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Educazione tecnica: Leonardo da Vinci Unità didattica classi seconde Esperti DECS-UIM pagina 1 La vita e l’opera di Leonardo da Vinci La sua gioventù I sessantasette anni della turbolenta e passionale vita di Leonardo da Vinci sono lo specchio del ribollimento rinascimentale, una delle più tumultuose fiammate della storia umana. Tuttavia, quelle case basse, in pietra rossa, del comune di Anchiano, vicino a Vinci, a trenta chilometri da Firenze, sembrano proprio distanti da questo fermento creativo quando Leonardo vi nacque il 15 aprile 1452. L'aura di mistero che circonderà tutta la sua vita, la sua persona e il suo lavoro, è già presente dalla nascita. È figlio naturale di una donna di cui non si sa niente, né il nome, né gli anni, né la personalità. La tradizione si contenta di farne una serva da locanda di nome Caterina. Suo padre, al contrario, se non celebre, è almeno conosciuto: notaio rispettato e facoltoso, Ser Piero aveva venticinque anni quando Leonardo nacque. Di una vitalità adulatrice, avrà quattro mogli legittime e dodici figli, l'ultimo a sessantacinque anni, due prima di morire. Riconobbe Leonardo come figlio, ma lo affidò a una coppia di paesani di Vinci dove trascorse la sua adolescenza. Sarà causa la sterilità della prima moglie di Ser Piero che lo spinse a riprendere suo figlio a casa dove lo abbandonerà presto per stabilirsi a Firenze chiamato per fruttuosi affari. Non si può che immaginare il risveglio di Leonardo nella complicità ondulante delle verdi colline toscane, nella ricorrente campagna punteggiata di ulivi e di cipressi abbarbicati ai fianchi dei Monte Albano. Si capisce percorrendola l'influenza che esercitò su Leonardo. È là che si impregnerà completamente della sua passione naturalista, che avrà la rivelazione sensoriale dei mondo meraviglioso delle piante, degli uccelli e delle rocce. Tanto più che, lasciata da parte l'istruzione classica, la sua formazione iniziale sarà esclusivamente empirica, istintiva e sensitiva. Non imparerà mai il latino, che rimpiangerà sempre, poiché in questo universo essenzialmente umanista non avrà accesso diretto alle tradizionali fonti della cultura classica e dell'eredità degli antichi. È quindi probabile che il suo spirito originale, la sua indipendenza di pensiero e la sua tendenza a rimettere in discussione tutto ciò che non aveva controllato e sperimentato da sé, provengano da questa infanzia solitaria e campestre dove i profumi dei fiori, il fruscio del vento e i colori del cielo erano i suoi unici precettori. document.doc

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Educazione tecnica: Leonardo da Vinci Unità didattica classi secondeEsperti DECS-UIM pagina 1

La vita e l’opera di Leonardo da VinciLa sua gioventùI sessantasette anni della turbolenta e passionale vita di Leonardo da Vinci sono lo specchio del ribollimento rinascimentale, una delle più tumultuose fiammate della storia umana.Tuttavia, quelle case basse, in pietra rossa, del comune di Anchiano, vicino a Vinci, a trenta chilometri da Firenze, sembrano proprio distanti da questo fermento creativo quando Leonardo vi nacque il 15 aprile 1452. L'aura di mistero che circonderà tutta la sua vita, la sua persona e il suo lavoro, è già presente dalla nascita. È figlio naturale di una donna di cui non si sa niente, né il nome, né gli anni, né la personalità. La tradizione si contenta di farne una serva da locanda di nome Caterina.Suo padre, al contrario, se non celebre, è almeno conosciuto: notaio rispettato e facoltoso, Ser Piero aveva venticinque anni quando Leonardo nacque. Di una vitalità adulatrice, avrà quattro mogli legittime e dodici figli, l'ultimo a sessantacinque anni, due prima di morire. Riconobbe Leonardo come figlio, ma lo affidò a una coppia di paesani di Vinci dove trascorse la sua adolescenza.Sarà causa la sterilità della prima moglie di Ser Piero che lo spinse a riprendere suo figlio a casa dove lo abbandonerà presto per stabilirsi a Firenze chiamato per fruttuosi affari.Non si può che immaginare il risveglio di Leonardo nella complicità ondulante delle verdi colline toscane, nella ricorrente campagna punteggiata di ulivi e di cipressi abbarbicati ai fianchi dei Monte Albano.Si capisce percorrendola l'influenza che esercitò su Leonardo. È là che si impregnerà completamente della sua passione naturalista, che avrà la rivelazione sensoriale dei mondo meraviglioso delle piante, degli uccelli e delle rocce.Tanto più che, lasciata da parte l'istruzione classica, la sua formazione iniziale sarà esclusivamente empirica, istintiva e sensitiva.Non imparerà mai il latino, che rimpiangerà sempre, poiché in questo universo essenzialmente umanista non avrà accesso diretto alle tradizionali fonti della cultura classica e dell'eredità degli antichi.È quindi probabile che il suo spirito originale, la sua indipendenza di pensiero e la sua tendenza a rimettere in discussione tutto ciò che non aveva controllato e sperimentato da sé, provengano da questa infanzia solitaria e campestre dove i profumi dei fiori, il fruscio del vento e i colori del cielo erano i suoi unici precettori.Ma a 15 anni, avendo suo padre notato le sue doti artistiche, lo fece venire a Firenze, per farlo entrare come apprendista in uno studio di pittura che prosperava nella città allora al massimo del suo splendore.A quei tempi era tradizione che i figli partecipassero al fermento artistico che faceva della Città dei Medici, il crogiolo dei Rinascimento: pochi artisti di primo piano, ma una moltitudine di meravigliosi artigiani.Nel frattempo Leonardo è diventato un bel giovane, intelligente e dotato, pieno di fascino e di prestanza.Sotto un'apparenza molto mondana e futile, cantava e suonava il liuto, nascondeva un animo già tormentato e solitario.Viene ammesso nello studio di Andrea il Verrocchio, uno dei più celebri della città. Gli allievi vi entravano a partire dai quattordici anni.Lo studio dei Verrocchio era rimarcabile per la qualità e universalità: oltre alla pittura, si imparava la scrittura, l'oreficeria, il lavorare il bronzo e l'arte della fonderia. Ci si poteva anche iniziare alla creazione di costumi e all'organizzazione di fastose feste di cui il corso dei Rinascimento era pieno.Leonardo si integrò perfettamente a questa effervescenza creativa, partecipando prestissimo all'esecuzione di commesse affidate allo studio.

