la prima volta...sul set!

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P Pr re ef fa az zi io on ne e d di i C Ca ar rl lo o V Ve er rd do on ne e 7 P Pr re em me es ss sa a d de el ll lA Au ut to or re e 13 Jane Alexander 17 Claudio Amendola 18 Ambra Angiolini 19 Luca Argentero 20 Serena Autieri 22 Lino Banfi 23 Jonis Bascir 24 Maurizio Battista 25 Monica Bellucci 26 Fabrizio Bentivoglio 29 Marco Bocci 30 Attori già da piccoli 32 Massimo Boldi 33 Anna Bonaiuto 35 Barbara Bouchet 36 Baci mancati 37 Raoul Bova 38 Nancy Brilli 40 Massimiliano Bruno 42 Cristiana Capotondi 43 Kaspar Capparoni 44 Antonio Catania 46 Laura Chiatti 48 Gabriele Cirilli 49 Giorgio Colangeli 51 Marco Columbro 52 Carolina Crescentini 54 Maria Grazia Cucinotta 55 Pianti e fughe 57 Christian De Sica 58 Giuliana De Sio 59 Gianni Di Gregorio 61 Anna Falchi 62 Saliva zero 66 Pierfrancesco Favino 68 Christiane Filangieri 69 Camilla Filippi 70 Lorenzo Flaherty 72 Anna Foglietta 72 Alessandro Gassman 74 Il cinema che mi piace vedere 76 Giuliano Gemma 78 Massimo Ghini 80 Serena Grandi 83 Nicole Grimaudo 83 Gloria Guida 84 Leo Gullotta 86 Caterina Guzzanti 87 Vanessa Hessler 88 Gianfelice Imparato 88 Francesca Inaudi 90 Antonia Liskova 92 Teresa Mannino 94 Vinicio Marchioni 95 Ivano Marescotti 96 5 Indice Indice

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La prima volta… sul set! è un diario di viaggio nello star system, divertente e sincero soprtattutto perché raccontato in prima persona – con il tono informale di una chiacchierata tra amici – dai suoi protagonisti.

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PPrreeffaazziioonnee ddii CCaarrlloo VVeerrddoonnee 7

PPrreemmeessssaa ddeellll’’AAuuttoorree 13

Jane Alexander 17

Claudio Amendola 18

Ambra Angiolini 19

Luca Argentero 20

Serena Autieri 22

Lino Banfi 23

Jonis Bascir 24

Maurizio Battista 25

Monica Bellucci 26

Fabrizio Bentivoglio 29

Marco Bocci 30

Attori già da piccoli 32

Massimo Boldi 33

Anna Bonaiuto 35

Barbara Bouchet 36

Baci mancati 37

Raoul Bova 38

Nancy Brilli 40

Massimiliano Bruno 42

Cristiana Capotondi 43

Kaspar Capparoni 44

Antonio Catania 46

Laura Chiatti 48

Gabriele Cirilli 49

Giorgio Colangeli 51

Marco Columbro 52

Carolina Crescentini 54

Maria Grazia Cucinotta 55

Pianti e fughe 57

Christian De Sica 58

Giuliana De Sio 59

Gianni Di Gregorio 61

Anna Falchi 62

Saliva zero 66

Pierfrancesco Favino 68

Christiane Filangieri 69

Camilla Filippi 70

Lorenzo Flaherty 72

Anna Foglietta 72

Alessandro Gassman 74

Il cinema che mi piace vedere 76

Giuliano Gemma 78

Massimo Ghini 80

Serena Grandi 83

Nicole Grimaudo 83

Gloria Guida 84

Leo Gullotta 86

Caterina Guzzanti 87

Vanessa Hessler 88

Gianfelice Imparato 88

Francesca Inaudi 90

Antonia Liskova 92

Teresa Mannino 94

Vinicio Marchioni 95

Ivano Marescotti 96

5Indice

Indice

001_123 3-02-2011 16:46 Pagina 5

Valerio Mastandrea 97

Alessandra Mastronardi 98

Maurizio Mattioli 99

Ricky Memphis 101

Sandra Milo 101

Francesco Montanari 103

Maria Amelia Monti 104

Caterina Murino 105

Il mio primo bacio 108

Francesca Neri 110

Maurizio Nichetti 113

Filippo Nigro 115

Andrea Osvart 116

Giorgio Panariello 118

Francesco Pannofino 120

Rocco Papaleo 120

Giorgio Pasotti 122

Valentino Picone 123

Sbagliando s’impara 124

Leonardo Pieraccioni 126

Veronica Pivetti 128

Michele Placido 130

Alessandro Preziosi 131

Pino Quartullo 132

Michela Quattrociocche 134

Isabella Ragonese 135

Micaela Ramazzotti 136

Francesca Rettondini 137

Se tornassi indietro 139

Elena Sofia Ricci 140

Katia Ricciarelli 142

Giacomo Rizzo 143

Alba Rohrwacher 144

Alessandro Roja 145

Vincenzo Salemme 147

Imprevisti del mestiere 148

Enzo Salvi 150

Claudio Santamaria 151

Giulio Scarpati 153

Monica Scattini 154

Francesco Scianna 156

Yvonne Sciò 157

Alessandro Siani 159

Enrico Silvestrin 160

Valeria Solarino 162

Tullio Solenghi 163

Emilio Solfrizzi 164

Sebastiano Somma 167

Gianmarco Tognazzi 169

Jasmine Trinca 171

Partner 172

Carlo Verdone 174

Daniela Virgilio 178

Fabio Volo 180

Luca Ward 181

Checco Zalone 184

Indice analitico 187

6 Indice

001_123 3-02-2011 16:46 Pagina 6

Prefazione di Carlo Verdone(il regista che ha battezzato tutte le attrici del cinema italiano)

L a “prima volta” su un set è sempre stata e sarà sempre, per unattore, un’emozione indelebile. La paura di non essere all’altezza, il

terrore di non soddisfare pienamente il regista, la distrazione nell’averedavanti a te tante persone che ti fissano in silenzio, l’ossessione di nonricordarti le battute, il pensiero che dovrai lasciare assolutamente un buonricordo per poter continuare a lavorare, sono patemi d’animo che tutti,anche i più grandi, hanno dovuto sopportare nel loro esordio. Chi non sof-fre queste incertezze del debutto non sarà mai un buon attore. L’ansia èqualcosa di umano e spesso appartiene, se non diventa parossistica, a chiha “sensibilità”. E “il sensibile”, avendo una marcia in più, è destinato asoffrire. Sì, questo lavoro è fatto di grande sofferenza e mille turbamenti.Ma è più che comprensibile in chi (e questo ce lo dimentichiamo sempre)deve abbandonare la propria anima per entrare in un’altra. È uno sforzo diconcentrazione e di “spersonalizzazione lucida” terribile. Infatti la gran-dezza dei veri attori è riposta in un grande talento che sa raccontare tanteanime diverse. Un buon attore è quindi un eccellente psicologo. Non bastaavere “la faccia”, “il volto cinematografico”. A questo dovrà corrispondereun adattamento psicologico al ruolo veramente speciale e profondo.

