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1 I NOSTRI GENI SU UN MICROCHIP L'espressione genica è il processo attraverso il quale l’informazione contenuta in un gene è usata per la sintesi di un prodotto genico funzionale. Questi prodotti genici sono spesso proteine (che, a loro volta, risultano dalla traduzione di un RNA messaggero trascritto dal gene in oggetto), ma esistono geni che non codificano per proteine ed il prodotto è un RNA funzionale (per esempio geni per RNA ribosomale, rRNA, o per RNA transfer, tRNA, o altri piccoli RNA la cui funzione risulta essere sempre più importante). Salvo pochissime eccezioni, le cellule dell’organismo contengono tutte un corredo cromosomico completo e gli stessi geni. Nelle diverse cellule, però, è espressa solo una sottopopolazione di tutti i possibili geni e questo conferisce a ciascun tipo cellulare le sue caratteristiche di unicità. L’espressione genica è un processo sottoposto a una regolazione molto sofisticata, per garantire una risposta dinamica al variare degli stimoli extra e intracellulari. Questo meccanismo di regolazione è dotato di interruttori ON/OFF che consentono l’accensione o lo spegnimento di specifici geni, ma anche il controllo del loro “volume”, cioè del livello della loro espressione. Per capire come una cellula risponde alle continue modifiche dell’ambiente è dunque molto importante studiare quali e quanti mRNA vengono prodotti e cioè quali geni sono espressi (e quanto). I Microarray a DNA: una nuova tecnologia per studiare l’espressione dei geni Il Progetto Genoma Umano ha fatto crescere esponenzialmente la quantità di informazioni disponibili sulla sequenza nucleotidica del genoma umano. Sono stati così identificati moltissimi nuovi geni, catalogati e organizzati in banche dati biomediche accessibili e utilizzabili da tutti i centri di ricerca. L’impatto del completamento del Progetto Genoma Umano sarà interamente compreso quando si riuscirà ad identificare tutte le funzioni dei nuovi geni. La tecnologia dei Microarrays facilita l’identificazione, la classificazione e l’attribuzione della funzione dei vari geni. Utilizzando particolari supporti solidi (nel caso più semplice un vetrino) sui quali sono legate, secondo uno schema predefinito (array), sequenze di DNA derivate da moltissimi geni diversi di un dato organismo

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I  NOSTRI  GENI  SU  UN  MICROCHIP  L'espressione  genica  è  il  processo  attraverso  il  quale  l’informazione  contenuta  in  un  gene  è  usata  per   la  sintesi  di  un  prodotto  genico   funzionale.  Questi  prodotti  genici  sono   spesso   proteine   (che,   a   loro   volta,   risultano   dalla   traduzione   di   un   RNA  messaggero  trascritto  dal  gene  in  oggetto),  ma  esistono  geni  che  non  codificano  per  proteine  ed  il  prodotto  è  un  RNA  funzionale  (per  esempio  geni  per  RNA  ribosomale,  rRNA,   o   per   RNA   transfer,   tRNA,   o   altri   piccoli   RNA   la   cui   funzione   risulta   essere  sempre  più  importante).  

Salvo   pochissime   eccezioni,   le   cellule   dell’organismo   contengono   tutte   un   corredo  cromosomico  completo  e  gli  stessi  geni.  Nelle  diverse  cellule,  però,  è  espressa  solo  una   sottopopolazione   di   tutti   i   possibili   geni   e   questo   conferisce   a   ciascun   tipo  cellulare  le  sue  caratteristiche  di  unicità.    

L’espressione  genica  è  un  processo  sottoposto  a  una  regolazione  molto  sofisticata,  per   garantire   una   risposta   dinamica   al   variare   degli   stimoli   extra   e   intra-­‐cellulari.  Questo  meccanismo  di  regolazione  è  dotato  di  interruttori  ON/OFF  che  consentono  l’accensione   o   lo   spegnimento   di   specifici   geni,   ma   anche   il   controllo   del   loro  “volume”,  cioè  del  livello  della  loro  espressione.    

Per   capire   come   una   cellula   risponde   alle   continue   modifiche   dell’ambiente   è  dunque  molto   importante   studiare   quali   e   quanti   mRNA   vengono   prodotti   e   cioè  quali  geni  sono  espressi  (e  quanto).      

I  Microarray  a  DNA:  una  nuova  tecnologia  per  studiare  l’espressione  dei  geni  

 

Il   Progetto   Genoma   Umano   ha   fatto   crescere  esponenzialmente   la   quantità   di   informazioni  disponibili   sulla   sequenza   nucleotidica   del   genoma  umano.  Sono  stati  così   identificati  moltissimi  nuovi  geni,   catalogati   e   organizzati   in   banche   dati  biomediche  accessibili  e  utilizzabili  da   tutti   i   centri  di   ricerca.     L’impatto   del   completamento   del  Progetto   Genoma   Umano   sarà   interamente  compreso  quando  si  riuscirà  ad  identificare  tutte  le  funzioni  dei  nuovi  geni.  

 

La   tecnologia   dei   Microarrays   facilita   l’identificazione,   la   classificazione   e  l’attribuzione  della  funzione  dei  vari  geni.  Utilizzando  particolari  supporti  solidi  (nel  caso  più  semplice  un  vetrino)  sui  quali  sono  legate,  secondo  uno  schema  predefinito  (array),  sequenze  di  DNA  derivate  da  moltissimi  geni  diversi  di  un  dato  organismo  

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(potenzialmente  tutti),  è  possibile  determinare,  con  un  singolo  esperimento,  la  loro  espressione  in  modo  estremamente  rapido  ed  efficace.    