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La tradizione vuole anche che il Verrocchio, infastidito dalle qualità del suo allievo, abbia a poco a poco abbandonato la pittura tanto il discepolo sorpassò il maestro.Tuttavia, Leonardo restò sempre in ottimi rapporti con il Verrocchio, che continuò a frequentare dopo aver lasciato lo studio per stabilirsi in proprio. Ha vent'anni. È l'epoca in cui si lega con Botticelli e frequenta tutti i centri artistici dì Firenze.Questi contatti sono necessari, poiché in quel tempo la teoria e le ricette artistiche erano trasmesse oralmente, i manuali non esistevano ancora, se si eccettua un "Trattato degli Artigiani" scritto nel 1437 da Cennino Cennini e che era la bibbia degli apprendisti.È dunque con il frequentare Donatello, Brunelleschi, Alberti, Benedetto dell'Abbaco e tanti altri, che Leonardo giunse alla maturità artistica.Tuttavia il suo studio, aperto nel 1466, non ha il successo che gli compete. Non occupandosi di politica, è ignorato dai Medici, al punto di non essere considerato fra i migliori artisti toscani chiamati a decorare il Vaticano.Aggiunta a una accusa di omosessualità che l'aveva messo all'indice, questa indifferenza dei Medici lo spinse a cercare un'altra protezione.Parte per MilanoLa trova nel 1482 a Milano presso il potente Ludovico Sforza, e lascia la sua cara Firenze per la capitale lombarda. Ci resterà vent'anni riscontrandoci un successo e una gloria che fino ad allora lo avevano amareggiato. Leonardo ha trent'anni. Questo sarà per lui il periodo creativo più fecondo e più entusiastico.Curiosamente nominato "ingegnere ed Esperto Militare" da Sforza, si occupa di tutto e lascia esplodere la sua universalità: pittore, architetto, ingegnere meccanico di genio, sarà il "Grande Maestro delle Feste" di corte.Tuttavia non tarderà ad accorgersi che il suo protettore, nonostante l'ascoltasse con compiacenza, non dà mai caso ai suoi progetti visionari, preferendogli confidare la realizzazione di una sala da bagno per una delle sue favorite! Nonostante ciò Ludovico gli comanda una gigantesca statua equestre destinata a glorificare il suo regno. A questo progetto megalomane del "cavallo" Leonardo lavorerà per sedici anni, inventando delle macchine di sollevamento e dei procedimenti di fonderia, ma non realizzando mai altre cose che serie di schizzi, affascinanti ma inutili.Nel 1490 si trova già del ruolo di Maestro di cerimonia senza commesse ufficiali, e per di più mai pagato dal suo protettore che si rivela un meschino mecenate.Si lega, in quel periodo, ad un personaggio equivoco, un bel giovane di nome Salaï, che sostenterà e proteggerà per venticinque anni!Nel 1499, quando Sforza, battuto dai Francesi, viene rovesciato, Leonardo disincantato e pressoché povero, gli venivano due anni di salario, lascia Milano e si rifugia a Firenze.Il ritorno a FirenzeDi questi diciassette anni passati presso il Duca, non riporta che molte delusioni e una grande quantità di bozzetti, testimonianza dei suoi progetto interrotti.Passando per Venezia e Mantova, arriva, nel 1500, nella capitale toscana, accompagnato dal suo inseparabile Salaï, alla bisognia paggio e assistente.Come è cambiata la città di Leonardo! Una volta morto Lorenzo, i Medici furono cacciati. Dopo una crisi di puritanesimo acuto, il monaco mistico Savonarola è stato bruciato già da due anni (1498).Lo splendore e l'effervescenza dei Quattrocento non sono altro che ricordi.Verrocchio e i suoi contemporanei sono morti, l'esuberante vivacità delle città brulicanti di idee e di fasti ha lasciato il posto a impellenti necessità.E soprattutto, i venticinque anni raggianti di Michelangelo, nuovo idolo artistico della città, eclissano i quarantotto anni sofferti di Leonardo. Tuttavia viene ricevuto e alloggiato al "Convento dell'Annunciazione" dove lavora a un quadro comandato dai Religiosi.Diventa ingegnere

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Ma presto ne parte per mettersi al servizio dei nuovo uomo forte d'Italia, Cesare Borgia, di cui diventa per otto anni l'ingegnere Militare.Durante una campagna a Urbino fa la conoscenza di Machiavelli, Cancelliere Fiorentino con il quale lega amicizia.Si è discusso su questa sottomissione ai Borgia. Senza dubbio Leonardo vedeva in Cesare, che Machiavelli prese per modello nel "Principe", il solo capo capace di unificare l'Italia, spezzettata e tiranneggiata in una moltitudine di micro-regni e di influenze straniere. È un nuovo insuccesso e Leonardo rientra a Firenze (1504) dove Machiavelli gli ha ottenuto l'incarico, unicamente a Michelangelo, della "Battaglia d'Anghiari", celebrante la vittoria dei Fiorentini sui Milanesi nel 1440. Ma nel 1506, alla richiesta dei Francesi che controllavano Milano, parte per questa città dove incontra Melzi, il suo più fedele discepolo. E ormai sotto la protezione di Luigi XII che lo nomina "Pittore e ingegnere dei Re" fino alla disfatta dei Francesi a Pavia.Massimiliano Sforza è regnante ormai a Milano e Leonardo cerca una volta di più un nuovo asilo e un nuovo ospite. Parte per Roma dove soggiorna dal 1513 al 1516; il nuovo Papa Leone X, che è un Medici, lo accoglie con benevolenza. Gli comanda anche un quadro. Ma prima di tratteggiare un minimo d’abbozzo, Leonardo si preoccupa d'inventare una nuova vernice! Quest'uomo non finirà mai niente!, sentenziò il Papa che così si disinteressò di lui in favore di Raffaello, nuovo ragazzo destinato alla gloria.Lascia la pitturaDa allora Leonardo che non dipinse più, accumulò ancora schizzi e progetti, realizzando i suoi famosi disegni dei "Diluvio", visione apocalittica dell'universo e della morte che arriva a sfiorarlo con un primo attacco fugace ma devastante, lasciandogli una mano semi paralizzata. L'appello di Francesco I, l'unico suo vero amico potente, reclamandolo ad Amboise, lo salva da una fine miserabile.Verso la Francia e la morteParte per la Francia nel 1516 con l'inossidabile Salaï e il fedele Melzi. Nei suoi bagagli, l'impressionante accumularsi dei disegni e dei libretti che rappresentano il suo reale testamento intellettuale."Architetto dei Re"; visse principalmente nel maniero di Cloux a un chilometro dal Castello d'Amboise, al quale era collegato per mezzo di un sotterraneo che il focoso Francesco I, suo più sincero ammiratore, chiedeva sovente in prestito per rendergli delle visite rispettose e passionali. In un ultimo impeto vi progetta di rendere navigabile la Loira e i suoi affluenti, regolamento le feste di Biois e quindi si spegne il 2 maggio 1519, stroncato da un ictus cerebrale.L’eredità di LeonardoMelzi, suo legatario universale, eredita disegni e libretti dei Maestro, favolosa e temibile eredità.Uno dei paradossi più inaspettati dell'opera di Leonardo è che la popolare notorietà dipende dalla sua fama di pittore. Infatti, non ha eseguito in tutta la sua vita che una trentina di quadri, di cui solo una dozzina sicuramente suoi, senza dubbi di autenticità.Ancora molte di queste tele non furono mai terminate e una buona parte non sono giunte a noi, perse nelle traversie della sua instabile esistenza o vittime delle sue audaci e spesso catastrofiche sperimentali invenzioni tecniche.La sua opera essenziale non è dunque quella del pittore, ma del pensatore umanista e dell'ingegnere universale che osservava tutto per spiegare tutto.Alla sua morte lasciò un'enorme quantità di note e disegni, riguardanti tutti i campi della percezione e della conoscenza.I suoi appunti di un "Trattato di Pittura", di un libro sulle ombre e la luce, di un manuale di fonderia, di opere di matematica; anche loro, come tanti altri progetti, restarono incompiuti.Ma soprattutto una quantità impressionante di schizzi sparsi, redatti disordinatamente sulle pagine di innumerevoli libretti o anche su vari tipi di fogli volanti, di vari colori e dimensioni.

