la fenice 10/11 numero 1

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Primo numero de "La Fenice" dell'annata 2010/2011

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L’esperienza è una cosa che non puoi avere gratis

Ispirate dalle parole di Oscar Wilde, diamo vita alla prima pagina. Eccoci qui. Nuovo anno, nuovi direttori, primo editoriale. Inutile scrivere di come e quanto siamo emozionate d’essere le nuovi direttrici, dei timori e degli impegni che questo incarico comporta. No. In questo primo editoriale non parleremo di noi e di come ci sentiamo. In queste brevi righe, in questa primissima pagina si parlerà di voi cari lettori. Vorremmo soffermarci, per cominciare, su una frase che ci ha recentemente colpito. Rielaborando un po’, il succo del pensiero consiste in un incoraggiamento al tentare nuove esperienze e, una volta fatte, lasciare ad altri l’occasione di affrontare a loro volta nuove avventure. Il declamatore in questo caso, è nientepopodimeno che il nostro ex direttore. Eh si, proprio lui ha tirato fuori questa perla di saggezza, parlando della fine del suo incarico e dell’inizio del nostro. Niente di più adattabile a ciò che affrontiamo quotidianamente. Quando, se non adesso, possiamo fare davvero tutte le esperienze che vogliamo? E quando diciamo tutte, intendiamo proprio tutte! Abbiamo la fortuna di frequentare una scuola che offre Programmi Operativi Nazionali, corsi, gite, scambi culturali d’ogni genere. Godiamo della possibilità di imparare a suonare la chitarra, visitare Londra, girare un cortometraggio, scrivere sul giornale… Perché non approfittarne? Anche fuori dell’ambito scolastico, solo ora che siamo nel pieno delle nostre energie, possiamo girare il mondo, fare un’esperienza d’Erasmus in Belgio, scegliere l’università in una città radicalmente differente. Solo adesso dobbiamo! Buttandoci a capofitto in questo difficile incarico, non senza coscienza, sappiamo che sarà un anno tremendamente impegnativo. Nonostante ciò, non diremo addio alle nostre passioni. Prendeteci per imprevidenti ma perché avere rimpianti? Dopotutto non c’ispiriamo forse a personaggi poliedrici come Albert Einstein e a tutti coloro che nella vita non hanno lasciato spazio alla monotonia? “Più tardi si vedono le cose in modo più pratico, ma l'adolescenza è il solo tempo in cui si sia imparato qualcosa”, diceva Proust. Ed è questo ciò che vogliamo fare. Siamo giovani e intraprendenti, sfruttiamo a pieno le nostre capacità! Ma mi raccomando ragazzi… lo studio prima di tutto… (ok, non ridete…)

Le direttrici

Liana Castellano e Flavia Maragno

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ARISTOSSENO FOR AFRICA è l’impegno della nostra scuola a sostenere un’altra scuola; è la solidarietà che noi ragazzi manifestiamo verso altri ragazzi; è quel senso di giustizia, di amicizia, d’amore che ha il potere di annullare le distanze e abbattere le barriere dell’indifferenza. Grazie a questo evento assolutamente unico, la Scuola Professionale “Guglielmo Motolese” di Malindi, in Kenya, inaugurata nel Dicembre 2004, ospita e forma professionalmente tanti ragazzi che, privati di questa preziosa opportunità, avrebbero avuto un altro destino. Ed è con grande orgoglio che rendiamo noti un po’ di dati “tecnici”: dal lontano Marzo 2005 ad oggi sono stati raccolti 10150 Euro corrispondenti a 41 borse di studio. Questo significa che 41 ragazzi, grazie al nostro impegno si preparano professionalmente a migliorare la propria terra. Ma il numero degli studenti della Scuola “Motolese” deve aumentare. Pensiamo a noi ragazzi dell’Aristosseno, quanti siamo? Decisamente molti di più. E tutti i ragazzi delle altre scuole del nostro mondo occidentale e industrializzato? 41 ragazzi corrispondono solo a due nostre classi. Due classi formate da alunni che ogni giorno maledicono la scuola, i compiti e le interrogazioni… Incredibile. Allora, fermiamoci e rimbocchiamoci le maniche! Metterci al lavoro per uno scopo così importante non può che migliorare la nostra stessa vita e dare un meraviglioso significato alle nostre azioni. Questa stupenda iniziativa ha preso, nel corso degli anni, una forma ben definita. Si concretizza in una serata musicale che i nostri “studenti-artisti” offrono a questo nobile progetto. Anche quest’anno la storia si ripeterà, e siamo tutti invitati a partecipare per offrire il nostro impegno e la nostra solidarietà.

Un grande uomo come Nelson Mandela ha detto:

"La mia più grande ambizione è che ogni bambino in Africa vada a scuola perché l'istruzione è la porta d'ingresso alla libertà, alla democrazia e allo sviluppo"

"Scuole per l'Africa" è una campagna di raccolta fondi nata grazie all'attivismo del Nobel per la pace e primo Presidente del Sudafrica dopo l'apartheid, Nelson Mandela, per favorire l'accesso all'istruzione di base dei bambini africani e per alleviare la povertà, particolarmente nelle comunità rurali del continente. Un obiettivo ambizioso. Facciamone parte! Francesca Bottari

Aristosseno For Africa

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Inizia un nuovo anno scolastico e gli alunni dell'"Aristosseno" incontrano anche un nuovo Preside... Inizia una nuova era e sicuramente tutti siamo interessati a sapere come la pensi il Preside Marzo e quali siano i suoi intenti all'interno del nostro Liceo. Proprio per questo noi de “La Fenice” abbiamo pensato di intervistare per voi il nuovo Preside! “Per Lei Preside, com'è stato il primo approccio con questa Scuola?"

Un approccio caratterizzato da una molteplicità di sensazioni e di stati d’animo. Innanzitutto sono stato contento per essermi insediato un prestigioso Istituto. Un Istituto affacciato sul mare, un elemento che, per la nostra città, è carico di simbologia. Il mare ha sempre deciso, nel bene e nel male, il nostro destino, il destino del nostro territorio e della nostra comunità: racchiude la nostra storia, il nostro presente e il nostro futuro. Un futuro che siamo chiamati a progettare favorendo le vocazioni di sviluppo della Terra Jonica. Il mare entra tutte le mattine, dalle finestre del nostro Istituto quasi a ricordarci di questo impegno culturale, sociale ed economico, che dobbiamo cercare –tutti insieme, responsabilmente- di non deludere.

"Una comunicazione che intende fare all'intero Istituto attraverso "La Fenice"?"

Sì, ne voglio fare una molto breve, ma per me molto importante: cerchiamo di riflettere e di dare –tutti insieme- la massima operatività possibile al motto del nostro Liceo: “Servire ed essere serviti sono due facce della stessa medaglia”.

"Cosa pensa del nostro Giornale, del nostro lavoro e di noi ragazzi de "La Fenice" in generale?"

Il giornale scolastico, un buon giornale, deve sempre avere la grande capacità di raggiungere e di coinvolgere il maggior numero possibile di studenti: deve essere un mezzo di comunicazione libero e condiviso da voi giovani, che sappia rappresentare i vostri temi e i vostri problemi, prospettando le vostre possibili soluzioni. Uno spazio libero ed autogestito per approfondire le speranze e i progetti di vita di voi studenti, affinché possano essere meglio conosciuti anche dal Preside, dai Professori, dagli amministratori del territorio e dagli stessi cittadini. Una preziosa opportunità di comunicazione per voi studenti e di ascolto per noi adulti che va incoraggiata e sostenuta.

"Modestia a parte, riteniamo che il nostro Liceo sia il massimo. E Lei, si ritiene arrivato professionalmente ora che è Preside dell'"Aristosseno"?"

Vedere, come nel vostro caso, degli alunni essere così fieri di appartenere al proprio Istituto è una esperienza che rende felici: un incentivo in più per non deludere le vostre attese e le vostre speranze, cari studenti... Del resto, la nostra professione richiede sempre di “stare sul pezzo” e ci interroga tutti i giorni per sapere se abbiamo fatto tutto il possibile per servire bene gli studenti e se gli studenti hanno fatto tutto il possibile per servire bene la loro scuola. Per questa ragione, ho l’impressione di non sentirmi mai “professionalmente arrivato”: infatti, tutti i giorni devo- come voi studenti- essere interrogato. Forse, siamo legati ad un destino comune: così come voi, nel vostro Liceo, vi sentirete “arrivati” solo dopo il Diploma, così io mi sentirò “arrivato” solo quando lascerò la scuola.

