italiano l2 in classe 2009 01

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1 Rivista quadrimestrale per l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda /straniera ILSA Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati RIFLESSIONI Il progetto: uno strumento pedagogico per curricoli flessibili Dalla pedagogia alla glottodidattica: la didattica per progetti nella gestione della classe di lingua ESPERIENZE/ATTIVITÀ Il modello Langopolis per una didattica del fare Cantanti, cuochi e fotografi per un giorno: il Project Work nella didattica dell’italiano a stranieri DOCUMENTAZIONE Uno sguardo sugli altri: la Catalogna (Spagna) RISORSE IN RETE APPUNTAMENTI italiano L2 in classe

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Italiano L2 in classe

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Page 1: Italiano L2 in Classe 2009 01

1Rivista quadrim

estrale

per l’insegnamento dell’it

aliano

come lingua seconda /s

traniera

ILSA Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati

RIFLESSIONIIl progetto:

uno strumento pedagogico per curricoli flessibili

Dalla pedagogia alla glottodidattica:

la didattica per progetti nella gestione

della classe di lingua

ESPERIENZE/ATTIVITÀIl modello Langopolisper una didattica del fare

Cantanti, cuochi e fotografiper un giorno: il Project Worknella didattica dell’italiano a stranieri

DOCUMENTAZIONEUno sguardo sugli altri:la Catalogna (Spagna)

RISORSE IN RETE

APPUNTAMENTI

ital

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L2

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• CORSI DI LINGUA• DIZIONARI• DIDATTICA• GRAMMATICA• LETTERATURA

L’esperienza e la tradizione di una grande casa editrice

www.lemonnier.it/italianostranieri

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1ILSA Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati

RIFLESSIONI

ESPERIENZE/ATTIVITÀ

PEDAGOGIA

Il progetto: uno strumento pedagogico per curricoli flessibili

FRANCA QUARTAPELLE

Il modello Langopolis per una didattica del fare

ELEONORA FRAGAI E ELISABETTA JAFRANCESCO

Cantanti, cuochi e fotografi per un giorno: il Project Worknella didattica dell’italiano a stranieri

ALESSANDRA GIGLIO

MASSIMO MAGGINI 4

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GLOTTODIDATTICA

Dalla pedagogia alla glottodidattica: la didattica per progetti nella gestione della c lasse di lingua

FIORENZA QUERCIOLI

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RISORSE IN RETE

MASSIMO MAGGINI 39

APPUNTAMENTI

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pag.

indiceEDITORIALE

Anno 2009 - Numero 1Registrazione tribunale FI n. 5716 del 1/4/2009

DirettoreMassimo Maggini

Comitato scientificoElisabetta JafrancescoMassimo MagginiFiorenza QuercioliCamilla SalviClara Fortina

Direttore responsabileSergio Saviori

Responsabile di redazione ILSAFiorenza Quercioli

CoordinamentoManuela Longo Progettazione graficaAlfredo La PostaRealizzazione graficaRoberto Pessina

Direzione, redazione, amministrazione Periodici Mondadori Education S.p.A.,viale Manfredo Fanti 51/53 - 50137 Firenze (FI)

Stampato negli stabilimenti tipografici di New Print s.r.l.Gorgonzola (MI) Stampato in ItaliaPrinted in Italy (Settembre 2009)

Per inviare un contributo scrivere a [email protected] oppure [email protected]

Fascicolo gratuitoPrezzo ai soli fini della determinazione dell’IVA 3,00 €

L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze derivanti dall’utilizzo di immagini per le quali non è stato possibile reperire la fonte.

Referenze iconografiche: Shutterstock

DOCUMENTAZIONE

Uno sguardo sugli altri: la Catalogna (Spagna)

CAMILLA SALVI

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L’associazione culturale ILSA nasce nel 1990 e riunisce insegnanti di italiano L2 attivi in istituzioni pubbliche e private (scuole, università, CTP, ecc.).L’associazione è impegnata nel settore della formazione e aggiornamento per insegnanti della scuola pubblica e in generale per quanti sono coinvolti nell’apprendimento e insegnamento dell’italiano.ILSA diffonde esperienze, ricerche e materiali didattici e fornisceagli insegnanti occasioni di confronto.In particolare, elabora proposte per facilitare l’integrazioneculturale e linguistica degli allievi stranieri presenti nella scuolaitaliana. ILSA collabora infatti da anni con enti, scuole, istituzioni,associazioni presenti sul territorio nazionale (Comune di Firenze,Centro Internazionale Studenti “G. La Pira” di Firenze, Centro “Prometeo” di Reggio Emilia, Scuola Media Statale“Ambrosoli” di Vicenza, Liceo Scientifico “Copernico” di Prato ecc.),progettando e tenendo corsi di formazione/aggiornamento in glottodidattica e promuovendo gruppi di ricerca-azione.Il settore formazione/aggiornamento ILSA si rivolge a quantiintendono accostarsi all’insegnamento dell’italiano L2 e a insegnanti che intendono approfondire le proprie competenze in ambito glottodidattico o entrare in contatto con metodologie e tecniche diverse.ILSA organizza ogni anno un Convegno nazionale di glottodidatticae cura l’uscita di questa rivista quadrimestrale per l’insegnamentodell’italiano come L2.La rivista pubblica interventi di studiosi nel campo della glottodidattica e della linguistica ma anche articoli ed esperienze didattiche di insegnanti di italiano L2 in Italia e nel mondo.

Per informazioni:http://associazioni.comune.firenze.it/[email protected]

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Questo numero della rivista ILSAItaliano L2 in classe si concentraquasi esclusivamente sullametodologia del Project Work odidattica per progetti. Nellasezione Riflessioni Franca Quartapelle e Fiorenza

Quercioli analizzano tale metodologia da unpunto di vista pedagogico e poi glottodidattico,mentre nella parte successiva, dedicata alleEsperienze/Attività Eleonora Fragai e ElisabettaJafrancesco completano la presentazione delprogetto Langopolis e Alessandra Giglio presentaun dettagliato resoconto di attività progettualicondotte con diverse tipologie di apprendenti.Infine Camilla Salvi nella sezioneDocumentazione ci guida alla scoperta dellemodalità di inclusione scolastica della Catalogna.Massimo Maggini, in chiusura, presenta unasitografia ragionata per l’approfondimento delletematiche trattate.

This issue of ILSA Italiano L2 inclasse almost entirely focuses onProject Work. In Riflessioni FrancaQuartapelle and FiorenzaQuercioli examine thismethodology from a pedagogical

and linguistic point of view. In Esperienze/Attività Eleonora Fragai andElisabetta Jafrancesco present the second part of Langopolis, while Alessandra Giglio analyzesher didactic experiences of Project Work withdifferent kinds of learners.In Documentazione Camilla Salvi helps thereader discover how foreigner pupils areintegrated in public schools in Catalonia (Spain).Massimo Maggini ends this issue with a detailed sitography: a useful tool for anyfurther study of the topics here examined.

abstract

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Eleonora Fragai collabora da anni con il Centro CILSe con il CLUSS dell’Università per Stranieri di Siena e sioccupa di apprendimento e valutazione della competenzalinguistico-comunicativa in italiano L2, sia comeinsegnante sia come formatrice in Italia e all’estero. È autrice di articoli sulla valutazione dell’italiano dei figlidi immigrati e di manuali didattici rivolti a stranieri.([email protected]).

Alessandra Giglio è specializzata nella Didatticadell’italiano a stranieri. Collabora con la Facoltà diLingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studidi Genova, e con l’Istituto di Tecnologie Didattiche delCNR, per la realizzazione e progettazione di corsimultimediali ed e-learning e per l’insegnamento astudenti stranieri. Ha collaborato con la Società DanteAlighieri per la realizzazione delle prove d’esame per lacertificazione PLIDA e per la relativa somministrazione a Genova. Insegna a differenti tipologie di apprendentistranieri presso alcune scuole genovesi.([email protected]).

Elisabetta Jafrancesco si occupa di didatticadell’italiano a stranieri in qualità di insegnante, formatricee autrice di testi di italiano L2 rivolti a stranieri e di articoli su temi che riguardano l’apprendimentodell’italiano in ambito universitario, la testualità, l’e-learning. Lavora presso l’Università di Firenze e collabora con l’Università per Stranieri di Siena e conl’Università di Padova.([email protected]).

Franca Quartapelle Ha svolto attività di ricerca e formazione degli insegnanti e ha insegnato nelle Scuoledi Specializzazione per l’Insegnamento Secondariodell’Università Cattolica di Milano e dell’UniversitàStatale di Milano. Ha pubblicato materiali didattici (libri di testo e software) per l’insegnamento del tedesco. Ha fatto parte della commissione incaricata di scrivere le Indicazioni per il curricolo per il primo ciclo d’istruzione.La sua attività si concentra intorno a tematiche connesse con la formazione degli insegnanti di linguastraniera, la valutazione degli alunni, il CLIL(insegnamento integrato di lingua e una disciplina non linguistica), la didattica per progetti e la modularizzazione dei curricoli. È membro dell’associazione LEND (Lingua e NuovaDidattica) e fa parte del comitato di redazione della rivista LEND e dei quaderni del LEND.([email protected]).

Fiorenza Quercioli è Language Resource Person pressola “Stanford Uiversity-Florence Program” dove, oltre ad insegnare corsi di lingua, mette a punto programmilinguistici individualizzatai e attività linguisticheextracurricolari. Come formatrice collabora con entipubblici e privati. Membro dell’AATI (AmericanAssociation of Teachers of Italian) e dell’ILSA(Insegnanti di Italiano Lingua Seconda Associati), è responsabile di redazione per conto di quest’ultimadella rivista quadrimestrale ILSA Italiano L2 in classe.([email protected]).

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editorialeDI MASSIMO MAGGINI

PRESIDENTE ILSAUNIVERSITÀ PER STRANIERI, SIENA

Questo numero di ILSA Italiano L2 in classe affronta nellamaggioranza dei suoi contributi il tema del Project Work.Franca Quar tapelle nel suo articolo di apertura dellasezione Riflessioni esamina la metodologia di progetto nel-l’ambito scolastico quale strumento didattico valido perogni disciplina. Si sottolineano le valenze pedagogiche del-l’elaborare e realizzare progetti con un’appropriata metodo-logia: l’apprendimento diventa attivo, si basa su compitireali, viene meno la separatezza tra il momento in cui siimpara e il momento in cui si applicano le conoscenzeacquisite, l’attenzione pedagogica viene focalizzata semprepiù sul processo di apprendimento, meno sul prodotto del-l’insegnamento. Con la metodologia di progetto, affermaQuartapelle, si realizza un’idea di apprendimento diversa daquella tradizionale, basata sulle esigenze del mondo reale: larealtà diventa uno strumento di apprendimento. In un paragrafo dedicato alle origini della metodologia diprogetto Quartapelle ripercorre i momenti salienti dellapedagogia internazionale e nazionale risalendo agli inizi delsecolo XX, alla pedagogia nordamericana, a due suoi inter-preti, Dewey e Kilpatrick. Gli stessi indirizzi pedagogicidella scuola italiana dopo il 1968 hanno seguito questa ispi-razione “attivistica” centrata sull’apprendente.I modelli pedagogici italiani pur approdando a una sempremaggiore operatività didattica non hanno mai preso in con-siderazione che l’azione didattica abbia degli effetti fuoridella scuola. Solo con la metodologia di progetto, sottolineaQuartapelle, l’attività didattica si appropria del contesto.Il progetto che comporta attività di ricerca e di studio pre-vede la realizzazione di un prodotto, le conoscenze acquisi-te non rimangono proprietà esclusiva dell’apprendente, mavengono condivise socialmente, il prodotto – affermaQuartapelle – trasforma l’apprendimento da attività che siesaurisce nell’apprendente a attività rivolta verso l’esterno,socializzata.La realizzazione di un progetto comporta un lavoro di squa-dra, le proposte possono venire anche dai docenti, ma ladefinizione di un progetto richiede una negoziazione con gliapprendenti che miri a stabilire scopi del lavoro, tappe incui si articola e compiti e responsabilità individuali.Un altro aspetto importante evidenziato da Quartapellesulle implicazioni della metodologia di progetto riguarda lavalutazione. Si tratta di valutare non solo la padronanza disapere e saper fare, ma anche il processo in cui sono coin-volti i discenti, di valutare la loro capacità collaborativa.

La metodologia di progetto richiede anche la capacità diautovalutazione da parte di chi apprende. Se nella didatticadi progetto il ruolo centrale è assunto dagli apprendenti, idocenti devono svolgere una funzione propositiva in relazio-ne alla definizione degli obiettivi di apprendimento e deicontenuti di sapere e saper fare. Quartapelle mette in rilie-vo l’importanza della scrittura quale modalità di comunica-zione nel lavoro di progetto: scrivere sui problemi emersi,sulle soluzioni proposte è uno strumento utile per fare unbilancio e una valutazione. Infine l’articolo si sofferma sullarelazione fra la didattica per progetti e il curricolo. Questametodologia di lavoro richiede curriculi flessibili, orientativerso i bisogni individuali e sociali: curricoli articolati percompetenze piuttosto che per saperi.

Fiorenza Quercioli è l’autrice di un secondo contributo diriflessione sul Project Work. Questa volta però l’analisi della didattica per progetti è inse-rita in una cornice circostanziata: la didattica dell’italianoL2 nella classe plurilingue e pluriculturale. La riflessionemetodologica – si afferma nell’articolo – deve coinvolgerenon solo gli alunni stranieri, figli di immigrati, ma anche glistudenti italofoni e deve mettere in discussione il modo dioperare in classe da parte dell’insegnante e il modo di tra-smettere il sapere. La classe in una nuova visione pedagogi-

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ca non può essere l’unico ambito di apprendimento, puòessere invece lo spazio in cui si impostano le attività lingui-stiche da sperimentare fuori. Quercioli facendo riferimentoalle coordinate pedagogiche suggerite dal Quadro ComuneEuropeo per le lingue rileva come attualmente si richiedaagli insegnanti una capacità di progettare percorsi didatticiflessibili e articolati in grado di soddisfare i bisogni e gliinteressi individuali dei discenti. La metodologia didatticadel Project W ork corrisponde proprio a questa esigenza.Quercioli ci ricorda che secondo questa metodologia sonogli studenti a determinare il prodotto del loro lavoro e diquesto prodotto, l’autrice dell’articolo, cita alcuni esempi:una raccolta di racconti brevi, una rappresentazione teatra-le, la produzione di un video, la preparazione di un articoloper un giornale di classe. Anche Quercioli, comeQuartapelle, enfatizza l’importanza del processo attivato dalProject Work: nel percorso didattico originato dal progetto sisolleciteranno attività di problem solving, si acquisirannouna serie di capacità cognitive e linguistiche come selezio-nare le informazioni, fare ipotesi, comunicare i risultati,preparare questionari, dialogare con esperti.La didattica per progetti comporta modalità di lavoro inclasse e di lavoro fuori dalla classe secondo i ritmi diapprendimento e le competenze linguistiche di ciascunallievo. Quercioli evidenzia come questa metodologia dilavoro abbia caratteristiche pedagogiche peculiari: rafforza esviluppa l’autonomia del discente, promuove percorsi diapprendimento individualizzati e nello stesso tempo favori-sce una mentalità collaborativa e cooperativa all’internodella classe.Il ruolo del docente è orientato a una funzione di guida e disupervisione dell’intero processo; esso deve stimolare il grup-po degli apprendenti a una continua negoziazione dei conte-nuti e d ei s ignificati. I nfine Q uercioli r accomanda c he l adidattica p er p rogetti n on s ostituisca l ’intero s illabo m a n erappresenti solo alcune porzioni a carattere transdisciplinare.Elisabetta Jafrancesco e Eleonora Fragai sono le autricidel contributo sul modello Langopolis che è ospitato nellasezione Esperienze/Attività. L’articolo si ricollega ad un prece-dente contributo di Nuccetelli e Villarini comparso sul mede-simo tema nel numero precedente della nostra rivista.Langopolis è costituito dal materiale per l’apprendimento/inse-gnamento di italiano, francese, sloveno e tedesco ad alunniinseriti nelle classi finali del ciclo elementare.L’articolo è suddiviso in quattro paragrafi. Il primo paragrafo

presenta le caratteristiche pedagogiche dei materiali didat-tici e le coordinate teoriche che hanno ispirato Langopolis.Il secondo paragrafo presenta gli itinerari didattici del gioco,la sua strutturazione in ambienti. Il terzo e il quarto para-grafo costituiscono la parte più significativa del contributo,dedicata all’illustrazione di alcuni esempi di attività e in par-ticolare delle attività che l’ambiente procedurale denomina-to Laboratorio propone.

Gli esempi di attività ben illustrate dalle autrici si ricollega-no per la loro impostazione pedagogica alla metodologia delProject Work a cui abbiamo dedicato questo numero dellarivista. Le attività didattiche proposte in Langopolis, sonoprincipalmente di tipo comunicativo, di tipo esercitativo edi tipo metalinguistico. Le attività prevedono sia momentidi lavoro individuale, che momenti di lavoro in collaborazio-ne con i compagni e appartengono principalmente alleseguenti tipologie: abbinamenti, ascolto/lettura globale eanalitico/a, brainstorming, catene parlate, cloze casuali emirati, completamenti, costruzione e riempimento dimappe e costellazioni, giochi di vario genere, ping-pong lin-guistici, puzzle linguistici, role-play, produzione dello scrit-to/del parlato libera e controllata.L’articolo in particolare presenta tre attività che si svolgononegli ambienti tematici dell’Agenzia di viaggi, della Palestrae della Ludoteca. Le tre attività sono una esemplificazionedell’approccio multisensoriale adottato e sono basate sulgioco che richiede ai discenti l’azione, il movimento e l’a-

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scolto di suoni. Il materiale didattico ha una natura multi-mediale, si avvale di un CD ROM e di un collegamento alsito Internet di FLaChi (Foreign Languages for Children)che prevede forme di apprendimento a distanza tra gruppidi pari inseriti in una rete di classi scolastiche.Il Laboratorio è un ambiente di tipo procedurale dove gliapprendenti possono rielaborare creativamente quantohanno già sperimentato in altri ambienti e spazi del percor-so didattico.Jafrancesco e F ragai ci illustrano mediante una schedaun’attività laboratoriale che si svolge nell’ambiente tematicodella casa. Ci vengono descritti gli obiettivi,gli strumenti multimediali da adottare, lemodalità dell’insegnamento, che cosa vienerichiesto agli alunni, i prodotti da realizzare ele possibili consegne per gli alunni. In questolaboratorio gli studenti devono creare il vesti-to fatato dell’ avatar (il prodotto) e sul pianolinguistico devono usare creativamente il les-sico relativo all’abbigliamento. Nell’ultimoparagrafo dell’articolo sono contenute le con-clusioni delle autrici che mettono in evidenzale implicazioni pedagogico-linguistiche deimateriali di Langopolis. Alessandra Giglio ci racconta poi una suaesperienza d’insegnamento con studentisinofoni del “Progetto Marco P olo” pressol’Università di Genova.Dopo una premessa teorica esauriente sulsignificato del Project Work, Giglio ripercorrele tappe del lavoro di progetto sperimentatocon gli allievi cinesi. La metodologia didatticaadottata dall’insegnante trova una sua fortegiustificazione nell’esigenza di motivare mag-giormente gli studenti all’apprendimento del-l’italiano L2. Sicuramente uno dei punti diforza di questo metodo di lavoro didattico è l’aspetto moti-vazionale in quanto il collegamento con attività di uso dellalingua in un contesto sociale non artificiale rafforza lavolontà di apprendimento linguistico dei discenti. Tuttavia,gli studenti cinesi del “Progetto Marco Polo” sono un parti-colare gruppo di apprendenti, generalmente molto motivati.Rimangono nel nostro paese per un periodo di circa seimesi e durante questo periodo seguono dei corsi d’italianofinalizzati all’acquisizione di quelle competenze linguistico-

comunicative necessarie a frequentare successivamente icorsi di laurea da loro scelti nelle varie facoltà universitarieitaliane. Quindi apprendono l’italiano perché la nostra lin-gua è per loro uno strumento indispensabile per studiarenel nostro paese presso le nostre università; prima dell’iscri-zione alle varie facoltà dovranno sostenere un esame di cer-tificazione delle competenze in italiano L2 (ad esempio aSiena la certificazione “CILS-Competenza Italiano LinguaStraniera”).Il lavoro di progetto sperimentato da Giglio con i suoi stu-denti cinesi consisteva nell’esplorare alcune parti della città

di Genova e scattare delle fotografie. Una giuria compostadagli stessi studenti avrebbe poi scelto le migliori foto perorganizzare successivamente una mostra. Gli obiettivi fissati dall’insegnante sono chiari ed espliciti:Lo scopo dell’uscita fotografica, (…) era quello di consolidaree utilizzare attivamente le forme del comparativo e del super-lativo nella lingua italiana, e contemporaneamente quello diproporre una nuova attività che stimolasse la produzionespontanea degli apprendenti. Giglio sembra enfatizzare