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Erano sempre accompagnati da abbondanti note, tracciate a penna nella strabiliante scrittura rovesciata utilizzata da Leonardo in tutti i suoi scritti personali e leggibile rovesciandola con uno specchio.Non avendo mai imparato il latino, veicolo del pensiero dell'epoca, redigeva i suoi commentari in italiano popolare.Fu forse per una forma di ermetismo o di sicurezza che aveva adottato questa procedura originale di trascrizione che impediva di comprendere il testo a una lettura normale? A meno che non fosse per il gusto del mistero e del fantastico che coltivò per tutta la vita.Sempre i libretti e i disegni sono di una rimarchevole precisione e di un estetismo assoluto, unione della necessità matematica alla ricerca inconscia di una bellezza plastica facente parte del suo essere profondo.Per Leonardo il grafismo è un mezzo d'espressione, una scrittura, un linguaggio più preciso delle parole. Il miglior mezzo e il più fedele per trasmettere idee e sensazioni. Nonostante il carattere apparentemente disordinato dei suoi libretti, si rivela uno specialista di impaginazione, ripartendo nello stesso foglio note e disegni in modo da mettere in evidenza la plasticità e la dinamica dei tratti che quasi si animano sotto gli occhi.È nel periodo milanese, che sarà il più creativo e nel quale ammucchierà un'incredibile quantità di idee, in cui il disegno diventa testimone e depositario.Ma lungo il corso della sua vita, e fino agli ultimi giorni, non cesserà mai di disegnare né di scrivere.Schiacciato dalla mole delle responsabilità e dall'eccesso di lavoro, Melzi impiegò cinquant'anni a tentare di gestire la favolosa eredità, in Lombardia, nel castello familiare di Vaprio.Ci si può stupire che non sia riuscito a trarre una sintesi efficace, dato che aveva vissuto in intimità con Leonardo per tanti anni, lavorando con lui ai suoi progetti e conoscendo i suoi obiettivi e le sue profonde motivazioni.Ci sono due possibili spiegazioni a questa impotenza: sia che la gigantesca disordinata massa di documenti che doveva mettere a posto e ordinare abbia scoraggiato e surclassato Melzi, sia che il sospetto di eresia e di sovversione, che da tempo circondava gli scritti filosofico-scientifici, abbia impedito la loro pubblicazione.Quanto al figlio di Melzi, si disinteressò totalmente dell'eredità e cosi le preziose raccolte andarono perdute, rubate o vendute: in ogni caso disperse.Il Codice AtlanticoUn certo Pompeo Leoni, tuttavia, ritrovò dieci volumi e li trattò in Spagna. Fu lui che mise insieme - tagliando e incollando - la raccolta di Windsor, raggruppando i disegni anatomici e il "Codice Atlantico" dedicato alle macchine. Ma tutto ciò alla rinfusa e senza ordine cronologico.Cosi che bisogna attendere la fine dei XIX secolo per vedere riunite e studiate le note e i disegni di Leonardo che sono sopravvissuti a queste vicissitudini. Non rappresentano che un terzo del totale del suo lavoro.Considerandoli ai nostri giorni, possono suggerire due sentimenti opposti: un'impressione di insuccesso, di incompiuto, di inutilità davanti a tanti sforzi geniali ma disordinati che giungono a una moltitudine di progetti quasi mai realizzati. Ma anche una grande ammirazione verso questi superbi riflessi, testimonianti una eccezionale facoltà di comprensione universale.Leonardo si avvicina ad Aristotele per questa vastità di interessi, ma si rivela un discepolo di Platone per la sua concezione unitaria del mondo. Tentò la sintesi della vecchia teoria degli elementi (acqua, aria, terra, fuoco) e la sovrapposizione platonica tra il macrocosmo dell'Universo e il microcosmo dell'Uomo.La sua scienzaPer lui la natura è un gigante vivente; così come l'uomo, ella ha la sua respirazione (i venti), la sua circolazione (i mari degli oceani), i suoi movimenti (sismi, cataclismi).

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L'origine delle sue due grandi passioni; conoscere l'anatomia dell'Essere Umano e le forze regolanti le leggi dell'Universo.Per Leonardo, l'essenza di tutta la conoscenza è la matematica. È la base di ogni comprensione, di ogni spiegazione dei fenomeni visibili e dei profondi meccanismi degli esseri e delle cose. È anche l'origine di tutte le costruzioni e creazioni umane. Ma questa concezione arida è subito temperata dalla necessità della rappresentazione visuale di tutto il sapere. Poiché la scienza di Leonardo è una scienza "visualizzata". La pittura e il disegno sono attrezzi grafici che permettono la materializzazione visibile, la rappresentazione pragmatica e concreta delle astratte teorie.Tutto questo porta a una strana sovrapposizione del reale con l'astratto, del pensiero con la vista, dell'arte con la scienza di cui, finalmente, tentò la sintesi.Ciò che potremmo chiamare la "ricerca scientifica" di Leonardo si esercitò in due direzioni molto differenti:1) da un lato lo studio dei fenomeni fisici e delle forze segrete (peso, trazione, ecc.)

condizionanti la statica e la dinamica dei corpi. Il segreto dei mondo delle forze invisibili e astratte;

2) dall'altro, l'osservazione della natura (botanica, geologia, anatomia) costituenti il nostro mondo reale e tangibile.

