il vangelo secondo matteo - webdiocesi – la tua … · 2007-12-04 · la maggioranza degli...

21
IL VANGELO SECONDO MATTEO Incontro dei Sacerdoti Alba, Seminario 13 novembre 2007 1. Autore Il nome Matteo compare nell’elenco dei Dodici in tutti e tre i vangeli sinottici; del personaggio cogliamo qualche notizia in più – per altro minima – nel vangelo che porta il suo nome: era pubblicano, cioè esattore delle tasse per i romani (Mt 10,3) e, proprio mentre stava compiendo il suo lavoro, era stato chiamato da Gesù e lo aveva seguito (Mt 9,9). Questo pubblicano, negli altri vangeli, viene indicato come Levi (Mc 2,14; Lc 5,27). Un’antica notizia, contenuta negli scritti di Papia di Gerapoli e di S. Ireneo (II secolo d.C.), parla di una composizione del vangelo in “lingua ebraica” (cioè nella lingua parlata dagli ebrei al tempo di Gesù, vale a dire il dialetto aramaico). Anche se a noi questo “originale ebraico” non è pervenuto, è certamente innegabile uno sfondo palestinese al vangelo secondo Matteo (si vedano le caratteristiche della lingua, il modo di procedere nelle narrazioni, i richiami alle usanze religiose ebraiche, il costante confronto con le Scritture). Il vangelo che però possediamo noi non può essere opera di un testimone oculare di Gesù (l’apostolo Matteo); infatti suppone una lunga tradizione storica e un’evoluzione molto maturata dei ricordi. Tra l’altro, segue il testo di Marco (che non fu scritto da un testimone oculare di Gesù!). Inoltre, quello che possediamo, è un vangelo scritto direttamente in greco e non una traduzione dall’ebraico. Ciò che resta innegabile è il sottofondo culturale palestinese. L’autore del vangelo sarebbe dunque un giudeo cristiano della diaspora, che scrive per un Chiesa impegnata in un confronto serrato con l’ebraismo rinato negli ultimi decenni del I secolo dopo Cristo e si serve di prezioso materiale riferibile a primitive testimonianze originate nella Chiesa palestinese primitiva di cui l’apostolo Matteo potrebbe essere stato un autorevole rappresentante e quindi trovarsi così – questa volta con ragione – alla radice di tutto lo scritto. 2. Luogo e data di composizione La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in modo predominante da convertiti dal giudaismo. Lo dimostra il suo linguaggio giudaizzante («Padre celeste», «Regno dei cieli») e improntato al linguaggio religioso ebraico («legare e sciogliere», «giogo») e la sua abitudine a riferirsi a tradizioni cultuali palestinesi («l’offerta sull’altare», cfr. Mt 5,23; il comportamento dei sacerdoti di sabato, cfr. Mt 12,5…). Tuttavia i riferimenti all’ebraismo non sono sereni e denunciano una forte tensione all’interno della comunità. Tutto questo ha rilevanza anche per la data di composizione, per la quale bisogna scendere dopo il 70 d.C.: ne sono una conferma sia la dipendenza del vangelo di Matteo da quello di Marco, sia l’allusione abbastanza chiara alla caduta di Gerusalemme (avvenuta appunto nel 70 d.C.). Comunemente ci si orienta verso l’anno 80 d.C. Abbastanza comune, tra gli studiosi, è l’ipotesi della chiesa di Antiochia, nell’alta Siria, come patria del vangelo secondo Matteo. Si tratta infatti di una chiesa fiorente, di origine palestinese, in una zona in cui si erano concentrati numerosi gli ebrei fuggiti dalla madrepatria dopo la caduta di Gerusalemme del 70 d.C. In sintesi, il Vangelo sarebbe nato nella comunità giudeo-cristiana di Antiochia di Siria, circa l’anno 80 d.C.

Upload: nguyenanh

Post on 24-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

IL VANGELO SECONDO MATTEO

Incontro dei Sacerdoti Alba, Seminario

13 novembre 2007

1. Autore Il nome Matteo compare nell’elenco dei Dodici in tutti e tre i vangeli sinottici; del

personaggio cogliamo qualche notizia in più – per altro minima – nel vangelo che porta il suo nome: era pubblicano, cioè esattore delle tasse per i romani (Mt 10,3) e, proprio mentre stava compiendo il suo lavoro, era stato chiamato da Gesù e lo aveva seguito (Mt 9,9). Questo pubblicano, negli altri vangeli, viene indicato come Levi (Mc 2,14; Lc 5,27).

Un’antica notizia, contenuta negli scritti di Papia di Gerapoli e di S. Ireneo (II secolo d.C.), parla di una composizione del vangelo in “lingua ebraica” (cioè nella lingua parlata dagli ebrei al tempo di Gesù, vale a dire il dialetto aramaico). Anche se a noi questo “originale ebraico” non è pervenuto, è certamente innegabile uno sfondo palestinese al vangelo secondo Matteo (si vedano le caratteristiche della lingua, il modo di procedere nelle narrazioni, i richiami alle usanze religiose ebraiche, il costante confronto con le Scritture).

Il vangelo che però possediamo noi non può essere opera di un testimone oculare di Gesù (l’apostolo Matteo); infatti suppone una lunga tradizione storica e un’evoluzione molto maturata dei ricordi. Tra l’altro, segue il testo di Marco (che non fu scritto da un testimone oculare di Gesù!).

Inoltre, quello che possediamo, è un vangelo scritto direttamente in greco e non una traduzione dall’ebraico. Ciò che resta innegabile è il sottofondo culturale palestinese.

L’autore del vangelo sarebbe dunque un giudeo cristiano della diaspora, che scrive per un Chiesa impegnata in un confronto serrato con l’ebraismo rinato negli ultimi decenni del I secolo dopo Cristo e si serve di prezioso materiale riferibile a primitive testimonianze originate nella Chiesa palestinese primitiva di cui l’apostolo Matteo potrebbe essere stato un autorevole rappresentante e quindi trovarsi così – questa volta con ragione – alla radice di tutto lo scritto.

2. Luogo e data di composizione

La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in modo predominante da convertiti dal giudaismo. Lo dimostra il suo linguaggio giudaizzante («Padre celeste», «Regno dei cieli») e improntato al linguaggio religioso ebraico («legare e sciogliere», «giogo») e la sua abitudine a riferirsi a tradizioni cultuali palestinesi («l’offerta sull’altare», cfr. Mt 5,23; il comportamento dei sacerdoti di sabato, cfr. Mt 12,5…). Tuttavia i riferimenti all’ebraismo non sono sereni e denunciano una forte tensione all’interno della comunità.

Tutto questo ha rilevanza anche per la data di composizione, per la quale bisogna scendere dopo il 70 d.C.: ne sono una conferma sia la dipendenza del vangelo di Matteo da quello di Marco, sia l’allusione abbastanza chiara alla caduta di Gerusalemme (avvenuta appunto nel 70 d.C.). Comunemente ci si orienta verso l’anno 80 d.C.

Abbastanza comune, tra gli studiosi, è l’ipotesi della chiesa di Antiochia, nell’alta Siria, come patria del vangelo secondo Matteo. Si tratta infatti di una chiesa fiorente, di origine palestinese, in una zona in cui si erano concentrati numerosi gli ebrei fuggiti dalla madrepatria dopo la caduta di Gerusalemme del 70 d.C.

In sintesi, il Vangelo sarebbe nato nella comunità giudeo-cristiana di Antiochia di Siria, circa l’anno 80 d.C.

Page 2: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

3. Caratteristiche del Vangelo di Matteo - anzitutto il suo schema: infanzia di Gesù; racconto della vita pubblica di Gesù dove la

narrazione è inframmezzata da cinque discorsi; racconto della passione morte e risurrezione, con alcuni aspetti che richiamano, come un’inclusione, i racconti dell’infanzia.

- Matteo riferisce i discorsi di Gesù: egli riprende i pochi detti di Gesù contenuti nel vangelo di Marco e li amplia in raccolte distese e articolate.

- Nella narrazione di Matteo, Gesù viene presentato come “l’unico Maestro”. I cinque discorsi che campeggiano come pilastri nella costruzione dell’intero Vangelo, mostrano come l’unico Maestro da seguire sia Gesù

4. Schema del Vangelo Come lavoro preliminare, offriamo ancora uno schema della possibile suddivisione del

contenuto dell’intero vangelo secondo Matteo.

1,1-2,23 Introduzione: Origine e infanzia di Gesù, il Messia 1. Identità di Gesù 2. Nascita e destino di Gesù 3,1-7,29 Prima parte: Proclamazione del Regno 1. Narrazione: ministero di Giovanni Battista, battesimo di Gesù, le tentazioni, inizio del ministero di Gesù in Galilea 2. Primo discorso: Discorso della montagna 8,1-10,42 Seconda parte: Ministero e missione in Galilea 1. Narrazione (con breve dialogo): nove miracoli, consistenti in guarigioni, una tempesta sedata, un esorcismo 2. Secondo discorso: Discorso missionario 11,1-13,52 Terza parte: Discussione su Gesù e opposizione 1. Ambientazione narrativa per insegnamento e dialogo: Gesù e Giovanni Battista, guai agli increduli, rendimento di grazie per la rivelazione, controversie sul sabato e sul potere di Gesù, la famiglia di Gesù 2. Terzo discorso: Discorso in parabole 13,53-18,35 Quarta parte: Cristologia ed ecclesiologia 1. Narrazione (con ampio dialogo): rifiuto a Nazaret, prima moltiplicazione dei pani e camminata sulle acque, controversie con i farisei, guarigioni, seconda moltiplicazione dei pani, confessione di Pietro, prima predizione della passione, trasfigurazione, seconda predizione della passione 2. Quarto discorso: Discorso sulla Chiesa (ecclesiologico) 19,1-25,46 Quinta parte: Viaggio e ministero a Gerusalemme 1. Narrazione (con ampio dialogo): insegnamento, parabole di giudizio, terzo annuncio della passione, ingresso a Gerusalemme, purificazione del Tempio, scontri con le autorità 2. Quinto discorso: Discorso escatologico (sulle realtà ultime)

Page 3: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

26,1-28,30 Sesta parte: Passione, morte e risurrezione 1. Cospirazione contro Gesù, Ultima Cena 2. Arresto, processi (giudaico e romano), crocifissione e morte 3. Sepoltura, guardie al sepolcro, apertura della tomba, corruzione delle guardie (per far loro dire di un trafugamento), apparizioni dopo la risurrezione 5. Il contenuto del Vangelo 5.1. Introduzione: origine e infanzia di Gesù, il Messia (1,1 - 2,23)

È una sezione caratteristica che rappresenta lo stadio più tardivo della riflessione della Chiesa sul mistero di Cristo. Si tratta di una specie di proscenio dell’esistenza storica di Gesù, di un avancorpo, strettamente unito al resto del Vangelo, poiché ne anticipa le tematiche essenziali, che vengono riprese alla fine dell’opera. Gesù è il messia, preannunciato dalle scritture, ma misconosciuto e rifiutato fin dal suo ingresso nel mondo dalle autorità giudaiche, mentre è adorato dai magi. La loro venuta preludeva alla missione universale di salvezza, che Gesù avrebbe affidato agli apostoli sul monte della Galilea, dopo la risurrezione, essendogli stato dato «ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18).