Antonio Caramia , Alessia Morrone

Il segreto è non sentirsi mai arrivati! Intervista al Preside Salvatore Marzo

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Fin dagli anni '50 i vari progetti di scambi culturali hanno ottenuto un grandissimo successo per quanto riguarda la formazione didattica e sociale dei ragazzi. Oggi, rispetto al passato, è più facile entrare in contatto con persone di culture differenti. Questo avviene soprattutto grazie alle scuole. Per un ragazzo della nostra età è molto importante confrontarsi con altri suoi coetanei o frequentare scuole di altre parti del mondo. Prima di tutto lo studente verifica la sua conoscenza della lingua, apprende nuovi metodi di studio, diversi da quelli del paese di provenienza. Il nostro liceo, ha proposto anche quest'anno il progetto di scambio culturale: siamo entrati in contatto con l'Istituto Ugo Foscolo di Buenos Aires in Argentina. I nostri compagni italo-americani hanno vissuto con i ragazzi italiani, condividendo il loro modo di vivere, le loro usanze e abitudini. Tutto ciò ha reso quest'esperienza molto più che didattica e formativa. L'ha resa divertente, preziosa ed eccitante. La nostra bella città di Taranto ha potuto sfoggiare il suo patrimonio culturale ai ragazzi argentini, attraverso le visite guidate al castello Aragonese, al centro storico e al Museo Nazionale Archeologico. A Locorotondo, hanno potuto visitare i palazzi comunali e piazza Castello; a Martina Franca e ad Alberobello, i palazzi signorili e i trulli; in diversi giorni hanno potuto visitare Mottola e le altre città circostanti. Sono state delle escursioni accrescitive non solo per loro, che hanno conosciuto questi luoghi culturali, ma anche per i nostri compagni che hanno riscoperto le ricchezze del loro stesso territorio. Sempre presenti come accompagnatori, gli esperti docenti del nostro liceo. Naturalmente non sono mancate le giornate di divertimento lontano da musei e palazzi di città: hanno passato una serata al locale Poldo Forever a Lama per assaggiare la

mitica puccia, hanno organizzato le partite di calcetto, come l'amichevole sfida Italia – Argentina. Inoltre i ragazzi tarantini si son trovati di fronte a persone molto simili a loro, più di quanto pensassero. Insieme hanno trovato divertimento nelle cose più semplici come giocare su un prato, suonare uno strumento, scherzare e fare battute o raccontarsi barzellette e soprattutto hanno trovato molto affetto. Alla festa d'addio organizzata in onore dei compagni d'oltreoceano, della loro preside e dei loro docenti, si percepiva l'entusiasmo con cui i nostri compagni italiani li hanno ospitati, facendoli sentire il più possibile a loro agio. Non conosciamo il loro giudizio a proposito delle altre tappe in questo tour italiano prima di arrivare qui a Taranto, ma osservando attentamente i loro visi di gioia per la bellissima serata e di tristezza per la partenza del giorno dopo, si capisce che ci possono anche essere 4-5 ore di differenza di fuso orario o essere a più di 11.000 km di distanza, ma l'amicizia è amicizia, l'emozione è emozione e dire ''mi mancherai'' è universale, vale in tutto il mondo.

Con los Argentinos: Pace, amore e...DIVERTIMENTO

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Che impressione hai avuto dei ragazzi argentini? Sicuramente una buonissima impressione. All'inizio consideravo questi ragazzi molto diversi da noi, proprio perché provengono dall'altro lato del mondo. Dopo qualche giorno però mi sono reso conto che le somiglianze sono tante e molte cose ci accomunano: a livello sportivo, sociale, culturale, quindi ci siamo venuti un po' incontro. Nel carattere di Santiago ho trovato molte caratteristiche simili alle mie, non pensavo di trovarne così tante. Avete avuto problemi a livello di comunicazione? Un po' di difficoltà all'inizio. Non pensavo che comprendessero così tanto la nostra lingua nonostante sia difficile, molte volte anche per noi. Essendo un'esperienza di apprendimento della lingua per entrambi, io parlavo spagnolo

e lui italiano, cercando il più possibile di conoscere l'uno la cultura dell'altro. Come hai vissuto l'esperienza di condividere la tua casa con il ragazzo che hai ospitato? Sono ragazzi molto educati: rispettavano gli spazi, erano autonomi nel lavare e ordinare le loro cose, nel prepararsi da mangiare e ho notato che hanno abitudini alimentari completamente diverse dalle nostre ma si sono comunque adattati alla perfezione. Se organizzassero un viaggio in Argentina, saresti disposto a partire?

Assolutamente si, anzi stanno già provvedendo. Spero che il progetto venga finanziato a dovere, perché mi piacerebbe molto essere ospitato da loro.

Priscilla Pisani

Abbiamo fatto qualche domanda a Francesco Iaia, che ha ospitato Santiago, uno dei ragazzi argentini:

I nostri campioni Alla finale provinciale dei Campionati Studenteschi di corsa campestre, l’Aristosseno ha fatto faville. Le nostre ragazze giungono al primo posto tra le Allieve, e al secondo tra le Juniores.

Un meritato terzo posto raggiunto anche nella Juniores maschile. Orgogliosi del risultato ottenuto, ringraziamo i nostri corridori e auguriamo tanta buina fortuna per il futuro. E per

Marianna Penna, Carmela Pizzigallo e Chiara Parisi, che parteciperanno alle finali regionali…in bocca al lupo!

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Chi sono i quattro ragazzi che rappresentano il nostro istituto? Cosa hanno in mente per noi? E soprattutto, cosa serve davvero per essere un rappresentante con i controfiocchi? In esclusiva per voi, abbiamo intervistato Angelo Tartaglia e Antonio Caramia, ed ecco cosa abbiamo scoperto…

Quali sono i motivi principali che vi hanno portato a fare i rappresentanti d'istituto? Angelo: Ad essere sincero era partito tutto come un gioco, ma quando le cose si sono fatte più serie ho cominciato a credere di poter avere la possibilità di cambiare qualcosa e da allora è stato il mio unico obiettivo. Antonio: Un po’ mettermi alla prova perché volevo vedere effettivamente cosa sarei stato capace di fare. Un po’ per aiutare La Fenice ed aumentare la cooperazione tra i ragazzi. Durante le assemblee,

abbiamo conosciuto il vostro lato serio e formale. Vorreste dirci una curiosità che vi riguarda, che ancora non sappiamo? Angelo: Ce ne sarebbero troppe…e poi se dicessi tutto che gusto ci sarebbe nel conoscermi?(non ce la conta giusta…ndr) Antonio: Forse non tutti sanno che una delle mie grandi passioni è cantare…Faccio parte di un gruppo e adoro esibirmi con loro! Cosa pensate dei ragazzi dell'istituto? Ma soprattutto, pensate di riuscire ad accogliere tutte le proposte che vi saranno fatte? Angelo: Dopo il magnifico corteo del 10 Dicembre devo ricedermi posso solo dire di amare l'Aristosseno e i suoi studenti! E credo che riusciremo ad esaudire le richieste che ci farete. Antonio: Sono legato a questa scuola in modo eccezionale: è qui che ho conosciuto i miei migliori amici. Sono le persone a creare l'ambiente in cui viviamo, ed è grazie a loro se si crea l’armonia. Credo che accontentare tutti sia impossibile. Ma ci proveremo: senza illusioni si vive per finta... Per arrivare alla democrazia tra gli studenti, è fondamentale che essa sia presente tra i rappresentanti. E’ difficile giungere a comuni accordi? Angelo: Fortunatamente non abbiamo discordanza di idee e quindi è stato facile prendere decisioni. In qualsiasi caso il volere da rispettare e quello degli alunni seguendo sempre un metodo democratico. Antonio: E' molto più semplice di quanto ci aspettassimo. Lavoriamo molto bene insieme e siamo subito diventati molto amici: prima di fare qualsiasi comunicazione o simili ci incontriamo per prenderci un caffè e siamo sempre sulla stessa lunghezza d'onda...

Flavia Maragno , Liana Castellano

Il decalogo del perfetto rappresentante

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…La vostra Posta del Cuore!!

Carissimi ragazzi e ragazze, anche questo anno la vostra Missweet è con voi! avete sempre desiderato scrivere al vostro giornale preferito con la speranza di avere qualche consiglio per questioni di AMORE, AMICIZIA, SCUOLA, FAMIGLIA, ma non avete mai avuto la possibilità di provarci? A questo pensa MisSweet con la sua rubrica che verrà pubblicata sul nostro bellissimo giornalino scolastico “La Fenice” Come funziona? Semplicissimo: Potete inviarci direttamente dal vostro Pc una e-mail all’ indirizzo:

[email protected] Novità!!

Quest’anno Missweet è anche su Facebook a nome di: Missweet La Fenice

Vi aspetto numerosi!