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eccessivamente gli obiettivi grammaticali di un’esperienzadi Project Work. In genere in questo metodo di lavoro lafocalizzazione è più orientata sui significati che sulle formelinguistiche.La classe è stata suddivisa in gruppi e ogni gruppo ha avuto ilcompito di fotografare la città da un punto di vista diverso; adesempio, un gruppo doveva fotografare gli angoli più roman-tici di Genova. I compiti affidati ai gruppi prevedevano anchemomenti di interazione comunicativa con i nativi per chiede-re l oro l e informazioni s tradali necessarie per r aggiungere iluoghi da fotografare. L’esperienza per Giglio è stata positivasia dal punto di vista motivazionale sia sotto l’aspetto dell’ac-quisizione dei contenuti morfo-sintattici prefissati.L’esperienza è stata ripetuta con una studentessa tedescaadulta che seguiva un corso individuale. Anche in questocaso la valutazione dell’insegnante è stata positiva, in parti-colare si evidenzia come il percorso di lavoro didattico abbiastimolato la creatività della studentessa in situazioni spon-tanee.Un’analoga esperienza di Project Work è stata condotta daGiglio con studenti adolescenti di una scuola internaziona-le di Genova. Studenti prevalentemente anglofoni con com-petenze linguistiche differenziate. Questa volta – avverteGiglio – gli studenti non sapevano in anticipo l’argomentogrammaticale che dovevano studiare: lo scopo dell’uscita eraquindi quello di capire a cosa sarebbe servito fotografare alcu-ni angoli di Genova secondo i differenti temi assegnati (…) Altermine della votazione – continua l’autrice dell’articolo – glistudenti hanno dovuto capire quale fosse l’elemento gramma-ticale che avevano appena imparato ad utilizzare, ed effettiva-mente tutta la classe ha individuato la nuova forma del super-lativo relativo nella comparazione degli scatti effettuati .Questa seconda modalità di svolgimento del lavoro ci parepiù rispondente alla filosofia pedagogica del Project Work: ilsillabo anche se solo nella sua dimensione grammaticale,non viene stabilito a priori come nel caso degli studenticinesi e vengono attivati procedimenti induttivi di scopertadelle “regole” linguistiche. Giglio ci descrive successivamente altre due esperienze dilavoro di progetto: una, condotta con adolescenti di un liceointernazionale di livello di competenza linguistica avanzato,prevedeva la realizzazione di un video musicale da partedegli studenti dopo una precedente fase di analisi e studiolinguistico di video musicali presentati dall’insegnante, l’al-tra realizzata con studenti universitari di diversa provenien-

za linguistica e differente età ha richiesto prima la scritturadi una ricetta di cucina, successivamente la sua esecuzione,guidata inizialmente dall’insegnante. Giglio, nel trarre un bilancio da queste esperienze di ProjectWork, ci comunica alcune sue riflessioni sui limiti riscontra-ti e che sono in parte riconducibili alla stessa teoria didatti-ca ispiratrice. Ci pare questo uno dei passaggi più interes-santi di tutta l’esperienza narrata. Riportiamo integralmentequeste sue considerazioni: È anche vero, tuttavia, che vi sonoalcuni limiti della teoria didattica del project work, come giàsostenuto da Cerovsky e Gallacher (Cerovsky , 2000 eGallacher, 2004); ho potuto riscontrare tali limiti direttamen-te “sul campo”, in alcuni dei progetti svolti in un arco ditempo maggiore o a più riprese: la spinta motivazionale inizia-le sembra destinata a scemare non appena lo studente avvertesovraccarico didattico e troppa responsabilità; inoltre, non èsempre facile riuscire a lavorare in gruppo e dividersi equa-mente il lavoro. Successivamente in riferimento alla didattica per progettisperimentata nell’insegnamento linguistico con gli adolescen-ti si afferma: la didattica a progetti è necessaria per l’insegna-mento ad adolescenti, dato che li coinvolge completamente e lirende q uindi da vvero r ecettivi v erso l e r egole l inguistiche d aapprendere; tuttavia, è proprio con gli adolescenti che ho regi-strato un maggior numero di limitazioni dovute alla diminuzio-ne della motivazione e alla problematicità del lavoro in gruppo.Credo che queste considerazioni di Giglio possano costitui-re degli utili e stimolanti elementi di riflessione per i nostrilettori.Nella sezione Documentazione curata da Camilla Salvi ilettori potranno questa volta trovare numerose informazionisulle modalità di inserimento degli alunni stranieri nel siste-ma scolastico della Catalogna in Spagna. In particolareviene illustrato il Piano per la lingua e la coesione sociale cheè il documento del Dipartimento Istruzione della Comunitàautonoma di Catalogna attraverso cui si propongono unaserie di iniziative per affrontare la potenziale esclusione edivisione sociale causata dai cambiamenti sociali legati aifenomeni migratori in continua espansione. In questo qua-dro sarà interessante per gli insegnanti confrontare i proto-colli di accoglienza adottati nelle scuole catalane con quel-li sperimentati nelle nostre scuole.Infine nella sezione “Risorse in rete”, realizzata da chi scri-ve, i lettori potranno trovare una sitografia ragionata utileper un approfondimento delle tematiche trattate.

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8RIFLESSIONI

1. I bisogni di formazione oggiEssere capaci di comunicare nella madrelingua e nel-le lingue straniere, di risolvere problemi usando mo-delli matematici e di spiegare i fenomeni del mondoche ci circonda basandosi su fatti comprovati, esserecapaci di utilizzare con dimestichezza le tecnologiedell’informazione, riuscire a perseverare nell’apprendi-mento anche dopo che si è lasciata la scuola, a parte-cipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale elavorativa, sapere tradurre le idee in azione ed esseredisponibili a correre rischi, essere consapevoli dell’im-portanza della creatività: sono queste le competenzechiave per l’apprendimento permanente di cui tuttihanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo perso-nali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occu-pazione, per adattarsi in modo flessibile a un mondo inrapido mutamento e caratterizzato da forte intercon-nessione (Raccomandazione del P arlamento europeo edel Consiglio, 18.12. 2006: L 394/10).Ci si aspetta che la scuola rinunci a cercare di fornireun’impossibile istruzione enciclopedica e educhi piut-

tosto a selezionare ed elaborare informazioni, a domi-nare situazioni, a decidere autonomamente, ad assu-mere e condividere responsabilità, che non perseverinella distinzione tra capacità cognitive e abilità opera-tive. Ma non solo. Non basta che sostenga l’acquisizio-ne di conoscenze e abilità, è necessario che favoriscacomportamenti e atteggiamenti intellettuali capaci dirigenerarle. Alla scuola è richiesto di:

– spostare l’attenzione dall’insegnante al discente equindi dal prodotto dell’insegnamento al processodi apprendimento;

– ridimensionare la validità di saperi non contestua-lizzati e non finalizzati;

– rinunciare alla pretesa di dare una formazione spe-cializzata e completa, che risulta vanificata dalla ir-refrenabile evoluzione delle tecnologie;

– superare il concetto di curricolo complessivo, con-solidato dalla tradizione, e anche quello dei singolicurricoli disciplinari.

Il progetto: uno strumentopedagogico per curricoli flessibili

Per garantire l’acquisizione delle competenze chiave necessarie per essere a pieno titolocittadini europei, occorre una didattica che si avvalga di compiti reali, in cui l’apprendenteabbia un ruolo attivo come la metodologia di progetto. Questa metodologia, le cui radicirisalgono al pragmatismo americano del XX secolo, si basa sulla realizzazione di un prodottoche sia fruibile da persone diverse da quelle che sono coinvolte nella sua realizzazione, fa della realtà esterna alla scuola uno strumento di apprendimento, valorizza il lavoro di squadra, dà agli allievi responsabilità tradizionalmente riservate ai docenti e permette di calibrare i curricoli sulle mutevoli esigenze sia sociali sia dei singoli individui.

DI FRANCA QUARTAPELLE

LEND, LINGUA E NUOVA DIDATTICA

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E il Regolamento relativo al Nuovo obbligo scolasticopresentato dal Ministero delle Pubblica Istruzionenell’estate del 2007 individua nella capacità di “pro-gettare” una competenza chiave che descrive così:“elaborare e realizzare progetti riguardanti lo sviluppodelle proprie attività di studio e di lavoro, utilizzandole conoscenze apprese per stabilireobiettivi significativi e realistici e le rela-tive priorità, valutando i vincoli e le pos-sibilità esistenti, definendo strategie diazione e verificando i risultati raggiunti.”(Il nuovo obbligo di istruzione , 2007:30).

2. Il progetto – uno strumento didatticoNon si impara a “elaborare e realizzareprogetti” se non applicandosi a farlo, conuna metodologia di progetto che superila logica propria della didattica trasmissi-va e consenta di realizzare un apprendi-mento attivo, legato alla soluzione di problemi che ab-biano senso sia dal punto vista del contesto sociale incui si collocano sia da quello delle esigenze dell’ap-prendente. Con il progetto l’apprendimento si basa su compitireali, i contenuti non vengono proposti frazionati e or-

ganizzati secondo logiche disciplinari, la separatezzatra il momento in cui si impara e il momento in cui siapplica ciò che si è imparato viene meno. La finalizza-zione dell’attività didattica, nella teoria e anche nellaprassi, si sposta dal sapere al saper fare e finisce perfocalizzare sempre più il processo di apprendimento, il

saper apprendere. L’azione scolastica è stata tradizional-mente fondata sul presupposto che l’ap-prendimento debba essere frutto dell’in-segnamento. La metodologia di progettosuggerisce implicitamente che l’appren-dimento possa essere generato in altromodo, strutturando occasioni di appren-dimento che si ispirino alle esigenze delmondo reale; essa introduce la realtà ascuola facendo della realtà uno strumen-to di apprendimento. A ben guardare èciò che gli allievi chiedono quando espri-

mono noia e rifiuto per lo studio così come glielo pro-pone la scuola. L’attività di progetto, se correttamen-te intesa, risponde alla loro richiesta di “portare ilmondo a scuola” e di affrontare già a scuola temi eproblemi della realtà esterna e, al contempo, ancheall’esigenza della società che gli allievi imparino a

9 PEDAGOGIA

L’attività di progetto risponde

alla richiesta degli allievi di “portare il mondo a scuola”

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10RIFLESSIONI

continuare a imparare anche dopo che avranno con-cluso gli studi.

3. Le origini della metodologia di progettoChe lo scopo dell’educazione sia di permettere agli in-dividui di continuare la propria educazione era già sta-to indicato quasi un secolo fa dalla pedagogia pragma-tistica americana (Dewey , 1916). Il progetto venivaproposto quale strumento idoneo per perseguire talescopo nella pratica scolastica (Kilpatrick, 1918).I modelli pedagogici assunti dalla scuola italiana dopo il1968 hanno tratto ispirazione da questi orientamenti.La metodologia della ricerca ha posto l’enfasi sulla ca-pacità dell’apprendente di sistematizzare le proprieesperienze e ha chiesto al docente di uscire dall’am-biente protetto della sua disciplina, fatto di concetticonosciuti, praticati ed esperiti, e di districarsi tra con-cetti estranei per tenere conto delle motivazioni e deibisogni degli allievi (De Bartolomeis, 1969). È l’inizio dell’interdisciplinarità. Il metodo è sovrano. L’invadenza del metodo viene però presto limitata dal-la didattica per obiettivi che, pur continuando a fareleva sull’apprendimento, recupera i contenuti propridelle discipline. Le conoscenze vengono finalizzate al loro impiego, ilsapere si integra con il saper fare. Per definire ciò chegli allievi devono apprendere a fare, gli obiettivi di ap-prendimento vengono analizzati allo scopo di indivi-duare le capacità sottese (Mager, 1989). La rigidità della programmazione per obiettivi vienesuperata dall’apprendimento per concetti che invita aspecificare gli obiettivi in termini di operazioni menta-li, oltre che di contenuti, a un grado di complessità edi astrazione che sia al contempo accessibile e stimo-lante in modo da poter diventare strumento di avanza-mento. Le conoscenze non si acquisiscono per seg-menti, ma si costruiscono integrandole in una rete diconoscenze. L’allievo deve poter riconoscere il senso ela significatività delle attività che gli vengono propo-ste. L’esigenza di adeguare le scelte didattiche a inte-ressi, ritmi e modi di apprendimento degli allievi puòessere soddisfatta da una programmazione meno rigi-da e frammentaria di quella che caratterizza la didatti-ca per obiettivi. Con la didattica per concetti i bisognidell’allievo possono conciliarsi con le esigenze delle di-scipline (Meirieu, 1990).

4. Il rapporto con il contestoI modelli che hanno alimentato il dibattito pedagogi-co nella scuola italiana dopo il 1968, pur dandoun’importanza sempre maggiore all’operatività, noncontemplano che l’azione didattica abbia effetti al difuori della scuola. È con la metodologia di progettoche l’attività didattica si appropria del contesto. P er-ché nel procedere per progetti vi è apprendimento

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che non è il frutto dell’insegnamento, di compiti, at-tività, percorsi decisi e programmati all’insegnante,ma della capacità di affrontare e risolvere problemireali. Ciò che si scopre non deve rimanere patrimoniodi chi ha reperito dati e informazioni, ciòche si costruisce non resta riservato achi l’ha ideato. Le attività di ricerca e distudio e le realizzazioni creative devonotrovare una sintesi in un prodotto. Que-sto non è necessariamente un oggetto vi-sibile o tangibile, può essere anche qual-cosa di immateriale, un servizio, unevento, una manifestazione, deve co-munque essere qualcosa che possa esse-re messo a disposizione di altri, fruibileda persone diverse da quelle che l’hannorealizzato. Il prodotto trasforma l’apprendimentoda attività che si esaurisce nell’apprendente a attivitàrivolta verso l’esterno, socializzata. Il metodo di lavoro e l’elaborazione di concetti che siintrecciano nella realizzazione del progetto permetto-no di perseguire e raggiungere gli obiettivi di appren-dimento previsti in sede di programmazione.

5. Il lavoro di squadraL’iniziativa di avviare un progetto può partire da chiun-que: un committente esterno, uno o più docenti, ilconsiglio di classe, la richiesta di uno o più studenti, idestinatari, diretti o indiretti, del servizio scolastico –tutti possono proporre l’elaborazione di un tema nonesplicitamente previsto nei programmi scolastici, unqualsiasi argomento che coinvolga gli allievi in attivitàche possano favorire il loro apprendimento. Ma datoche a scuola ogni attività dovrebbe essere finalizzataall’istruzione, è necessario che, prima di avviare unprogetto, i docenti considerino se esso sia coerentecon i bisogni di apprendimento degli allievi. Per r ealizzare i l p rogetto è n ecessario c he l e p ersonecoinvolte diventino una squadra capace di prendere de-cisioni condivise. La condivisione non consiste nell’ac-cettazione di una proposta avanzata da persone in qual-che m odo “ più a utorevoli”, n é n ell’aggregazione d elledecisioni dei s ingoli componenti del gruppo, ma nellaelaborazione c omune d ell’idea. L e s celte s i g eneranodal confronto e dall’integrazione delle idee dei singoli.Ciò non avviene spontaneamente. Occorre negoziare. Gli ambiti coinvolti nella negoziazione, in una didatti-ca progettuale, riguardano la scelta degli argomenti –che devono rappresentare i saperi e consentire la mes-sa in atto di competenze operative – le modalità di la-voro e i criteri di formazione dei gruppi, la ripartizionedei compiti e delle responsabilità, la gestione dei tem-pi di lavoro e le modalità della verifica, i criteri di va-lutazione, la definizione del prodotto. Queste decisio-

ni devono essere prese da tutte le persone che parte-cipano al progetto. Se la proposta di avviare un progetto viene fatta daidocenti, questi non possono presentare un piano di la-

voro articolato. Devono limitarsi a porta-re l’attenzione su bisogni e aree di diffi-coltà che un’attività di progetto aiutereb-be ad affrontare, suggerire ambiti temati-ci, possibili attività, aperture verso l’ester-no, prospettare possibili prodotti, devo-no, insomma, presentare un “pre-proget-to” sulla cui base il progetto vero e pro-prio verrà definito.Il progetto viene definito solo nella nego-ziazione con gli allievi che devono poter-si impegnare liberamente e responsabil-mente per una finalità esplicitata e con-divisa.

È opportuno che la negoziazione si concluda con la sti-pula di un vero e proprio contratto che precisi gli sco-pi del lavoro che si sta per avviare, l’organizzazione dellavoro, le tappe in cui si articola, i diversi compiti chesaranno assunti dai diversi gruppi di lavoro, le respon-sabilità individuali, le decisioni relative al prodotto emagari anche le penalità per eventuali inadempienze.

6. La gestione di un’organizzazione complessaÈ probabile che un progetto di una certa ampiezza siaarticolato in tappe in ciascuna delle quali si sviluppa-no, in parallelo, attività differenti. Le attività previstedevono essere programmate con precisione, in mododa evitare che, se un gruppo non si attiene alle deci-sioni prese o non rispetta le scadenze, venga pregiudi-cato il buon esito del lavoro di tutti. Non ci si può peròilludere di gestire un’organizzazione complessa pen-sando di aver programmato tutto alla partenza. Erro-nee valutazioni delle capacità degli allievi, difficoltàimpreviste, o anche occasioni non prevedibili possonorallentare o accelerare il lavoro e richiedere dei riasse-stamenti del piano di attività. Saranno dunque neces-sari momenti di verifica intermedi.Come ogni altra attività finalizzata all’apprendimentol’attività di progetto richiede una valutazione. È innan-zitutto opportuno tenere presente che progetti com-plessi valorizzano le connessioni tra le discipline, an-che se, per essere tale, un progetto non deve obbliga-toriamente essere interdisciplinare. La metodologia diprogetto implica un modo diverso di concepire la valu-tazione che non può limitarsi ad accertare la padro-nanza di sapere e saper fare acquisita dai singoli allie-vi in ambito disciplinare (o in diversi ambiti disciplina-ri), ma deve prendere in considerazione anche il pro-cesso, deve guardare alla capacità di collaborare, alladisponibilità a correre rischi. Inoltre oltre che la valu-tazione operata da esperti (gli insegnanti) sull’operato

11 PEDAGOGIA

Per realizzare il progetto

è necessario che le persone

coinvolte diventino una squadra

capace di prendere

decisioni condivise

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12RIFLESSIONI

di persone in apprendimento, la metodologia di pro-getto richiede un’autovalutazione ad opera degli stessiapprendenti.

