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Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 1- 2011 Lenti a Contatto - Contact lenses Aprile 2011, volume XIII, numero 1 Tra trifogli e comete Cheratocono: tutto quello che mi hanno insegnato a scuola è diventato obsoleto? Performance cliniche delle lenti a contatto morbide giornaliere per il miglioramento del comfort con il patrocinio di Passaggio al Silicone-hydrogel Lenti a contatto nella correzione di aberrazioni di alto ordine residuate da chirurgia refrattiva La guida definitiva per ottenere ottimi risultati con le lenti a contatto multifocali Immagini di lac Tips & tricks In rete

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Sommario

Lenti a Contatto - Contact lensesAprile 2011, volume XIII, numero 1

EditorialeLuigi Lupelli Tra trifogli e comete pag. 3

ArticoliLaura BoccardoCheratocono: tutto quello che mi hanno insegnato a scuola è diventato obsoleto? pag. 4 James Wolffsohn, Olivia Hunt, Ashok ChowdhuryPerformance cliniche delle lenti a contatto morbide giornaliere per il miglioramento del comfort pag. 9

Inma Perez-Gomez, Mark Draper e Cameron HudsonPassaggio al Silicone-hydrogel pag. 12

Fabrizio Sasso, Luigi LupelliLenti a contatto nella correzione di aberrazioni di alto ordine residuate da chirurgia refrattiva pag. 15 Cameron HudsonLa guida definitiva per ottenere ottimi risultati con le lenti a contatto multifocali pag. 22

RubricheFabrizio ZeriImmagini di lac pag. 28

Laura Boccardo Tips & tricks pag. 29

Laura Boccardo In rete pag. 30

Note per gli autori pag. 31

con il patrocinio di

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Lenti a contattoContact lensesCodirettori scientificiL. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma)

Comitato scientifico L. Boccardo (Vinci), A. Calossi (Torino),R. Fletcher (London), A. Fossetti (Vinci),P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma),A. Madesani (Forte dei Marmi), S. Maffioletti (Padova),L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo), G. Montani (Lecce)M. Pastorelli (Novi Ligure), M. Rolando (Genova),A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona),L. Sorbara (Waterloo), M. Zuppardo (Roma),F. Zeri (Roma)

Ringraziamenti Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I. per la collaborazione scientifica

Comitato editoriale O. De Bona (Marcon), G. Graviano (Marcon)M. Lava (Roma)

SegreteriaG. Graviano, O De Bona via E. Mattei, 11 - 30020 Marcon (VE)tel. 041.5939411e-mail: [email protected]

Nome della rivistaLAC

Direttore responsabileMarco Perini

Proprietario testataBieBi Editrice

EditoreBieBi Editrice di Mauro LampoVia Losana, 4 - 13900 Biella

TiraturaQuadrimestrale, 32 pagine

TipografiaArti Grafiche BiellesiVia Biella, 58 - 13878 Candelo (BI)

Registrazione TribunaleBiella, in data 6/5/99 al n. 487Sped. gratuita

Numeri arretratiPresso la segreteria

Lenti a Contatto - Contact lensesAprile 2011, volume XIII, numero 1

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EDIT

ORIA

LETRA TRIFOGLI E COMETE

Luigi LupelliUniversità degli Studi Roma TreDipartimento di Fisica - Ottica e Optometria

Bizzarro mondo quello delle aberrazioni ottiche. Abbiamo sempre saputo che sia l’occhio che le lenti ne erano affette. Per le lenti il problema delle aberrazioni era considerato soltanto a margine dei poteri elevati. Per l’occhio era ancora più semplice: con una certa sufficienza, rafforzata dallo strapote-re quantitativo delle ametropie, per molto tempo abbiamo ritenuto che le altre aberrazioni dell’otti-ca oculare, quelle di ordine più elevato, potessero solleticare più che altro l’interesse dei ricercatori di laboratorio piuttosto che degli operatori sanitari che dovevano prescrivere e fornire occhiali o lenti a con-tatto. Talvolta, in condizioni caratterizzate da un’ot-tica inusuale, come nel cheratocono, ci rifugiavamo nella più rassicurante definizione di “astigmatismo irregolare”.Da poco prima dell’inizio di questo secolo ci stia-mo, lentamente, accorgendo che le cose non stanno così! Stiamo imparando a guardare le aberrazioni, nonostante siano sempre le stesse, con altri occhi. Ora l’ametropia (o defocus) è soltanto una di loro, non è più l’unica e aristocratica imperfezione ottica dell’occhio con interesse clinico. L’imperfezione ot-tica è ora analizzata con delle mappe bidimensiona-li, piuttosto che come semplici distanze di un unico fuoco (o due linee focali) dalla fovea. Oggi la pre-

scrizione ottica può non limitarsi soltanto a definire la combinazione sfero-cilindrica ma può, se necessa-rio, andare oltre.Di questo va dato merito alle necessità impellenti di una procedura di correzione ottica irreversibi-le come quella ricercata con la chirurgia refrattiva. Ora anche la prescrizione di occhiali e lenti a con-tatto può trarre vantaggio, in casi selezionati, dalle informazioni fornite dall’aberrometro oculare per mostrarci in quale parte dell’occhio il fronte d’onda è in ritardo e in quale è in anticipo, cambiando sem-plicemente colore.Ci occuperemo sempre di miopia, ipermetropia e astigmatismo (ci mancherebbe altro!) ma anche di “nuove” imperfezioni, magari dal nome evocativo come trifoglio e cometa (coma), sia nelle forme più nascoste ma anche nelle forme più eclatanti, come quelle causate dal cheratocono o da interventi chi-rurgici, chiedendo aiuto alle mappe aberrometriche e alle loro elaborazioni. In questo senso le lenti a contatto possono assumere un ruolo centrale per-ché in confronto agli occhiali hanno il vantaggio di muoversi insieme all’occhio, mentre in confronto alla chirurgia refrattiva godono di totale reversibi-lità, oltre ad avere la possibilità di poter facilmente modificare la correzione quando necessario.

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Ho frequentato il corso di ottica e quello di optome-tria agli inizi degli anni ’90. Credo di aver avuto oc-casione di seguire uno dei migliori corsi disponibili all’epoca in Italia e di avere avuto degli ottimi inse-gnanti (non lo dico solo perché sono tuttora legata a loro da vincoli di amicizia e affetto). Eppure un paio di mesi fa, in Spagna, mentre partecipavo ai lavori di un congresso sul cheratocono,1 ho avuto un momen-to di smarrimento: possibile che tutto quello che mi hanno insegnato a scuola sia diventato obsoleto?Partiamo dalla definizione classica di cheratocono. Sono andata a cercare in alcuni testi che sono pilastri della scienza optometrica, contattologica e oftalmo-logica. Krachmer e coll.2 in un articolo del 1984, de-finiscono il cheratocono come “un’ectasia asimme-trica, non infiammatoria e progressiva della cornea, caratterizzata dall’assottigliamento, l’incurvamen-to e perdita di trasparenza della cornea centrale”. Questa definizione è citata da Bennet e Weissman in Clinical Contact Lens Practice3 e da Benjamin in Borish’s Clinical Refraction.4 Anche il trattato Cor-nea di Krachmer5 classifica il cheratocono come una patologia non infiammatoria. Studi recenti dimo-strano invece che nella patogenesi del cheratocono

possono essere coinvolti eventi infiammatori e che, in particolare, la degenerazione del tessuto corneale è le-gata all’espressione di mediatori infiammatori, come citochine e MMP-9 (matrix metalloproteinase 9).6 Al di là dell’importanza teorica, legata alla semplice definizione di cheratocono, pensare ad un’eziolo-gia infiammatoria della patologia, che è comunque multifattoriale e coinvolge fattori genetici,7 potrebbe aprire nuove strade farmacologiche al trattamento, Ricevuto il 17 febbraio 2011, accettato il 3 marzo 2011

PAROLE CHIAVE: cheratocono, lenti a contatto, anelli intrastromali, cross linking, cheratoplastica

CHERATOCONO:TUTTO QUELLO CHE MI HANNO INSEGNATO A SCUOLA è DIVENTATO OBSOLETO?Laura Boccardo*Istituto Regionale di Studi Ottici e Optometrici, Vinci, FI

Figura 1Analisi computerizzata della forma della cornea in un paziente affetto da cheratocono: mappa dello spessore corneale, mappa della curva-tura tangenziale della superficie anteriore; mappa di elevazione della superficie anteriore; mappa della curvatura sagittale della superficie anteriore; mappa della curvatura tangenziale della superficie poste-riore; mappa di elevazione della superficie posteriore.

La ricerca nel trattamento del cheratocono ha fatto negli ultimi anni notevoli progressi. Durante il Congresso Internazionale sul Cheratocono, che si è svolto a Baiona (Spagna) lo scorso novem-bre, ricercatori e clinici hanno fatto il punto sulle tecniche più attuali nella diagnosi e nel trat-tamento di questa patologia corneale. A differenza di ciò che si riteneva in passato, studi recenti dimostrano che nella patogenesi del cheratocono sono coinvolti eventi infiammatori. Per quanto riguarda la diagnostica, l’analisi computerizzata della topografia corneale permette ora una dia-gnosi sempre più precoce e di seguire con estrema precisione l’evoluzione dell’ectasia nel tempo. Negli ultimi anni, poi, si sono aperte nuove possibilità di trattamento, che mirano a ritardare il più possibile il ricorso al trapianto, o prolungando l’uso delle lenti a contatto, o migliorando la qualità ottica della cornea, o rallentando l’alterazione del tessuto. Fra queste, segnaliamo nuovi tipi di lenti a contatto, trattamenti chirurgici conservativi, come l'inserimento di anelli intra-stromali, e irraggiamenti di ultravioletti per rinforzare la trama dello stroma corneale (cross linking). Infine, sono state descritte le più innovative tecniche di cheratoplastica, lamellare e a tutto spessore.

Sommario

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Cheratocono: tutto quello che mi hanno insegnato a scuola è diventato obsoleto?

inoltre potrebbe spiegare perché alcuni fattori come lo sfregamento degli occhi sono legati all’insorgenza del cheratocono.8 Lo sfregamento degli occhi, infat-ti, può provocare microtraumi che comportano la comparsa di mediatori infiammatori e, in soggetti predisposti geneticamente, non si ha un’adeguata modulazione della risposta infiammatoria, dando così inizio al danno tissutale, in particolare al livello stromale, che porta all’apoptosi cellulare e all'inde-bolimento della cornea.9

Passiamo ora a parlare della diagnostica. Vent’an-ni fa il cheratocono si diagnosticava e si graduava basandosi sull’oftalmometria, la schiascopia, la che-ratoscopia e l’esame in lampada a fessura.10, 11 Dopo pochi anni la diffusione della videocheratografia computerizzata come esame di routine per il con-trollo della cornea ha completamente rivoluzionato la diagnostica del cheratocono.12 L’analisi compute-rizzata della topografia corneale ha reso possibile una diagnosi sempre più precoce13 e ha permesso di seguire con estrema precisione l’evoluzione dell’ec-tasia nel tempo.14 Sistemi esperti sono in grado di eseguire uno screening del cheratocono e quanti-ficarne la gravità.15-17 Le più recenti tecnologie di tomografia della cornea, basate sulle Schempflug camera o sulla tomografia a coerenza ottica (OCT), hanno permesso di indagare anche la forma della su-perficie posteriore della cornea, generando mappe di spessore del tessuto, con livelli sempre più elevati di dettaglio nella descrizione della patologia.18

Per quanto riguarda il trattamento, “ai miei tempi” mi avevano insegnato che le uniche cose da fare per il cheratocono erano applicare lenti a contatto finché possibile e poi, eventualmente, fare un trapianto di cornea.19 A quest’ultima soluzione si arriva (ora come allora) o per intolleranza alle lenti a contatto, o per una qualità della visione del tutto insufficiente, o per totale perdita di struttura del tessuto corneale.19, 20

Negli ultimi anni si sono aperte diverse possibilità, che mirano a ritardare il più possibile il ricorso a un trapianto, o prolungando l’uso delle lenti a contatto, o migliorando la qualità ottica della cornea, o rallen-tando l’alterazione del tessuto.Iniziamo ad analizzare le novità nel campo della contattologia. A parte gli stadi più iniziali, la corre-zione con lenti a contatto rimane il metodo di ele-zione per la riabilitazione ottica del cheratocono.7,

21-24 L’applicazione classica in caso di cheratocono, prevedeva l’impiego di lenti piccole, curve e con flange molto aperte.25 Gli applicatori si dividevano fra i sostenitori di tre diverse filosofie applicative: appoggio apicale, per chi puntava alla migliore acu-ità visiva ottenibile; sollevamento apicale, per chi

preferiva sacrificare qualcosa nella qualità della vi-sione pur di non toccare l’apice del cono; o appoggio a tre punti, per chi si destreggiava alla ricerca del miglior compromesso.21, 26-29 Lo sviluppo di materiali iper-gas-permeabili, sia morbidi, sia rigidi, ha rivo-luzionato in parte questo approccio. Ora le lenti a contatto possono essere grandi, a volte grandissime, alla ricerca di una zona sana e regolare su cui far appoggiare la lente, al di fuori dell’area interessata dal cono. Lenti RGP a geometria inversa, lenti se-misclerali e sclerali, lenti ibride e sistemi composi-ti morbida+rigida (piggyback) sono impiegati per ottenere contemporaneamente un confort migliore, una buona qualità visiva e il rispetto della superficie oculare. Si è capito che quel che danneggia l’epitelio, creando abrasioni e opacità, non è la pressione della lente, ma piuttosto lo sfregamento: le lenti vengono applicate in modo da avere un movimento estrema-mente ridotto, mentre un adeguato apporto di ossi-

Figura 2Lente corneale di grande diametro a geometria inversa per chera-tocono.