Molti ragazzi oggi si illudono che questa professione sia alla portata ditutti. Ma non è così. Se ragionano con tanta leggerezza è perché hannovisto diventare famosi i protagonisti di qualche reality o perché vedonoaltri avere opportunità grazie ad “interessamenti” o “spinte”. Il guaio ditutto ciò è che molti tentano questa strada senza grande preparazione osenza che qualcuno, autorevole, abbia detto loro, onestamente, che nonc’è talento. Purtroppo il mondo dello spettacolo è pieno di cattivi consi-glieri. E spesso ci si circonda di adulatori interessati.

Non possiamo affatto generalizzare perché non tutti si comportano allostesso modo. Ma per molti ragazzi raggiungere la “visibilità” è già ungrande obiettivo. E questo è un madornale errore, nonché un sintomo discarsa intelligenza. Dobbiamo dare la colpa, in gran parte, alla televisioneche ha reso e rende tutti famosi per un giorno o per una stagione. Ma èuna fama scritta sull’acqua. Perché la televisione, per sua natura, cercanevroticamente il ricambio immediato. Avrai tutte le copertine che vuoi

7Prefazione di Carlo Verdone

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per diverse settimane, poi un altro o un’altra dovranno assolutamenteprendere il tuo posto. E l’illusione svanisce di colpo.

Parlando di cinema, non può che farmi piacere essere considerato unregista serio che cura molto i suoi attori. È una questione di rispetto e diresponsabilità. Dico “responsabilità” perché molte volte ho scelto attori eattrici alla loro prima esperienza e questo comporta in me un grandesenso di protezione. Se non li dirigo con estrema attenzione rischio dipenalizzare la loro carriera e, insieme, di penalizzare il mio film.

In ogni caso, nei miei lavori, la cura per gli attori è di gran lunga supe-riore a quella che riservo a me stesso.

Oggi vedo e incontro molti giovani attori e attrici, e devo dire che,potenzialmente, la maggior parte di loro ha una gran voglia di fare e difare bene. Sento molta responsabilità e voglia di arrivare. Alcuni hanno unproprio piccolo talento innato che va esaltato e curato, così da permettereloro di maturare e sentirsi sempre più sicuri. Altri hanno il viso, la “faccia”,ma a questa non corrisponde nessun tipo di talento. Il problema di oggi èche pochi riescono a elaborare una propria “fisionomia”, una propria per-sonalità assolutamente esclusiva.

Ma prima o poi arriverà qualcuno in grado di imporre un proprio stile eun modo nuovo di far ridere. Non è facile scrivere uno sketch. Scrivere unaraffica di tormentoni è più semplice ma diventa complicato dare poi un’a-nima al personaggio che stai interpretando. Se riesci a creare l’“anima”,darai piano piano vita a un personaggio che potrebbe avere potenzialità dipiù largo respiro nella commedia cinematografica. Checco Zalone a questoproposito è l’esempio di un attore di commedia che la sua fisionomia lasta cercando. Come Filippo Timi, sempre più sicuro e intenso sul versantedrammatico. Altri, che sarebbero “eterni” come attori di spalla (e ce nesarebbe tanto bisogno!) lo ritengono un ruolo ingrato e puntano subito alruolo di protagonista o co-protagonista. Un errore tragico. La Commedia,la grande Commedia italiana ha avuto la sua forza proprio nelle figure dei“non protagonisti” che sono rimasti eterni nei nostri ricordi. Un protagoni-sta può sparire dalla nostra memoria. Una grande “spalla” mai. È il condi-mento essenziale della nostra Commedia.

Devo ammettere che qualche volta resto molto colpito da scelte senzasenno di attori che, superate le prime prove con successo, non hanno alcunsenso della propria amministrazione accettando ruoli e copioni non adatti.Alcuni, al secondo successo, assumono un atteggiamento poco umile emolto pretenzioso. Credo invece che l’umiltà e il mettersi sempre in discus-sione siano un’ottima palestra, come anche il rifiutare più che l’accettare.

Un buon attore crescerà come interprete spesso rifiutando. Perché sia

8 Prefazione di Carlo Verdone

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chiaro che il 60% di quello che si fa nel cinema non è assolutamente diqualità ma di “quantità”. Intesa come incasso popolare. Per carità, civogliono anche i film semplici di commedia. Ci mancherebbe altro. E illavoro, di questi tempi, scarseggia tra gli attori. Ma bisogna essere bravi,se si crede nel proprio talento, a non navigare troppo in quelle acque cosìinsidiose. Che rischiano di appiccicarti un’etichetta che ti toglierai didosso con grande fatica.

Avendo avuto la fortuna di conoscere Sordi, Tognazzi, Volonté, la Vitti,la Cardinale, Mastroianni e tanti altri della passata generazione, possodire che avevano la robustezza di una gavetta durissima e, allo stessotempo, la possibilità di essere diretti da registi veramente grandi. Oggimancano, come numero, i grandi registi e questo è un grosso problemaper gli interpreti odierni.

Alcuni mi chiedono perché le donne che io scelgo restano per semprenelle teste degli spettatori e nei loro desideri. Perché amo profondamente“la donna” nei suoi vizi, nelle sue virtù, nella sua affidabilità e anche nellasua inaffidabilità. Nella sua fragilità e nella sua forza. La donna è un pianetamolto interessante da indagare e scoprire. Molto più di quello maschile.

Ogni volta che scelgo un’attrice è perché m’innamoro del suo volto, acui deve però corrispondere un temperamento particolare. Il cinema èfatto essenzialmente di “primi piani” ed è chiaro che quello che colpiscesubito un regista è il viso. In genere procedo così: cerco di entrare in con-tatto con l’attrice con la quale mi piacerebbe lavorare e cerco di frequen-tarla al fine di comprendere bene il suo carattere nella vita. Tic, pregi edifetti... Una volta in possesso dei lati più interessanti, buffi o intrigantidella sua personalità, le scrivo il ruolo non allontanandomi troppo daalcune particolarità che possiede nella vita privata. È un metodo per indi-rizzarla su un binario a lei, ovviamente, molto congeniale. Ma per fare que-sto ci vuole una buona dose di psicologia. Io credo che amiate molte dellemie attrici perché sono vulnerabili e fatali. Vere. Spesso quelle della portaaccanto o della finestra di fronte. Tutto qua.