Con   questo   potentissimo   strumento   di   indagine,   i   ricercatori   sono   in   grado,   per  esempio,  di:  

-­‐ comprendere   alcuni   aspetti   fondamentali   dei   processi   della   crescita   e   dello  sviluppo;  

-­‐ esplorare  le  cause  genetiche  di  molte  malattie;  -­‐ identificare  nuovi  potenziali  bersagli  per  la  terapia.      

Che  cosa  è  un  Microarray    

I  Microarrays  di  DNA  sono  dei  piccoli   supporti   solidi   (generalmente  un  vetrino  da  microscopia  di  dimensioni  75  X  25  X  1  mm,  ma  anche  dei  chip  di  silicio  o  delle  sottili  membrane   di   nylon)   sui   quali   vengono   immobilizzate,   in   posizioni   fisse   e   note,  migliaia  di  sequenze  di  DNA  derivate  da  geni  diversi  (spotting).  Le  sequenze  di  DNA  vengono   depositate   sul   vetrino   in   piccolissime   quantità,   oppure   sono   sintetizzate  direttamente  in  situ.    

Il   termine   “to   array”   significa   “disporre   secondo   un   ordine”;   in   un   Microarray   le  sequenze  vengono  attaccate  al  supporto  secondo  uno  schema  ordinato  prefissato,  in  modo  che  sia  possibile   individuare  quale  sequenza  genica  è  posizionata   in  ciascun  punto.   Le   sequenze   possono   essere   DNA,   cDNA   o   oligonucleotidi   sintetici   (corte  

sequenze  di  DNA  a  singolo   filamento,   in  genere  formate  da  10-­‐50  nucleotidi).    

Il   Microarray   si   basa   sull’ibridazione  molecolare   fra   sequenze   nucleotidiche  complementari.   Quando   due   sequenze  complementari   si   “riconoscono”,   si  formano   legami   idrogeno   fra   basi  complementari.   L’ibridazione   avviene  tra     una   sequenza   bersaglio  immobilizzata   sul   supporto   e   una  sequenza  mobile,  detta  sonda,  di  mRNA,  DNA   o   cDNA   marcata   con   un  fluorocromo.  Un  computer  è   in  grado  di  misurare   con   precisione   la   quantità   di  

sonda  legata  in  ciascuna  posizione  del  vetrino  e  generare  un  profilo  di  espressione  genica  per  ogni  tipo  cellulare.    

 

 

 

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Programmiamo  un  esperimento  di  Microarray  per   confrontare   l’espressione  genica  in  due  tipi  cellulari  diversi  

1)  Consideriamo  ora  due  ipotetiche  cellule  diverse  una  dall’altra;  ad  esempio:    • cellula  normale  (gialla);  • cellula  tumorale  (azzurra).    

Entrambe   contengono   gli   stessi   geni   e   vogliamo   conoscere   il   loro   profilo   di  espressione   nei   due   tipi   cellulari,   perchè   un’espressione   differenziata   potrebbe  aiutarci   a   comprendere   il   meccanismo   della   trasformazione   neoplastica.   La  preparazione  dell’array  richiede  alcuni  passaggi  successivi:  1)  isolamento  dell’  mRNA  da  ciascun  tipo  cellulare;  2)   sintesi   del   corrispondente   cDNA   mediante   retrotrascizione   con   trascrittasi  inversa   in   presenza   di   opportuni   marcatori   fluorescenti   (es:   verde   per   la   cellula  normale  e  rosso  per  la  cellula  tumorale);    3)   incubazione  delle   due  popolazioni   di   cDNA  marcati,   sul  Microarray  dove   erano  stati   immobilizzati   i   geni.  Le  molecole  marcate   si   legano  nel  Microarray  ai   siti   che  corrispondono  ai  geni  espressi  in  ciascun  tipo  cellulare;  4)  dopo   l’ibridazione,   il  Microarray   viene  posto   in  un   apposito   “lettore”,   dotato  di  diversi  raggi  laser,  di  un  microscopio  speciale  e  di  una  macchina  fotografica  in  grado  di  misurare  il  colore  e  l’intensità  dei  diversi  “spot”  sul  Microarray.      

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Infatti,   i  

fluorocromi  vengono  eccitati  dal  laser  e  l’immagine  che  ne  deriva  viene  catturata  dal  microscopio   e   dalla   macchina   fotografica   che,   insieme,   generano   una   immagine  

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digitale  dell’array.  Questi  dati  vengono  immagazzinati  nel  computer  ed  elaborati  da  programmi   dedicati   che,   in   base   all’immagine   digitale,   calcolano   il   rapporto   della  fluorescenza  rosso/verde,  sottraendo  il  background  (rumore  di  fondo)  per  ciascuna  posizione  (spot)  del  Microarray.  Una  volta  calcolati  i  rapporti,   l’intensità  del  colore  dei   singoli   spot   fornisce   una   stima   del   livello   di   espressione   dei   singoli   geni   nel  campione  e  nel  controllo  normale.    

 

Questo   è   un   esempio   molto   semplice.   Utilizzando   accuratissime   tecnologie   di  spotting   robotizzate,   su   Microarray   si   può   arrivare   a   caricare   20.000   spot   con  sequenze  diverse!    La  mole  di  dati  generata  da  un  singolo  Microarray  è  quindi  molto,  molto  grande!!!  E  la  sua  interpretazione  molto,  molto,  molto,  molto  complessa  !!!  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spot   rosso:   include  solo   i   cDNA  relativi  alle  cellule   tumorali,  dopo   ibridazione  al  DNA  target  

 Spot  verde:  include  solo  i  cDNA  relativi  alle  cellule  normali,  dopo  ibridazione  al  DNA  target  

 Spot  giallo  :  rosso  +  verde  =  giallo  Significa  che  entrambi  i  cDNA  hanno  ibridato    in  modo  equivalente  al  DNA  target.  