Figura 3Anelli intrastromali.

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geno è garantito attraverso il materiale, invece che grazie al ricambio lacrimale (come per le lenti mor-bide).30 Oltre il classico set da cheratocono, il mo-derno applicatore ha numerose cartucce in più per prolungare l’uso delle lenti a contatto nel paziente affetto da cheratocono. Contrariamente da quanto sperato in passato,31, 32 allo stato attuale non ci sono evidenze che l’appli-cazione di lenti a contatto da sola sia in grado di rallentare la progressione di un cheratocono evolu-tivo.33

Quando la qualità della visione non è più soddi-sfacente con lenti a contatto, alcune tecniche di chi-rurgia conservativa permettono di regolarizzare la cornea, posticipando il trapianto.34 Prima fra tutte l’impianto di anelli intrastromali, che permettono di mettere in tensione la zona ottica della cornea, rego-larizzandone la superficie.17

L’impianto di segmenti intrastromali consiste nell’inserimento di uno o due segmenti semianulari in PMMA nello spessore corneale. Scopo primario dell’intervento è ripristinare una forma più regola-re della cornea, riducendone la deformazione delle porzioni centrali, quelle corrispondenti alla pupilla, e di stabilizzare il più possibile il quadro evolutivo attraverso un’azione di sostegno meccanico. Di soli-to l’intervento consente un miglioramento sia della visione a occhio nudo, sia di quella corretta con oc-chiale o lente a contatto. Sono disponibili diversi tipi di anellini, con diversi spessori e raggi di curvatura, per calibrare l’appiattimento della cornea a seconda dell’entità del cono. La scelta del numero, del tipo e delle dimensioni dei segmenti è la fase cruciale per il buon esito della chirurgia. Purtroppo non esistono nomogrammi standardizzati capaci di una preve-dibilità accettabile e la qualità del risultato si cor-

rela direttamente con l’esperienza del chirurgo. La tecnica è reversibile e non pregiudica un eventuale successivo ricorso al trapianto; mentre, solitamente, l’applicazione di lenti a contatto su una cornea con un impianto intrastromale risulta più problematica.Ancor più straordinaria è l’idea di poter influire sull’evoluzione stessa della patologia. La diagnosi precoce è diventata importante, perché esiste la pos-sibilità di sottoporre la cornea affetta da cheratoco-no ad un trattamento che blocca o almeno rallenta la progressione dell’ectasia.35 Negli ultimi dieci anni è stato sviluppato un metodo di rinforzo dell'impal-catura proteica della cornea (le lamelle di collagene), definito cross-linking corneale.36, 37 Il cross-linking è una tecnica mutuata dalla scienza dei polimeri pla-stici, dove è da tempo utilizzata al fine di aumentare la robustezza meccanica di materiali sintetici con varie metodiche chimico-fisiche, ad esempio la vul-canizzazione della gomma, per ottenere pneumati-ci duri e durevoli. Altre branche della medicina la utilizzano con successo: ad esempio l'odontoiatria, per indurire l'amalgama delle otturazioni, e la car-diochirurgia, . La sua applicazione sulla cornea dei pazienti affetti da cheratocono ha mostrato di rin-forzare la struttura proteica stromale, aumentando i collegamenti incrociati (cross-links) tra le molecole di tropocollagene, cioè gli agganci naturali, una sor-ta di ponti all'interno delle molecole proteiche che costituiscono l'impalcatura connettivale della cor-nea e che risultano deboli o assenti nel cheratocono. Il cross-linking ha l'obiettivo di rallentare, possibil-mente fermare, la progressione del cheratocono.38,

39 Il trattamento non fa regredire il cheratocono e in genere non migliora la qualità della visione, ma intende stabilizzarla. Il cross-linking prevede l'in-stillazione di vitamina B2 (riboflavina) in collirio e l'irradiazione della cornea con raggi ultravioletti di tipo A a basso dosaggio. Si può effettuare solo finché la cornea ha uno spessore superiore ai 400 micron, per evitare che gli UV possano danneggiare l’en-dotelio. È consigliato in tutti i casi in cui il chera-tocono manifesta una progressione, in particolare nei pazienti giovani e giovanissimi. Il cross-linking è un trattamento relativamente sicuro, in quanto presenta una bassa incidenza di complicanze,39 e inoltre non pregiudica la possibilità di portare lenti a contatto. Attualmente sembrano promettenti alcu-ne combinazioni fra cross-linking e altre tecniche.34 Per esempio, pare che un ulteriore effetto di raffor-zamento del tessuto corneale possa derivare da una combinazione di anelli intrastromali e cross-linking, mentre il tentativo di rendere permanente il model-lamento corneale ottenibile con l’ortocheratologia non sembra consentire i risultati sperati.40

Cheratocono: tutto quello che mi hanno insegnato a scuola è diventato obsoleto?

Figura 4Trattamento di cross-linking corneale con Riboflavina e UVA.

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COLO

Arriviamo infine al trapianto di cornea. Anzi ai trapianti di cornea, dato che sono oggigiorno di-sponibili diverse tecniche, che prevedono impianti più o meno profondi.34 La cheratoplastica lamella-re anteriore rimuove quantità più o meno rilevanti di tessuto originario (in genere si tende ad andare il più profondo possibile), sostituendole con lembi di tessuto variamente lavorati. Questo permette di preservare l’endotelio del paziente, riducendo i ri-schi di scompenso corneale. Purtroppo le irregolari-tà, che si creano a livello dell’interfaccia fra il letto e il tessuto donato, spesso portano a una qualità della visione inferiore rispetto alla “vecchia” cheratopla-stica perforante.Ma perché darsi tanto da fare per procrastinare o scongiurare il ricorso alla cheratoplastica perfo-rante? Il trapianto, a differenza di quanto a volte promesso ai pazienti, non può essere considerata una soluzione definitiva, in quanto in qualsiasi mo-mento può verificarsi un rigetto o uno scompenso della cornea donata: secondo il Registro australiano dei trapianti di cornea,41 che raccoglie ormai più di 22.000 casi, solo il 50% delle cheratoplastiche supe-ra i quindici anni e solo il 30% supera i vent’anni. Inoltre, anche dopo il trapianto, il 72% dei pazienti necessita un qualche tipo di correzione, percentuale che sale all’86% dopo dieci anni. Purtroppo spesso applicare le lenti a contatto dopo la cheratoplastica è più difficile che sul cheratocono.Tenendo conto di tutte queste considerazioni, vie-ne da domandarsi come mai ancora tanti pazienti giovani vengono sottoposti a trapianto di cornea ai primi segni di intolleranza delle lenti a contatto tra-dizionali: forse incontrano qualcuno che è rimasto ai tempi della scuola?Poniamoci quindi il problema di capire per quanto tempo le nostre conoscenze rimangano effettiva-mente attuali. In campo informatico la frase “Ogni cosa che sai sarà obsoleta entro cinque anni” è di-ventata ormai un aforisma. Probabilmente si po-trebbe estendere questo concetto a tutti gli ambiti della conoscenza scientifica. Per questo motivo non ci possiamo esimere da un continuo aggiornamento delle nostre conoscenze.“Ora qui, per restare nello stesso posto, devi correre più velocemente che puoi. Se vuoi arrivare da qualche par-te, devi correre due volte più veloce.” (Lewis Carroll, Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, Cap.2)

RingraziamentiSi ringrazia Antonio Calossi per le figure 1, 2 e 3. Si ringrazia Cosimo Mazzotta per figura 4.

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com) Parador de Baiona, Pontevedra. Spagna; 2010.2. Krachmer JH, Feder RS, Belin MW. Keratoconus and related

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4. Benjamin WJ, Borish IM. Borish‘s clinical refraction. 2nd ed. St. Lou-is, Mo.: Butterworth-Heinemann/Elsevier; 2006.

5. Krachmer JH, Mannis MJ, Holland EJ. Cornea. 2nd ed. Philadel-phia: Elsevier Mosby; 2005.

6. Lema I, Sobrino T, Duran JA, Brea D, Diez-Feijoo E. Subclinical keratoconus and inflammatory molecules from tears. Br J Ophthal-mol 2009;93:820-824.

7. Romero-Jimenez M, Santodomingo-Rubido J, Wolffsohn JS. Kera-toconus: a review. Cont Lens Anterior Eye 2010;33:157-166; quiz 205.

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12. Rabinowitz YS, McDonnell PJ. Computer-assisted corneal topo-graphy in keratoconus. Refract Corneal Surg 1989;5:400-408.

13. Maguire LJ, Bourne WM. Corneal topography of early keratoco-nus. Am J Ophthalmol 1989;108:107-112.

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16. Calossi A. Screening mediante videocheratografia computeriz-zata. Il Cheratocono. Canelli (AT): Edizioni SOI, Fabiano Editore; 2004:114-117.

Cheratocono: tutto quello che mi hanno insegnato a scuola è diventato obsoleto?

L. Boccardo / Lac - Lenti a contatto 2011; 13: 4-8

AbstractResearch on the treatment of keratoconus has gained significant ground over the last years. Last November, during the International Congress on Keratoconus (Baiona, Spain), a pool of researchers and clinicians reviewed the new developments on diagnosis and treatment of this corneal ectasia. Re-cent studies demonstrate that inflammatory events are involved in the aetiology of keratoconus. The analysis of computerized videokeratoscopy allows an early diagnosis and an accurate follow up of the pathology. New treatment opportunities succeed in delaying the keratoplasty, either extending the use of contact lenses, or achieving better optical quality of corneal surface, or slowing the degene-ration of the tissue. Now we can fit new kinds of contact lenses, perform consevative surgeries, as intrastromal ring segment insertion, and perform UV cross-linking treatments to strengthen the cor-neal stroma. New techniques of lamellar and pe-netrating keratoplasty are available too.

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L. Boccardo / Lac - Lenti a contatto 2011; 13: 4-8

Cheratocono: tutto quello che mi hanno insegnato a scuola è diventato obsoleto?

Autore corrispondente: Laura BoccardoE-mail: [email protected]

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ARTI

COLO

J. Wolffsohn, O. Hunt, A. Chowdhury / Lac - Lenti a contatto 2011; 12: 9-11

PERFORMANCE CLINICHE DELLE LENTI A CONTATTO MORBIDE GIORNALIERE PER IL MIGLIORAMENTO DEL COMFORT

Negli ultimi 10 anni molto è stato scritto sulla sen-sazione di fastidio lamentata dai portatori di lenti a contatto, in particolare a fine giornata, e su come questo fattore ogni anno contribuisca alla decisio-ne, per alcuni, di sospenderne l’uso. A seguito di questa affermazione sono stati condotti diversi stu-di. La sensazione di fastidio, soprattutto verso fine giornata, è una delle principali cause di abbandono delle lenti a contatto1. La lamentela più frequente è rappresentata dai sintomi di secchezza oculare2,3: più del 70% dei portatori riporta la presenza di que-sti sintomi a fine giornata e circa un terzo di questi, come conseguenza, abbandona l’uso delle lenti1.

La maggior parte degli studi indagano sui segni e i sintomi indotti dal porto di lenti a contatto du-rante l’arco della giornata lavorativa, trascurando così un periodo importante: la fine della giornata, quando il fastidio oculare si manifesta in modo più evidente. Per quanto la durata media del tempo di utilizzo delle lenti a contatto si aggiri intorno alle 13-14 ore al giorno3-5, i portatori riferiscono che, in genere, il porto durante l’ultima ora, ora e mezza, è poco confortevole. Quindi è il poco comfort a fine giornata, piuttosto che una decisione del portatore, a determinare la durata d’uso delle lenti. I due studi trattati in quest’articolo sono i primi che valutano le performance delle lenti a contatto per un periodo d’uso superiore a 12 ore, in considerazione del fatto che meno del 10% dei portatori riesce a portare le lenti per 16 ore3.

Alcuni studi condotti alla Aston University hanno esaminato l’avanzamento del nelficon A, materiale usato da CIBA Vision per le sue lenti a contatto a ricambio giornaliero. Il gruppo di ricerca del profes-sor Brian Tighe ha affermato che il materiale, costi-tuito dalla polimerizzazione dell’alcol polivinilico

(PVA), rilascia, durante l’uso, parte del suo contenu-to6. Il rilascio di componenti chimici potrebbe esse-re letto come un fattore negativo, mentre sappiamo che il PVA è un sostituto lacrimale ben consolidato7. Nel 2006, gli autori di questo stesso articolo hanno pubblicato evidenze sul fatto che il comfort oculare poteva essere migliorato modificando la quantità di PVA contenuto nella matrice della lente; su questa base, CIBA Vision ha sviluppato un nuovo materia-le, AquaComfort, affinché il comfort oculare fosse maggiore rispetto alla lente iniziale (Fig. 1)8.

