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MAGGIORE FOGLIO D’INFORMAZIONI DELLA PARROCCHIA SANTA MARIA MAGGIORE Piazza S. Maria 14 00052 CERVETERI –RM– VI DOMENICA DI PASQUA 1 maggio 2016 LE GIORNATE GIUBILARI DI SAN MICHELE Scriveva il vescovo Gino all’apertura del Giubileo: “Durante l’anno giubilare tutte le comunità parroc- chia li celebreranno la Set- timana della Misericordia, in occasione della festa patronale, con speciali iniziative di carità, preghiera e catechesi. Si avrà particolare at- tenzione all’accoglienza dei poveri, alla visita dei malati e all’offerta più ampia della riconci- liazione sacramentale. Durante la settimana sarà possibile ottenere l’indulgenza giubilare con la visita alla chiesa parrocchiale e alle con- dizioni consuete. Nella Misericordiae Vultus papa Francesco ci chiede di porre “al centro con convinzione il sacramento della Riconcilia- zione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia”. Nell’anno giubi- lare l’intera vita del credente e ogni iniziativa pastorale delle comunità sia ispirata alla mise- ricordia da chiedere, da praticare e da assu- mere come stile di vita.” Tutti i parroci di Cer- veteri propongono perciò due settimane in cui l’immagine di San Michele Arcangelo, patrono della Città, aprirà le porte della misericordia con opportune occasioni e iniziative, descritte qui e nel pieghevole a parte. Ricordati di mettere la tua firma per destinare l’8x1000 della tua dichiarazione dei redditi alla Chiesa Cattolica. Grazie. REGINA COELI Piazza San Pietro, Domenica 17 aprile 2016 LA VIA PER ESSERE FELICI «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri » (Gv 13,35). Cari ragazzi e ragazze, che grande responsabilità ci affida oggi il Signore! Ci dice che la gente riconoscerà i discepoli di Gesù da come si amano tra di loro. L’amore, in altre parole, è la carta d’identità del cristiano, è l’unico “documento” valido per essere riconosciuti discepoli di Gesù. L’unico documento valido. Se questo documento scade e non si rinnova continuamente, non siamo più testimoni del Maestro. Allora vi chiedo: volete accogliere l’invito di Gesù a essere suoi discepoli? Volete essere suoi amici fedeli? Il vero amico di Gesù si distingue essenzialmente per l’amore concreto; non l’amore “nelle nuvole”, no, l’amore concreto che risplende nella sua vita. L’amore è sempre concreto. Chi non è concreto e parla dell’amore fa una telenovela, un telero-manzo. Volete vivere questo amore che Lui ci dona? Volete o non volete? Cerchiamo allora di metterci alla sua scuola, che è una scuola di vita per imparare ad amare. E questo è un lavoro di tutti i giorni: imparare ad amare. Anzitutto, amare è bello, è la via per essere felici. Però non è facile, è impegnativo, costa fatica. Pensiamo, ad esempio, a quando riceviamo un regalo: questo ci rende felici, ma per preparare quel regalo delle persone generose hanno dedicato tempo e impegno, e così, regalandoci qualcosa, ci hanno donato anche un po’ di loro stesse, qualcosa di cui hanno saputo privarsi. Pensiamo anche al dono che i vostri genitori e animatori vi hanno fatto, permettendovi di venire a Roma per questo Giubileo dedicato a voi. Hanno progettato, organiz-zato, preparato tutto per voi, e questo dava loro gioia, anche se magari rinuncia-vano a un viaggio per loro. Questa è la concretezza dell’amore. Amare infatti vuol dire donare, non solo qualcosa di materiale, ma qualcosa di sé stessi: il proprio tempo, la propria amicizia, le proprie capacità. Guardiamo al Signore, che è invincibile in generosità. Riceviamo da Lui tanti doni, e ogni giorno dovremmo ringra- ziarlo... Io vorrei chiedervi: voi ringraziate il Signore ogni giorno? Anche se noi ci dimen- tichiamo, Lui non si scorda di farci ogni giorno un dono speciale. Non è un regalo da tenere materialmente tra le mani e da usare, ma un dono più grande, per la vita. Che cosa ci dona il Signore? Ci dona la sua amicizia fedele, che non ci toglierà mai. E’ l’amico per sempre, il Signore. Anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso. Questa è la concretezza dell’a- more che ci insegna Gesù. E questo è tanto importante! Perché la minaccia principale, che impedisce di crescere bene, è quando a nessuno importa di te - è triste, questo -, quando senti che vieni lasciato in di-sparte. Il Signore invece è sempre con te ed è contento di stare con te. Come fece con i suoi giovani discepoli, ti guarda negli occhi e ti chiama a seguirlo, a “prendere il largo” e a “gettare le reti” fidandosi della sua parola, cioè a mettere in gioco i tuoi talenti nella vita, insieme con Lui, senza paura. Gesù ti aspetta pazien- temente, attende una risposta, attende il tuo “sì”. Cari ragazzi, alla vostra età emerge in voi in modo nuovo anche il desiderio di affezionarvi e di ricevere