7. I protagonisti del progettoIl progetto può coinvolgere allievi e docenti di una stes-sa classe o di più classi, di una stessa scuola o di piùscuole, magari di nazioni diverse, come avviene nel ca-so di progetti basati sugli scambi di classe. Le personeche partecipano alla sua realizzazione non hanno gerar-chie prefissate, ma condividono la decisione iniziale, lamessa a punto delle fasi per la realizzazione del proget-to e la sua valutazione, con una consapevole assunzio-ne di responsabilità da parte di tutti.Gli allievi hanno un coinvolgimento di-verso da quello, peraltro non irrilevante,che le didattiche attive hanno loro asse-gnato, un coinvolgimento che riguardaambiti tradizionalmente riservati agli in-segnanti. I ruoli codificati – docente e al-lievi – perdono consistenza e lasciano ilposto alle funzioni necessarie per gestireil processo. Con attività che possono es-sere molto diversificate non è opportunoimpostare una strutturazione gerarchica,con un leader unico che decida e imparti-sca disposizioni alle persone coinvolte. Laleadership dovrebbe venire assunta, di volta in volta,dalla persona più competente per quel determinatosegmento di attività, che non deve essere necessaria-mente riservata a un docente. Il coordinatore che tie-

ne le fila, fa rispettare tempi e modi di lavoro con-cordati, è responsabile della comunicazione nel pro-getto, può essere un docente ma non è obbligatorioche lo sia. E comunque compiti di responsabilità, dicoordinamento dei singoli gruppi possono venire as-sunti da singoli allievi. Di esclusiva competenza deidocenti è il momento propositivo che riguarda la de-finizione degli obiettivi di apprendimento e le deci-sioni relative ai contenuti di sapere e saper fare. Lavorando a un progetto i docenti si trovano su un ter-reno nuovo di cui percepiscono l’instabilità. P ossonotemere che la loro responsabilità risulti ridimensiona-ta. Se una consapevole assunzione di responsabilità da

parte degli allievi è inevitabile in un pro-cesso che fa leva sul loro coinvolgimento,in un lavoro che è centrato sull’organizza-zione e l’interrelazione i docenti restanocomunque garanti del metodo, oltre che,ovviamente, del quadro di riferimento di-sciplinare. Viene spontaneo un interroga-tivo: se il lavoro per progetti richiede unacosì forte condivisione degli scopi, è pos-sibile che alla sua attuazione collaborinopersone con impostazioni ideologichedifferenti? Non è possibile dare una ri-sposta certa, ma “è probabile che il po-tenziale d’apprendimento connesso con

l’attività progettuale favorisca un’evoluzione che porti,se non al superamento, quanto meno all’accettazionedelle divergenze.” (Quartapelle, 1999:73)

8. Modalità di comunicazionePer far funzionare la squadra, magari articolata in piùgruppi, con compiti e responsabilità differenziate, chedevono però integrarsi nella realizzazione di un prodot-to, occorre garantire una comunicazione efficace inogni fase del lavoro. A scuola le decisioni vengono solitamente prese in mo-menti formali e registrate nei verbali insieme alle argo-mentazioni addotte a sostegno delle scelte (e anche insie-me a quelle contrarie), mentre la comunicazione in itine-re avviene per lo più nei corridoi. I verbali che registranole decisioni vengono considerati più che altro un adem-pimento burocratico, da utilizzarsi nei casi di ricorsi con-tro le decisioni prese. Di documenti scritti ci si avvale so-litamente solo per comunicare verso l’esterno.In una scuola che progetta, invece, la scrittura è una mo-dalità di comunicazione fondamentale, in quanto garanti-sce un’informazione chiara, certa, rapida ed economicaanche in termini di tempo. La registrazione di problemiincontrati, soluzioni proposte ed esperite, bisogni emersiecc., può essere un valido aiuto nei momenti di bilancio evalutazione, ed anche nei momenti in cui sembra venga-no meno le idee necessarie per portare avanti il progetto. Tabelloni e cartelli permettono di visualizzare in modo

I docenti restano comunque

garanti del metodo, oltre che,

ovviamente, del quadro

di riferimentodisciplinare

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efficace l’organizzazione, rammentare impegni e sca-denze, registrare le cose fatte, mettere in evidenzaquelle da fare, consentono, insomma, di tenere sottocontrollo i processi in atto. Se esposti in luoghi acces-sibili agli utenti del servizio (o ai probabili futuri uten-ti), tabelloni e cartelli possono dare informazioni an-che al di fuori del gruppo di lavoro, agli utenti del ser-vizio scolastico. Per entrambe le esigenze di comunicazione, sia quellaall’interno del gruppo di progetto, sia quella verso l’e-sterno, si può ricorrere anche ad Inter-net, per comunicazioni via e-mail o supagine web. La comunicazione all’esterno, a conclu-sione delle attività, è comunque assicura-ta dal prodotto in cui si conclude e si sin-tetizza tutta l’attività di progetto.

9. Il progetto e il curricoloIn una scuola che dà vita a progetti, la progettualitànon si limita a pervadere l’attività didattica e a condi-zionare l’organizzazione della vita scolastica, ma si ri-percuote anche sul curricolo. Le attività svolte dagliallievi, l’interazione con l’ambiente al di fuori dellascuola occupano più tempo di quello che sarebbe ne-cessario per sviluppare i concetti con lezioni frontali.Per fare didattica per progetti occorrono curricoli al-leggeriti nei contenuti disciplinari, che forniscano unnucleo di conoscenze essenziali riorganizzate intorno aconcetti chiave e indichino dei traguardi irrinunciabi-li e una serie di tematiche portanti. Sono necessaricurricoli che non siano autoreferenziali, ma si giustifi-chino nei bisogni esterni alla scuola, siano coerenti ri-spetto ai bisogni individuali, oltre che sociali, e nonsolo rispetto ai saperi erogati. Il curricolo lineare, che tradizionalmente consente di

dare un quadro completo e organico delle discipline,viene messo in dubbio. È necessario orientarsi versocurricoli impostati con criteri più mobili, intorno aiquali le conoscenze presenti e future possano aggregar-si, curricoli che siano articolati per “competenze”, enon per saperi, che coniughino il sapere funzionale aibisogni degli studenti con un sapere che sia al contem-po rappresentativo del sapere scientifico, socialmentecondiviso, delle discipline. I docenti devono essere ca-paci di operare delle scelte che non sacrifichino la

scientificità e non costituiscano una sem-plificazione, ma che coinvolgano l’opera-tività. A loro è richiesto di contribuire astrutturare il curricolo complessivo ri-strutturando quello della disciplina cherappresentano rompendone gli argini. È questa la prospettiva che il Ministeroha assunto nell’estate del 2007 con le In-dicazioni per il curricolo per il primo ciclo

scolastico presentandole come “quadro di riferimentoper la progettazione curricolare affidata alle scuole.”(Indicazioni per il curricolo, 2007: 9). Nelle Indicazioni, infatti, l’istituzione centrale si limitaa dare indicazioni generali, orientate a degli standard,per curricoli che possano essere calibrati sulle mutevo-li esigenze sia sociali sia dei singoli individui. Il compito che le Indicazioni assegnano ai docenti èpiù complesso di quello previsto dagli ormai invec-chiati programmi scolastici, è un compito che implicacapacità di progettare. Nel suo complesso il nuovo ser-vizio scolastico si identifica come un progetto, vale adire “un modo di pensare l’educazione in termini di vi-sione e non di programma, ove la visione implica mo-tivazione e condivisione delle finalità, mentre il pro-gramma si limita a farsi carico dei contenuti operativi”(Figari, 1997:167).

PEDAGOGIA

Agenzia Scuola, 2007. Il nuovo obbligo di istruzione .Firenze.

Dewey J., 1992. Democrazia e educazione. Firenze. La Nuova Italia (ed. or. 1916).

De Vecchi G., 1992. Aider les élèves à apprendre . Paris, Hachette.

De Bartolomeis F., 1969. La ricerca come antipedagogia.Milano. Feltrinelli.

Fierli M.s.d. Il metodo dei progetti nell’Istruzione Tecnica.Dispensa ciclostilata, Ministero della Pubblica Istruzione.

Figari G., 1997. La conduzione dei progetti educativi: un problema di valutazione? in Monasta, A. Progettualità,sviluppo locale e formazione. Roma. La Nuova ItaliaScientifica. pp. 163-188.

Fried-Booth D., 1987. Project Work. Oxford, OUP.Kilpatrick H.K., 1918. The Project Method (cit. in Fierli).

Mager R., 1989. Gli obiettivi didattici. Teramo. Lisciani & Giunti.

Meirieu P., 1990. Imparare ... ma come? Bologna. Cappelli editore.

Ministero della Pubblica Istruzione, 2007. Indicazioni per il curricolo. Roma.

Quartapelle F. (a cura di), 1999. Didattica per progetti.FrancoAngeli, Milano.

Quartapelle F., 2000: “Progettare i curricoli”, Vademecumdell’autonomia. IRRSAE Lombardia-Regione Lombardia.Milano.

Quartapelle F., 2001. “Professionalità docente e progettazione curricolare”. LEND 2/2001, pp. 18-25.

Raccomandazione del parlamento europeo e del Consiglio del18.12.2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimentopermanente. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea,30.12.2006, L 394/10.

È necessarioorientarsi

verso curricoliimpostati con criteri più mobili

Bibliografia

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14RIFLESSIONI

1. Insegnare una lingua oggiL’eterogeneità linguistica e culturale delle nostre classiinvita oggi a individuare strategie didattiche in grado digestire in modo produttivo i diversi livelli di competen-za linguistico-culturale degli allievi, sebbene l’impor-tanza dell’apprendimento individualizzato sia stata sot-tolineata da più parti ben prima che si presentasse lanecessità di trovare adeguate soluzioni operative alleproblematiche inerenti alla classe plurilingue e pluri-culturale. Da un punto di vista strettamente linguisti-co, basterà ricordare che anche qualora ci si trovi a la-vorare con una classe composta completamente daparlanti nativi italofoni, l’omogeneità linguistica - spes-so data per scontata sulla sola base della condivisionedella stessa lingua madre - non è per niente garantita,anzi molto spesso i docenti si trovano e si sono trovatia fare i conti, all’interno della stessa classe, con alunnicon una discreta competenza linguistico-comunicativae con altri che non sanno ancora padroneggiare il lessi-co tematico o certe strutture profonde della lingua. Il passaggio da una situazione di diglossia a una di bi-linguismo, che ha caratterizzato la società italiana delsecondo dopoguerra, non ha garantito una percezione

dello spazio linguistico adeguata nei parlanti. P er mol-ti alunni in età scolare il dialetto rimane in molti casi laprima lingua, selezionata spesso dal parlante più in ba-se a parametri emotivi che relativi ad una corretta in-terpretazione del contesto d’uso (situazione, ruolo, in-terlocutore, messaggio da veicolare, scopo, etc.) (Cove-ri L., Benucci A., Diadori P. 1998). Non è infatti raro il caso di alunni che usano il dialet-to in ambiente scolastico per le interazioni relative allostudio, talvolta anche nella scrittura. Inoltre, la presenza di alunni figli di immigrati nellenostre aule scolastiche, oggi sempre più evidente, cispinge a una riflessione metodologica che coinvolgeanche gli allievi italofoni - come abbiamo visto sopra,per niente scevri da problemi linguistici - insieme almodo di organizzare le lezioni e, in ultima analisi, ditrasmettere il sapere.

1 Il presente contributo riprende in parte ampliandolo un prece-dente articolo sulla didattica per progetti intitolato La didattica perprogetti o project work nella gestione della classe plurilingue, disponi-bile fino ad oggi solo online all’indirizzo http://associazioni.comune.firenze.it/ilsa/dcp_agott02/art_quer.htm.

Dalla pedagogia alla glottodidattica: la didattica per progettinella gestione della classe di lingua 1

DI FIORENZA QUERCIOLI

STANFORD UNIVERSITY-FLORENCE PROGRAM, FIRENZE

Nel presente contributo sarà presa in esame la metodologia del Project Work dal punto di vista dell’insegnamento di una lingua seconda o straniera, in particolare dell’italiano, e della gestione della classe plurilingue e pluricultur ale. Dopo un esame delle caratteristichepeculiari all’insegnamento della lingua nella società odierna e delle indicazionimetodologiche della glottodidattica moderna, si passerà a considerare la validità dei puntifondamentali della didattica per progetti nell’ambito specifico della pedagogia linguistica.

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Torniamo a ribadire che una riflessione di questo ge-nere è iniziata ormai da tempo, soprattutto (ma nonsolo) sulla spinta dei cambiamenti prodotti dall’usodelle nuove tecnologie che hanno radicalmente muta-to - appunto - il modo di trasmettere e reperire infor-mazioni e ancor prima dall’esigenza sempre più avver-tita di stabilire un collegamento costante fra mondoscolastico ed extrascolastico. Insieme a questo, non dobbiamo dimenticare che fe-nomeni quali la globalizzazione e l’unificazione euro-pea hanno determinato il delinearsi di una società ca-ratterizzata dalla mobilità e dai flussi migratori, i cuiconfini sono sempre più sfumati. All’interno di questonuovo assetto sociale gli individui in continua forma-zione portano e sempre più porteranno competenzevariegate, linguistiche e generali, apprese sia in ambi-to scolastico che extrascolastico, che rendono l’am-biente di apprendimento estremamente complesso daun lato, ma anche eccezionalmente ricco di risorsedall’altro. D’altro canto la maggiore attenzione accordata alla per-sonalità dell’apprendente ha portato all’elaborazione diuna didattica centrata sul discente e, più significativoper noi, al riconoscimento che le specificità individua-li e le preconoscenze acquisite nei vari saperi condizio-nano il ritmo di apprendimento dell’allievo, per cui neconsegue che il gruppo-classe viene percepito comeuno spazio (fisico e mentale) angusto perché presuppo-ne una compattezza che può risultare faticosa per alcu-ni, frustrante per altri. Tutti noi, come insegnanti, sia-mo ben consapevoli del fatto che la scansione didatti-ca all’interno della classe molto spesso viene dettatadalla necessità di seguire e completare un certo pro-gramma piuttosto che dalle reali caratteristiche degliallievi stessi che compongono il gruppo.

2. Dalla pedagogia alla glottodidatticaSecondo gli orientamenti più recenti della glottodidat-tica, è auspicabile che l’apprendimento della linguanon si limiti a mettere in gioco le sole facoltà intellet-tive del discente, ma che coinvolga l’intera personadell’apprendente facendo quindi appello anche allasua sfera fisica ed emotiva, tanto per citarne solo alcu-ne. Il discente viene quindi visto nella sua interezza dipersona, immerso in un’esperienza complessa comel’apprendimento di una lingua seconda e/o straniera,esperienza che in questo senso mira a divenire totalee significativa per il soggetto, che attraverso di essa do-vrà impadronirsi di quella competenza di azione - piùche semplicemente comunicativa - che gli permetteràdi interagire in modo vincente usando la lingua (Cili-berti, 1994:88-96). E questo è, fra l’altro, anche l’o-rientamento didattico suggerito dal Common Euro-pean Framework of Reference for Language (consigliod’Europa, 2001-2002) che riafferma più volte il carat-

tere action oriented delle indicazioni in esso contenu-te. Entrando adesso più nello specifico del nostrocampo di interesse, è ormai ampiamente riconosciutoil carattere non segmentabile dell’apprendimento lin-guistico. Per anni la lingua è stata considerata una ma-teria da sezionare e presentare in porzioni, lasciandoall’apprendente il compito (arduo) di riassemblare lesingole parti in un tutto significante. Al contrario allostato attuale della ricerca è noto che l’apprendimentolinguistico si nutre della ripetizione creativa, del ritor-nare più volte da diversi punti di vista su contenuti giàin parte appresi reimpiegandoli in situazioni significa-tive in quanto personalizzate all’interno dell’esperien-

za concreta dell’apprendente. La lingua non è infattiuna materia astratta, concettuabilizzabile come – di-ciamo – la storia o la geografia. In ambito glottodidat-tico se di concettualizzazione si può parlare, ci si rife-rirà alle attività deputate alla riflessione linguistica eda proporre a specifiche tipologie di apprendenti: inquesto caso diventerà fondamentale usare il metalin-

15 GLOTTODIDATTICA

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guaggio, procedendo verso la descrizione e l’astrazioneconsapevoli delle norme linguistiche che in genere gliapprendenti adulti più di altri chiedono. Tutto questo induce dunque a dilatare i confini tradi-zionali delle aule scolastiche e a identificare modalitàdi insegnamento basate proprio sul riconoscimentodell’eterogeneità linguistica, culturale e disciplinaredelle nostre classi, eterogeneità non più sentita, comein passato, un peso da evitare o eliminare, ma un dato

di fatto da valorizzare per dare a tutti l’opportunità diimparare secondo i propri bisogni e il proprio stile diapprendimento (Mazzotta 2002). La classe non puòpiù essere il luogo deputato per l’insegnamento e l’e-ducazione linguistici perché i suoi confini fisici re-stringono il campo esperienziale dello studente. Laclasse può al massimo essere lo spazio in cui si impo-stano attività linguistiche da sperimentare fuori e inun secondo momento il luogo in cui si analizzano i va-ri vissuti linguistici degli studenti per strutturarli innorme comunicative.Tale presupposto metodologico appare particolarmentegiusto quando ci si trovi a insegnare una lingua nel pae-se in cui si parla questa lingua, perché in questo casoil mondo fuori dall’aula offre un’enorme quantità dimateriale autentico, certo per i nostri fini del tutto allostato grezzo, ma che opportunamente utilizzato può co-stituire una fonte inesauribile per le attività linguisti-che. Uno studente che impara una lingua in un conte-sto di lingua seconda dovrà misurarsi costantementecon la comunità autoctona fuori dall’aula, mettendo al-la prova quanto appreso in classe e riportando in clas-se il proprio vissuto comunicativo per chiarire gli im-mancabili punti di frizione. In tale contesto l’insegnan-te può proporre il materiale graduato e parcellizzato delsillabo solo eludendo le specifiche esigenze linguisti-che che gli allievi porteranno in classe e che come tali

devono essere a nostro avviso tenute nella massimaconsiderazione. Tali bisogni linguistici estemporanei,per così dire, si ancorano ad esperienze concrete, tal-volta frustranti, lo sciogliersi delle quali non solo pro-duce acquisizione, ma sostiene anche la motivazionead andare avanti nell’apprendimento linguistico.Quello che principalmente si richiede oggi a un buoninsegnante, oltre ad una buona preparazione metodo-logica, è allora una certa flessibilità che prima di tutto

si traduce nella capacità di pro-gettare percorsi didattici versatilie articolati in grado di soddisfarei bisogni e gli interessi individua-li dei discenti. Il docente dell’e-poca odierna deve essere in gradodi decentrarsi e mettersi in om-bra, rispetto alla classe con laquale deve essere disponibile anegoziare costantemente i conte-nuti e le modalità di apprendi-mento; deve creare occasioni diosmosi fra l’ambiente dell’istru-zione formalizzata e quello del-l’acquisizione spontanea, fuoridalla classe (Krashen, 1981). Se l’esigenza di una maggioreaderenza alla realtà dei contenu-ti di studio è avvertita in genera-

le in tutto il mondo dell’istruzione, nel campo dell’in-segnamento linguistico diventa praticamente fonda-mentale, viste le premesse a cui abbiamo poco sopraaccennato.

3. La didattica per progetti o Project WorkSi tratta a questo punto di individuare una metodolo-gia didattica in grado di fornire all’insegnante validisuggerimenti per attuare quanto abbiamo descritto so-pra e a nostro avviso, fra le molte proposte, la didatti-ca per progetti o Project Work, è sicuramente una del-le più appropriate.Senza addentrarci troppo nell’analisi dei punti fonda-mentali della didattica per progetti, già analizzati nelcontributo di F ranca Quartapelle, ci limiteremo, persolo amore di chiarezza espositiva a riassumerli persommi capi prendendoli in considerazione dallo speci-fico punto di vista dell’insegnamento linguistico.

3.1. Definizione del progettoSecondo questa metodologia si parte da un elemento- che può essere un tema, un personaggio, un testo,una situazione - che poi verrà approfondito durante illavoro in classe e individualmente impostando su diesso diversi tipi di attività che implichino l’uso di di-verse fonti e di diversi media per favorire lo sviluppodelle diverse abilità linguistiche e cognitive e l’acquisi-

RIFLESSIONI

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zione di una o più competenze disciplinari. L’inse-gnante quindi, partendo da un’analisi dei bisogni edelle risorse degli studenti, deve lanciare degli input efra questi gli allievi dovranno decidere su quale o suquali focalizzare il loro lavoro. Una volta individuato ilpunto di partenza, si procede proponendo via via del-le attività che portino gli allievi a confrontarsi con va-rie fonti di informazioni (per esempio la visione di unfilm o una ricerca su Internet, ma anche interviste apersone che possono fornire materiale inedito o di pri-ma mano sull’argomento in esame) e che favoriscanol’uso delle varie abilità linguistiche. F. Stoller (1997) chiarisce, riferendosi aHenry (1994), che i progetti didatticipossono e ssere d i t re t ipi: structuredprojects, unstructured project, semi-struc-tured project a seconda del grado di deci-sionalità ed autodeterminazione ricoper-to dal docente e dagli studenti. La sceltadell’uno o dell’altro tipo non è mai casua-le, ma è in stretta relazione con il conte-sto di insegnamento, con il profilo e i bi-sogni degli apprendenti verso i quali que-sti ultimi possono talvolta manifestareuna certa riluttanza a riconoscere e af-frontare. Si può decidere di proporre unprogetto semi-strutturato ad una classeche deve misurarsi suo malgrado con l’abilità dellascrittura: l’insegnante stesso/a, recepita questa esigen-za, lancerà il progetto e chiederà, per esempio, di crea-re un giornale di istituto partendo dalla creazione del-la copertina, del logo, scegliendo il nome e il layout ge-nerale, per arrivare infine alla stesura dei vari pezzi. Ingenere con un gruppo di studenti giovani adulti oadulti si opta per un progetto non strutturato, mentrenella scuola dell’obbligo è più comune misurarsi conprogetti strutturati (Quercioli, 2004), ma come abbia-mo appena visto, non esiste una regola universalmen-te valida.Nello stesso articolo Stoller asserisce poi che la didat-tica per progetti può essere content based, può cioè so-stenere l’apprendimento della lingua attraverso i con-tenuti disciplinari. Abbiamo visto come fra le attivitàpreviste da un progetto possano rientrare diversi sape-ri, tutti unificati dalla lingua, che come strumento diconoscenza e organizzazione del mondo, sarà utilizza-ta per portare a termine i compiti e riferirli al gruppo.Lo studente particolarmente dotato per le attività gra-fiche che si incaricherà di preparare la copertina delgiornale di istituto di cui abbiamo parlato poco sopra,dovrà usare la lingua per presentare il suo lavoro aicompagni e all’insegnante, per discutere con gli altri leproprie scelte e arrivare a definire un’idea condivisa. Èchiaro che per portare a termine con successo questaattività, gli studenti dovranno utilizzare diverse funzio-

ni della lingua; ciò che è particolarmente motivante èil carattere concreto del contesto in cui questo lavorosi svolgerà e che farà molto probabilmente dimentica-re agli apprendenti che stanno usando la lingua, nelnostro caso specifico la lingua seconda o straniera.