Dopo questo studio, molti produttori hanno lancia-to sul mercato un certo numero di lenti a contatto giornaliere con l’obiettivo di migliorare il comfort. La lente giornaliera SofLens daily disposable (Bausch and Lomb) migliora il comfort attraverso una geo-metria che riduce lo spessore e la massa della lente, creando una transizione con la superficie posteriore regolare e riducendo l’interazione lente-palpebra durante l’ammiccamento. Inoltre la lente è formata da hilafilcon B, materiale ad alto contenuto d’acqua, ed è confezionata con una soluzione contenente po-loxamine che si lega alla superficie della lente e che su questa viene gradualmente rilasciata. La 1-Day

James Wolffsohn, Olivia Hunt, Ashok ChowdhuryAston University - School of Life & Health Sciences

Figura 1Pubblicazione dello studio sullo sviluppo del materiale AquaComfort di CIBA VISION.

Pubblicato per la prima volta su Optometry Today (10.12.2010): “Clinical Performance of 'Comfort-Enhanced' Daily Disposable Soft Contact Lenses”. Si ringraziano gli autori e l’editore per la gentile concessione a tradurre e pubblicare l’articolo.

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J. Wolffsohn, O. Hunt, A. Chowdhury / Lac - Lenti a contatto 2011; 12: 9-11

Acuvue Moist (Etafilcon A; Vistakon, Johnson and Johnson) utilizza la tecnologia LACREON™, che fissa in maniera permanente il pirrolidone polivini-lico nel materiale Etafilcon A.

CIBA Vision ha ulteriormente migliorato la sua lente giornaliera Focus DAILIES All Day Comfort aggiungendo al PVA ad alto peso molecolare, gli agenti idrossipropilmetilcellulosa e polietilene gli-colico (quest’ultimo si lega al PVA prolungandone il rilascio); questa lente è in commercio col nome di DAILIES AquaComfort Plus.

In un altro studio, pubblicato nel 2010 su Contact Lens and Anterior Eye, in un numero dedicato al fat-tore occhio secco, sono state valutate le performance di queste nuove lenti a contatto per il “miglioramen-to del comfort” su 34 soggetti, che hanno indossa-to tutte le tipologie di lenti (Fig. 2)9. La valutazio-ne oggettiva del comfort senza condizionamenti è piuttosto difficile. Per poter nascondere ai portatori l’identità delle lenti sarebbe stato necessario aprire i blister, compromettendone la sterilità. L’identità della lente è stata però mascherata ai ricercatori, che avevano il compito di misurare il volume, la stabi-lità del film lacrimale e l’iperemia bulbare, tutti se-

gni correlati alla salute oculare a lungo termine, al comfort, e all’effetto lubrificante sulle lenti10.Venivano effettuate le misure a 8, 12 e 16 ore alla fine della settimana di utilizzo per ogni tipologia di lente. Ciascuna lente era stata indossata per lo stesso numero di ore al giorno e per lo stesso numero di giorni a settimana. Dopo che tutte le lenti sono state indossate e valutate e dopo che per una settimana è stato sospeso l’uso delle lenti, sono state effettuate nuovamente le stesse misurazioni a tutti i soggetti (all’orario corrispondente alle 8 ore dall’inserimen-to), così da avere la baseline delle caratteristiche del-la superficie oculare.Nell’arco della giornata, col passare delle ore, si riscontrava una diminuzione della stabilità e del volume del film lacrimale (Tab. 1). In ogni caso, la stabilità del film lacrimale dopo l’inserimento della

Ore di porto dall’inserimentoSignificanza

8 Ore 12 Ore 16 Ore

NITBUT pre-lente (secondi) 16.1 ± 6.8 14.5 ± 6.0 13.2 ± 7.0 F = 32.0p < 0.001

Altezza menisco lacrimale (mm) 0.27 ± 0.08 0.25 ± 0.08 0.23 ± 0.08 F = 26.96p < 0.001

Temperatura della superficie oculare (°C) 35.70 ± 0.99 35.64 ± 0.94 35.58 ± 0.91 F = 119.7

p < 0.001

Iperemia bulbare(% copertura dei vasi sanguigni) 6.3 ± 3.5 6.3 ± 3.6 7.7 ± 4.5 F = 11.54

p < 0.001

Tabella 1Risposte oculari al porto di lenti a contatto morbide giornaliere per il “miglioramento del comfort”. I dati sono la media delle quattro lenti utilizzate nello studio9 (Pubblicato col permesso di CLAE)

Figura 2Pubblicazione dello studio sulle performance delle lenti a contatto morbide giornaliere per il “miglioramento del comfort”.

Figura 3NITBUT (Non-Invasive Tear Break-Up Time) dopo l’inserimento di lenti a contatto morbide giornaliere per il “miglioramento del comfort”.

NIB

UT

- BU

T pr

e le

nte

non

inva

sivo

(sec

)Tempo trascorso dall'inserimento (ore)

0

5

10

15

20

25

8 12 16

NIBUT senza lente a contattoHilafilcon B

Etafilcon A Plus

Nelfilcon A

Nelfilcon A Plus

Performance cliniche delle lenti a contatto morbide giornaliere per il miglioramento del comfort

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lente misurata come NITBUT (Non-Invasive Tear Break-Up Time) era maggiore con le lenti DAILIES AquaComfort Plus, rispetto alle altre lenti valutate (F = 6.0, p <0.01; Fig. 3) e il film lacrimale era adeso alla superficie della lente a contatto invece che “scivola-re” nel menisco lacrimale (p < 0.05).

ConclusioniAl giorno d’oggi, si trascorre sempre più tempo da-vanti ai videoterminali (es.: lo schermo del compu-ter), spesso posti in ambienti con aria condizionata, fattore che determina secchezza oculare a causa del-la diminuzione della frequenza degli ammiccamenti per la maggior concentrazione, per queste ragioni è consigliabile applicare lenti a contatto che favo-riscano la formazione di un film lacrimale stabile11. Questi studi hanno identificato i benefici per i nostri portatori delle moderne lenti a contatto giornaliere, ora spetta a noi cogliere l’opportunità di ridurre la secchezza oculare a fine giornata.

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Performance cliniche delle lenti a contatto morbide giornaliere per il miglioramento del comfort

J. Wolffsohn, O. Hunt, A. Chowdhury / Lac - Lenti a contatto 2011; 12: 9-11

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PASSAGGIO AL SILICONE-HYDROGEL

Inma Perez-GomezProfessional Affairs CIBA VISIOn Europa, Russia e Africa

Mark DraperProfessional Affairs CIBA VISIOn UK e Irlanda

Cameron HudsonProfessional Services Manager CIBA VISIOn UK e Irlanda

La Dott.ssa Inma Peréz, Mark Draper e il Dott. Cameron Hudson condividono alcuni consigli utili per assicurarsi che ogni portatore abbia la migliore lente a contatto possibile.

In qualsiasi ambito professionale c’è una continua ne-cessità di abbracciare tecnologie nuove e di cambiare in meglio il modo di lavorare. Per molti, tuttavia, af-frontare un vero cambiamento può essere difficoltoso. Non riuscire a modificare le proprie abitudini profes-sionali in linea con le nuove tecnologie disponibili, può significare, nel caso dei professionisti della visione, ostacolare i portatori nell’utilizzo di prodotti più sicuri ed efficaci. Questo limita, spesso, anche gli aspetti eco-nomici e commerciali dell’attività e della professione. Le lenti a ricambio frequente (ad esempio mensili o quindicinali, n.d.t.) in silicone idrogel (SiHy) ad uso diurno, nella maggior parte delle applicazioni, risul-tano essere superiori rispetto alle tradizionali lenti a contatto in idrogel/HEMA (idrossi-etil metacrilato); e ne sono stati comprovati efficacia e benefici1,2. Gra-zie all’elevata trasmissibilità all’ossigeno, alla vasta gamma di parametri e alla facilità di applicazione, le lenti mensili e quindicinali in silicone idrogel sono diffusamente riconosciute come il nuovo standard per la contattologia morbida3. Nonostante i vantaggi, molti professionisti della vi-sione non hanno ancora totalmente abbracciato le lenti SiHy e non le hanno incluse nella gamma dei loro prodotti. Un’indagine indica che le tradizionali lenti idrogel/HEMA, nei principali Paesi Europei, rappresentano ancora il 54% del mercato delle lenti a contatto4. Probabilmente il vantaggio più apprez-zabile delle lenti SiHy, rispetto alle lenti idrogel/HEMA, è la minore frequenza dei segni clinici e dei sintomi oculari riconducibili a ipossia corneale; ed è questa peculiarità ad offrire ai portatori benefici importanti, come:- Occhi più bianchi e dall’aspetto più sano- Minor rischio di complicazioni ipossiche- Protrarsi dell’uso delle lenti a contatto- Possibile uso notturno Da un’indagine di mercato risulta che, nel Regno

Unito, la stragrande maggioranza delle nuove ap-plicazioni di lenti a contatto mensili, per l’uso diur-no e prolungato, vengono effettuate con lenti SiHy4. Per i nuovi portatori, questa è indubbiamente una buona notizia, ma chi è già portatore di lenti idro-gel/HEMA non ne trae beneficio e questi costitui-scono un numero significativo dei portatori di lenti a contatto nel Regno Unito. I professionisti che si occupano di contattologia dovrebbero esse proattivi e favorire il passaggio a questa nuova opzione per estendere i benefici delle lenti SiHy anche ai già por-tatori di lenti idrogel/HEMA. Questo articolo ha la finalità di dare dei suggeri-menti su come favorire il passaggio degli attuali portatori di lenti mensili/quindicinali in idrogel/HEMA alle lenti SiHy e offrire un approccio “passo dopo passo” alla gestione di questo processo, così da assicurare il miglior risultato possibile per il por-tatore e per l’applicatore.

Il passaggio dalle lenti idrogel/HEMA alle SiHy. Perché?Soltanto i benefici di un maggior passaggio di os-sigeno associato alle lenti in SiHy a uso diurno, do-vrebbero essere sufficienti a indurre il contattologo a impegnarsi ad applicare, ai nuovi portatori, e ri-applicare, ai già portatori, lenti a contatto in silicone idrogel. E comunque, i vantaggi che le lenti SiHy pos-sono offrire all’applicatore sono diversi, in termini di fedeltà al centro di applicazione, di benefici econo-mici per la propria attività e di dovere professionale.

Fedeltà del pazienteFornire ai portatori prodotti nuovi e sicuri è un modo efficace per l’applicatore di dimostrare il suo continuo impegno per soddisfare le esigenze visive del suo paziente.

Pubblicato per la prima volta su Optician (05.11.2010): “Migrating to silicone hydrogels”. Si ringraziano gli autori e l’editore per la gentile concessione a tradurre e pubblicare l’articolo.

I. Perez-Gomez, M. Draper, C. Hudson / Lac - Lenti a contatto 2011; 13: 12-14

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È stato dimostrato che con le lenti in SiHy, il tasso di abbandono (drop out) è inferiore rispetto a quello ri-scontrato con le tradizionali lenti morbide idrogel/HEMA5.

Benefici economiciLe lenti SiHy per l’uso diurno rappresentano l’ul-timo avanzamento dell’evoluzione tecnologica nell’ambito delle lenti a contatto, per questa ragione il loro prezzo al pubblico è generalmente più alto. Richiedere un onorario per il tempo impiegato ad applicare una nuova lente può trovare una sua giu-stificazione, se il portatore è in grado di capire che il cambiamento proposto rappresenta un passo in avanti per la cura della salute dei suoi occhi.

Dovere professionaleTutti i professionisti della visione hanno il dovere e la responsabilità professionale di fornire informa-zioni e consigli agendo nell’interesse e per il benes-sere del paziente. Questa responsabilità si estende anche alle forme di correzione visiva e ai servizi offerti ai loro pazienti.

Come gestire il passaggio alle lenti SiHyDiversi professionisti possono percepire il passag-gio dalle lenti idrogel/HEMA a quelle in SiHy come un’attività che implica un certo grado di rischio di abbandono e/o di insoddisfazione del porta-tore. In realtà, le lenti SiHy sono facili da applica-re6, confortevoli6,7, disponibili in un’ampia gamma di parametri e modalità, e sono compatibili con la maggior parte delle soluzioni per la manutenzione

delle lenti. Come per ogni situazione che implica dei “cambiamenti” e che coinvolge “persone” una minoranza di portatori preferirà continuare con le lenti idrogel/HEMA, mentre la maggioranza trarrà evidenti benefici dall’applicazione di lenti SiHy. Il processo di passaggio può essere portato avanti seguendo questi passi:

1° PassoIdentificate tutti i pazienti che possono trarre bene-ficio dal passaggio alle lenti SiHy (per es. i portatori di lenti idrogel) e stabilite un periodo di tempo rea-listico durante il quale dovrà avvenire il passaggio. Affiancate il vostro programma per il passaggio con una gamma di prodotti in SiHy con cui avete fami-liarità. Una buona conoscenza di base delle caratte-ristiche dei materiali e dei parametri delle diverse lenti vi aiuterà a superare ogni piccola sfida che in-contrerete durante il passaggio.

2° PassoComunicate le vostre intenzioni ai clienti e assicu-ratevi che capiscano quali vantaggi trarranno dai cambiamenti che state proponendo. Alcuni produt-tori di lenti a contatto, per aiutarvi ad avviare il pro-cesso, vi potranno fornire alcuni modelli di lettere che potrete utilizzare per i vostri clienti.

3° PassoInvitate i portatori a ritirare le loro nuove lenti SiHy in occasione della visita di controllo o anche prima, in base al vostro piano.