MisSweet

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Sarah Scazzi, Sarah Scazzi, Sarah Scazzi…. Un nome pronunciato tante volte quante quelle di un vip, un nome che non ha avuto la stessa fortuna. Quante volte si è sentito pronunciare? In televisione fino alla nausea, sui giornali decine e decine di volte e per strada è sulla bocca di molti. Taranto si vergogna perché ospitava un mostro, o forse due? Quante “verità” sono state dette? Si possono chiamare verità? Era scomparsa; per un mese la serietà della madre appare continuamente in televisione. Poi un cellulare, trovato per caso da uno zio che piange davanti una telecamera, implorando chissà cosa, di far tornare indietro la piccola. Successivamente l’arresto. “ Quel mostro di zio Michele” Il pozzo pieno di acqua e un corpo nudo e piccolo che viene ritrovato e ancora altre lacrime; lacrime vere, lacrime false. Una ragazza che detesta il padre e se ne vergogna. Ore e ore di interrogatori, un uomo debole, dal carattere incerto che cede, che cade sotto la pressione degli altri, che confessa. Un altro arresto, stavolta è una lei, “quella falsa della cugina” o “una finta sorella”; Sabrina. E’ lei che le teneva le mani, mentre Sarah piangeva e si spegneva per colpa di una corda troppo stretta da zio Michele, lei che era gelosa, lei che insieme al padre vuole darle una lezione e spaventarla, lei che fingeva di volerle bene, lei che ha come preoccupazione l’apparenza in tv. Nega, nega l’evidenza, nega le parole del padre. Lei è innocente, così dice, lei non ha fatto nulla, lei voleva bene alla cugina; intanto legge Checco Zalone, ha bisogno di ridere lei. Lei a cui nessuno crede. Il cocktail della confusione. Ecco cosa è, la morte di quella ragazzina è un mix di fatti, supposizioni, avvenimenti e studi che portano a mille conclusioni. La gente ci pensa, ne discute, ne parla alla televisione. C’è chi si

studia il movimento di un sopracciglio, chi si ascolta l’interrogatorio di Misseri e diventa psicologo. Ma la Verità, quella vera, quella con la “V” maiuscola qual è? Sarah non c’è più, Sarah è morta nel peggiore dei modi. Sarah è stata pugnalata alle spalle da ciò che la teneva in piedi, ciò che tiene in piedi chiunque : La Famiglia. A volte si crede che è il pavimento che non mancherà mai sotto i piedi, quella parte della propria esistenza a cui ci si può sempre appoggiare nel caso si inciampi. Ma se è proprio la famiglia a fare lo sgambetto e a far cadere non si può far altro che mettere le mani avanti e cercare di non ferirsi il viso crollando. Sarah ci ha provato, non ci è riuscita. Ora deve solo dormire tranquilla come, forse, non faceva da tempo.

Regina Castrovilli          

Il caso Sarah… un cocktail di Verità

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Avete mai visto “Chocolat”, il bellissimo film di Lasse Hallström? Beh, se non vi siete ancora accoccolati sul divano con il vostro lui o la vostra lei a godervi lo spettacolo, fatelo al più presto! Questo film fa sognare non solo per la trama, ma anche per le piccole bontà che la protagonista Vianne sforna nella sua pasticceria situata nel tranquillo paesino di Lansquenet. Se invece non vi accontentate dei pixel della vostra televisione e volete far parte del sogno, la vostra unica possibilità è la nuova cioccolateria Bernardi, da poco aperta su Corso due Mari.. La Fenice, che è lieta di accompagnarvi alla scoperta delle delicatezze più incantevoli, ha mandato due inviati speciali per un sopraluogo all’insegna del gusto e della raffinatezza. No, mi spiace deludervi, ma Johnny Depp non sarà lì ad accogliervi! In compenso vi aspettano delizie di ogni genere per stupire ed incantare i vostri palati. Tralasciando l’ottimo caffè, le buonissime brioche e la prelibata cioccolata calda, (il thè è da provare), lanciamoci nel dolce settore delle torte e dei cioccolatini. Ce n’è davvero per tutti i gusti! Bonbon di tutte le forme e dalle varie sfumature, dal marrone al white chocolate. Di ripieni ce ne sono a migliaia, dai gusti più convenzionali della gianduia, del caffè, della nocciola e del tiramisù fino ad arrivare a cocco, banana, peperoncino, anice e limoncello! Se invece prospettate un dopocena un po’ più sostenuto vi consigliamo di guardare nel settore torte e di lasciarvi conquistare da una squisita Mousse ai Frutti

di Bosco, dall’irresistibile Profiteroles dalla deliziosa panna, e da una Mousse al Cioccolato che vi cambierà la vita. Scoprite le altre prelibatezze che Bernardi offre nella zona pasticceria, affianco a quella destinata a gelati che non vi deluderanno affatto. Accompagnate il tutto con cocktail dai colori sgargianti e dal gusto inimitabile. Beh cos’altro c’è da dire?! Buon appetito! Adesso non vi resta che scendere da casa e andare da Blockbuster ad affittare ‘Chocolat’. E se queste nuvole grigie e l’inverno vi mettono malinconia non c’è problema, basta un po’ di cioccolata che vi aggiusti la giornata. Magari con le persone giuste, quelle che il freddo non te lo fanno sentire neanche con 200 gradi Fahrenheit, quelle che ti fanno assaporare meglio la dolcezza delle giornate e anche quella dei cioccolatini ripieni, delle torte e del gelato. Andate da Bernardi, ragazzi. Andateci quando siete allegri, tristi, quando fate filone, quando vi fidanzate e vi lasciate. Qualunque cosa stia accadendo, quando ne uscirete sarete come rinati.

Martina Iannuzzi

Chocolat Colazione da “Bernardi”… offre Tiffany

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Ci risiamo: l’emergenza rifiuti è nuovamente scoppiata in Campania, con la popolazione in rivolta per l’apertura di nuove discariche e la polizia impegnata a gestire la difficile situazione di ordine pubblico.

Ma siamo sicuri che il problema dei rifiuti, e in particolare delle discariche (a cielo aperto, ma non solo…) non riguardi più da vicino il capoluogo jonico, già drammaticamente colpito dalle più varie problematiche ambientali?

La vittima questa volta è quanto di più bello possiede la nostra città, il fiore all’occhiello di Taranto in tutto il mondo e ultimo habitat naturale che circonda il deserto che pian piano sta inglobando l’antica città della Magna Grecia: il nostro mare.

Le foto inedite che “La Fenice” vi mostra in anteprima assoluta sono state scattate con una fotocamera subacquea il 21 Agosto 2010 e mostrano un qualcosa che sembra una struttura di cemento armato di diverse decine di metri di lunghezza e pochi metri di larghezza depositata nel mar Grande immediatamente sotto la scogliera che unisce l’isola di San Pietro con Punta Rondinella.

La struttura di cemento armato sembra assomigliare ad un molo per via dei tiranti di ferro (usati per unire le varie sezioni delle banchine) e per via della forma, rettangolare lunga e stretta, molto simile al molo attualmente presente sull’isola di San Pietro dove la Clodia imbarca e sbarca i bagnanti della spiaggia della M.M.

Dall’analisi fotografica risultano anche presenti diversi spezzoni di tubo di plastica che potevano fungere da protezione per i fili elettrici oppure impiegati per il trasporto dell’acqua.

Sopra la struttura, nel corso del tempo, si sono posati vari sedimenti (sabbia, conchiglie, fango, resti di mitili) ed è cresciuta l’erba e altra flora marina a testimonianza del fatto che quella struttura è lì da almeno (ma sono ipotesi) due o più anni.

Quello però che ci sentiamo di escludere è che la struttura si trovi lì dai tempi della seconda guerra mondiale. Sono le stesse condizioni della struttura che ci testimoniano ciò in quanto se fosse stata presente da allora nel corso di circa sessant’anni non solo la struttura sarebbe stata inglobata dal fondo marino ma particolari pezzi (ancora visibili) si sarebbero sgretolati e distrutti come i pezzi di

Sorpresa in fondo al mare:

cosa c’è sotto la rada di Taranto? Le foto inedite de “La Fenice”

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tubi di plastica e i tiranti in ferro, ricoperti da erba ma non completamente arrugginiti. Inoltre ad opinione dei frequentatori sub di quella zona, quella struttura circa dieci anni fa non c’era.

Possiamo dunque concludere che in un arco di tempo che va dal 2000 al 2010 ai piedi dell’isola di San Pietro (che ricordiamo essere una base della Marina Militare) sia magicamente comparso un artefatto di cemento armato di diverse tonnellate a pochi metri (neanche 2) dalla superficie dell’acqua alla faccia della non cementificazione della costa.

Depositare un artefatto di così imponente tonnellaggio e dimensioni di certo non è nelle possibilità del diportista che va a mare la

domenica in quanto richiede grandi battelli provvisti di gru.

Alla luce di quanto scoperto non possiamo fare a meno di non osservare (a poche centinaia di metri dal luogo) le strutture portuali dell’isola di San Pietro.

Ma gli organi competenti (Capitaneria di Porto, comune di Taranto, provincia di Taranto etc.) sono a conoscenza della presenza di questa non meglio precisata struttura insabbiata in fondo al Mar Grande?

Se fosse vera, l’ipotesi della discarica marina quale società, azienda, impresa, ente avrebbe ottenuto l’autorizzazione e i mezzi

per scaricare la struttura a poca distanza da una base militare, da un molo petrolifero dell’ENI e da una spiaggia frequentata da bagnanti?

Qualche idea c’è, ma sarà compito delle autorità competenti, tecnici e periti (se vorranno) approfondire la questione e dare un soggetto e un oggetto alla sorpresa marina.