Non c'è perciò, in queste apparenti divergenze, che la stessa ricerca: le forze delle leggi fisiche astratte condizionano anche la nostra universalità.Lungo i suoi disegni di precorritore o di visionario, si vedono sfilare tutte le basi del mestiere di "ingegnere" venerabile tra tutti, dato che per lui la mano crea e prolunga ciò che ha scoperto lo Spirito.Non c'è campo dell'industria e della meccanica dove non abbia manifestato il suo profetico genio. Che importa se tutto questo non furono che progetti incompiuti o non realizzati! In seguito gli ingegneri italiani hanno potuto, partendo da questi disegni, costruire dei modelli funzionanti perfettamente, apportando cinque secoli più tardi, una eccitante conferma postuma.I progetti idriciE giungendo a Milano che Leonardo ebbe la rivelazione dei grandi lavori d’idraulica. Nella natia Toscana l'Arno aveva sempre "saltellato" tra le colline, mentre il Po era da più di due secoli regolato da dighe che ne controllavano il letto e irroravano la pianura.Con la sua abituale appetenza verso i nuovi problemi che eccitavano la sua curiosità, Leonardo non tardò a proporre le sue soluzioni, spesso sorprendenti per la loro grandezza, sempre originali e realistiche. Certamente, per tutto quello che concerne l'architettura idraulica, aveva sotto gli occhi le antiche opere costruite empiricamente dagli antichi romani: ponti, dighe e acquedotti, per lo più in eccellente stato, disseminati nelle campagne italiane.Ma il suo apporto personale fu, come al solito, la ricerca per la migliore comprensione delle leggi reggenti la statica e la dinamica dei fluidi.Era una straordinaria evoluzione, poiché fino ad allora i sapienti Greci e Antichi, senz'altro turbati dallo sconcertante elemento fluido, non avevano potuto formulare regole, neppure i principi dei suo scorrere.A parte la nozione, evidente e verificabile empiricamente, dei vasi comunicanti, la scienza matematica classica, ferma su geometrie fisse e entità misurabili, era irrimediabilmente inciampata nello studio del comportamento dell'acqua, questo inafferrabile elemento!Leonardo lavorò in due direzioni molto differenti, ma complementari: da una parte le ricerche idrauliche e idrodinamiche, miranti a trarre qualche legge generale elementare, ma indispensabile; dall'altra, i grandi progetti idraulici, applicanti praticamente questi principi.Per comprendere, inizia con l'osservare, poi a sperimentare per verificare le ipotesi teoriche alle quali era giunto con la sua intuizione e le sue constatazioni. Riprendendo il disegno delle prime macchine idrauliche immaginate da Erone di Alessandria nel I secolo d.C. ne trae di colpo due leggi fondamentali sulla statica dei fluidi:

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1) un liquido non esercita la stessa pressione su tutti i punti dei recipiente che lo contiene;

2) più la profondità dell'acqua è grande, più la pressione è forte. E quindi, a pari profondità, è dall'orifizio più stretto che l'acqua sprizza più forte. Lasciando uscire acqua da orifizi di diametri differenti e da altezze diverse, studia la traiettoria dei getto e la suppone deformata dalla pressione atmosferica, come formulerà più tardi Torricelli.

Studia le cascate d'acqua e scopre la loro immensa potenza: l'acqua cade perché pesa e questo "impulso" si traduce in forza d'impatto, utilizzata nelle ruote a pale - antenate delle turbine -, che muovevano ogni tipo di mulino. Si applica alla misurazione delle forze che si esercitano sul fondo dei recipienti, su dighe e sbarramenti. In seguito creò una serie di strumenti di misura che permettono di valutare all'incirca la velocità, la potenza e la portata dei fluidi.Concepì dei tubi internamente spiratati, che si mettevano a girare quando si riempivano dall'alto: se ne serviva anche per misurare la potenza della caduta d'acqua: più giravano veloci e più la caduta era potente.In realtà era affascinato dai fiumi, dalle onde e soprattutto dal movimento delle maree di cui comprese l'immensa riserva di energia. Le pulsazioni del mare gli ricordavano quelle del cuore umano e della circolazione sanguigna.La sua reputazione di idraulico era tale che da tutte le parti lo pregavano di studiare dei progetti di irrigazione o di regolazione dei fiumi. Il suo progetto più grandioso fu la regolazione dell'Arno per renderlo navigabile da Firenze al mare, e deviarlo da Pisa, città rivale.Per questa occasione realizzerà notevoli studi, soprattutto una rappresentazione del bacino dell'Arno che prefigura la moderna cardiologia. Chiuse, cascate di cui utilizzava l'energia, sponde regolabili, laghi artificiali di regolazione, tutto era previsto. Altra idea grandiosa, il piano di un canale collegante Milano con il lago di Corno, comprendente una chiusa gigantesca alta 30 metri.Propose anche ai Veneziani la costruzione di una gigantesca diga a saracinesche che avrebbe permesso di annegare l'Armata Turca accampata nella piana.Fino alla fine dei suoi giorni queste realizzazioni lo appassionarono al punto da fargli progettare nel suo esilio di Amboise, la regolazione della Loira e del Cher per renderli navigabili.È senz'altro evidente che, per tali imprese, tutto l'arsenale idraulico nato dall'immaginazione di Leonardo e riportato sui suoi blocchetti di disegni, trovava la sua applicazione.Scartabellando tra questi blocchetti, vi si scopre una favolosa esuberanza di idee, che vanno dalla più perfezionata macchina all'oggetto più insolito. I canali posero numerosi problemi di scavo, di manutenzione e di utilizzazione. Per scavarli non si disponeva che di badili e di braccia. Leonardo immaginò una enorme scavatrice mossa da un argano per migliorare la regolarità e la rapidità del lavoro. Tutti i dettagli sono sistemati: vie di alaggio, scale di controllo, abitazione per i guardiani.Nei suoi disegni si vedono apparire le chiuse, capaci di compensare delle differenze di livello e rendere il canale facilmente navigabile.Trattasi di chiuse a porte solidamente ancorate agli argini dei canale e accessibili da due scale per la manovra. Ricordano curiosamente le moderne chiuse. Un bozzetto più preciso di una porta mostra il dispositivo, sistemato alla base dell'anta, che permette di pareggiare le pressioni a monte e a valle per rendere possibile l'apertura della chiusa.La manutenzione dei canali era ugualmente prevista: la draga era costituita da una grande ruota girante sul suo asse e montata su un pontone tra due barche facenti da galleggianti. Il prodotto del dragaggio era automaticamente diviso su altre due barche ormeggiate a questo pontone galleggiante.