Anche Luca premette all’opera il “vangelo dell’infanzia”. Dal confronto dei rispettivi racconti emerge l’indipendenza dei due evangelisti, che tuttavia convergono su alcuni punti fondamentali come la concezione verginale di Gesù per opera dello Spirito Santo, sulla sua nascita a Betlemme, sulla sua dimora e crescita a Nazaret.

Caratteristico di Matteo è l’inizio del Vangelo con la lunga “genealogia di Gesù”: essa introduce nella storia di Gesù un’ampia parte della storia di Israele, comprendendo i patriarchi (i primi quattordici nomi), i re (i secondi quattordici) ed anche gli sconosciuti (i terzi quattordici). L’interruzione del modello in 1,16 (non “Giuseppe generò Gesù”, ma «da Maria nacque Gesù») prepara la strada alla maniera straordinaria del concepimento di Gesù (Mt 1,18-25). Come in Lc 1, Maria concepisce Gesù non da seme maschile, ma dallo Spirito Santo. Nel libro della genealogia di Matteo, una nuova azione creativa porta all’esistenza il Messia, in un modo che lo pone unicamente in relazione a Dio. Ma egli è anche il regale figlio di Davide, perché Giuseppe, della casa di Davide, lo riconosce come suo figlio prendendo Maria, sua moglie, in casa e dando un nome al bambino. Così Giuseppe, un giudeo molto osservante della legge (Mt 1,19), diventa il realizzatore del piano di Dio iniziato molto tempo prima, quando Abramo generò Isacco. Questo primo capitolo del vangelo di Matteo dice ai lettori chi è Gesù (il Messia, concepito in modo eccezionale dallo Spirito Santo, Emmanuele, Dio con noi) e come questo si determinò.

5.2. Prima parte: Proclamazione del Regno (3,1-7,29)

Questa parte del vangelo di Matteo si apre con una sezione narrativa che presenta la preparazione del ministero pubblico di Gesù e l’inizio della sua attività pubblica.

Nella presentazione della preparazione del ministero di pubblico di Gesù (Mt 3,1-4,11) abbiamo un trittico che segna l’inizio del Vangelo propriamente detto, oggetto della comune testimonianza degli apostoli: invece la cosiddetta “storia dell’infanzia” proviene da tradizioni particolari, formatesi e tramandate in qualche comunità cristiana.

La sezione della presentazione del ministero di Gesù si articola attorno a tre nuclei: la predicazione penitenziale del Battista, il battesimo, le tentazioni a cui Gesù viene sottoposto. Sotto il profilo dottrinale è molto importante questa trilogia premessa al ministero pubblico di Gesù, perché ne preannunzia le caratteristiche fondamentali: egli avrà la missione di instaurare il Regno di Dio tra gli uomini non con un’azione messianica politica e trionfalistica, ma ponendosi sulla scia del Servo sofferente di YHWH. Gesù deve farsi solidale con i peccatori per redimerli, espiando le loro colpe con l’offerta della propria vita. Satana cerca inutilmente di distoglierlo da questo

Page 4: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

cammino difficile per metterlo in dissidio con il volere del Padre, che l’aveva predestinato ad essere vittima di espiazione per i peccati del mondo.

Matteo e Luca hanno in comune con Marco questa prima parte circa la preparazione del ministero di Gesù, ma per la predicazione penitenziale e messianica del Battista e per la tentazione di Gesù dipendono entrambi soprattutto dalla fonte “Q”. Per non travisare il senso di questo trittico iniziale del Vangelo è indispensabile interpretarlo in chiave cristologica. Il significato esortativo di questa sezione scaturisce dalla realtà oggettiva dei fatti, nei quali il Figlio di Dio appare coinvolto nella medesima sorte dell’umanità peccatrice, allo scopo di redimerla dalla schiavitù di Satana.

Matteo fa seguire al trittico iniziale del vangelo tre quadri riassuntivi come preparazione al discorso successivo della montagna: dapprima presenta la cornice geografica del ministero di Gesù con l’inizio della sua predicazione (Mt 4,12-17), poi ricorda la chiamata dei primi quattro discepoli (Mt 4,18-22), infine descrive il successo del ministero itinerante caratterizzato dalla proclamazione del Regno di Dio e dalla guarigione miracolosa dei malati (Mt 4,23-25). Per i primi due quadri – cornice geografica e chiamata dei primi quattro – Matteo sembra seguire la trama narrativa di Marco, ma apporta delle modifiche interessanti. Anche per Matteo l’inizio del ministero di Gesù coincide con la fine di quello del Battista, ma la scelta della città di Cafarnao, operata da Matteo, «nel territorio di Nabulon e di Neftali» non è casuale, perché rappresentava l’adempimento di una profezia di Isaia. Nel terzo quadro l’evangelista lascia il filo conduttore di Marco e redige un sommario per creare lo scenario del discorso programmatico della montagna.

Il discorso della montagna (Mt 5-7) è la prima grande composizione didattica di Matteo, che esprime il suo genio letterario e il suo interesse per l’insegnamento di Gesù. Si tratta di un’ampia raccolta di detti del Signore, che da una parte ha lo scopo di rivelare l’amore sommo del Padre nell’attuazione del suo Regno attraverso la missione di Cristo, e dall’altra mira a fornire una sintesi delle esigenze etiche per la condotta del discepolo perfetto. Alla manifestazione del regno deve corrispondere da parte del credente un modo nuovo di pensare e di agire, che si concretizza nell’amore per il prossimo.

Il discorso si apre con la proclamazione delle beatitudini (Mt 5,3-12); gli sviluppi principali sono dati dal tema della “giustizia superiore”, illustrato con sei antitesi (Mt 5,17-48), dal tema della sincerità e dall’indicazione del modo con cui praticare le tre opere della “nuova giustizia” (Mt 6,1-18): elemosina, preghiera e digiuno; seguono alcune esortazioni sul distacco dai beni terreni e sull’abbandono alla Provvidenza (Mt 6,19-34). Il capitolo 7 propone una serie di norme circa la carità fraterna, la preghiera fiduciosa, la necessità di scegliere la via stretta e di mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù. Parte di questo materiale si trova nella sezione parallela di Luca, il cosiddetto discorso della pianura (Lc 6,20-49), e parte nel contesto del lungo viaggio di Gesù verso Gerusalemme (Lc 9,51-27).

Il discorso della montagna è la più grande composizione di Matteo, un capolavoro armonioso di insegnamento etico e religioso1. Più di ogni altro maestro di moralità, il Gesù Maestro insegna con autorità ed è proprio questo potere divino, questa “autorità superiore” che rende possibile una nuova esistenza.

5.3. Seconda parte: Ministero e missione in Galilea (8,1-10,42) Al discorso della montagna segue una sezione narrativa che riporta dieci miracoli di Gesù, non

secondo un criterio cronologico, bensì sistematico. Si hanno tre serie di miracoli, intercalate da due intermezzi, che riguardano il discepolato. Anzitutto abbiamo tre miracoli di guarigione (Mt 8,1-17): un lebbroso, il giovane servo del centurione e la suocera di Pietro, con un sommario in cui si parla di molti ammalati. Tra i molti che sono attratti dal potere di Gesù, uno scriba che desidera seguirlo lo induce a commentare le severe esigenze del discepolato (Mt 8,18-22): questa parte costituisce un primo intermezzo. Esso è seguito da tre atti di potenza sugli elementi della natura, sui demoni e sul peccato (Mt 8,23-9,8). Poi, ancora un secondo intermezzo con la narrazione della vocazione di

1 R. E. BROWN, Introduzione al Nuovo Testamento (Brescia 2001) 261.

Page 5: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

Matteo e la discussione sul digiuno (Mt 9,9-17). Infine, ancora un terzo raggruppamento di prodigi con la guarigione della figlia di Giairo insieme all’emorroissa, due ciechi e un muto indemoniato (Mt 9,18-34). Questi ultimi tre episodi preparano il riconoscimento che la messe delle folle ha bisogno di operai (Mt 9,35-38) il che, a sua volta, porta Gesù a rivolgersi agli operai che ha scelto e sta per mandare in missione.

Così anche questa seconda parte, dopo la sezione narrativa contiene un discorso, il secondo nel vangelo di Matteo, il discorso di missione (Mt 10).

L’evangelista premette la scelta dei Dodici, che invece Luca colloca prima del discorso della pianura secondo il contesto offerto da Marco. Anche in questo discorso, Matteo raccoglie parecchi detti di Gesù riguardanti la missione. Ai Dodici Gesù affida il suo potere di proclamare il Regno di Dio. Matteo si ferma all’enumerazione dei nomi dei dodici ‘apostoli’, mettendo così in relazione la missione dei discepoli durante il ministero con la missione apostolica dopo la risurrezione (Mt 28,16-20). Anche prima di essere crocifisso, Gesù sapeva che altri avevano da giocare un ruolo nella diffusione della buona notizia del Regno e le direttive del discorso hanno una forza permanente nella missione cristiana conosciuta dai lettori di Matteo. Il discorso inizia con l’invito a non rivolgersi ai pagani e ai samaritani, ma alle «pecore perdute della casa di Israele». E questo può riflettere la storia del cristianesimo matteano che dovette consistere, da principio, quasi esclusivamente in una missione rivolta ai giudei e solo successivamente in una missione per i gentili (Mt 28,29: «fate discepoli tutti i popoli»). Un unico motivo dottrinale conferisce unità alla composizione di Matteo: Gesù affida ai Dodici l’incarico della missione come prolungamento del suo ministero. Nella seconda parte del discorso missionario emerge invece la situazione della comunità cristiana nel tempo dell’evangelista: esistono tensioni, provocate dalle persecuzioni degli avversari esterni, ma emergono pure difficoltà interne che travagliano la Chiesa. Matteo con questa composizione ribadisce la necessità di una fede intrepida e di una piena conformità a Cristo. La conclusione del discorso (Mt 10,40-42) sottolinea la correlazione tra Gesù e coloro che sono inviati: ricevere loro è ricevere lui e ricevere lui è ricevere Dio che lo ha mandato. Così la missione dei discepoli implica l’estensione a tutti della salvezza di Dio.

5.4. Terza parte: Discussione su Gesù e opposizione (11,1-13,52)

Anche in questa parte del vangelo di Matteo troviamo due sezioni, una di tipo narrativo con l’opposizione a Gesù, Maestro incompreso e calunniato e una seconda con il terzo dei grandi discorsi di Gesù contenuti in questo vangelo: il discorso in parabole.

L’attività di Gesù provoca scandalo e contrasti, come emerge dalla lettura dei capitoli 11 e 12 del Vangelo. La delegazione del Battista consente al Maestro di chiarire la natura del vero messianismo che non consiste in un giudizio di condanna. Gesù non ha la missione di sterminare i peccatori con la scure e il ventilabro in mano; egli è invece venuto per guarire i malati e per annunziare la liberazione ai prigionieri. Mentre la gente semplice si apre con gioia al suo messaggio di salvezza, le autorità giudaiche incominciano ad osteggiarlo e ad insinuare che era alleato di Satana. Ma se l’annuncio del Regno è ostacolato dai capi, intorno a Gesù si stringe sempre più intimamente una schiera di discepoli, che formeranno con lui una vera famiglia, la comunità messianica. Quasi tutto il materiale del capitolo 11 di Matteo è comune a Luca; nel capitolo 12 Matteo invece riprende il filo di Marco a partire dal quarto conflitto con i farisei (Mc 2,23-28). Le tre controversie precedenti sono state utilizzate da Matteo nella sezione narrativa dei miracoli (Mt 9,1-17).