Ho bei ricordi di quasi tutte le attrici che hanno lavorato con me. Ma per-ché ognuna era sempre l’opposto dell’altra, anche se il comune denomina-tore era identico: molto rispetto, perfetta sintonia e grande professionalità.

Per esempio, con Claudia Gerini c’è sempre stato, fin dall’inizio, ungrande feeling, uno sguardo ironico simile sulle persone e sugli atteggia-menti di certa società. Con Claudia non c’è mai l’ossessione della provaperché capisce al volo quello che io voglio e il più delle volte improvvisalei stessa durante la ripresa atteggiamenti e frasi (se non addirittura bat-tute) con una creatività sorprendente.

9Prefazione di Carlo Verdone

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Ricordo che in Viaggi di nozze la scena di Ivano e Jessica che voglionofare un figlio in acqua, in un’enorme piscina, dopo aver pensato ai vari nomida dare all’eventuale bambino o bambina (Kevin, Alan, Maria), fu riscritta alvolo da me e da lei in venti minuti esatti. Questo accadde perché la scenaoriginale non doveva essere ambientata lì, ma al mare. L’arrivo di un tempo-rale e il mare mosso non ci permisero di seguire il copione. Ci spostammo ditrenta chilometri in un grande acquafan e rapidamente, per salvare la gior-nata, ci buttammo a scrivere la nuova scena. Il risultato fu esilarante perchéle nostre idee erano molto più efficaci del copione. Durante la scena sulbordo della piscina le allungo un piede in faccia e le accarezzo le guance conle dita nere del piede, con una volgarità senza limiti. Lei non perse mai laconcentrazione e non sbottò mai a ridere. Anzi ci mise del suo. Chi sbottò aridere fu l’intera troupe. Tant’è che la scena fu doppiata. Ma noi continua-vamo imperterriti a improvvisare con furore creativo!

Ecco, se Claudia dava il massimo di sé nell’improvvisazione, LauraMorante aveva bisogno di provare dieci, venti volte. È il suo modo per cari-carsi. Ricordo che un’azzeccata litigata notturna ne L’amore è eterno fin-ché dura è stata il frutto di venti, trenta estenuanti e inutili prove su una

10 Prefazione di Carlo Verdone

Foto di gruppo per i vincitori del Nastro d!argento 2003. Tra gli altri, si riconoscono Carlo Verdone,Gabriele e Silvio Muccino, Gabriele Salvatores, Ferzan Ozpetek, Giovanna Mezzogiorno,

Gigi Proietti e Pino Insegno.

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scena che già durava quasi quattro minuti. Ero talmente esausto chequando diedi il ciak venne fuori tutta la mia rabbia per la spossatezza diaverla ripetuta un’infinità di volte. E mai fui tanto arrabbiato con lei consorprendente verità. Il risultato però fu ottimo. È stata la litigata più vera eperfetta della mia carriera.

Al contrario della Morante, ossessionata dalla perfezione (anche se èun’attrice già impeccabile al primo ciak), Asia Argento era ossessionatadall’essere vera, credibile sulla sedia a rotelle di Perdiamoci di vista.Aveva paura di interpretare una paraplegica in modo meccanico.

E allora chiese di farsi portare a casa una sedia a rotelle per fare delleprove. Un giorno, mentre attraverso via Tagliamento con la moto, vedouna ragazza sulla sedia a rotelle che corre dribblando i passanti. Dentro dime dico: “Poveretta… così giovane. Ammazza, però, quanto corre…”.Guardo meglio e mi prende un colpo: era Asia, con i capelli raccolti, chefaceva le prove dal vivo. «Ma che sei matta?» le urlo. E lei: «Mi serve!Soprattutto per capire come mi guarda la gente… Tutti troppo gentili e ipo-criti…». Asia è sempre stata una forza della natura, completamente strava-gante ma geniale nel suo coraggio. Forse l’attrice più professionista cheabbia mai avuto. L’unica ad aver imparato a memoria l’intero copione unmese prima delle riprese.

Mi sono trovato molto bene con tutte le attrici con le quali ho lavorato.E ognuna ha fatto perfettamente quello che le chiedevo. Penso cheandando avanti con gli anni finirò prima o poi per lavorare di nuovo con laBuy. Non so come e quando ma lei è un’attrice assolutamente completa.Brava nel brillante e notevole nel drammatico. Mi ci vedo con lei ad averea che fare con dei figli… Mi ci vedo a litigare e mi ci vedo nei nostri duetticomici. Con lei non c’è bisogno del dialetto, anche appena accennato, per-ché come una brava tennista ti rimanda la palla con velocità e ti imponeuna bella partita a due con grande eleganza.

I giovani attori oggi vogliono, pretendono di essere diretti bene conidee chiare. Anche quelli più maturi attendono sempre delle direttive intel-ligenti che li possano esaltare. Non mi è mai capitato nessun attore cheabbia voluto fare di testa sua. Forse Sordi in Troppo forte. E infatti non eraquello il personaggio che avevo immaginato per quel film. Sembrava cheavesse paura di non far ridere e forzava molto la voce, facendola assomi-gliare a quella di Oliver Hardy. Non ci fu verso di farglielo capire. Peccato…Comunque resterà per me sempre un grandissimo attore e un grandeamico. Tra i giovani attori, l’irriconoscenza e il rinnegare cose che li hannofatti conoscere al grande pubblico appartiene a molti. Parecchi miei colle-ghi si lamentano di questi atteggiamenti. Ma non sono altro che il sintomo

11Prefazione di Carlo Verdone

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di una grande confusione e di una grande insicurezza. In altri casi è pura esemplice presunzione. Ma sono destinati a darsi una regolata quandoprendono qualche “tranvata”. E allora tornano con i piedi per terra. Non è,questo, periodo di superbia perché il cinema è qualcosa di molto delicatoe precario. Dovrebbe essere invece il periodo dell’umiltà, quello in cui ci sitiene stretti quei pochi amici sinceri e schietti che non usano l’adulazione,e ascoltarli nei loro pareri.