 Spot  nero  :  il  gene  non  è  espresso  né  nelle  cellule  normali  né  nelle  cellule  tumorali  

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Diverse  applicazioni  di  Microarray  nello  studio  dell’espressione  genica  

L’uso  di  Microarray  per  lo  studio  del  profilo  d’espressione  genica  è  stato  pubblicato  per   la   prima   volta   nel   1995   (Science)   e   il   primo   genoma   eucariotico   completo   di  analisi   di   Microarray   fu   quello   del   Saccharomyces   cerevisiae   nel   1997   (Science).  Da  allora  le  applicazioni  della  tecnologia  dei  Microarray  sono  state  numerosissime,    ma  la  principale  è  l’analisi  su  larga  scala  dell’espressione  genica.  

Studio   di   stati   patologici:   se   un   gene   è   over-­‐espresso   in   un   determinato   stato   patologico,   lo   spot  corrispondente   risulterà   rosso/arancio   (poco   verde).   A  mano   a  mano   che   vengono   individuati   il/i  gene/geni  la  cui  espressione  è  associata  a  una  determinata  malattia,   il  cDNA  derivato  da  un  tessuto  malato   di   un   paziente   può   essere   ibridato   su   un   Microarray   per   identificare   a   quale   malattia  corrisponde   il  pattern  di  espressione  genica  del   tessuto  patologico   in  esame.   Il   risultato  dell’analisi  può  essere  utile  per  confermare  (o  fare)  diagnosi  e  per  stabilire  una  terapia  appropriata.    

Studio   delle   modifiche   dell’espressione   genica   in   un   dato   periodo   della   vita   cellulare,   ad   esempio  durante   il   ciclo   cellulare.   Il   ciclo   cellulare   è   regolato   da   una   rete   di   interazioni   molecolari   che  essenzialmente  servono  a  decidere  se  e  quando  una  cellula  normale  entra  in  divisione.  Molti  sono  i  geni  che  regolano  gli  stadi  del  ciclo  cellulare.  In  questo  sistema  di  regolazione  sono  previsti  anche  dei  meccanismi  che  servono  a  bloccare  il  ciclo  cellulare  quando  uno  dei  sistemi  di  controllo  non  funziona,  a  causa  di  mutazioni  in  uno  dei  geni  critici.  Questo  avviene  nelle  cellule  tumorali  che  hanno  perso  la  capacità   di   controllare   il   loro   ciclo.   I   Microarray   possono   contribuire   a   identificare   i   profili   di  espressione   genica   al   tempo   “zero”   e   ai   vari   tempi   successivi   del   ciclo   cellulare,   e   a   fare   luce   sui  dettagli  dei  passaggi  del  ciclo  e  su  quali  sono  i  geni  che  regolano  questo  orologio  cellulare.  I  risultati  di  questo  tipo  di  analisi  possono  fornire  informazioni  preziose  sui  geni  le  cui  mutazioni  portano  alla  crescita  tumorale  e  suggerire  nuove  strategie  di  intervento  terapeutico.    

Sviluppo   di   nuovi   farmaci:   se   un   determinato   gene   è   over-­‐espresso   in   una   particolare   forma   di  tumore,   con   i  Microarray  si  può  determinare  se  un  dato   farmaco  riduce   l’espressione  di  quel  gene,  inducendo   remissione   del   tumore.   I  Microarray   di   espressione   possono   anche   essere   utilizzati   per  ottimizzare   le   diagnosi   differenziali,   ad   esempio,   sulla   progressione   di   un   tumore;   una   ulteriore  applicazione  può  essere  quella  della   identificazione  di  geni  associati  a  patologie  scatenate  da  cause  ambientali,  come  le  malattie  del  sistema  immunitario,  del  sistema  nervoso  e  del  sistema  respiratorio.    

Studio  dell'espressione  genica  nei  primi  stadi  di  sviluppo  embrionale:  i  Microarrays  stanno  dando  un  forte   contributo   alla   comprensione  degli   eventi  molecolari   legati   a   questo  processo.  Recentemente  sono  stati  condotti  anche  diversi  studi  sul  profilo  dell’espressione  genica  che  porta  alla  maturazione  delle  cellule  uovo.    

Sulla  tecnica  dei  Microarray,  visitate  i  siti:  http://learn.genetics.utah.edu/content/labs/Microarray/  Entrate  in  un  laboratorio  virtuale,  eseguite  un  esperimento  di  Microarray  e  analizzzate  i  risutati.  http://www.bio.davidson.edu/Courses/genomics/chip/chip.html  Simulate   al   computer  un   esperimento  di  Microarray   in   cui   sono   confrontati   i   geni  espressi  da  cellule  di  lievito  in  condizioni  aerobiche  e  anaerobiche.        

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La  tecnica  dei  Microarray  virtuali  passo  dopo  passo  

Tecnica   sviluppata  nei   laboratori   EMBL-­‐ELLS  di  Heidelberg,  materiale  disponibile  sul  sito:  http://www.embl.it/training/scienceforschools/teacher_training/teachingbase/microarray_ital/index.html      

DNA  Microarray:     Microarray  virtuali:    Produzione  dei  Microarray   Il  “tappetino”  I   DNA   Microarray   possono   essere   facilmente  prodotti  in  laboratorio  utilizzando  un  vetrino  da  microscopio   su   cui   si   caricano  molecole   di  DNA  prodotte  con  PCR  o  oligonucleotidi  di  sintesi.  

È  possibile  creare  un  DNA  Microarray  utilizzando  un  tappetino.  Nel  Microarray  virtuale  il  tappetino  rappresenta  il  vetrino.  