A questa parte che ci presenta Gesù come incompreso e calunniato, segue il discorso in parabole (Mt 13,1-52). È il terzo grande discorso che troviamo nel vangelo di Matteo e consta di sette parabole: del seminatore; della zizzania; del grano di senapa; del lievito; del tesoro nascosto in un campo e della perla preziosa; della rete gettata in mare che raccoglie ogni genere di pesci. Questo discorso ha lo scopo di approfondire la natura del “Regno”, che non va concepito come un dominio politico, ma come una realtà misteriosa, già presente e operante attraverso la persona di Gesù. Nonostante la lentezza e l’insignificanza della sua opera, che incontra resistenze e ostacoli da parte dei capi dei giudei, egli assicura ai discepoli che Dio sta attuando la salvezza. Nella prima parte del

Page 6: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

discorso (vv. 1-35), Matteo elabora e amplifica la fonte marciana; nella seconda (vv. 36-52) riporta invece del materiale proprio, cambiando lo scenario: mentre nella prima parte Gesù si rivolge alle folle, nella seconda parla in privato ai discepoli.

Il discorso termina con il sommario, anch’esso parabilico, del padrone di casa e del tesoro nuovo e antico (Mt 13,51-52). Gli ascoltatori che rispondono di aver compreso le parabole sono come scribi istruiti, che comprendono la nuova rivelazione in Gesù e l’antica rivelazione in Mosè. L’evangelista probabilmente si considerava in questa luce.

5.5. Quarta parte: Cristologia ed ecclesiologia (13,53-18,35)

Nella quarta parte del Vangelo ci si addentra nelle tematiche cristologica ed ecclesiologica, quest’ultima messa particolarmente in risalto nel quarto discorso contenuto in questo vangelo, il cosiddetto discorso ecclesiologico (sulla chiesa). Matteo connette cristologia ed ecclesiologia, poiché gli apostoli devono insegnare e interpretare tutto ciò che Gesù ha loro comandato.

Non è facile cogliere il filo logico di questa lunga sezione narrativa. Si nota un progressivo distacco di Gesù dal popolo giudaico per dedicarsi alla formazione e alla crescita di un gruppo ristretto di discepoli che costituiranno il nucleo del futuro popolo di Dio. All’interno della sezione, si distinguono tre suddivisioni principali:

1. 13,53-14,12: Gesù è respinto dai nazaretani, spiato da Erode Antipa, il quale fa decapitare il Battista, triste presagio di una stessa fine per Gesù

2. 14,13-16,12: la cosiddetta “sezione dei pani”, che suggerisce l’idea di un nuovo esodo per il popolo di Dio, liberato dal giogo opprimente delle prescrizioni giudaiche e aperto tutte le genti

3. 16,13-17,27: la professione di fede messianica di Pietro, che segna una svolta decisiva nel ministero di Gesù, il quale si rivela come “Servo sofferente”.

Matteo segue lo schema di Marco per tutta la sezione, ma elaborando il materiale in modo personale e introducendo tre episodi – che troviamo solo nel vangelo di Matteo – che sottolineano il ruolo del primato di Pietro in seno alla comunità: il cammino dell’apostolo sulle acque (Mt 14,28-31), la promessa del primato (Mt 16,17-19), il versamento del tributo per il tempio (Mt 17,24-27).

Questa sezione narrativa, incentrata sulla costituzione e formazione del gruppo dei discepoli, all’interno del quale un ruolo primaziale sarà quello dell’apostolo Pietro, prepara il contesto per il discorso sulla chiesa (Mt 18).

È il quarto discorso e raggruppa gli insegnamenti di Gesù circa la vita della comunità cristiana. L’evangelista non intende offrire uno statuto, analogo ad esempio alla regola della comunità di Qumrân, ma soltanto una raccolta di detti del Maestro, di tipo sapienziali e profetico. Anche se una chiesa strutturata diventa il modo in cui sono preservate la tradizione e la memoria di Gesù, Matteo riconosce però il pericolo che ogni struttura stabilita in questo mondo tende ad assumere i suoi valori dalle altre strutture che la circondano. Il discorso ecclesiologico intende assicurare che questi valori non soffocano i valori di Gesù.

È possibile distinguere un dittico. Il primo pannello (vv. 1-20) è introdotto da una domanda dei discepoli sul più grande di loro e si incentra sul concetto evangelico della vera grandezza nel regno e dell’autorità come servizio, in favore soprattutto dei più umili ed emarginati nella comunità; nel quadro dei valori di Gesù gli umili sono più importanti dei potenti, perché la dipendenza da Dio è ciò che rende aperti alla sovranità di Dio e perciò il bambino è presentato come esempio. La domanda di Pietro introduce poi il secondo quadro (vv. 21-35), che sviluppa il tema del perdono illimitato. Queste tematiche sono ovviamente adattate alla situazione ecclesiale. Il perdono cristiano consiste nell’imitare l’illimitata estensione del perdono di Dio, come viene confermato dall’eloquente parabola del servo senza misericordia (Mt 18,23-35), che invoca il giudizio divino su quelli che rifiutano di perdonare. Tutto ciò ha un’applicazione moto realistica nella vita della comunità, poiché il numero di persone che si allontanano dalla Chiesa per non aver trovato perdono è incalcolabile. Complessivamente, nella misura in cui le chiese ascoltano Gesù che parla ai suoi discepoli in questo capitolo conserveranno vivo il suo spirito, invece di commemorarlo. Allora Mt

Page 7: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

18,20 si compirà: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro». Matteo segue l’ordine di Marco, ma poi aggiunge altro materiale derivato da “Q” e da fonti particolari, per formare una unità redazionale molto ricca di spunti dottrinali circa la prassi della vita comunitaria.

6.5. Quinta parte: Viaggio e ministero a Gerusalemme (19,1-25,46) Gesù lascia la Galilea e si dirige verso Gerusalemme. Il ministero pubblico è finito, secondo

l’ottica di Matteo; Gesù ora si dedica alla formazione dei discepoli, lungo il viaggio verso Gerusalemme (cc. 19-20), illustrando le condizioni per entrare nel regno dei cieli. Nella seconda parte della sezione (cc. 21-23), ambientata a Gerusalemme, viene descritto lo scontro frontale tra Gesù e i capi dei giudei; il capitolo 23 conclude in modo impressionante il confronto, con sette “guai” minacciosi. Matteo continua a seguire il filo conduttore di Marco, ma nella prima parte introduce due brani propri: il dialogo sul celibato volontario (Mt 19,10-12) e la parabola degli operai inviati nella vigna (Mt 20,1-16). Nella seconda parte aggiunge la parabola dei due figli mandati entrambi a lavorare nella vigna del padre (Mt 21,28-32) e delle nozze regali (Mt 22,1-14); i severi rimproveri contro gli esponenti dei giudei che chiudono il capitolo 23 sembrano invece desunti dalla fonte “Q”. Il capitolo si conclude propriamente con un’apostrofe alla città di Gerusalemme: Gesù non è riuscito a persuadere la città. Perciò la sua casa (il Tempio) è abbandonata e desolata, e Gerusalemme non vedrà più Gesù fino a quando essa non dirà «Benedetto colui che viene nel nome del Signore».

Matteo ha così preparato la strada per un lungo discorso sugli ultimi tempi, il cosiddetto discorso escatologico, l’ultimo dei cinque grandi discorsi che ritmano il Vangelo. Qui, la condanna definitiva del giudaismo viene associata al giudizio escatologico e al trionfo del Figlio dell’Uomo nella parusia. Matteo, pur attenendosi ai dati tradizionali, elabora una composizione grandiosa, incentrata sulla venuta finale del Signore glorioso nella “consumazione del secolo”. La forte concentrazione cristologica non gli impedisce di insistere in modo esortativo sui temi della vigilanza e della pratica del comandamento dell’amore, per essere trovati pronti alla venuta del Figlio dell’Uomo. Matteo ha le stesse sequenze di Marco sino alla parabola del fico (Mt 24,32-36), ma poi prosegue con alcune parabole sulla vigilanza e sull’impegno cristiano, che in parte sono comuni con Luca; il brano sul giudizio finale – il grandioso giudizio universale! – è invece specifico di Matteo (Mt 25,31-46). Poiché il Figlio dell’Uomo parla di Dio come “mio Padre”, si tratta del Figlio di Dio nel contesto apocalittico del giudizio del mondo intero. L’ammirevole principio che il verdetto è basato sul trattamento riservato agli emarginati è l’ultimo avvertimento del Gesù di Matteo ai suoi seguaci ed alla Chiesa, con la richiesta di uno stile religioso molto differente sia da quello degli scribi e farisei criticati nel capitolo 23, sia da quello di un mondo che presta maggiore attenzione ai ricchi e ai potenti.

7.5. Sesta parte: Passione, morte e risurrezione (26,1-28,30)

È la sezione più unitaria e, come in Marco, costituisce il culmine di tutto il Vangelo. Si ha l’impressione di una storia continua descritta con notevole precisione cronologica e topografica. La trama segue quella di Marco: al racconto del complotto contro Gesù e dell’istituzione dell’eucaristia seguono il ciclo del Getsemani, i processi religioso e civile con la condanna, la morte e la sepoltura.

Con la predizione di Gesù, proprio all’inizio, che il Figlio dell’uomo sarà consegnato durante questa pasqua (una specie di quarta predizione della passione) Matteo enfatizza la prescienza di Gesù. Nella slealtà di Giuda e l’unzione di Gesù l’ambiente del complotto contro Gesù è localizzato nel palazzo del sommo sacerdote Caifa per preparare dopo l’ambiente del processo giudaico.

Nella sezione del Getsemani (Mt 26,30-56) la tendenza di Matteo di evitare duplicati provoca l’omissione della preghiera di Gesù perché, se fosse possibile, passasse da lui l’ora. Inoltre questa omissione sembra avere lo scopo di far sembrare meno disperato il Gesù di Matteo.

Narrando il processo giudaico, Matteo ci informa del fatto che Gesù viene condannato dal Sinedrio e beffeggiato. L’evangelista indica il nome del sommo sacerdote, Caifa, e accresce

Page 8: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

l’iniquità dicendo che le autorità hanno cercato falsi testimoni dall’inizio. L’ironia del fatto che Pietro neghi di conoscere Gesù proprio nel momento il cui egli confessa di essere il Messia, il Figlio di Dio, è intensificata in Matteo, perché questo è precisamente il titolo che Pietro ha confessato in 16,16.

Al processo giudaico segue quello romano. In questa sezione del racconto della passione, incontriamo episodi importanti esclusivi del vangelo di Matteo, rendendo così il racconto più vivace e drammatizzando la responsabilità per la morte di Gesù mediante l’immagine del sangue innocente che Giuda vuole evitare che sia sparso. Giuda non vuole essere responsabile della morte di Gesù e getta il denaro nel tempio; in realtà neppure i capi giudei vogliono sentirsi responsabili, per esempio tenendo quel denaro; allora se ne disfano comprando il “campo del vasaio”.