Per concludere, senza aver la pretesa di dispensare verità assolute, miauguro (come tutti ci auguriamo) una nuova generazione che possa arri-vare a pieno titolo sul set del primo giorno. Serviranno senz’altro alcuniconsigli che ho scritto in questa prefazione, ma servirà assolutamente daparte di chi si occupa di Cultura nel nostro Paese una maggior attenzionealla didattica. Tagliare fondi a Scuole di Cinema o di Prosa e non incorag-giare nuovi talenti e nuove proposte significa mortificare l’arte di un Paeseche tanti anni fa era un riferimento di eccellenza in tutto il mondo. Questonon lo dobbiamo permettere.

Per concludere, vi auguro una buona lettura con questo libro in cuiscoprirete – raccontati da loro stessi – gli inizi di molti attori e attrici: i lorodubbi, le loro paure, le loro timidezze, con gli episodi insoliti o buffi chehanno accompagnato i loro primi passi sul set. In una parola, un pizzico diquella umanità tenera e imperfetta che si agita dietro le luci della ribalta.

Carlo Verdone

12 Prefazione di Carlo Verdone

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Premessa dell’Autore

C ’è chi non ha dormito per giorni prima di girare, chi sul set è sve-nuto, chi è cascato, chi si è trovato accidentalmente con i capelli di

un altro colore, chi è finito all’ospedale, chi è andato in galera…Scrivendo questo libro fatto di 101 racconti in pillole della prima volta

degli attori, racconti divertenti, spassosi e interessanti, ho avuto la con-ferma che gli artisti, con il loro carattere comunque particolare e sensibile,superata la diffidenza iniziale sono disponibili a raccontare paure e ansiedei loro debutti, anche quelle private, pur sapendo di non fare bella figura.

Leggendo il libro tutti diranno: “Allora non sono l’unico”. Paura e ten-sione appartengono a chiunque di noi e di loro, anche se in molti casi gliartisti intervistati hanno avuto la fortuna di arrivare sul set abbastanzapresto e film dopo film hanno trovato il modo di rimanerci in pianta sta-bile, affinando la tecnica, migliorando quello che appariva acerbo, diversi-ficando toni ed espressioni.

Per gli attori lavorare è un sogno a occhi aperti, riuscire a trasmetterequell’emozione del set è adrenalina.

E per noi, sapere di più, conoscere tutto il possibile e immaginabile dichi ci fa sognare è appassionante, alimenta il mito. Conoscere il suo pri-vato ce lo fa apparire più vicino.

Sui nostri miti, su quelli che ci emozionano o ci divertono sono staticonsumati fiumi di inchiostro.

Ma per una volta, finalmente, sono loro stessi a raccontarsi e io a rigi-rarvi i loro ricordi, quelli fatti della paura di non farcela e dell’incredibileconsapevolezza di avercela improvvisamente fatta.

Cercarli, scovarli, intervistarli e ricordare con loro non è stata un’im-presa facile. Da quando ho iniziato a scrivere si parla di crisi del cinema ita-liano, ma nessuno degli attori che ho sentito era a casa disoccupato. Moltierano impegnati a teatro, altri su un set, altri ancora a preparare un testo.

Italian dream. Il cinema italiano va a gonfie vele, i nostri attori sonosempre più amati, e se pure si è forse persa la dimensione del sex symbol– perché ora agli attori chiediamo soprattutto emozioni e risate – l’attra-zione che subiamo non è meno forte delle belle facce di una volta.

Fan club, blog, social network pullulano di notizie e indiscrezionispesso false sui nostri beniamini. Be’, qui troverete solo la verità, quella

13Premessa dell’Autore

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che avremmo sempre voluto leggere e che loro ci hanno voluto raccontarerendendosi disponibili.

Se sai essere discreto, infatti, puoi conoscere i segreti di tutti. Puoisapere ogni cosa se la gente ha la conferma che non strumentalizzerai lasua immagine e le sue dichiarazioni.

È quello che ho sempre pensato: scadere nel gossip più estremo non fache allargare la distanza tra chi viene chiamato a scrivere di un personag-gio noto (il giornalista) e il vip. Attore, showgirl, cantante, presentatore,nessuno di loro avrebbe problemi a parlare delle proprie ansie, delle pro-prie paure, dei propri rapporti sentimentali, a patto che i giornalisti ripren-dessero esattamente quello che viene loro detto, senza inventare.

Non tutto è gossip: Nicole Kidman ha confessato ultimamente di non averpotuto dedicare l’Oscar vinto con The Hours a nessun suo amore, a quei tempiassente dalla sua vita e ora invece al centro dei suoi interessi. Intorno a que-sta piacevole confessione c’è chi ricamerebbe insuccessi, scelte sbagliate,storie e dipendenze mai avute e soprattutto dichiarazioni mai rilasciate.

Tutti gli attori che ho conosciuto negli ultimi venti anni si sono subitofidati di me (come di molti altri che scrivono per passione) per un motivo:chiedo prima di scrivere, non inseguo e non cerco lo scoop, me lo hannosempre dato loro (è sempre stato così) facendomi promettere che nonavrei rivelato a nessuno che erano stati proprio loro a rivelarmi quellanotizia segretissima. Non basta controllare la fonte, quello che gli attorivogliono è che venga scritta la notizia esattamente come viene rivelata.

Riportando le loro parole così come ci sono state dette, spero dipotervi comunicare anche il messaggio che tutte loro sottendono: quandoc’è entusiasmo e talento – e un pizzico di fortuna – si può improvvisa-mente arrivare a toccare con mano i propri sogni e viverli da protagonista.

In bocca al lupo a tutti, qualunque sia il vostro sogno.

Sergio Fabi

14 Premessa dell’Autore

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La prima volta…(sul set!)

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Jane AlexanderQuando Faenza mi fece piangere

Ho esordito a letto nel film Ledonne non vogliono più di Pino

Quartullo, ero una modella, avevouna sola battuta tipo “Sandro, holasciato la macchina in garage”. Feciun provino come modella, io ho lavo-rato fin da piccola nella moda. Anchenel film di Tornatore L’uomo dellestelle cercavano una modella.

Ho sempre amato fare quelmestiere, mi dava l’opportunità diviaggiare, di conoscere tante per-sone, è normale che dopo ore e oreper preparare una sfilata le ore sulset non mi hanno mai preoccupato,anzi ho trovato il set sempre fami-liare. Solo che quando fai la modelladevi solo camminare e sorridere, sul set un po’ di paura arriva.

Sul set di Quartullo è andato tutto liscio, nessuno mi ha fatto pesarenulla, tutti sapevano che non ero un’attrice e poi Quartullo e gli altri eranomolto simpatici.