3.2 Elaborazione di un prodotto finaleGli studenti stessi, sotto la guida dell’insegnante, iden-tificano il prodotto a cui vorranno arrivare e che può es-sere una raccolta di racconti brevi, una rappresentazio-ne teatrale, la produzione di un video o la preparazione

di un articolo per un giornale che poi saràcomunque presentato ad un pubblicocomposto dall’intero collegio dei docentie dai genitori o semplicemente da altristudenti dell’istituto. Il prodotto finale dàconcretezza al progetto perché costituisceil punto di arrivo di tutto il lavoro che vie-ne svolto in funzione di uno scopo e di undestinatario reali. Al tempo stesso però ilprodotto stesso conferisce ulteriore sensoall’utilizzo della lingua, come mezzo utiliz-zato per arrivare alla realizzazione e allapresentazione del prodotto. L ’artificiositàdell’apprendimento linguistico formaliz-zato viene quindi minimizzata nel proget-to in cui contenuti linguistici già appresi

vengono costantemente reimpiegati dentro e fuori dal-l’aula, mentre l’analisi e l’apprendimento in classe dinuove strutture e funzioni della lingua è inerente alleattività da svolgere fuori dall’ambiente scolastico.

3.3. Progetto e sillaboIn questo ambito non può più trovare spazio il sillabodeterminato a priori e che per quanto sia essenziale ar-rivare alla realizzazione del prodotto, il processo chene determinerà l’attuazione assume una rilevanza su-periore perché, attraverso attività di problem solving,permetterà agli allievi di acquisire una serie di compe-tenze - come selezionare informazioni, fare ipotesi, co-municare i risultati, predisporre questionari, dialogarecon esperti - che sono al tempo stesso linguistiche etransdisciplinari. La didattica per progetti non deve però necessaria-mente sostituire l’intero sillabo. Al contrario, si può or-ganizzare un progetto che si esaurisca in poche ore ouno che, come un filo rosso, attraversi tutto il corso eche si affianchi ad altri lavori più tradizionali. In gene-rale si è notato che i progetti che funzionano di più,sono quelli che si innescano intorno ad un’attività diclasse che ha particolarmente suscitato l’interesse de-gli studenti, che si snodano a più riprese su ampie por-zioni del corso e che coinvolgono più disciplineDurante le fasi di lavoro fuori dall’aula, ognuno può,nell’ambito del compito assegnato, seguire il percorso

17 GLOTTODIDATTICA

I progetti che funzionano

di più, sono quelliche si innescano

intorno ad un’attività

di classe che haparticolarmente

suscitato l’interessedegli studenti

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18

che più gli si addice, e farlo alla velocità richiesta dal-le sue competenze generali e dal suo livello effettivo dicompetenza linguistico-comunicativa. Gli incontri inclasse, organizzati in piccoli gruppi, devono servireprincipalmente per fare il punto della situazione, perconfrontare i risultati individuali e dei vari gruppi, ar-rivare ad una visione condivisa da tutti e infine, sullabase di questi dati, definire l’attività successiva. Inquesto modo da un lato si possono facilmente predi-sporre percorsi individualizzati, magari basati sul recu-pero o sul rinforzo di certi aspetti linguistico-comuni-cativi, e dall’altro il lavoro di gruppo può rappresenta-re un’ottima occasione di crescita individuale attraver-so il confronto e la collaborazione con gli altri parteci-panti. Prevedendo una scansione didattica in cui si al-ternano momenti di lavoro individuale e di gruppo, lametodologia del Project Work da un lato permette diprogettare percorsi di apprendimento individualizzati

e dall’altro favorisce l’instaurarsi di una mentalità col-laborativa e cooperativa all’interno della classe funzio-nale allo sviluppo della competenza sociale, ossia delsapersi rapportare agli altri in modo costruttivo e pos-sibilmente privo di tensioni. Il costante ricorso alla negoziazione di contenuti e si-gnificati permette infine di potenziare una strategiacomunicativa eminentemente linguistica - la negozia-zione, appunto -, sottesa allo sviluppo della competen-za interculturale, ultimo livello della competenza lin-guistico-comunicativa. In una compagine sociale do-minata dagli spostamenti e dalle migrazioni, semprepiù persone appartenenti a lingue-culture diverse en-treranno in contatto: la competenza interculturale di-viene allora essenziale all’incontro con l’altro-diversoda sé perché permetterà di risolvere i momenti di ten-sione interculturale attraverso la negoziazione di un si-gnificato condiviso. È però risaputo che la competen-

RIFLESSIONI

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Livello C1 e Livello C2 in preparazione

NUOVO LIVELLO

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19 GLOTTODIDATTICA

za interculturale, a differenza delle altre competenzeche compongono la competenza linguistico-comuni-cativa, non si insegna, ma si promuove. Crediamo chela didattica per progetti possa costituire un ottimostrumento didattico anche in questo senso.

3.4 Il ruolo dell’insegnanteCome si può facilmente evincere da quanto fin quiesposto, il ruolo dell’insegnante deve essere quello diguida e supervisore dell’intero processo: il docente in-fatti non dà mai niente per scontato, al contrario lasciaspesso che siano gli studenti stessi a decidere la dire-zione da dare al progetto invitando e stimolando ilgruppo a una continua negoziazione dei contenuti edei significati.Se c rediamo v eramente c he l a d idatticaper p rogetti p ossa e ssere u n v alido s tru-mento didattico in generale e glottodidat-tico in particolare, il primo compito che ciaspetta, e che d’altra parte sembra ormaiurgente assolvere, riguarda il nostro mododi porci, come insegnanti, di fronte ai no-stri allievi. Non più dispensatori di un sa-pere parcellizzato e in larga parte teorico,lontano ormai anni luce dalla nostra realtàstorica, culturale e lavorativa, ma promotori di una fu-sione fra sapere, saper fare e saper essere (per citare an-cora una volta il documento europeo) che armonizzi ledifferenze e dia a tutti la possibilità di imparare un me-todo di studio e di crescita personale che sarà suo patri-

monio per sempre. Si tratta in sintesi di imparare l’artedi decentrarsi per restituire agli studenti l’autodetermi-nazione e la responsabilità del loro apprendimento.Non partecipare attivamente al lavoro dei nostri allie-vi non significa quindi lasciare che il gruppo-classe va-da alla deriva. Significa osservare, da supervisori atten-ti, dall’esterno, quasi senza essere visti, utilizzando gri-glie predisposte per questo scopo e che possano forni-re materiale per una riflessione pedagogica.

4. C onclusioneCompletamente centrata sullo studente, che, essendocontinuamente chiamato a fare delle scelte, viene resoprotagonista responsabile del proprio apprendimento,

la didattica per progetti permette di valo-rizzare le differenze e le risorse individua-li in un continuo collegamento fra l’am-biente artificiale della scuola e quello rea-le del mondo fuori dall’aula promuovendol’autonomia e l’acquisizione di un metododi studio applicabile anche al di fuori delcontesto dell’istruzione formalizzata, nel-l’ambito del life long learning.Essendo basata sul riconoscimento dellepeculiarità individuali e sulla valorizza-

zione degli aspetti collaborativi legati al lavoro di grup-po, la didattica per progetti offre senza dubbio la pos-sibilità di tradurre in prassi tutte le istanze della mo-derna ricerca glottodidattica e della pedagogia inter-culturale.

Amati A., 1998. La didattica per progetti: una strategia di rinnovamento. In: “Strumenti Cres” maggio 1998.

Balboni P. E., 2002. Le sfide di Babele. Insegnare le linguenelle società complesse. Torino. UTET.

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Dolci R., Celentin P. (a cura di), 2000. La formazione di base del docente di Italiano per stranieri . Roma. Bonacci.

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Mazzotta P., 2002. Le direttive della Comunità Europea

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Bibliografia

La didattica per progetti

permette di valorizzare le differenze e le risorseindividuali

Page 22: Italiano L2 in Classe 2009 01

20ESPERIENZE/ATTIVITÀ

Il modello Langopolisper una didattica del fare

Questo contributo fa seguito all’articolo di Nuccetelli e Villarini, comparso, quest’ultimo, nel numero zero della rivista ILSA Italiano L2 in classe e dedicato alla presentazione del quadro teorico di riferimento del modello glottodidattico Langopolis, il materiale per l’apprendimento/insegnamento di italiano, francese, sloveno e tedesco ad alunni delle classi finali della scuola primaria, realizzato all’interno del progetto internazionaleFLaChi (Foreign Languages for Children). Le autrici, partendo da uno dei nodi principali su cui è basat o il modello Langopolis, ossia la forte innovatività dei percorsi formativi centrati sull’integrazione di strumenti e media tra loro diversi, evidenziano la prospettiva applicativa di Langopolis tramite una sintetica esemplificazione di attività coerenti con l’impostazione pedagogico-didatticadei materiali, che esalta la dimensione attiva dell’apprendimento/insegnamento, inteso come processo di costruzione di conoscenze orientato al fare e alla collaborazione tra pariattraverso esperienze concrete, collegate a più ambiti di esperienza: attività ludiche, manuali,di movimento, basate sulla multimedialità.

DI ELEONORA FRAGAI

E ELISABETTA JAFRANCESCO

IntroduzioneIl presente articolo si propone di integrare il contributodi Nuccetelli e Villarini (2009) su Langopolis, il mate-riale per l’apprendimento/insegnamento di italiano,francese, sloveno e tedesco ad alunni inseriti nelle clas-si finali del ciclo elementare, comparso nel numero ze-ro della rivista ILSA Italiano L2 in classe, presentandopiù nel dettaglio le attività didattiche proposte nell’ope-ra, anche attraverso esempi esplicativi, e chiarendo ul-teriormente l ’approccio e l e scelte metodologiche chesono alla base della proposta.Langopolis nasce nell’ambito del programma comunita-rio Socrates (Lingua 2) ed è il prodotto del progetto in-ternazionale FLaChi (Foreign Languages for Children)1.Il progetto, come già evidenziato nel contributo di Nuc-cetelli e Villarini (2009), ha come obiettivo la promozio-

ne del plurilinguismo e il pluriculturalismo attraverso lacreazione di percorsi formativi adattabili ai vari contestidi apprendimento/insegnamento e di materiali didatticistimolanti e innovativi, soprattutto per le lingue stranie-re meno studiate, capaci di integrare l’utilizzo di risorsee strumenti di vario genere, valorizzando inoltre le tecno-logie informatiche e le potenzialità offerte dalla rete.Langopolis è un’opera rivolta a bambini della scuola pri-maria di un’età compresa fra gli 8 e i 10 anni, e mira asviluppare le competenze linguistico-comunicative di li-vello basico (A1-A2) del Quadro comune europeo di ri-

1 Il progetto, durato circa due anni (dal 2006 al 2008), è stato co-finanziato dall’Unione Europea e ha coinvolto partner di Francia, Ger-mania, Italia e Slovenia. P er una descrizione dettagliata dei partnereuropei cfr. Nuccetelli, Villarini 2009. Per il sito Internet del proget-to, cfr. www.flachi-socrates.eu.

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21 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

ferimento per le lingue (d’ora in avanti QCER) (Councilof Europe 2001/2002), r elativamente a lle quattro l in-gue sopra menzionate, oltre alla curiosità e all’interessedei bambini verso lo studio delle lingue straniere.Il contributo è articolato in quattro paragrafi. I l primoparagrafo è d edicato a u na s intetica p resentazione d iLangopolis e delle sue caratteristiche, e a una riproposi-zione, con riferimento al contributo di Nuccetelli e Vil-larini (2009), dei presupposti teorici a cui fanno riferi-mento i materiali didattici. Il secondo paragrafo illustra ipossibili percorsi didattici del gioco, in relazione all’or-ganizzazione di base dell’opera, incentrata sulla metafo-ra del villaggio e strutturata in ambienti e spazi di variogenere, e al percorso didattico di base. Il terzo paragrafopropone alcuni esempi di attività, selezionate in base alcriterio della maggiore significatività rispetto ai caratte-ri i nnovativi d ell’impostazione p edagogico-didattica s ucui si basa Langopolis. Il quarto paragrafo approfondiscee amplia la dimensione esemplificativa del contributo,focalizzando l ’attenzione s ull’ambiente p rocedurale Laboratorio e sulle attività in esso proposte, che, coe-rentemente c on i l m odello d i c ompetenza a dottato,hanno c ome o biettivo f inale l a c reazione d i p rodotticoncreti, attraverso fasi di lavoro strutturate, che preve-dono un forte livello di collaborazione fra gli allievi, rap-presentando un momento di sintesi del lavoro svolto. Ilquarto paragrafo contiene infine le conclusioni.

1. Caratteristiche di LangopolisLangopolis, coerentemente con l’approccio ludico adot-tato, si configura come un gioco, di cui assume anchel’aspetto esteriore, presentandosi infatti non come nor-male libro di testo, caratterizzato da una sequenza linea-re di stimoli chiusi per lo sviluppo della competenza lin-guistico-comunicativa, bensì come un gioco da tavoloche si basa sulla metafora del villaggio e che è contenu-to in una scatola, in cui insegnante e allievi trovano unset di oggetti fisici, digitali e multimediali, integrabili fraloro, utili per lo svolgimento dei percorsi didattici e per

il loro ampliamento. Il gioco ha come obietti-vo finale, come ricordato da Nuccetelli e V il-larini (2009), la costruzione di un villaggioideale nella L2 oggetto di studio, attraverso losvolgimento di compiti comunicativi, attorno acui è stato realizzato un percorso didattico conattività di vario genere (comunicative, di rifles-sione lessicale e metalinguistica ecc.), volte afornire agli alunni gli strumenti linguistici ne-cessari per portare a termine i compiti previstidal gioco.Langopolis costituisce u n a mbiente d i a p-prendimento formato da spazi diversi, a l cuiinterno sviluppare la competenza linguistico-comunicativa degli a llievi, intesa come saperfare, c ioè c ome l a c apacità d ell’apprendente

di saper gestire testi, in abilità ricettive e produttive, alfine di svolgere dei compiti, di tipo non solo linguistico,“in circostanze date, in un ambiente specifico, e all’in-terno d i u n d eterminato c ampo d ’azione”, c itando ilQCER (Council of Europe 2001/2002: 11). Gli a mbienti c he c ostituiscono Langopolis, c ome g iàevidenziato (Nuccetelli, Villarini 2009), sono dodici, dicui sei tematici, tre procedurali e tre ricreativi2. È pos-sibile muoversi da un ambiente all’altro senza vincoli disequenzialità, in al tre p arole, i l p ercorso d idattico d asvolgere non è definito a priori, sebbene vi siano indica-zioni in tal senso, ma è frutto delle scelte consapevolidell’insegnante, tarate sulle caratteristiche degli allievi.Un ambiente può essere temporaneamente lasciato perpoi essere ripreso dopo “uscite” in altri spazi, per esem-pio nella Ludoteca o nell’Ufficio Informazioni Lingui-stiche. In questo senso l’elemento principale dell’opera,costituito dalla plancia del gioco, con gli ambienti e glispazi del villaggio, si pone come una “mappa orizzonta-le delle tappe dei percorsi possibili per acquisire le com-

2 Gli ambienti tematici sono: Biblioteca, Casa, P alestra, Pasticce-ria, Scuola, Agenzia di viaggi; gli ambienti procedurali: Agorà, Labo-ratorio, Ufficio Informazioni Linguistiche; gli ambienti ricreativi: Au-ditorium, Cinema-Teatro, Ludoteca.

Figura 1. Langopolis plancia di gioco

Figura 2. Langopolis plancia di gioco (particolare)

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22ESPERIENZE/ATTIVITÀ

petenze e l e c onoscenze o biettivo c ome u na s orta d imappa orizzontale dei possibili percorsi a ll’interno delgioco”, come evidenziato nel documento in cui è pre-sentato il modello teorico di FlaChi (cfr. nota 1).L’approccio didattico adottato in Langopolis, incentra-to sui bisogni dell’apprendente e sul concetto di com-petenza linguistico-comunicativa, coerentemente conle indicazioni del Consiglio d’Europa (Council of Euro-pe 2001/2002), esalta il ruolo attivo dell’apprendentenel proprio processo di apprendimento e la centralità,in tale processo, sia della dimensione affettiva e cogni-tiva, sia della dimensione sociale e interazionale, di-mensioni, queste, che hanno determinato la scelta del-le attività proposte e delle modalità collaborative relati-ve al loro svolgimento. Si tratta infatti di attività cheesaltano la dimensione interattiva dell’agire linguistico,considerando l’apprendimento frutto dell’interazione edella negoziazione sociale. Attività quindi da fare a cop-pie, in piccoli gruppi, con l’intero gruppo classe, con al-tri gruppi classe della stessa scuola, fino a includere,attraverso il sito Internet, forme di collaborazione aper-te ad alunni di altre scuole e ad alunni dialtri paesi, assumendo il gruppo e la retesociale di rapporti che lo caratterizzanoun elemento centrale per la costruzionedi nuovi saperi e di nuove competenze,non solo a livello di contenuti – la com-petenza nella lingua straniera – ma anchea livello di abilità sociali, di abilità proce-durali e, in ultima ista nza, di modi di es-sere. Le modalità di lavoro cooperativeproposte in Langopolis consentono infat-ti non solo di elevare la qualità dell’apprendimento maanche promuovere un ambiente di interazione positivafra i componenti del gruppo e il benessere psicologicodei bambini.I vari spazi di Langopolis, tenendo conto della prospet-tiva didattica learner centered assunta a modello e delconcetto di “autonomia dell’insegnante” (Council ofEurope 2001/2002; V edovelli 2002), possono esserepercorsi in vario modo e possono essere ampliati e/o ri-disegnati per adattarli ai vari contesti di apprendimen-to/insegnamento e alle caratteristiche effettive degliapprendenti, in termini di motivazioni, competenze,bisogni linguistico-comuncativi, sottolineando la fun-zione co-autoriale dell’insegnante, a cui viene affidatoil compito, con gradi diversi di autonomia, di organiz-zare il percorso didattico da proporre alla classe, sce-gliendo di volta in volta le risorse e gli strumenti piùadeguati allo specifico contesto in cui opera.Si ricorda che la scatola contenente Langopolis mettea disposizione di alunni e insegnanti oggetti che defi-niscono la struttura fondamentale del gioco e oggettiche servono per lo svolgimento del gioco stesso. Glioggetti destinati agli alunni sono la plancia del gioco,

che presenta la “struttura topologica del villaggio diLangopolis, con gli ambienti e gli spazi che lo com-pongono” (Nuccetelli, V illarini: 19), schede di lavorocartacee funzionali alle attività didattiche previste ne-gli ambienti previsti, CD audio, CD ROM con softwa-re per lavorare, flashcard con brevi testi e immagini, og-getti per lo svolgimento delle attività ludiformi (dadi,palline), oggetti funzionali all’ambiente villaggio (chia-vi, soldi ecc.), mentre gli oggetti destinati all’insegnan-te sono la Guida per l’insegnante, il contenitore adanelli per la raccolta ordinata delle schede di lavoro edei compiti eseguiti, la chiave d’accesso alla sezione di-dattica di Internet FlaChi e ai relativi software, dovepoter sfruttare al meglio le potenzialità di Langopolis.

2. Il percorso per ambientiCome specificato anche nel documento che illustra ilmodello teorico di FlaChi3, il riferimento centrale deicompiti comunicativi è rappresentato dal testo, intesocome unità fondamentale della comunicazione, men-tre le attività rappresentano procedimenti di esplora-

zione e di gestione testuale. In questoscenario il ruolo dell’insegnante, coeren-temente con metodologie didattiche di ti-po collaborativo, è quello di regista del-l’apprendimento, nel senso che progettail percorso didattico, negozia con gli allie-vi obiettivi, compiti, procedure, motiva ecrea aspettative, fornisce supporto allasoluzione dei problemi, struttura le rela-zioni fra i membri del gruppo necessarieper il raggiungimento di obiettivi comuni,

riflette sul lavoro svolto. Ogni ambiente presenta unimpianto didattico caratterizzato dalla presenza di unaserie di componenti fisse, attraverso cui si dipana ilpercorso, speculari agli obiettivi glottodidattici del sil-labo4. Tali componenti sono, nello specifico, i compiticomunicativi, per esempio, nell’ambiente Agenzia diviaggi (leggere un blog di bambini sulle gite scolasti-che, parlare di una gita, interagire oralmente per par-lare di una vacanza ecc.); i tipi di testo (blog di bambi-ni, cartolina ecc.); gli atti linguistici (parlare di una gi-ta scolastica, parlare di eventi futuri ecc.); le aree les-sicali (oggetti delle vacanze, mezzi di trasporto ecc.);gli elementi morfosintattici (il futuro, l’avverbio di luo-go ci ecc.). Poi vi sono le attività comunicative, le atti-vità esercitative e le attività di riflessione metalingui-stica (cfr. par. 3), e infine le “uscite” verso ambienti

3 Cfr.http://www.flachi-socrates.eu/site/concept1_ita.htmle il video presente su YouTube all’indirizzohttp://www.youtube.com/watch?v=Xjy0lLa-jHo.

