico personale. Un’altra faccia del rock’n’roll…

Gianni MiragliaMuori Milano muori! (Elliot) Un fantaromanzo ambientato a Mi-lano ad appena un mese di distanza dall’apertura dell’Expo 2015: Berlu-sconi è morto, gettando l’Italia nel

caos e scatenando una recessione senza precedenti. In questo scenario si muove Andrea, neo-disoccupato di 47 anni che vaga per la città condotto dal solo istinto di sopravvivenza e accompagnato da Pietro Kock, ex fattorino della ditta per cui lavorava. Rabbia, violenza e atmosfere cupe per il secondo romanzo di Miraglia, dopo l’esordio di Six Pack. Letteratura punk?

Antonin VarenneSezione suicidi (Einaudi) Antonin Varenne è il nuovo astro na-scente della letteratura noir francese e la sua creatura, il tenente Guérin, sbirro poco incline ai compromessi

e per questo motivo retrocesso alla terribile Sezione Suicidi, potrebbe rivaleggiare nell’immediato futuro con un gigante come il commissario Adamsberg della brava Fred Vargas. Sezione suicidi si legge tutto d’un fiato, e si snoda attraverso una Parigi sconvolta da una serie spettacolare di suicidi sospetti. Trama eccellente e personaggi difficili da dimenticare...

Come in un film già visto, anche questa volta i presupposti per-ché Homefront potesse seriamente impensierire il numero uno in-contrastato degli FPS, Call Of Duty, c’erano tutti: un team con un curriculum non molto lungo, ma molto interessante e un continuo serpeggiare di informazioni e voci di corridoio molto positive (tra le tante, una trama concepita dallo sceneggiatore John Milius, au-tore di capolavori come Apocalypse Now e Alba Rossa). Ora però non vorrei sembrare troppo drammatico: in questo gioco c’è davvero

poco che non funziona. Magari qualche dettaglio grafico che farà storcere il naso a chi pretende la perfezione, una campagna in single player eccessivamente corta, un multiplayer leggermente scarno e scontato (sia a livello di mappe che di modalità); ma stiamo comunque parlando di un titolo di tutto rispetto, estremamente curato per quello che concerne il comparto narrativo e dall’azione piuttosto godibile e variegata. Peccato che esista Call Of Duty, tutto qui.

Avete conservato il pennello celestiale, vero? Se non sapete di cosa sto parlando deduco che vi siate persi Okami, titolo di culto di qualche anno fa uscito su PS 2 e più tardi convertito anche per Wii. Si trattava di una fiaba molto artistica in cui il protagonista Amaterasu si faceva largo tra i nemici a colpi di armi, tecniche di combattimento e… un pennello, appunto. In questa avventura,

invece della dea-lupa controlleremo un cucciolotto che ha tutta l’aria di essere il figlio di Amaterasu. Trattandosi di una fotocopia dell’originale, il gameplay non può defi-nirsi innovativo; ma il fatto che il gioco sia stato sviluppato per Nintendo Ds si dimo-stra una carta vincente, perché obiettivamente non esiste una console più idonea per controllare il famigerato pennello (pennino?) celestiale. Disegni e atmosfera sono di prim’ordine, e le somiglianze con Zelda – già palesatesi in Okami e confermate senza vergogna dai programmatori– non possono che giovare alla godibilità di Okamiden, avventura per tutti gli amanti del fantasy stiloso e un po’ poetico.

Homefront (Kaos Studios)

Disponibile per: Xbox360/PS3 PS3 Genere: First Person Shooter

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Okamiden (Capcom) Disponibile per: Nintendo Ds Genere: Action/Adventure

H H H

Libri A cura di Stefano Gilardino

Blueglue consiglia: Deathsmiles (Xbox 360) ...ha voglia di un sano sparatutto in due dimensioni.

Torchlight (Xbox Live - Marketplace) ...non riesce proprio ad aspettare l’uscita di Diablo III.Beyond Good & Evil HD (PS Network – Xbox Live) ...si è perso questa chicca su GameCube, Xbox o Play Station 2.

Titolo/Store Consigliato a chi...

ONSTAGE 60 APRILE

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PRESENTA

Big Fish S.r.l.Ripa di Porta Ticinese 63/A, 20143 Milano Tel: +39.02.36709352 Fax: +39.02.36709389

[email protected] www.bigfishent.itwww.facebook.com/bigfishent

www.twitter.com/bigfishentwww.youtube.com/bigfishentwww.myspace.com/bigfishlive

MARCO PARENTE02.04.2011POZZUOLI (NA) DUEL BEAT11.04.2011MILANOSALUMERIA DELLA MUSI-CA12.04.2011ROMA - CIRCOLO DEGLI ARTISTI21.04.2011FIRENZE - VIPER27.04.2011TORINO - OFFICINE CORSARE

SIMONE CRISTICCHI02.04.2011 con Gnu QuartetCASTELLANZA TEATRODal 05 al 10.04.2011“Li Romani in Russia”ROMA TEATRO AMBRA JOVINELLI17.04.2011 con BandSAN MARCO IN LAMIS (FG) AUDITORIUM GIANNONE20.04.2011 “Li Romani in Russia”MILANOTEATRO FRANCO PARENTI22.04.2011 “Li Romani in Russia”GROSSETO25.04.2011 “Li Romani in Russia”SIENA

NICCOLÒ FABI06.04.2011LONGIANO (FC)TEATRO PETRELLA09.04.2011SERRENTI (VS)FESTIVAL FORMA E POESIA NEL JAZZ19.04.2011FIRENZETEATRO PUCCINI20.04.2011BOLOGNATEATRO ARENA DEL SOLE