affetto. Il Signore, se andate alla sua scuola, vi insegnerà a rendere più belli anche l’affetto e la tenerezza. Vi metterà nel cuore un’intenzione buona, quella di voler bene senza possedere, di amare le persone senza volerle come proprie, ma lasciandole libere. Perché l’amore è libero! Non c’è vero amore che non sia libero! Quella libertà che il Signore ci lascia quando ci ama. Lui è sempre vicino a noi. C’è sempre infatti la tentazione di inquinare l’affetto con la pretesa istintiva di prendere, di “avere” quello che piace; e questo è egoismo. E anche la cultura consumistica rafforza questa tendenza. Ma ogni cosa, se la si stringe troppo, si sciupa, si rovina: poi si rimane delusi, con il vuoto dentro. Il Signore, se ascoltate la sua voce, vi rivelerà il segreto della tenerezza: prendersi cura dell’altra persona, che vuol dire rispettarla, custodirla e aspettarla. E questa è la concretezza della tenerezza e dell’amore. In questi anni di gioventù voi avvertite anche un grande desiderio di libertà. Molti vi diranno che essere liberi significa fare quello che si vuole. Ma qui bisogna saper dire dei no. Se tu non sai dire di no, non sei libero. Libero è chi sa dire sì e sa dire no. La libertà non è poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri; non è vero che quando io sto bene tutto va bene. No, non è vero. La libertà, invece, è il dono di po-ter scegliere il bene: questa è libertà. E’ libero chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso, non è facile. Ma io credo che voi giovani non abbiate paura delle fatiche, siete coraggiosi! Solo con scelte co-raggiose e forti si realizzano i sogni più gran-di, quelli per cui vale la pena di spendere la vita. Scelte coraggiose e forti. Non acconten-tatevi della mediocrità, di “vivacchiare” stando comodi e seduti; non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicen-dovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all’ultima moda. La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più ag- giornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore. La libertà è un’altra cosa. Perché l’amore è il dono libero di chi ha il cuore aperto; l’amore è una responsabilità, ma una re- sponsabilità bella, che dura tutta la vita; è l’im- pegno quotidiano di chi sa realizzare grandi so- gni! Ah, guai ai giovani che non sanno sogna- re, che non osano sognare! Se un giovane, alla vostra età, non è capace di sognare, già se n’è andato in pensione, non serve. L’amore si nutre di fiducia, di rispetto, di perdono. L’a- more non si realizza perché ne parliamo, ma quando lo viviamo: non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta di vita da mettere in pratica! Come possiamo crescere nell’amore? Il segreto è ancora il Signore: Gesù ci dà Sé stesso nella Messa, ci offre il perdono e la pace nella Confessione. Lì impa- riamo ad accogliere il suo Amore, a farlo nostro, a rimetterlo in circolo nel mondo. E quando amare sembra pesante, quando è difficile dire di no a quello che è sbagliato, guardate la croce di Gesù, abbracciatela e non lasciate la sua mano, che vi conduce verso l’alto e vi risolleva quando cadete. Nella vita sempre si cade, perché siamo peccatori, siamo deboli. Ma c’è la mano di Gesù che ci risolleva, che ci rialza. Gesù ci vuole in piedi! Quella parola bella che Gesù diceva ai paralitici: “Alzati!”. Dio ci ha creati per essere in piedi. C’è una bella canzone che cantano gli alpini quando salgono su. La canzone dice così: “Nell’arte di salire, l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto!”. Avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù. E questa mano tante volte viene dalla mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompa- gnano nella vita. Anche Gesù stesso è lì. Alza- tevi! Dio vi vuole in piedi, sempre in piedi! So che siete capaci di gesti di grande amicizia e bontà. Siete chiamati a costruire così il futu- ro: insieme agli altri e per gli altri, mai con- tro qualcun altro! Non si costruisce “contro”: questo si chiama distruzione. Farete cose meravigliose se vi preparate bene già da ora, vivendo pienamente questa vostra età così ricca di doni, e senza aver paura della fatica. Fate come i campioni sportivi, che raggiun- gono alti traguardi allenandosi con umiltà e duramente ogni giorno. Il vostro programma quotidiano siano le opere di misericordia: allenatevi con entusiasmo in esse per diven- tare campioni di vita, campioni di amore! Così sarete riconosciuti come discepoli di Gesù. Così avrete la carta d’identità di cristiani. E vi assicuro: la vostra gioia sarà piena. UDIENZA GENERALE Piazza S. Pie- tro, mercoledì 27 aprile 2016 (Lc 10,25-37) 16. VA’ E ANCHE TU FA COSÌ Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi riflettiamo sulla parabola del buon samaritano (cfr Lc la campana