4 Gli obiettivi glottodidattici riguardano, in particolare, lo sviluppodella competenza testuale, comunicativa, lessicale, morfosintattica,con riferimento alle abilità ricettive, produttive e interattive.

Si tratta di attività

che esaltano la dimensione

interattiva dell’agire

linguistico

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23 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

l’importanza della modalità visiva e manuale nell’ap-prendimento. Infatti, come afferma Cangià (in stam-pa), la “manipolazione è un aspetto importante in lin-gua altra perché il vocabolo mi si presenta sotto formadivertente e giocosa. Toccare con mano l’oggetto di cuiparlo mi fa capire meglio il concetto che rimarrebbe,altrimenti solo astratto”. L ’attività ludica che apre laseconda isola dell’ambiente Agenzia di viaggi mira a

procedurali e ricreativi, che si configurano come fine-stre di approfondimento e di espansione sulla base de-gli interessi degli allievi.

3. Esempi di attività didatticheIl presente paragrafo focalizza l’attenzione su alcuneattività proposte in Langopolis e le illustra sintetica-mente, con lo scopo di evidenziare il paradigma del-l’apprendimento, visto come attività multisensorialeche si realizza attraverso il fare e attraverso forme dicollaborazione, su cui si basa l’impostazione pedagogi-co-didattica dell’opera. Come è stato più volte ricorda-to, Langopolis, tenendo conto delle caratteristiche de-gli apprendenti, bambini dagli 8 ai 10 anni, e dei lorobisogni linguistico-comunicativi, mira a coinvolgerli inun percorso di costruzione attiva delle conoscenze at-traverso esperienze concrete, collegate a più ambiti diesperienza: attività ludiche, attività manuali, attività dimovimento, attività basate sulla multimedialità, chedanno concretezza alla lingua e che al contempo ren-dono piacevole ciò che altrimenti potrebbe risultarelontano e complesso 5, e privilegia inoltre tecniche diapprendimento collaborativo, che implicano alti livellidi interazione e che consentano la partecipazione atti-va di ogni membro del gruppo. Impostazione, questa,che caratterizza l’intera opera e che trova nel Laborato-rio una delle applicazioni più significative (cfr . par. 4),anche considerando le riflessioni metodologiche con-dotte in questo numero della rivista ILSA Italiano L2in classe dedicato alla “didattica per progetti”.Le attività didattiche proposte in Langopolis, come èstato precedentemente evidenziato (cfr . par. 2), sonoprincipalmente di tipo comunicativo, di tipo esercita-tivo e di tipo metalinguistico. Le attività, sebbene pre-vedano anche momenti di lavoro individuale, sonoprincipalmente pensate per essere svolte in collabora-zione con i compagni e appartengono principalmentealle seguenti tipologie: abbinamenti, ascolto/letturaglobale e analitico/a, brainstorming, catene parlate,cloze casuali e mirati, completamenti, costruzione eriempimento di mappe e costellazioni, giochi di variogenere, ping-pong linguistici, puzzle linguistici, role-play, produzione dello scritto/del parlato libera e con-trollata. Qui di seguito saranno riportate tre attività,due relative ad ambienti tematici (Agenzia di viaggi,Palestra) e una all’ambiente ricreativo Ludoteca, conlo scopo di mostrare con degli esempi concreti l’ap-proccio multisensoriale adottato, proponendo attivitàincentrate sul gioco che implicano l’azione, il movi-mento, l’ascolto di suoni.L’attività proposta in tabella 1 si riferisce all’“isola” 2dell’ambiente Agenzia di viaggi e pone l’accento sul-

5 Sull’importanza dell’azione nella didattica cfr. Cangià 2009.

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3 4

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Guida per l’insegnante

Ambiente: Agenzia di viaggi (isola 2)

IndicazioniIl percorso su gite, vacanze e viaggi prosegue con un’attivitàludica che ha lo scopo di motivare gli alunni e di introdurre illessico relativo agli ambienti naturali e ai paesaggi.L’insegnante ritaglia le cartoline, le mette in una busta con suscritto “Ambienti naturali” e la mo stra alla clas se (per altr ecartoline, cfr . CD R OM). Chiede agli alunni di dir e p arole,eventualmente anche in L1, per indicare ambienti naturali ele scrive sulla lavagna.Mette i tasselli dei puzzle su un tavolo e invita gli alunni a ri-comporre le cartoline, dicendo loro che i puzzle rappresenta-no sei ambienti nat urali. L’alunno che c ompleta la c artolinacon l’ultimo tassello deve dire il nome dell’ambiente natura-le rappresentato. Se sbaglia, paga penitenza.

Tipo di attivitàGioco.

Genere di attivitàParlata.

Modalità di svolgimentoDi gruppo.

Possibili consegne per gli apprendentiRicomponete i puzzle. L’alunno che c ompleta una c artolinacon l’ultimo tassello deve dire il nome dell’ambiente natura-le. Se sbaglia, paga penitenza.

Tabella 1. Langopolis – Ambiente Agenzia di viaggi, at tivitàdi motivazione.

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24ESPERIENZE/ATTIVITÀ

motivare gli allievi, recuperando inoltre le loro preco-noscenze sull’argomento e introducendo parole nuovefunzionali al percorso del gioco, è impostata sull’utiliz-zo del puzzle, che gli allievi devono ricomporre, lavo-rando tutti insieme, per ricostruire immagini di am-bienti naturali, evidenziando l’importanza del gioco edei canali visivo e tattile per l’apprendimento del les-sico. Attività, questa, che l’insegnante, in base al livel-lo di gradimento degli allievi, può ampliare e ripropor-re con altre finalità didattiche, sfruttando anche il re-pertorio di immagini contenuto nel CD ROM (vedi ta-bella 1 nella pagina precedente ).L’uso di canali sensoriali diversi contraddistingue an-che i percorsi che avvengono all’interno degli ambien-ti tematici. L ’attività presentata nella tabella 2, trattadall’ “isola” 2 dell’ambiente P alestra, mette in praticaalcuni principi del Total Phisical Response (Asher2003), uno degli approcci umanistico-affettivi che inLangopolis “è alla base soprattutto di alcune delle scel-te didattiche che hanno portato alla creazione di atti-vità fortemente influenzate dal movimento, dalla par-tecipazione attiva degli apprendenti e dall’importanzadata alla motricità” (Nuccetelli, Villarini 2009). L’atti-vità di reimpiego del lessico relativo alle parti del cor-po è impostata sull’abbinamento di comandi, che l’al-lievo deve dare al compagno perché rappresenti i mo-vimenti caratteristici degli animali raffigurati nelle im-magini, e sequenze mimiche, che il compagno deveeseguire fisicamente per dimostrare di aver capito gliinput linguistici. Questo tipo di approccio, centratosul gioco motorio, risulta altamente spendibile conbambini della scuola primaria per l’attenzione postasugli aspetti psicofisici dell’apprendimento e per lapriorità data alla comprensione dei significati attraver-so azioni piuttosto che alla performance linguistica.Ulteriori e svariati esempi di come in Langopolis il para-digma della didattica multisensoriale venga tradotto inconcreto si trovano nella Ludoteca, l’ambiente di tipo ri-creativo, dove i giochi trovano la loro naturale colloca-zione e offrono la possibilità di sviluppare in modo dina-mico certi obiettivi di apprendimento in un certo puntodel percorso, indipendentemente dal loro possibile le-game con le attività specifiche degli ambienti tematici.Nel caso del gioco “Che rumore è?”, la cui scheda è ri-portata nella tabella 3, per esempio, gli allievi possonoaccedervi dall’uscita dell’“isola” 1 dell’ambiente Scuola,se l ’insegnante r itiene n ecessaria u n’attività l udica d irinforzo sul lessico degli oggetti della scuola, basata sulriconoscimento di rumori prodotti con oggetti presentiin c lasse ( sedia, penna, l ibro ecc.); è anche possibile,tuttavia, che gli a llievi scelgano autonomamente l ’atti-vità in un altro punto del percorso sulla base di criterimotivazionali, n on l egati d irettamente a lla s equenzasuggerita nello specifico ambiente. L’attività, inoltre, èimplementata da s timoli d i t ipo u ditivo e c inestetico

coccodrillo gabbiano canguro

squalo tigr e ?

Guida per l’insegnante – Attività: Tu fai il coccodrillo.

Ambiente: Palestra (isola 2)

IndicazioniL’attività mira al r eimpiego del le ssico relativo alle p arti delcorpo attraverso un’impostazione giocosa che s timola l’usocreativo del linguaggio motorio.

Tipo di attivitàAbbinamento.

Genere di attivitàIntegrata.

Modalità di svolgimentoA coppie.

Possibili consegne per gli apprendentiScegliete un animale e dat e le indic azioni al v ostro compa-gno per fare la posizione di questo animale.

Ludoteca – Che rumore è?

Che cosa ci serve?Pentola, cucchiai, oggetti presenti in classe.

Come giochiamo?Tutti insieme. I bambini hanno in mano un cucchiaio e siedono in una fila disedie a 10 me tri da una pent ola appe sa al s offitto oppur emessa su un tavolo. L’insegnante è in piedi dietro ai bambinie fa c adere un ogge tto (penna, as tuccio ec c.), o lo muo ve(sfoglia un libro), o lo sposta (sedia, tavolo). I bambini ricono-scono il rumore, corrono verso la pentola e la colpiscono conil cucchiaio. Chi colpisce la pentola per primo può dire di cherumore si tratta. Se la risposta è corretta guadagna un pun-to, se la risposta è sbagliata i bambini tornano al loro postoe l’insegnante fa sentire il rumore una seconda volta.

Chi vince?Vince chi indovina il numero più alto di rumori.

Tabella 2. Langopolis – Ambiente Palestra, attività “Tu fai ilcoccodrillo”.

Tabella 3. Langopolis – Ambiente Ludoteca, attività “Che ru-more è?”.

che influenzano positivamente il processo di apprendi-mento dei bambini perché coerenti con i loro sistemi dirappresentazione dell’esperienza. Si conclude questo paragrafo ricordando che la dispo-nibilità di un kit di strumenti su supporti diversi (car-tacei, fisici e digitali), consente di variare al massimola conduzione delle attività didattiche: uno dei trattidistintivi di Langopolis è infatti la possibilità di inte-grare “vari media (carta, pc, Internet ecc.), consenten-do alla classe di muoversi in varie direzioni per lo

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25 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

sfruttamento delle attività didattiche” (Nuccetelli, Vil-larini 2009) e all’insegnante di espandere il propriopercorso d’insegnamento in una prospettiva multisen-soriale dell’apprendimento, orientandosi verso attivitàimplementate da stimoli visivi, uditivi e cinestetici. Inquesto senso, la presenza di risorse digitali, come ilCD ROM e il collegamento al sito Internet di FLaChicrea le condizioni operative per modellare non solomentalmente, ma anche virtualmente e poi fisicamen-te, il villaggio fantastico. Il CD ROM è lo strumento di lavoro multimediale checonsente l’arricchimento dell’orizzonte di apprendi-mento e di entrare nel gioco attraverso la possibilità di:

– aggiungere aspetti multimediali aivari ambienti del villaggio (rumori,sottofondi musicali, scenografiemultimediali archiviate nel softwareoriginale “Cinema”, testi introdotti inmodo casuale per rendere più com-plesso il percorso contenuti nelsoftware originale “Oracolo”);

– produrre elementi funzionali al gioco(dadi, carte, puzzle, giochi) a partire da schemi giàpronti, oppure creati ex-novo, da colorare, stampa-re e ritagliare tramite vari programmi di editingmultimediale.

Il collegamento al sito Internet, che prevede formed’apprendimento a distanza tra gruppi di pari inseritiin una rete di classi e/o di scuole, è finalizzato allacondivisione dei vari materiali autoprodotti (testi, au-dio, immagini, video) e al confronto delle proprieesperienze di gioco/apprendimento attraverso il “dia-rio di bordo” collocato sul web. Nel sito è presente,inoltre, un vocabolario collaborativo multimediale,cioè uno spazio autonomo di approfondimento lessi-cale, che permette di definire parole e di illustrarlecon testo, immagini, suoni, link interni o esterni.

4. Fare e imparare: il LaboratorioL’idea di una glottodidattica fortemente basata sullacentralità dell’apprendente e sui suoi bisogni linguisti-co-comunicativi si traduce in una serie di ricadute ap-plicative che giustificano uno sviluppo del percorso diapprendimento/insegnamento come trama di attività ecompiti orientati a un approccio didattico centrato sullearning by doing. A questo proposito sembra opportuno ricordare quan-to suggerito nel documento ministeriale contenente leIndicazioni Nazionali per i Piani di Studio P ersonaliz-zati nella Scuola Primaria (MPI 2002), in cui si sostie-ne che “non è possibile giungere ad una conoscenzaformale che rifletta astrattamente sui caratteri logici dise stessa senza passare da una conoscenza che scatu-risca da una continua negoziazione operativa con l’e-

sperienza. La Scuola Primaria è il luogo in cui ci si abi-tua a radicare le conoscenze (sapere) sulle esperienze(il fare e l’agire), a integrare con sistematicità le duedimensioni […]”.In Langopolis la prospettiva di apprendimento/inse-gnamento, orientata al fare e alla collaborazione fra gliallievi (cfr. par. 3), viene particolarmente enfatizzatanelle uscite verso il Laboratorio, l’ambiente di tipoprocedurale dove gli allievi possono rielaborare creati-vamente quanto hanno già affrontato in altri spazi delpercorso didattico, non necessariamente sequenzialitra di loro come è stato più volte ricordato, sperimen-tando la lingua per configurare il proprio villaggio se-

condo la propria immaginazione e le pro-prie capacità linguistiche. Le competenze e le abilità che gli appren-denti sviluppano insieme al docente neimomenti laboratoriali, articolati su ognu-na delle tre “isole” in cui si suddividel’ambiente tematico, hanno come obietti-vo la realizzazione condivisa di prodotti(disegni, fotografie, immagini, video,drammatizzazioni, giochi di movimento,

testi su supporto cartaceo, realia) fruibili non solo da-gli stessi autori, i bambini che li hanno realizzati, madestinati anche a essere consultati online da bambinidi altre classi e/o scuole in una logica di scambio diesperienze che aumenta gli spazi sociali di comunica-zione all’interno della rete di gruppi. I prodotti realizzati nella loro concretezza sono solo ilrisultato finale: a essi è sottesa infatti una serie di pro-cessi e operazioni di tipo cognitivo e strumentale incontesti di comunicazione caratterizzati da input mul-tisensoriali differenziati, che ottimizzano l’apprendi-mento della lingua in linea con quanto formulato dal-le recenti teorie in ambito neuro-piscolinguistico(Cangià, in stampa). Il Laboratorio, insomma, comespazio trasversale di mediazione tra conoscenza edesperienza recupera tutte le potenzialità insite nel pro-cesso di apprendimento e le collega in un’ottica inter-disciplinare, offrendo la possibilità di:

– promuovere forme di interazione basate sull’a-prendimento cooperativo;

– proporre stimolanti compiti di apprendimentocollegati al mondo reale;

– coinvolgere tutti gli apprendenti attraverso l’usodi vari canali sensoriali;

– creare in modo condiviso prodotti relativi a con-tenuti di varie discipline;

– favorire pratiche di riflessione e monitoraggio suquanto si sta facendo.

Tale visione del processo di insegnamento/apprendi-mento va oltre gli approcci tradizionali e condivide i

Uno dei trattidistintivi

di Langopolisè la possibilità

di integrare vari media

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26ESPERIENZE/ATTIVITÀ

principi della “didattica per progetti”, caratterizzatadalla collaborazione tra gli apprendenti e tra gli ap-prendenti e l’insegnante, dall’esecuzione di compiticollegati al mondo reale, dalla realizzazione concretadi un prodotto finito (Quartapelle 1999 e, da ultimi,Cassandro, Maffei 2008).Come a pplicazione d imostrativa v iene p resentato, i nparticolare, un esempio di uscita dall’ “isola” 1 dell’am-biente tematico Casa verso il Laboratorio, partendo dal-l’analisi della Scheda-laboratorio contenuta nella Guidaper l’insegnante e riprodotta nella tabella 4, che, consi-derata la natura di prototipo sperimentale del progettoFLaChi, risulta perfettibile in vista della versione defi-nitiva. Nella Scheda-laboratorio sono indicati gli obiet-tivi generali del laboratorio, sia linguistici sia applicati-vi, i tipi di strumenti multimediali di FLaChi utilizzabi-li (CD ROM, collegamento al sito Internet), lo schemadi lavoro per l’insegnante e per gli allievi con le proce-dure organizzative e operative delle varie fasi del percor-

so, la formulazione essenziale delle istruzioni per i bam-bini, i prodotti f inali che i g ruppi dovranno realizzare.L’attività laboratoriale è intesa come spazio di lavoro incui le abilità cognitive, linguistiche e sperimentali si in-tegrano secondo una dimensione progettuale finalizzataalla realizzazione di un prodotto, che permette agli allie-vi di sentirsi attori del proprio processo di apprendimen-to e “autori” del prodotto finale da realizzare. Il labora-torio si propone quindi come obiettivi principali quellopiù propriamente linguistico di riuso creativo del lessi-co r elativo a ll’abbigliamento, a ffrontato n ell’ambientetematico Casa, e quello di tipo applicativo e funzionalealla configurazione del villaggio immaginario, finalizzatoalla creazione dei vestiti fatati degli avatar.La tappa introduttiva al percorso, preceduto da una fa-se preliminare svolta a casa in orario extrascolastico du-rante la quale i bambini hanno raccolto dei vestiti, è de-dicata al recupero delle preconoscenze degli allievi conun confronto collettivo sui tipi di vestiti, scelti dai bam-

Guida per l’insegnante

Ambiente tematicoCasa.

LaboratorioIl vestito fatato dell’avatar.

Obiettivi Usare creativamente il le ssico relativo ai v estiti/all’abbiglia-mento.Creare il vestito fatato dell’avatar.

Strumenti FLaChiCD ROM (Rimari, Sfondi, Sottofondi musicali).Collegamento al sito Internet.

Cosa fa l’insegnante1. Sollecita la motivazione del gruppo.2. Comunica le consegne per le diverse fasi dell’attività

e scrive sulla lavagna i seguenti punti:a. nome di fantasia del vestito (p. es. la maglietta può

diventare la smaglietta);b. poteri magici del vestito (p. es. trasforma in statue le

persone quando si pr onuncia una f ormula magic a)Modello di f ormula magica con rima: Maglietta bac-chetta polpetta!;

c. caratteristiche del vestito (colore, lungo, corto ecc.).3. Guida e sostiene il lavoro dei gruppi e dei singoli nelle di-

verse fasi.4. Fornisce elementi linguis tici addizionali richie sti dagli

alunni, anche ric orrendo alle s chede dell’UIL (Uf ficioInformazioni Linguistiche).Cura l’immissione nel glo ssario, da p arte degli appr en-denti di elementi lessicali nuovi emersi.

Cosa fanno gli alunni1. Ogni alunno porta da casa un capo d’abbigliamento vecchio.2. Lavorano tutti insieme e s crivono sulla la vagna la lis ta

dei vestiti e alcune loro caratteristiche fisiche.3. Lavorano a gruppi e, con l’aiuto dell’insegnante, decido-

no i nomi di fantasia dei vari capi d’abbigliamento, i loropoteri magici sulle persone, le relative formule magiche(cfr. CD ROM Rimari).

4. Scrivono la lista di formule magiche del gruppo.5. Si accordano per mimare gli effetti di ogni vestito fatato

sulle persone.6. Con nastri colorati, colori ecc. personalizzano i vari ve-

stiti e poi li indossano.7. Lavorano tutti insieme e s celgono uno sfondo di imma-

gini e un sottofondo musicale (cfr. CD ROM).8. Gli alunni di ogni gruppo , a t urno, s filano da vanti allo

sfondo con indosso il loro indumento fatato e pronuncia-no di tanto in tanto la formula magica.

9. I compagni del gruppo mimano gli ef fetti sulle per sonedell’indumento fatato.

10. Se possibile, videoregistrano lo spettacolo.

Possibili consegne per gli alunni1. Portate da c asa un v estito v ecchio che non usat e più

(una maglietta, un paio di pantaloni ecc.).2. Lavorate tutti insieme e scrivete alla lavagna la lista dei

vestiti che avete portato da casa con alcune loro carat-teristiche.

