iter vergilianum 16-20 aprile 2018 · cesonino, suocero di gaio giulio cesare, che fece esiliare...
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ITER VERGILIANUM
16-20 aprile 2018
DIARIO DI BORDO
a cura delle classi VA e VE
Liceo Ginnasio Statale Antonio Canova
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PRIMO GIORNO – lunedì 16 aprile
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
Il 16 aprile è iniziato il nostro Iter Vergilianum, viaggio in Campania dedicato poeta Virgilio di cui,
nel corso di questi giorni, abbiamo approfondito diversi aspetti relativi alla sua presenza in questo
territorio. Come prima tappa del nostro viaggio ci siamo recati al museo archeologico Nazionale di
Napoli, uno tra i più antichi ed importanti al mondo. L’origine e la formazione delle collezioni sono
legate a Carlo III di Borbone, re di Napoli dal 1734, che curò la realizzazione in città di un Museo
per ospitare le collezioni farnesiane, diventato in seguito patrimonio dell’UNESCO.
All’interno del museo abbiamo visto alcune statue marmoree, come la Sibilla Cumana, figura di
rilevante importanza all’interno dell’Eneide, poema letto a scuola e guida del nostro viaggio.
Un’altra delle statue più significative è il toro Farnese, la scultura più grande che è stata trovata
all’interno delle terme di Caracalla e che rappresenta l’ultimo stile d’arte greca.
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Successivamente abbiamo potuto osservare alcuni mosaici che servivano a decorare gli esterni delle
abitazioni, fra i più importanti ricordiamo quello che rappresenta la battaglia di Isso di Alessandro
Magno, ritrovato all’interno della domus del Fauno di Pompei.
Terminata la visita al museo archeologico, insieme con un insegnante di un Liceo napoletano
abbiamo passeggiato per la città dove, una volta giunti in piazza Bellini, abbiamo visto il decumano
Maggiore, chiamato così perché è un’arteria viaria del centro antico di Napoli ed insieme al
decumano Inferiore e al decumano Superiore è una delle strade principali dell’antico impianto
urbano greco.
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Dopo di che, abbiamo visitato la meravigliosa chiesa del Gesù Nuovo e tra un babà ed una
sfogliatella siamo arrivati al chiostro di Santa Chiara. Questo chiostro nacque come cappella di
corte e fu il centro delle manifestazioni religiose e civili del periodo angioino a Napoli. Fu quasi
interamente distrutto durante un bombardamento aereo del 14 agosto 1943; per tale motivo, sono
sopravvissute ben poche testimonianze dei bellissimi affreschi di Giotto. Ciò che, però,
fortunatamente è ancora visibile sono le colonne ricoperte da colorati mosaici all’ interno del
chiostro in stile barocco. Al termine della giornata, ci siamo infine recati verso il nostro hotel a
Pozzuoli, dove ci sono state assegnate le stanze e abbiamo potuto riposare.
Maria Mazzega, Federica Villanova, V A
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SECONDO GIORNO – martedì 17 aprile OFFICINA DEI PAPIRI ED ERCOLANO La giornata di mercoledì 17 aprile si è aperta con una delle visite più particolari ed interessanti che
abbiamo compiuto durante il nostro Iter Vergilianum: l’Officina dei Papiri Ercolanesi all'interno
della Biblioteca Nazionale di Napoli, che ha sede presso il Palazzo Reale, in piazza del Plebiscito.
Durante il corso della visita abbiamo avuto il privilegio di essere accompagnati dal prof. Luigi
Spina e dal papirologo prof. Gianluca Del Mastro che ci hanno condotto in un viaggio nel tempo dal
ritrovamento dei papiri ad Ercolano fino alle tecniche per recuperarne il contenuto e poterli studiare.
All’interno della biblioteca infatti sono custoditi circa 1800 papiri collocabili cronologicamente tra
il III secolo a. C e il I secolo d. C, rinvenuti ad Ercolano, a seguito degli scavi sistematici cui Carlo
di Borbone diede avvio nel 1738 presso una villa romana, probabilmente appartenuta a Pisone
Cesonino, suocero di Gaio Giulio Cesare, che fece esiliare Cicerone. Sottoposti ad una temperatura
elevata e ad un'improvvisa mancanza di ossigeno sotto una coltre di tufo, i papiri ercolanesi hanno
subito una combustione parziale, alla quale si deve la loro conservazione.
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Si provarono numerose tecniche per cercare di aprire e di decifrare i contenuti dei papiri, ma molte
risultarono distruttive: si persero una serie innumerevole di papiri, ma di altrettanti si riuscì a
decifrare il contenuto.