Proprio come nel racconto dell’infanzia di Matteo ci furono sogni rivelatori e i gentili furono sensibili mentre non lo furono le autorità dei giudei, così qui la moglie di Pilato ha un sogno rivelatore che Gesù è un giusto (Mt 27,19). Anche Pilato alla fine si scarica la responsabilità, con il gesto simbolico di lavarsi le mani; in realtà il popolo acclama: «il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli» (Mt 27,25). Non si tratta di una formula di automaledizione del popolo giudeo: è piuttosto una formula legale che assume la responsabilità della morte di qualcuno considerato un criminale. Matteo sa ciò che il popolo non sa! Cioè che Gesù è innocente e giudica che la responsabilità per la morte di questo giusto ricadde su tutto il popolo giudeo più tardi, quando i romani distrussero Gerusalemme e il Tempio.

Nella narrazione della crocifissione e della morte in croce, Matteo specifica che i soldati che crocifissero Gesù si misero a sedere e facevano la guardia; in tal modo il centurione romano ebbe compagni (pagani) nella confessione che Gesù era veramente il Figlio di Dio (Mt 27,54). La principale aggiunta di Matteo, ancora una volta di carattere vivo, popolare, espande poeticamente ciò che accadde alla morte di Gesù. Non solo il velo del santuario fu squarciato da cima a fondo, ma la terra fu scossa, le rocce si spaccarono, le tombe si aprirono e molti corpi di santi morti furono risuscitati per apparire ed entrare nella città santa dopo la risurrezione di Gesù. È un modo scritturistico per descrivere gli ultimi tempi. Se la nascita di Gesù fu accompagnata da un segno nei cieli (il sorgere di una stella), la sua morte è accompagnata da segni sulla terra (un terremoto) e sotto terra (le tombe). La sua morte porta il giudizio sul Tempio, ma anche la risurrezione dei santi di Israele. Le relazioni umane con Dio sono state cambiate e il cosmo è stato trasformato.

A differenza di Marco, dove la sepoltura fa parte integrante del racconto della morte, Matteo, organizza diversamente il materiale per mettere più strettamente in relazione la sepoltura alla risurrezione, con uno schema che richiama quello dei racconti dell’infanzia dove si alternano situazioni favorevoli a Gesù con altre non favorevoli. La collocazione delle guardie alla tomba, esclusiva di Matteo, riflette l’intenzione apologetica di respingere la polemica giudaica contro la risurrezione. La cooperazione di Pilato con i capi dei sacerdoti e i farisei, nell’utilizzare soldati per prevenire la rimozione (risurrezione?) del corpo di Gesù, richiama la cooperazione di Erode, dei capi dei sacerdoti e degli scribi nel mandare ad uccidere il Bambino Gesù (Mt 2, 16-18).

La sezione centrale, nel racconto della risurrezione come in quello dell’infanzia, presenta un intervento divino per vanificare il complotto ostile, infatti la tomba vuota è significativamente differente rispetto a Marco. Ci fu un terremoto, un angelo scese, rotolò la via la pietra e le sentinelle furono lasciate come morte dalla paura. Il messaggio dell’angelo alle donne sulla vittoria di Gesù provoca una reazione differente rispetto al messaggio di Marco; infatti esse corrono con gioia a dare l’annuncio ai discepoli e, di fatto, Gesù appare loro. Lo schema alternante delle situazioni favorevoli con quelle avverse, sposta poi l’attenzione sulla corruzione delle guardie (Mt 28,11-15), da parte dei capi dei sacerdoti, e sulla bugia che i discepoli avevano trafugato il corpo. Si arriva così al finale (Mt 28,16-20) su di una montagna della Galilea. Anche qui ci sono dettagli tipici: dubbio, riverenza per Gesù e un incarico. La montagna per Matteo è un luogo simbolico per la rivelazione di Gesù (Mt 5,1) e il Gesù esalto che parla ha ricevuto ogni potere in cielo e in terra. L’invio a tutte le nazioni, qui alla fine, rivede l’invio limitato alle pecore perdute della casa di Israele e non ai gentili nel mezzo del Vangelo (Mt 10,5-6). La formula battesimale con la menzione dei tre agenti

Page 9: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

divini – Padre, Figlio e Spirito Santo – era presumibilmente in uso nella chiesa di Matteo in questo periodo avendo sostituito una precedente consuetudine di battezzare “nel nome di Gesù” (At 2,38; 8,16 ecc.). L’istruzione di insegnare a tutte le nazioni «tutto ciò che vi ho comandato», probabilmente si riferisce al contenuto dei cinque grandi discorsi di Matteo o anche a tutto ciò che l’evangelista ha narrato. Il versetto finale «io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo» costituisce una inclusione con la rivelazione di Dio su Gesù, fatta per mezzo del profeta Isaia all’inizio del Vangelo (Mt 1,23): «Sarà chiamato Emmanuele, che significa “Dio con noi”».

A questo punto si possono affrontare alcuni temi specifici:

4. quelli cristologici: chi è il Gesù di Matteo? Egli è il continuatore e il compitore dell’antica storia di Israele. I titoli a lui riservati (Discendente di Abramo e di Davide, Pastore, Unico e vero Maestro, Profeta e Messia, Servo di Dio, Figlio dell’Uomo, Figlio di Dio), letti nel contesto evangelico di Matteo, hanno una valenza ecclesiale e portano a vedere nella Chiesa quel “nuovo popolo” che è la continuazione dell’antico.

5. Chiesa: è un tema strettamente legato a quello cristologico. Non è concepibile un Pastore, né il Cristo, né il Figlio dell’Uomo e tanto meno il Servo di Dio, disancorato da un popolo, quel popolo che Gesù chiama “la mia Chiesa”.

Ma allora: come vede Gesù la sua Chiesa? Quale organizzazione ha dato alla comunità dei suoi discepoli? Chi può far parte di questa comunità e a quali condizioni? Che cosa deve fare il cristiano per identificarsi con il discepolo di Cristo ed essere parte della Chiesa?

A questi interrogativi si riuscirà a trovare risposta attraverso una lettura attenta dell’intero vangelo, ma soprattutto attraverso la volontà di aprirsi al mistero di Cristo.

Page 10: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

IL VANGELO SECONDO MATTEO

Incontro dei Sacerdoti Alba, Seminario

20 novembre 2007

1. Il messaggio teologico di Matteo Matteo intende trasmettere un materiale nella tradizione della Chiesa, derivato dalla testimonianza

degli apostoli e pertanto considerato sacrosanto e immutabile. Egli non si propone di creare qualcosa di nuovo, ma di elaborare in modo autonomo i racconti e gli insegnamenti di Gesù, aggiungendo tradizioni particolari e riflessioni teologiche personali.

Matteo si rivolge ad una comunità giudeo-cristiana, perciò presta particolare attenzione all’Antico Testamento per dimostrare come Gesù ne costituisca il compimento attuando il “regno dei cieli”, aperto a tutte le genti. Per questo non esita a rivedere e ripensare la tradizione apostolica, tenendo conto dei problemi teologici e delle esigenze del suo ambiente, per riproporre in modo efficace la sequela di Gesù sul difficile cammino della croce che anche la comunità di Matteo deve percorrere per ottenere il regno. Gesù è veramente il Messia predetto dalle Scritture; tuttavia gli esponenti ebrei l’avevano rifiutato facendolo condannare a morte, e le guide farisaiche della sinagoga continuavano ad opporsi alla chiesa, ostacolando l’adesione della gente al Vangelo e causando disagio e smarrimento anche nella comunità giudeo-cristiana. Si imponeva quindi per l’evangelista l’arduo compito ermeneutico di approfondire il rapporto tra Gesù e le Scritture e di interpretare lo scandalo della croce.

Le grandi articolazioni del primo vangelo ruotano attorno a due poli: 1) la figura solenne e ieratica di Gesù, il Cristo e Figlio di Dio, che proclama il lieto annuncio dell’intervento definitivo di Dio nella storia (=vangelo) per l’attuazione del suo regno; 2) la Chiesa, quale convocazione universale dei credenti, che ha la figura di Gesù come modello di vita ed è consapevole del mandato missionario da lui affidatole per l’evangelizzazione di tutte le genti.

Nella parte conclusiva (Mt 28,18-20) è contenuto il manifesto di Matteo, incentrato sulla persona del Cristo glorificato e sulla Chiesa. Gesù risorto si rivela ai discepoli come Signore e giudice del mondo, al quale è stato conferito ogni potere in cielo e sulla terra. Egli affida loro l’incarico della missione universale per portare la salvezza a tutte le nazioni, assicurando la sua assistenza fino alla fine dei secoli.

Nel trasmettere il suo messaggio teologico Matteo, muovendo da una solida convinzione di fede teocentrica, illustra il ruolo di Gesù per l’attuazione del regno di Dio e approfondisce il senso dell’istituzione della chiesa come comunità di salvezza.

L’inaugurazione del regno di Dio attraverso la missione di Gesù Al vertice del pensiero teologico di Matteo, come di ogni pio israelita, è la concezione di Dio

come Creatore e Sovrano dell’universo. Questa visione teologica non scaturisce da una riflessione astratta, ma dal ricordo della cura premurosa di Dio verso i patriarchi e dei suoi innumerevoli benefici lungo il corso dei secoli in favore del popolo eletto, in previsione del suo intervento definitivo nella storia mediante l’invio del proprio Figlio per attuare il suo progetto di salvezza universale. Il Padre nostro, che costituisce una sintesi di tutto il vangelo, esprime l’ardente anelito di Gesù per l’attuazione del regno di Dio: la regalità del Padre celeste sul mondo consiste essenzialmente nella manifestazione della sua bontà misericordiosa per ristabilire un rapporto di amicizia e di comunione di vita con l’umanità purificata dal peccato, mediante l’opera redentrice del Figlio.

Il tema del regno di Dio rappresenta il motivo centrale della predicazione di Gesù, assumendo nel vangelo di Matteo una caratteristica precisa: si tratta di un dono di Dio, che ha origine dal cielo e alla fine dei tempi avrà la sua piena attuazione in cielo. Tuttavia esso si realizza parzialmente e progressivamente anche nel mondo presente come anticipazione e prefigurazione della realtà futura.

Page 11: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

Il regno di Dio si sviluppa e si afferma gradualmente nella storia, ma raggiungerà la sua perfezione soltanto alla fine dei tempi con la venuta gloriosa di Cristo.

Gesù, il Messia davidico, Figlio di Dio e Signore della Chiesa Matteo, oltre raccogliere con ordine gli insegnamenti e rievocare le gesta di Gesù, lo presenta

vivente in mezzo alla comunità dei fratelli riuniti nel suo nome, che lo riconoscono e lo adorano come Signore e Salvatore.