Lo  spotting  :  l'immobilizzazione   Lo  spotting  :  l'immobilizzazione  Sul  vetrino  si  depositano  i  geni  (fino  a  20.000).  La   deposizione   (stampa)   di   20.000   piccole  “macchie”   o   spot,   ciascuna   delle   quali  rappresenta  miliardi  di  copie  di  un  singolo  gene  su   una   così   piccola   superficie,   è   un’impresa  difficile.  I  singoli  spot  devono  avere  esattamente  la   stessa   forma   e   devono   anche   essere  equidistanti  l’uno  dall’altro!  Questo   problema   è   stato   risolto   con   l’uso   di   un  robot.  Alla   fine   del   caricamento,   ogni   spot   contiene  moltissime  molecole  di  DNA  a  singolo  filamento,  tutte  con  la  stessa  sequenza.  

Sul   tappetino   le   molecole   di   DNA   sono  rappresentate   utilizzando   velcro   colorato,  incollato   in   10   aree   circolari   che   rappresentano  gli   spot   (tutte   della   stessa   grandezza   e  equidistanti).    Le   10   aree   circolari   sono   10   geni   diversi,   a  ciascuno   dei   quali   è   attribuito   il   nome   di   un  personaggio   famoso   e   un   colore   (ad   es.   per   il  gene  Jaques  Monod  il  velcro  è  blu).    In   ogni   cerchio   (spot)   vengono   incollate  molteplici   copie   dello   stesso   gene   (velcri   tutti  dello  stesso  colore).    

Estrazione  dell’mRNA  e  retrotrascrizione   Estrazione  dell’mRNA  e  retrotrascrizione  

Viene   estratto   l’mRNA   da   due   differenti   tipi   di  cellule:   dalle   cellule   di   controllo   e   dalle   cellule  che  sono  in  fase  di  studio.    Una  volta   estratto,   l’mRNA  deve  essere  marcato  con  un   fluorocromo  rosso  o  verde:   la  marcatura  si   effettua   sintetizzando   cDNA   dall’mRNA  mediante   l’enzima   trascrittasi   inversa.  Generalmente   il   cDNA   derivato   dalle   cellule   di  controllo   e’   marcato   con   un   marcatore   verde,  quello   dalle   cellule   in   fase   di   studio   con   un  marcatore  rosso.      

Il   passaggio   di   estrazione   dell’mRNA   non   viene  simulato:   le  molecole   di   cDNA   già  marcate   sono  rappresentate  da    piccole  torce  tascabili.  Ogni   torcia   corrisponde   a   una   singola   catena   di  cDNA,   copia   di   un   particolare   gene,   identificato  dal  colore  del  velcro  sul  retro  (ad  esempio  velcro  blu  per  il  cDNA  trascritto  dal  gene  J.  Monod).  La  lampadina  di  ogni  torcia,  inoltre,  è  coperta  con  una   pellicola   adesiva   trasparente;   la   pellicola  rossa   significa   che   l’mRNA   proviene   da   cellule  tumorali,   quella   verde   che   l’mRNA   proviene   da  cellule  di  controllo.  

Ibridazione     Ibridazione  In   questa   fase   il   cDNA   di   controllo   (verde)   è  mescolato   con   il   cDNA   delle   cellule   in   esame  (rosso).   La   miscela   è   quindi   versata   sopra   la  superficie  del  vetrino,  che  viene  incubato  a  42°C  in   modo   che   le   molecole   di   cDNA   possano  ibridare   con   il   DNA   complementare   del  microrray.  Dopo  12  ore  il  Microarray  è  lavato  per  eliminare  tutto   il   cDNA   che   non   ha   trovato   il   filamento  complementare  di  DNA.  

Ora   le   torce   di   cDNA   vengono  messe   a   contatto  con   le  molecole   di   DNA   (velcro)   sulla   superficie  dei  Microarray  virtuali.  La   miscela   di   torce   viene   distribuita   sul  Microarray;   le   singole   torce   si   legheranno  (ibrideranno)  solo  sul  cerchio  in  cui  è  presente  il  DNA  complementare  (velcro  dello  stesso  colore):  blu   con   blu,   rosso   con   rosso,   bianco   con   bianco,  verde  con  verde,  ecc.  L’ibridazione   farà  accendere   la   lampadina  con   la  luce   verde   o   rossa   a   seconda   se   l’mRNA   deriva  dal  tessuto  normale  o  dal  tessuto  tumorale.  

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Scansione     Scansione  Con   uno   scanner   di   tipo   laser   si   può   ora  osservare  il  risultato  dell’esperimento.    Attenzione...osserviamo   attentamente!   Non   ci  sono   solo   punti   rossi   o   verdi   ma   anche   gialli   e  arancio!  Questo   si   può   spiegare   molto   facilmente!  E’   chiaro   che   nel   punto   verde   c’è   solo   cDNA  proveniente  da  cellule  normali,  e  nel  punto  rosso  solo   cDNA   da   cellule   in   esame.   È   chiaro   anche  che  la  combinazione  in  ugual  quantità  di  rosso  e  verde   dà   giallo!   Quindi,   poichè   in   ogni   punto  sono   presenti   milioni   e   milioni   di   copie   di   un  singolo   gene,   il   colore   giallo   significa   che   quel  gene  è  espresso  in  uguale  quantità  nei  due  tipi  di  cellule.  L’arancio   indica  che  quel  gene  è  espresso  di  più  nelle  cellule  in  studio.  Se  il  punto  resta  nero,  quel  gene  non  è  espresso  in  nessuno  dei  due  tessuti  in  esame.    