4° PassoGestite in modo adeguato le aspettative dei clienti. È normale per i pazienti riportare ‘considerazioni/differenze’ tra le loro vecchie lenti e quelle nuove. È possibile confondere delle considerazioni ‘normali’ con ‘insoddisfazione/problemi’ e prendere la deci-sione di far ritornare il portatore alle vecchie lenti. Nella maggior parte dei casi, dopo un periodo di adattamento sufficientemente lungo gli utilizzatori si adatteranno al materiale delle loro nuove lenti. Ripetere le ragioni del cambiamento aiuterà a rassi-curare i portatori che avvertono differenze tra lenti idrogel/HEMA e quelle in SiHy. Ad ogni modo, il contattologo dovrebbe porre particolare attenzione a quelle situazioni dove l’utilizzo di lenti in SiHy è sconsigliabile.

5° PassoAssicuratevi che il sistema di manutenzione sia ap-propriato per le lenti in SiHy. Con lenti SiHy gene-

I portatori dovrebbero fare affidamento sul professionista della visione che li segue per essere aggiornati sui progressi dei prodotti disponibili.

Passaggio al silicone-hydrogel

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ralmente la formazione di depositi lipidici e proteici è maggiore rispetto alle lenti idrogel/HEMA e un regime di pulizia adeguato dovrebbe essere con-siderato come parte del processo di passaggio. La capacità del materiale delle lenti SiHy di resistere all’accumulo di depositi varia in modo significativo da un tipo di lente all’altro. Le lenti SiHy sottoposte a trattamenti della superficie sono particolarmente resistenti all’accumulo di depositi.

Adottare la giusta mentalitàAttivarsi nell’applicare e ri-applicare ai portatori le lenti SiH richiede un atteggiamento mentale che of-fre dei vantaggi al portatore ma dà anche un valore aggiunto al professionista. La decisione di applicare e ri-applicare lenti SiHy scaturisce dal desiderio di ridurre la probabilità che i pazienti cessino di porta-re le lenti a contatto, perdendone tutti i benefici, e di limitare il rischio di uno stress ipossico cronico per la cornea2,3.

Riassumendo...Le lenti SiHy sono le più applicate ai nuovi portato-ri; tuttavia, un buon numero di portatori continua ad utilizzare lenti idrogel/HEMA4. Far sì che i por-tatori di lenti idrogel/HEMA passino alle lenti SiHy riduce la possibilità di stress ipossico corneale2,3, di abbandono delle lenti4, e inoltre consente al profes-sionista di estendere la sua competenza a tutti i suoi pazienti, anche ai già portatori di lenti a contatto.

Il passaggio dei portatori ad un materiale di lenti SiHy che è disponibile in diverse tipologie, ad esem-pio sferiche, toriche e multifocali aiuterà a limitare le differenze di adattamento sperimentate dai por-tatori e permetterà al contattologo di acquisire sicu-rezza con la sua gamma di lenti. I cambiamenti a breve termine del modo di pre-scrivere dell’applicatore, descritti in questo artico-lo, permetteranno ai portatori di usare le lenti più a lungo e aiuteranno a instaurare una relazione di fiducia favorendo una fedeltà duratura.

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Passaggio al silicone-hydrogel

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ARTI

COLOLENTI A CONTATTO NELLA CORREZIONE

DI ABERRAZIONI DI ALTO ORDINE RESIDUATE DA CHIRURGIA REFRATTIVAFabrizio Sasso, Luigi LupelliUniversità degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Fisica - Ottica e Optometria

La qualità ottica dell’occhio è determinata da fattori multipli che si combinano insieme. Infat-ti l’occhio non appare un sistema ottico perfetto poiché è affetto da aberrazioni che, tanto per complicare le cose, talvolta sono addirittura funzionali per il sistema visivo. Intervenendo con lenti a contatto è possibile correggere non solo le aberrazioni di basso ordine, come il defocus, che rappresenta la pratica optometrica quotidiana, ma anche quelle più complesse, di alto ordine, che possono essere presenti in soggetti “normali”, ma, principalmente, in soggetti con distrofie corneali, come il cheratocono, o che sono stati sottoposti ad interventi di chirurgia refrattiva. Gli approcci contattologici di correzione sono diversi. Quello più utilizzato, quando la causa delle aberrazioni è attribuita alla cornea, fa affidamento agli effetti compensativi del menisco lacrima-le. Quando l’aberrazione di alto ordine è limitata all’aberrazione sferica, l’attenzione viene posta verso il fattore forma delle superfici asferiche delle lenti. In ultimo, specialmente in tempi recenti, si considera di costruire lenti a contatto con correzione personalizzata del fronte d’onda.

La correzione dei difetti refrattivi tramite chirurgia re-frattiva è considerata una possibile alternativa agli oc-chiali e alle lenti a contatto (lac). Le più diffuse tecniche di chirurgia refrattiva sono quelle che fanno uso della foto ablazione tramite laser ad eccimeri. Alle prime procedure foto ablative come la PRK (photorefractive keratectomy) e la LASIK (laser in situ keratomileusis), in tempi successivi si sono aggiunte la LASEK (laser subepithelial keratomileusis) e la Epi-LASIK. Con queste due ultime tecniche un sottile flap epiteliale, ot-tenuto con modi diversi, viene preservato per venire riposizionato, dopo l’ablazione, sullo stroma anteriore.

Acuità visiva dopo trattamento refrattivo con laser ad eccimeriMolti ametropi sottoposti a trattamento refrattivo foto ablativo possono raggiungere una performance visiva soddisfacente. Circa l’80% dei soggetti, con una miopia inferiore a 6,00 D, raggiunge un’acuità visiva di almeno 10/10 dopo tre mesi dall’intervento con LASIK1-2 mentre tale percentuale sale a circa il 90% (83-100%) dopo sei mesi dall’intervento3-4. La percen-tuale di occhi in cui viene riportata la riduzione di acuità visiva corretta, uguale o maggiore di due linee, (rilevata con ottotipi che cambiano di grandezza con progressione logaritmica) varia da 0,0 a 1,2%5-8.

La percentuale di successo si riduce in caso di miopie superiori a 6,00 D. Non solo l’ipocorrezione è rela-tivamente comune ma la riduzione di acuità visiva corretta, uguale o maggiore di due linee è presen-te dallo 0,0 a 6,1%9-11. Nel trattamento foto ablativo dell’ipermetropia e dell’astigmatismo ipermetropico i risultati paiono meno soddisfacenti12-14. Ciò accade anche perché nel trattamento LASIK della ipermetro-pia l’effetto distruttivo del meccanismo di compen-sazione dell’aberrazioni è decisamente maggiore ri-spetto a quello che viene posto in atto nella miopia14.

Aberrazioni di alto ordine dopo trattamento refrattivo con laser ad eccimeriSebbene le varie procedure di chirurgia fotoablati-va permettano di correggere il vizio refrattivo con una certa precisione e nello stesso tempo di ottenere un’acuità visiva ad alto contrasto di 10/10, o anche superiore, alcuni pazienti possono lamentare la pre-senza di disturbi visivi, come aloni, abbagliamento, diplopia, sfocamento, immagini fantasma, raggi lu-minosi che si diffondono dalle sorgenti di luce15-16 che possono compromettere la performance visiva. Nella figura 1 sono mostrate le complicanze più co-muni riportate da un gruppo di pazienti insoddi-sfatti dei risultati dell’intervento16.I disturbi vengono riportati specialmente da sogget-ti con ametropia pre operatoria media o elevata, nel-

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PAROLE CHIAVE: aberrazioni di alto ordine oculare, fronte d’onda, lenti a contatto personalizzate

Sommario

Ricevuto il 20 dicembre 2010, accettato il 3 marzo 2011

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le ipermetropie e in condizioni di bassa illuminazio-ne dell’ambiente13, 17-18. Tra i fattori che sono stati im-putati essere causa di tali sintomi sono l’incremento delle aberrazioni di alto ordine e l’incremento dello scattering della luce all’interno dell’occhio.In particolare l’intervento LASIK convenzionale con-tribuisce ad aumentare notevolmente le aberrazioni di alto ordine con un valore di RMS (root mean square) che può essere, con pupilla dilatata, anche di 300 vol-te19. Nel caso della miopia ciò è causato principalmen-te dall’incremento dell’aberrazione sferica positiva dovuto alla presenza di un profilo oblato della super-ficie corneale, nel caso dell’ipermetropia l’aberrazione sferica diviene negativa. L’incremento statisticamente si dimostra essere direttamente proporzionale alla quantità di miopia o ipermetropia corretta20.Nel cercare di prevedere la quantità di aberrazione sferica indotta, ci si confronta con una risposta bio-logica del tessuto corneale non prevedibile al 100 % e con un risultato variabile rispetto alle previsioni se lo spot di ablazione non incide in maniera normale al piano corneale. Ci sono infatti dei calcoli di previ-sione che possono essere eseguiti (algoritmi di Mun-nerlyn) sulla quantità di aberrazione sferica indotta. Questi però possono presentare delle variazioni ri-spetto ai risultati effettivi anche del 50%, in relazio-ne alle variabili della risposta biologica e all’angolo di incidenza dello spot di ablazione20.Nel caso di decentramento della zona trattata si ag-giunge anche la coma. Recentemente è stato anche suggerito che l’instau-rarsi di un meccanismo di adattamento dell’aberra-zione interna dell’occhio successivo a l’intervento di LASIK per cui tanto più elevata è l’aberrazione indotta dal nuovo profilo corneale tanto maggiore risulterà l’aberrazione compensativa interna21.Con la LASEK o la EpiLASIK le aberrazioni di alto ordine possono essere di minore entità sia perché

la zona ottica funzionale è più grande della zona di cornea trattata, sia perché viene minimizzato l’effet-to aberrazionogeno che si ha per il distacco di un alto numero di fibre collagene conseguente alla cre-azione del flap nella LASIK22-23.Con l’avvento delle ablazione customizata guidata dal fronte d’onda (ad esempio, sensore Hartman-Shack collegato a laser ad eccimeri a scansione con un sistema eye-tracking) l’incremento dell’aberrazio-ne sferica è, il più delle volte, marginale24-26. Comun-que tuttora si è alla ricerca di algoritmi personaliz-zati, che facciano uso dei dati aberrometroci e topo-grafici per il calcolo dell’ablazione, che dovrebbero eliminare le aberrazioni presenti ed evitare che se ne manifestino di nuove13-14, 20-21.È stato comunque sottolineato che la qualità ottica dell'occhio di un individuo può essere massimizza-ta dalla totale cancellazione di distorsioni del fron-te d'onda limitatamente ad una singola lunghezza d'onda e a una determinata distanza. Nel caso co-munque si ottenesse un tale profilo aberrometrico come conseguenza diretta si otterrebbe un fronte d'onda disturbato per lunghezze d'onda differenti, in particolare per le frequenze che si trovano ai limi-ti dello spettro visibile. Inoltre la stabilità della visio-ne sarebbe compromessa a causa dell'annullamento della profondità di fuoco27.

Il ruolo del diametro pupillareIl diametro pupillare è un dato cruciale in quanto, l’a-berrazione sferica varia sistematicamente al variare di questo principalmente a causa delle peculiarità della forma della superficie corneale esterna28. Il grafico della figura 2a riporta i dati di due diversi studi29-30 che mostrano l’incremento dei valori aberrometrici all’aumentare del diametro pupillare. Il graduale in-cremento delle aberrazioni di alto ordine, associato all’incremento di irregolarità nella distribuzione del film lacrimale, può essere causa di riduzione della qualità ottica dell’occhio30. Nella figura 2b il valore delle aberrazioni riportate si riferisce alla acquisizione dei dati a 20 secondi dall'ultimo ammiccamento. Fa-cendo un confronto con il grafico della figura 2a, dove i dati sono stati acquisiti subito dopo l'ammiccamento, si evidenzia come l'aberrazione sferica, il coma e l'a-berrazione totale oculare aumentino di valore in modo significativo. I risultati di uno studio di Shalhorn et al31 paiono mini-mizzare gli effetti di deterioramento della qualità della visione in pazienti con ampie pupille dopo trattamen-to LASIK con ablazione ellittica di 6 mm. In questo gruppo di pazienti i disturbi visivi si sono manifestati principalmente nei primi sei mesi per poi scomparire

Lenti a contatto nella correzione di aberrazioni di alto ordine residuate da chirurgia refrattiva

Figura 1Sintomi e i segni più comuni riscontrati in pazienti non soddisfatti sottoposti ad intervento di LASIK come riportato da Jabbur et al.(16).

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Lenti a contatto come strumento di corre-zione aberrometricaL’uso di lac come strumento di correzione per le aber-razioni di basso ordine, nella fattispecie il defocus, rap-presenta una pratica clinica consolidata. Poiché una delle condizioni più frequenti lamentate dai soggetti operati con fotoablazione laser, nel post chirurgia refrattiva è l’errata correzione del vizio refrat-tivo16, l’atto contattologico più comune è rappresentato dalla correzione delle aberrazioni di basso ordine. Ciò viene posto in atto con tutto l’armamentario delle lac utilizzato per la correzione delle aberrazioni di basso ordine di origine non chirurgica32-33.Se si utilizza il concetto di fronte d’onda, un’aberrazio-ne ottica, di qualunque tipo, può essere corretta facen-do riferimento al modo in cui la variabile del sistema (in questo caso una lac) riesce a rallentare o ad accelera-re le varie porzioni del fronte d’onda in zona pupillare.