3. Lavorate a gruppi e , con l’aiuto dell’insegnante, decide-te i nomi di f antasia dei vari vestiti, i loro poteri magicisulle persone e le relative formule magiche.

4. Scrivete le formule magiche del gruppo.5. Accordatevi con i c ompagni del gruppo per mimar e gli

effetti dei vestiti fatati sulle persone.6. Personalizzate i v estiti fatati con nastri colorati, colori

ecc. e poi indossateli.7. Lavorate tutti insieme e s cegliete uno s fondo e un s ot-

tofondo musicale.8. Gruppo dopo gruppo, a turno, sfilate davanti allo sfondo

con indosso il vostro vestito fatato e pronunciate di tan-to in tanto la formula magica.

9. I compagni del gruppo mimano gli ef fetti sulle per sonedel vestito fatato.

10. Fate un video della sfilata.

ProdottiLista di formule magiche.Vestiti fatati degli avatar.Video della sfilata.

Tabella 4. Langopolis – Laboratorio, “Il vestito fatato dell’avatar”.

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bini, e su alcune loro caratteristiche fisiche. Si stabili-sce poi la divisione in gruppi di lavoro e si passa a un’at-tività di discussione all’interno di ogni gruppo sull’attri-buzione ai vestiti scelti di nomi di fantasia, di poteri ma-gici e di formule magiche – per la cui elaborazione gliallievi p ossono f are r iferimento a nche a l file “Rimari”contenuto nel CD ROM di FLaChi –; la discussione digruppo h a l o s copo d i r accogliere g li i mmaginari d eibambini e di suscitare interesse e curiosità verso le fasisuccessive del percorso. Terminata la fase preparatoria, gli allievi, lavorando sem-pre in gruppo, riorganizzano le informazioni ottenute perl’allestimento della sfilata di vestiti degli avatar e svolgo-no una serie di attività associate all’uso di canali sensoria-li diversi, che offrono l’opportunità di valorizzare il propriopotenziale creativo, mimando gli effetti dei vestiti fatatisulle persone e manipolando l’oggetto “vestito” con i co-lori e l’assemblaggio di altri materiali. È in questa fase chegli allievi si impegnano in attività strumentali e motoriecome colorare, tagliare, incollare e mimare gesti, consonia questa fascia di pubblico e altamente motivanti.I bambini poi s i confrontano insieme per selezionare,tramite l o st rumento “ Cinema”, software originale d iFLaChi contenuto nel CD ROM, una scenografia mul-timediale, ossia uno sfondo con immagini accompagna-te da audio - fruibile con videoproiettore o, in alternati-va, c on c omputer d otato d i u no s chermo s ufficiente-mente grande da poter essere visto da tutta la classe –;lo sfondo verrà attivato durante la presentazione dellasfilata che ogni gruppo ha preparato. In questo modo lacreazione di uno spazio tridimensionale produce un va-lore aggiunto, favorendo l’immersione totale nel “gioco”.Durante la presentazione della sfilata, può essere realiz-zato un v ideo con lo scopo s ia d i documentare l ’esitoconclusivo del laboratorio, e utilizzabile quindi anche infase di valutazione/autovalutazione, sia di offrirsi comeulteriore fonte di risorsa per eventuali scambi tra classi

e/o scuole nella rete, oltre agli altri materiali prodotti (li-sta di formule magiche, vestiti fatati degli avatar).Si ricorda, concludendo, che i contenuti e le indicazioniprocedurali della Scheda-laboratorio non hanno naturadirettiva e suggeriscono solo uno dei tanti possibili per-corsi tra quelli che l’insegnante, in virtù della sua funzio-ne di conduttore co-autoriale del percorso, può gestire eampliare, modificando e adattando le varie fasi di lavoro.Sulla base della traccia data è infatti possibile togliere, ag-giungere o stratificare, secondo un altro ordine sequen-ziale, punti di interesse adeguati alle esigenze del propriocontesto formativo.

5. C onclusioniLa varietà di compiti e di attività, con cui i bambini siconfrontano nei vari ambienti procedurali, tematici e ri-creativi, c he c ompongono Langopolis, trova l a p ropriagiustificazione nella continua interazione tra competen-ze e abilità di tipo cognitivo, linguistico e procedurale, enel ricorso a una pluralità di media e modalità didatti-che coerenti con l’età, le motivazioni, gli stili cognitivi ei bisogni linguistico-comunicativi dei destinatari delprogetto FLaChi. In questa prospettiva l’ambientazionegenerale del percorso formativo, basata sulla metaforadel villaggio, garantisce una forte spinta verso l’appren-dimento della L2, coincidendo inoltre con l’obiettivo fi-nale del gioco stesso, cioè la creazione di mondi fanta-stici. Reinterpretare i l percorso suggerito dalla planciadi Langopolis equivale a una forma creativa di apprendi-stato linguistico e pratico guidato dall’insegnante; attra-verso questo apprendistato gli allievi agiranno in situa-zioni di apprendimento in cui la lingua assume un fortevalore pragmatico, fungendo da tramite principale perprendere parte al gioco, e potranno usare le competen-ze e le abilità acquisite per espandere le attività didatti-che proposte e per definire la mappa finale del villaggiocon gli scenari a loro più congeniali.

Asher J. J., 2003. Learning Another Language ThroughActions. Los Gatos CA. Sky Oaks Production.

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Bibliografia

27 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

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28ESPERIENZE/ATTIVITÀ

1. Premessa teorica: cosa s’intende per project work

Cosa hanno in comune una guida alle strutturedi una città accessibili ai disabili, una serie diinterviste ai passeggeri di un aeroporto, l’orga-nizzazione di un mercato delle pulci a scopo dibeneficenza? Sono tutti esempi di progetti fina-lizzati all’insegnamento linguistico. Il project work consiste nell’insegnare la linguatramite interazioni in lingua con il mondo reale,svolte pertanto in gran parte all’esterno dellaclasse. Ogni progetto prevede la realizzazione fi-nale di un prodotto finito o comunque fornisceun riscontro pratico che permette di verificarel’efficacia della comunicazione (Ridarelli, 1998in Serra Borneto, 1998).

Queste frasi introducono, nel noto volume sull’evolu-zione del metodo nella glottodidattica, alcuni esempipratici di progetti “finalizzati all’insegnamento lingui-stico”. Il Project Work viene qui definito come un’inte-razione della vita scolastica con la vita reale che sisvolge al di fuori delle quattro mura di una scuola. Ri-prendendo la teoria del learning by doing di Kilpatrick(Kilpatrick, 1918), ovvero l’utilizzo dell’esperienza pra-

Cantanti, cuochi efotografi per un giorno: il Project Work nelladidattica dell’italiano a stranieriDI ALESSANDRA GIGLIO

FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

Durante l’anno accademico 2006-2007 ho avuto la possibilità di insegnare presso l’Universitàdi Genova nell’ambito dei corsi di lingua italiana per studenti cinesi del “Progetto MarcoPolo”1: un’esperienza sicuramente unica e molto stimolante data la tipologia di “pubblico”, per certi versi esigente e con una lingua e cultura di partenza totalmente differenti da quelleitaliane. Era pertanto essenziale trovare continuamente nuovi stimoli e metodologie percatturare l’attenzione del gruppo classe: così, ho imparato a portare in classe frutta, coltelli e cucchiaini per studiare, ad esempio, l’imperativo, riproducendo la ricetta della macedonia.Da questa esperienza scaturisce quindi la domanda che giustifica il presente intervento: è effettivamente utilizzabile nella didattica delle lingue straniere, e dell’italiano in particolare,il metodo conosciuto come Project Work? Come è possibile applicarla alle diverse tipologie di apprendenti? In questo breve studio cercherò di rispondere a tali quesiti con alcuni esempidi Project Work nell’ambito dei corsi di italiano L2.

1 Per informazioni sul progetto si vedahttp://www.crui.it/internazionalizzazione/HomePage.aspx?ref=1245Sul corso tenutosi presso l’Università di Genova è in fase di pubblicazio-ne sulla rivista “Tecnologie Didattiche” lo studio di Braghin C., CotroneoE., Giglio A., Le tecnologie per la didattica nella classe di lingua italiana perstranieri. Un ulteriore saggio sulla didattica a studenti sinofoni del “Pro-getto Marco Polo” è quello di Tiraboschi (Tiraboschi, 2008).

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29 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

tica per motivare maggiormente il discente e respon-sabilizzarlo, il metodo del Project Work fa sì che le co-noscenze statiche e teoriche sviluppate sui libri discuola siano messe a frutto in situazioni reali e prati-che: tali situazioni diventano pertanto la finalizzazionedello stesso studio della lingua. In questo modo, la lingua si fa apparentemente mez-zo, e non più fine, del singolo atto formativo, nono-stante essa sia il reale scopo del processo d’apprendi-mento messo in atto dallo studente. Come già soste-neva Krashen con la sua “rule of forgetting”, “regola deldimenticare”, l’apprendente impara in maniera più ef-ficace e proficua nel momento in cui si dimentica diimparare, concentrandosi quindi non sulla forma del-la produzione linguistica, quanto sul contenuto. Inquesto modo, il filtro affettivo del discente è totalmen-te abbassato e l’acquisizione linguistica può avvenirenel migliore dei modi (Krashen, Terrel, 1983).Lo studente è pertanto coinvolto e concentrato per ilraggiungimento dell’obiettivo contingente, ovveroquello del Project Work, e usa in modo inconscio emaggiormente produttivo la lingua oggetto di studio:così facendo, si mette in pratica quanto sostenuto dal-la dottrina dell’edutainment. L’ edutainment (educatio-nal + entertainment) è l’idea secondo la quale per ap-prendere in modo efficace sia necessario divertirsi(Maragliano, 2004). V i sono pareri discordanti sullareale adeguatezza di questo tipo di metodo: Stoll(2004), tra i più scettici, sostiene che l’apprendimen-

to sia un processo che costa fatica (e quanto più si fa-tica, tanto più si apprende in modo valido) e che nonpuò essere sminuito da una semplice attività ludica2.In questo modo, gli studenti vengono incoraggiati aduscire fuori dai confini della classe e a muoversi nel-l’ambiente esterno, colmando il divario tra studio e

uso della lingua e consolidando quindi le abilità comu-nicative acquisite in classe (Ridarelli, 1998).Pertanto, lo studente sarà maggiormente concentratosull’efficacia dei contenuti comunicati piuttosto chesulla forma utilizzata. Inoltre, egli sarà maggiormenteattento ai propri bisogni e interessi: questi, infatti,vengono sviluppati in modo più efficace in lavori di ta-le tipologia, generalmente realizzati in gruppo e chequindi permettono agli studenti di suddividersi i com-piti in modo più consono e rispondente alle propriesingole personalità. Del resto, il Project Work presenta “una forte caratteriz-zazione ipertestuale” (Quercioli, 2004), che permetteallo studente di approfondire l’argomento interdiscipli-nariamente, stimolando contemporaneamente le diffe-renti abilità e peculiarità personali del gruppo classe.Il discente, infatti, potrà esprimere le proprie poten-zialità in modo ottimale se tali progetti verranno realiz-zati in collaborazione con altri apprendenti:

Molti recenti metodi di insegnamento (…) sot-tolineano l’importanza della cooperazione fra glistudenti come fattore motivante ed è evidenteche nello svolgimento di un progetto gli studen-ti non possono fare affidamento solo sulle lorocapacità ma sono costretti ad agire in gruppo(Ridarelli, 1998, in Serra Borneto, 1998).

La tipologia di attività proposta permetterà così, ai sin-goli discenti, di responsabilizzarsi maggiormente e di

attuare scelte autonome e indipen-denti dal docente, che dal cantosuo dovrà trasmettere ad essi partedella responsabilità dell’atto forma-tivo, decentralizzando il proprioruolo.In questa tipologia di progetti –che possono durare poche ore dilezione o, nei casi migliori, coprireun intero anno scolastico o accade-mico, ottenendo risultati più chepositivi (Quercioli, 2002) –, il do-cente riveste il ruolo di organizza-tore dell’atto formativo: è necessa-rio che egli sia realmente decentra-to rispetto alla figura, protagonista,del discente. È l’apprendente chesi trova al centro del proprio pro-cesso formativo, adeguando ritmi etempistiche alla propria personalità

e individualità, per mettere in pratica quella glottodi-dattica che “coinvolge l’intera persona dell’apprenden-

2 Tali concetti sono tratti dalla tesi di laurea di Giglio (Giglio, 2008).

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30ESPERIENZE/ATTIVITÀ

te facendo quindi appello anche alla sua sfera fisica edemotiva” (Quercioli, 2002). Il docente monitora, guida, anima, organizza ogni fasedel progetto, fungendo anche da referente nella linguaoggetto di studio: ne modererà quindi l’utilizzo e lafruizione tentando, se necessario, di “correggere il ti-ro”. Inoltre, lavorando per la maggior parte in gruppi,il docente dovrà anche essere pronto agestire eventuali conflitti e dissapori chepotranno sorgere tra i collaboratori.I punti chiave che pertanto delimitano egovernano un Project Work possono esse-re riassunti come segue:

– l’apprendimento si svolge secondoun’ottica di learning by doing;

– l’apprendente si trova in un am-biente di edutainment in cui dimen-tica di imparare e abbassa il propriofiltro affettivo;

– l’apprendente collaborerà con i suoi pari per rag-giungere una condivisione dei saperi in modo in-dipendente ed autonomo dal docente;

– l’apprendente si troverà realmente al centro delproprio processo formativo, diventandone attivoresponsabile. Tuttavia, potrà costantemente con-tare sulla figura del docente;

– il docente, decentrato dal suo ruolo di protagoni-sta dell’apprendimento, monitora e guida il pro-cesso formativo dell’apprendente, mitigando i cli-mi di classe e mediando tra l’atto educativo e isuoi partecipanti.

Da ricordare inoltre che gli studi teorici consigliano dicoinvolgere lo studente nella scelta del prodotto fina-le del progetto, in modo da stimolarne la partecipazio-ne e la cooperazione. Lo studente verrà coinvolto an-che nella scoperta, autonoma e induttiva, dei nuoviconcetti da affrontare, così da renderlo realmente par-te attiva e centrale del processo di apprendimento.

2. Applicazioni pratiche: scatti per le strade di GenovaNell’ambito dei corsi di lingua italiana per studenti si-nofoni del “Progetto Marco P olo”, è stato essenzialeinventare metodologie e stratagemmi sempre nuoviper appassionare i ragazzi alla lingua e cultura di stu-dio, ovviando al pericolo di abbandono del corso e didemotivazione, dovuti alle difficoltà strutturali e co-municative incontrate durante il nostro percorso.Questa è stata la prima volta che ho utilizzato attiva-mente la fotografia nella didattica dell’italiano L2.

Era effettivamente già capitato, in altre esperienze di-dattiche, di mostrare mie fotografie scattate in Italia edi utilizzarle didatticamente; tuttavia, per la tipologiadi studenti di quel corso, si richiedeva maggiore inte-razione e coinvolgimento dello studente in prima per-sona. Pertanto, ho scelto di portare gli studenti in giroper la città, in modo che loro stessi in prima persona

ne fotografassero degli scorci. Ho poiavuto la possibilità di ripetere l’esperien-za con altri corsi e studenti.Al termine della perlustrazione dellacittà, le fotografie scattate sono state vo-tate dagli studenti in modo da eleggere lemigliori che ritraevano diversi aspetti del-la città: tutto questo è stato di grande uti-lità per applicare e studiare le forme delcomparativo e del superlativo italiano.I casi che seguono sono gli unici, presen-tati in questo intervento, ad essere statirealizzati fuori dalla classe.

2.1. Il caso degli apprendenti cinesiL’attività di Project Work proposta agli apprendenti ci-nesi del “Progetto Marco P olo” si basava sulla neces-sità di far interagire gli studenti con nativi italiani in si-tuazioni più spontanee possibili. Gli studenti, unaventina di apprendenti a livello A2/B1 del Quadro Co-mune Europeo di Riferimento per le lingue3, seppur alivello pre-intermedio della lingua, presentavano gran-di difficoltà nell’espressione orale spontanea della lin-gua; necessitavano inoltre di continui stimoli semprenuovi per mantenere alto l’interesse e la motivazionedell’apprendimento della lingua italiana. Lo scopo del-l’uscita fotografica, quindi, era quello di consolidare eutilizzare attivamente le forme del comparativo e delsuperlativo nella lingua italiana, e contemporanea-mente quello di proporre una nuova attività che stimo-lasse la produzione spontanea degli apprendenti. Per-tanto, dopo aver affrontato in alcuni incontri le formegrammaticali in oggetto, è stato necessario prepararegli studenti al “contatto” con i passanti italiani, a cuidovevano chiedere informazioni per raggiungere deter-minati posti di Genova: i sinofoni del corso, seppurabitassero in città da qualche mese, spesso non cono-scevano intere parti del centro città, né sapevano co-me raggiungere posti già visitati. Era pertanto necessa-rio, per loro, chiedere indicazioni ai passanti per por-tare a termine il compito assegnato.La classe è stata divisa in cinque gruppi da 2/3 studen-ti ciascuno; ogni gruppo aveva il compito di fotografa-re la città da un punto di vista diverso. C’era, infatti, il

3 D’ora in avanti, QCER. Il testo del documento è visionabile in in-glese all’indirizzo: http://www.coe.int

Ho scelto di portare

gli studenti in giro per la città,in modo che lorostessi in prima

persona ne fotografassero

degli scorci

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31 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

gruppo che doveva fotografare l’angolodi Genova che fosse “il più alto”; c’era-no poi gli studenti che dovevano cattu-rare lo scorcio che fosse “il più roman-tico”; chi, ancora, aveva il compito ditrovare il panorama che fosse “il piùstretto”, ecc…Ogni studente, a seconda del propriogruppo di appartenenza, doveva quindiscattare una serie di fotografie possibi-li che rappresentassero il tema asse-gnato, in modo da portare il risultatol’indomani in classe per la votazione fi-nale. Il giorno successivo, infatti, dopoaver mostrato le fotografie in classetramite l’ausilio di un videoproiettore,gli studenti hanno dovuto sceglierequale fosse effettivamente la fotografiache rappresentava la Genova più ro-mantica, quale la Genova più stretta, quale la Genovapiù alta, ecc…Questo modo di procedere, se privilegia un approcciopoco autonomo da parte dei discenti, che non hannopotuto scegliere il prodotto finale né tanto meno de-durre la regola grammaticale proposta “sul campo”, da-to che già l’avevano conosciuta sui libri, è stato tutta-via necessario per la tipologia di studenti del corso: es-si, infatti, non sarebbero stati in grado di portare a ter-mine il compito senza aver ricevuto precise regole sta-bilite a priori dall’insegnante; inoltre, se fosse statoprevisto un iniziale brainstorming sulla tipologia di pro-dotto da ottenere, gli studenti avrebbero sicuramenteutilizzato la lingua cinese per comunicare tra loro, es-sendo un gruppo di studenti monolingue. In questomodo, però, sarebbe venuto meno il fine ultimo delProject Work, ovvero quello di esercitare la lingua ita-liana in contesti comunicativi reali e non artefatti inclasse. L’esperimento fotografico proposto agli apprendenticinesi ha sicuramente avuto un positivo impatto sullaclasse di apprendenti: se, da un lato, non è possibilesapere se gli apprendenti abbiano realmente consoli-dato la propria conoscenza del comparativo e del su-perlativo, dato che non era presente un gruppo di con-trollo dello stesso livello che apprendesse la stessa re-gola grammaticale nello stesso momento, è indubbial’efficacia dell’attività da un punto di vista motivazio-nale. Gli apprendenti, infatti, dopo aver mostrato en-tusiasmo per le strade di Genova, scattando numerosefotografie e interagendo con i passanti per la richiestadi indicazioni e aiuto per portare a termine il compito,hanno espresso il desiderio di esporre i propri lavorifotografici pubblicamente. Da tale Project Work, quin-di, è nata una mostra fotografica, “Marco Polo” a Geno-va, tenutasi nella primavera del 2008 4.