Per  simulare  la  scansione  del  vetrino  con  il  laser,  spegnere  le  luci  della  stanza  e  osservare  i  singoli  cerchi.  Contare  le  torce  rosse  e  verdi  per  ogni  cerchio.  Se   il   cerchio   ha   solo   torce   di   colore   rosso,  saranno  presenti  solo  cDNA  del  tessuto  in  esame.  Se  il  cerchio  ha  solo  torce  di  colore  verde,  il  cDNA  proviene  solo  da  cellule  normali.  Se  il  cerchio  ha  un  egual  numero  di  torce  rosse  e  verdi,  non  ci  sono  differenze  di  espressione  tra  I  due  tessuti    Se   il   gene  di   un  dato   cerchio   è   prevalentemente  espresso   nelle   cellule   in   esame,   ci   saranno   più  torce  rosse  che  verdi.  Se  il  cerchio  è  nero,  quel  gene  non  è  espresso.    Nel  Microarray  virtuale  non  si  possono  generare  spot  gialli  o  di  gradazioni  intermedie.  Per  ovviare  a   questo   problema   possiamo   mettere   su   ogni  cerchio   un   disco   colorato   con   le   gradazioni   di  colore  dal  rosso  al  verde.    

Normalizzazione   Normalizzazione  In   un   Microarray,   l’intensità   dello   spot   non  sempre  riflette  la  reale  quantità  di  cDNA  che  si  è  ibridato,  perché  la  marcatura  del  mRNA  dipende  dalla   lunghezza   della   catena   e   dal   marcatore  utilizzato.    Un   procedimento   matematico   di  “normalizzazione”   corregge   le   intensità   degli  spot,  per  far  sì  che  esse  rappresentino  realmente  la  quantità  di  cDNA  presente  in  ciascuno  di  essi.  Dopo  la  normalizzazione,  si  può  iniziare  l’analisi  dei  dati.  

Analogamente  al  Microarray  vero,  nel  Microarray  virtuale  dalla   intensità  del   colore  di   ogni   spot   si  può   in   teoria   calcolare   la   quantità   di   cDNA   (il  numero  di  torce  di  ciascun  colore).  Consideriamo  però  anche   il   seguente  aspetto:  se  le   batterie   delle   torce   sono   tutte   ugualmente  cariche   ci   aspettiamo   che   due   torce   diano   una  luce   di   intensità   doppia   di   quella   di   una   singola  torcia.   Ma   se   le   batterie   delle   due   torce   sono  mezze   scariche,   allora   l’intensità   data   da   due  torce   sarà   uguale   a   quella   di   una   singola   torcia  con  la  batteria  carica.  In  altre  parole,  la  intensità  del   colore   di   ogni   spot   dipende   dal   numero   di  torce   legate  ma   anche  dallo   stato   di   carica   delle  batterie.        

Analisi  e  clustering   Analisi  e  clustering  L’analisi   di   un   Microarray   considerando   ogni  singolo   spot   richiederebbe   un   tempo  lunghissimo.   Per   accelerare   l’analisi,   i   geni   che  hanno  comportamenti  simili  sono  raggruppati  in  cluster.   Sono   stati   messi   a   punto   complessi  programmi  di  analisi  automatica  dei  Microarray.    

Vedere  gli  esercizi  allegati.        

 Analisi  dei  risultati:  clustering  (file  allegato)    Avete   bisogno   di   trovare   dei   criteri   per   raggruppare   i   geni   in   cluster.   I   geni   sono  tutti   indicati   con   i   nomi   di   famosi   scienziati   che   hanno   lavorato   nel   campo   della  biologia.  La  maggior  parte  di  questi  ha  vinto   il  Premio  Nobel  per   la  Fisiologia  o   la  Medicina.  Cercate  su   internet   informazioni  su  questi  scienziati  per   individuare  che  cosa  hanno  in  comune  (http://nobelprize.org/).  

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La  presenza  di  più  torce  rosse  significa  che  il  gene  è  up-­‐regolato  (cioè  più  espresso  nelle   cellule   in   esame   rispetto   a   quelle   normali);   quando   invece   ci   sono   più   torce  verdi,   il   gene  è  down-­‐regolato   (cioè  meno  espresso  nel   campione   in   fase  di   studio  rispetto  al  tessuto  normale).    

Iniziate  a  raggruppare   i  geni  secondo  il  numero  di   torce  verdi  o  rosse,   in  modo  da  avere:  

-­‐ un  cluster  con  i  geni  aventi  ugual  numero  di  entrambi  i  colori;  -­‐ un  cluster  con  i  geni  aventi  un  solo  colore;  -­‐ un  cluster  con  i  geni  aventi  più  torce  verdi  che  rosse;  -­‐ un  cluster  con  i  geni  aventi  più  torce  rosse  che  rosse.  

Dopo   che   avete   raggruppato   i   vari   geni,   dovete   cercare   di   individuare   che   cosa  hanno  in  comune  i  geni  risultanti  nei  vostri  cluster.    

Interpretate  i  vostri  risultati.  I  cluster  potrebbero  essere  quelli  della  tabella  sotto.  

Cluster   Geni   Verde   Rosso   Regolazione  

1  

James  Watson  Francis  Crick  

Rosalind  Frankling  Maurice  Wilkins  

0  9  1  3  

0  9  1  3  

Nessuna  differenza  

2   Thomas  Morgan  Barbara  Mcclintock  

4  1  

8  6  

2  volte  più  espresso  nel  campione  in  esame  6  volte  più  espresso  nel  campione  in  esame  

3   Jacques  Monod  Alexander  Fleming  

4  0  

0  3  

Non  più  espresso  nel  campione  in  esame  Espresso  ex  novo  nel  campione  in  esame  

4   Leo  Szilàrd  John  Kendrew  

9  2  

3  1  

3  volte  meno  espresso  nel  campione  in  esame  2  volte  meno  espresso  nel  campione  in  esame  

 

Interpretiamo  i  risultati  raggruppati  secondo  questo  criterio:  

Cluster   1:   consiste   di   4   geni   (James   Watson,   Francis   Crick,   Maurice   Wilkins   and  Rosalind   Franklin),   che   mostrano   uguali   quantità   di   mRNA   nel   controllo   e   nel  campione  tumorale.  Questi  quattro  ricercatori  hanno  svolto  un  ruolo  fondamentale  nella   scoperta   della   struttura   del   DNA.   Watson,   Crick   e   Wilkins   hanno   vinto   il  premio  Nobel  per  la  medicina  nel  1962.  Purtroppo,  il  ruolo  di  Rosalind  Franklin  fu  pienamente  riconosciuto  solo  dopo  la  sua  morte.  