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Altrove disegnò un altro tipo di draga: si tratta di una sorta di rastrello gigante, raschiante il fondo dei canali, tirato da due ruote fissate a una piattaforma galleggiante, anche questa solidamente ancorata.Ci sono pompe di tutti i tipi. Dapprima, delle semplici noria, immense ruote a pala, molto simili a quelle che si possono vedere ancora oggi. Erano utilizzate per l'irrigazione delle terre. Ma anche di quelle più sofisticate.Sia che si tratti di ruote a secchi, azionate da contropesi e scaricanti il loro carico liquido in un sistema di canaletti; sia che architetti tutto un sistema di elevazione, montante l'acqua in grandi recipienti da dove ripartirà per mezzo di una serie di scale a secchi, azionate dalla immancabile ruota dentata. Leonardo fu uno dei primi a utilizzare la formidabile potenza dell'acqua. Il punto di impatto sulle ruote a pale liberava una insospettabile energia.L’impiego dell’energia idricaImmaginò anche una dozzina d’applicazioni del mulino ad acqua: per macinare cereali, azionare segherie di legnami o di marmi e anche filare la seta, fabbricare polvere da sparo o azionare i frantoi per impastare la carta.Sopra e sott’acquaLasciando libero corso al suo delirio creativo, Leonardo realizzò ogni sorta di folle idea: scafandri per esplorare i fondali dei porti e gli scafi delle navi; respiratori che permettevano l'immersione, guanti da nuotatore che facevano aumentare la potenza e la velocità di nuotata; sbalorditive calzature per camminare sull'acqua e anche boe di sostentamento e giubbotti di salvataggio.Sognò anche una sorta di "campana" sommergibile, antenata del sottomarino che permetteva sia di sostentare le proprie navi che di affondare quelle del nemico. Nel frattempo metteva a punto un ingegnoso dispositivo di serbatoio d'aria, facile da agganciare alle navi incagliate per recuperarle.È soprattutto, la sua voglia di comprendere le leggi dell'Universo, lo spinse a voler valutare, controllare queste forze e le potenze che utilizzava: studiò tutti i fenomeni naturali provocati dall'acqua; l'umidità, le nuvole, il vapore, i flutti, le maree. Inventò delle macchine per misurarle e per meglio prevederle. Per la prima volta nella storia dell'uomo si cominciò ad indagare nei problemi dell'Universo liquido.Il voloEcco uno dei campi dove Leonardo ci appare ancora oggi come il più sorprendente e il più profetico.Tuttavia l'idea non era né nuova né originale, aveva più genio inventivo a concepire il posizionamento su due ruote di una bicicletta che cercare di realizzare il vecchio sogno di lcaro.Perché volare fu sempre l'ambizione degli uomini. E l'avventura di lcaro, che scappò dal labirinto di Creta grazie a un paio di ali attaccate al suo corpo, appariva molto simbolica per questa incrollabile speranza.Non bisogna tuttavia dimenticare che nel XV secolo, nonostante l'effervescenza scientifica dei ricercatori dei Rinascimento, alcune delle nozioni base dell'aerostatica, dell'aerodinamica e dell'aeronautica, che sono le basi tecniche dei volo, non erano conosciute.Tutt'al più, per il verso della resistenza dell'aria, scoperto e spiegato da Leonardo in modo preciso, l'idea di "portanza" dell'aria era accettata come elemento essenziale di questa ricerca.Le ricerche di Leonardo non mancarono quindi né di coraggio né di arditezza, essendo anche, per quell'epoca, un'autentica sfida.Ricordiamoci che bisognerà attendere il 1783 per vedere, a Annonay, salire la prima mongolfiera portata dalia forza ascensionale dell'aria calda, conosciuta e utilizzata in altre occasioni da Leonardo.Ma non fu che nel 1890 che apparve il primo "aereo".

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Questi quattro secoli di ricerche infruttuose minimizzano e rendono normali gli insuccessi di Leonardo, lasciando sussistere l'ostinazione dei suoi sforzi e il genio premonitore delle sue ingegnose soluzioni di visionario.E nel corso delsuo soggiorno milanese e del suo secondo periodo fiorentino che fece i suoi primi bozzetti e scrive i suoi primi appunti su questo soggetto tutto nuovo e all'avanguardia a quel tempo.Gli sembrò di colpo chiaro che bisognava partire dal volo degli uccelli per risolvere il problema. Sembrava logico in effetti cercare di carpire il favoloso mistero delle loro ali per trasportarlo in elementi meccanici. I disegni che li rappresentano sono straordinari: di fronte, di profilo, di tre-quarti, tutti gli atteggiamenti e le posizioni sono analizzati, sezionati, in seguito riprodotti. Questa fantastica serie disegnata, si anima e vive, superba di poesia e precisione, simile a una serie fotografica dove il battere delle ali è fissato immagine per immagine. La tecnica è perfetta ma lo studio è sbagliato.Tuttavia, durante un quarto di secolo, Leonardo si accanì, si ostinò a costruire delle ali meccaniche copiate su quelle dei pipistrelli che considerava come la base essenziale di tutte le macchine volanti.Mai si scoraggiò nonostante la costanza degli insuccessi. Fu veramente cosciente di questi suoi insuccessi?Alcuni pensano che abbia potuto dedicarsi a veri collaudi, nel qual caso è evidente che si sia reso conto dell'impossibilità di far decollare le sua macchine.Ma è anche possibile che si sia accontentato di ideare dei meccanismi sempre più complicati e sofisticati, solo per la soddisfazione d'accumulare il massimo delle soluzioni possibili. Ammirabili sogni, superbe invenzioni che portarono a niente.Traduzioni meccaniche derivate direttamente dall'osservazione naturale, stupefacenti assemblaggi d’articolate nervature e di piccole bielle mobili; il tutto evoca irresistibilmente una dissezione di marionette mosse da cavi e leve.Il più significativo di questi disegni è senz'altro un'ala gigante di pipistrello, fedelissima, mossa da un'enorme leva manovrata da un uomo.Quest'ala era senz'altro destinata allo studio dei battiti ottenuti, probabilmente per compararli a quelli di un'ala vera.Una volta trasportata l'ala in struttura meccanica, in seguito giudicata corretta la sua dinamica, bisognava includere questo fondamentale elemento motore in un progetto di macchina volante. E qui che i disegni che si succedono possono sembrare tanto deliranti quanto geniali, non senza evocare le illustrazioni di opere di fantascienza dell'Ottocento. Sono molto vicini alle illustrazioni delle macchine volanti di Jules Verne, per esempio in "Robur il Conquistatore".È molto rimarcabile che in tutta una serie di disegni Leonardo, trascurando totalmente il problema portante essenziale per il "motore" delle sue macchine, sembra non preoccuparsi che del loro meccanismo di battimento.Va fino a rappresentarne, spesso in grandi progetti, gli organi meccanici essenziali o un dettaglio particolare delle sue invenzioni. Qui un asse verticale permette di azionare un gioco di pale battenti l'aria con un movimento di va e vieni ascensionale; là un "blocco motore" complesso costituito da due pulegge sulle quali s'avvolge una cinghia terminante con un paio di staffe che si devono calzare o impugnare per muovere quattro pale simulanti un battito d'ali.Ma più interessanti sono le macchine volanti disegnate per intero. Tralasciando allora i dettagli tecnici, l'artista spiega i suoi sogni e le sue visioni dove il delirio poetico oscura la verosimiglianza meccanica.Così, sfinendosi invano nelle traversie di una realizzazione impossibile, il genio creatore di Leonardo, prendendo improvvisamente coscienza dell'impotenza tecnica dell'epoca, lascia campo libero alla sua immaginazione.E si vede apparire nella casualità delle pagine, a volte una sorta di canoa del cielo, dove il pilota deve allungarsi per manovrare un paio di remi battenti l'aria e non l'acqua; a volte una strabiliante plancia contenente il meccanismo volante, posizionato a qualche metro