La biblioteca nacque ad opera del filosofo Filodemo di Gadara, il quale, portando con sé dalla
Grecia un gruppo di manoscritti con i testi di Epicuro e dei suoi seguaci, diede vita nella villa di
Ercolano, oggi conosciuta per l'appunto come “La Villa dei Papiri”, uno dei centri di diffusione
delle dottrine epicuree nella società romana, dove sono stati ritrovati principalmente papiri in lingua
greca e poche opere in lingua latina, la più ricordata un’opera in versi sulla battaglia di Azio, ma
soprattutto, come è stato di recente scoperto, le Historiae di Seneca padre.
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Linda Atzori, VA
Il pomeriggio del 17 aprile abbiamo visitato gli scavi di Ercolano, che hanno riportato alla luce tutte le rovine
della città antica, sepolta durante l’eruzione del 79 d.C. Come prima cosa alcune nostre compagne hanno
introdotto la vita di Virgilio, e in particolare i vari trasferimenti e il percorso di studi dell’autore fino al suo
arrivo a Napoli, documentato nel quinto Kataleptòn. Virgilio infatti, una volta giunto in Campania, si dedica
allo studio della filosofia di Epicuro. Abbiamo poi incontrato la guida, la quale ci ha spiegato che la città di
Ercolano, posta ai piedi del Vesuvio, venne colpita dall’eruzione insieme ad altre nove città il 24 agosto,
anche se sono presenti pareri discordanti riguardo la data esatta a seguito del ritrovamento di diverse anfore
con vino e olive, che posso risalire ai mesi successivi.
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Rispetto a Pompei, città commerciale, Ercolano era una città residenziale, di villeggiatura, con case più
piccole ma decorate in modo più raffinato; non erano quindi presenti domus, ma per lo più case e insulae
dotate di atrio, in cui tuttavia mancava l’impluvium, sostituito da un pozzo, o erano collegate a una rete
idrica. Nelle case era poi presente un giardino con portici colonnati, decorati con mosaici. La guida ci ha
portato poi a visitare la “casa dello scheletro”, chiamata in questo modo poiché lì, nel 1980, fu ritrovato uno
dei pochi scheletri; infatti mentre gli abitanti di Pompei morirono asfissiati dai gas tossici, gli Ercolanesi
morirono a causa del calore, che fece scoppiare i loro corpi. Inoltre, abbiamo visto anche un thermopolium,
ovvero un luogo di ristoro dove era possibile acquistare cibi pronti per il consumo, Era costituito da un locale
di piccole dimensioni con un bancone nel quale erano incassate grosse anfore di terracotta, atte a contenere le
vivande. Aveva probabilmente una funzione simile ai moderni fast food.
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Durante la visita ad Ercolano abbiamo inoltre potuto osservare degli edifici ad un piano in cui un tempo si
svolgevano varie attività, (lavanderie, stirerie, osterie), i quali non sono troppo dissimili dai loro omologhi
contemporanei. Naturalmente tutti questi edifici erano situati in vie che presentano uno schema a scacchiera,
in cui vi sono cardi e decumani, tipico tracciato stradale romano, in cui il decumano principale coincide con
la via che porta al foro e rappresentava la zona più frequentata.
Una parte molto importante della città era la zona in cui si trovavano le terme. Le terme presentavano dei
particolari, alcuni dei quali sono presenti anche nelle terme odierne: vi era una zona per uomini e una per le
donne, vi erano i primi tipi di armadietti, vasche dove bagnarsi prima di entrare e nelle pareti erano
raffigurate immagini rappresentanti il mare o qualunque cosa c’entri con l’acqua.
Naturalmente oltre all’acqua utilizzata nelle terme vi era anche quella delle fontane che permettevano lo
scorrimento dell’acqua per canali fatti di marmo, presenti in alcune strade della città. Fu proprio la mancanza
improvvisa di acqua che fece accrescere i primi sospetti agli abitanti di Ercolano, ma di certo non si
sarebbero mai aspettati quella catastrofe, che in pochi secondi riuscì a distruggere una città intera, abitanti
compresi, che vennero polverizzati all’istante.
Vedelago Eleonora, Nicosia Gianpaolo, VA
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TERZO GIORNO – mercoled̀ 18 aprile POMPEI
Il terzo giorno del nostro Iter Vergilianum si è aperto con una splendida visita a Pompei tra il sito
della città che suscita magia e tristezza. In confronto ad Ercolano Pompei è enorme, con due teatri,
innumerevoli case, negozi, ristoranti dell’epoca.