2.2. Il caso dell’apprendente tedescaIl Project Work sperimentato con gli apprendenti cine-si ha avuto un tale successo per quanto riguarda lamotivazione e lo stimolo all’apprendimento, con con-seguenti ripercussioni positive sulla didattica in clas-se, che ho avuto la possibilità di ripeterne alcuni degli“ingredienti” in un altro corso, questa volta individua-le, con un’apprendente adulta di origine tedesca e dilivello intermedio. In questo caso, non era la motiva-zione a dover essere “sostenuta”, dato che la studen-tessa aveva spontaneamente deciso di seguire un cor-so intensivo di due settimane per imparare quanto piùpossibile della lingua italiana. Anche qui, però, era im-portante stimolare la produzione spontanea della lin-gua dato che la studentessa, sebbene con conoscenzeculturali e della città solide, raramente utilizzava lalingua per esprimersi in contesti comunicativi reali:era, così, necessario stimolare la sua creatività lingui-stica in situazioni spontanee.Inoltre, la studentessa era un’appassionata fotografa,quindi non è stato difficile scegliere la tipologia dimezzo per spronare la sua spontaneità nella produzio-ne orale. Dopo la visione di alcuni filmati di Genova,abbiamo visitato la mostra di scatti del “Progetto Mar-co P olo”; successivamente l’apprendente ha dovutomettere in pratica il compito assegnatole: scegliereuno dei luoghi rappresentati negli scatti della mostra e

4 La mostra “Marco P olo” a Genova, in programma per il periodo19 aprile - 15 maggio 2008 al Berio Cafè di Genova, è stata realizza-ta con la partecipazione della fotografa Elisa Catalano.

Figura 1: “Marco Polo” a Genova, la mostra fotografica degliscatti degli apprendenti del Progetto Marco Polo.

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32ESPERIENZE/ATTIVITÀ

raggiungerlo. Dopo averle dato alcuni indizi e indica-zioni iniziali su una mappa geografica, siamo usciteper strada: per raggiungere il luogo deputato; la stu-dentessa non disponeva più di una cartina della città,ma solamente della parola. Ha quindi iniziato a ferma-re i passanti per chiedere come raggiungere il luogoprescelto, non senza una certa riluttanza iniziale.In questo caso, l’esperimento è nuovamente riuscito, inquanto il luogo è stato raggiunto dopo una serie di ri-chieste di indicazioni ai passanti; tuttavia, non vi è sta-to un apprendimento induttivo vero e proprio di unqualche concetto linguistico: più che un Project Work,l’attività proposta è stata una sorta di “caccia la tesoro”di un determinato luogo, sebbene l’obiettivo didatticoprefissato, ovvero la maggior spon-taneità nella produzione orale, siastato raggiunto.

2.3. Il caso degli apprendenti adolescenti

Durante l’anno scolastico corren-te mi è stata affidata una classe diapprendenti adolescenti di unascuola internazionale di Genova.Si tratta di una classe compostada 5 studenti di provenienza va-ria, prevalentemente anglofoni ecomunque bilingui o trilingui.Sebbene il gruppo sia numerica-mente ridotto, sono presenti nellaclasse almeno tre livelli linguisticidifferenti; in oltre, i l p roblemamaggiore della classe è a livellodisciplinare: è necessario trovaresituazioni di insegnamento sem-pre nuove e il più ludiche possibi-le per mantenere viva l’attenzio-ne. In questo contesto, ho pensa-to che avrei potuto riproporre l’e-sperimento del Project Work che già aveva funzionatocon gli apprendenti cinesi per avvicinarsi al superlati-vo in italiano.Questa volta, gli studenti non sapevano in anticipol’argomento grammaticale che dovevano studiare: loscopo dell’uscita era quindi quello di capire a cosa sa-rebbe servito fotografare alcuni angoli di Genova se-condo i differenti temi assegnati. Abbiamo quindi pre-disposto in classe un percorso nel centro di Genova inmodo da aver la possibilità di portare a termine gliobiettivi di ciascuno, assegnati con un sorteggio; in se-guito alla visita, abbiamo valutato tutti gli scatti deglistudenti, nuovamente decidendo quale fosse il miglio-re per ogni categoria individuata. Al temine della vota-zione, gli studenti hanno dovuto capire quale fosse l’e-lemento grammaticale che avevano appena imparato

ad utilizzare, ed effettivamente tutta la classe ha indi-viduato la nuova forma del superlativo relativo nellacomparazione degli scatti effettuati.

3. Applicazioni pratiche: “Dipingerò un ritratto”Nell’ultimo anno scolastico ho avuto la possibilità diinsegnare, come già precisato, presso un liceo interna-zionale ad apprendenti di differente origine geografi-co-linguistica ed età. Al termine dell’anno scolastico incorso, molti degli studenti del livello più avanzato do-vranno sostenere un esame finale che sancisce il ter-mine del percorso di studi e che attesta il livello dipreparazione dello studente nelle differenti materie incui si è specializzato. Compito degli insegnanti è prin-

Figura 2: Le fotografie del gruppo di adolescenti della scuo-la internazionale

cipalmente quello di preparare adeguatamente gli stu-denti ad affrontare tale prova, simulando le differentitipologie di esercizi del test finale e contemporanea-mente ripassando tutti gli argomenti previsti dal silla-bo internazionale. Nel caso dell’italiano per stranieri, essendo il test adun livello avanzato della lingua, si presuppone che gliapprendenti raggiungano un livello pari al C1/C2 delQCER; pertanto, uno dei compiti del docente di lin-gua è di ripassare e soffermarsi sugli argomenti gram-matico-comunicativi più ostili allo specifico gruppoclasse per dipanare eventuali dubbi che potrebbero

Il superlativo in italiano: scatti di GenovaCi siamo chiesti quale angolo di Genova fosse:

Il più vecchio - Oscar

Il più alto - Ben

Il più freddo - Raniero

Il più stretto - Jonny

Il più religioso - Aaron

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33 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

mettere in difficoltà gli studenti al momento della pro-va finale.Per ripassare alcuni degli elementi grammaticali di ba-se della lingua italiana, ho scelto di utilizzare canzonie video per mantenere alto il livello di attenzione del-la classe, che già aveva affrontato tali nozioni in passa-to; in particolare, ripassando il futuro, ho deciso dipresentare loro un video musicale e il relativo testo,per stimolare un’analisi a gruppetti del prodotto multi-mediale e per indurre una riflessione collettiva sullaregola grammaticale che sta alla basedell’uso di questo tempo verbale. Ho proposto quindi il video della canzo-ne “Ti scatterò una foto” di T iziano Fer-ro, che presenta un testo ricco di formeverbali al futuro e soprattutto che bensintetizza il modo in cui il tempo verbaleviene utilizzato nella lingua parlata. Do-po aver visionato il video e aver analizza-to il testo della canzone, i differenti grup-pi di studenti avevano il compito di ri-scrivere il testo musicale, utilizzando la medesima ba-se musicale ma cambiandone a piacimento il contenu-to: l’unica costrizione contenutistica era data dal tito-lo dei nuovi brani, che sarebbe necessariamente stato“Dipingerò un ritratto”. Dopo aver riscritto il testo della canzone, i diversigruppi hanno deciso autonomamente di girare anche ilvideo dei nuovi componimenti: al termine del ProjectWork, che ha richiesto diverse ore di lezione e di im-pegno pomeridiano degli apprendenti, abbiamo visio-nato collegialmente i video e abbiamo eletto il vincito-re: i criteri di valutazione comprendevano sia la corret-tezza del testo e l’aderenza alla traccia, sia la qualitàdel prodotto finale consegnato5.La tipologia di Project Work qui descritto sembra se-guire, a grandi linee, le direttive teoriche che ne defi-niscono l’uso didattico: la regola grammaticale che es-so sintetizza è stata presentata in modo induttivo, conun attivo coinvolgimento degli studenti nella sua de-terminazione; l’obiettivo e il prodotto finali sono statiscelti direttamente dagli studenti; gli apprendenti han-no infine dichiarato di essersi divertiti in questa tipo-logia di azione didattica, e il loro impegno finale è sta-to in proporzione maggiore rispetto ad altri progetti ba-sati su approcci formativi più tradizionali. T uttavia,l’attività è stata svolta prevalentemente in classe, ec-cetto la realizzazione dei video, autonomamente giratiper la città dagli studenti.

4. Applicazioni pratiche: prepariamo la macedonia!La tradizione culinaria italiana viene spesso utilizzataper trasmettere alcuni degli aspetti comunicativi dellalingua di studio: basti pensare a quanti manuali di lin-gua e cultura italiana includono tale aspetto nel pro-

prio sillabo. Del resto, il cibo e la cucina italiana sonospesso di grande interesse per gli apprendenti che siavvicinano alla nostra cultura: ho quindi pensato disfruttare il potenziale motivazionale di tale tematicaper introdurre alcune costruzioni grammaticali dellalingua oggetto.Dopo aver presentato delle specialità della cucina ita-liana con un video di un cartone animato 6, e dopo unbrainstorming su alcune fotografie7 di frutta e verduracon relativi esercizi, ho proposto di riprodurre una ri-

cetta italiana al gruppo classe, compostoda studenti universitari di differente pro-venienza e di diversa età. Per questo pro-getto, ho scelto di chiedere loro di ripro-durre una macedonia di frutta: la sceltadella ricetta è stata dettata soprattuttodalla praticità della preparazione; inoltre,è stato possibile occupare ogni studentenella preparazione attiva del piatto, chepoi è stato diviso tra i partecipanti e as-saggiato.

Gli apprendenti avevano inizialmente il compito dicercare online la fotografia di una macedonia e suc-cessivamente la ricetta. Dopo aver deciso collegial-mente quale delle numerose ricette seguire, gli stu-denti dovevano elencare e scrivere alla lavagna qualiingredienti fossero necessari. Per fare questo, ho dap-prima introdotto alcuni elementi e strumenti di cuci-na di base utilizzando la costruzione del “ci” presenta-tivo. Una volta recuperati tutti gli ingredienti necessari allaricetta, ho preso in mano un frutto ed un coltello e, ge-sticolando, ho fatto capire che da quel momento glistudenti avrebbero dovuto guidarmi nel tagliare il frut-to, dandomi delle direttive. Dopo aver terminato il pri-mo frutto, ho fatto capire al gruppo di studenti cheavrebbero dovuto continuare loro in prima persona nel-la preparazione della macedonia: gli studenti, divisi acoppie, hanno tagliato la frutta rimanente a secondadelle indicazioni che uno dei due componenti dellacoppia dava all’altro. In questo modo, gli apprendentihanno imparato ad utilizzare la forma dell’imperativo,che man mano veniva trascritta alla lavagna.Anche in questo caso, il Project Work qui presentato haseguito le linee teoriche che lo definiscono, facendo in

5 Alcuni dei video girati dagli studenti sono visionabili all’indirizzo:http://it.youtube.com/user/alegigliodeledda

6 Le ricette di Arturo e Kiwi è una serie di cartoni animati di 4 mi-nuti l’uno che presenta alcune delle ricette più famose italiane. La se-rie di cartoni animati è in onda sulle reti RAI dal 2006. P er maggioriinformazioni e per visionare alcuni degli episodi della serie, si riman-da all’indirizzo: http://www.arturoekiwi.rai.it/

7 Alcune delle fotografie sono state tratte dal lavoro di Carl Warner,reperibile all’indirizzo: http://www.carlwarner.com/

Ho scelto di utilizzare

canzoni e video per mantenere alto il livello di attenzione della classe

Page 36: Italiano L2 in Classe 2009 01

34ESPERIENZE/ATTIVITÀ

modo che gli apprendenti scoprissero in-duttivamente le strutture comunicativeobiettivo del progetto e innalzando la mo-tivazione della classe dato l’interesse deglistudenti per le tradizioni culinarie italia-ne. La macedonia era un piatto non cono-sciuto da tutti: le studentesse cinesi, adesempio, non avevano mai sentito parlaredi un’“insalata di frutta”, ed erano ancherestie ad assaggiare il risultato del loroprogetto. In questo caso, tuttavia, la ricet-ta e la sua realizzazione, ovvero il prodot-to finale del progetto, è stato deciso arbi-trariamente dall’insegnante del corso, inquanto altre alternative sarebbero state didifficile realizzazione8.

5. Conclusioni: tra il dire e il fare… c’è davvero di mezzo il mare?

Zambrini, nella sua tesi di Master ITALS presso l’Uni-versità Ca’ Foscari di Venezia, analizza accuratamentele diverse definizioni storiche che vengono date alladidattica per progetti; al termine della sua analisi,Zambrini sintetizza e definisce il Project Work in que-sto modo:

Ecco quindi che definiremo il Project Work co-me una metodologia centrata sull’apprendente,di lungo respiro - ove i docenti abbiano un ruo-lo di consigliere coordinatore - che promuoval’indagine, principalmente collaborativa, di unproblema o di un argomento negoziati da tutti ipartecipanti e strettamente legati al contesto, inmodo interdisciplinare e che porti quindi gli ap-prendenti, tramite un percorso che vada oltre lemura della classe, alla creazione di un prodottoche dimostri l’approfondimento delle questioniprese in esame (Zambrini, 2005).

Del resto, già Quercioli aveva definito in modo simila-re il Project Work nell’ambito della differenziazione tratale metodo didattico e la didattica modulare:

Un progetto nasce nel momento in cui si nota chel’interesse della classe si coagula intorno a un temache può essere costituito anche da un frammentodi un’unità didattica, da un’attività di decondizio-namento, da un elemento reale che gli studentichiedono di analizzare. (…) Un progetto è spessocontent-based e in molti casi è il coronamento di uninsegnamento della lingua basato sui contenuti di-sciplinari (…) Un progetto può quindi iniziare inqualunque momento del sillabo, perché non è det-to che il docente sia così fortunato da presentaresubito un materiale che catturi tanto l’attenzionedei suoi allievi da far loro desiderare di approfon-dirlo. (Quercioli, 2004).

Quercioli, poi, definisce alcune delle fa-si costitutive di un Project Work: dall’au-todeterminazione del punto di partenzadel progetto, infatti, si passa alla fase incui si raccolgono ed elaborano le infor-mazioni, alternando momenti di lavoroindividuale e cooperativo, dentro e fuoridalla classe; successivamente, si dovrànegoziare il mutuo significato ottenutocollaborativamente nell’ambito del pro-getto, che sarà interdisciplinare e chesarà volto alla costruzione di un prodottofinale ben definito (Quercioli, 2004).Zambrini i ndividua inoltre alcuni deipunti di forza della didattica tramite

Project Work, come già accennato in precedenza: lostudente, infatti, viene stimolato a partecipare in unlavoro di gruppo, dove avrà il compito di collaborareattivamente per condividere saperi e esprimere la pro-pria personalità e intelligenza soggettiva; potrà inoltreprogettare autonomamente e indipendentemente dal-l’insegnante le fasi per la costruzione del proprio pro-dotto finale, trovando stimoli motivazionali sia nellacollaborazione di gruppo, sia nell’autenticità del con-testo formativo. È anche vero, tuttavia, che vi sono alcuni limiti dellateoria didattica del Project Work, come già sostenutoda Cerovsky e Gallacher (Cerovsky, 2000 e Gallacher,2004); ho potuto riscontrare tali limiti direttamente“sul campo”, in alcuni dei progetti svolti in un arco ditempo maggiore o a più riprese: la spinta motivaziona-le iniziale sembra destinata a scemare non appena lostudente avverte sovraccarico didattico e troppa re-sponsabilità; inoltre, non è sempre facile riuscire a la-vorare in gruppo e dividersi equamente il lavoro.Nelle esperienze di Project Work che ho presentato,ho riscontrato molti dei punti di forza qui elencati –uno fra tutti, l’implementazione della motivazione de-gli apprendenti – e alcuni dei limiti individuati, come,ad esempio, la difficoltà di lavoro in gruppo: se è diffi-cile dimostrare l’efficacia didattica di tale metodo sudati oggettivi, dato che è mancato un gruppo di con-trollo che validasse o smentisse il metodo didattico, èindubbia l’efficacia motivazionale del metodo, che hopotuto testare su diversi apprendenti con personalitàdifferenti, provenienze geografiche diverse, età dispa-rate. Inoltre, sebbene la necessità di attuare i progettianche al di fuori della classe sia indicata come prere-quisito fondamentale nella stessa definizione diProject Work, nelle esperienze qui presentate non si è

La didattica per progetti aiuta

a scardinare alcune delle prassi e routine formative

che portano alla monotonia

e al calomotivazionale

degli apprendenti

8 In esperienze passate, ho avuto la possibilità di far preparare a le-zione il pesto genovese. In quel caso, però, era possibile usufruire diuna cucina e preparare quindi la pasta fresca per assaggiare il condi-mento risultante.

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35 ESPERIENZE/ATTIVITÀ

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verificata un’influenza decisiva riguardo all’efficaciadei differenti progetti.Dal confronto delle diverse sperimentazioni ho potutonotare che, generalmente, la didattica a progetti è neces-saria per l’insegnamento ad adolescenti, dato che li coin-volge completamente e li rende quindi davvero ricettiviverso le regole linguistiche da apprendere; tuttavia, èproprio con gli adolescenti che ho registrato un maggiornumero di limitazioni dovute alla diminuzione della mo-tivazione e alla problematicità del lavoro in gruppo.Con giovani universitari e adulti, invece, i risultati so-no stati sorprendenti: se è stato infatti necessario spie-gare inizialmente l’obiettivo preciso di ogni progettoper suffragare quel patto glottodidattico che, in un ap-proccio andragogico, risulta essenziale per la buonariuscita dell’atto formativo (Balboni, 2002), una volta

coinvolti nel progetto gli studenti si sono messi total-mente in gioco, abbandonandosi alla ludicità del mo-mento e imparando in maniera proficua ed efficace leregole che man mano scoprivano.In conclusione, sebbene in alcuni progetti non ci sia-no state la possibilità o l’occasione di seguire ogni di-rettiva teorica che definisce il Project Work, nel com-plesso si può affermare di trovare la didattica per pro-getti di grande utilità in alcuni contesti educativi, inquanto aiuta a scardinare alcune delle prassi e routineformative che portano alla monotonia e al calo motiva-zionale degli apprendenti; inoltre, essa mette realmen-te al centro del processo formativo il discente, che èconcreto protagonista del Project Work in cui opera,più o meno consciamente, ed in cui si ritrova ad ap-prendere secondo la “regola del dimenticare”.

Page 38: Italiano L2 in Classe 2009 01

Uno sguardo sugli altri: la Catalogna (Spagna)DI CAMILLA SALVI

ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, FIRENZE

DOCUMENTAZIONE36

Dedichiamo questo spazio sullemodalità di integrazione scolastica deglialunni stranieri alla regione autonomadella Catalogna. Secondo l’ordinamentospagnolo infatti le politiche scolastichesono di pertinenza regionale salvoseguire gli orientamenti generali stabilitia livello centrale.La Catalogna è una regione che haconosciuto negli ultimi anni una forteaffluenza di immigrati soprattutto dalMaghreb e dall’Est europeo(rappresentano più del 12% dellapopolazione scolastica). La prima istintiva osservazioneconfrontandosi con la documentazioneesistente e paragonandola a quella dicui ci siamo serviti per la Francia,riguarda l’approccio più politico-culturale che queste fonti dimostrano. A differenza dei documenti francesi, piùtecnici e interessati agli aspetti pratico-operativi dell’inserimento, le fonticatalane sono piuttosto orientate adelineare in primo luogo la filosofia difondo di una politica scolasticadell’integrazione. Non si deve inoltredimenticare che per la regione diBarcellona la questione linguistica è inprimo piano a prescindere dal contestomigratorio: il catalano infatti è dal1978 lingua ufficiale nelle scuole afianco del castigliano e il processo di“catalanizzazione” del sistema educativo

è stato attuato ricorrendo allametodologia dell’immersione linguistica,ispirandosi alle esperienze del Quebec e al principio che “le lingue non siapprendono prima e si utilizzano poi,ma si apprendono quando si usano”. Il plurilinguismo è dunque già unarealtà consolidata in molte delle scuoledella regione che da tempo si sonoattivate per concretizzarlo nella praticadidattica.