La cosa che ricorderò sempre è io e mia madre che doppiavamo incroato E la nave va, il film di Fellini, e Fellini che ci riporta a casa col suoautista in macchina, io avevo dieci anni, mio padre era un direttore di dop-piaggio. Visto che mia madre è croata e che sia io che lei parlavamo ilcroato, ci avevano offerto questa esperienza.

Per quanto riguarda i miei baci sul set, sono andati sempre bene, maiavuto problemi o ansie. O bacio benissimo o trovo partner che sannobaciare benissimo, ma penso di essere una che riesce a mettere le per-sone subito a loro agio.

Amo tantissimo recitare nei film in costume, ho lavorato sia in “Elisa diRivombrosa”, che in “Elisa di Rivombrosa 2”, che ne “La figlia di Elisa –Ritorno a Rivombrosa”, tre serie che ho amato fare.

Nella mia carriera c’è però una scena che non rifarei, quella del tagliodella torta nel film Prendimi l’anima di Roberto Faenza. Ho impiegato vera-mente tanto a tagliare quella torta, tanto tempo e tanti ciak, lui è un vero

17Jane Alexander

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18 Claudio Amendola

perfezionista, ma comunque mi ha fatto piangere e vi garantisco che nonpiango facilmente.

Claudio AmendolaI set dove mi sono fatto male

Ho esordito nel 1981 ma pergioco avevo già fatto la

comparsa in alcuni film neiquali recitava mio padre. Nelprimo avevo cinque anni, eraun film con Little Tony, Vacanzesulla Costa Smeralda, nel ’68.

Dopo tanti anni ho esorditonell’81 come attore nella mini-serie “Storia d’amore e d’amici-zia”. Mia madre era amica delregista Franco Rossi, lui le con-fidò di avere uno dei ruoliancora disponibili – in pratica ilmio identikit –, lei gli parlò di

me e feci un provino che superai. Anche a quei tempi come oggi non sono maiteso prima di girare, la prendo sempre senza crederci troppo. L’importante èessere coscienti che è un mestiere e che bisogna saperlo fare, senza però maiprendersi eccessivamente sul serio.

Il primo bacio l’ho dato a un provino sempre per “Storia d’amore e d’ami-cizia”. Lei era Barbara De Rossi, bacio dato in maniera casta e tecnica.

Rifarei ogni cosa, anche perché mi ricordo tutto, i set sono stati tanti etutti differenti, in ognuno mi sono divertito e di ognuno conservo un ricordo.

Ma le scene che mi sono rimaste più impresse sono quelle in cui misono fatto male e sono tantissime: ho preso le botte, sono caduto, adesempio in Napoléon di Yves Simoneau, del 2001, dove sono cascato dacavallo, cosa successa anche nella miniserie televisiva “Jesus” del pro-getto “La Bibbia”, in cui ero Barabba.

Nonostante il mio lavoro, non sono un grande appassionato di cinema,preferisco vedere i film del passato che i nuovi.

Insieme a Francesca Neri.

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Ambra AngioliniGaleotta fu la canzone di Gabriella Ferri

Nessuno lo sa, ma la mia primis-sima volta è stata una compar-

sata nella serie “Una donna peramico” con Elisabetta Gardini edEnzo De Caro. Ho fatto anche un pro-vino per quella scena, che ho supe-rato.

La mia prima volta importante, daprofessionista, su un set cinemato-grafico è stata con Ferzan Ozpetekper Saturno contro. Volevo fare ilprovino ma gli ho subito detto cheavevo timore di potergli rovinare ilfilm, e lui mi ha risposto: «No, mioffendi, sono sicuro».

Nel film esordisco cantando unacanzone di Gabriella Ferri, “Reme-dios”, e mi ha aiutato perché GabriellaFerri è una cantante da sempre fami-liare, il che mi ha messo in una condizione di totale rilassatezza che mi ha aiu-tato tantissimo per tutto il film. Ricorderò per sempre, durante la lavorazione,un messaggio che Ferzan mi ha mandato: “Grazie per quello che hai fattooggi” dopo una scena molto difficile.

Prima di arrivare sul set, non sono mai sicura, ho paura di fare qual-cosa di orrendo, non voglio fare la persona umile, è che non sono serenadi mio.

Sul set di Immaturi mi sono trovata veramente bene, eravamo tuttiattori conosciuti ma nessuno si è permesso di fare la star, a volte abbiamoanche avuto il meteo contro ma siamo andati avanti in armonia. Nella sto-ria dovevamo ripetere l’esame di maturità, io ho frequentato il liceo lingui-stico ed ero una secchiona, ho sempre avuto questo senso di dover faremeglio di tutti.

Non ho mai avuto problemi nelle scene di bacio, anzi mi diverte, farecose così trasgressive che magari nella vita non ti concedi mai…

19

Ambra è Francescanel film Immaturi.

Ambra Angiolini

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Luca ArgenteroRicordati che il film “rimane”

Nel film La donna della mia vita.

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Ricordo un’infinità di giornate piacevoli. Ma il primo giorno rammento diaver pensato: “Se mi daranno la possibilità di vivere facendo questo

lavoro, sarò un uomo felice”.Ho debuttato due volte, in tv e al cinema. La prima volta su un set in

assoluto è stata per la serie “Carabinieri 4”, mentre il primo set cinemato-grafico è stato quello di A casa nostra di Francesca Comencini. Il primogiorno su questo set mi avvicina un macchinista che con spiccato accentoromano mi domanda: «È il tuo primo film?». «Sì», rispondo io. E lui: «Ahò,fa’ attenzione! Nun fa’ cazzate!». Panico. «Perché?». «E come perché? Per-ché il film rimane».

Porto sempre dentro di me queste parole. Il primo giorno di “Carabinieri” ero terrorizzato, ingessato, troppe per-

sone intorno a me di cui ignoravo il ruolo… Non credo neanche di aver sen-tito le parole “Ciak… Motore… Azione”, troppa confusione in testa. Dopopoco, però, ho perso completamente il timore e ho iniziato a divertirmi.Non c’è voluto molto…

Un mio collega mi ha detto: «Preoccupati quando smetterai di preoccu-parti», mi sembra un saggio consiglio, mai essere troppo sicuri di sé, maiperdere l’attenzione e l’adrenalina del set, mai dare per scontato anche ilciak apparentemente più insignificante. Rifarei ogni film, li ho amati tutti,molto.

Ho avuto la fortuna, non solo sui primi set, ma sempre nella mia brevecarriera, di essere circondato da grandissimi attori. Guardo, osservo, rubo,chiedo. E più sono talentuosi e affermati, più si sono dimostrati disponibilie complici.