Gesù è il Messia che porta a compimento le scritture. È questa la componente di fondo che sta alla base della cristologia matteana, profondamente radicata nella Bibbia. Gesù è il Messia preannunciato dai profeti. Fin dall’infanzia Matteo rileva il compimento delle Scritture, delle profezie in Gesù e lo colloca in continuità con i grandi protagonisti della storia della salvezza di cui parla l’Antico Testamento, confrontandolo soprattutto con la figura di Mosè, il liberatore del popolo eletto. Tuttavia, fin dalle prime pagine del vangelo, l’evangelista sottolinea l’origine soprannaturale di Gesù (Mt 1,18-25), che lo colloca su un piano superiore rispetto al Messia della stirpe davidica, preannunciato dai profeti e atteso dagli ebrei. Il suo nome Gesù (YHWH è salvezza), rivelato in sogno a Giuseppe dall’angelo, non si riferisce alla liberazione del suo popolo dal giogo straniero, ma alla salvezza dai peccati (Mt 1,21). Egli viene identificato con l’Emmanuele, il Dio-con-noi, ma non in senso metaforico, bensì reale, come emergerà alla conclusione del vangelo, quando il Risorto si rivolge ai suoi discepoli dicendo: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni…» (Mt 28,20).

Matteo si riferisce di frequente all’identità soprannaturale di Gesù: egli viene adorato dai magi (Mt 2,11), è il Figlio che Dio chiama dall’Egitto (Mt 2,15), è proclamato suo “Figlio diletto” nel Battesimo (Mt 3,17). Anche i discepoli, vedendolo camminare sulle acque e placare la bufera, si prostrano dinnanzi a lui e lo riconoscono come «Figlio di Dio» (Mt 14,22-33); Pietro lo confessa come «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Le immagini dello sposo (Mt 9,5; 22,2; 25,1-13), del pastore di Israele (Mt 9,36; 15,24; 26,31), riservate nell’Antico Testamento a Dio, ora sono attribuite a Gesù. Egli appare veramente come l’Inviato di Dio (Mt 10,40), ma anche come «colui che viene» (Mt 11,3; 21,9; 23,39) con autorità propria. In Matteo, inoltre, è accentuata la connotazione di Gesù quale giudice escatologico (Mt 25,31-46).

Numerosi sono i titoli attribuiti a Gesù nel vangelo di Matteo: innanzitutto egli è il Messia davidico annunciato dalle Scritture (in lui confluiscono e si adempiono tutte le profezie relative al discendente davidico); egli viene cercato e onorato dai magi come re dei giudei (Mt 2,2.11); è il Cristo, il Messia (titolo largamente usato poi nella tradizione cristiana), è il Figlio di Dio. Matteo poi riporta il titolo Figlio dell’uomo, dandogli particolare risalto nella sua valenza escatologica, sulla base di Dn 7,13-14. Non possiamo poi dimenticare che, nel vangelo di Matteo, Gesù è il Maestro, è il Servo sofferente del Signore, è il taumaturgo ed è il pastore di Israele.

Infine, non deve passare inosservato che Matteo più che narrare la vicenda storica di Gesù, intende celebrare con uno stile sacrale la figura del Cristo glorificato. Perciò sfronda i racconti di ogni dettaglio superfluo, per consentirne una rilettura attualizzante nel contesto delle adunanze liturgiche del popolo cristiano, nelle quali Gesù era professato e adorato come Figlio di Dio, Signore e Salvatore. Matteo “trasfigura” la figura di Gesù alla luce del mistero pasquale, anticipando la gloria del Kyrios, assiso alla destra del Padre, entrato nel pieno possesso delle prerogative divine, dopo la sua risurrezione.

La Chiesa, prefigurazione del Regno dei cieli Lo scritto di Matteo è sempre stato considerato il vangelo ecclesiale per eccellenza, non solo per

la sua fortuna nella chiesa, ma soprattutto per l’interresse che dimostra verso la comunità messianica istituita da Gesù. Al di là del gruppo degli apostoli, Matteo intravede la Chiesa, nella quale Cristo continua a vivere e ad operare per la salvezza del mondo. “In Matteo la cristologia si prolunga nell’ecclesiologia e la sua riflessione su Cristo non si può mai separare dalla sua riflessione sulla Chiesa”2. I cinque discorsi che hanno per oggetto centrale il regno di Dio,

2 E. CHARPENTIER, Lettura del vangelo di Matteo (Assisi 1975) 28.

Page 12: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

riguardano sostanzialmente la vita della chiesa, l’ambito privilegiato dove il regno si prefigura storicamente.

Anzitutto dobbiamo rilevare che il termine ekklesía per indicare l’assemblea sacra, la convocazione dei credenti ricorre nei quattro vangeli tre volte soltanto e solamente in Matteo (16,18 e due volte in 18,17). Molto più frequente è invece l’uso del termine in Paolo e negli Atti degli Apostoli.

La formazione dei discepoli e l’istituzione della chiesa sono due temi strettamente connessi: i discepoli designano anzitutto le persone chiamate alla sequela da Gesù stesso. Essi assumono grande importanza perché costituiscono il nucleo germinale della chiesa, i continuatori della missione di Gesù (Mt 10,1.7-8). Ma l’evangelista li considera pure come i prototipi dei veri seguaci di Cristo in tutti i tempi; perciò li considera come modelli ideali per tutti i membri della Chiesa. Più che gli altri evangelisti Matteo rileva la cura particolare che Gesù ha riservato alla formazione dei discepoli in vista dell’istituzione della chiesa.

Anche la dimensione escatologica è presente nella riflessione sulla chiesa. La chiesa e il regno di Dio sono due realtà molto vicine, che però non si possono identificare tra loro, benché in Matteo si noti una tendenza a concepire la chiesa come una manifestazione concreta del regno nella storia. Il pensiero dell’evangelista sulla chiesa scaturisce dalla sua concezione cristologica e si fonda sulla sua prospettiva escatologica della salvezza, concernente direttamente il regno dei cieli. La Chiesa rappresenta la continuazione del popolo dell’alleanza sinaitica, che Gesù è venuto a portare a compimento, inaugurando la nuova alleanza.

Il rapporto tra la chiesa e Israele è avvertito acutamente da Matteo. Questi considera Gesù come l’Israele compiuto, il Messia che adempie le Scritture. Dio è fedele alle promesse e mantiene la sua parola. Perciò il suo progetto salvifico non può subire fratture o venire annullato dall’infedeltà dell’uomo. Benché gli ebrei, nella loro maggioranza, abbiano rifiutato di riconoscere in Gesù il Messia, assumendosi la responsabilità della sua condanna a morte (Mt 27,24-25), “la storia di Dio con il suo popolo non si interrompe…, ma prosegue nella chiesa”3.

La vita cristiana L’intento catechetico di Matteo non riguarda solo un’esposizione ordinata della dottrina di Gesù,

ma mira anche ad inculcare una condotta di vita conforme alle esigenze del vangelo. Per comprendere alcune tensioni che si avvertono nella sua riflessione circa la novità dell’insegnamento di Gesù e la perenne validità della Legge mosaica, bisogna tenere conto della situazione della sua chiesa: si trattava di una comunità mista, composta in prevalenza da giudeo-cristiani, ma anche da pagani convertiti, fortemente condizionata dalla presenza di ebrei che rifiutavano il vangelo. L’evangelista quindi, nella sua proposta morale, deve muoversi su vari fronti: pur rimanendo saldamente ancorato alla concezione giudaica della Torah come espressione autentica della volontà di Dio, sottolinea che Gesù, con la sua parola e la sua opera aveva portato a compimento le Scritture e ne rappresentava l’interprete autorevole e definitivo (Mt 5,17). Il suo fondamento e la sua prassi costituiscono il fondamento ermeneutico per l’applicazione della legge mosaica e per la definizione dell’etica cristiana. Matteo ripropone con fermezza la validità di ogni precetto (anche minimo) della Legge, che non può passare (Mt 5,18-19), ma nello stesso tempo invita il seguace di Gesù a praticare una giustizia più grande di quella degli scribi e dei farisei.

L’etica di Matteo si fonda sulla sua concezione cristologica e si caratterizza per la tensione escatologica, che le conferisce una profonda unità. Il cristiano deve proporsi come meta ideale il desiderio di imitare nei suoi rapporti interpersonali con i fratelli la bontà misericordiosa del Padre celeste, per essere trovato pronto alla manifestazione di Cristo, giudice alla fine dei tempi (Mt 24-25) nella gloria. Il cristiano deve perseguire una giustizia superiore, radicata in un atteggiamento nuovo di bontà e di carità, di sincerità e di amore universale, a imitazione della santità perfetta del Padre celeste. La piena adesione alla volontà di Dio, che si manifesta concretamente nell’amore per

3 J. GNILKA, Il Vangelo di Matteo (Brescia 1990) 793.

Page 13: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

il prossimo, nell’abbandono totale e fiducioso alla Provvidenza, rappresenta il compimento della Legge e dei Profeti.

L’evangelista, animato da zelo pastorale, mette in guardia i cristiani da una vita dissipata, in contrasto con l’insegnamento e con il comportamento di Gesù, e soprattutto ammonisce i responsabili della comunità a liberarsi dagli interessi individualistici, dalle ambizioni, per dedicarsi operosamente al servizio del gregge di Cristo, minacciato da molti pericoli. La parabola dell’invitato a nozze, punito perché sprovvisto dell’abito nuziale, sottolinea che non basta appartenere alla Chiesa per essere sicuri della salvezza, ma si richiede a ciascuno un impegno serio di vita cristiana, ispirata alla bontà misericordiosa del Padre celeste e all’obbedienza, alla mitezza e umiltà di Gesù.

Matteo appare il più “moralista” degli evangelisti, in quanto insiste sulle opere buone (5,16), sulla pratica della volontà del Padre (6,10; 7,21; 12,50) e delle parole di Gesù (7,24), sulla necessità di portare frutti per il regno di Dio (21,43), sulla osservanza di quanto ha comandato (28,20). Ma come risulta dal brano del giudizio finale (25,31-46), che sarà effettuato sulla base delle opere di misericordia in favore dei fratelli bisognosi, l’etica di Matteo non riflette una mentalità legalistica, bensì il vero spirito del vangelo, tradotto quotidianamente nella vita concreta con la pratica del comandamento fondamentale dell’amore.

2. L’uso nella liturgia

2.1. Una premessa

Prima di considerare la distribuzione del vangelo di Matteo nel corso dell’anno liturgico, forse è opportuno segnalare che l’ordinamento delle letture (la scelta fatta e che noi troviamo nei nostri lezionari), obbedisce a due criteri: quello tematico, quando la prima (eventualmente la seconda) lettura e il Vangelo sono scelti in modo da evidenziare un tema particolare; questo accade soprattutto per i tempi forti. Il secondo criterio è quello della lettura continua del Vangelo, che ritma ad esempio le domeniche del tempo ordinario. In questo caso, anche la seconda lettura segue una lettura più o meno continua di uno scritto del NT, mentre la prima viene scelta per aggancio tematico con il Vangelo.

Il ciclo feriale può obbedire al criterio tematico o a quello della lettura continuata (per il tempo ordinario sia della prima lettura, sia del Vangelo).

2.2. Il ciclo liturgico festivo anno A

Il vangelo di Matteo viene letto, per quanto riguarda le celebrazioni domenicali e festive nel ciclo liturgico “A”, per la quasi totalità delle domeniche. Fanno eccezione le domeniche del tempo di Pasqua dove la lettura privilegiata è quella del vangelo secondo Giovanni (come in tutti e tre gli anni liturgici).