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MAGGIORE FOGLIO D’INFORMAZIONI DELLA

PARROCCHIA SANTA MARIA MAGGIORE

Piazza S. Maria 14 00052 CERVETERI –RM–

VI DOMENICA DI PASQUA 1 maggio 2016

LE GIORNATE GIUBILARI

DI SAN MICHELE

Scriveva il vescovo Gino all’apertura del Giubileo: “Durante l’anno giubilare tutte le comunità parroc-chia li celebreranno la Set-

timana della Misericordia, in occasione della festa patronale, con speciali iniziative di carità, preghiera e catechesi. Si avrà particolare at-tenzione all’accoglienza dei poveri, alla visita dei malati e all’offerta più ampia della riconci-liazione sacramentale. Durante la settimana sarà possibile ottenere l’indulgenza giubilare con la visita alla chiesa parrocchiale e alle con-dizioni consuete. Nella Misericordiae Vultus papa Francesco ci chiede di porre “al centro con convinzione il sacramento della Riconcilia-zione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia”. Nell’anno giubi-lare l’intera vita del credente e ogni iniziativa pastorale delle comunità sia ispirata alla mise-ricordia da chiedere, da praticare e da assu-mere come stile di vita.” Tutti i parroci di Cer-veteri propongono perciò due settimane in cui l’immagine di San Michele Arcangelo, patrono della Città, aprirà le porte della misericordia con opportune occasioni e iniziative, descritte qui e nel pieghevole a parte.

Ricordati di mettere la tua firma per destinare l’8x1000 della tua dichiarazione

dei redditi alla Chiesa Cattolica. Grazie.

REGINA COELI Piazza San Pietro, Domenica 17 aprile 2016

LA VIA PER ESSERE FELICI «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Cari ragazzi e ragazze, che grande responsabilità ci affida oggi il Signore! Ci dice che la gente riconoscerà i discepoli di Gesù da come si amano tra di loro. L’amore, in altre parole, è la carta d’identità del cristiano, è l’unico “documento” valido per essere riconosciuti discepoli di Gesù. L’unico documento valido. Se questo documento scade e non si rinnova continuamente, non siamo più testimoni del Maestro. Allora vi chiedo: volete accogliere l’invito di Gesù a essere suoi discepoli? Volete essere suoi amici fedeli? Il vero amico di Gesù si distingue essenzialmente per l’amore concreto; non l’amore “nelle nuvole”, no, l’amore concreto che risplende nella sua vita. L’amore è sempre concreto. Chi non è concreto e parla dell’amore fa una telenovela, un telero-manzo. Volete vivere questo amore che Lui ci dona? Volete o non volete? Cerchiamo allora di metterci alla sua scuola, che è una scuola di vita per imparare ad amare. E questo è un lavoro di tutti i giorni: imparare ad amare. Anzitutto, amare è bello, è la via per essere felici. Però non è facile, è impegnativo, costa fatica. Pensiamo, ad esempio, a quando riceviamo un regalo: questo ci rende felici, ma per preparare quel regalo delle persone generose hanno dedicato tempo e impegno, e così, regalandoci qualcosa, ci hanno donato anche un po’ di loro stesse, qualcosa di cui