Di baci ne ho dati molti… imbarazzante il primo, imbarazzante l’ultimo.Condividere l’intimità con una persona che magari incontri mezz’ora primanon è semplice. Credo che nessun attore dirà mai che si diverte a girarescene d’amore o di sesso. A volte gli amici t’invidiano… difficile spiegargliche non sono momenti granché divertenti…

Sono un collezionista di dvd, vedo tutto e continuerò a vedere tutto! Alcinema preferisco vedere qualcosa che motivi il “grande schermo +dolby”, intrattenimento puro!

21Luca Argentero

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Serena AutieriSul palco divento una leonessa…

Ricordo la mia prima volta, per “Un posto al sole”. A quei tempi facevoteatro, a mia insaputa mia madre aveva mandato un curriculum. Allora

certo ero un po’ snob, e anche se devo tantissimo a quella soap, essendoun’attrice agli inizi pensavo: “Ma che devo fare con questa soap opera?”.Facevo teatro, cantavo e avevo tutta una mia filosofia.

Poi seppi che mia madre aveva mandato questo materiale audio evideo quando mi chiamarono a fare un provino. Dopo un lungo litigio conmia madre decisi di andare, anche se un po’ scocciata. Così, provino dopoprovino sono arrivata a quello finale non rendendomene nemmeno conto,e alla fine mi sono emozionata.

Quella di “Un posto al sole” è stata un’esperienza meravigliosa, unavera famiglia, anche una palestra, cominciare a fare l’attrice girando tutti igiorni era un’emozione indescrivibile. All’inizio mi sudavano le mani,avevo un nodo in gola con la paura di non riuscire a parlare, ero terroriz-zata, ma ho sempre avuto voglia e consapevolezza di voler fare questomestiere, unita alla sfrontatezza comune a noi napoletani di buttarci senzaparacadute, anche perché ero giovanissima.

Il giorno prima di andare a girare sul set, avevo il copione sotto ilcuscino, mia madre mi portava la camomilla, ripetevo le battute, convoca-zione alle sette del mattino ma alle cinque già ero pronta.

Ogni volta che inizio un film nuovo perme è come fosse la prima volta, c’è sempreuna troupe nuova, un regista nuovo, attorinuovi, c’è sempre la sensazione di nonessere all’altezza, come mi era capitato ilprimo giorno sul set di “Un posto al sole”.Dopo che fai la prima “prova” e parli conattori e regista vai tranquilla ed entri subitonel personaggio, ma a ogni primo ciak si rin-nova sempre quella sensazione: la notteprima non riesco a dormire, mi sudano lemani, ho timore di non ricordare le mie bat-tute. Fa parte del mio lavoro, emozionarsisempre, mai adagiarsi.

Un!immagine di Femmine contro maschi.

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Certo, rispetto al teatro al cinema hai il vantaggio del ciak che puoiripetere, sul palco c’è una tensione altissima che poi trasformi, facendoladiventare positiva. Ma è una tensione che ti porti avanti per tutto il giornoe la percepisci anche dopo. Il teatro ti taglia il fiato, perché sai che nonpuoi ripetere, è come se fossi nuda e cruda, come se non avessi vestiti,non avessi protezioni, sei su quel palco e quando sei dietro le quinte tisenti un agnellino, credi ti abbiano dato troppa responsabilità, che tuttosarà un disastro, hai poca fiducia in te stessa. Poi quando entro in scena siannullano tutte le tensioni e divento come una leonessa, a quel punto nonvorrei più andare via, vorrei stare lì tutta la notte. Diventa una vera droga.

Il mio primo bacio l’ho dato proprio in “Un posto al sole”. L’ho vissutocon disagio perché avevo quel pudore da diciottenne cresciuta in unafamiglia molto all’antica. Per fortuna il mio compagno di lavoro, AlbertoRossi, mi ha messo subito a mio agio spiegandomi tutti gli aspetti tecnicisu questi baci – perché poi si tratta di tecnica – ed è andata benissimo, èstato delicato e intelligente. A volte puoi trovare colleghi che possonoapprofittarsi di te, soprattutto quando sei molto giovane.

Da cinefila non perderei mai un film di Almodóvar, quando esce un suofilm sono una delle prime a vederlo, ho un amore latente, costante per lui.Amo il suo modo di girare, di dirigere gli attori, il suo amore unico verso ledonne che dirige, il suo modo di scrivere e raccontare.

Lino Banfi I miei inizicon Franco e Ciccio

Ricordo la mia prima volta sul set, fucon Ciccio Ingrassia, avevo una

sola posa, solo due battute. Il film eraI due evasi di Sing Sing, del 1964. Laregia era di Lucio Fulci, insieme aIngrassia c’erano Franco Franchi, Atti-lio Dottesio, Gloria Paul. La storia eraquella di due uomini che in un bagnopubblico salvano la vita al re dellamala che, per riconoscenza, li inseriscenel mondo della boxe.

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24 Jonis Bascir

A quei tempi io facevo avanspettacolo e venivano spesso a vedermi.Loro aiutarono molti di noi a diventare famosi.

Facevo solo teatro, non pensavo di arrivare al cinema, per me unsogno, e ricordo quel primo giorno di riprese come un giorno di festa,senza timore e paura. Ero cosciente di aver “tagliato il nastro” e che daquel momento si era definitivamente aperta la strada della mia carriera.

Jonis Bascir Il provino che ti cambia la vita

Pare che sia un classico nel mondodello spettacolo ma io cominciai

a fare l’attore per caso, perché ungiorno mi trovavo con Massimo, unmio caro amico, in una cabina telefo-nica vicino al bar Vanni, a Roma.

Stavamo facendo delle chiamate dilavoro e lui mi disse che aveva uncasting alla Rai. Eravamo lì nei pressi emi propose di accompagnarlo perpoter eventualmente lasciare una fotoanch’io. Il mio amico non fu presomentre io sì, ma ancora oggi non ne soil motivo visto che la nostra carriera

d’attore era pressoché allo stesso punto, cioè a zero. La trasmissione era “Diche vizio sei?” con Proietti. Fui “buttato” in una sala prove in compagnia ditanti attori, alcuni già esperti, molti della scuola di Proietti. Parecchi di loroavevano dei pezzi di repertorio, io nulla e la cosa m’imbarazzava. Quandoarrivò Gigi in sala gli ispirai la creazione dei fratelli Wafer, due personaggi,uno chiaro e uno scuro, vestiti anche a contrasto, che in maniera completa-mente folle dicevano cose sopra le righe camminando attaccati uno dietrol’altro. Cominciammo la trasmissione in sordina ma con l’andare delle puntateci diedero sempre più spazio. Un’esperienza bellissima, che mi permise altrecollaborazioni con Gigi Proietti, uno che per me rappresenta una fonte d’ispi-razione eccezionale e ancora oggi gliene sono grato.