Ciò può essere compreso se si compara la forma della superficie di un piano d’onda, distorto attra-verso i diottri oculari, con un fronte d’onda piano. In caso siano presenti delle aberrazioni ottiche la superficie del fronte d’onda presenta delle distor-sioni rispetto al piano di riferimento. La correzione ideale è quella che fa in modo che il fronte d’onda abbia una forma piana.In caso di un’aberrazione di basso ordine come, ad esempio, il defocus ipermetropico, l’applicazione di una lac, determinerà un ritardo del fronte d’onda nella parte centrale e un’accelerazione nella parte periferica, per avere come risultato un fronte d’onda piano (Fig. 3a). Per un’aberrazione di alto ordine la lac ha il compito di variare il fronte d’onda in modo diverso, sia nello stesso meridiano che nei vari me-ridiani, sempre con lo scopo di ottenere un fronte d’onda piano (Fig. 3b).Nei casi in cui siano presenti aberrazioni di alto or-dine clinicamente rilevanti le lac che vanno consi-derate sono possono essere suddivise nei tre gruppi mostrati nella figura 4.

Figura 2aIncremento dei valori aberrometrici all’aumentare del diametro pu-pillare acquisiti dopo l’ammiccamento. I simboli sono differenziati tra pieni e vuoti perché si riferiscono a due studi diversi (29-30)

Lenti a contatto nella correzione di aberrazioni di alto ordine residuate da chirurgia refrattiva

Figura 2bIncremento dei valori aberrometrici all’aumentare del diametro pupil-lare acquisiti 20 secondi dopo l’ammiccamento. I simboli sono differen-ziati tra pieni e vuoti perché si riferiscono a due studi diversi (29-30)

Figure 3Rappresentazione schematica della correzione con lente a contatto (LAC) di un fronte d’onda. a) in una aberrazione di basso ordine; b) in un’aberrazione di alto ordine, in questo caso una coma verticale, rap-presentata anche in immagine frontale a codice di colore. (FOC: fronte d’onda corretto; FOA: fronte d’onda aberrato; FOR: fronte d’onda ri-tardato; FOAC; fronte d’onda accelerato).

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a)

b)

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Lac con geometria convenzionaleTali lac possono avere la pretesa di correggere aber-razioni di alto ordine di entità rilevante soltanto se non si conformano con la curvatura esterna della cornea in modo che il film lacrimale, distribuendosi fra la superficie posteriore della lac e la cornea formi una lente di lacrime che minimizzi ogni irregolarità ottica della superficie anteriore della cornea. La su-perficie anteriore della lac, più regolare della super-ficie anteriore della cornea sottoposta ad intervento di chirurgia refrattiva, rappresenta di fatto, dal pun-to di vista ottico, la “nuova cornea”. In molti casi le lac RGP hanno una geometria posteriore del tipo inverso per ottimizzare l’allineamento con il profilo corneale ad andamento oblato. Il limite di tale tipo di correzione è rappresentato dal fatto che l’aberrazione che viene corretta è quella corneale e non quella totale dell’occhio. Comunque nei casi di chirurgia refrattiva è presumibile che la sintomatologia visiva indotta sia dovuta soltanto alla nuova morfologia del profilo corneale scolpito dalla fotoablazione.Le lac adatte a tale funzione sono ovviamente quelle del tipo rigido gas permeabile (RGP), ma va consi-derato che anche con l’applicazione gemellata, cioè con la lac RGP adattata al di sopra di una lac mor-bida già applicata sulla cornea, l’effetto ottico della lente di lacrime permane. In ultimo va menzionata la possibilità di applicare particolari lenti morbide spessorate e nello stesso tempo con geometria posteriore inversa nei casi in cui l’aberrazione non è elevata e comunque se con le altre due opzioni (lac RGP o applicazione gemella-ta) non si riesce ad ottenere un comfort adeguato. In

tutti i casi è cruciale che la lac applicata assuma una posizione centrale altrimenti vi è rischio d’indurre un’aberrazione comatosa.

Lac con geometria calcolata per l’aberrazione media della popolazioneQuando ci si riferisce ad aberrazioni medie presenti nella popolazione ci si riferisce, in particolare, all’a-berrazione sferica e si considerano generalmente soggetti non sottoposti a intervento di chirurgia re-frattiva. Per la maggior parte delle aberrazioni di alto ordi-ne l’aberrazione media è vicino a 034. Però va con-siderato che l’aberrazione sferica, per una pupilla di 6 mm, è di circa 0,12 µ. Ciò significa che se una lac deve compensare tale aberrazione per la media della popolazione il valore dovrà essere intorno a -0,12 µ. In soggetti sottoposti ad intervento di chi-rurgia refrattiva con esito positivo (senza sintomi o segni) il valore medio di aberrazione sferica nel post operatorio varia da - 0,20 µm a +0,60 µm, in relazione anche al valore dell'ametropia prima dell'intervento35.Nel costruire lac per controllare l’aberrazione sferica media della popolazione va considerato che tale va-lore varia a seconda del potere diottrico. Infatti le lac divergenti sono caratterizzate da aberrazione sferica negativa mentre le lac convergenti causano un’aber-razione sferica positiva36.Obiezioni sono state rivolte verso tale approccio sia perché è stato suggerito che la visione umana si adatta alle aberrazioni costituzionalmente presenti nell’occhio37 sia perché una certa entità di aberrazio-ne sferica, aumentando la profondità di fuoco, ren-

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Figura 4Classificazione delle modalità di correzioni contattologiche delle aberrazioni di alto ordine.

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de l’atto visivo più funzionale specialmente in pre-senza di un alto lag accomodativo e/o in presenza di presbiopia.

Lac con geometria personalizzata determinata tramite valori aberrometrici individuali In tal caso la geometria della lac, generalmente mor-bida (può essere anche del tipo RGP e addirittura ibrida come ad esempio la SinergEyes W) viene cal-colata facendo riferimento ai dati ottenuti con l’a-berrometro oculare, talvolta insieme all’aberrome-tro corneale. In assenza di un aberrometro oculare, in qualche caso, si possono anche utilizzare soltanto le informazioni aberrometriche successive alla topo-grafia corneale che però sono più elevate in confron-to a quelle dell’intero occhio. L’approccio è diverso a seconda che l’aberrazione da compensare sia: a) soltanto, o principalmente, quella sferica, essendo l’unica che ha caratteristiche di simmetria, oppure: b) che siano da compensare anche altre aberrazioni di alto ordine.

a) Compensazione controllata dell’aberrazione sfericaAttraverso l’applicazione di lac, sia rigide che morbide, costruite con tecniche convenzionali, è possibile ottenere delle lenti che abbiano la superficie esterna asferica. Mo-dificando adeguatamente il fattore forma, che determina il coefficiente di asfericità, è possibile correggere indivi-dualmente l’aberrazione sferica oculare.Nel caso dell'esempio mostrato nella figura 5 il grado di aberrazione sferica dell'occhio (5a) è di + 0,15 µm mentre il grado di aberrazione sferica della lente (5b) è – 0,12 µm cosicché, l'entità di aberrazione sferica dell'occhio con la lente applicata (5c) è, teoricamente, di solo + 0,03 µm38

Non è affatto detto comunque che un tale risultato sia auspicabile per il miglioramento della prestazione visiva. Come già considerato i livelli di aberrazione sferica che consentono la migliore acuità visiva sono variabili a livello individuale. Tuttavia, è possibile migliorare la qualità visiva applicando lac persona-lizzate che abbiano un grado di asfericità tale da far risultare l'aberrazione sferica oculare, quando le lenti sono indossate, di un valore variabile a seconda delle esigenze individuali. La procedura per la determina-zione del coefficiente di asfericità della lente è quella di eseguire un'aberrometria totale prima dell'applica-zione della lente, quindi determinare il valore di asfe-ricità della lente per far rientrare l'aberrazione sferica residua teorica in un valore desiderato e cercare una conferma dei risultati attraverso un ulteriore valuta-zione aberrometrica con la lente applicata.Selezionando soggetti che mostrano un’importante aberrazione sferica, in particolare se è associata a una

correzione di alto potere diottrico, il vantaggio appor-tato dall'utilizzo di lac che abbiano un grado di asferi-cità personalizzato, in termini di sensibilità al contra-sto, e quindi di qualità della visione, è significativo39.

b) Compensazione controllata di aberrazioni di alto ordine non simmetricheLa nuova frontiera di correzione aberrometrica con lac, sia rigide che morbide, è rappresentata dalla re-alizzazione di lenti con spessori variabili. L’idea che ha portato alla realizzazione di queste lenti è che, essendo la deviazione del fronte d’onda, cau-sata dalla refrazione della lente, variabile in relazio-ne allo spessore della lente stessa, si può modificare il suo spessore in modo complesso per correggere il fronte d’onda oculare punto per punto. Secondo que-sto approccio, riuscendo a posizionare le zone meno spesse della lente dove il fronte d’onda mostra un ritardo rispetto al fronte ideale e le zone più spesse dove il fronte d’onda risulta avanzato rispetto a quel-lo ideale, si può riuscire a correggere completamente il fronte d’onda oculare. Sono stati sviluppati degli algoritmi che consentono di calcolare con precisione i necessari spessori della lente nei vari punti per cor-reggere adeguatamente il fronte d’onda40. Le variabili che giocano un ruolo determinante nella definizione degli spessori della lente, necessari per la correzione del fronte d'onda, sono: lo stato aberro-metrico dell’occhio, l’indice di refrazione della lente e, nelle lenti rigide, lo spessore del menisco lacrima-le. In particolare l'aberrometria è indispensabile sia nella forma totale che in quella corneale ed interna. I risultati mostrano che le lenti morbide sono più sot-tili di diversi ordini di grandezza rispetto alle rigide. In un esempio di applicazione di tali lac, lo spessore di una lente rigida è compreso tra i 320 µm e 350 µm. Per lo stesso caso gli spessore di una lente morbida variano tra 13 µm e 25 µm40. Se i problemi di natura tecnica, relativi ai metodi di

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Figura 5Rappresentazione grafica in codice di colore dell'aberrazione sferica di un occhio miope (a); della lente a contatto morbida asferica applicata (b) e dello stesso occhio miope con la lente applicata (c). Per le tre le rappresentazioni è stato preso in considerazione un diametro di 6 mm. È riportata anche la leggenda (d) che permette di quantificare visiva-mente i risultati dell'applicazione della lente in termini di aberrazione sferica residua. L'unità di misura è μm. (Da Cantera E., Zuppardo M. (38) - Pubblicato per gentile concessione).

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a b c d

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calcolo e realizzazione degli spessori, sono superati grazie alle tecnologie disponibili rimane invece pro-blematica la gestione della dinamica della lente quan-do è indossata. Le lac applicate sono caratterizzate da movimento di rotazione e traslazione dovuto all'am-miccamento. Questi movimenti debbono essere limi-tati perché si potrebbe verificare il caso, dove la len-te si muovesse troppo, in cui parti sottili della lente, che dovevano essere sovrapposte a zone ritardate del fronte d'onda si trovino sovrapposte, parzialmente o totalmente, a zone avanzate. Mentre la rotazione della lente è un fenomeno che, come accade con le lenti toriche per la correzione dell'astigmatismo, può essere affrontato con varie so-luzioni (prisma di bilanciamento e zone di assottiglia-mento in primis) diverso il problema è per i movimenti di traslazione. Infatti, i movimenti di traslazione sono necessari, per evitare problemi di indentazione e favo-rire il ricambio lacrimale sotto la lente.In uno studio41 in cui sono state applicate lac a spesso-re variabile, è stata quantificata la qualità della visione correggendo le aberrazioni di alto ordine in soggetti del tutto sani. Le aberrazioni di alto ordine dei sogget-ti su cui è stato eseguito lo studio rientra nella normal band. I risultati mostrano che, la preferenza su base soggettiva, è significativa per la correzione dell'aber-razione sferica e coma mentre risulta trascurabile per il trifoglio. Tuttavia, anche per una correzione totale dell'aberrometria il vantaggio sulla qualità visiva è paragonabile a 1/8 D di defocus. Differente invece può essere il risultato in soggetti dove l'aberrazione di alto ordine è fuori dai valori medi della normal band, come nel cheratocono o negli occhi che hanno subito interventi di chirurgia refrattiva.

ConclusioniLa correzione delle aberrazioni di alto ordine, secondo l'approccio che ha come obiettivo la sostituzione della superficie corneale come prima interfaccia con la super-ficie della lac, è attuata con delle lac che hanno la superfi-cie esterna descrivibile da un solo parametro, il raggio di curvatura, o al massimo due nelle lenti ad asfericità con-trollata , raggio di curvatura e fattore forma. Nel primo caso l’influenza del menisco lacrimale è cruciale.Le lac ad asfericità controllata possono risultare utili sol-tanto per controllare l'aberrazione sferica. Tali lac paiono utili principalmente quando l’aberrazione sferica è rile-vante e associata a una correzione diottrica di alto potere.Più recentemente la ricerca sta spostando l'attenzione verso nuove lac a spessore variabile. Queste hanno una forma descrivibile solo attraverso algoritmi relativamen-te complessi. Lo spessore della lente, che è modulabile punto per punto, ha il proposito di annullare tutte le

differenze del fronte d'onda generato dall'ottica oculare rispetto a quello ideale. Tali lenti, la cui forma è calcola-ta in considerazione dell'aberrometria interna, corneale e totale, sono ognuna diversa dall'altra, relativamente all'ottica dell'occhio su cui dovranno essere applicate. Non mancano i problemi attinenti la procedura di appli-cazione che deve garantire stabilità alla lente, sia in senso rotazionale che in senso traslazionale.Fattori quale il diametro pupillare, l'accomodazio-ne e il tempo tra un ammiccamento e l'altro sono ulteriori elementi che complicano la correzione del fronte d'onda in modo che apporti un effettivo van-taggio sulla qualità visiva.