Cluster  2:  i  due  geni  up-­‐regolati  si  chiamano  Thomas  Morgan  e  Barbara  McClintock.  Morgan   (Premio  Nobel   nel   1933)   fu   il   pioniere  degli   studi   di   genetica   classica  nel  moscerino  Drosophila  melanogaster;   Barbara  McClintock   (Premio  Nobel   nel   1983)  scoprì  i  trasposoni  nel  mais,  gli  elementi  mobili  nel  DNA  capaci  di  spostarsi  da  una  posizione   a   un’altra   nel   genoma.   Entrambi   questi   ricercatori   sono   stati   eccellenti  genetisti.  

Cluster   3:   geni   di   un   solo   colore,   cioè   espressi   solo   in   uno   dei   due   tipi   cellulari.  Fleming  (Premio  Nobel  nel  1945)  è  lo  scopritore  della  penicillina;    Monod  (Premio  Nobel   nel   1965)   ha   studiato   la   regolazione   dell’espressione   genica   in   E.coli.  Entrambi  hanno  lavorato  sui  mcroorganismi.    

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Cluster   4:   contiene   due   geni   down-­‐regolati.   Leo   Szilard   fu   uno   dei   primi   fisici   a  studiare   l’energia   atomica.   Si   distinse   anche   per   la   sua   battaglia   contro   l’uso  dell’energia   atomica   come   arma.   Quando   rivolse   i   suoi   interessi   alla   biologia,  organizzò   un   incontro   a   Ginevra   con   altri   scienziati,   tra   cui   James  Watson   e   John  Kendrew  per  discutere  della  fondazione  di  un  laboratorio  internazionale  di  Biologia  Molecolare.   Nel   1963   venne   fondata   la   European  Molecular   Biology   Organization,  EMBO  e  nel   1974   a  Heidelberg   è   stato   fondato   il   Laboratorio  Europeo  di  Biologia  Molecolare  (EMBL).  John  Kendrew  (Nobel  in  Chimica  nel  1962  per  aver  ottenuto  la  prima  struttura  cristallina  di  una  proteina)  è  stato  il  primo  direttore  dell’EMBL.  

In   questo   esempio   di   clustering,   si   trova   facilmente   il   filo   conduttore   che   unisce   i  geni  di  ogni  gruppo.    

NB.  Fate  attenzione  nell’interpretare  i  risultati.  Talvolta  geni  contenuti  nello  stesso  cluster,  possono  non  condividere  similarità;  a  volte   i   risultati  dipendono  dal  modo  con   cui   è   stato   fatto   il   clustering.   Ad   esempio,   i   geni   potrebbero   anche   essere  raggruppati  come  nella  seconda  tabella  (cluster  A  B  C).  A  differenza  di  quanto  visto  con  i  raggruppamenti  precedenti  (1-­‐4),  i  geni  che  si  ritrovano  insieme  nei  cluster  B  e  C  non  sembrano  legati  da  un  filo  conduttore  evidente.  

Cluster   Geni   Verde   Rosso   Regolazione  

A  

James  Watson  Francis  Crick  

Rosalind  Frankling  Maurice  Wilkins  

0  9  1  3  

0  9  1  3  

Nessuna  regolazione  

B  Thomas  Morgan  

Barbara  Mcclintock  Alexander  Fleming  

4  1  0  

8  6  3  

2  volte  up-­‐regolato  6  volte  up-­‐regolato  

up-­‐regolato  

C  Leo  Szilàrd  

John  Kendrew    Jacques  Monod  

9  2  4  

3  1  0  

3  volte  down-­‐regolato  2  volte  down-­‐regolato  

down-­‐regolato    

Utilizzo  dei  Microarrays  per  la  diagnosi  dei  tumori.  

Caso  1.  Diagnosi  differenziale  di  tumori  del  sistema  ematopoietico.    

Premessa  

Il   cancro   è   causato   da   un   danno   a   carico   di   geni   che   controllano   la   divisione  cellulare:  risultato  è  la  mancanza  di  controllo  nella  divisione.  Nelle  cellule  tumorali    si  esprimono  gruppi  di  geni  diversi  da  quelli  espressi  nelle  cellule  normali;   inoltre,  differenti  tipi  di  cancro  esprimono  gruppi  diversi  di  geni.  L’analisi  dell’espressione  genica  aiuta  a  identificare  il  tipo  di  cancro  di  cui  è  affetto  un  paziente.  Nel  1999,  un  gruppo  di  scienziati  americani  utilizzò  i  Microarray  a  DNA  per  distinguere  due  tipi  di  cancro   clinicamente   molto   simili:   ALL   (Leucemia   Linfoblastica   Acuta)   e   AML  (Leucemia   Mieloide   Acuta).   Entrambi   colpiscono   le   cellule   del   midollo   osseo,   la  prima  (ALL)  colpisce  soprattutto   i  giovani,   l’altra  (AML)  è  più  comune  negli  adulti.  Prima   viene   diagnosticata   la   forma   di   leucemia,   più   tempestivamente   vengono  

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effettuati   gli   interventi   terapeutici   corretti.   Sono   stati   identificati   un   gruppo  di   50  geni  che  mostrano  differenze  di  espressione  nei  due  tipi  di  tumori.  