IL PIANO PER LA LINGUA E LA COESIONE SOCIALE1

Il documento del Dipartimentoistruzione della Comunità autonomadi Catalogna2 propone una serie diiniziative per fronteggiare la potenzialeesclusione e divisione socialederivante dai mutamenti sociali legatiai fenomeni migratori in continuaespansione. La scuola è uno dei primi punti dicontatto con la società catalana sia pergli alunni che per le loro famiglie e lalingua catalana rappresenta l’asseportante di un progetto educativomultilingue e di un modello educativointerculturale che abbia comeobiettivo la coesione sociale. Le scuoledevono perciò includere l’inserimentoe l’integrazione degli alunni stranieritra i propri compiti fondamentali eattuare strategie pedagogiche che

affrontino i bisogni specifici deglialunni a rischio di emarginazionesociale. Questa sfida può diventareper le scuole stesse un’opportunità dimiglioramento dell’intero sistema inun’ottica di rispetto della diversità e digaranzia di eguaglianza per tutti. Un aspetto interessante dell’approcciocatalano alla questione alunniimmigrati è la dichiarataconsapevolezza che non sia sufficienteconcentrarsi sugli interventi di tipolinguistico ma occorra tenere inconsiderazione altre areedell’accoglienza: le emozioni, lacoesistenza, le relazioni e la coesionesociale, fattori che incidonodirettamente sugli alunni. I programmidi immersione linguistica attuati inconseguenza all’adozione del catalanocome lingua ufficiale dell’istruzione (inuna regione in cui non tutti sono dimadrelingua catalana, ma in parteanche castigliana – “lo spagnolo” cheviene anche insegnato nelle nostrescuole come lingua straniera) sonostati quindi rimodellati secondo treobiettivi di fondo: sensibilizzare lefamiglie che spesso sono ignare dellarealtà bilingue della regione,riconoscere il legame esistente tral’apprendimento della lingua e i vincoliaffettivi basati sulla valorizzazionedelle lingue di origine, coinvolgeretutto il corpo docente e non delegareai soli professori di lingua laresponsabilità dell’insegnamentolinguistico. Conviene dunque avviarein tempo processi di riflessione einformazione tra tutti gli insegnanti in

IL SISTEMA SCOLASTICO SPAGNOLO

scuola materna: da 3 a 6 anni di età(Escuelas de Educación Infantil)

scuola elementare: da 6 a 12 anni (Educación Primaria)3 cicli di 2 anni ciascuno

scuola media: da 12 a 16 anni(Educación Secondaria Obbligatoria)2 cicli di 2 anni ciascuno

liceo: da 16 a 18 anni (Bachillerato)formazione professionale intermedia: da 16 a 18 anni

1 Pla per a la llengua i la cohesió social. Edu-cació i convivència intercultural Generalitatde Catalunya, Departament d’Educació,2004

2 Il Pla è entrato in vigore nel 2004 per ri-spondere alle carenze mostrate dalla prece-dente esperienza dei Laboratori di adatta-mento scolastico ( Tallers d’Adaptació EscolarTAE), centri esterni alle scuole in cui veniva-no raggruppati gli alunni stranieri appena ar-rivati e in cui non si avviava di conseguenzaalcuna dinamica interculturale.

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37DOCUMENTAZIONE

modo che si possa mettere a frutto ciòche il contesto comunicativo e diapprendimento delle aree nonlinguistiche offre contribuendo amigliorare sia l’uso della linguacatalana che lo sviluppo delle abilitàcognitivo-linguistiche proprie di ognidisciplina. Infine si è moltorealisticamente preso atto del fattoche, come molti studi dimostrano, lacompetenza linguistica può essereraggiunta solo verso la finedell’istruzione obbligatoria. Tra leraccomandazioni incluse in questoPiano per la lingua c’è quella di nonconcentrarsi esclusivamente sul primoanno di inserimento nella scuola ma diattivare azioni che coprano un periodopiù lungo, soprattutto per queglialunni che arrivano verso la fine dellascolarizzazione obbligatoria per i qualisupporti e risorse devono essereprevisti per almeno i due primi anniestensibili al terzo a seconda deibisogni (età, scolarizzazioneprecedente, contesto familiare etc.).Per l’attuazione del Piano ilDipartimento per l’educazione haistituito un apposito “Ufficio generaledella lingua e della coesione sociale”con il compito di coordinare le azionidi supporto scolastico locale in terminidi progettazione e monitoraggio degliinterventi nelle scuole, creazione,selezione e diffusione di risorsedidattiche e materiali nonché di lineeguida per il loro uso nei centriscolastici, comunicazione con gli altrienti territoriali interessati. L’Ufficio sioccupa inoltre della formazionecontinua dei docenti, dei tutor e deiprofessionisti di supporto ai centri perquanto riguarda l’insegnamento e l’usodella lingua, l’educazioneinterculturale e la coesione sociale.Perché la coordinazione dei diversiattori inclusi in questo processo siapiù efficace e possa tradursi ininterventi coerenti è stata istituita unacommissione territoriale checomprende diverse figure siadell’amministrazione locale che degliistituti scolastici. Figure chiave sonoqui i coordinatori locali come liaisontra scuole ed enti locali : questi ultimiforniscono la “linea politica” degliinterventi di accoglienza mentre lescuole sono responsabili della loroattuazione attraverso l’elaborazione dipiani di accoglienza e integrazione e

dei loro protocolli, organizzando lerisorse, designando un coordinatoreper la lingua, l’intercultura e lacoesione sociale, creando classi diaccoglienza e nominando i tutor chene sono responsabili, pianificandocurricola diversificati che tenganoconto delle necessità individuali.

LE CLASSI DI ACCOGLIENZALe classi d’accoglienza rispondonoai principi contenuti nel Piano per lalingua sopra delineato seguendo trelinee di azione: la considerazione dellenecessità primarie dei nuovi alunni, siaper gli aspetti emotivi che per quellicurricolari e di apprendimento dellalingua veicolare; la creazione di unascuola dell’accoglienza con politichelinguistiche coerenti che offraun’educazione interculturale e lavoriper il successo scolastico di tutti glistudenti; il legame con i progettieducativi territoriali non solo scolastici.L’assegnazione di una classe diaccoglienza è subordinataall’assunzione esplicita da parte dellascuola di una serie di impegni didatticie organizzativi, tra cui prevedere lerisorse umane e materiali necessarieper una buona accoglienza degli alunnineoarrivati, designare un tutor per laclasse di accoglienza scegliendolo tra idocenti di ruolo in modo da garantirela continuità didattica, adattare idocumenti gestionali alle linee delPiano per la lingua. L’assegnazionetiene poi conto di diversi parametri, inprimo luogo il numero degli alunniimmigrati registrati negli ultimi dueanni, un dato che deve esserecombinato con la percentuale distudenti di nazionalità straniera.Altrettanto importante è la situazionesocioeconomica della comunitàcircostante perché a seconda delcontesto l’accesso degli alunni allalingua veicolare può essere più o menofacile. Infine si deve tener contodell’equilibrio dell’offerta formativadella zona con lo scopo di evitare unaconcentrazione di alunni immigrati inuna stessa scuola o in uno stesso tipodi scuole.Le classi di accoglienza non sono unaalternativa al percorso scolasticoordinario: al contrario le classi regolarisono il punto di riferimento per questialunni mentre le classi di accoglienzasono pensate per garantire

l’accoglienza emotivo-affettiva eaccelerare l’apprendimento della linguaveicolare di istruzione. Il processo diintegrazione dei nuovi alunni si basa suentrambe le classi: sin dall’inizio glialunni devono poter partecipare con ilproprio gruppo classe alle materie cherichiedono una minore competenzalinguistica, come educazione fisica,artistica o quelle aree in cui siutilizzano in modo sistematico lenuove tecnologie. In questo modo ègarantito uno spazio comune disocializzazione fin dai primi giornidell’inserimento nella nuova scuola. Le classi di accoglienza sono unarisorsa aperta a cui gli alunni stranieripossono accedere in qualsiasimomento durante l’anno scolastico.Allo stesso modo si deve poterdecidere dell’inserimento degli alunninelle classi regolari nel momento in cuilo si ritiene più opportuno. Le classi diaccoglienza sono anche una risorsaflessibile perché sono modellate suibisogni degli alunni e offrono dunquerisposte diverse secondo schemiorganizzativi che possono variare dascuola a scuola.Il numero degli alunni che possonotrovare posto in una stessa classe diaccoglienza deve essere limitato: puòvariare in relazione alle caratteristichedegli allievi, alla precedentescolarizzazione, alla distanza dellalingua di origine da quella catalana, algrado di maturità e di progresso nelprocesso di apprendimento. Siraccomanda tuttavia di non superare ilnumero di 12 per classe. Come si èdetto il tempo trascorso nella classe diaccoglienza non deve coprire l’interotempo scuola: è raccomandata unainiziale frequenza per metà dellasettimana che dovrebbe gradualmentediminuire via via che si registranoprogressi nell’apprendimento. Ingenerale la frequenza di queste classinon dovrebbe protrarsi per più di dueanni. Oltre al tutor, pochi altri insegnantisono incaricati per le classi diaccoglienza: è meglio infatti che nellafase iniziale gli alunni possanoindividuare il più chiaramentepossibile i referenti loro assegnati.Per quanto riguarda la metodologia sisuggerisce di adottare una visioneglobale dell’apprendimento,includendo attività funzionali,

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incoraggiando l’apprendimentocooperativo e stabilendo relazionipersonali positive. I nuovi alunni devono sentirsiriconosciuti in ciò che portano allascuola: se parlano una lingua che iprofessori non conoscono ilriconoscimento deve essere simbolico,ma ci deve essere. Questi aspettiemotivo-relazionali sono moltoimportanti nell’apprendimento di unanuova lingua: non bisogna dimenticareche si tratta di un processo lento,graduale, pieno di alti e bassi e perquesto il modo in cui gli insegnanti siesprimono deve adattarsi alle abilitàcomunicative degli alunni. Ciò implicaun discorso molto contestualizzato,attività basate su compiti ( task-orientedactivities), proposte metodologichebasate su centri di interesse o suprogetti, relazioni interpersonali piùindividualizzate. In sostanza, alunni einsegnanti arrivano a negoziarecostantemente ciò che viene fatto eciò che viene detto in classe e lanegoziazione dei significati – elementochiave del progresso scolaredell’alunno – viene a costituire lacolonna vertebrale di tutta l’attivitàscolastica. Viene infine sottolineatoche il lavoro nella lingua orale èfondamentale dato che la maggiorparte dei nuovi alunni non ha contattocon la lingua dell’istruzione né infamiglia né nell’ambiente circostante.Per questo nelle prime fasidell’inserimento deve prevalere lalingua orale che si trova alla base dellosviluppo linguistico necessario peraffrontare la specificità linguisticaimplicita nelle attività diinsegnamento e di apprendimento.

PROTOCOLLI DI ACCOGLIENZAAll’arrivo dei nuovi alunni le scuoledevono raccogliere il maggior numerodi informazioni possibile sui loropercorsi scolastici precedenti edelaborare il più rapidamente possibilerisposte educative adeguate. Il Piano intensivo individuale(PII) è un documento che registra

3 Questo tipo di strumenti oltr e al le normative e ai materiali didattici si trova nelsito del Dipartimento istruzione della regione:http://xtec.cat/lic/index.htm

4 Cfr. http://www.xtec.cat/lic/nouvin-gut/profe_orienta.htm

5 Cfr. Vila, I. (e altri) Les aules d’acollida enl’educació primària. Algunes dades del curs2004-2005. Caixa d’eines 04. Departamentd’Educació, 2006.

6 Alegre M., Benito R., Gonzalez S., Del’aula d’acollida a l’aula ordinária: processos d’e-scolarització de l’alumnat estranger , Bellaterra2008.

tutto ciò che fa l’alunno dal momentodell’inserimento nella classe diaccoglienza fino al ricongiungimentocon la classe ordinaria. Esso includein primo luogo una valutazione inizialedell’alunno/a ottenuta attraversointerviste con la famiglia, un’analisidei dati della scolarizzazioneprecedente, dei risultati delle prove divalutazione iniziale e altreinformazioni che derivano da unaprima osservazione. A questo scopo ilDipartimento dell’istruzione ha messoa disposizione dei centri dei modelli diprove iniziali in 20 lingue chepermettono di valutare il grado dialfabetizzazione, di scolarizzazioneprecedente e di conoscenza deiprincipi della matematica3. A partireda questa ricognizione inizialevengono stabilite misure e risorseadeguate alle necessità educativedell’alunno/a. Il PII viene elaboratonei primi giorni di scuola e rivisto ogni3 mesi; è valido per due anni econtinuerà ad essere applicato durantetutto il primo trimestre in cuil’alunno/a è inserito totalmente nellaclasse regolare per garantire unabuona transizione. Il PII stabilisceanche gli obiettivi di apprendimento edi conseguenza i criteri di valutazionedei progressi di apprendimento nelraggiungere tali obiettivi.

VALUTAZIONE GENERALE DEL PIANOL’Ufficio generale per la lingua e lacoesione sociale congiuntamenteall’Ispettorato dell’istruzione sonoincaricati dell’azione valutativadell’efficacia delle azioni intraprese. Aquesto scopo sono elaborati epubblicati4 strumenti idonei pervalutare i percorsi sia linguistici cheorganizzativi. La valutazione esterna inquesto primo periodo diimplementazione del piano è stataaffidata a un gruppo di ricercadell’Università di Girona5. Vale la pena considerarne i risultatisoprattutto per quel che riguarda lostudio delle relazioni tra l’apprendimentodella lingua e il grado d i benessere

emotivo che l’alunno immigrato trovanelle classi di accoglienza. Comenotano i ricercatori infatti se la classedi accoglienza fornisce i primi velocistrumenti di conversazione chefacilitano l’inserimento nella classeordinaria, è soprattutto in quest’ultimache si svolge la parte più importantedel processo di apprendimento dellalingua. L’integrazione e l’adattamentosono i fattori che più direttamenteinfluenzano i risultati dei testlinguistici, più che altri fattori qualil’età, il tempo di residenza inCatalogna o il numero di ore trascorsenella classe di accoglienza. Questo significa che gli alunni conun basso livello di integrazione eadattamento scolare ottengono irisultati peggiori nei testindipendentemente dal tempo chepossono aver trascorso nellaregione e dall’età.Il fattore integrazione può anchesuperare in efficacia il vantaggiolinguistico degli alunni provenienti dapaesi di lingua romanza.Infine, per chi volesse conoscere altrevalutazioni di questa esperienzacatalana, rimandiamo all’approfonditaanalisi di un gruppo di ricercadell’Università autonoma di Barcellonache ha confrontato le diverse tipologiedi modelli organizzativi, la transizionedalla classe di accoglienza a quellaordinaria e le prestazioni scolastichedegli alunni stranieri che sono statiinseriti secondo l’uno o l’altro deimodelli6.

DOCUMENTAZIONE38

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RISORSE IN RETE

Risorse in reteA CURA DI MASSIMO MAGGINI

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In questa sezione della rivista intendiamo indicare ai lettori dei percorsi di lettura di siti web collegati ai contributi ospitati in ogni numero.

PROJECT WORKIn ambito italiano segnaliamo un contributo sulla didattica per progetti di F eliciana Cicardi comparso sul sito web dell’IRRSAELombardia per conto del Centro Documentazione e Risorse per Progetti Europei di cui fa parte anche F ranca Quartapelle: http://old.irrelombardia.it/web_it/risorse/bollettino/1999/99_69_45cicardi.pdf

Nell’articolo di apertura di Franca Quartapelle dedicato alla didattica per progetti si fa esplicito riferimento alle origini della me-todologia di progetto, in particolare si citano i contributi di due grandi pedagogisti, John Dewey e W illiam Heard Kilpatrick.Per avere maggiori informazioni su queste due grandi figure della pedagogia del XX secolo consigliamo su W ikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/John_Deweye http://it.wikipedia.org/wiki/William_Heard_Kilpatrick

Sempre su John Dewey segnaliamo i seguenti siti: http://www.geocities.com/fylosofya/dewey.htmhttp://www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=Dewey.html

Per approfondire le idee di Kilpatrick sul metodo di progetto potete leggere il sito statunitense History Matters che si rivolge aglistudenti e agli insegnanti dei licei e dei college nordamericani: http://historymatters.gmu.edu/d/4954/

Un’analisi critica sulle difficoltà e i problemi del metodo di progetto affrontati in classe da un insegnante statunitense di storia del-la Horace Mann School (high school) è reperibile nel seguente sito:http://escolanova.net/pages/kilpatrick-projects-5.htm

La didattica per progetti è oggetto di esame in un contributo di Fiorenza Quercioli, dedicato all’italiano L2 nell’ambito della scuo-la pubblica, apparso nel Bollettino online dell’ILSA:http://associazioni.comune.firenze.it/ilsa/dcp_agott02/art_quer.htm

Una tesi di Master in didattica di lingua e cultura italiana a stranieri, centrata su un percorso didattico integrato fra il Project Worke il CLIL (acronimo per Content and Language Integrated Learning) , è consultabile in:http://venus.unive.it/itals/postmaster/files/Tesi/Tesi_Zambrini.pdf

Sempre in ambito italiano segnaliamo un contributo in Power Point del gruppo Scirocco sul Project Work in relazione alla didatti-ca multimediale e al Cooperative Learning:http://www.slideshare.net/ilenia/presentazione-project-work

Per quanto concerne il Project W ork in ambito anglosassone segnaliamo il seg uente sito in lingua inglese (Un contributo di Fredricka Stoller, una delle principali esperte di Project Work, scritto assieme a Ken Sheppard):http://eca.state.gov/forum/vols/vol33/no2/p10.htm

Per una visione più approfondita del pensiero pedagogico di Fredricka Stoller consigliamo la consultazione della seguente pagina web:http://www.carla.umn.edu/cobaltt/modules/strategies/Stoller2002/READING1/stoller2002.htm

Il sito del ministero dell’Educazione di Singapore:http://www.moe.gov.sg/education/programmes/project-work/

Nel sito di Language Teacher un professore di Lancaster University esamina la metodologia del Project Workhttp://www.jalt-publications.org/tlt/files/96/sept/proj.html

Nel sito di TESOL un’insegnante d’inglese come seconda lingua, Natalia Orlova, spiega come utilizzare nella sua classe di nonnativi il Project Work)http://www.tesol.org/s_tesol/sec_document.asp?CID=1863&DID=10653

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40RISORSE IN RETE

L’abstract di un articolo comparso su ELT Journal sull’utilizzo del Project Work in una classe d’inglese di studenti di livello avan-zato. È scaricabile l’intero articolo in PDF iscrivendosi a ELT Journalhttp://eltj.oxfordjournals.org/cgi/content/abstract/36/2/98

L’abstract di una conferenza sul Project Work di Alexis Denau:http://www.sfsu.edu/~matesol/conferences/spring2008/assets/Alexis.pdf

INTEGRAZIONE SCOLASTICA IN CATALOGNA (SPAGNA)Nella sezione Documentazione curata da Camilla Salvi la sitografia di riferimento è la seguente:http://xtec.cat/lic/index.htm (il sito del Dipartimento istruzione della regione autonoma della Catalogna).

Il sito chiamato “Espai Lic” (Spazio Lingua e Coesione sociale) è ricco di documenti ( http://xtec.cat/lic/documents.htm), testi norma-tivi, materiali didattici (http://xtec.cat/lic/nouvingut/alumnat_mat.htm), prove di ingresso e test di uscita (http://xtec.cat/lic/nouvin-gut/profe_orienta.htm), supporti iconografici per l’insegnamento del catalano ( http://xtec.cat/lic/nouvingut/alumnat/alu_mat_ma-nipulable.htm#lamines), esempi di buone pratiche (http://xtec.cat/lic/nouvingut/expe_centres.htm) e numerosi altri link utili sia perstudenti che per insegnanti.È suddiviso in 3 aree : “Alumnat novingut” (http://xtec.cat/lic/nouvingut/index.htm) che comprende risorse per gli insegnanti, per gli alunni e per lefamiglie, i risultati delle esperienze dei centri di accoglienza e un blog dove sono raccolti articoli e informazioni;“Centre acollidor” (http://xtec.cat/lic/centre/index.htm) più orientata verso la diffusione della lingua catalana e materiali di ti-po interculturale;“Pla educatio d’entorn” (http://xtec.cat/lic/entorn/index.htm) area rivolta a tutti gli alunni e alla comunità locale, con una spe-ciale sensibilità per i settori sociali meno favoriti.

APPUNTAMENTI

1st International Conference on Language Policy and Language Planning in the Mediterranean1st MedLPLUniversity of Cyprus, Nicosia17-19 October, 2009

Educazione Linguistica e Approccio per Competenze: norma, uso, apprendimentoSeminario Nazionale LendCatania, Centro Culturale e Fieristico “Le Ciminiere”/“Liceo Scientifico Boggio Lera”29-30-31 Ottobre 2009http://www.lend.it/catania2009

Languages meet SportConvegno per raccogliere e promuovere esperienze di lingua e dialogo interculturale attraverso lo sport e presentare modelli di buone pratiche attuati nelle scuole europee. Trieste, Starhotels Savoia Excelsior Palace 16-17 ottobre 2009http://languagesmeetsport.eu/home.htm

Speaking Up for Languages. The Power of Many Voices2009 Actfl Annual Convention And World Languages ExpoSan Diego, California 20-22 Novembre 2009 (Pre-convention Workshops: Giovedì 19 Novembre 2009)www.actfl.org

Apprendere in rete, multimedialità e apprendimento linguisticoXVIII Convegno Nazionale ILSA (Insegnanti di Italiano Lingua Seconda Associati)Firenze, Istituto di Scienze Umane – Palazzo Strozzi21 Novembre 2009http://associazioni.comune.firenze.it/ilsa/index.htm

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Riflessioni, propostedidattiche, documentazione,appuntamenti: Italiano L2 in classe offre un panoramacompleto sull’insegnamentodell’italiano come linguaseconda.La rivista, nata dallacollaborazione tra ILSA e Le Monnier Italiano per stranieri, dedica questonumero alla metodologia del Project Work o didatticaper progetti, fornendone le coordinate teoriche e allo stesso tempomostrandone le diversepossibilità di applicazionedidattica.

C.M. 17.09.19