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dal suolo da dei cavalletti e con una scala che ne permetteva l'accesso; dopo il sospirato decollo, un sistema meccanico permetteva di ritirare la scala e i cavalletti, il primo treno d'atterraggio retrattile dell'aviazione.Tuttavia bisogna ritornare coi piedi per terra e attaccarsi al vero problema: quello dell'energia propulsiva.Perché l'ostacolo era l'assenza totale di potenza energetica sufficiente per sperare in un decollo. E non potevano supplire a ciò gli sforzi muscolari dell'uomo.Leonardo doveva essere cosciente della penosa insufficienza del muscolo umano, sola forza motrice che possedeva.Aveva ben fatto, utilizzando al massimo le sue "ricette" meccaniche, dei prodigi di demoltiplicazione e di trasmissione, ma non arrivò che ad accrescere il peso dell'apparecchio a forza d’ingranaggi e di leve, soprattutto se si tiene conto dei materiali dell'epoca.Aveva bisogno di una potente energia motrice che non esisteva ancora.Quindi, cosa pensare degli schizzi di "pilota" che si vedono qua e là nei disegni di Leonardo; credeva veramente che un uomo azionante una leva destinata a muovere delle pale irrisorie potesse realmente far decollare il suo apparecchio? Pensava che questi quattro infelici sospesi sotto "un'ala volante" che pedalavano disperatamente per farla battere potessero essere capaci di staccarsi da terra? Sperava che i due forzati, incatenati ad un'enorme ruota che avevano, il compito di far girare come degli scoiattoli in una gabbia, potessero elevarsi nell'aria?E che dire di questo pilota, bloccato all'interno della sua macchina a forma di coppa montata su due scale, dove il compito sovrumano era quello di provocare il battere di; un paio di remi che supponeva potessero farla volare?Ci sembra impossibile che Leonardo sia caduto in questo e non si sia reso conto che fosse fuori questione che dei bicipiti o dei polpacci, potessero un giorno strappare una di queste macchine, alla forza della gravità che le tratteneva irrimediabilmente al suolo.Ne era anche, talmente convinto che improvvisamente lo si vede cambiare di direzione nelle sue ricerche.Non potendo battere l'aria con le sue ali artificiali, iniziò a studiare la portanza naturale dell'atmosfera. Basando le sue deduzioni sull'analisi dei volo planare degli uccelli e della caduta delle foglie, determina e misura i componenti aerodinamici dell'aria, inventando anche degli strumenti per meglio valutarli: i primi anemometri, barometri e inclinometri della storia dell'aeronautica.Fu allora che sfruttando i nuovi dati di queste nuove osservazioni, fece veramente opera di precursore, presentando senza equivoco le future possibilità del volo a vela, del deltaplano e anche del paracadute.In effetti, un famoso disegno, caricaturale ma suggestivo, mostra all'evidenza un uomo sospeso a uno strano paracadute piramidale, poco convenzionale ai nostri occhi, ma capacissimo di funzionare. Questo paracadute è stato sperimentato realmente nel 2000 in Australia. Un pilota collaudatore con il paracadute di Leonardo, appesi ad un pallone aerostatico sono stati trasportati a 4000. Una volta liberi è iniziata la discesa frenata, conclusa con lo sgancio del paracadute di Leonardo e l’apertura di un moderno paracadute ad ala.Perché Leonardo, se non poté risolvere il problema dell'energia motrice necessaria a ogni decollo, controllò perfettamente per contro le teorie della portanza" dell'aria che già utilizzò nelle sue esperienze idrauliche e balistiche.Quindi, lasciando volontariamente il problema insolubile della propulsione, concepì e disegnò quello che rappresenta certamente la sua visione più profetica: il suo progetto di elica aerea.I due dischi sovrapposti, azionati da un meccanismo rotatorio misterioso, non sono altro che la prefigurazione dell'elicottero.È certo che l'insuccesso aeronautico di Leonardo fu causato dalla mancanza di forza energetica che rese improduttivo meccanicamente la sua epoca.

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Con le nostre moderne fonti d’energia Leonardo, in questo campo completamente nuovo della locomozione aerea, si sarebbe senz'altro avvicinato di più alle soluzioni finalmente adottate quattro secoli più tardi.Elementi di meccanicaQuindi, disilluso o ragionevole, lo troviamo a scarabocchiare nei suoi blocchetti delle classicissime ma molto efficaci silhouette di mulini, utilizzanti la forza dei vento che l'aveva sfidato."La meccanica è il paradiso dei Matematici". Questa frase di Leonardo spiega la posizione privilegiata che egli diede alla tecnologia, considerata come l'applicazione pratica delle teorie astratte. Ma prima di creare queste famose "macchine" che saranno la trasposizione, a livello dell'ingegnere, dei sogni del sapiente, si dedicò a concretizzare ogni legge e principio di fisica generale.Svelò anche un gran numero "di elementi di meccanica", attrezzi semplici nati direttamente dalle constatazioni scientifiche e facenti parte della composizione delle "macchine" come gli ingredienti nella realizzazione di una ricetta.E si vede, sparpagliata sui fogli, la materializzazione grafica di questi elementi meccanici: viti, chiavette, argani, pulegge, giunti, molle, paranchi, ingranaggi, leve, catene di trasmissione, pistoni, ruote dentate, pignoni e altre configurazioni meccaniche fioriscono in ogni pagina dei "Codice", ricevendo sovente più interpretazioni (si sono potute contare sessantasette sistemi differenti di bielle a manovella per passare dal movimento circolare al movimento alternato o continuo di va e vieni).Così, studiati, disegnati, compresi, sono immediatamente applicati alla soluzione dei problemi di meccanica generale condizionanti la realizzazione delle più complesse macchine.I procedimenti di sollevamento, la trasmissione dei movimenti, sono alla base di ogni studio. Due punti lo appassionano in modo speciale: la trasformazione del movimento alternato di va e vieni in un movimento circolare e il suo contrario; la demoltiplicazione, permettente di accrescere all'infinito la potenza della forza applicata.Avendo la profonda conoscenza di questi elementi essenziali di meccanica generale, poté lanciarsi nei suoi sogni sfrenati di ingegnere visionario e, spesso, profetico.Ma già aveva percepito uno dei suoi limiti: Ia povertà energetica deIl'epoca, al punto di tentare di scoprire altre fonti, per esempio il vapore. Si rimane a sognare pensando a quello che avrebbe potuto inventare se avesse avuto a disposizione le nostre fonti energetiche.Nella rappresentazione di questi elementi meccanici di base è sorprendente la precisione, le maglie delle sue catene di trasmissione sono identiche a quelle delle nostre moderne biciclette, i suoi ganci a sbloccaggio automatico sembrano tratti da un moderno catalogo.Mise anche a punto dei cuscinetti a sfera, tra cui un cardine conico a tre sfere, "reinventato" nel 1920; nonché un sistema di cuscinetti a dischi evocatore delle attuali frizioni.Fondamentalmente, Leonardo ingegnere delle Arti e Mestieri, è il vero padre della macchina utensile. Ma non volgeva i suoi apporti al caso. L'Italia dei Rinascimento traboccava di un'attività artigianale febbrile da cui scaturisce la prosperità soprattutto di città come Firenze e Milano. Ma erano attività tradizionali, basate su procedimenti ancestrali lenti e penosi.Per aumentare il rendimento, che Leonardo tenta di trasformare con l'automazione, la maggior parte delle operazioni ancestrali del periodo, facendole passare ad uno stadio veramente industriale.Ci si può stupire allora che la maggioranza di questi progetti siano rimasti allo stato di abbozzi: quasi tutti perfettamente realizzabili e economicamente redditizi, furono in effetti "riscoperti" qualche secolo più tardi.