- Avvento: Le quattro domeniche di avvento hanno un carattere tematico, per cui le letture proposte dalla

liturgia sono scelte in modo da aiutarci ad inquadrare il tema che caratterizza la domenica in corso. Nella prima domenica, che ci propone il tema dell’attesa escatologica, l’anno “A” si caratterizza

per la riflessione sulla venuta improvvisa del Signore come giudice di pace; si legge un passo del discorso escatologico di Matteo, tratto dal capitolo 24.

La seconda e la terza domenica sono incentrate sulla figura di Giovanni Battista, per cui la liturgia ci propone di leggere due passi del vangelo che riguardano il Batista. Il primo è tratto dal capitolo terzo e ci presenta la predicazione del Battista con il pressante invito alla conversione per accogliere il Signore come giusto giudice. Il secondo passo proviene invece dal capitolo 11 e ci presenta il Battista ormai in carcere, con la sua profonda convinzione che il Messia sta per instaurare il regno di Dio.

Page 14: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

La quarta domenica di avvento, nell’ormai imminenza del Natale, porta la nostra attenzione sul concepimento di Gesù, sottolineando in modo particolare il ruolo di Giuseppe nell’assumere la paternità legale di Gesù (è questa una caratteristica di Matteo, rispetto a Luca che invece rimarca molto di più la figura di Maria).

- Natale: Il tempo di Natale, quasi obbligatoriamente, è caratterizzato dalla lettura dei vangeli dell’infanzia

tratti dal racconto di Luca. Fa eccezione la solennità dell’Epifania, nella quale, ovviamente, si legge l’episodio dei Magi che è proprio di Matteo e, nell’anno “A”, la domenica della S. Famiglia che ci propone il brano tratto dal vangelo di Matteo circa la fuga in Egitto. Ancora una volta a dominare la scena, nell’insieme della famiglia di Nazaret, è il capofamiglia, Giuseppe. A conclusione del tempo natalizio, nella festa del Battesimo di Gesù, leggeremo appunto, dal capitolo terzo, l’episodio nel quale si narra della manifestazione di Gesù come Figlio di Dio, avvenuta in occasione del suo battesimo sulle rive del Giordano.

- Quaresima: Il ciclo “A” delle celebrazioni domenicali nel tempo di Quaresima è un annuncio dell’itinerario

battesimale. Le letture sono riprese dalla tradizione antica che accompagnava il catecumeno nella scoperta del battesimo: sono il grande annunzio di ciò che Dio opera nel battesimo, la migliore catechesi battesimale. Proprio per questo la liturgia abbandona nelle ultime tre domeniche la lettura del vangelo di Matteo per farci accostare ad alcuni brani del vangelo di Giovanni (la samaritana, il cieco nato, la risurrezione di Lazzaro).

Il vangelo di Matteo caratterizza le prime due domeniche, con il racconto delle tentazioni (Mt 4,1-11) e con quello della trasfigurazione (Mt 17,1-9).

Anche la domenica delle Palme è caratterizzata dalla lettura di Matteo: prima il racconto dell’ingresso messianico di Gesù in Gerusalemme, poi il lungo racconto della Passione.

- Pasqua: Come già abbiamo accennato in precedenza, il tempo pasquale si caratterizza per la lettura del

vangelo di Giovanni (che diversamente non avrebbe altro spazio, visto che i sinottici occupano i tre cicli liturgici festivi). A questa “regola” fa eccezione il vangelo della Veglia Pasquale, che invece presenta il racconto della risurrezione tratto da uno dei sinottici, per cui per l’anno “A” da Matteo.

Anche nella festa dell’Ascensione del Signore ci viene proposto di leggere il racconto dell’evento tratto da Matteo 28,16-20.

- Tempo ordinario: Il vangelo di Matteo viene letto sia nelle feste del Signore che ricorrono nel tempo ordinario (ad

eccezione della solennità della SS. Trinità e del SS. Corpo e Sangue del Signore, dove leggiamo un passo di S. Giovanni), sia nelle domeniche.

Le feste seguono ovviamente il criterio tematico. Nella solennità del Sacro Cuore, si legge il passo tratto da Mt 11,25-30, un brano preso dalla sezione narrativa che presenta gli ostacoli che il regno deve incontrare da parte degli uomini secondo l’economia umile e nascosta voluta da Dio. Anche per quanto riguarda la solennità di Cristo Re dell’Universo, il criterio è tematico: nell’anno A il brano evangelico di Matteo ci presenterà il “giudizio universale” (Mt 25,31-46) che Matteo pone alla fine del discorso escatologico.

La seconda domenica del tempo ordinario (quella dopo il Battesimo di Gesù), ha caratteristiche proprie e continua il tema della manifestazione del Signore; pertanto non entra nel programma di lettura continua del vangelo proprio dell’anno. Per il ciclo “A”, ad esempio, si legge il brano, tratto dal racconto di Giovanni, dove Gesù viene indicato dal Battista come l’Agnello di Dio, esortando così gli uomini a porsi alla sua sequela.

Page 15: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

Per quanto riguarda le 32 restanti domeniche del tempo ordinario dell’anno C, il criterio è quello di una lettura pressoché continua del vangelo, ad iniziare proprio dal capitolo 4.

Seguendo la scansione del vangelo secondo Matteo, che ci accompagna il questo ciclo liturgico, è possibile raggruppare tematicamente le domeniche:

- domeniche 4-9: il regno di Dio e i discepoli di Gesù. I discepoli del regno sono chiamati alla gioia delle beatitudini del Regno (IV), ad essere luce del mondo e sale della terra con la loro testimonianza di opere buone (V), a dare attuazione ad una legge più perfetta (VI), che porta ad amare anche i nemici e testimoniare così in mezzo agli uomini la perfezione del Padre (VII). Introdotti nel Regno, i discepoli vivono in mezzo al mondo nella fede e con fiducia, consapevoli dell’amore del Padre (VIII), attenti unicamente a fare la volontà del Padre, cioè ad ascoltare e mettere in pratica la sua Parola (IX).

- Domeniche 10-13: la Chiesa, “missionaria” del Regno. Gesù è venuto per rivelare la misericordia del Padre, e chiamare anche i peccatori a seguirlo e sedere alla mensa del Regno (X). Egli dona agli apostoli la sua missione e il suo potere (XI) e li manda nel mondo perché lo riconoscano davanti agli uomini (XII). Egli si rende presente attraverso di essi, tanto che chi li accoglie, accoglie il Signore stesso (XIII).

- Domeniche 14-17: le parabole del mistero del Regno. Comprendere il regno è dono e rivelazione che il Padre elargisce ai piccoli (XIV). Ai discepoli che accolgono il seme della Parola è dato di comprendere il mistero del Regno (XV). Come la zizzania cresce con il grano buono, così i figli del Regno vivono con i figli del maligno, gli operatori di iniquità. Ma, anche se il regno di Dio appare piccolo come un granellino, tuttavia esso ha in sé la forza per crescere e diventare il più grande (XVI). Il Regno è come un tesoro e una perla di grande valore, nascosti e tutti da scoprire; per acquistarli bisogna essere disposti a sacrificare tutto (XVII).

- Domeniche 18-24: il mistero della chiesa. La chiesa è la comunità dei discepoli di Gesù chiamati come lui a “sentire compassione” verso gli uomini e offrire cibo abbondante (XVIII), ad avere fede in Gesù e a scoprire e sperimentare la potenza della sua presenza nelle tempeste della vita (XIX). La fede in Gesù è offerta dal Padre a tutti gli uomini, anche a quelli che non fanno parte del popolo di Israele, come la Cananea (XX); e si esprime pienamente professando con Pietro che Gesù è il Messia, il Figlio del Dio vivente (XXI). Questa fede porta i discepoli ad accettare il mistero della croce (XXII), a vivere in una comunità correggendosi fraternamente, pregando gli uni per gli altri (XXIII) e perdonandosi sempre reciprocamente perché così fa il Padre celeste (XXIV).

- Domeniche 25-31: caratteristiche del regno di Dio. Il Padre è misericordioso e offre a tutti, in ogni del giorno, la possibilità di far parte del Regno (XXV). Far parte del regno richiede di assumere liberamente la decisione di lavorare nella sua vigna (XXVI), di accogliere gli inviati del Padre e, in particolare Gesù, la pietra angolare della nuova costruzione (XXVII). Il Regno è un invito al banchetto nuziale che l’uomo può responsabilmente rifiutare; una volta accolto l’invito è necessario ottemperare alle esigenze del Regno (indossare l’abito nuziale, XXVIII). Chi entra nel Regno non si emargina dalla realtà di questo mondo, ma sa dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio (XXIX) e dimostra di farne parte amando Dio e il suo prossimo (XXX); non dominando ma, come Gesù, ponendo se stesso a servizio dei fratelli (XXXI).

- Domeniche 32-33: l’attesa del Regno. Il regno deve manifestarsi nell’ora che solo il Padre conosce. I veri discepoli l’attendono procurando di avere l’olio nella loro lampada per l’incontro con lo sposo (XXXII), facendo fruttificare i talenti che ognuno ha ricevuto in dono (XXXIII).

- Domenica 34: la solennità di Cristo, re dell’universo. Il Regno si compie e il nostro grande viaggio si conclude con la venuta di Gesù, quando egli rivela come non sia il lontano, ma il vicino; il suo volto è quello di ogni uomo che incontriamo: il Regno, pur dovendo venire, già viene ogni giorno.

Page 16: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

2.3. Il ciclo liturgico feriale La scelta delle letture nei giorni feriali merita un discorso a parte, che in questa sede, ci

sposterebbe da un’attenzione diretta al discorso di Matteo. Basti, per ora, sapere che i tempi forti seguono un criterio tematico, per cui la prima lettura (AT o

NT) e il Vangelo sono scelti prendendo di volta in volta brani diversi, per proporre un tema sul quale meditare.

Il tempo ordinario cerca invece di proporci, per quanto riguarda i vangeli, la lettura continua di tutti e tre i Sinottici, ad iniziare da Marco, per poi continuare con Matteo e arrivare infine a Luca. Pertanto siamo invitati a ripercorrere tre volte, dall’inizio alla fine, la vicenda del Cristo, lasciando fuori alcuni brani più propri di alcune particolari celebrazioni liturgiche (vedi ad esempio il racconto della Passione). Anche per il ciclo feriale, la lettura di Giovanni è riservata, in massima parte al tempo pasquale.

Page 17: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

Incontro dei Sacerdoti Alba, Seminario

27 novembre 2007

UUnn ssaaggggiioo ddii lleettttuurraa ddeell vvaannggeelloo:: iill ddiissccoorrssoo iinn ppaarraabboollee

1. Contesto Se fino al termine del capitolo 12 il narratore è stato l’evangelista – ovviamente con interventi più

o meno ampi di Gesù, come nei discorsi – ora è lo stesso protagonista dell’intero racconto evangelico, cioè Gesù, ad assumere la “funzione “ di narratore. L’evangelista continua a narrare, ma ora dice che cosa ha narrato Gesù e il racconto di Gesù si inserisce armoniosamente, ma in modo subordinato, a quello dell’evangelista. Ancor più, ed è il secondo dato che non dobbiamo mai disattendere, si inserisce come rilettura e interpretazione del racconto primario.