Roberto Bellacicco

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Sa Mattoni su mattoni, soldi e tasse dei cittadini che non serviranno a nessuno, infrastrutture costruite e mai correttamente sfruttate: ecco cosa succede nella nostra città. Prendiamo ad esempio la II Facoltà di Giurisprudenza, succursale tarantina dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, che ha attualmente sede in via Acton n. 77: una scuola elementare riadattata a sede universitaria, ma che non offre spazi sufficienti e adeguati al corretto svolgimento delle attività. Oltre 2000 universitari lottano per un'aula dove poter fare lezione e gli studenti di lettere, in quanto "ospiti", sono spesso (se non sempre) costretti a sostenere gli esami nei corridoi o in segreteria, in mancanza di una biblioteca. I ragazzi risentono, inoltre, della mancanza di punti di ristoro ed aule studio. Il comune ha, però, già messo a disposizione (restaurato) l'ex convento di san Francesco, comunemente conosciuto con il nome di caserma Rossarol, ma l'Università ha, al momento, un buco di circa 52.000.000 €, buco che non permette l'allestimento dei locali ed il conseguente trasferimento. Inoltre comune e provincia non hanno ancora firmato la convenzione, rendendo incerti gli investimenti degli enti locali nell'Università. Al momento il trasferimento è previsto per il periodo tra Dicembre e Gennaio, ma gli studenti sono scettici, in quanto questa data viene rimandata di mese in mese da ormai due anni. Un altro edificio che si aggiunge alla lunga lista delle strutture non utilizzate è l'aeroporto "Marcello Arlotta" di Grottaglie. L'aeroporto nacque per difendere il porto tarantino nel 1915. Nel 1964 divenne aeroporto civile per rimanere attivo fino al 2003. Oggi è uno degli scali aeroportuali con la pista più lunga d' Italia ed il settore trasporti si coniuga strettamente con quello turistico, congressuale e produttivo. Ma ci siamo

chiesti perchè per viaggiare in aereo ci tocca recarci a Bari o a Brindisi? Quando a qualche chilometro di distanza, abbiamo un potenziale scalo internazionale? Per quale ragione non ospita nessuna compagnia aerea? Un aeroporto in cui potrebbero addensarsi le più strategiche tratte mondiali. Ma preferiscono servirsene per altri scopi. E' forse un sintomo dell'inefficienza, dell'incompetenza, della pusillanimità di chi all' ADP (“Aeroporti di Puglia" - società della regione puglia che si occupa della gestione aeroportuale) siede in nostra rappresentanza? Durante le campagne elettorali è capitato di sentire molte volte politici dire di voler riaprire il nostro inutilizzato aeroporto, tante sono state le promesse, ripetute e ribadite, ma ancora niente, nessun politico è stato in grado di mantenere le promesse fatte. La disponibilità di una delle piste più lunghe d' Italia, dovrebbe essere lo scalo aeroportuale desinato anche ai voli civili; così il nostro caro e tanto bistrattato aeroporto servirebbe non solo alla cittadinanza ionica, ma anche a quella lucana, quella calabra e a quella campana. Per non parlare delle frontiere dei balcani e di tutto l' Est, così vicino graficamente, ma così lontano logisticamente. Questo determinerebbe la formula: + TURISMO= + RICCHEZZA + ECONOMIA PER LA NOSTRA REGIONE. Siamo esterrefatti che grandi strutture del genere, costruite con soldi pubblici, vengano messe in disuso o diventino " templi dell' inutilità".

Daniele De Angelis Giordana Failla

Sara Summa  

I templi dell’inutilità

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Negli ultimi anni la figura degli ultras si è messa in mostra nei nostri stadi soprattutto per la violenza e per la cattiveria con cui essi hanno tentato di difendere i propri ideali, giusti o sbagliati che siano. Tutti gli opinionisti più importanti e tutte le maggiori cariche politiche si sono espresse su questo argomento tentando di trovare una soluzione a questi casi di violenza, diventati sempre più numerosi. L’ultimo caso che ci torna alla memoria è quello di Italia - Serbia, dove una parte di tifosi estremisti serbi ha messo a ferro e fuoco lo stadio di Genova. Come ho già detto L’ULTIMO CASO, che ci fa tornare alla memoria i tafferugli di Catania - Palermo e quelli tra ultras e hooligan di Roma - Manchester United. Proprio quest’estate è entrata in vigore la direttiva del ministro Maroni che ha istituito la Tessera del Tifoso, causando numerose polemiche da parte degli ultras. Questo purtroppo è il prezzo che tutti devono pagare a causa della violenza di alcuni. Vedremo prossimamente quali saranno i risultati, sperando di poter portare allo stadio anche le famiglie e i bambini, come accade in Inghilterra o in Scozia.

Infatti, tornando ad Italia - Serbia, la scena che più ha amareggiato tutti noi è stata quella dei bambini delle scuole primarie di Genova, che erano stati portati allo stadio dalle maestre per poter vedere i propri idoli, che si sono trovati davanti un “orrore”. Oppure l’immagine di una bambina serba sconsolata, che anch’essa voleva vedere uno spettacolo e non tanta violenza. Purtroppo con tutti questi casi, i “VERI TIFOSI”, quelli che seguirebbero la propria squadra ovunque, passano in secondo piano e non possono fare altro che subire le direttive che devono essere applicate nei confronti di tutti. Quindi per un futuro più roseo spero si possa partire proprio da questi tifosi, e spero che il loro sentimento di passione possa contaminare un pubblico sempre più esteso ma onesto e poco violento, e che lo sport possa intaccare il meno possibile con i vari movimenti politici.

Lorenzo Masi

Gli Ultras oggi

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sono qui per scrivervi perché non ho avuto un vero modo per salutarvi ufficialmente, un po' per scaramanzia, un po' per varie impossibilità, ma mi adopero del modo che ci accomuna e che mi è maggiormente gradito per salutarvi ora. Vi vorrei ringraziare per tutto, per ogni singolo attimo di questi miei tre anni ne La Fenice, di avermi fatta crescere a suon delle vostre magnifiche parole scritte e dei vostri magnifici pezzi. Siete delle persone splendide e ognuno a suo modo è stato un pezzo indispensabile di questa esperienza. Magari siete persone magnifiche ai miei occhi perché vi ho potuto conoscere in diverse situazioni ( con alcuni di voi anche meno piacevoli ) ma a mio parere siete persone fantastiche perché siete degli scrittori, e io credo che chi riesce ad esprimersi attraverso la scrittura sia gente lodevole e molto sensibile. Mi sono ritrovata qualche giorno prima di iniziare la mia vita universitaria a leggere la vera storia di Peter Pan, forse per la mia fondamentale componente nostalgica, forse per la mia avversione nei confronti dei cambiamenti e della crescita, fatto sta che imbattendomi nella frase "Era un poeta e i poeti non sono mai veramente adulti " mi siete subito venuti alla mente voi, grandi uomini e grandi donne del giornalismo, che internamente però restavano fortunatamente degli eterni bambini! Siete stati una redazione fantastica anno dopo anno, non avete mai mollato perchè facevate ciò che vi piaceva e quello in cui credevate ed è per questo che ho avuto sempre grande stima nei vostri confronti, stima e orgoglio di avermi al mio fianco, di avermi dato la possibilità di "dirigervi" nonostante la mia scarsa competenza, ma soprattutto di esservi amici. Ci sono alcuni tra di voi che si sono dati molto a me e con cui mi sono molto aperta affezionandomi molto, e a questi va un ringraziamento immenso per la pazienza e l'affetto che mi hanno dimostrato. I restanti non sono per nulla meno importanti, anzi, forse lo sono ancora di più, perché proprio

non conoscendomi ( e a volte non è un male ) hanno saputo sopportarmi e convivere con la mia persona. A voi un grazie affettuoso come la persona che ritengo di essere. Mi trema incredibilmente il cuore a pensare a tutti i cambiamenti a cui sto per andare incontro, uno fra tanti lasciare voi, lasciare il giornalismo. Non è mai stato il mio sogno chiuso nel cassetto, ma la scrittura è una componente fondamentale del mio essere e non l'abbandonerò mai. Spero che non lo facciate nemmeno voi, perché siete davvero dotati! E i grafici, oh che persone magnifiche! Non ho mai visto tanta originalità ed inventiva tutta insieme, senza tralasciare la vostra incredibile dote! Ognuno di voi è una parte fondamentale del giornale e vi chiedo di non arrendervi mai, anche se le cose saranno difficili, anche se dovrete puntare i piedi atterra e stringere forte i pugni. Grazie a voi sono molto cresciuta e non riuscirò mai a dirvi grazie abbastanza. Siete voi La Fenice, siete voi il cuore dell'Aristosseno, siete i miei compagni di liceo e uno di quei ricordi che ho la certezza di non dimenticare mai! Vi annuncio fin da ora che voglio ogni vostro singolo numero e che appena possibile vi farò visita. Mi mancherete immensamente, ma sarete incisi ad inchiostro nel mio cuore. Vi voglio bene sul serio! Con tutto l'affetto di questo mondo, Sara. Sara Leo