Inizialmente Pompei era un piccolo agglomerato di case abitate da un popolo immigrato dall’Egeo
situato all’incrocio di tre strade ricalcate dalla via proveniente da Cuma, Nola, Stabia e Nocera.
Nel 79 a.C. ci fu l’eruzione del Vesuvio che distrusse la città, sepolta da almeno dieci metri di
materiali eruttivi; gli scavi iniziarono solo nel 1748 durante il regno di Carlo di Borbone, re di
Napoli, con l’obiettivo di conferire prestigio alla casa reale.
Appena siamo arrivati a Pompei, con la nostra guida ci siamo recati all’Anfiteatro, dove alcuni dei
nostri compagni hanno esposto il loro lavoro sugli affreschi di soggetto virgiliano situati nel sito
archeologico; successivamente, dopo una lunga introduzione su Pompei, ci siamo incamminati
verso l’esterno dell’anfiteatro arrivando in via dell’Abbondanza, la via principale, che fu scavata
dall’archeologo Masuri e che attraversa tutta la città.
Camminando per la via abbiamo visto il Thermopolium, ossia un “fastfood” dell’epoca, dove i
romani si recavano per prendere del cibo da mangiare per strada, contenuto all’interno delle giare
del grande bancone di pietra, che permetteva una buona conservzionea. Mantenutosi in condizioni
quasi perfette, all’interno vi è un affresco che abbiamo apprezzato, per la sua integrità e per il colore
brillante di quel rosso mattone che prevale nell’immagine.
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Abbiamo così proseguito la nostra visita fermandoci presso le Terme Stabiane, dove abbiamo
ammirato le vasche e le piscine, che non sono le uniche presenti nel sito, adornate dai decori degli
affreschi sulle pareti, purtroppo ora rovinati.
Anche se un po’ stanchi e soprattutto accaldati, abbiamo seguito la guida fino al Teatro Grande
passando anche per la Casa del Menandro, che purtroppo abbiamo potuto osservare solo
dall’esterno.
Arrivati ai gradini del teatro siamo rimasti incantati dalla sua magnificenza; lì abbiamo fatto una
piccola sosta e con le facce accaldate immortalate in qualche foto ricordo abbiamo ripreso il nostro
“tour” verso l’ultima tappa più significativa, ossia il Tempio di Giove.
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Sinceramente, quando siamo arrivati al Tempio, avevamo così tanto caldo, così tanta sete e così
tanta fame che non ce lo siamo goduti a pieno, ma comunque la sua bellezza e la sua posizione
innanzi al Vesuvio ci hanno colpito molto.
La nostra visita a Pompei è terminata con pizza e gelato, che hanno concluso al meglio una
mattinata che resterà sempre nei nostri ricordi.
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Emma Pipesso, Iulia Bona Vespaziani Reginato, V E
CUMA E IL LAGO D’AVERNO
Nel pomeriggio, ci siamo recati a Cuma; le nostre mete sono state l’antro della Sibilla, le rovine del
tempio di Giove e quelle del tempio di Apollo, luoghi citati nel poema virgiliano. Poiché avevamo a
disposizione due guide, come sempre, le classi si sono divise, non prima di avere ascoltato
l’esposizione dei nostri compagni.
In seguito, ci siamo recati all’interno dell’antro della Sibilla Cumana, ci siamo ritrovati in una lunga
galleria umida e arieggiata con grandi aperture verso l’esterno; ovviamente il luogo è avvolto da
moltissimi miti e leggende ed è difficile capire quale fosse la sua vera funzione.
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Durante il giro all’interno del sito archeologico abbiamo ammirato una fantastica vista sul mare sino
ad arrivare ai Templi di Apollo e di Giove; credo che questo sia stato uno dei momenti più divertenti
per noi studenti ma anche per i professori. Giocando e scherzando infatti tra le rovine, insomma
sentendoci padroni del passato, abbiamo avuto l’occasione di scattare tantissime foto, soprattutto di
gruppo.
Ma il pomeriggio non era ancora finito, dopo Cuma, ci siamo spostati
sulle sponde del Lago D’Averno, che è un lago di origine vulcanica
che deve il suo nome, come si suppone, alla parola greca αο νο , cioè
“senza uccelli”; tale assenza è dovuta al fatto che le esalazioni di gas
non permettevano la vita delle creature alate.
Abbiamo passeggiato sulle rive del lago, desiderando di poterci
tuffare nelle acque che sembravano così fresche.