Gesù è presentato come annunciatore del Regno di Dio. Ma qual è l’impatto di questo annunzio con la realtà? La risposta sarà data nella parabola del Seminatore, comune ai tre sinottici. Si parla poi di coloro che accolgono l’annunzio, cioè dei discepoli, ma quale sarà la loro situazione nel mondo? Vi risponderà la parabola della zizzania, propria di Matteo.

La lotta contro l’annunzio del Regno si è delineata durissima. Ha forse il Regno qualche speranza di vittoria? Due parabole, quella del granello di senape, comune ai tre sinottici e quella del lievito, che Matteo condivide con il solo Luca, risponderanno a questa domanda.

Ci sono persone che accolgono e altre che rifiutano il Regno. Qual è la molla che fa scattare nella persona umana il desiderio di possederlo? Con due parabole, a lui proprie – quella del tesoro nascosto e quella della perla preziosa – si darà la risposta.

Infine, la situazione dei discepoli nel mondo si è delineata difficile e il giudizio sui nemici è sempre stato rinviato alla fine del mondo. Quando verrà? E che cosa succederà in quel giorno? La risposta viene data in parte dalla parabola della zizzania, poi ripresa e completata dalla sua spiegazione e dalla parabola della pesca, anch’essa propria di Matteo.

2. Introduzione al discorso (13,1-3a)

Questi versetti situano il racconto: siamo all’aria aperta. Appena Gesù esce di casa (ma quando vi era entrato? L’ultima volta che si era detto ciò era in Mt 9,28, ma quante altre volte troviamo Gesù che cammina!!!), molta folla si raduna attorno a lui. Matteo annota subito il separarsi di Gesù dalla folla. Apparentemente il suo salire sulla barca sembra motivato dal desiderio di presentarlo come Maestro della gente; di fatto due campi vengono delimitati. Le folle possono ascoltare quello che Gesù insegna, ma solo i discepoli possono avvicinarsi a lui per avere chiarimenti (cfr. Mt 13,10). Le folle possono meravigliarsi della sua dottrina, ma solo i discepoli potranno approfondirla (Mt 13,11). Per questo motivo si dice che Gesù raccontò loro molte parabole. Si mise cioè a parlare per mezzo di immagini, di similitudini che, per essere ben comprese, necessitano tante volte di una spiegazione.

Ancora una vola poi, Matteo procede per trittici: primo trittico: parabola – motivazione – spiegazione (13,3b-23) secondo trittico: la situazione del regno nel mondo (13,24-35) terzo trittico: il regno è prezioso, eterno (13,36-52)

3. Primo trittico: parabola – motivazione - spiegazione (13,3b-23)

Il titolo “parabola del seminatore” non è redazionale, ma è dato da Gesù stesso (v. 18). Egli si interessa qui di quei semi che l’agricoltore sceglie per poi seminare nel suo campo in vista di un altro raccolto. Gesù quindi parla di un seme scelto, a cui è affidato un compito ben preciso: produrre altri semi, produrre frutti. Il racconto di Gesù è la storia del seme seminato, non del seminatore che appare solo nella prima frase e poi scompare dalla scena. Gesù inoltre racconta questa storia in una situazione ben precisa:

Page 18: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

stava annunciando il regno e lo faceva mediante la sua parola, quella parola che bisognava ascoltare e mettere in pratica per costruire bene la propria vita, quella parola che egli annunciava come inviato di Dio. Il racconto si sviluppa in modo assai naturale. La strada, le rocce, le spine sono esemplificazioni di alcuni ostacoli che il seme può incontrare per raggiungere lo scopo per cui è stato seminato. È logico che il seminatore scompaia dalla scena. Dopo la semina si aspetta la mietitura e bisogna lasciare che la natura segua le sue leggi che, soprattutto per l’ebreo di allora, erano leggi divine dalla forza invincibile e dall’inarrestabile regolarità. Nell’attesa è pure logico che gli uccelli si mangeranno una parte del seme e che il vento o la pioggia porterà via un po’ di terra dalle rocce e poi sarà il sole a renderla così secca da far inaridire subito il germoglio. Cresceranno di nuovo anche i cespugli, prima e più in fretta del seme e lo soffocheranno. Ma il raccolto ci sarà e il successo supererà l’insuccesso: c’è dell’ottimismo nell’ultima frase di Gesù, anche se suona in decrescendo: cento, sessanta, trenta, quasi a richiamare che la sua missione è fatta di successi e di insuccessi, e questi sono più appariscenti dei primi. C’è infatti chi cerca di annullare il suo annuncio e di mandare a monte la sua opera. Gesù, pensando al seme seminato, pensava anche al suo destino. Comunque è tutto assorto dalla sua missione e pensa piuttosto all’impatto della sua parola negli uditori, ai quali rivolge l’invito: «Chi ha orecchi per capire, cerchi di pensarci su» (Mt 13,9). È una sfida per coloro che vogliono la morte di Gesù e per i quali è un assurdo che il Messia viva negli insuccessi e nell’incomprensione: essi non aspettavano un messia così. Ma non era forse stato annunciato? Nel racconto seguente c’è un tentativo di risposta.

Perché Gesù parla in parabole (vv. 10-17) La domanda dei discepoli con cui inizia il brano è di carattere pastorale: «Perché parli loro in parabole?» (Mt 13,10). C’è anzitutto una distinzione tra il “noi”, i discepoli, e il “loro”, soprattutto i capi e coloro che si sono messi in una situazione di rifiuto. Gesù continua vedere in azione il Padre che si rivela ai piccoli, cioè a chi accoglie il suo Inviato, e dice loro: «a voi è dato conoscere…» (Mt 13,11), cioè, “è stato dato e perciò possedete la conoscenza del mistero del regno dei cieli. I discepoli avendo ascoltato e continuando ad ascoltare Gesù hanno già questa conoscenza, e tuttavia viene loro data in continuità e in abbondanza e possono penetrare sempre più nel mistero di Cristo e partecipare ai doni di Dio. Agli altri invece “non è stato dato”. Essi, in particolare gli scribi e i farisei, sono i sapienti e gli intelligenti a cui questa conoscenza è stata negata, nascosta (Mt 11,25), proprio nel momento in cui il regno dei cieli si sta realizzando in mezzo a loro ed essi oppongono il loro rifiuto. E allora ecco che Gesù parla loro in parabole perché «pur vedendo non vedono, pur ascoltando, di fato non ascoltano, né capiscono» (Mt 13,13). La parabola narrata in un contesto religioso aiuta con le sue immagini a imprimere meglio la verità insegnata, ad aprire il cammino per una migliore comprensione. Mediante le parabole, l’avversario, l’oppositore, non si sente attaccato, perché la parabola parla di terzi o addirittura personifica oggetti materiali; e poi è sempre un racconto piacevole e dà a ciascuno la possibilità di pensarci su, di riflettere, di confrontare il racconto con situazioni diverse, con la propria e personale situazione che difficilmente può sganciarsi da quella di chi l’ha raccontato. La parabola non impone niente con forza, ma propone in modo velato la verità, mette ogni ascoltatore di fronte alle proprie responsabilità e ne rispetta la libera scelta. Gesù mediante le parabole continua ad offrire a tutti il suo messaggio. La situazione di chi lo rifiuta è tragica ed egli ha coscienza di essere come il profeta Isaia che deve predicare ad un popolo ribelle e che la sua parola, ben lungi per il momento dall’ottenere la conversione, servirà solo ad indurire i cuori contro di lui. Intanto vede quelli che lo hanno accolto e li dichiara beati.

Spiegazione della parabola (vv. 18-23) Il passaggio dalle immagini della parabola alla realtà che esse richiamano è sempre delicato. Gli uditori della parola del Regno non sono rappresentati dalle diverse qualità di terreno, ma dalla diversa situazione in cui viene a trovarsi il seme. Si parla di un “non capire” dovuto all’ostinatezza del cuore. Alla fine diciamo invece “riesce a capire” perché colui che ascolta è sotto l’azione di Dio

Page 19: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

che si rivela. L’annuncio dà a ciascuno un sapere: ci fa conoscere il regno nella sua potenza salvifica. Solo chi nei riguardi del Regno è nella stessa situazione in cui si trova il seme seminato in un buon terreno, riuscirà a capire quale immenso dono Dio gli concede rivelandogli i misteri del regno dei cieli, e quale valore ha la Parola nella sua vita. Costui riuscirà a superare qualsiasi prova e la Parola che annunzia il Regno penetrerà profondamente nel suo cuore e darà frutto.

4. Secondo trittico: la situazione del Regno nel mondo (13,24-35) Dopo aver parlato dell’impatto che l’annunzio del Regno ha negli ascoltatori, parliamo ora del regno che si è reso presente. A che cosa è simile? Come descrivere la sua reale situazione nel mondo? Ha un avvenire sicuro e positivo? Gesù ce lo spiega con tre parabole che hanno ancora come destinatarie le folle. Lo deduciamo dal fatto che Gesù sembra trovarsi ancora sulla barca e che soltanto dopo aver raccontato le tre parabole entra in casa per essere solo con i discepoli. Ogni parabola è introdotta da una frase narrativa e inizia in modo identico: il regno dei cieli è simile a... E’ Gesù che continua la sua missione e che, sotto forma di parabola, va spiegando come si sviluppa il Regno.

la parabola della zizzania (vv.24-30) Dal confronto con quella del seminatore ci si accorge subito che se là non si parlava della qualità del seme, qui invece essa è al centro della discussione. Il titolo però – parabola della zizzania – che è dato dai discepoli stessi (cfr. v. 36), vuole porre l’accento sull’elemento negativo, di ostacolo. La parabola, osservata nel suo insieme, dice che il seme buono raggiunge il suo scopo: l’oppositore, definito nemico, non riuscirà ad intralciare lo scopo del padrone del campo. Non dimentichiamo che Gesù sta parlando del Regno. Il seme gettato nel campo è buono e non può essere diversamente perché, secondo 13,19, rappresenta la parola del regno, cioè la parola che annuncia il regno. Comunque si sottolinea fortemente la situazione in cui dovrà crescere: insieme alla zizzania, un’erba cattiva che può distinguersi dal grano o dall’orzo solo al momento della spigatura. Ora, che ci sia un po’ di zizzania in un campo di grano è anche ovvio. Ma che ce ne sia tanta, come suppone la parabola, è contro natura, è frutto di forze avverse, o meglio: è un nemico del padrone che ha fatto questo. La parabola, in ciò, è esplicita: di qui la reazione dei servi e del padrone quando si accorgono di ciò che è avvenuto. I primi vorrebbero eliminare subito l’opera del nemico, ma il padrone non la pensa allo stesso modo e la sua scelta ha un unico scopo, salvare tutto il grano, proprio tutto. Per ottenere questo è necessario che grano e zizzania crescano insieme fino alla mietitura. La decisione è saggia, ma prende solo atto della realtà, non corre ai ripari, come vorrebbero i servi che fanno sentire l’esigenza di un rimedio. Ebbene, il padrone lo rimanda al futuro. Il giudizio non sarà per l’oggi, ma avverrà in quel giorno. Gesù, comunque, spiegherà anche questa parabola.