Grazie! Cari ragazzi della mia ex redazione

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Non sapevo esattamente come cominciare questa mia „testimonianza‟, ma penso che il modo più semplice sia anche il migliore. Mi affaccio alla finestra e ciò che vedo è un tramonto…un tramonto mozzafiato. Arancione, rosso, giallo, viola.. immenso e meraviglioso come il paese che lo accoglie. No, non sono in Italia. Sono oltreoceano. In quel paese famoso per le sue montagne, per i suoi laghi e per il suo freddo esagerato. Sono in una piccola cittadina che tutto ha meno che le montagne, ma che mi basta e avanza. Moose Jaw, Saskatchewan, Canada. Quanto può essere diversa la vita qui? E ancora mi chiedo: Quanto può arrivare ad essere bella? Scrivo e sorrido, come non lo facevo da forse troppo tempo. Mi manca tutto, terribilmente. Le lacrime mi hanno fatto da compagne nei momenti in cui mi sentivo immersa in una solitudine che ora mi sento incapace nel descrivere. Ma sono andata avanti, altro non potevo fare. Avevo con me quelle poche meravigliose certezze che ho fisicamente lasciato in Italia ma che hanno dimora fissa nel mio cuore. Sentire dentro si sé la voglia e il bisogno di vivere ogni giorno come se fosse l‟ultimo, ogni cosa come se fosse irripetibile. E le emozioni uniche ci sono. Siamo sinceri, quante volte e quanti di noi pronuncia le parole: “Ho voglia di evadere?”. Taranto era un posto in cui stavo scoppiando, in cui non mi sentivo a casa, in cui non ero felice. Ogni giorno ripetevo quelle maledette parole e finalmente sono stata capace di affrontarle. Sto imparando il rispetto per la religione, quanto sia bello stare in mezzo alla gente, sentirsi tutti parte di un‟unica grande famiglia. E ora rido al solo pensare che mi ero quasi pentita di aver preso questa decisione. Alla Cornerstone Christian School sanno farti sentire davvero a casa. Tutti hanno un‟occasione per valorizzarsi, tutti sono accettati. Sorrisi, canti, risate. E‟ tutto così perfetto, tutto così…come l‟avevo sempre desiderato. Ogni anno centinaia, forse migliaia di ragazzi prendono

quell‟aereo e partono. Un giorno il sindaco della città ci ha detto che se tutti i teenager avessero occasione di partire, questo sarebbe un mondo migliore. E aveva ragione. Se ne avete la possibilità, non lasciatevela scappare. Afferratela e tenetela stretta al cuore. E quest‟anno siamo arrivati noi. Dieci studenti stranieri, dieci amici che hanno preso la stessa decisione. Italia, Francia, Germania, Danimarca, Haiti, Giappone, Messico. Dieci teenager che stanno vedendo la loro vita capovolgersi e la loro mente cambiare. E ora mi rivolgo direttamente a voi. Per quanto terrificante possa apparire tutto questo, alla fine è come tutte le cose…basta conoscerle per poterle amare. Per Taranto c‟è tempo, l‟Italia sarà sempre qui ad aspettarci, le persone che ci amano sul serio non se ne andranno mai. Non fatevi bloccare dalla nostalgia, dalla paura. Non ne vale la pena. Vi perdereste davvero troppe cose. Ogni singola lacrima e ogni singolo sorriso. In fine, un saluto alla mia meravigliosa e unica classe. E‟ cosi strano non poter dividere le giornate con voi, non poter vivere insieme a voi. Mi mancate, troppo. (Anche i professori, ci credete?). Un saluto da parte anche di mio fratello, attualmente negli USA come Exchange student, che ancora non fa parte della redazione… ma lo sarà presto. Siete speciali ragazzi, vi voglio bene. Non ci dimenticate.

Valentina Benincasa

Ama la tua vita con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente

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Come afferma Benedetto XVI “i giovani vogliono cose grandi”. Ciò significa che molto spesso noi giovani veniamo giudicati e criticati in maniera del tutto errata agli occhi dell’opinione pubblica… Accusati di egoismo,superficialità , di sprecare il nostro tempo in attività di svago che non producono risultati a livello morale , di essere dediti unicamente alla venerazione del dio denaro, di non essere partecipi,per disinteresse o menefreghismo ,a questioni che non meriterebbero la nostra disattenzione… Sarebbe sbagliato negare che in parte è tutto questo che la nuova generazione lascia intendere ma sarebbe altrettanto ingiusto esaltare solo il nero delle cose quando invece esiste anche il bianco…Per quanto infatti alcune sfaccettature della gioventù odierna possano dimostrarsi veritiere, l’atto di “VOLERE COSE GRANDI” o di desiderare le cose migliori per il proprio avvenire implica che non siamo poi così frivoli ma che sappiamo lottare per tutto ciò che vogliamo ottenere acquisendo un maggiore senso di criticità. Criticità che permette di saper riconoscere e distinguere ciò che è giusto o sbagliato.Quale potrebbe essere infatti la reazione,nostra o di un qualsiasi amico o conoscente,dinnanzi all’emanazione di una norma che dia l’opportunità a qualcuno di poter ledere i diritti fondamentali ,tramite qualsiasi forma di violenza fisica o psicologica ,di un individuo utilizzando come unica giustificazione il fatto che quest’ultimo avesse l’intenzione di danneggiare la sua sfera patrimoniale? Rientrerebbe nel giusto conferire eguale importanza a interessi personali e diritto alla vita ? Sarebbe possibile porre sullo stesso piano il valore dell’esistenza con quello dei beni

materiali?Sicuramente no…o perlomeno tutto ciò non potrebbe mai valere come scusante lecita se a giudicare fosse chiunque in grado di sapersi pronunciare obiettivamente. Specialmente per noi giovani che miriamo ad emergere dalla massa per la formazione di una valida giustizia ,di una migliore qualità della società nella quale speriamo la realizzazione concreta di sogni e ambizioni future. Bisogna anche valutare quanto noi giovani sappiamo dimostrare in molte circostanze forza di carattere e ostinazione nel conservare gli stessi ideali di giustizia anche se non siamo motivati a credere nella loro attuazione sia per perdita di credibilità da parte degli organi istituzionali che per mancanza di fiducia e speranza rispostavi.Ma penso sia proprio ciò che potrebbe indurci a rinunciare a qualcosa che abbiamo sempre rincorso con dedizione e perseveranza a rafforzarci e a renderci consapevoli che non c’è niente che non possa essere cambiato. Dinnanzi alla mafia per esempio,la risposta della gioventù è non riconoscersi nella criminalità organizzata con palesi dissensi.Opposizione mossa dalla volontà di ricordare coraggiosi uomini di Stato (Paolo Borsellino ,Carlo Alberto Dalla Chiesa) che hanno sostenuto una lotta ininterrotta sacrificando con sangue freddo la propria stessa vita in onore dei principi di legalità… Quegli stessi principi ,spesso impropriamente sottovalutati e considerati ,forse per forza dell’abitudine, nella comune normalità ma che andrebbero invece valorizzati perché sono risultato di vittorie e conquiste … E

principalmente perché certe cose vanno fatte “ per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli”…

Alessia De Vincentis

I nuovi paladini della giustizia

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“Nella vita certe differenze non possono contare” recitava uno spot pubblicitario promosso dal Ministro per le Pari Opportunità. Peccato che nel XXI secolo non tutti la pensino così. Alle volte fortunatamente subentra la ragione, quella strana cosa per cui ci fermiamo a soppesare le azioni e che ci impedisce di seguire la fiamma interiore della rabbia o dell‟odio. La violenza non si giustifica MAI, solo nel regno animale vince il più forte. Dovremmo zittire le paure totalmente irrazionali come l‟omofobia, dovremmo aprire la mente e, in questo caso, imparare dagli animali. Proprio così! Ci sono animali come le scimmie Bonobo di cui parla Caparezza in una sua canzone: „Il Bonobo è una pericolosa alternativa sociale, dimostra che in natura esiste l'omosessualità e che l'uomo è aggressivo perché sessualmente represso‟. Se un ragazzo dichiara di essere omosessuale o bisessuale scattano risatine e commenti stupidi. Ma un vero amico lo accetta. Differente è invece l‟approccio con i familiari. Sara, una ragazza di 17 anni, ne ha parlato dopo mesi solo con la madre. Le mancavano le parole, le mancava il coraggio. Ha scelto di scriverle una lettera, una di quelle classiche in cui si riesce a percepire il profumo e l‟emozione di ogni singola parola. La madre ha detto di accettare senza alcun problema ciò che sentiva. Quando Sara si è messa per la prima volta con una ragazza, ha però iniziato ad inventare mille scuse fino a separarle. Ora, ogni volta che è presente la madre, Sara cerca di fare apprezzamenti sui

ragazzi per farle dimenticare il suo differente orientamento sessuale. Forse è proprio per questo che Marco, un ragazzo di 20 anni, ha precluso ai propri parenti la possibilità di conoscere il suo modo d‟essere. A malapena ne ha parlato con gli amici. Basta finto moralismo. La Chiesa, contesta aspramente le unioni di fatto, lo sviluppo della fecondazione in vitro e l‟aborto, mentre i fattori realmente contro natura sono altri. Si danno per scontati l‟inquinamento, le guerre, le malattie, la mancanza di risorse, la povertà, la fame… Ormai si stanno diffondendo mode, o meglio storpiature di stili alternativi, che omologano i ragazzi in tutto e per tutto. Nuove generazioni crescono, manifestando la necessità d‟essere accettate, senza considerare il vero ideale che muove un determinato stile di vita. Nelle antiche società greche e romane l‟omosessualità era vissuta con tranquillità e poteva realizzarsi solo se il civis adulto avesse prima assolto dei doveri nei confronti dello Stato: il matrimonio e il rispetto delle leggi in primo luogo. Forse a causa del ruolo marginale della donna, la bisessualità femminile era meno soggetta a ordinamenti. E come non pensare quindi a Saffo, la poetessa greca che dedica delle liriche ricche di sensibilità alle giovani del suo tiaso? Il tema predominante è l‟amore che provoca turbamenti o che travolge tramutandosi in passione. Nel mondo orientale, il Corano ha imposto divieti contro i comportamenti omosessuali se manifestati in pubblico. L‟esplicita ammissione della propria omosessualità è socialmente inaccettabile. Ma senza andare molto lontano basta ricordare Oscar Wilde, forzato a due anni di reclusione. Perché condannare per amore, quando l‟amore stesso è già una condanna? Marina Tassulis