Ci siamo fermati quasi subito ad ascoltare le esposizioni di due
gruppi, uno della nostra classe e uno della VA, per poi riprendere il
cammino. Abbiamo ammirato gli alberi che sembravano cadere nelle
acque del lago e ammirare il cielo, fortunatamente limpido.
Una sosta prima di ritornare in pullman e poi in albergo ad ascoltare l’ultimo gruppo della giornata
intento a narrarci le meraviglie del ramo d’oro.
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Luna Benotto, Achille Bortoluzzi, Carolina Agostini, Emma Rasera, V E
QUARTO GIORNO – giovedì 19 aprile
SPERLONGA E GAETA
Giovedì 19 aprile, penultimo giorno del nostro Iter Vergilianum, è stato dedicato ad un percorso tra
le bellezze del Lazio meridionale. Dopo un'ora e mezza di corriera da Pozzuoli si è giunti sulla
costa laziale, più precisamente nel golfo di Gaeta. Già dalla strada si è potuto osservare il Circeo e
tutta la zona marittima circostante.
Come prima tappa del nostro percorso, accompagnati da due guide molto preparate, abbiamo
visitato un’antica residenza dell'imperatore Tiberio: un luogo tranquillo e con vista sul mare che
ancora oggi riesce a stupire chi lo visita. Accanto alla villa di Tiberio troviamo una grotta naturale
dove si crede che l'imperatore si intrattenesse durante la villeggiatura osservando le statue poste al
suo interno, che ritraggono episodi celebri dell'Odissea, e facesse allestire lussuosi banchetti.
Inoltre, cosa che colpisce il visitatore, è l'allevamento ittico posto al di fuori della villa e davanti alla
grotta, dove si pensa che i romani allevassero murene. Alcune delle statue che una volta si
trovavano all’interno della spelonca sono oggi esposte nel museo davanti alla villa. Come già detto,
queste statue rappresentavano i principali episodi dell'Odissea, come quelli di Polifemo e di Scilla e
Cariddi: storie avventurose oltre che straordinarie rappresentazioni artistiche.
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Usciti dal museo, abbiamo passeggiato nella parte storica della cittadina di Sperlonga, ossia la zona
sopraelevata a picco sul mare, che nell’ antichità fungeva da roccaforte contro gli attacchi via mare
dei saraceni. Abbiamo goduto di scorci meravigliosi tra le stradine scoscese del paesino contornate
dal caratteristico intonaco bianco dei muri e dal panorama marittimo sottostante. Durante la pausa
pranzo due dei nostri non sono riusciti a trattenere la voglia di mare e hanno avuto l'immenso
piacere di poter fare una buona mezz'ora di bagno in quell'acqua cristallina.
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Si è poi proseguita la giornata laziale dell’Iter lungo il versante meridionale del Monte Orlando a
Gaeta, più precisamente nel santuario della SS. Trinità. In questo luogo sacro e pacifico era solito
recarsi San Filippo Neri. Si racconta che qui, in una delle insenature del Monte Orlando, egli si
coricasse e, ad oggi, è possibile vedere il “Letto di San Filippo Neri”. Quest’ultimo si trova non
distante dal magico luogo dell’impronta del turco dove, secondo la leggenda, un turco appoggiatosi
sulla parete avesse lasciato il segno della sua mano fondendo la roccia ed oggi sono molti i turisti
che ci appoggiano la mano come portafortuna. Tra le insenature vi è una gola da cui, sporgendosi,
si può intravedere l'azzurro del mare; è stato doveroso immortalare questo scenario mozzafiato ed
ancora di più lo è stato visitare questo luogo.
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Una volta visitato il versante meridionale del monte, ci siamo incamminati lungo una salita che ci
ha portati a visitare l'altrettanto suggestivo santuario sulla cima e qui ci siamo nuovamente fermati a
godere della cornice paesaggistica che caratterizza la costa laziale. Scesi dalla cima, siamo andati a
Gaeta. Di questa cittadina abbiamo contemplato il mare e la cattedrale di San Francesco, posta sulle
colline, e abbiamo concluso la visita gustando un gelato sul lungomare. Dopo questo percorso tra le
bellezze laziali siamo tornati a Pozzuoli ricchi di nuove scoperte ed esperienze che ricorderemo
sempre con piacere.
Lorenzo Conte, Marta Fogolin, Anna Ogniben, Leonardo Sacilotto, V E
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QUINTO GIORNO – venerdì 20 aprile
CATACOMBE DI SAN GENNARO E PARCO VERGILIANO
Il 20 aprile, durante la mattinata dell’ultimo giorno dell’Iter Vergilianum, ci siamo recati presso le
catacombe di San Gennaro, il cui ingresso è collocato attualmente nei pressi della chiesa
dell'Incoronata a Capodimonte. Sono antiche aree cimiteriali sotterranee collocate all’epoca in
periferia alla città e rappresentano il più importante monumento del Cristianesimo antico a Napoli.