21.04.2011FIDENZA (PR)TEATRO MAGNANI28.04.2011VERONATEATRO CAMPLOY29.04.2011LEVICO TERME (TN)PALAVELICO

STATUTO15.04.2011PRATO - CONTROSENSO27.04.2011BRESCIAFESTA DEGLI ULTRAS 1911

ROY PACI01.04.2011LEGNANO - LAND OF LIFE02.04.2011PERUGIA - URBAN

MARLENE KUNTZ16.04.2011FIRENZE - FLOG

FUNKOFF09.04.2011BOLOGNA - ARTERIA29.04.2011GROTTAMMARE (AP) - TEATRO

PETE YORN23.05.2011MILANOSALUMERIA DELLA MUSICA24.05.2011ROMA - PIPER25.05.2011BOLOGNA - ARTERIA

24 GRANA08.04.2011BOLOGNA - TPO22.04.2011CASERTA - ODDLY SHED30.04.2011PADOVA - PEDRO

Page 62: Onstage Magazine aprile 2011

COMINGSOONmaggio

Biagio AntonacciIprimi tre giorni di maggio sono riservati all’Arena

di Verona. Un appuntamento importante per Biagio Antonacci, che manca dalle scene musicali da oltre

un anno. «È una cosa inedita», ha dichiarato il musicista all’Arena, «di solito i tour si fanno molto vicini ai dischi, quando ancora i cd sono “caldi”, come si dice, e serve una promozione a tappeto. E invece questo live arriva adesso, inaspettato, come il titolo del mio ultimo album». Un disco che ha venduto oltre 60.000 copie, a cui il can-tautore milanese è molto legato, tanto da aspettare un

anno per presentarlo dal vivo, rivisto in una chiave adat-ta allo spettacolo dell’Arena di Verona, al suo fascino e alla sua tradizione. La scaletta della serata prevede molti brani storici, da Iris a Se è vero che ci sei, da Le cose che hai amato di più a Sappi amore mio, Convivendo e Pazzo di lei. Ci sarà spazio anche per i brani del nuovo album Inaspetta-ta, già disco “multiplatino” grazie ai singoli Se fosse per sempre, Inaspettata, che vedeva Biagio duettare con Leona Lewis, Chiedimi scusa e Buon giorno bell’anima. Forse, ci sarà anche spazio per Ubbidirò, il brano scritto assieme

ai Club Dogo. Caratterizzato da suoni classicamente hip hop, mescolati a chitarre elettriche e acustiche e al suono dei sintetizzatori, il singolo propone una collaborazione inedita: Biagio ha dichiarato, in un’intervista, che è sta-to suo figlio a fargli scoprire i Dogo. Chissà se saliranno anche loro il 2 e il 3 maggio sul palco dell’Arena. Certo è che, dopo aver confermato l’esibizione a Salerno in occa-sione della vigilia di Capodanno 2011, per i fan di Anto-nacci l’appuntamento veronese rimane un occasione da non perdere.

01,02,03/05 Veronalive

» ELISA03/05 Livorno04/05 Livorno 06/05 Eboli (SA)07/05 Roma 09/05 Napoli 10/05 Napoli 12/05 Catania 15/05 Bari 17/05 Firenze18/05 Firenze20/05 Genova22/05 Reggio Emilia23/05 Reggio Emilia

» NICCOLò FABI 05/05 Catania

06/05 Palermo 07/05 Lamezia Terme (CZ)09/05 Roma 10/05 Milano 18/05 Civitanova (MC)19/05 Grugliasco (TO)20/05 Scicli (RG) 27/05 Taneto (RE)

» GIANNA NANNINI01/05 Milano03/05 Roma04/05 Roma05/05 Roma07/05 Reggio Calabria09/05 Acireale (CT)12/05 Eboli (SA)

14/05 Caserta16/05 Perugia18/05 Bologna20/05 Verona21/05 Verona24/05 Treviso25/05 Bolzano27/05 Firenze28/05 Firenze29/05 Firenze31/05 Pesaro

» INTERPOL 30/05 Roma

» GOTAN PROjECT 14/05 Padova

16/05 Roma17/05 Milano

» GOGOL BORDELLO 06/07 Rimini07/07 Segrate (MI) 08/07 Bari 09/07 Villafranca (VR) » JOVANOTTI 02/05 Firenze03/05 Firenze05/05 Bologna07/05 Mantova10/05 Milano11/05 Milano13/05 Milano

14/05 Milano18/05 Torino19/05 Torino21/05 Ancona22/05 Ancona24/05 Brescia26/05 Parma

» VERDENA 04/05 Cosenza06/05 Palermo07/05 Catania

CAPAREzzA06/05 Pavia 07/05 Tavagnasco (TO) 11/05 Sassari

13/05 Trezzo d’Adda (MI) 14/05 Villafranca (VR) 20/05 Taneto (RE) 21/05 Marghera (VE) 26/05 Genova 27/05 Novello (CN)29/05 M. di Camerota (SA)

MARTA SUI TUBI07/05 Lecco14/05 Pisa

» SADE 06/05 Milano

NESLI07/05 Gualtieri (RE)

Per il pezzo Tra te e il mare ha chiesto e ottenuto il permesso di utilizzare il riff di Start Me Up, successo dei Rolling Stones , diventato quindi “Rolling version”.

ONSTAGE 62 APRILE

I biglietti del tour di Biagio Antonacci sono in vendita presso i negozi Fnac!

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Ph

oto

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avia

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h 16.00 Nikki

Mar

ani

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