hanno saputo privarsi. Pensiamo anche al dono che i vostri genitori e animatori vi hanno fatto, permettendovi di venire a Roma per questo Giubileo dedicato a voi. Hanno progettato, organiz-zato, preparato tutto per voi, e questo dava loro gioia, anche se magari rinuncia-vano a un

viaggio per loro. Questa è la concretezza dell’amore. Amare infatti vuol dire donare, non solo qualcosa di materiale, ma qualcosa di sé stessi: il proprio tempo, la propria amicizia, le proprie capacità. Guardiamo al Signore, che è invincibile in generosità. Riceviamo da Lui tanti doni, e ogni giorno dovremmo ringra-ziarlo... Io vorrei chiedervi: voi ringraziate il Signore ogni giorno? Anche se noi ci dimen-tichiamo, Lui non si scorda di farci ogni giorno un dono speciale. Non è un regalo da tenere materialmente tra le mani e da usare, ma un dono più grande, per la vita. Che cosa ci dona il Signore? Ci dona la sua amicizia fedele, che non ci toglierà mai. E’ l’amico per sempre, il Signore. Anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso. Questa è la concretezza dell’a-more che ci insegna Gesù. E questo è tanto importante! Perché la minaccia principale, che impedisce di crescere bene, è quando a nessuno importa di te - è triste, questo -, quando senti che vieni lasciato in di-sparte. Il Signore invece è sempre con te ed è contento di stare con te. Come fece con i suoi giovani discepoli, ti guarda negli occhi e ti chiama a seguirlo, a “prendere il largo” e a “gettare le reti” fidandosi della sua parola, cioè a mettere in gioco i tuoi talenti nella vita, insieme con Lui, senza paura. Gesù ti aspetta pazien-temente, attende una risposta, attende il tuo “sì”. Cari ragazzi, alla vostra età emerge in voi in modo nuovo anche il desiderio di affezionarvi e di ricevere affetto. Il Signore, se andate alla sua scuola, vi insegnerà a rendere più belli anche l’affetto e la tenerezza. Vi metterà nel cuore un’intenzione buona, quella di voler bene senza possedere, di amare le persone senza volerle come proprie, ma lasciandole libere. Perché l’amore è libero! Non c’è vero amore che non sia libero! Quella libertà che il Signore ci lascia quando ci ama. Lui è sempre vicino a noi. C’è sempre infatti la tentazione di inquinare l’affetto con la pretesa istintiva di prendere, di “avere” quello che piace; e questo è egoismo. E anche la cultura consumistica rafforza questa tendenza. Ma ogni cosa, se la si stringe troppo, si sciupa, si rovina: poi si rimane delusi, con il vuoto dentro. Il Signore, se ascoltate la sua voce, vi rivelerà il segreto della tenerezza: prendersi cura dell’altra persona, che vuol dire rispettarla, custodirla e aspettarla. E questa è la concretezza della tenerezza e dell’amore. In questi anni di gioventù voi avvertite anche un grande desiderio di libertà. Molti vi diranno che essere liberi significa fare quello che si vuole. Ma qui bisogna saper dire dei no. Se tu non sai dire di no, non sei libero. Libero è chi sa dire sì e sa dire no. La libertà non è poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri; non è vero che quando io sto bene tutto va bene. No, non è vero. La libertà, invece, è il dono di po-ter scegliere il bene: questa è libertà. E’ libero chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso,