Appena arrivati, ci hanno accolti due guide molto giovani e ci hanno accompagnati alle catacombe
che si trovavano nel sottosuolo scavate nel tufo, infatti abbiamo sentito molto freddo e abbiamo
percepito umidità.
Le tombe erano divise in tre diverse categorie: quelle che si trovavano ai nostri piedi, quelle
collocate nelle pareti e altre nelle nicchie per le persone più abbienti; l’oggetto che ci ha più
incuriosito è stato lo scettro di San Gennaro, che si trovava in una nicchia scavata nella pietra.
È stato molto interessante sapere dell’impegno attivo di una comunità di giovani, che negli ultimi
anni si è dedicata al restauro e alla valorizzazione di questo importante sito archeologico dando
lavoro a giovani nati nel quartiere più disagiato della città, il rione Sanità.
In seguito, alla fine della nostra visita, ci siamo spostati con il pullman verso il parco Virgiliano
situato lungo la via Pozzuoli, vale a dire la strada che da Neapolis conduceva a Puteoli.
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Entrati nel parco, come prima cosa abbiamo notato la sensazione di serenità e quiete che circondava
questo luogo rispetto alle altre zone della città; percorrendo il sentiero ci siamo fermati davanti ad
una iscrizione di età spagnola, che spiegava le proprietà terapeutiche delle acque dei dintorni già
cantate da Virgilio, il parco era caratterizzato da molte splendide piante, citate dai poeti Virgilio e
Leopardi nelle loro opere. Ci ha accompagnati per tutta la visita la meravigliosa vista mozzafiato
della città e la cura di questo parco, infatti era molto pulito e si vedeva quanta cura veniva impiegata
alla manutenzione del posto.
Proseguendo per il sentiero, ci siamo fermati davanti alla tomba di Leopardi e ci siamo trovati di
fronte a un imponente arco naturale di pietra.
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Dopo aver percorso una lunga scalinata, sotto il solo cocente, ci siamo trovati in una terrazza da cui si poteva
avere un’ampia vista su Napoli e sulla tomba di Virgilio e qui dopo aver presentato brevemente la storia
della romba del poeta, l’abbiamo visitata e abbiamo ascoltato la presentazione di Virgilio mago tenuta dai
nostri compagni.
Siamo usciti dal parco, abbiamo preso il pullman e siamo andati a mangiare tutti insieme per
l’ultima volta, in seguito abbiamo fatto una passeggiata lungomare poi ci siamo recati alla stazione
centrale dei treni e siamo saliti sul treno di ritorno verso casa.
Luna Benotto, Anna Facchinetti, Francesco Voltarel, V E
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CONCLUSIONE
Dopo aver visitato la tomba di Leopardi e Virgilio, stanchi e contenti, imboccammo il lungomare di
Napoli e lo attraversammo insieme per arrivare al bus che ci avrebbe portati alla stazione. Lì
salimmo sul treno in fila indiana e imbronciati, e aspettammo di arrivare a Treviso. Sulle poltrone
c’era chi leggeva, chi cantava, chi giocava a carte, chi si truccava, chi fissava il vuoto; ma
indubbiamente tutti, nonostante la malinconia di lasciare Napoli, aspettavamo ansiosi di tornare a
casa. Del resto, di sicuro, l’esperienza nel complesso aveva superato le aspettative che avevamo alla
stazione di Venezia il giorno della partenza. In pochi si aspettavano di instaurare una semi-
confidenza con i professori di italiano e latino, di mangiare come pozzi senza fondo insieme ai
compagni , di cantare insieme all’autista o di ballare sulle terrazze delle stanze da letto dando
fastidio agli altri ospiti; eppure il divertimento e le scemenze hanno accompagnato la curiosità delle
nostre competenze su Virgilio e il mondo in cui è vissuto, l’ambizione e la soddisfazione di
dimostrare ai professori di saperci comportare come persone mature anche fuori dalla scuola. Dopo
tutto, la nostalgia dell’hotel malandato e delle risate a cena con i compagni non ci impedì di tornare
felici a Treviso con tutti i soldi e i telefoni ancora negli zaini, abbracciare i nostri genitori e rivedere
le nostre case.
Irene Zanchettin, Marta Marasco, Agnese Zanasi