Bonobo Power

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Il dottor Balzanelli ricorda che

in caso di qualsiasi urgenza è

sempre opportuno chiamare il

118

Ne prendi un altro? Ma sì, che sarà mai un altro bicchiere? Un po' di dance e poi sfrecciamo a casa! La vita è una e va vissuta appieno, siamo giovani: ci dobbiamo divertire! Vivere come se non dovessimo morire mai o come se dovessimo morire domani, qual è la cosa migliore? Le vite perse a causa di un bicchiere di troppo, di un acceleratore troppo pigiato sono davvero tante e fanno male: come fare a contrastare questo fenomeno tanto triste quanto vicino a noi? Per rispondere a questa domanda abbiamo incontrato il dottor Mario Balzanelli, responsabile provinciale del 118 di Taranto nonché fondatore della campagna di sensibilizzazione “Un messaggio per non morire”. Il dottor Balzanelli, specialista in medicina interna e d'urgenza, si occupa di salvare vite umane, o meglio, di ridurre le morti evitabili non solo con il suo lavoro di medico ma anche grazie a una campagna motivazionale che ha costruito negli anni. Un messaggio per la vita: bisogna far vedere ai ragazzi quanto sia bello vivere, non quanto sia brutto morire, i giovani hanno bisogno di vivere esperienze positive per questo cercano il divertimento (anche quello sfrenato). Bisogna mettere sempre più in evidenza una cultura della vita per evitare la morte e il dottor Balzanelli spiega questa necessità anche in maniera scientifica: il nostro cervello tende a rimuovere le “cose che non ci piacciono” per difendersi, quindi mostrare a una persona le immagini traumatiche di un incidente mortale non fa altro che allontanare quella persona dal problema, farla chiudere a riccio rimuovendo tutto ciò che ha visto. Quindi? Mostriamo le bellezze della vita! Ecco cosa fa “Un messaggio per non morire”: promuove la cultura della vita, della gioia di vivere per far capire che la vita è un pregio e va rispettata... E i risultati di questa campagna sono arrivati molto velocemente: in provincia di Taranto nel giro di appena tre anni c'è stata una

riduzione della mortalità sulla strada del 16% mentre nelle altre città italiane (nonostante le ultime modifiche al codice della strada) la percentuale è purtroppo aumentata. Taranto in questo ambito risulta essere una voce fuori dal coro in positivo e un ringraziamento per questo è assolutamente dovuto a “Un messaggio per non morire” e a tutto lo staff del dottor Balzanelli. Un altra idea molto interessante dal 118 di Taranto è quella di portare dei corsi di primo soccorso nelle scuole per insegnare ai ragazzi come intervenire in casi di estrema necessità e soprattutto per far capire già dalla scuola quanto sia importante avere rispetto per la propria esistenza. Nel 2005 sono state presentante 93.000 firme in parlamento per ottenere questa possibilità e ad oggi ci sono ben due proposte di legge a riguardo e sia centro-destra che centro-sinistra si mostrano favorevoli bipartisan all'iniziativa. Divertirsi, provare belle emozioni sono componenti essenziali della vita di un giovane ma è importante ricordare sempre che quella vita bisogna metterla davanti ogni cosa perché ognuno di noi è importante e ha qualcosa da dare al mondo: non privare il mondo di te stesso, tu... fai parte della bellezza del mondo! Antonio Caramia

Vivere, vivere, vivere!

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“La paura fa 90…cortei in Italia” , recita uno striscione sorretto da alcuni studenti manifestanti a Roma, l’8 Ottobre 2010, durante uno dei novanta cortei previsti in Italia. E’ la protesta di un’Italia rappresentata da circa 300.000 partecipanti scesi in piazza per protestare contro la Riforma Gelmini. Gli studenti tarantini il 10 Dicembre hanno partecipato in grande numero allo sciopero contro la riforma. Con la rabbia di chi ha paura di non vedere luce nel futuro, con la voce energica di studenti che combattono una battaglia per i propri sogni e la propria istruzione. Al riguardo l’Art. 34 della Costituzione Italiana, così recita : “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi (…)”. E’ bene ricordarlo sempre, perché questo diritto non deve esserci mai negato.I principali cambiamenti oggetto di discussione, previsti nell’università pubblica: - Dimissione del Senato Accademico che viene ridimensionato nei termini di un semplice organo consultivo poiché esautorato da funzioni decisionali in materia di didattica e ricerca, d'ora in poi attribuite al nuovo C.d.A (Consiglio di Amministrazione). - Introduzione della nuova figura del Direttore Generale, il quale svolgerà funzioni di gestione e organizzazione complessiva dei servizi, risorse strumentali e personale tecnico-amministrativo dell'ateneo, in sostituzione della precedente figura del Direttore Amministrativo. - Cambiamenti per dipartimenti e facoltà : possibilità per le università di trasformarsi in

Fondazioni, privatizzando l’istruzione, due o più università (anche solo facoltà o istituti) possono fondersi o federarsi. - Vengono riformulate le modalità di esercizio del Diritto allo Studio traverso l'introduzione del prestito d’onore e premi speciali per il merito. Al contempo si prevede l’istituzione del Fondo Speciale per il

Merito, del quale non è specificata né l’entità né la provenienza. Avremo così due categorie di studenti: chi potrà permettersi di pagare gli studi senza indebitarsi e chi invece dovrà ricorrere al “fondo per il merito”. Il finanziamento statale per le borse di studio previsto per il 2011 è appena la metà di quello del 2007/2008, anno in cui già 18 studenti su 100 non ricevevano la borsa di studio anche se idonei. Solo a uno studente su cinque idonei viene assegnato un alloggio. Inoltre assisteremo a una vera e propria istituzionalizzazione della figura dei “ricercatori a tempo determinato” . Infatti, i contratti da ricercatore avranno durata triennale e potranno essere rinnovati solo una volta. Così passati i 6 anni da ricercatore a tempo determinato, bisognerà attendere che si liberi qualche posto da docente e sperare di essere assunti definitivamente. Questi sono solo alcuni dei punti fondamentali della Riforma Gelmini e questa è l’attuale disastrosa crisi dell’istruzione italiana. La ricerca e la formazione pubblica sono le uniche risorse di cui si dispone e con le quali si può costruire una speranza per il futuro. Nelson Mandela disse: “L’istruzione e la formazione sono le armi più potenti che si possono utilizzare per cambiare il mondo.”. Queste parole sono utili a ricordarci che il mondo è nelle nostre mani ed anche il potere di cambiarlo.

Claudia Razzato

La paura fa novanta ... cortei in Italia

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Far parte del mondo o avercelo dentro, il mondo? Lasciarsi riempire dalla vita, o viverla a pieno? E’ l’epoca dei messaggi istantanei, della velocità, dei rapporti virtuali, del tutto in un click. La nostra mente e la nostra fantasia ricevono stimoli continui dall’esterno, le nostre emozioni si adattano alla forma di ciò che offre Google con le sue infinite possibilità di esprimere una sensazione, un momento, un sentimento, tutto a portata di mano e le parole, le nostre, fuggono, sempre di più. Fuggono quando ci riempiamo di pensieri che non ci appartengono, quando non lasciamo fluire un po’ di noi, della nostra sensibilità nero su bianco, perché troppo impegnati a digitare e ancora digitare, freneticamente, per stare al passo, per non perdere neanche un salto, una capriola dell’essenzialità con cui si comunica ormai. La poesia diventa un cumulo di pagine ingiallite, un anacronismo per i giovani. E’ argento impolverato nel ritmo incalzante di una vita da mordere troppo in fretta, invece! Se solo ci concedessimo il tempo di assaporarla, se solo sapessimo lasciarci incantare ancora dai particolari, da quelle banalità quotidiane che vanno riscoperte! Siamo trascinati dal vortice di mode da seguire, come sacchi rischiamo di lasciarci riempire dall’eco di frasi fatte, diventiamo sempre più impersonali e non sappiamo più ascoltarci. Dobbiamo ritrovare la capacità di meravigliarci dell’ordinario, questo è poesia.