non è facile. Ma io credo che voi giovani non abbiate paura delle fatiche, siete coraggiosi! Solo con scelte co-raggiose e forti si realizzano i sogni più gran-di, quelli per cui vale la pena di spendere la vita. Scelte coraggiose e forti. Non acconten-tatevi della mediocrità, di “vivacchiare” stando comodi e seduti; non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicen-dovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all’ultima moda. La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più ag-giornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore. La libertà è un’altra cosa. Perché l’amore è il dono libero di chi ha il cuore aperto; l’amore è una responsabilità, ma una re-sponsabilità bella, che dura tutta la vita; è l’im-pegno quotidiano di chi sa realizzare grandi so-gni! Ah, guai ai giovani che non sanno sogna-re, che non osano sognare! Se un giovane, alla vostra età, non è capace di sognare, già se n’è andato in pensione, non serve. L’amore si nutre di fiducia, di rispetto, di perdono. L’a-more non si realizza perché ne parliamo, ma quando lo viviamo: non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta di vita da mettere in pratica! Come possiamo crescere nell’amore? Il segreto è ancora il Signore: Gesù ci dà Sé stesso nella Messa, ci offre il perdono e la pace nella Confessione. Lì impa-riamo ad accogliere il suo Amore, a farlo nostro, a rimetterlo in circolo nel mondo. E quando amare sembra pesante, quando è difficile dire di no a quello che è sbagliato, guardate la croce di Gesù, abbracciatela e non lasciate la sua mano, che vi conduce verso l’alto e vi risolleva quando cadete. Nella vita sempre si cade, perché siamo peccatori, siamo deboli. Ma c’è la mano di Gesù che ci risolleva, che ci rialza. Gesù ci vuole in piedi! Quella parola bella che Gesù diceva ai paralitici: “Alzati!”. Dio ci ha creati per essere in piedi. C’è una bella canzone che cantano gli alpini quando salgono su. La canzone dice così: “Nell’arte di salire, l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto!”. Avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù. E questa mano tante volte viene dalla mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompa-gnano nella vita. Anche Gesù stesso è lì. Alza-tevi! Dio vi vuole in piedi, sempre in piedi! So che siete capaci di gesti di grande amicizia e bontà. Siete chiamati a costruire così il futu-ro: insieme agli altri e per gli altri, mai con-tro qualcun altro! Non si costruisce “contro”: questo si chiama distruzione. Farete cose meravigliose se vi preparate bene già da ora, vivendo pienamente questa vostra età così ricca di doni, e senza aver paura della fatica. Fate come i campioni sportivi, che raggiun-gono alti traguardi allenandosi con umiltà e duramente ogni giorno. Il vostro programma quotidiano siano le opere di misericordia: allenatevi con entusiasmo in esse per diven-tare campioni di vita, campioni di amore! Così sarete riconosciuti come discepoli di Gesù. Così avrete la carta d’identità di cristiani. E vi assicuro: la vostra gioia sarà piena. UDIENZA GENERALE Piazza S. Pie-tro, mercoledì 27 aprile 2016 (Lc 10,25-37) 16. VA’ E ANCHE TU FA COSÌ Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi riflettiamo sulla parabola del buon samaritano (cfr Lc

la campana

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10,25-37). … «Chi è mio prossimo?» (v. 29), e sottintende: “i miei parenti? I miei connazio-nali? Quelli della mia religione?”. Insomma, vuole una regola chiara che gli permetta di classificare gli altri in “prossimo” e “non-prossimo”, in quelli che possono diventare prossimi e in quelli che non possono diventa- re prossimi. E Gesù risponde con una para-bola, che mette in scena un sacerdote, un le-vita e un samaritano. I primi due sono figure legate al culto del tempio; il terzo è un ebreo scismatico, considerato come uno straniero, pagano e impuro, cioè il samaritano. Sulla strada da Gerusalemme a Gerico il sacerdote e il levita si imbattono in un uomo mori-bondo, che i briganti hanno assalito, derubato e abbandonato. La Legge del Signore in situa-zioni simili prevedeva l’obbligo di soccorrerlo, ma entrambi passano oltre senza fermarsi. Erano di fretta… Il sacerdote, forse, ha guar-dato l’orologio e ha detto: “Ma, arrivo tardi alla Messa … Devo dire Messa”. E l’altro ha

detto: “Ma, non so se la Legge me lo permette, perché c’è il sangue lì e io sarò impuro…”. Vanno per un’altra strada e non si avvicinano. E qui la parabola ci offre un primo insegna-mento: non è automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sap-pia amare il prossimo. Non è automatico! Tu puoi conoscere tutta la Bibbia, tu puoi cono-scere tutte le rubriche liturgiche, tu puoi co-noscere tutta la teologia, ma dal conoscere non è automatico l’amare: l’amare ha un’altra strada, occorre l’intelligenza, ma anche qual-cosa di più… Il sacerdote e il levita vedono, ma ignorano; guardano, ma non provvedono. Eppure non esiste vero culto se esso non si traduce in servizio al prossimo. Non dimenti-chiamolo mai: di fronte alla sofferenza di così tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie, non possiamo rimanere spet-tatori. Ignorare la sofferenza dell’uomo, cosa significa? Significa ignorare Dio! Se io non mi avvicino a quell’uomo, a quella donna, a quel