Il primo film fu poi Stupor Mundi per la regia di Pasquale Squitieri,

Jonis (a destra) ne Il mercante di Pietre.

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25Maurizio Battista

mentre il primo bacio l’ho dato a Torino sul set de “Il caso Bebawi” per laserie televisiva “I grandi processi”, con la regia di Valerio Jalongo. Inter-pretavo l’amante poi ucciso, e la donna da baciare era Vana Barba, già MissGrecia e candidata a Miss Mondo nell’84, nonché ricordata da tanti comeVassilissa, la prostituta in Mediterraneo di Gabriele Salvatores. È stato unpo’ imbarazzante perché ero in paranoia per la mia fidanzata, oltretuttosenza motivo. Vana invece sembrava molto tranquilla e a suo agio.

Da spettatore sono sempre passato da film molto impegnati a film leggerima sempre di qualità. Ricordo che a diciassette, diciotto anni circa io e un mioamico portammo la nostra comitiva al cinema, di domenica, a vedere L’uovodel serpente di Ingmar Bergman, noi entusiasti, gli altri ancora ce lo rinfac-ciano. E nello stesso tempo mi piacevano film tipo Jesus Christ Superstar oQualcuno volò sul nido del cuculo. Oggi continuo nella stessa direzione,vedere film di diverso genere ma con un denominatore comune, la qualità.

Maurizio BattistaI ciak di Pupi

La mia prima volta è stata sul set de Il figlio più piccolo per la regia diPupi Avati. L’ho incontrato in ufficio e mi ha detto: «Leggi questa sce-

neggiatura, se ti piace chiamami». Naturalmente mi è piaciuta (e chedovevo dire? Bella, ma tutti lo avrebbero detto), poi sul set è stato tuttomolto facile perché lui è un padre, un fratello, un amico, riesce a metterti atuo agio, un maestro vero.

Con Christian De Sica mi sono tro-vato benissimo, anche perché bisognadire che Avati sceglie sempre bene gliattori. Pure la Morante – un’attricemolto brava, di un certo carattere etono – si è subito sentita a casa.

Nel film, che ha rappresentato ilmio debutto cinematografico, inter-pretavo l’autista di De Sica, siamostati anche sette ore a farci ripren-dere dietro il finestrino. Mi sembravaquasi esagerato, ma da un maestroaccetti questo e altro.

Insieme a Luca Zingaretti neIl figlio più piccolo.

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Monica BellucciPer fare il provino

con Morgan Freeman…mi sono pagata il biglietto

Monica insieme a Robert De Niro ea Carlo Verdone.

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Il cinema è sempre stato il mio sogno, anche se venivo dalla provincia equella realtà era lontana anni luce. Anche la moda era molto distante dal

mio mondo, ma era comunque un obiettivo più facile da realizzare. Finito illiceo classico e iniziata l’università, arrivai in un’agenzia di moda di Milano– avevo già un po’ d’esperienza visto che un amico di mio padre gli avevachiesto di farmi sfilare quando ancora andavo a scuola – e da modella pro-fessionista iniziai a lavorare lì e poi andai a Parigi.

Dopo tre anni di quell’attività, Dino Risi vide alcune mie foto e mi volleincontrare per il film “Vita coi figli”, del quale era protagonista GiancarloGiannini. Avevo ventiquattro anni.

Giannini è un attore grandissimo e mi sono trovata molto bene con lui.Era la mia prima esperienza, non sapevo nulla, era un mondo completa-mente sconosciuto, ma mi sono subito resa conto che la strada da percor-rere sarebbe stata lunga. Poco dopo sono stata chiamata per La riffa e poiper il Dracula di Coppola, nel quale avevo un piccolo cameo.

Insomma, mi sono ritrovata in questo mondo senza conoscerlo.Sapevo che il lavoro da fare era tanto, ma ero sicura di non voler tornarenel mondo della moda: in me era ormai nato l’amore per il set e per ilcinema, il sogno era diventato realtà. Da quel primo incontro con Risi, èscattato qualcosa dentro di me e mi sono detta: “Questo è quello chevoglio”. Sapevo di trovarmi davanti a un regista, un grande regista, e misono affidata a lui il più possibile. C’era un pizzico d’istinto mischiato allapaura per la totale mancanza d’esperienza.

Lavorare sul set vuole dire sempre avere un rapporto a due, devi darequalcosa di te stesso: devi ascoltare il regista, sentire quello che lui vuolema allo stesso tempo devi creare un personaggio che diventi tuo. Si devecreare questa alchimia, questo sodalizio tra te e il regista.

L’attore deve avere capacità d’adattamento anche perché ogni registalavora in maniera diversa, ci sono registi che amano ripetere tantissimoprima di girare, ci sono altri che inventano tutto sul set mentre girano. Perloro lavorare è creare tutto in quel momento. Non è che il regista cambimetodo per te, sei tu che ti adegui. Quindi anche il tuo modo di lavorarecambia a seconda di chi ti dirige. L’importante è, come sempre, fare unlavoro personale sul tuo personaggio.

I film che ho fatto sono stati tutti voluti: da Matrix Revolutions di Larrye Andy Wachowski a The Passion of the Christ di Mel Gibson, da Lei miodia di Spike Lee a L’apprendista stregone girato insieme a Nicolas Cage.E in Italia, da L’ultimo capodanno a Tornatore in Malèna passando perMuccino in Ricordati di me, Paolo Virzì per N (Io e Napoleone), Maria SoleTognazzi per L’uomo che ama, Marco Tullio Giordana per Sanguepazzo eGiovanni Veronesi per Manuale d’amore 3, con Robert De Niro. Solo in un

27Monica Bellucci

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film mi sono annoiata e quella è stata la mia unica “brutta” esperienza,che però mi è servita.

Ogni volta che faccio una scelta, non la faccio pensando al percorsodella mia carriera. L’importante è seguire l’istinto. Se scelgo un progetto èperché ci credo. Questo mi ha portato a lavorare con registi di diversogenere, ognuno dei quali mi ha fatto crescere. Progetti più o meno fortu-nati, come per tutte le carriere, ma non ho mai detto: “Questo film nonavrei dovuto farlo”. So bene cosa vivevo in quel momento, so di cosaavevo bisogno, ogni film ripercorre anche una traccia di vita.