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Questa sterilità nel completare le cose fu causata soprattutto dal carattere di Leonardo: curioso di tutti i problemi posti al pensatore e all'ingegnere, non si interessò altro che alla loro soluzione, abbandonandoli appena li aveva compresi e risolti con un disegno.Nonostante il grande bisogno di denaro che lo attanagliò per tutta la vita, non cercò mai di rendere funzionanti le sue macchine per trarne un legittimo profitto personale.Sappiamo che si è potuto, partendo da questi disegni, costruire dei meccanismi perfettamente funzionanti che proponiamo quale lavoro pratico.Innumerevoli, le macchine utensili impongono una scelta fondata sulla loro originalità e l'interesse delle loro applicazioni pratiche. La macchina per intaccare le lime fu la prima invenzione di Leonardo (1480). Fino ad allora le raspe e le lime utilizzate per lavorare il legno e i metalli, erano fabbricate e scolpite a mano con un martello e un bulino. Ogni sezione della macchina era costituita da un martello pesante, mosso da una ruota dentata azionata da un contro-peso. A ogni rotazione il martello ricadeva sulla lima che avanzava con lo stesso ritmo.Bisognava attendere l'inizio del secolo scorso per vedere adottare questa procedura. Lo stesso principio fu applicato da Leonardo alla concezione di una macchina per stampare un nastro d'oro o di stagno da un laminato.Lo sviluppo della meccanica impose la messa a punto di processi che permettessero la fabbricazione rapida di certi pezzi.Sui bozzetti il cilindro per alesare è saldamente mantenuto in posizione verticale da alcune morse, in asse con una levigatrice costituita da un tamburo a solchi ricoperto di una mistura abrasiva di olio e polvere di smeriglio. Mosso da un movimento elicoidale, il tamburo spalma l'abrasivo e lucida senza sosta le superfici da levigare.Leonardo ha concepito numerosi tipi di "laminatoi", per trafilare o assottigliare i differenti metalli utilizzati nelle industrie di quel tempo.Per assottigliare in nastri o in fogli, faceva passare i metalli tra due pesanti cilindri di pressione. Per trafilarli in fili o lame, li sottoponeva a enormi trazioni ottenute mediante la demoltiplicazione di enormi ruote.In tutti questi casi impiegò innovazioni tecniche, come i cuscinetti a sfera e un sistema di ruota libera a nottolino per il maneggio di leve e manovelle facilitante considerevolmente le manovre e riducente al massimo le dispersioni di potenza causate da imprevisti attriti. Lo stagno, il rame, il ferro e anche i metalli preziosi potevano essere sottoposti a questo trattamento.Lo sviluppo considerevole dell'artigianato tessile, gemma delle ricche città del Rinascimento italiano, portò Leonardo a cercare l'automazione delle principali operazioni preparanti o effettuanti la tessitura propriamente detta.Concepì una macchina per accordellare la canapa: una macchina per bobinare i fili regolarmente: un movimento alternato di va e vieni permetteva un arrotolamento omogeneo su tutta l'altezza del rocchetto con un sistema ad albero bilanciato.E soprattutto una tenditrice di tessuti: la stoffa tesa su un telaio di legno, veniva automaticamente tagliata da un paio di lame enormi. Come per la maggioranza di queste invenzioni, l'accoppiamento di più parti permetteva un rendimento quasi industriale. Al contrario, esiste un bozzetto di "garzatrice", apparecchio che poteva rendere artificialmente lanugginosi i ricchi drappi tessuti a raso.Immaginò anche, utilizzando un principio d'ottica, di rendere più luminosa la luce di una lampada a olio trasmessa tramite un globo di vetro pieno d'acqua a guisa di lente d'ingrandimento.Anche piallatrici per il legno posizionate su giganteschi banconi. E soprattutto trivelle. Le canalizzazioni all'epoca erano fatte con tronchi incavati manualmente: la corteccia, saldamente mantenuta in linea da una mascella d'acciaio, veniva scanalata in cilindri regolari da un'enorme punta verso la quale il tronco avanzava trascinato da un peso e da ingranaggi demoltiplicatori.Gru, argani e paranchi, disseminati nelle pagine dei libretti, rivaleggiano in potenza grazie a una sofisticata demoltiplicazione.

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Questo elenco non è che un campione di idee rivoluzionarie di Leonardo. Ogni raccolta di disegni ne contiene altre dozzine: macchina per affilare gli aghi con l'aiuto di cinghie di cuoio, che egli pensò, con il suo grande rendimento, potesse portargli sessantamila ducati all'anno!Macchina per la fabbricazione di viti metalliche a passo regolare; macchina per rimettere automaticamente in posizione di lavoro le presse delle nascenti stamperie di cui l'Italia era uno dei grandi centri europei.Ricerca di fonti energeticheImmaginò una curiosa macchina, una semplice piattaforma con quattro ruote, azionata dall'allineamento successivo di numerose molle moventi un complesso d’ingranaggi. Quando una delle molle si distendeva, il "conducente" rimontava l'altra, in modo da ottenere, teoricamente, un movimento continuo e regolare.Ma se si pensa che l'operatore doveva, oltre alla manovra delle molle, assicurare la direzione della macchina per mezzo di una quinta piccola ruota timone, si resta perplessi di fronte all'orgia di energia - quella muscolare - che imponeva il pilotaggio di un tale prototipo. Più semplice e razionale, al contrario, era la concezione della prima bicicletta, rappresentata con una forma molto vicina alle attuali. In legno, con un manubrio, una pedaliera con catena di trasmissione, implica una straordinaria potenza immaginativa e creatrice capace di concepire un tale congegno mobile in equilibrio su due ruote, autentica visione profetica e fantastica alla Jules Verne.L’orologioL'interesse di Leonardo per tutto ciò che era strumento di misurazione lo condusse ovviamente a occuparsi di quella del tempo.La sua maestria nei complessi sistemi di ingranaggi, molle e contro-pesi, gli dischiuse questo campo infinito di realizzazione meccanica.Dalla sua penna nascono bozzetti di clessidre, di meridiane e sofisticati meccanismi, tanto bene applicabili agli orologi che agli automi.Non solo disegnò, per analizzarli, tutti gli organi degli orologi dell'epoca, ma li perfezionò orientando il suo apporto verso la precisione e la regolarità del movimento.Tutte queste acquisizioni gli permisero di realizzare, e questa volta realmente, dei giocattoli meccanici spesso giganteschi, come il leone-automa, creato poco prima di morire, per una festa in onore di Francesco I: il leone avanzava verso il re e apriva il petto per lasciar scaturire una bracciata di fiori di giglio.Una delle ultime invenzioni effettivamente messa in opera nel suo ultimo soggiorno d'Amboise fu una sveglia particolarmente originale e insolita: un recipiente si vuota in un altro tramite un filo d'acqua, come una clessidra liquida; quando il recipiente ricettore è pieno fa peso su una leva la cui forza, amplificata da ingranaggi, solleva brutalmente i piedi di Leonardo!Le macchine da guerraLa prosperità artigianale delle città italiane dei Rinascimento aveva spinto Leonardo a ricercare, con l'automazione delle macchine, un rendimento industriale. Fu a causa della bellicosa rivalità tra le cittadelle erette a micro-stati che si spinse a pensare ai problemi militari. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che i Principi reclamanti i servizi di Leonardo lo legavano alle loro corti con il titolo di esperto e ingegnere militare.Intendevano quindi che egli consacrasse il suo genio inventivo essenzialmente all'accrescimento della loro potenza militare.In realtà, seguendo la sua naturale tendenza, abbandonò strategie e tattiche per non interessarsi che ai problemi d'architettura militare e soprattutto alla creazione di congegni e di armi nuove che implicavano dapprima la comprensione delle leggi balistiche.Nel 1346 a Crécy, gli Inglesi si erano serviti, per la prima volta in Europa, di cannoni che lanciavano palle di pietra per mezzo della deflagrazione della polvere da sparo. Ma non si trattava che di empirismo, e la balistica rimaneva sconosciuta tanto ai sapienti quanto ai militari dei periodo.