bambino, a quell’anziano o a quell’anziana che soffre, non mi avvicino a Dio. Ma veniamo al centro della parabola: il samaritano, cioè pro-prio quello disprezzato, quello sul quale nes-suno avrebbe scommesso nulla, e che comun-que aveva anche lui i suoi impegni e le sue cose da fare, quando vide l’uomo ferito, non passò oltre come gli altri due, che erano legati al Tempio, ma «ne ebbe compassione» (v. 33). Così dice il Vangelo: “Ne ebbe compassione”, cioè il cuore, le viscere, si sono commosse! Ecco la differenza. Gli altri due “videro”, ma i loro cuori rimasero chiusi, freddi. Invece il cuore del samaritano era sintonizzato con il cuore stesso di Dio. Infatti, la “compassione” è una caratteristica essenziale della misericor-dia di Dio. Dio ha compassione di noi. Cosa vuol dire? Patisce con noi, le nostre sofferenze Lui le sente. Compassione significa “compar-tire con”. Il verbo indica che le viscere si muo-vono e fremono alla vista del male dell’uomo. E nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo l’agire misericordioso di Dio in tutta la storia della salvezza. È la stessa com-passione con cui il Signore viene incontro a ciascuno di noi: Lui non ci ignora, conosce i nostri dolori, sa quanto abbiamo bisogno di aiuto e di consolazione. Ci viene vicino e non ci abbandona mai. Ognuno di noi, farsi la do-manda e rispondere nel cuore: “Io ci credo? Io credo che il Signore ha compassione di me, così come sono, peccatore, con tanti problemi e tanti cose?”. Pensare a quello e la risposta è: “Sì!”. Ma ognuno deve guardare nel cuore se ha la fede in questa compassione di Dio, di Dio buono che si avvicina, ci guarisce, ci ac-carezza. E se noi lo rifiutiamo, Lui aspetta: è paziente ed è sempre accanto a noi. Il samari-tano si comporta con vera misericordia: fascia le ferite di quell’uomo, lo trasporta in un al-bergo, se ne prende cura personalmente e provvede alla sua assistenza. Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi ne-cessari per “avvicinarsi” all’altro fino a imme-desimarsi con lui: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Ecco il Comandamento del Signore. Conclusa la parabola, Gesù ribalta la domanda del dottore della Legge e gli chiede: «Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» (v. 36). La risposta è finalmente inequivoca-bile: «Chi ha avuto compassione di lui» (v. 27). All’inizio della parabola per il sacerdote e il le-vita il prossimo era il moribondo; al termine il prossimo è il samaritano che si è fatto vicino. Gesù ribalta la prospettiva: non stare a classi-ficare gli altri per vedere chi è prossimo e chi no. Tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno, e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione, cioè se hai quella capacità di patire con l’altro. Questa parabola è uno stu-pendo regalo per tutti noi, e anche un impe-gno! A ciascuno di noi Gesù ripete ciò che disse al dottore della Legge: «Va’ e anche tu fa’ così» (v. 37). Siamo tutti chiamati a percorrere lo stesso cammino del buon samaritano, che è figura di Cristo: Gesù si è chinato su di noi, si è fatto nostro servo, e così ci ha salvati, perché anche noi possiamo amarci come Lui ci ha amato, allo stesso modo.

Stiamo preparando le giornate del CENTRO ESTIVO

ALL’ORATORIO S. MICHELE Vuoi dare anche tu un po’ di tempo, idee, energie per rendere più bella

l’estate di ragazzi, giovani, famiglie, ... ? Ogni mercoledì all’Oratorio alle 19.30,

dopo la S. Messa

PARROCCHIA SANTA MARIA MAGGIORE Piazza S. Maria 14 00052 CERVETERI -RM- www.parrocchiasantamariamaggiore.com email:

[email protected] oppure [email protected] tel.06.5656.7321 Ufficio Parrocchiale: Lun-Gio ore 16-18 -Don Gianni Sangiorgio 3334690381, don Ronald Kigozi