Parte di questo articolo è stato trattato nella tesi di laurea in Ottica e Optometria discussa da Fabrizio Sasso, relatore Luigi Lupelli, presso l’Università degli Studi Roma Tre. In un successivo articolo gli stessi autori presenteranno delle esperienze di applicazione di lenti a contatto in presenza di aberrazioni di alto ordine residuate da chirurgia refrattiva.

Lenti a contatto nella correzione di aberrazioni di alto ordine residuate da chirurgia refrattiva

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AbstractThe optical quality of the eye is the result of mul-tiple factors that work together. Being affected by aberrations, the eye is not a perfect optical sy-stem , at the same time, a low grade of a spherical aberration can be considered even functional for the efficiency of visual system. Contact lens fit-ting permits to correct not only the common low order aberrations, as defocus, but more complex high order aberrations, too. These can be present in “normal” subjects but mainly in eyes affected by corneal dystrophies, as keratoconus, or in patients that undergo modern excimer laser surgery. The possibilities for contact lenses to correct high or-der aberration are several. If the cause of aberration is attributed to the cornea, the most used method is to fit a contact lens that permits the formation of tear meniscus between the lens and anterior corneal surface. When the aberration is limited to the spherical type, it is possible to compensate it by a calculation of the specific shape factor of the aspheric contact lens surface. Recently, the atten-tion is placed on the possibility to correct every type of eye aberration by a contact lens which per-mits a customized correction of the wavefront.

Key wordsocular high order aberrations, wavefront, customi-zed contact lenses

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Lenti a contatto nella correzione di aberrazioni di alto ordine residuate da chirurgia refrattiva

F. Sasso, L. Lupelli / Lac - Lenti a contatto 2011; 13: 15-21

Autore corrispondente: Luigi LupelliE-mail: [email protected]

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LA GUIDA DEFINITIVA PER OTTENERE OTTIMI RISULTATI CON LE LENTI A CONTATTO MULTIFOCALI

Cameron HudsonProfessional Service di CIBA VISION, UK

Nel Regno Unito la popolazione di presbiti rappre-senta il segmento con maggiore crescita, e allo stes-so tempo meno sviluppato, del mercato delle lenti a contatto3. Le opzioni contattologiche per i presbiti comprendono lenti a contatto multifocali, monovi-sione o una combinazione di lenti a contatto mono-focali per lontano e di un occhiale per lettura. Date le potenzialità di incremento del numero dei pazien-ti, che possono beneficiare delle lenti a contatto, e con l’obiettivo di aumentare la redditività, è interes-sante considerare i fattori che frenano i professioni-sti nell’affrontare la “sfida dei presbiti”. Per molti contattologi una precedente esperienza negativa potrebbe aver ridotto il loro entusiasmo nei confron-ti delle lenti multifocali. Per altri, invece, è la paura di un fallimento nel raggiungere i risultati promessi al portatore e l’incertezza sugli esiti nel breve-, me-dio- e lungo-termine, a limitarne le scelte. Sempre in aumento, i presbiti godono di una salute miglio-re e di una maggior vitalità negli anni centrali della loro vita. Il numero di attività svolte e l’attenzione per l’aspetto estetico sono sostanzialmente cambia-ti negli ultimi vent’anni. Questi fattori, insieme ad altre tendenze sociali, rendono sempre più attraenti le opzioni di correzione visiva che consentono agli utenti una maggiore disinvoltura. Esiste un’enorme disparità tra il desiderio comune dei presbiti di ridurre la dipendenza dagli occhia-li e l’effettivo uso di lenti a contatto in questa po-polazione4. Come conseguenza, i produttori hanno applicato una vasta gamma di principi ottici per

produrre differenti tipi di lenti a contatto multifo-cali, in grado di soddisfare le esigenze individuali dei portatori, oculari (strutturali) e funzionali. Ana-logamente, i materiali delle lenti a contatto si sono evoluti per migliorare la trasmissione all’ossigeno (ad esempio silicone-idrogel), ridurre l’angolo di bagnabilità, resistere alla formazione di depositi e alla disidratazione, con l’obiettivo di minimizzare l’incidenza di occhio secco. Il comportamento visi-vo del tipico presbite si è rapidamente evoluto, con una minore richiesta per il lavoro prossimale ad una distanza relativamente ravvicinata (40 cm o meno) con direzione di sguardo verso il basso, e una mag-giore necessità per le distanza comprese tra i 40 cm (o più vicino) del telefono cellulare e gli 80cm (e oltre) del videoterminale. È opinione diffusa tra i professionisti (nel Regno Unito, NdR) che corregge-re la presbiopia con la monovisione richieda meno tempo in sala refrazione e dia una più alta probabi-lità di successo rispetto alla applicazione di lenti a contato multifocali5. Tuttavia, negli ultimi due anni i professionisti nel Regno Unito ed in Europa hanno iniziato a mostrare un cambiamento di tendenza6. Solo nel Regno Unito questo segmento dell’indu-stria sta crescendo di 5,000 nuovi portatori per tri-mestre6. Nonostante questo nuovo “atteggiamento applicativo”, la strada è ancora lunga prima che le lenti a contatto multifocali diventino la prima scelta nella correzione della presbiopia.

Pubblicato per la prima volta su Optometry Today (11.01.2011): “The ultimate guide to succeeding with multifocal contact lenses”. Si ringraziano gli autori e l’editore per la gen-tile concessione a tradurre e pubblicare l’articolo.

Una decina di anni fa, la prescrizione di lenti a contatto multifocali di prima generazione, era spesso un processo frustrante, che otteneva tra i pazienti scarse percentuali di successo. Anche oggi, molti professionisti sono riluttanti nell’applicare lenti multifocali nonostante i significativi miglioramenti relativi a materiali, geometrie e gamma di parametri1, che permettono migliori risultati visivi2 e pazienti più soddisfatti1. Questo articolo intende dare una panoramica sulle lenti a contatto multifocali che il mercato oggi offre e guidare i professionisti nel raggiungere correttamente alti livelli di successo e soddisfazione tra i portatori.

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ARTI

COLO

VICINO

INTERMEDIO

LONTANO

Su quali principi si basano le lenti a contatto multifocali attuali?L’ultima generazione di lenti morbide multifocali si basa sul principio della visione simultanea, nella quale più poteri sono posizionati all’interno della pupilla allo stesso tempo. Quindi, sia la luce proveniente dalla por-zione della lente per lontano, sia quella proveniente dal-la porzione per vicino è a fuoco sulla retina contempora-neamente. Questa descrizione comunque tende a com-plicare la realtà dei fatti, ovvero che quando il paziente osserva un oggetto lontano la qualità dell’immagine risentirà della zona di potere più positivo (per vicino). L’inverso vale quando si osserva un oggetto da vicino. Per tutte le lenti a visione simultanea, quanto l’immagi-ne risente della correzione per l’altra distanza dipende da un attento bilanciamento dei seguenti fattori:- Ampiezza relativa delle zone ottiche per lontano e

per vicino- Presenza o meno di zone giunzione di transizione

tra zone per lontano e per vicino - Percentuale di rapidità del passaggio tra potere per

lontano e vicino di tali giunzioni- Posizione relativa della zona ottica per vicino (cen-

tro-vicino, centro-lontano o disegno concentrico)- Dimensioni della pupilla e illuminazione ambientale- ammontare dell’addizione per vicino- ottiche asferiche- centraggio e stabilità della lente sull’occhioLa performance e i vantaggi di un tipo di lente rispetto ad un altro non possono essere semplicemente attribu-iti, ad esempio, al fatto che una lente sia centro-lontano piuttosto che centro-vicino o che abbia una addizione più o meno alta. In commercio esistono due lenti a contatto multifocali in silicone idrogel con centro vici-no che hanno un’ottica asferica (Fig. 1), ovvero Pure-Vision® Multi-Focal (Bausch & Lomb, Rochester, NY) e AIROPTIX® AQUA MULTIFOCAL (CIBA VISION

inc. Duluth, CA). Queste lenti permettono un diver-so bilanciamento tra visione per lontano e prossimale dovuto a un diverso design delle lenti. Per esempio le Acuvue Oasys per presbiopia (Johnson & Johnson Vi-sion CareInc. Jacksonville, FL) sfruttano una geometria ad anelli concentrici con centro vicino che si pensa pos-sa garantire un controllo del bilanciamento tra lontano e vicino in accordo con l’illuminazione ambientale.

Che cosa pensano i portatori delle lenti a contatto multifocali?Numerosi studi hanno investigato la performance visi-va oggettiva e soggettiva delle lenti a contatto multifo-cali, nello specifico comparandola con la monovisione. Le misure oggettive includevano acuità visiva (AV) e sensibilità al contrasto (SC)7,8, mentre le misurazioni soggettive erano centrate sulla intenzione di acquisto, sulla soddisfazione, e sulle risposte a specifici que-stionari2,9-11. Comparando i risultati visivi oggettivi tra monovisione e lenti PureVision® Multi-Focal, Gupta et al.7 hanno riscontrato una differenza significativa tra le performance ottenute nelle due modalità. La più evidente è stata quella relativa al miglioramento del-la acuità visiva ad alto contrasto per lontano e vicino in monovisione (p<0,05), sebbene avessero riscontrato che le lenti multifocali con bassa addizione permette-vano comunque una migliore stereoacuità (p<0,01) e un intervallo di visione nitida più prossimale (p<0,05) rispetto alla monovisione7.Tra i primi presbiti Woods et al.2 hanno evidenziato una performance soggettiva superiore con le lenti AI-ROPTIX® AQUA MULTIFOCAL se comparate con la monovisione. I risultati più eclatanti sono stati il mi-glioramento nell’abilità soggettiva di “cambiare fuo-co” (p<0,001), nel guardare la televisione (p<0,001), nel guidare durante il giorno (p<0,05) e durante la notte (p<0,001),portando le lenti multifocali. Si è riscontrato inoltre un significativo salto di qualità nella soddisfa-zione generale con la correzione multifocale rispetto alla monovisione (p<0,01). Ciò ha portato gli studiosi a concludere che tener conto dei giudizi visivi soggettivi nella procedura applicativa consente di prevedere più facilmente l’esito applicativo2. Una conclusione generale che può essere tratta dalla letteratura è che le lenti a contatto multifocali sono in grado di garantire una visione soggettiva di livel-lo superiore, sebbene con la monovisione si ottiene un relativo guadagno della acuità visiva da vicino in condizioni di alto e basso contrasto2,7-11. Una probabile giustificazione per la preferenza, a livello soggettivo, delle lenti multifocali è il disturbo minimo della visio-ne binoculare grazie alla preservata stereoacuità e al maggiore intervallo di visione prossimale7, 10,12.

La guida definitiva per ottenere ottimi risultati con le lenti a contatto multifocali

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Figura 1Schema che indica il principio generico di una lente a contatto multi-focale con geometria centro-vicino.

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Chi è più adatto alle lenti a contatto multifocali?Il successo delle lenti multifocali è fortemente dipendente dall’identificazione dei candidati che desiderano ottenere benefici tangibili dall’essere meno dipendenti dai loro oc-chiali. Tra i presbiti con età compresa tra i 50 e i 64 anni, solo alcuni hanno avuto esperienza con le lenti a contatto da giovani, quindi molti di questo gruppo potrebbero non possedere la motivazione per iniziare a portare le lenti a contatto. Ad ogni modo ciò non significa che non possano avere successo se gli viene data l’opportunità di provare.Il più grande potenziale di successo risiede in quegli individui facenti parte della generazione X. Le persone nate dopo il boom delle nascite successivo alla seconda guerra mondiale (tipicamente tra 1960-1970) sono gli attuali presbiti emergenti, e molti di loro hanno scelto le lenti a contatto come correzione refrattiva. Questa ge-nerazione è anche molto più consapevole delle lenti a contatto e ha necessità visive molto più variabili rispetto ai presbiti avanzati. Rispetto alla generazione preceden-te, sono più propensi ad abbracciare la tecnologia ad esempio utilizzando internet e i telefoni cellulari e di conseguenza sono più motivati a preservare le loro abi-lità visive funzionali tanto quanto l’estetica. Storicamente molti specialisti hanno sempre cercato di posticipare il più possibile il momento di correggere la presbiopia. Tuttavia la chiave del successo delle lenti a contatto multifocali sta nell’affrontare i primi sintomi della presbiopia prima che si manifesti apertamente. Il momento ideale è quando il paziente riferisce che la sua abilità di “cambiare la messa a fuoco” si riduce1. Indipendentemente dall’età del paziente, i buoni can-didati all’uso di lenti a contatto multifocali sono coloro che possiedono un certo livello di insoddisfazione nei confronti della loro correzione in almeno una parte della loro vita di tutti i giorni. I professionisti devono per pri-ma cosa identificare e poi cercare di quantificare questo livello di insoddisfazione, poiché esso sarà il punto di riferimento al quale comparare le correzioni alternative.