la parabola del granello di senape (vv. 31-32) L’evangelista continua a mostrarci un Gesù che è attento osservatore di ciò che lo circonda. Era impossibile non provare meraviglia nel constatare che da un seme microscopico nasceva una pianta, che raggiungeva anche quattro metri di altezza: era enorme la sproporzione tra il seme e la pianta. Gesù si estasia di fronte alla piccolezza e si meraviglia della potenza racchiusa in un piccolo seme. Da essa nasce un grande arbusto, che egli chiama pianta, un’immagine assai più adatta per parlare del regno messianico, per dire la speranza, la certezza che c’è in lui. Gesù si sente ottimista, guarda avanti e vive di certezze e le vuole infondere in noi. Egli si sente come un piccolo seme tra gli uomini, ma sa già che dopo essere stato per tre giorni e tre notti nel cuore della terra (cfr. 12,40), germoglierà e non rimarrà solo. Diventerà popolo, un popolo colmo della potenza dello Spirito di Dio, carico di energia, capace di espandersi su tutta la terra, di coprirla quale pianta con i suoi rami, di farsi sentire come luogo di sicurezza e di salvezza per gli uomini. Con questa parabola il predicatore del Regno vuol dare la certezza che esso è collegato in qualche modo alla sua persona. Come può il regno di Dio, questo evento così meraviglioso, essere intravisto in così umili inizi, in un piccolo gruppo di discepoli, nella resistenza delle folle e degli scribi e farisei ad ammettere un messia destinato a morire invece che a regnare? Eppure, dice Gesù, il

Page 20: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

Regno di Dio si è fatto vicino, e verrà con la stessa infallibile e sconcertante sicurezza con cui la pianta nasce dal minuto granello di senape. La sua parola è di fiducia e di speranza.

la parabola del lievito (v. 33) L’espressione riportata in questo versetto – tre misure di farina – richiama tre noti passi della Bibbia (Gn 18,6; Gdc 6,19; 1 Sam 1,24) in cui si allude ad un banchetto: quello che Abramo preparò per i tre ospiti; quello che Gedeone offrì all’angelo e l’offerta di Anna, madre di Samuele, al tempio. Si tratta sempre di un banchetto alla presenza di Dio. La donna della parabola non sta preparando il pane per la sua famiglia, ma per allestire un banchetto. In linea con la precedente parabola che pensa al futuro, è logico pensare al banchetto che un giorno celebreremo nella casa del Padre. Ma la parabola non allude solo a questa prospettiva finale. Qui ci offre una riflessione sulla capacità che ha il lievito di far sentire ovunque la sua influenza. Se la parabola precedente poteva far pensare alla diffusione anche visibile del regno, qui è alla azione nascosta e invisibile che si pensa. E anche qui Gesù dice la sua certezza di far sentire ovunque la sua presenza, di riuscire a trasformare il mondo intero. Come il lievito agisce, finché tutto sia fermentato, così Gesù è certo, malgrado tutte le apparenze, che tutto alla fine diventerà Regno di Dio. Ed è a questa speranza, a questo impegno che ci richiama.

Conclusione (vv. 34-35) La prima frase richiama l’inizio del discorso: raccontò loro molte parabole, e ne segna la chiusura. Quanto poi seguirà avrà come destinatari solo i discepoli (v. 36). La seconda frase rimanda invece alla domanda dei discepoli sul perché Gesù parlasse in parabole (v. 10). Qui si dice che senza far uso di parabole non raccontava loro nulla. In realtà questo è vero solo nel contesto immediato dove Gesù sta parlando del Regno di Dio, di una realtà così ineffabile, così misteriosa che non la si può comprendere se non solo parzialmente e se non per mezzo di immagini. Altrove, infatti, incontriamo Gesù che parla anche senza l’uso delle parabole. Comunque è chiaro che il parlare in parabole è un parlare che rivela: Gesù è dunque in atteggiamento di rivelazione, di compimento. Nulla di strano che il v. 35 si trovi solo in Matteo, perché si tratta di un suo tema specifico: Gesù è colui che è venuto a portare a compimento la Legge e i Profeti (5,17), a rivelare a tutti i misteri del Regno, e poi a spiegarli nella sua catechesi a quelli che lo accolgono e che si rivolgono a lui per un ulteriore chiarimento, come fanno i discepoli subito dopo, appena entrati in casa (v. 36).

5. Terzo trittico: il Regno è prezioso, eterno (13,36-52) Il trittico parabolico è costituito dai vv. 44-50, preceduto da un versetto di collegamento (v. 36) e dalla spiegazione della parabola della zizzania (vv. 37-43) che la parabola della rete (vv. 47-50) completerà. Segue la conclusione dell’intero racconto (vv. 51-52).

il collegamento (v. 36) Se all’inizio del capitolo 13 si era detto che Gesù era uscito di casa, ora si dice che vi rientra. All’inizio si incontrò presso il mare con le folle, ora lascia le folle. Eccolo solo con i suoi discepoli, i quali si avvicinano a lui, come hanno fatto sulla barca e prima del Discorso della montagna. E Gesù si rivela loro, spiegando la parabola della zizzania e raccontandone altre tre.

Spiegazione della parabola della zizzania (vv. 37-43) Qui ci si limita ad indicare chi è il seminatore del buon seme e chi quello della zizzania. Poi dice che il buon seme rappresenta i figli del Regno (i discepoli, i buoni), mentre la zizzania i figli del maligno (i cattivi). Dopo queste equivalenze, tutta l’attenzione si concentra sulla mietitura, su ciò che Gesù, quale Figlio dell’uomo, farà alla fine del mondo, cioè quando si presenterà come giudice. Solo allora la zizzania, cioè gli operatori di iniquità, i cattivi, saranno separati dai buoni e il regno apparirà in tutta la sua bellezza. La spiegazione è più che chiara. A noi possono sorgere alcune domande: perché solo alla fine? Perché non subito? Perché i figli del Regno, cioè i buoni devono convivere con i cattivi? Perché ciò che è segno nel mondo del realizzarsi del regno di Dio non può già apparire in tutta la sua bellezza? La risposta non è data, ma è intuibile: il buon grano, i buoni, i figli del Regno, non sono ancora maturi. Il grano lo si può mietere solo quando giunge a completa maturazione. Senza immagini: la storia è un tempo in cui i

Page 21: IL VANGELO SECONDO MATTEO - WebDiocesi – la tua … · 2007-12-04 · La maggioranza degli studiosi riconosce nella Chiesa di Matteo una comunità formata in ... un giudeo molto

figli del Regno debbono crescere come tali sino a quando il Signore verrà, sino alla fine del mondo. Cioè, finché sono nel mondo debbono rendersi sempre più simili all’immagine del Figlio di Dio, sempre più simili a Gesù, il buon seme, gettato da Dio sulla terra, anzi finito sotto terra per non rimanere da solo. È lui che, Risorto, ha sparso nel mondo i figli del Regno perché fossero testimoni di bene, per trasformare il mondo, i cattivi, la zizzania, in buon seme. Anche la parabola della zizzania ci fa guardare al futuro e vivere nella speranza.

Parabole del tesoro e della perla preziosa (vv. 44-46) Le due parabole sono infarcite di espressioni identiche. Sembrano scritte apposta per creare un perfetto parallelismo tra i due piccoli racconti, adatto per imprimerseli bene nella memoria. Parallelismo non è ripetizione. Le differenze ci sono e anch’esse hanno valore. Qui esprimono il diverso comportamento dei due di cui si parla: hanno trovato un bene così prezioso da cambiare completamente la loro vita. Il primo è un bracciante agricolo, che lavora a giornata in un campo non suo. Trovato il tesoro, decide che deve essere suo. Il secondo è un mercante, uno che traffica in preziosi, uno che è sempre alla ricerca di un qualche cosa di nuovo. Ora, un giorno si trovò di fronte ad una perla di grande valore e da buon intenditore capì subito che si trovava di fronte ad un bene inestimabile. Quel mercante la vide, ma fece finta di nulla: guai a far trapelare una simile scoperta. Ecco che il povero bracciante e il ricco mercante, quel giorno, si giocarono la loro vita: si disfano di tutti i loro averi per possedere il tesoro, la perla. Il messaggio è chiaro: il Regno di Dio è un bene così grande che chi si imbatte nell’annuncio del regno che si è fatto vicino, chi ne capisce l’inestimabile valore sente di dover fare qualsiasi sacrificio pur di possederlo.

Parabola della rete (vv. 47-50) Le similitudini tra questo brano e la parabola della zizzania sono evidenti: nella rete come nel campo si mescolano buoni e cattivi; la loro separazione avverrà solo alla fine del mondo. La differenza sta nel fatto che nella parabola della zizzania si insiste sull’essere mescolati insieme (v. 30), mentre qui l’accento è posto sulla separazione, come nella spiegazione della parabola della zizzania (40-43). È questo il concetto che finalizza ancor di più il dinamismo di tutte le parabole del Regno. Tutto tende verso un compimento finale. Della sorte dei giusti nulla viene qui specificato. L’attenzione va sulle espressioni buttano via…separeranno…getteranno nella…L’insegnamento rimane positivo: in quel giorno il male sarà totalmente eliminato, il regno purificato. In quel giorno il popolo di Dio apparirà puro e senza macchia: ciò che interessa, come hanno insegnato le altre due parabole di questo trittico, è di appartenere fin d’ora al Regno, di essere figli del Regno.

Conclusione (vv. 51-52) È la seconda conclusione del discorso in parabole. In questione qui sono soltanto i discepoli, coloro che si possono avvicinare a Gesù. A loro Gesù chiede se hanno capito ed essi rispondono di sì. Perciò essi sono coloro che ascoltano la parola del regno e riescono a capirla (v. 23), sono coloro a cui è dato (v. 11). All’interno di questo gruppo in cui Gesù Maestro continua a far sentire la sua voce, c’è la possibilità di capire i misteri del Regno. Solo chi è parte di questo spazio che è la comunità cristiana acquista una conoscenza maggiore di colui che rimane fuori e si accontenta delle parabole. Gesù spiega questa migliore situazione con un esempio: supponiamo che si faccia discepolo uno scriba, uno specialista della Legge e dei Profeti; costui avrà la possibilità di confrontare le cose nuove con le antiche e di capire come tutto acquista senso in Gesù. Non si poteva definire meglio ogni ascoltatore della comunità di Matteo, in maggioranza di origine ebraica, che accoglie e fa suo, come un tesoro, l’annunzio del Regno. Ma ciò vale anche per noi. Che cosa infatti intendiamo fare leggendo il vangelo secondo Matteo? Matteo, il discepolo, si è presentato come un vero scriba, come un vero specialista delle scritture antiche ed è apparso a noi come un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Egli ci ha fatto penetrare nel mistero di Gesù, ci ha aiutato e ci aiuterà a comprendere che Gesù, come dicono le cose antiche, è davvero colui che deve venire, il vero e definitivo inviato di Dio. Ma ci racconta e racconterà tutto ciò perché anche noi, come lui, possiamo annunziare il regno.