Noi giovani rischiamo di perdere questo spirito, ci rifugiamo negli slogan, nei “ritornelli trita-pensieri” e finiamo per definire poesia un insieme di versi troppo arzigogolati che richiedono spiegazioni e vocabolari per essere decifrate. Forse dovremmo imparare daccapo a ritornare bambini, nel tempo in cui non fuggivamo dalle domande, cercavamo il perché d’ogni cosa, creavamo le nostre risposte con l’anima nuda e ancora libera d’annegare in se stessa. Ritagliamoci il tempo per ogni cosa, il tempo per svegliarci da questo vivere in punta di piedi, prendiamoci la pausa dopo la corsa a perdifiato, la pausa dal bombardamento mediatico, da facebook che svalorizza l’intensità delle parole e della creatività. Vogliamo far parte del mondo, vogliamo vivere “easy”, vogliamo fare e disfare con leggerezza e prenderci tutto, il più possibile, di questi anni che portano con sé l’ansia di scoprire, di andare oltre i limiti, la fame di viverli e al massimo, a tutti i costi. Ma forse, l’unico modo per starci davvero, su quest’altalena senza scampo, è non lasciarsi forgiare dall’”intorno”, dalle correnti. Lavoriamoci il nostro bel pezzo di legno, scegliamo quello più scheggiato ed informe, ci penseranno le idee, le nostre a levigarlo, ad adattarlo alla misura in cui vogliamo essere liberi, liberi dal confortevole nulla di ciò che ci viene detto di pensare. La poesia, come la scrittura, l’arte, le parole,

l’inventiva, anche solo due righe buttate giù su un moleskine come su un post-it, sono un modo per urlare “ci sono anch’io ed ho da raccontarmi”, un modo per esprimerci. Corriamo il rischio di essere, di comunicare, di comunicarci e ogni volta che ci capiterà di sentirci fuori da questo mondo, di essere contro-tendenza, fuori epoca, fuori luoghi comuni potremo sempre ripeterci: “Io non faccio parte del mondo, io il mondo ce l’ho dentro”.

Melania Martucci    

“Io il mondo ce l’ho dentro.”

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Glee è una serie televisiva statunitense ideata da Ryan Murphy (cratore di Nip/Tuck e Popular). La serie è incentrata su una compagnia di canto corale conosciuta come Glee Club. Il protagonista, il professor William Schuester, deciderà di prendere le redini della compagnia, ignaro dei rivali che dovrà affrontare tra cui la severissima professoressa Sue Sylvester, la quale brama la chiusura del club sin dal primo episodio. Il Glee è formato da dodici studenti suddivisi in giocatori di football, Cheerleaders e i cosiddetti 'sfigati'. Concepita in maniera differente rispetto ai classici teen drama, la serie dà un ampio spazio alla musica, confezionando di puntata in puntata dei mini musical. In ogni episodio il professor 'Schue' assegna ai ragazzi come compito settimanale, la realizzazione di un brano che si attenga ad un artista (Madonna, Britney Spears, Kiss) oppure ad un filo conduttore presente già nella puntata (amore, odio, felicità...). Cantando e ballando, la serie Glee è diventata in poco tempo un fenomeno televisivo senza precedenti che è riuscita ad incollare allo schermo della televisione otto milioni di telespettatori ad episodio. Visto il notevole successo ottenuto, la casa produttrice del telefilm ha deciso di rinnovare altre due stagioni garantendo altri due anni pieni di musiche moderne, pop, rock, funky, rehab e rap.  

Gianlorenzo Vaudo  

“Acciaio” di Silvia Avallone Non sempre il mondo dei giovani è quello descritto da Moccia. Un aspetto più veritiero dell'adolescenza è messo in luce dal libro “Acciaio” della neoscrittrice Silvia Avallone. E' un romanzo che racconta la storia di una profonda amicizia tra due ragazzine di tredici anni, Francesca e Anna, che crescono troppo in fretta, e così come il loro corpo anche le loro vite stanno per cambiare. La storia è ambientata a Piombino, in un quartiere popolare immaginario, una provincia depressa popolata da operai siderurgici, adulti disillusi bruciati da troppe sconfitte e ragazzi che sognano la fuga. L'autrice parla senza pudore di padri violenti che picchiano figlie disinibite, di genitori assenti che fuggono da un destino opprimente, di nottate all'insegna di droga presa per noia, per trovare il coraggio di affrontare un lavoro che distrugge la vita. Nonostante molti temi trattati siano spinti, il libro non contiene una parolaccia in più del necessario. L’Avallone scrive in maniera schietta e scorrevole e arricchisce il racconto con ottime descrizioni che non annoiano. Persino la storia delle fasi di produzione dell'acciaio risulta affascinante. Ci si ritrova ad accompagnare i personaggi per le strade assolate, a spiarli dalle finestre partecipi di una storia che cattura e dalla quale, fatalmente, bisogna aspettarsi qualche brutto colpo. Il libro, arrivato finalista al Premio Strega 2010, è consigliato a coloro che sono stanchi di leggere le solite banali storie di adolescenti, ma non hanno paura di venire a conoscenza di realtà sociali che ci circondano, ma spesso si preferisce tenere nascoste facendo apparire tutto “rose e fiori”. Carmen Pizzigallo e Lucia Zarruso

Aprite le orecchie: Arriva Glee

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Ingurgita un rosario, si fa spogliare da due poliziotte trans, uccide i clienti di un fast food, incendia un boss della malavita, canta, balla, fa tendenza, dichiara la sua bisessualità, incontra la Regina Elisabetta, di lei si dice che abbia il lupus e che sia ermafrodita. E’ odiata da quasi tutte le popstar del panorama musicale e da Dio. Scatena polemiche e risse, appassiona studiosi musicali, entusiasma fan di tutto il globo, risolleva la crisi economica dall’industria musicale e quando esce un suo video è la volta buona per dire “questa volta ha proprio esagerato”. Erano decenni che non si vedeva una star musicale capace di agitare così le masse e le coscienze. Chi la paragona a Madonna, ricorda le provocazioni di quest’ultima che ha segnato un’epoca e condizionato le mode e tendenze di tutto il mondo. Lady Gaga. Due parole che hanno assicurato alla Universal vendite di 20 milioni di dischi in meno di due anni. Complice anche il suo “The Monster Ball Tour”, definito dai fan come un vero e proprio gay pride interattivo, che ha incassato la bellezza di 200 milioni di dollari. Ma perché questa Lady Gaga è riuscita a trascinare le masse verso una nuova rivoluzione dell’industria discografica? Oltre che alla rivisitazione dell’allegra ambiguità sessuale tanto in voga negli anni ’70, la chiave del successo di Lady Gaga risiede nelle sue capacità di rielaborare e ridicolizzare tutti i personaggi appartenenti

alla sottocultura americana e a tutti i simboli della nuova generazione di fine epoca. Dimenticate le vecchie dive del cinema o gli inni alla libertà sfrenata del ’68 ormai superati, il personaggio di Lady Gaga coglie il potenziale metafisico dell’oggetto e rimanda

a Andy Wharol, con la conseguenza di trasformare sé stessa in un personaggio-fumetto uscito da un videogame e assomigliante a un mosaico di drag queen. I suoi videoclip, invece, nascondono una vera e propria macabra riflessione sulla società moderna mostrando, però, tutto il contrario di quello che vogliono trasmettere. E per questo che nel video di “Telephone”, tra colori, parolacce e corse on the road, vediamo tutti i marchi delle

multinazionali americane ridicolizzate, il machismo e la virilità fatte a pezzi per dare posto allo spirito

“queer”. E chi l’accusa di essere blasfema nell’ultimo video di “Alejandro”, si è già dimenticato di quelle “terribili” croci brucianti del video di Madonna “Like a prayer” dell’ ‘89. Con la differenza che se Lady Gaga ha fatto discutere i cattolici, Madonna i papi. Insomma un corpo non proprio scolpito, un viso carino ma non bellissimo e l’ambizione di cambiare il mondo. Mescolate tutto questo e avrete il marchio “Lady Gaga”, simbolo della nostra generazione annoiata dal sesso e dal motto “fallo con chi ti pare”.