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È in questa direzione che Leonardo fa andare i suoi sforzi prima di perfezionare proiettili e armi da fuoco grazie alle "leggi" che scoprirà. In realtà le presentò soltanto, poiché non aveva che il suo occhio infallibile e la sua istintiva intuizione per avvicinare le grandi leggi della balistica.Per primo, enuncia che la traiettoria dei proiettili è una parabola. Misura la forza di penetrazione dei proiettili dimostrando che la penetrazione nel suolo di una freccia lanciata in verticale è proporzionale all'altitudine raggiunta con la forza scaturita dall'allentamento dell'arco. Raggiunge anche, in un esperimento con una palla di cannone tirata da un razzo, l'altezza di 3000 metri, valore fantastico per l'epoca.Si rese perfettamente conto del ruolo essenziale della resistenza dell'aria; ma bisognerà attendere il 1687 perché Newton ne dia delle formulazioni precise.Nonostante questo indiscutibile empirismo, Leonardo lavorò per migliorare la potenza di fuoco degli eserciti dei Rinascimento. Le sue prime trasformazioni sembrano un ammodernamento delle macchine romane e medioevali.Catapulte disposte in serie e liberate dai colpi di mazza da un allineamento di serventi. Fionde giganti tese da molle ultra-potenti, o multiple, lanciate dalla forza centrifuga di un mulinello.Balestre a tiro rapido, impressionante congegno visionario. Un'enorme ruota da scoiattoli è azionata da un gruppo di uomini vigorosi, pedalanti all'infinito su un moto esterno alla ruota per aumentare la loro efficacia. Su ogni diagonale è fissata una classica balestra. Un tiratore situato al centro della ruota spara quando la balestra arriva alla sua altezza. Un sistema di freni permette di rallentare la rotazione mentre una feritoia, sistemata in una incastellatura, facilita la visuale.Balestra gigante, arco smisurato, montato su sei ruote inclinate per assorbire il colpo di rinculo, la base contenente il proiettile è trattenuta da due zeppe; tesa da un sistema di viti senza fine e liberata dal colpo di mazza di un servente.Nello stesso tempo che concepiva le ideali fortificazioni per le inespugnabili cittadelle, Leonardo escogitava il sistema per espugnarle.Realizzò una serie di disegni di scale pieghevoli a rampini, che permetteva di scalare i bastioni, dei ponti articolati che potevano allungarsi per superare i fossati, piattaforme su palafitte e rotelle capaci di conquistare i muraglioni e di aprire il fuoco all'interno delle cittadelle.Nuova venuta, è l'artiglieria che appassionò di più Leonardo. Vi era molto da fare per perfezionare questa nuova regina della battaglia. All'inizio concepì il caricamento dei cannoni dalla culatta e non più dalla bocca.In seguito cercò di raffreddarli più in fretta per immersione in vasche d'acqua corrente. Così che in una batteria di più pezzi, uno si raffredda mentre si carica il secondo e il terzo è pronto a far fuoco.Il problema della velocità di tiro è una delle grandi preoccupazioni di Leonardo. A questo scopo inventò tutta una serie di armi che si potrebbero definire automatiche, raggruppanti sullo stesso affusto una dozzina di cannoni che potevano sparare in successione o simultaneamente, antenate delle nostre prime mitragliatrici.Avendo così modificato le armi, passò a perfezionare i proiettili.Leonardo dimostrò in questo campo l'esuberanza di un'attività tanto folle che profetica: palle da cannone incendiarie, nuovi aspetti dei classico "fuoco greco"; granate truccate, antenate dei gas dei 1914; granate munite di punte cave imbottite di polvere da sparo esplodenti all'impatto, palle cave piene di polvere e indebolite per esplodere alla percussione, disperdendo le schegge polverizzate.Tuttavia, per ottenere il massimo da queste nuove armi e da questi proiettili sofisticati, bisognava avere una pratica messa a fuoco, rapida e sicura. Efficacissimo fu il suo apporto a questo problema.All'inizio perfezionò il vecchio procedimento di messa a fuoco degli archibugi, rendendo simultanei accensione e detonazione, ciò che rese molto più rapido il processo un tempo separato. Ma fece di più e ideò una "ruota" rivoluzionaria, completamente originale: la

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pressione sul grilletto trasporta, tramite una catena, un braccio porta-pirite che accende la polvere.Molto più affidabile della selce, ma più cara, bisognò attendere altri secoli perché questo procedimento venisse adottato nell'armamento. Ultimo sogno profetico, l'idea di collocare questi pezzi da fuoco su delle navi. Un bozzetto mostra una possibile torretta, costruita su un'imbarcazione e gettante una gragnola di bombe su un obiettivo marittimo.Infine l'idea premonitrice di un veicolo blindato, rimpiazzante il cavallo troppo vulnerabile. Questa sorta di tartaruga metallica gigante, montata su quattro ruote, mitraglia in tutta sicurezza. Leonardo dà prova in questo campo militare di un'immaginazione strabiliante, mettendo - come tanti sapienti moderni - il suo genio creatore al servizio della guerra, che egli denunciava già allora come una "bestiale follia".

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