Tra le tante esperienze importanti devo ricordare quella con Giuseppe Tor-natore. Lo avevo incontrato per la prima volta sul set di uno spot per Dolce eGabbana, da lui diretto. Mi disse: «Ho una storia nella mia testa, ancora nonso se la realizzerò, ma se la farò, la farò con te». A quei tempi avevo fattoancora poco cinema. Poi sono partita per Parigi, dove ho girato L’apparte-ment di Gilles Mimouni, e avevo finito di girare Under Suspicion con GeneHackman e Morgan Freeman. Ero in Portorico, Tornatore mi chiama e mi dice:«Ti ricordi quella storia di cui ti ho parlato tre anni fa? Ti va di farla?».

Per me Malèna rappresenta una tappa fondamentale, ed è un film cheha poi girato tutto il mondo. Proprio quel ruolo mi ha aperto le porte diHollywood e permesso di lavorare con i Wachowski e successivamentecon Bruce Willis ne L’ultima alba. Insomma, gran parte dei miei film ameri-cani sono arrivati grazie a Malèna.

Giorni indimenticabili ne ho vissuti tanti, veramente tanti. Ricordo, peresempio, il provino che ho fatto per Under Suspicion. Avevano già incontratotante attrici, il regista era inglese e io per incontrarlo mi sono pagata ilbiglietto per Los Angeles. Ero un’attrice come tante altre e ricordo la camerache ci riprendeva, avevo un batticuore pazzesco all’idea di lavorare con Mor-gan Freeman e Gene Hackman. Finito il provino ho ripreso l’aereo per tornarea casa, la settimana successiva mi hanno richiamato per fare un provino aLondra, dove sono andata con un senso incredibile di attesa. Sono cose chequando ci ripenso sto a mille: benché siano state le mie prime conquiste, rap-presentano qualcosa di ancora straordinariamente vivo.

Con Mel Gibson mi sono ritrovata benissimo, mi piacciono le personedi talento. Ha un’energia pazzesca, si vede anche negli occhi, io adoro ifilm che fa come regista, sempre film di altissima qualità.

Ricordo anche Larry e Andy Wachowski, una sorta di monaci delcinema, diversi e complementari, due geni. Spike Lee va a mille ma non tidice cosa devi fare, utilizza più macchine e prende la cosa migliore, quellache gli interessa di più, lascia a te il lavoro.

Quando mi hanno detto che avrei dovuto recitare con Robert De Niro inManuale d’amore 3 ero felicissima. Ci sono persone che vantano carriere paz-

28 Monica Bellucci

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29Fabrizio Bentivoglio

zesche eppure hanno l’entusiasmo e la voglia di fare sempre bene, la vogliadi essere al momento giusto, con la persona giusta alla ricerca del personag-gio. De Niro è una persona fantastica, lui come Morgan Freeman e altri.

Qualche volta, invece, ti capita invece di lavorare con attori che a forzadicono la loro battuta perché non l’hanno studiata, quasi non gliene fre-gasse nulla, come se recitare fosse diventato per loro una sorta di routine.

È importante avere ansia, fremito, emozione, quasi paura prima digirare. Se non li hai devi smettere subito di lavorare. L’incontro con DeNiro è stato importante professionalmente e sotto il profilo umano. La suasemplicità ci ha lasciato tutti sbalorditi.

Il cinema mi piace anche guardarlo, ma ora sono mamma e vedo moltifilm in dvd, visto che i figli a volte non ti lasciano la libertà di andare avederli al cinema. Mi dedico a loro e non è sempre facile rubare del tempoper leggere un libro o vedere un film. Quando faccio l’attrice li porto sem-pre con me.

Fabrizio BentivoglioQuella volta con il premio Oscar

L’ultimo film che ho girato è Una sconfinata giovinezza, che segna lamia prima esperienza con Pupi Avati. Recitare su un suo set è estre-

mamente facile e naturale, è un grande conoscitore degli attori, sa comemaneggiarli. È inevitabile per un attore trovarsi bene con lui perché sacreare una giocosa complicità.

Il regista a volte stabilisce la misura sul metodo da adottare: se suggerireall’attore come girare una scena o lasciarlo libero. È una misura definita dalregista, alla quale l’attore si adatta di volta in volta. Ci sono registi che sannoquello vogliono puntigliosamente e si fanno sorprendere da qualcosa di ina-spettato, e registi che invece vogliono di continuo farsi riprendere dall’ina-spettato, addirittura preferiscono che la scena non si provi in anticipo, ma chenasca solamente davanti alla macchina da presa. Non posso dire cosa èmeglio o peggio, il cinema chiede solo di essere personalizzato e alla fine èmolto malleabile, ognuno lo fa a sua immagine e somiglianza.

Ricordo il mio primo giorno sul set de Il bandito dagli occhi azzurri diAlfredo Giannetti, nel 1980. Il regista mi aveva visto a teatro, serviva unragazzo così e mi scelse. Ero emozionato anche all’idea di girare con uno

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degli sceneggiatori di Divorzio all’italiana, il film di Pietro Germi che avevavinto l’Oscar.

Paure, ansia sul set? Può capitare, anzi io credo che debba capitare, comela paura prima di entrare in scena a teatro: è necessaria, se entri troppodeciso svanisce la magia. Ci vuole quel sano timore prima di fare le cose.

Marco Bocci Quando Bova mi disse: «Non puoi micamorire prima che t’ammazzo».

Ricordo la mia prima volta sul set de I cavalieri che fecero l’impresa diPupi Avati. Avevo tre pose, il primo giorno mi sono giocato tutte le bat-

tute che avevo, tipo “Andiamo, è lui”. Negli altri due giorni avevo pose fisi-che, venivo picchiato e torturato.

Non riuscendo ancora a percepire bene il limite tra realtà e finzione, inogni caduta che dovevo fare ci mettevo tutta l’anima e soprattutto tutta larealtà e la violenza che la scena richiedeva. Il giorno dopo tornai a casa inUmbria con due costole semifratturate, ma sul set non dissi niente a nes-suno.

Ero terrorizzato e affascinato, avevo dubbi su qualsiasi cosa, come sicammina, come ci si siede, mi tremavano talmente le gambe che inciam-pavo ovunque. Raoul Bova era il protagonista del film, stavamo provando

30 Marco Bocci

Insieme a FrancescaNeri in Una sconfinatagiovinezza.

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