Comunicare in modo efficace e stabilire aspettative realisticheIl fallimento con le lenti a contatto multifocali è spes-so dovuto alla scarsa comunicazione piuttosto che alla

tecnologia della lente. L’abilità del professionista di sta-bilire “aspettative realistiche” nella prima fase dell’ap-plicazione è comunemente citata dai produttori di lenti come un punto chiave per una buona applicazione. La scelta del linguaggio del professionista può avere un forte impatto sulla scelta del portatore di utilizzare le lenti a contatto multifocali una volta applicate. Descri-vere i risultati visivi ottenibili come visione “legger-mente compromessa” o “non buona come quella con gli occhiali” non fornisce al paziente una visione né positiva né necessariamente realistica di quello che si può ottenere. È molto meglio descrivere i risultati visi-vi usando termini come “visione funzionale completa” oppure ottenimento di un “miglior bilanciamento tra visione da lontano e da vicino”. In termini più generali i professionisti dovrebbero puntare su ciò che il pazien-te potrà guadagnare piuttosto che su quanto perderà (Tab. 1). Questo approccio potrà aumentare le possibili-tà di successo e offrirà al portatore una ragione convin-cente per procedere; e dovrebbe essere simile a quello usato nel raccomandare occhiali multifocali ad un nuo-vo portatore, cercando di essere realistici in merito alle aspettative e utilizzando un atteggiamento positivo.

In che modo stabilire il potere della lente da selezionare inizialmente?Non esiste la regola “una taglia per tutti” nell’applica-zione delle lenti a contatto multifocali. Ogni lente ha le proprie linee guida approvate dall’azienda produt-trice, che dovrebbero essere seguite per ogni nuovo portatore. Seguire le indicazioni fornite dal produttore aumenta le probabilità di successo e riduce i tempi di applicazione. Allo stesso modo in cui non tutti i pa-zienti si adattano agli occhiali progressivi, non sarebbe realistico aspettarsi che tutti si adattino alle lenti a con-tatto multifocali. Tuttavia, attenendosi alle linee guida del produttore, ci si può aspettare una percentuale di successo del 72-79%1. Tali linee guida sono derivate dall’esperienza raggiunta durante la creazione e lo sviluppo delle lenti, che spesso coinvolge centinaia, se non migliaia, di pazienti 1. Inoltre, seguire un proto-collo standardizzato fornisce un importante indicatore di quando non sono possibili ulteriori aggiustamenti

La guida definitiva per ottenere ottimi risultati con le lenti a contatto multifocali

Parole/frasi da evitare Parole/frasi da utilizzareCompromessoNon perfetto

Non buono come con gli occhialiPerdita di nitidezza/leggermente Offuscato/annebbiato

Visione funzionaleEquilibrio tra lontano e vicinoRevisione delle priorità visive

Ridotta dipendenza dagli occhiali da letturaUsare gli occhiali da lettura il 60-90% delle volte in meno

Tabella 1Indicazioni per il colloquio pre-applicativo delle lenti a contatto multifocali

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ARTI

COLO

al potere della lente, ad esempio nella piccola percen-tuale di casi in cui il paziente non raggiunge i risultati visivi richiesti.

Adattamento A differenza di molti altri tipi di lenti a contatto, le lenti multifocali richiedono un periodo di adattamento prima di permettere al professionista di avere un’idea reale del-la performance visiva13. L’adattamento può essere visto come costituito da due fasi: adattamento a breve termine (20-30 min) e a lungo termine (una settimana e oltre). In una situazione ideale il contattologo dovrebbe essere in grado di stimare la miglior performance visiva ottenibi-le poco dopo l’applicazione della prima lente, fornendo immediatamente un’indicazione riguardo al successo o fallimento, tuttavia nella pratica ciò non è possibile.

Adattamento a breve termineNormalmente si richiede un periodo di 20-30 min per-ché la lente si stabilizzi e cessino le iniziali reazioni fi-siologiche, come ad esempio la lacrimazione. Durante questo periodo è opportuno che il portatore lasci lo studio e abbia l’opportunità di compiere una serie di compiti visivi come osservare oggetti in distanza, con-trollare l’ora sull’orologio, leggere sul suo telefono cel-lulare, alternare tra visione di oggetti lontani e vicini, in una condizione di vita reale. Non appena tornati, i portatori dovrebbero essere incoraggiati a dare sog-gettivamente un punteggio (ad esempio da 1 a 10) alla loro visione da lontano e da vicino, per permettere al professionista di avere un’indicazione della loro sod-disfazione. Questo è lo standard clinico raccomanda-to2, e fornisce al professionista un riferimento rispetto al quale confrontarsi nel perfezionare il potere della lente, con lo scopo di ottenere il miglior bilanciamento tra visione da lontano e da vicino. Inoltre, una valu-tazione soggettiva della visione, può essere sensibile a piccoli cambiamenti del potere della lente che non possono essere identificati usando metodi oggettivi; allo stesso tempo è stato dimostrato che quando la vi-sione appare oggettivamente ridotta o migliorata può non esserci una correlazione con l’opinione soggettiva del portatore13.

Adattamento a lungo termineCome per la prima volta di utilizzo di un occhiale pro-gressivo, chi indossa per la prima volta lenti a contatto multifocali normalmente necessita di un periodo di adattamento maggiore per abituarsi alla nuova visio-ne. È a questo punto che inizia il vero “collaudo” della lente. È importante completare questa parte dell’ap-plicazione poiché la performance della lente può va-riare significativamente rispetto ai risultati iniziali13.

Perfezionare i risultatiFase 1È importante controllare che la visione in distanza sia ot-timizzata. In generale questo processo coinvolge la mi-sura della acuità visiva oggettiva e l’opinione soggettiva binoculare; e si prosegue aggiungendo alla prescrizione per lontano quanto potere positivo il soggetto è in grado di accettare, fino al punto in cui un ulteriore aggiunta di potere positivo causa una riduzione della acuità visiva14. Questo pemette di minimizzare l’addizione per vicino. Il processo deve essere eseguito con una buona illumi-nazione. Si inizia con l’occhio dominante e si aumenta il potere positivo in step di 0.25D, e si ripete lo stesso pro-cesso per l’occhio non dominante. Per la sovrarefrazio-ne è opportuno usare lenti della cassetta di prova, evi-tando l’uso del forottero e dell’occhiale di prova (Fig.2). Se sono richieste lenti negative per migliorare la visione da lontano agire con cautela, il potere positivo va ridotto solo se c’è un miglioramento della visione soggettiva. Mentre esegue la sovrarefrazione per raggiungere un miglioramento del contrasto, il contattologo dovrebbe usare le lenti negative con molta attenzione.

Fase 2Solo quando la visione per lontano è ottimizzata ci si può occupare della visione prossimale poiché piccoli cambiamenti del potere per lontano possono avere un forte effetto sulla visione per vicino1,14. È importante mirare a prescrivere l’addizione per vicino più bassa possibile, e se la visione soggettiva per vicino è distante da un livello accettabile considerare di aggiungere una piccola quantità di potere positivo alla componente per la distanza nell’occhio non dominante (ad es. +0.50D)1.

Fase 3Seguire le linee guida del costruttore, anche se sogget-tivamente il paziente non raggiunge ottimi risultati nell’immediato; persuaderlo che probabilmente la vi-sione sarà migliore dopo il periodo di adattamento e che comunque, dal punto di vista oggettivo, raggiunge già un standard visivo accettabile da un punto di vista

La guida definitiva per ottenere ottimi risultati con le lenti a contatto multifocali

Figura 2Sovra-refrazione binoculare utilizzando i flipper.

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medico-legale; incoraggiarlo, quindi, a proseguire la prova con le lenti per altri 4-7 giorni e ricontrollare la performance visiva dopo questo periodo. Se alla fine dell’estensione del periodo di prova non ci sono altri possibili aggiustamenti da fare alla lente, riassumete brevemente i risultati raggiunti. (Fig. 3-4). Questo per-metterà al portatore di valutare se i risultati visivi rag-giunti giustificano le nuove lenti prescritte.

Quale metodo di correzione preferiscono i presbiti?Appurato che non esiste una singola correzione che vada bene per tutti i presbiti e per tutti i tipi di attivi-tà, è importante che i contattologi considerino tutte le opzioni per soddisfare lo stile di vita e le richieste vi-sive individuali. Questo potrebbe comportare il dover combinare i benefici di diverse possibilità di correzio-ne in modo che i relativi vantaggi e svantaggi possano essere massimizzati e minimizzati rispettivamente. È stato dimostrato che quando viene offerta la possibi-lità di provare le lenti a contatto multifocali ai presbiti portatori di occhiali multifocali, la stragrande maggio-ranza (78%) sceglie di usarli entrambi per combinare i vantaggi dell’una e dell’altra correzione15.

Riassumendo...Le lenti a contatto multifocali si sono significativamente evolute negli ultimi dieci anni e i professionisti le appli-cano sempre di più. Tuttavia la popolazione di presbiti rimane il segmento meno sviluppato del mercato della contattologia e rappresenta quindi una reale opportu-nità. I giovani presbiti tendono ad avere i maggiori van-taggi dalle lenti a contatto multifocali, dato che hanno maggiore familiarità con le lenti a contatto in genere e possiedono una più ampia varietà di richieste visive rispetto a coloro che hanno una presbiopia consolida-ta. Adottando una strategia applicativa conforme alle linee guida fornite dai produttori, le probabilità di suc-cesso aumentano e si ottimizza il tempo delle sedute

in studio. Anche la comunicazione dei professionisti, specialmente durante il colloquio pre-applicativo, gioca un ruolo fondamentale nel risultato ottenuto. Per rag-giungere una alta e affidabile percentuale di successi è necessaria una certa pratica, i professionisti potrebbe-ro confrontarsi con professionisti esperti o consultare i produttori per ricevere le linee guida all’applicazione e conoscere le possibilità formative offerte.

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La guida definitiva per ottenere ottimi risultati con le lenti a contatto multifocali

C. Hudson / Lac - Lenti a contatto 2011; 13: 22-26

- 65 anni-completamente dipendente dai suoi occhiali da lettura-ama giocare a golf. Esempio che riassume la conversa-zione successiva all’applicazione: “Avendo indossato le lenti per una settimana, adesso abbiamo una buona idea della visione che può ottenere. Innanzitutto sembra che, diversamente da prima, non debba dipendere dagli occhiali da lettura che ora usa l’85% di volte in meno, ciò le permette di non doverli utilizzare quando gioca a golf. Quando deve leggere scritte molto piccole, le raccomando di usare degli occhiali da lettura con basso potere. Infatti il potere degli occhiali di cui ha bisogno ades-so è lo stesso che utilizzava quando aveva 45 anni. Come la fa sentire tutto questo?”

Figura 3Caso tipo che riassume una applicazione di lenti a contatto multifocali.

Figura 4Caso tipo che riassume una applicazione di lenti a contatto multifocali.

- 45 anni- 0% dipendente dagli occhiali per vicino- già portatore di lenti a contatto- Utilizza il videoterminale e ri-ferisce che cambiare la messa a fuoco richiede più tempo del solito.Esempio che riassume la conversazione suc-cessiva all’applicazione: “Ora che ha indos-sato le lenti per una settimana la sua velocità di focalizzazione sembra significativamente migliorata. Queste nuove lenti la aiuteranno a ridurre i sintomi di affaticamento a fine gior-nata che mi ha descritto. Come la fa sentire tutto questo?”

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IMMAGINI DI LACBENEDETTO OSSIGENO

a cura di

Fabrizio ZeriUniversità degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Fisica - Ottica e Optometria

L’applicazione di una lente a con-tatto interferisce, in maniera varia-bile a seconda di un certo insieme di fattori come il materiale, lo spes-sore, il movimento etc, con l’ap-provvigionamento di ossigeno che le strutture oculari esterne, cornea e parte della congiuntiva, ricevono dall’atmosfera. Le reazioni scatena-te da una possibile ipossia indotta dalle lenti a contatto sono ormai piuttosto chiare e ben documenta-te in letteratura (per una rassegna vedi Efron, 19991). Tra queste va ricordata l’iperemia bulbare e lim-bare. L’incremento del livello d’ipe-remia limbare in portatori di lenti a contatto in idrogel è stato definito da Efron2 come la norma piuttosto che un’eccezione. La Sweeney e col-laboratori3 hanno confermato que-sta evidenza rilevando che l’85% di portatori da molti anni di lenti a contatto in idrogel può essere cor-rettamente identificato rispetto ad un gruppo di pazienti di controllo portatori di occhiali, esclusivamen-te ricorrendo all’osservazione della loro iperemia limbare.Papas4 ha chiaramente identificato una relazione lineare tra decremen-to dell’iperemia limbare e il loga-

ritmo naturale della trasmissibilità all’ossigeno nella periferia di una lente a contatto. Un livello pari a grado 0 di iperemia si raggiunge al 95% d’intervallo di confidenza per un valore di Dk/t compreso tra 56 e 274. Il caso riportato è un esempio cli-nico molto evidente dell’effetto sull’iperemia bulbare e limbare che un maggiore approvvigionamento di ossigeno può innescare. In Fig.1 è riportata la condizione dell’ipere-mia limbare e bulbare (entrambi di grado 2,0 circa, secondo l’Efron gra-ding scale) di un paziente che da 3 anni e mezzo dall’inizio dell’appli-cazione stava usando in uso diurno sul suo occhio sinistro una lac mor-bida torica in methafilcon A (Dk 18) con Fv’ pari a Sf-1.00 cil -0,75 ax 40°. All’inizio dell’applicazione l’i-peremia limbare e bulbare erano di fatto assenti ma già dopo circa un anno di uso entrambi erano risul-tate incrementate raggiungendo un livello di circa 1/1,5. Si decide quindi di provare una lente torica in silicone idrogel ap-plicando una lotrafilcon B (Dk 110) con gli stessi poteri. È stato calco-lato in letteratura che, anche tenen-

do in considerazione le geometrie e quindi gli spessori, passando da una lente torica in idrogel ad una in silicone idrogel si ottiene un ra-gionevole aumento di ossigeno a disposizione della cornea che eli-mina di fatto la sofferenza ipossica nell’uso diurno5. A distanza di un mese dal cambio di lente il quadro si presenta sensibilmente modifica-to (Fig.2), tornando a dei valori d’i-peremia sovrapponibili a quelli del baseline iniziale: benedetto ossigeno.