Per  la  classe  

Nei  seguenti  esercizi  utilizzerete  alcuni  di  questi  geni   in  un  piccolo  Microarray  per  verificare  come  questo  tipo  di  analisi  può  essere  impiegata  per  la  diagnosi  di  questi  due  tipi  di  cancro.  Nella  tabella,  per  ciascuno  dei  geni  è  specificato    in  quale  tipo  di  tumore  (ALL  o  AML)  il  gene  è    attivamente  espresso.  I  geni  indicati  come  controllo  sono  geni  espressi  in  entrambi  i  tipi  di  tumore  o  in  nessuno  dei  due:  questi  geni  non  forniscono   nessuna   informazione   circa   il   tipo   di   tumore,  ma   vengono   ugualmente  inseriti   nel   Microarray   per   controllare   che   la   procedura   sperimentale   sia   stata  eseguita  correttamente.      

Posizione   Nome  del  gene   Tipo  di  tumore  in  cui  il  gene  è  attivamente  espresso  

A1   Zyxin   AML  A2   Cyclin  03   ALL  A3   Myosin  light  chain   ALL  A4   HOX  A-­‐9   AML  A5   SNF  2   ALL  B1   Coenzyme  A   ALL  B2   Leptin  receptor   AML  B3   OP  18   ALL  B4   Dynein  light  chain   Nessuno  (controllo)  B5   SRP9   ALL  C1   Actin   Entrambi  (controllo)  C2   IL7  receptor   ALL  C3   CD-­‐33   AML  C4   MCM  3   ALL  C5   LYN   AML  D1   Myc  3   Nessuno  (controllo)  D2   ATPase   AML  D3   SRP  9   AML  D4   CD  19   Nessuno  (controllo)  D5   Catalase   AML  E1   IL8  receptor   AML  E2   Lysozyme   AML  E3   Topoisomerase  II   ALL  E4   Acyl-­‐CoA  Dehydrogenase   ALL  E5   Glucose-­‐6-­‐phosphate   Entrambi  (controllo)  

 

Ora  tocca  a  voi:  provate  a  fare  la  diagnosi  in  questi  3  casi  clinici.  

Avete   tre   pazienti   a   cui   dovete   diagnosticare   il   tipo   di   cancro.   Immaginate   di  prelevare     le   cellule   dal   midollo   osseo   dei   vostri     pazienti,     di     coltivarle,     poi  purificare  l’mRNA  dal  citoplasma,  trasformarlo  in  cDNA  e  utilizzarlo  come  sonda  per  il  Microarray  contenente  i  geni  elencati  nella  tabella  .    

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Il   risultato   della   vostra   analisi   dell’espressione   dei   geni   interessati   è   visibile   nelle  tabelle   seguenti,   relativi  ai   tre  pazienti  X.  Y  e  Z.  Qual  è   la  vostra  diagnosi  per   i   tre  pazienti?  

Risposta:  Il  paziente  X  esprime  5  geni  (A1,  A3,   B1,   B3,   C4)   attivi   in   ALL,   mentre   gli  altri   geni   sono   di   controllo   e   non  forniscono,   pertanto,   nessuna  informazione  significativa.  Si  può  pertanto  concludere   che   il   paziente   X   è   affetto   da  ALL.  

Il  paziente  Y  ha  due  geni  (A4,  B2)  che  sono  altamente  espressi  in  AML,  mentre  gli  altri  sono  geni  di  controllo.    

Diagnosticare  la  presenza  di  AML  è  molto  rischioso   in   base   a   due   soli   geni   attivi,  perché   i   restanti   geni   non   sono   attivi.  L’elevata   espressione   dei   due   geni  potrebbe   essere   associata   a   un   altro   tipo  di   cancro.   Pertanto,   per   questo   paziente  non  si  può  fare  diagnosi.  

Il   paziente  Z  presenta  6   geni   (A1,  A4,  B2,  C3,  D2,  D3)  attivi  in  AML;  i  rimanenti  sono  

geni  di  controllo.  Si  può  concludere  che  il  paziente  Z  è  affetto  da  AML.  

Caso  2:  Diagnosi  differenziale  di  carcinoma  mammario    

Premessa  

Il   carcinoma  mammario   duttale   in   situ   è   una   forma   non   invasiva   ("in   situ")   di  carcinoma  mammario  caratterizato  dalla  proliferazione  di  cellule  epiteliali  maligne  all'interno   del   dotto,   senza   invasione   della   membrana   basale.   Pertanto   non  essendoci   infiltrazione   di   vasi   sanguigni   e   linfatici,   queste   lesioni   sono  sostanzialmente  incapaci  di  metastatizzare.  Il  carcinoma  mammario  infiltrante  è  una  forma  invasiva  di  carcinoma  mammario  caratterizzato   dalla   proliferazione   di   cellule   epiteliali   maligne   all'interno   e  all’esterno   del   dotto,   con   invasione   della   membrana   basale.   Pertanto,   essendo  presente   infiltrazione   di   vasi   sanguigni   e   linfatici,   queste   lesioni   sono   in   grado   di  metastatizzare.  È  molto   importante  diagnosticare   il   carcinoma  allo   stadio  non   infiltrante,   essendo  ormai   ampiamente   accettato   il   concetto   che   buona   parte   dei   carcinomi   infiltranti  origina  dal  carcinoma   in  situ.  È   infatti  molto  probabile  che   il   carcinoma   in  situ  sia  una  tappa  obbligata  nello  sviluppo  della  forma  infiltrante.  