3299614763 - Siamo parte della Diocesi suburbicaria di Porto - S. Rufina: il Vescovo Gino Reali e la Curia diocesana sono in via del Cenacolo 53 00123 Roma La Storta, tel. 06.30893848, fax

06.30893658, email: [email protected] (uffici lun-ven, ore 9 -13)

Dal 1° al 15 maggio 2016 S. MICHELE ARCANGELO PORTA ALLA CITTÀ

DI CERVETERI IL GIUBILEO DELLA MISERICORDIA

1 MAGGIO VI DOME-NICA DI PASQUA At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29

S. MESSA 8 - 11 S. Maria Maggiore 9.30 Madonna dei Canneti 18 all’Oratorio S. Michele, piazza G. Bruzzesi CONFESSIONI 19 S. MESSA E INIZIO DEL PELLEGRINAGGIO DI MISERICOR-DIA DELLA STATUA DI S. MICHELE NELLE PARROCCHIE DEL CO-MUNE DI CERVETERI

LUNEDI’ 2 MAGGIO At 16,11-15; Sal 149; Gv 15,26-16,4a

SAN MICHELE A S. EUGENIO AI TERZI S. Atanasio IN PARROCCHIA: cimitero vecchio 15 S. MESSA

s. Michele: 17.30 S. Rosario - 18 S. MESSA

MARTEDI’ 3 MAGGIO 1Cor 15,1-8a; Sal 18; Gv 14,6-14

FESTA DEI SS. FILIPPO E GIACOMO APOSTOLI SAN MICHELE A BORGO SAN MARTINO

IN PARROCCHIA: Madonna dei canneti: 8 S. MESSA s. Michele: 17.30 S. Rosario - 18 S. MESSA

MERCOLEDI’ 4 MAG-GIO At 17,15.22 - 18,1; Sal 148; Gv 16,12-15

SAN MICHELE A S. CROCE AL SASSO - FURBARA IN PARROCCHIA: S. Michele: 17.30 s. Rosario - 18 S. MESSA Oratorio 19 S. MESSA – 19.30 Incontro Giovani per l’estate

GIOVEDI’ 5 MAGGIO At 18,1-8; Sal 97; Gv 16,16-20

SAN MICHELE A S. FRANCESCO DI MARINA DI CERVETERI IN PARROCCHIA: 9 S. Maria Maggiore: S. MESSA

S. Michele: 17.30 S. Rosario - 18 S. MESSA

VENERDI’ 6 MAGGIO At 18,9-18; Sal 46; Gv 16,20-23a

SAN MICHELE A S. FRANCESCO DI MARINA DI CERVETERI IN PARROCCHIA: S. Antonio: 8 S. MESSA

18 S. MESSA NELLA CHIESA DI S. FRANCESCO DI MARINA DI CERVETERI, QUINDI LA STATUA DI SAN MICHELE RAGGIUNGE PIAZZA ALDO MORO E DI QUI VIENE PORTATA IN S. MARIA MAGGIORE. VEGLIA DI PREGHIERA E CONFESSIONI fino alle 24

SABATO 7 MAGGIO At 18,23-28; Sal 46; Gv 16,23b-28

SAN MICHELE AI CANNETI E A S. ANTONIO Madonna dei Canneti 8 S. MESSA S. Antonio 16.30 MEMORIA, ATTO DI AFFIDAMENTO BENEDIZIONE DELLA CITTA’ dal Belvedere FESTA IN PIAZZA S. MARIA chiesa di S. Michele 18 S. MESSA

DOMENICA 8 MAG-GIO At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53.

SOLENNITÀ DELL’ASCENSIONE DI GESÙ CRISTO S. MESSA 8 S. Maria Maggiore 9.30 Madonna dei Canneti 11 in piazza S. Maria S. MESSA SOLENNE … E FESTA 20.30 SOLENNE PROCESSIONE DI SAN MICHELE dalla SS. Trinità a S. Maria Maggiore

LUNEDÌ 16 MAGGIO 21 INCONTRO per i PADRINI residenti in parrocchia

GIOVEDÌ 19 MAGGIO 10-16 RITIRO CRESIMANDI - 18.30 INCONTRO PADRINI

SABATO 21 MAGGIO 11 CELEBRAZIONE DELLA CRESIMA