Bibliografia1. Efron N. Contact Lens Complications.

Butterworth-Heinemann 1999.2. Efron N. Vascular response of the cornea

to contact lens wear. J Am Optom Ass 1987; 58: 836-46.

3. Sweeney DF, Gauthier C, Terry R et al. The effects of long term contact lens wear on anterior eye. Inv Ophthalmol Vis Sci 1992; 33(s): 1293.

4. Papas E. On the relationship between soft contact lens oxygen transmissibility and induced limbal hyperemia. Exp Eye Res 1998, 67: 125-31.

5. Forister JFY, Chao J, Khy K, Forister E, Weissman BA. Predicted tear layer oxygen tensions under two designs of si-licone hydrogel toric lenses. CLAE 2008; 31: 228–241.

Figura 1 Figura 2

Autore corrispondente: Fabrizio ZeriE-mail: [email protected]

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RUBR

ICATIPS

& TRICKS

a cura di

Laura Boccardo

Qualche idea per rende-re proficuo il tempo che i nostri pazienti passano in sala di attesaIn qualità di pazienti abbiamo tut-ti fatto esperienza di quanto possa essere noioso aspettare in sala di attesa che arrivi il nostro turno per una visita. Come optometristi e con-tattologi sappiamo quanto tempo si impiega a raccogliere tutti i dati re-lativi ai nostri pazienti (a volte solo per adempiere ad obblighi contabili e burocratici) e quanto sia impor-tante un’anamnesi dettagliata.Una soluzione per entrambi i pro-blemi può essere quella di utilizza-re in modo proficuo il tempo che i nostri pazienti passano in sala di at-tesa, invece di considerarla solo una perdita di tempo.Qualche suggerimento:• far compilare una scheda anam-nestica generale (dati anagrafici, dati medici, ecc.)• far leggere e sottoscrivere l’infor-mativa sulla privacy• far compilare un questionario sull’occhio seccoQueste sono tutte attività molto adatte alla prima visita, ma il col-lega Jeffrey Anshel (CLToday, 2 gennaio 2011) ha un’idea per tenere impegnati i pazienti anche quando tornano al controllo.Durante ogni prima visita (nuovi portatori di lenti a contatto oppure nuovi frequentatori dello studio) consegna un opuscolo informati-vo sull’utilizzo e la manutenzione delle lenti e raccomanda di leggerlo attentamente. Alla visita successi-va, propone un breve questionario (dieci domande cui rispondere vero o falso) sulle informazioni dell’opu-scolo. Se qualche risposta è sbaglia-ta, rispiega al paziente la procedura

corretta. Non c’é dubbio che questa tecnica stimoli l’attenzione anche dei pazienti più distratti!

Compliance e bungee jumpingVerrà pubblicato su Contact Lens and Anterior Eye un articolo di Carnt e coll. in cui gli autori sono andati a studiare il rapporto fra personalità e compliance (Higher risk taking propensity of contact lens wearers is associated with less compliance, in corso di pubblicazione, disponi-bile online dal 5 Novembre 2010). In particolare gli autori si sono chie-sti se una personalità amante del rischio può essere associata a una minore attenzione alle corrette pro-cedure di utilizzo e manutenzione delle lenti a contatto. Analizzando i risultati di un questionario, presen-tato in Australia a 73 utilizzatori di lenti a contatto in 18 diversi centri optometrici, gli autori hanno con-cluso che un’elevata propensione al rischio è un elemento significativa-mente legato alla scarsa complian-ce ed è un indicatore migliore di questo comportamento, rispetto ad altri fattori come età e sesso. Quin-di la prossima volta che cercherete di valutare un vostro paziente, per capire quale tipo di lente o di pro-gramma di manutenzione possono essere più adatti a lui, considerate la possibilità di domandargli anche se è disposto a provare il salto con l’e-lastico giù da un ponte.L.B. Szczotka-Flyn, CLToday 12 dicembre 2010

Effetto della pulizia delle lenti sullo staining epite-liale indotto dai liquidi di manutenzioneOrmai tutti sappiamo che parti-colari soluzioni per la manuten-

zione, utilizzate insieme a parti-colari materiali in silicone idrogel, inducono una colorazione epite-liale asintomatica, che è già stata ampiamente descritta. Benché il fenomeno sia noto da anni, il mec-canismo che lo causa non è del tutto chiaro e quindi molti sono gli studi che si susseguono su questo argomento. Peterson e coll. hanno studiato gli effetti della pu-lizia delle lenti, mediante le fasi di strofinamento e risciacquo, sullo staining epiteliale indotto dai li-quidi di manutenzione. I risultati sono stati di recente pubblicati su Optometry and Vision Science (Pe-terson RC, Fonn D, Woods CA, Jo-nes L. Impact of a rub and rinse on solution-induced corneal staining. Optom Vis Sci 2010;87:1030-6). Gli autori osservano che lo stai-ning corneale può essere signifi-cativamente ridotto strofinando e risciacquando la lente prima di conservarla nella soluzione per la notte. Ulteriori studi saranno ne-cessari per stabilire la durata di questo effetto lungo tutto il mese di uso, ma di certo questo può es-sere un motivo in più per sensibi-lizzare i nostri portatori ad un’ac-curata e regolare pulizia delle loro lenti a contatto.

Avete un piccolo trucco o qualsiasi suggerimento che possa risolvere i problemi più comuni che si incon-trano nella pratica contattologica di tutti i giorni? Avete piacere di condividerlo con i colleghi?

Inviate i vostri Tips&Tricks alla re-dazione di LAC.

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Contact Lenses Today è una new-sletter settimanale destinata agli applicatori di lenti a contatto, è scritta in lingua inglese, ma riporta notizie da tutto il mondo. La new-sletter è curata dalla redazione della rivista Contact Lens Spectrum ed è diretta da Jason J. Nichols. Contact Lenses Today è costituita da una singola pagina web, con una serie di brevi articoli. Nella colonna centrale sono riportate le notizie proposte dalle aziende e dalle associazioni che operano nel settore delle lenti a contatto: nuo-vi prodotti, annunci di congressi e corsi di aggiornamento, collega-menti a risorse web, novità nella gestione delle aziende o nella vita delle associazioni scientifiche. Le colonne laterali sono dedicate a una serie di rubriche fisse: un edi-toriale del direttore, un breve son-daggio e l’abstract di un articolo scientifico di recente pubblicazio-ne. Altre rubriche, invece, si alter-nano di settimana in settimana: casi clinici o esperienze applica-tive proposte dai lettori; una ras-segna di articoli scientifici su un particolare argomento, curata da Loretta B. Szczotka-Flynn; un arti-colo dedicato alle novità nel cam-po dei materiali e delle geometrie, proposto da Ronald K. Watanabe; una rubrica dedicata agli aggior-namenti sulla superficie oculare, curata da Kelly K. Nichols; un ar-ticolo dedicato alla manutenzione delle lenti a contatto, proposto da Susan J. Gromacki. Nella pagina “Meet the Editors”, a cui si accede dalla home page di cltoday.com, è possibile visionare un breve pro-filo degli esperti che collaborano alla stesura della newsletter.

Un rapporto diretto e interattivo con i lettori è fortemente incorag-giato dalla redazione: ogni setti-mana i contattologi sono invitati a rispondere a un breve sondaggio sulle loro abitudini applicative e i risultati sono poi commentati dal direttore nell’editoriale della settimana successiva. Inoltre, tra-mite un indirizzo e-mail dedicato, ognuno può sottoporre alla re-dazione una news o una propria esperienza, che verrà poi pubbli-cata nello spazio “Readers com-mentary”.Sulla newsletter è possibile trova-re il collegamento alla pagina del-la rivista Contact Lens Spectrum e al sito siliconehydrogels.org, con un breve elenco degli argomenti trat-tati nel numero corrente.Per ricevere Contact Lenses Today è necessario iscriversi, collegan-dosi al sito cltoday.com. Oltre la newsletter settimanale, ogni mese viene inviato il Contact Lenses To-day Fitting Tip of the Month, cioè un consiglio pratico suggerito da un

lettore. Chiunque può contribuire a questo servizio, inviando il pro-prio “fitting tip” alla redazione di Contact Lenses Today. Chi non desi-dera iscriversi può comunque ac-cedere a tutto l’archivio completo, sia delle newsletter settimanali, sia dei fitting tip, tramite il sito cl-today.com.Rispetto a una rivista scritta, que-sto tipo di informazione è molto rapido, raggiunge in modo quasi immediato un grandissimo nume-ro di lettori, diffondendosi in tutto il mondo senza limitazioni legate alla distanza. In ogni caso la new-sletter non mira a sostituirsi a una rivista, che permette un diverso grado di approfondimento delle notizie, infatti Contact Lenses Today affianca e non rimpiazza Contact Lens Spectrum, che continua ad essere pubblicato mensilmente sia in forma cartacea, sia via web.

IN RETECLTODAY.COM

a cura di

Laura Boccardo

Autore corrispondente: Laura BoccardoE-mail: [email protected]

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ICA

Lac - Lenti a contatto è una rivista quadrimestrale il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella fi-siologia e patologia dell’occhio esterno.Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca, rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti legati alla contattologia. Possono an-che essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professio-nale e la sua evoluzione, l’educazione e gli eventi del settore.

Invio del testoTutti gli articoli devono essere inviati alla redazione tra-mite posta elettronica al seguente indirizzo: [email protected] . Il formato digitale di preferenza è Micro-soft Word (.doc; .docx), in alternativa possono esser usati: Solo testo (.txt), Rich Text Format (.rtf), OpenDocument Text (.odt). Non inviare il lavoro in formato Acrobat (.pdf).I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente ad altri giornali. Il lavoro verrà successivamente sottoposto, in forma ano-nima, all’esame dei revisori. L’autore corrispondente sarà informato sull’esito della revisione. Nel caso d’accettazio-ne del lavoro presentato, farà seguito la documentazione necessaria per la cessione dei diritti.

Preparazione del testoPer il frontespizio, il sommario, il testo, i ringraziamenti, la bibliografia, le tabelle e le didascalie delle illustrazioni utilizzare il carattere Times New Roman corpo 12. Le pagi-ne devono essere numerate in modo progressivo inizian-do dal frontespizio. Materiale aggiuntivo come tabelle, figure, legende, biblio-grafia ecc. devono essere salvati su file separati, uno per ogni categoria; particolarmente gradita è la preparazione di un file legenda.La prima pagina deve includere il titolo per esteso, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella sequen-za desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome, l’indirizzo email ed il numero di telefono dell’auto-re cui fare riferimento per la corrispondenza.Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 180 parole, deve essere riportato su una pagina separa-ta. È auspicabile che l’autore sottoponga anche un som-mario più esteso, massimo 230 parole, in lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale del tema trat-tato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni.Parole chiavePer facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 5 parole chiave per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari.TestoGli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: in-troduzione, descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione e/o conclusione. L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio. Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio, mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La discussione deve essere limitata

all’osservazione dei dati presentati posti in relazione posta in relazione coi risultati che emergono dalla letteratura. Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi strumenti o procedure dovrebbero essere costitu-iti da: sommario, introduzione, testo e commenti.BibliografiaI riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con un corpo più piccolo ad apice. L’elenco dei ri-ferimenti deve essere riportato in pagine separate del testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati. Articoli di riviste Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo della rivista abbre-viato secondo le norme codificate, anno, volume, prima e ultima pagina in cui appare l’articolo.Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo.Esempio di articolo da rivistaSimmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Pseudo-monas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoe-ba to four types of hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866LibriCognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sotto-titolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine.Esempio di libroFletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction. Ox-ford, Blackwell Science, 1998, 58-60.Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro:Speedwell L. Paediatric contact lenses. In Phillips A, Speedwell L R. Contact Lenses. London, Butterworth Hei-nemann, 2007, 505-518.Atti di congressi e conferenzeCognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’in-tervento, nome dell’evento e dell’ente/associazione che lo promuove, luogo e data del suo svolgimento. Materiale onlineNome dell’associazione o cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo del contenuto, data di pubblicazione su internet (se reperibile), indirizzo Url e data di consultazione.Esempio di rivista onlineBex PJ, Langley K. The perception of suprathreshold contrast and fast adaptive filtering. J Vis 2007;7(12):1–23. http://journalofvision.org/7/12/1/. Consultato il 10/10/2007.Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base del-la numerazione del testo e non secondo l’ordine alfabetico.IllustrazioniPer illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc. La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali. Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo. Sono accettate fotografie in bianco e nero e a colori in formato digitale JPG o TIF.Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia.In caso che si utilizzino immagini già pubblicate altrove, l’autore/i deve richiedere al proprietario del copyright (in genere l’editore) il permesso per la pubblicazione

NOTEPER GLI AUTORI

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