Risultato  del  Microarray  per  il  paziente  X     1   2   3   4   5  A     *   *      B   *     *      C   *       *    D            E       *     *  

 Risultato  del  Microarray  per  il  paziente  Y     1   2   3   4   5  A         *    B     *        C   *          D            E           *  

 Risultato  del  Microarray  per  il  paziente  Z     1   2   3   4   5  A   *       *    B     *        C   *     *      D     *   *      E           *  

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Per  la  classe  

Immaginate   di   avere   a   disposizione   due   repliche   di   uno   stesso  Microarray   su   cui  sono   state   depositate   20   sonde   relative   a   20   geni   la   cui   funzione   è   rilevante   nel  tessuto  mammario.  I  geni  sono  denominati  con  le  lettere  A  B  C  D  E  F  G  H  I  J  K  L  M  N  O  P  Q  R  S  T.  Entrambi  i  Microarray  contengono  le  stesse  sonde.  Ciascun  chip  è  stato  messo  a  contatto  con  RNA  (o  cDNA)  estratto  da  cellule  normali  (controllo)  marcato  con   un   tracciante   verde   e   contemporaneamente   con   RNA   (o   cDNA)   estratto   da  tumore,  marcato  da  un  tracciante  rosso.  Per  ciascuno  dei  due  chip  vengono  utilizzati  2  estratti   tumorali  diversi   (Carcinoma   intraduttale   in   situ  e  Carcinoma  mammario  infiltrante).    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uno  spot  verde  indica  che  il  gene  è  molto  più  attivo  nel  tessuto  normale  rispetto  al  tumore  (da-­‐1  a-­‐4).  Uno  spot  rosso  indica  che  il  gene  è  molto  più  attivo  nel  tumore  (da+1  a  +4).  I  colori  intermedi  indicano  che  il  gene  in  questione  è  attivo  in  entrambe  le  linee  cellulari  con  diversi  gradi  di  espressione  che  producono  le  diverse  sfumature.    Il  colore  giallo  indica  che  il  gene  è  ugualmente  espresso  nel  tumore  e  nelle  cellule  normali.  Il   colore   nero   indica   che   il   gene   non   è   espresso,   nè   nelle   cellule   normali   nè   nelle   cellule  tumorali.  

 Scopo   dell’esperimento   è   quello   di   identificare   un   profilo   di   espressione   tumore-­‐specifico   e,   possibilmente,   correlare   i   vari   profili   di   espressione   con   la   malignità  attraverso  l’assegnazione  di  punteggi  relativi  all’espressione  genica  per  ogni  livello  di  colore  dello  spot.   I  punteggi  vanno  poi  riportati  su  un  grafico,  che  permette  una  visualizzazione  più  immediata  delle  differenze  di  espressione  nei  due  tipi  di  tumore.  

 

Cellule  normali  del  dotto  mammario  :  Verde  Carcinoma  duttale  infiltrante:  Rosso  

Cellule  normali  del  dotto  mammario  :  Verde  Carcinoma  duttale  in  situ:  Rosso  

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Quali  punti  assegnare  ai  singoli  spot  dei  due  microchip  ?  (+1)   ( 0)   (-2)   (-1)         (+4)   ( 0)   (-2)   (-3)  (+3)   (-2)   (-1)   (-3)         (+3)   (-2)   (+2)   (-3)  (+4)   (-1)   (-2)   (-3)         (+4)   (-3)   (-2)   (+3)  (+3)   (-3)   (-4)   (+1)         (+3)   (-3)   (-4)   (+1) ( 0)   (+2)   (+4)   ( 0)         (+4)   (+2)   (+4)   ( 0)  

Nel  primo  microchip  il  gene  A  è  espresso  sia  nelle  cellule  tumorali  che  nelle  cellule  normali  con  una  lieve  sovrabbondanza  per  le  cellule  tumorali;  il  gene  B  è  espresso  in  entrambe  i  tipi  cellulari  in  uguale  quantità;  il  gene  C  è  espresso  maggiormente  nelle  cellule  normali;  il  gene  D  è  espresso  sia  nelle  cellule  tumorali  che  nelle  cellule  normali,  con  una  lieve  sovrabbondanza  nelle  cellule  normali;  il  gene  E  è  espresso  o  è  molto  più  attivo  nelle  cellule  tumorali,  come  anche  i  geni    I  e  M,  R  e  S;  e  così  via.    Possiamo  eseguire  un  confronto  tra  i  due  microchip  con  le  seguenti  osservazioni:  1)  Ci  sono  geni  che  sono  più  attivi  nel  tessuto  normale  o  in  quello  tumorale?  Il  gene  C  è  più  attivo  nelle  cellule  normali,  così  come  i  geni  D  F  H  J  K    N  O.  Il  gene  A  è  maggiormente  espresso  nelle  cellule  tumorali,  come  anche  E  I  M  R  S.  Il  gene  G  è  espresso  nelle  cellule  del  carcinoma   infiltrante  mentre  non  è  espresso  nelle  cellule  del  carcinoma  papillare  in  situ    Il  gene  Q  è  attivo  solo  nelle  cellule  del  carcinoma  infiltrante,  mentre  è  inattivo  nel  tessuto  normale  e  nel  carcinoma  in  situ    Il  gene  T  è  inattivo  sia  nelle  cellule  normali  che  tumorali  2)  Ci  sono  geni  che  hanno  comportamento  simile  fra  le  due  forme  di  carcinoma?  Sì,  la  maggior  parte  .  I  geni  B    C    E    F  H    I    K    L    M  N  O  P  R  S.  3)  Ci  sono  geni  che  sono  più  attivi  nel  tumore  maligno?  Il  gene  A  è  up-­‐regolato  nel  carcinoma  infiltrante,  come  anche  i  geni  G,  L  e  Q.