Loris D’Andria    

Dio la odia Ma che vi piaccia o no, è nata in questo modo

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Le mie dita sfiorano una parete di vetro, gelida e bagnata, lasciano delle linee traballanti su di essa. Improvvisamente..."Splash, splash"...il rumore di pozzanghere schiacciate da leggeri passi, è portato al mio orecchio da una scia di silenzio. E' la curiosità che mi rincorre, che spinge le mie gambe ad accelerare per scoprire cosa c'è oltre quel muro davanti a me. Lo scavalco, e i miei occhi, alzandosi da terra, si poggiano su qualcosa che se ne sta laggiù, tranquillamente abbracciata dalla foschia: una porta con scritto "Alla scoperta del mondo rosa”. Non voglio annoiare nessuno raccontando storie di miti ormai considerati fantasmi, ma voglio che i fantasmi vi attraversino l'anima. Apriamo questa porta! Siamo a Cambridge nell'anno 1963, corre l'estate dell'amore. I ragazzi fuggono di casa per cercare la terra promessa. Come indiani, si mescolano armoniosamente a danze psichedeliche ed a fumi colorati, assetati di comunione con la natura e col cosmo. E' qui che prende respiro e vita l'alone psichedelico dei Pink Floyd, grazie a Roger Keith Barrett (Syd), chitarrista e voce di talento, leader e creatore indiscusso della band, che vede come protagonisti anche Roger Waters, Nick Mason e Rick Wright. Dal 1966 il gruppo realizza moltissimi concerti nei pressi londinesi underground. Ma è proprio Syd, travolto dall'LSD, a vedersi costretto ad allontanarsi dalla band nel 1968. Spesso, infatti, accadeva che durante i concerti Syd, a causa degli effetti della droga, non riuscisse a suonare più di un accordo. Così per riparare e fronteggiare la situazione ormai tragica, al suo posto arriva David Gilmour, destinato a diventare uno dei pilastri importanti del gruppo. E' proprio

con lui che la temperatura dei Floyd si fa incandescente. La loro musica si propaga come un fuoco in un bosco. Altro elemento importante è Roger Waters, bassista della band. Vengono dati alla luce album a dir poco bellissimi e travolgenti, come "Meddle"," The Dark Side Of The Moon", "Animals", "The wall" e "Wish You Were Here" . Quest’ultimo è totalmente dedicato al concetto di assenza si Syd Barrett, il quale compare negli studi di registrazione durante le sessioni ed appare irriconoscibile al resto del gruppo. L'album evidenzia la malinconia per i sogni perduti e non maledettamente protetti dalla crudele realtà. Syd: compositore di canzoni dell'anima e dell'inconscio psichedelico, uomo della fantasia, talento enigmatico, diamante in cielo, successo e pazzia, coraggioso per una vita senza copioni ma crudele per una vita regalata di carte ed occasioni. Anche se considerato di minima importanza, egli era ed è un importante pilastro dei Floyd e della musica. Supera i limiti della canzone, della composizione, della sperimentazione fine a se stessa. Apre una nuova finestra sull'universo. Ci racconta un'oscura fiaba con il suono dell'infinito e con la semplicità disarmante di un bambino. La sua vicenda, ci deve insegnare a non perdere noi stessi, a non lasciare la presa, a non accartocciare la vita per poi buttarla via. "Siamo solo delle anime perse che nuotano in una palla di vetro", canta il celebre brano. Una band, tre elementi portanti: la psichedelia visionaria di Syd, la causticità, la determinazione e la durezza di Roger; l'incanto e la bellezza di David. La loro musica ci accarezza l'anima per poi abbracciare la nostra mente e sollevarla fino a farla divenire corpo di un cielo stellato. Ma chiudiamo la porta della mia opinione su questa band: in realtà, chi sono oggi per voi i Pink Floyd?

Valeria Maglio  

Ho visto un diamante in cielo

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Foo Fighters è il nome di un gruppo musicale fondato negli Stati Uniti nel 1995 dal musicista Dave Grohl (ex batterista dei Nirvana che lascia il gruppo dopo la morte di Kurt Cobain), e il loro criptico nome è dovuto proprio ai cosiddetti UFO identificati durante la II Guerra Mondiale. Durante una noiosa serata, scoprii dilettandomi col rinomato Guitar Hero, quella che è probabilmente la canzone d’amore più originale mai ascoltata : Everlong Ciò che cattura immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore è sicuramente la straordinaria fusione dei vari strumenti, decisamente coinvolgenti. Il testo esprime in maniera concisa una storia d’amore unica e frastagliata, ma con un prevedibile “happy ending”. Se in questo momento vi piace una ragazza, questa è la canzone che fa per voi. L’autore riesce con incredibile empatia, ad entrare nell’animo dell’ascoltatore, facendo trasparire da ogni singola parola e da ogni respiro, l’esperienza personale che risiede dietro. Vi darà conforto e una pacca sulla spalla virtuale, accompagnandovi, grazie al sound dolce ed energetico, lungo la strada frastagliata che porta all’anima gemella. Se invece vi sentiti confusi ed abbattuti, la scuola va male e avete litigato col mondo, ciò di cui avete bisogno è una profonda carica energetica, che solo la canzone “Walking a line” potrà darvi, iniettandovi con prepotenza una massiccia dose di buon umore. Allo stesso tempo, il suond aggressivo si accompagna ad un testo altrettanto incisivo, che ci pone davanti alle domande esistenziali che ci affliggono quando dobbiamo affrontare questa fantomatica “linea”: il tratto che divide la scelta giusta da quella sbagliata. “Camminando sulla linea”, temporeggiamo, e senza sbilanciarci non corriamo il rischio di sbagliare, intendendo che la scelta ottimale risiede nel mezzo. Un qualsiasi adolescente apprezzerà invece una pietra miliare della musica rock degli ultimi anni :The one. Analizzando con

inaspettata ironia le traumatiche fasi che accompagnano l’adolescenza, riusciamo ad immedesimarci totalmente con il disperato bisogno di essere unici ed insostituibili tra tutti. Riconosciamo le angosce dell’entrare nel mondo degli adulti e del sentirsi “nessuno”, ed è proprio grazie a questo bellissimo brano che anche io riesco a sentirmi “the one”, qualcuno. Giungendo alla vetta più alta, ecco arrivato uno dei brani più celebri del gruppo : The Pretender. Chi non ha mai litigato col migliore amico? Senza troppi indugi, le parole malinconiche della canzone colpiscono duramente, con rabbia, descrivendo un’amicizia dolorosa. Il protagonista della storia cantata da Dave Grhol ci rende partecipi della sua delusione verso un’amicizia ormai tramontata, e ci fa restare senza fiato quando i toni si placano improvvisamente…i suoni si collegano con abilità all’atto del riflettere, per poi riscoppiare in un adrenalinico momento musicale, che esprime rabbia e furore repressi, con espressioni di chitarra e batteria assolutamente inimitabili. Nonostante tutto, lo storico gruppo di Seattle offre, ed offrirà, ampia scelta per chiunque voglia accostarsi alla loro straordinaria musica, grazie alla versatilità ed originalità, che li contraddistingue da sempre. Andrea Tamburrini

Oggetti volanti non identificati In altre parole, i Foo Fighters

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Ogni foglio bianco è un viaggio, un posto in cui andare a rifugiarsi e le parole, le sue compagne d'avventura. Tutto comincia dal nulla produttivo, dal nulla che è un dettaglio, un'ispirazione che ci prende nei momenti, i luoghi ed i pensieri in cui non avremmo mai pensato potesse scovarci ed allora non possiamo che andarle incontro ed assecondarla. Si impadronisce per un pò della nostra anima e la porta con sé a vagabondare nella fantasia per dar vita ad immagini di carta, colori, riflessioni, storie e messaggi da imprimere a sangue nero inchiostro sul bianco. La scrittura diventa flusso e porto di quel languore indefinibile, quella sensazione di trasporto che dirige la penna senza indugi e quel che nasce, cresce nel tempo di una pagina e diventa più nostro ad ogni rigo. Sono piccoli attacchi d'arte, impulsi irrefrenabili e la possibilità di viaggiare stando immobili e percorrendo l'infinito allo stesso tempo. Il viaggio è senza regole, è la libertà di chi guarda oltre il caos di forme inespressive per urlare a suon di lettere vive che ogni cosa, ogni dove, ogni particolare hanno dentro una storia da raccontare. E' per questo che nasce la nuova rubrica "C'est la vie": per dar sfogo alle emozioni e raccontare di vita vissuta o anche di quella solo fantasticata. E' la novità de "La Fenice" : alcune pagine destinate alla scrittura

creativa. Sarà fruizione irrefrenabile e fiume in piena, come quando la giornata scorre lenta, niente si muove, il vento non respira più, la campanella proprio non suona e la mente corre. Parte dalla goccia che cammina lenta su un vetro appannato, dalla matita che ticchetta e la prof parla e gesticola e ad un tratto urla ma noi siamo già lontani. Può capitare ovunque. Non si cerca la magia della penna, ma non si può neanche ignorare. E a volte le pagine ingialliscono nei cassetti e quel momento nato da uno scarabocchio di immaginazione rimane intrappolato. Allora perché non condividerlo? "C'est la vie" è lo spazio d'una lettura piacevole, scorrevole, brillante, ha lo scopo di raccontare noi giovani con le nostre contraddizioni e le nostre aspirazioni. Attraverso "C'est la vie" possiamo rivelarci senza inibizioni, far sentire la nostra voce e lasciar zampillare la nostra inventiva che vola e chissà dove va ad approdare. Allora, avanti, salite a bordo d'un sogno e non fermatevi mai! Buon viaggio!

Melania Martucci Veronica Elia

È nata “C’est la vie”

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